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Tesina di Retorica e Stilistica, Tesine universitarie di Linguistica

Elaborato dedicato all'analisi di un galateo militare del primo Novecento, con cenni biografici dell'autore e introduzione sulla pragmatica storica.

Tipologia: Tesine universitarie

2019/2020

In vendita dal 19/07/2022

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Scarica Tesina di Retorica e Stilistica e più Tesine universitarie in PDF di Linguistica solo su Docsity! «Il vero gentiluomo moderno Precetti e consigli agli allievi degli Istituti Militari inferiori » 1 Serena Fagioli, 16-989-808 Corso di Retorica e stilistica A.A 2021/2022 – MLLCI II Data di consegna: luglio 2022 Sommario Introduzione..........................................................................................................................................3 La fonte.................................................................................................................................................4 L’analisi................................................................................................................................................8 Conclusione........................................................................................................................................11 Bibliografia.........................................................................................................................................12 2 All’indomani dell’unificazione nazionale, in Italia cominciarono ad essere pubblicati moltissimi galatei, soprattutto scritti da donne, che cercavano di regolamentare gli usi, i costumi e le buone maniere all’interno di una società che stava radicalmente mutando la propria conformazione8. Si era diventati un unico Paese, nonostante le persistenti differenze interne, ed era importante che chiunque sapesse comportarsi a modo, nonostante il ceto sociale di appartenenza. Vi era un particolare interesse verso i giovani, ma non erano di certo gli unici destinatari di queste pubblicazioni. Dell’autore de Il vero gentiluomo moderno, Emanuele Filiberto Iviglia, non si hanno molti dati biografici. Dalle Note degli editori alla seconda edizione del suo testo si viene a conoscenza del fatto che facesse parte del 77° Reggimento Fanteria italiano con il grado di tenente9. In queste stesse note è possibile vedere quanto il giovane ufficiale fosse apprezzato dai suoi superiori, a cui aveva fatto dono di alcune copie della prima edizione del testo. Alcuni di questi ufficiali di alto rango si congratulano profusamente con il tenente, tanto che gli consigliano di proseguire su quella strada10. Si testimonia, inoltre, che l’Accademia militare ne adottò l’utilizzo per l’anno seguente, data la pregevole fattura. Grazie agi atti di un convegno, è possibile conoscere alcuni elementi della vita e della cultura degli ufficiali, per cui si può ipotizzare, almeno a grandi linee, quale fosse la preparazione intellettuale dell’autore. Paola Langella, sostenendosi su alcuni studi precedenti, sostiene che gran parte della cultura di un ufficiale derivasse dalla vita civile, quindi antecedente all’entrata in Accademia, e per giocoforza pesava moltissimo l’estrazione sociale da cui proveniva11. Di conseguenza, capitava spesso che agli ufficiali “dotti” venissero assegnati incarichi di tipo amministrativo e gestionale, mentre agli altri spettava il mero servizio pratico e la guida dei sottoposti. Questo permette di ipotizzare che l’autore facesse parte del primo gruppo di ufficiali12. Date queste informazioni è anche comprensibile il motivo per cui l’autore abbia premesso alla propria opera una frase dedicatoria, in cui chiede ai futuri ufficiali di aiutarlo a colmare alcune lacune che saranno presenti nel testo13. Per quanto riguarda la provenienza degli ufficiali, è importante citare le modifiche e gli 8 G. TURNATURI, Signore e signori d’Italia – Una storia delle buone maniere, Milano, Feltrinelli, 2014, pp. 39-50 9 E.F. IVIGLIA, Il vero gentiluomo moderno – Precetti e consigli agli allievi degli Istituti Militari Inferiori, II edizione, Torino, F.lli Fiandesio editori, 1912, p. IX 10 Ivi, p. X-XI 11 P. LANGELLA, Cultura e vita dell’ufficiale italiano, in Esercito e città dall’unità agli anni Trenta, Atti del convegno di studi, Roma, 1989, Tomo I, p. 212 12 Ivi, pp. 213-214 13 E.F. IVIGLIA, Il vero gentiluomo moderno – Precetti e consigli agli allievi degli Istituti Militari Inferiori, II edizione, Torino, F.lli Fiandesio editori, 1912, prefazione 5 assestamenti che l’esercito italiano subì tra il 1850 e il 1916. Negli anni tra il 1850 e il 1876 si poté assistere ad una progressiva democratizzazione della milizia, con una notevole diminuzione di ufficiali aristocratici, mentre nel periodo fino alla Prima Guerra Mondiale si nota un’inversione di tendenza, con un aumento degli arruolati di ceto elevato, anche se non in percentuale eccessiva (15%)14. Guarino esplicita, in particolare, quanto l’onore di appartenenza all’aristocrazia si fondesse con quello militare, creando così la figura dell’ufficiale gentiluomo15. Ciò è osservabile in diversi luoghi del testo di Iviglia e, soprattutto, nelle scelte lessicali che l’autore fa. Si passa ora ad osservare meglio il volume nei suoi aspetti generali e in alcune differenze tra le edizioni. I capitoli sono di varia lunghezza, costruiti con termini chiari e spiegazioni accessibili a chiunque, in modo da creare un supporto agevole alle nuove reclute dell’Accademia. Non vi sono grandi modifiche a livello strutturale tra le due edizioni del testo, ma bisogna osservare come la dichiarazione iniziale, Presentiamoci, sia ben diversa. Soprattutto all’edizione del 1907, a mio avviso, si può ascrivere una maggiore attenzione alla chiarezza e all’esplicitazione dei vari temi trattati. I edizione II edizione […] di ciò io sono perfettamente convinto; nondimento è bene però far notare che l’educazione militare, pur essendo una perfetta educazione civile è assolutamente più rigida, più severa di questa. I principi fondamentali, ha detto l’illustre generale Marselli, sono sempre gli stessi; ciò che varia nell’educazione militare è l’energia colla quale essi sono applicati. In questa energia appunto, che nell’educazione civile non è sempre forte, consiste la difficoltà della maggioranza dei giovani ad educarsi militarmente; e per evitar loro delusioni più o meno amare, atti inconsiderati, mancanze talora gravi, e quindi pronostici poco favorevoli […] di ciò io sono guardia contro gli errori inevitabili a chi non conosce o non è compreso ancora della disciplina militare. 14 N. GUARINO, La funzione socializzatrice dell’esercito dopo l’unità d’Italia, in «Disciplinae», Anno IX, n. 16, 2012, pp. 17-18 15 Ivi, p. 19 6 per parte dei superiori, ho scritto queste poche e facili pagine, che dovranno guidarli sin dal primo giorno di permanenza nell’istituto militare, sulla via del dovere, sulla via che deve percorrere chi alla fine sarà ufficiale, ossia educatore ed istruttore di masse, ch’ei dovrà preparare alla guerra, oltreché tecnicamente, assai più moralmente. Come si nota dalla tabella, nella seconda edizione è stata eliminata buona parte del paragrafo, che enfatizzava il dovere morale di un ufficiale, oltre a quello socio-didattico. Ciò può essere giustificato dall’inserimento delle note degli editori, che in buona parte riassumevano questi concetti, anche se così facendo la prefazione perde di forza retorica, lasciando un certo compito ermeneutico al lettore. Nella sistemazione dei capitoli è possibile notare pressoché l’identico ordine, a parte una sola inversione nella sezione relativa alle visite, in cui le Visite in generale vengono anticipate rispetto alle altre. Riprendendo la citazione di apertura, è possibile desumere a quale genere letterario l’autore abbia voluto ascrivere la propria opera: «Questo libro semplice e modesto, per quanto insegni pure le buone usanze militari, non è un galateo, ma un libro di morale schietta, sincera, un libro, che, come ho già detto, è più che altro una guida per ben condursi nella vita in comune, la quale non è facile a viversi, una salvaguardia contro gli errori inevitabili a chi non conosce, o non è compreso ancora della disciplina morale.» 16 Sin da queste poche parole, si nota l’adesione ai libri di etichetta. Il giovane gentiluomo moderno è strutturato in ventisette capitoli, che racchiudono buona parte degli argomenti topici di questi scritti. Infatti, tratta di: 1. Convenzioni, usanze, costumi che sono variabili nel tempo e nello spazio 2. Minuzie da conoscere a memoria 3. Usanze formali 4. Usanze associate alla buona società 5. Si concentra su luoghi sociali fissi e rituali liminali 6. Regola tutte le sfere della vita, anche quella famigliare e privata 16 E.F. IVIGLIA, Il vero gentiluomo moderno – Precetti e consigli agli allievi degli Istituti Militari Inferiori, I edizione, Torino, Cassone editore, 1907, pp. 10-11 7 « A tavola ci si trova di fronte a giovani, non mai conosciuti ai quali, e lo dirò ancora, occorre presentarsi; sono tutti di luoghi diversi, e tutti si studiano vicendevolmente, pronti a rilevare la poca abitudine alla società di qualcun altro; si stia perciò molto composti, né ci si atteggi a difficile circa i piatti, e tanto meno si trovi a ridire sulla cucina: è inutile, è ridicolo ed è poco educato farlo. Non si tengano lunghe discussioni, che portano quasi sempre ad alzar la voce in modo poco urbano, inoltre, non si dimentichi che il tempo pel pranzo è ben limitato. […] Uscendo dalla mensa s’incontrano gli allievi anziani verso i quali si serberà un contegno corretto ed aggiungerò anche un po’ passivo: è inutile bisogna subirli; taluno di loro crede che l’anzianità formi grado, e non è raro il caso che un anziano di poco spirito tenga a distanza un allievo di primo corso colla nota frase ridicola: «fra me e te c’è il codice penale». »18 Questo è solo il primo di tanti esempi in cui si cerca di instaurare delle norme di comportamento tra pari. Dalle prime frasi si nota la consapevolezza dell’autore della disomogeneità di origini tra le reclute. Infatti, ammonisce il lettore, dicendogli di prestare attenzione al proprio comportamento. Tuttavia, dalle sue parole, è possibile cogliere un riferimento non solo ai giovani provenienti dai ceti sociali più modesti, ma anche a quelli di estrazione più altolocata, soprattutto quando fa riferimento alle osservazioni sulla mensa che un giovane, quantunque circondato dai suoi pari e sotto osservazione potrebbe fare. Per quanto riguarda le discussioni è bene riprendere un passo del volume di Gabriella Turnaturi, in cui si ammoniscono gli interlocutori circa alcuni argomenti di conversazione, siccome perseverare su alcuni di questi potrebbe portare a perdere la faccia: «Il gentiluomo è colui che sa stare al suo posto e questo posto lo difende innanzitutto con una stretta vigilanza sulle parole e sulla conversazione. La distanza, imposta da tutti i galatei, dai discorsi sulla politica o sulla religione, è dettata non solo dalla prudenza, ma anche da un divieto rigido e preciso di occuparsi di questioni sulle quali non si sia stati chiamati a esprimere un’opinione per ufficio o per dovere: di politica parlino i politici, ma quelli riconosciuti, e di religione si occupi che ne ha l’autorità. Ognuno al suo posto e al suo discorso.»19 Si capisce bene che all’epoca era molto opportuno preservarsi anche nella scelta degli argomenti di discussione. Questo ammonimento, posto in libro dedicato ai giovani, ha ancora più rilevanza dal momento che, come è ben comprensibile, capita che i ragazzi vogliano dimostrare il proprio valore anche intraprendendo strade per cui non sono affatto pronti, nonostante questo potrebbe macchiare il loro onore. Vi è una forte critica, in questo caso, rispetto all’atteggiamento negativo degli studenti più anziani, che macchiandosi di un atteggiamento borioso rischiano di perdere la propria faccia, mettendo una distanza eccessiva tra loro stessi e le reclute, venendo meno a quel patto di fratellanza di cui l’autore aveva parlato poche pagine prima. 18 E.F. IVIGLIA, Il vero gentiluomo moderno – Precetti e consigli agli allievi degli Istituti Militari Inferiori, I edizione, Torino, Cassone editore, 1907, pp. 20-21 19 G. TURNATURI, Signore e signori d’Italia – Una storia delle buone maniere, Milano, Feltrinelli, 2014, p.54 10 «Nei cortili, nei corridoi ed ovunque, si incontrano sempre dei superiori che bisogna salutare bene militarmente. Dirò soprattutto di non essere restii nel salutare e di non cercare d’evitare o scansare alcun superiore; il contrario indicherebbe poco spirito militare, cosa che invece dovrebbe essere esuberante in un futuro ufficiale. Per le scale, se queste sono molto ampie, non occorre fermarsi per lasciare il passo al superiore che non bisogna mai sopravanzare, ma se invece esse sono poco larghe ci si fermerà in un angolo del pianerottolo, fino al passaggio del superiore stesso. […] Gli allievi, al passaggio di un superiore, si alzeranno prontamente e non stentatamente in piedi: sarebbe ineducato chi simulasse di levarsi, o mostrasse una deferenza forzata, ciò che potrebbe anche condurre a gravissime punizioni. […] Vestendo l’abito borghese, incontrando superiori, conoscenti, e signori ci si scoprirà realmente il capo; parlando per istrada con queste persone si starà scoperti fino a quando ne saremo dispensati. […] Non si sparli mai del superiore, nè tantomeno della sua famiglia. Al contrario si dica bene di essi, e si difendano da ogni attacco più o meno onesto; ne sarà salva soprattutto la disciplina.»20 Come dimostra il passo qui sopra riportato, Iviglia cerca di regolare i rapporti con i superiori in ogni situazione possibile, sia all’interno sia all’esterno dell’Accademia. Bisogna fare attenzione all’utilizzo della locuzione spirito militare, ripetuta più volte ripetuto all’interno dell’opera; questa è una caratteristica portante dei galatei militari ed è, in parte, ciò che li distingue. Questo spirito, infatti, è ciò che distingue un gentiluomo qualsiasi da un ufficiale gentiluomo. Nella prima sezione della citazione viene riportato anche un esempio di precedenza, pratica spesso riferita ai comportamenti tra uomini e gentil donne, ma che in questo caso viene declinata anche nell’esercito. È interessante notare come nei casi di precedenza, sia con una donna sia con un superiore, i sottoposti debbano sempre alzarsi in segno di rispetto. Ciò potrebbe essere un lascito della tradizione cavalleresca precedente, la quale viene più volte citata dall’autore stesso. In ultimo, è necessario osservare anche la questione delle malelingue. Non si deve solo evitare di sparlare di un superiore, ma la sua dignità e il suo onore (faccia) vanno preservati e difesi in ogni caso, estendendo questo atto anche alla famiglia dello stesso. Ciò permette al buon futuro ufficiale non solo di preservare la propria faccia, ma di guadagnare anche il rispetto di chi verrà da lui difeso, che l’accusa sia vera o meno. In questo caso, il rafforzamento della faccia ha anche un effetto riflesso, dal momento che si impedisce ad un’altra faccia di venire infranta. Conclusione Il testo di Emanuele Filiberto Iviglia è un’opera che si propone di regolare di tutta la vita accademica e non di un futuro ufficiale, modellata sulla tradizione cavalleresca e adattata al momento storico in cui l’autore scrive. Nello scritto, il tenente si prefigge l’obiettivo di insegnare ai giovani cadetti l’arte dell’essere un buon ufficiale, illustrando tutti i casi possibili di buon 20 E.F. IVIGLIA, Il vero gentiluomo moderno – Precetti e consigli agli allievi degli Istituti Militari Inferiori, I edizione, Torino, Cassone editore, 1907, pp.25, 34, 54, 63 11 comportamento sia con i pari grado sia a difendere . Proprio relativamente alle interazioni con le altre figure che popolano l’Accademia militare viene proposta una serie di regole per preservare sia il buon nome della recluta, sia l’onore del superiore in grado. In questi casi, è molto importante non solo il comportamento e l’atteggiamento fisico che un giovane soldato adotta nei confronti di un altro, ma è altrettanto doveroso tenere sotto controllo il proprio modo di parlare, arrivando sia a limitare il proprio eloquio, così da non incappare in argomenti sconvenienti per il suo ruolo sociale, sia difendendo quando necessario l’onore altrui, portandone per riflesso anche a se stesso. Quindi, il volume ivigliano si rivela essere un’ottima guida per i futuri ufficiali, pur avendo alcune lacune, come lo stesso autore rivela nella prefazione. Ciò nonostante, la pregevole fattura dello scritto gli permetterà di raggiungere un ruolo didattico forse insperato, forgiando così il buon ufficiale gentiluomo, capace di comportarsi al meglio in ogni occasione. Bibliografia N. GUARINO, La funzione socializzatrice dell’esercito dopo l’unità d’Italia, in «Disciplinae», Anno IX, n. 16, 2012 E.F. IVIGLIA, Il vero gentiluomo moderno – Precetti e consigli agli allievi degli Istituti Militari Inferiori, I edizione, Torino, Cassone editore, 1907 12
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