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tesina esame pink floyd - alienazione, Tesine di Maturità di Italiano

tesina liceo pink floyd sull'alienazione dell'uomo

Tipologia: Tesine di Maturità

2014/2015

In vendita dal 05/11/2015

matteo_stochino
matteo_stochino 🇮🇹

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Scarica tesina esame pink floyd - alienazione e più Tesine di Maturità in PDF di Italiano solo su Docsity! 1 2 Matteo Stochino 5^A Istituto d’ Istruzione Superiore "Leonardo Da Vinci" Via Leonardo Da Vinci - 08045 Lanusei (OG) Pink Floyd- The Wall INDICE: Introduzione….....................................................................3 -Perché ‘The Wall’?.........................................................3 -The Wall..........................................................................3 - Che cos’è The Wall?......................................................4 1. La solitudine e l’ incomunicabilità...................................5 2. Tra alienazione e identità.................................................7 3. Outside TheWall............................................................10 5 una notevole continuità iconografica nei disegni di Gerald Scarfe, che legano la copertina del 33 giri e il film, e non bisogna dimenticare che Waters ebbe una parte nel lavoro di sceneggiatura. È dun- que plausibile che sulla celluloide siano confluiti idee e chiarimenti che non avevano trovato spazio nel vinile. È un po’ come trovarsi di fronte a due versioni dello stesso testo, entrambe autorizzate dall’autore. Ciò che tuttavia complica anche questo modello è il fatto che The Wall sia un’opera col- lettiva, alla cui realizzazione hanno partecipato autori diversi. Di conseguenza le immagini di Par- ker finiscono con l’aiutare l’interpretazione, chiarendo alcune oscurità, ma inevitabilmente riducono lo spettro dei significati perché sovrappongono alla statica liricità dei testi una logica narrativa, un elemento temporale che nell’album è estremamente sfumato. Nessuno apparentemente comperava i dischi per i testi, pochi si preoccupano realmente di capir- li, soprattutto all’estero. Ne sono una prova le traduzioni a dir poco scadenti pubblicate in Italia, se- gno che persino il traduttore non compie quell’atto di fiducia ermeneutica nei confronti del testo che consiste nel credere a priori che esso abbia un significato e nel cercarlo quando non appaia imme- diato. Non parlo di espressioni gergali o di finezze, come nel caso di If in cui si dice If I were the swan I’d be gone, che vuol dire “se fossi il cigno me ne andrei” (to be gone = andarsene) ed è inve- ce tradotto con “me ne sarei andato”. Parlo di significati che vengono meno come nel caso di Wish you were here, “Do you think you can tell Heaven from Hell/Blue skies from pain…” significa “cre- di di sapere distinguere”, non “di poter raccontare”, come recita una traduzione italiana. Eppure an- che il più scalcagnato dei dizionari riporta come secondo significato “distinguere” per to tell. In In the Flesh il testo recita “that space cadett glow”, che significa, come sa chi abbia una minima dime- stichezza con le frasi idiomatiche “quel luccichio trasognato” (“space cadet” significa appunto so- gnante, intontito) e non bagliore da cadetto spaziale, che in Italiano è completamente privo di signi- ficato. Non dico questo per criticare i traduttori italiani, ma solo per mostrare come da parte di tra- duttori, revisori ed editori e probabilmente anche del pubblico, non ci sia stata molta fiducia nella capacità dei testi dei Pink Floyd di creare significato. Quando il testo viene considerato solo come un elemento sonoro in mezzo ad altri, ecco che l’autore dei testi è slegato dalla necessità di scrivere cose facilmente comprensibili. L'album, ispirato a quella sorta di "muro" di incomunicabilità che si era venuto a creare tra il complesso e il pubblico (un muro che col passare del tempo si arricchirà nella testa di Waters di tan- ti mattoni fino a farlo diventare un emblema dell'alienazione e dell'estraniazione dal mondo a tutto raggio) abbraccia diverse tematiche come discriminazioni, istruzione, show-business, fascismo e implicazioni autobiografiche di Waters, sempre più "padre padrone" del gruppo (Waters era osses- sionato da incubi di guerra e da angosciosi e struggenti ricordi paterni). 6 Se The Wall ha una funzione catartica per il suo autore, questa consiste nel potersi prendere gio- co dello show business introducendo elementi letterari e insultando il pubblico senza che questo se ne accorga. L’analisi testuale è giustificata proprio dal fatto che a questo livello Waters ha goduto del massimo di libertà espressiva. LA SOLITUDINE E L’INCOMUNICABILITÁ Non bisogna essere veramente sicuri di essere di fronte ad una dichiarazione di "nichilismo" tout court, che si tratti cioè di un mero "rifiuto della vita" e non piuttosto una nuova esaltazione dell'uni- ca vera vita possibile, la vita interiore, la vita solitaria, quella - tanto per intenderci - cantata da Pe- trarca nel "De vita solitaria", una delle sue opere più belle e meno conosciute, e che ha forti agganci in tutta la letteratura italiana, basti citare la siepe di Leopardi: il ‘filtro’ attraverso il quale una visio- ne imperfetta della realtà permette alla mente di fingere e creare l’illusione dell’infinito e dell’eterno; la siepe che, nei poeti del ‘900 come Montale, diventa un muro invalicabile tra la vita terrena, con i suoi dolori e la sua inutilità, e l’illusione di un mondo di libertà spirituale, di bene e di pace, che è irraggiungibile. È il muro metafora del limite umano, o dell'ostacolo che si frappone ai rapporti interpersonali, o dell'insieme di convenzioni e di pregiudizi che innalziamo intorno a noi, spesso per autoescluderci da una realtà scomoda... oppure, più semplicemente, è il muro che separa la nostra proprietà da quella altrui. E spesso i nostri pensieri si infrangono contro quel muro, a volte nel desiderio mai appagato di superarlo, a volte nell'impossibilità frustrante di abbatterlo, altre anco- ra nella percezione di una barriera che è sì escludente, ma che può anche rivelarsi rassicurante e protettiva. Due sono i temi fondamentali da affrontare e tra loro strettamente connessi: quello appunto della condizione della solitudine dell'uomo e quello dell'incomunicabilità, che porta all'aumento della prima. Una condizione, quella della solitudine, che appare di humane nature anche in The Trial. Il Procuratore del Regno infatti presenta come principale capo d'imputazione contro Pink quello di averlo catturato in flagrante "espressione di sentimenti, sentimenti di natura quasi umana". E ve- dremo nel corso del processo come tali sentimenti, umani o quasi, siano appunto stati quelli che hanno condotto Pink all'isolamento più totale e al rifiuto del commercio con la società che lo cir- conda. Le scene finali del film che scorrono dopo la sentenza del Giudice, che lo vuole "riconsegna- to ai suoi simili", dimostrano che la "deepest fear", la paura più profonda di Pink e la sua incapacità a relazionarsi con il mondo esterno non erano poi così assurde e illegittime. Pink si può vedere co- me un eroe positivo, alla disperata ricerca di se stesso. Ma ammesso che tale operazione possa esse- re condivisa, resta da risolvere il problema legato alla comunicazione. Una volta trovata la chiave per capire se stessi che cosa avviene? Qui comincia il vero dramma di Pink. Si può riprendere in 7 esame il finale del disco e capire meglio Outside the wall, non più velata nota ottimistica, ma ancora più pessimista se si tiene conto che con tale conclusione si mette in discussione anche il possibile conforto che può eventualmente derivare dalle persone più care, ma con le quali, comunque, rimane alto e ben solido il muro dell'incomunicabilità. Sono infatti le stesse persone care, che "vanno e vengono su e giù dal muro", quelle che sentenzieranno come non sia facile "picchiare contro il mu- ro di un pazzoide". L'abbattimento del muro dunque non comporta nessun avvicinamento delle parti, ma evidenzia la volontà della Società di appiattire la mente dell'artista e conformarla ai suoi dettami. Per fortuna l'artista aveva già dato la sua risposta alla fine del primo disco: "Non c'è nulla che tu possa fare per farmi cambiare idea". Significativamente posta prima di Hey you, la canzone che potremmo chia- mare la canzone della speranza, quella che, nelle parole degli amici e degli intimi di Pink, ripropone i vantaggi della leopardiana "social catena" nella frase finale: "Insieme ce la possiamo fare, ma divi- si cadiamo", ancor più significativamente però esclusa dal film, dove la seconda parte ricomincia con la ben più pessimistica Is there any body out there, che ci presenta un Pink disperato, che batte sordamente i pugni contro il muro. L'artista è sempre colui che sente in modo diverso, più alto e che vive in maniera drammatica l'e- terna tensione di farsi comprendere e accettare e che non può che rimanere deluso proprio dalle per- sone a lui più care, quelle da cui era più facile e logico attendersi un po' di comprensione. L'artista è quello che, assalito da dubbi e domande, preso dall'esigenza impellente di parlare con qualcuno al telefono, non trova mai nessuno in casa, Nobody home, il simbolo più forte dell'incomunicabilità, anche perchè il numero di telefono, di solito, lo si ha solo delle persone che è lecito considerare "amiche". TRA ALIENAZIONE E IDENTITÁ Si può scorgere nell’opera un climax che va dalla caduta di Pink nel ghiaccio di Thin Ice fino all’abbattimento del muro. Qui il racconto si interrompe e il finale resta aperto. Outside the Wall in realtà non ci dice cosa succeda a Pink dopo l’abbattimento del muro. Cosa significa in effetti questo abbattimento? Nell’animazione sembra qualcosa di spaventoso, mentre stando a quello che Waters racconta nell’intervista citata a proposito del Live show, questa caduta sembrerebbe un modo per ri- stabilire il contatto con il pubblico. Forse una risposta definitiva al significato della caduta del mu- ro non c’è, perché il muro è un simbolo polivalente, un simbolo flessibile che si presta a essere me- tafora di cose diverse; tuttavia un’analisi delle immagini e delle metafore testuali conduce, in modo abbastanza univoco, a identificare la caduta del muro con la resa alla pazzia. Una resa che ha diversi connotati positivi, perché consente a Pink di entrare in contatto con la gente che lo ama. 10 gone, la magia del travestimento si ribella e sfugge al controllo del cantante che l’ha creato, minac- ciando la sua stessa vita. Pink reagisce in modo aggressivo (“Don’t leave me now”) cercando di di- struggere ciò che lo ha chiuso in un muro – la suite di un albergo, la ragazza incontrata per strada, lo stesso pubblico adorante in “In the Flesh”. Questo processo di straniamento dal lavoro artistico va di pari passo con l’incapacità di Pink di mantenere rapporti umani con le persone. In questo consiste la decadenza personale, e il simbolo iniziale, quello vivo della carne sembra generarne un altro quanto mai ripugnante, ossia quello dei vermi che rodono il cervello in “Hey You”. Inizialmente i vermi sono un correlativo oggettivo che serve a dare l’impressione della fine dell’effetto dei farmaci iniettati a Pink perché possa fare lo spettacolo, ma anche questa immagine si trasforma, arrivando a simboleggiare la decadenza pubbli- ca, il fascismo o nazismo. I neonazisti in fondo sono persone deboli travestite, che aggrediscono per mascherare le proprie paure. The worms è appunto il nome della formazione neonazista che marcia su Londra, una scena ispirata dalla marcia del National Front da Brixton a Hyde Park. La violenza privata di Pink già espressa in “One of my Turns” assurge a una dimensione pubblica e politica pri- ma di rivolgersi a un obiettivo più degno, lo stesso muro. Sebbene The Wall non sia un’opera di- chiaratamente politica, è interessante che il risultato dell’alienazione sia il razzismo. Ultima meta- morfosi del verme: verme è anche l’attributo che si dà al giudice (Good morning the worm your ho- nour), un dettaglio che si tende a dimenticare guardando il film. È difficile trovare un’identità tra questi simboli, che a loro volta si trasformano e si travestono generando altre interpretazioni. La carne parrebbe allora simbolo dell’uomo, ma è pronta a generare questo verme, simbolo di tutti i mali dovuti alla decadenza. Ciò detto è inquietante la conclusione che la distruzione del muro sia compiuta dalla parte negativa di Pink, The worm, your Honour, piuttosto che da quella che pec- ca di sentimenti. Ribaltando un’interpretazione piuttosto consolidata e forse confortata dalle parole di “Outside the Wall” si potrebbe arrivare a pensare che tutto il disco parli della costruzione della pazzia e che in fondo la distruzione del muro, l’abbandono della maschera della normalità porti a una follia completa. Una follia che è tutto sommato un lieto fine per Pink che finalmente smette di lottare contro il proprio muro, ma che implica una rinuncia alla vita da adulto. Infatti Pink sembra che non sappia prendersi delle responsabilità nei confronti né della madre né della moglie. Come già in The Dark Side of the Moon, anche The Wall può dunque essere letto come elogio della follia. Non la follia delirante dello show business o quella violenta di “One of my turns”, ma quella soave di “Brain Damage”, la penultima canzone di Dark Side, che recita The Lunatic is on the grass/remembering days and daisy chains and laughs Durante il processo qualche momento di coscienza, sottolineato da un rilassamento anche nella musica, ci lascia gettare un occhio sul modo in cui Pink vive questa follia. 11 I am crazy/Toys in the Attic I am crazy/Truly gone fishing. – The trial CD2 Ciò che rimane dopo l’abbattimento del muro è, come mostra Parker, il bambino scivolato dal ghiaccio dell’innocenza, forse la follia di Syd Barrett, che si è manifestata soprattutto con il rifiuto di cooperare nello show business. Si racconta infatti che una volta salito sul palco non suonasse o suonasse solo un accordo per tutta la sera oppure che si presentasse ai talk show rifiutando di profe- rire verbo, una reazione di difesa che Pink pare aver compreso e fatta propria. OUTSIDE THE WALL La soluzione è, dunque, positiva? Nel film e nell’ album, ovviamente, non si direbbe; anzi l'im- magine di quei bambini intenti a raccogliere i mattoni è particolarmente angosciante: è un loro farsi strada o piuttosto un modo per costruirsi ciascuno un proprio muro, tornando esattamente al punto di partenza. Fatto sta che di Pink non resta traccia: nato alla vita o morto insieme al suo Muro, tanto vivo e profondo da essere diventato un tutt'uno con lui? Pink è libero dal muro. Pink è prigioniero di un nuovo muro. Pink è ciascuno di noi. Il muro cir- conda tutti. Il muro ci taglia longitudinalmente la vita, ci separa gli uni dagli altri. Pink non c'è più, probabilmente è morto. Pink è il muro, è stato abbattuto. Si è fatto un gran parlare della chiusura di The Wall e voglio ribadire ancora una volta il mio "No", piuttosto deciso, alla teoria del lieto fine: non vedo ragione di credere a quell'happy end a tutti i costi, preteso non già dalla volontà dell'auto- re, ma dalle ragioni commerciali (il pubblico vuole essere rassicurato, non distrutto). Non credo alla positività di Waters: lui stesso ci ha dato motivo di credere che non fosse suo volere quello di salva- re il genere umano (che Pink rappresenta). La liberazione è, dunque, a suo dire, l'annientamento; e non solo perché ultimo atto della vicenda di un muro che si infrange, bensì anche - e più pesante- mente - perché una serie di altri muri andranno costruendosi a partire da quello (i bambini che rac- colgono i mattoni... per farne forse un'altra fortezza?). Scritto ciò, non posso, però, neppure conclu- dere affermando che questa ipotizzata ricostruzione del muro sia positiva. Indubbiamente non è questo che penso né, certamente, è questo che pensava Waters (il quale più di tutti e, probabilmente, solo ha diritto di parlare e di commentare a dovere la propria opera). Certo, il Leopardi ostacolato dalla siepe sulla cima del Tabor riusciva a scorgere, al di là, niente meno che l'infinito: un "muro" creativo, dunque, e anzi illuminante, tale da rendere il "recluso" poe- ta e profeta: in una parola vate; questo perché l'apparente ostacolo rappresentato dalla siepe lo mette in grado di vedere più in là di chiunque altro. Non è, però, lo stesso per Pink. Al di là del muro non c'è la "profondissima quiete", ma dentro l'anima c'è, piuttosto, la "deepest fear", la "profondissima paura". Il problema, l'ostacolo a questo tipo di lettura ce lo fornisce Pink stesso: Leopardi popola il suo mondo incognito di creature e realtà fantastiche, sovrumane; Pink, annientando se stesso, an- 12 nienta quello che è il suo cuore centrale, come il cuore di ogni altro essere umano - il pensiero. Non pensa a niente. Semplicemente, non pensa. Quindi, cartesianamente, non è.  BIBLIOGRAFIA: 1. Libri: - Pink Floyd. Uno scrigno di segreti. Arcana, 1993 - Nicholas Schaffner - Le tracce del pensiero. Paravia, 2005 – Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero - Pink Floyd's The Wall, DVD. Dir. Alan Parker. Columbia Music Vid- eo, 1999. 2. Siti Internet: - http://www.thewallanalysis.com/main/ - sito in inglese - The Pink Floyd Story: Which One's Pink - http://www.youtube.com/watch?v=2SMrPzU9LPU video inglese - http://www.rogerwaters.org/eshepart.html - Pink Floyd The Wall BBC Interview 1979 - Tommy Vance's 1979 interview with Roger Waters - http://www.thewallanalysis.com/main/tommy-vance-interview.html
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