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Tesina maturità la crisi delle certezze, Collegamenti Interdisciplinari di Italiano

Tesina di maturità contenente confronti tra autori e materie. Materie trattate: italiano, filosofia, latino, scienze, fisica, storia, arte. italiano confronto tra pirandello e montale; filosofia nietzsche e la filsofia del dubbio; latino petronio; scienze la deriva dei continenti; fisica confronto tra fisica classica e moderna; arte la rivoluzione del cubismo; storia crollo della borsa di wall street

Tipologia: Collegamenti Interdisciplinari

2022/2023

In vendita dal 06/06/2023

chiara-dellanno
chiara-dellanno 🇮🇹

5 documenti

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Scarica Tesina maturità la crisi delle certezze e più Collegamenti Interdisciplinari in PDF di Italiano solo su Docsity! LA CRISI DELLE CERTEZZE Nel periodo compreso tra fine Ottocento e inizio Novecento si verifica una vera e propria rivoluzione che colpisce i più diversi campi del sapere e sancisce il passaggio dall' uomo moderno all' uomo contemporaneo. Questa svolta epocale può essere definita " crisi della ragione ", perchè vengono messi in discussione tutti i valori della ragione classica: non si crede più a un mondo necessario, alla centralità dell'uomo, all' esistenza di una verità assoluta, unica e conoscibile. La cultura della crisi sostituisce a questo insieme di valori una molteplicità di prospettive, una pluralità di punti di vista, cioè si entra nell'ambito di un totale relativismo. Il passaggio a questa nuova epoca è molto brusco perchè coinvolge ogni tipo di indagine dell'uomo sulla realtà e su sè stesso, e questi passaggi non sono semplici evoluzioni delle varie discipline, ma vere e proprie rivoluzioni che minano alle fondamenta le conoscenze precedenti. ITALIANO In ambito letterario i poeti del novecento sono colpiti maggiormente da questa crisi che influenza fortemente il modo di scrivere. Nelle loro opere emerge la crisi dell’identità dell’individuo, smarrito e privo di punti di riferimento. Il fu Mattia Pascal, uno dei romanzi più amati di Luigi Pirandello, che ne esprime in pieno la maturità poetica. Pirandello, massimo interprete della crisi dell’uomo contemporaneo, narra di un protagonista senza identità, che abbandona la forma, e per tal motivo è condannato alla solitudine. Questi è Mattia Pascal, che ben presto si renderà conto di non poter appartenere alla comunità umana senza un’identità anagrafica, che lo renda riconoscibile e che lo inquadri in una specifica “maschera”: e allo stesso tempo diventa consapevole dell’insanabile contrasto tra essere e apparire. Adriano Meis, pseudonimo sotto cui si nasconde Mattia Pascal una volta creduto morto, inizia a viaggiare in Italia e all’estero costruendosi una nuova identità fittizia, che costringe il protagonista ad indossare una maschera e a mentire davanti agli altri. Mattia Pascal tenta invano di ritornare alla sua identità originaria, ma ben presto comprenderà che ciò non è possibile ed è costretto ad assumere quell’atteggiamento di estraniato, di “forestiere della vita”. L’eroe, alla fine della storia, rimarrà escluso irreparabilmente da quella vita sociale a cui è rimasto strettamente legato. Significativa, infatti, è la frase con cui si conclude il romanzo: “io sono e fui il mattia pascal” segno che il protagonista ancora non è pronto ad abbandonare definitivamente il suo nome, ma si accontenta di porgli davanti quel fu, che indica l’avvenuta negazione dell’identità senza che soluzioni alternative vengano prospettate. Spesso si è sentito dire che Montale è il poeta della disperazione, più volte lo si è identificato con l’ermetismo; ma il poeta ligure non è un ermetico e, più che tendere alla disperazione, egli tende a ricercare la verità, in una poesia che si indirizza verso la dimensione metafisica. Montale si confronta con la crisi dell’uomo del suo tempo, vissuta come una frattura con la realtà, una cesura non più ricomponibile, che comporta la riflessione sulla certezza di essere destinati alla morte, e la totale mancanza di certezze, invece, in questa vita. Il celebre verso «Spesso il male di vivere ho incontrato», contenuto nella raccolta Ossi di seppia, porta al suo interno proprio quel male di vivere esistenziale che segna la caducità dell’uomo, per un’umanità destinata e indirizzata verso la fine, la cui sola ed effimera via di fuga risiede nell’istante, nelle occasioni (che daranno il titolo a un’altra celebre raccolta poetica) in cui è possibile per un attimo uscire dalla insicura condizione di vita per poter ricercare e aggrapparsi a qualche certezza. L’unica scelta per l’uomo è raggiungere l’indifferenza e distaccarsi dalla realtà senza farsi coinvolgere. I temi dominanti della poesia di Montale sono la concezione negativa dell’esistenza e della crisi dell’uomo, privo di certezze ed incapace di dare un senso alla sua vita. I concetti astratti come il dolore e l’indifferenza sono rappresentati con immagini concrete, quindi il malessere esistenziale prende corpo nella realtà attraverso i tipici correlativi oggettivi. Ai tre emblemi mali (rivo strozzato, l’incartocciarsi della foglia per la calura e il cavallo stramazzato) si contrappongono tre oggetti che rappresentano questa specie di “bene”: la statua, per la sua freddezza e insensibilità, e la nuvola e il falco, perché con il loro volo si distaccano dalla miseria del mondo. FILOSOFIA Nietzsche è stato definito il filosofo del sospetto, poichè ha insinuato il dubbio sulle certezze condivise dalla maggior parte delle persone. Egli attribuiva a sé stesso il compito di dissacrare delle credenze dominanti e di diffondere il dubbio e il sospetto. Fu con Nietzsche che si verificò la crisi di tutte le metafisiche e il crollo delle false certezze dell'uomo. Con Nietzsche e la morte di Dio l'uomo non può più illudersi e nemmeno costruire falsi idoli per sostituire le certezze perdute. Secondo Nietzsche è giunto il tempo di fare a meno di Dio e di tutte le concezioni metafisiche, tra cui illusione che oltre questo mondo si sa un altro mondo. La lunga menzogna è diventata superflua. Nell’epoca moderna, infatti, tali dottrine si rivelano per quello che sono sempre state nient'altro che favole.” Dio è morto”: in questo consiste l'esito estremo del nichilismo. Non c’è più alcun Dio che ci può salvare, oltre gli uomini sta il nulla. Gli uomini hanno ucciso Dio, in virtù di quella stessa razionalità che con le progressive acquisizioni della scienza si è spinta una critica radicale. Insieme con Dio ha ucciso tutto ciò che gli è rappresentato e si sono trovati così privi delle certezze del sistema di valori che le aveva sostenute nel corso dei secoli; non resta quindi che prendere atto dell'abisso che si apre di fronte ai loro occhi e che la religione la metafisica avevano illusoriamente riempito. “Dio è morto” sotto i colpi spregiudicati della ragione, ma è questo il compito di cui si sente investito Nietzsche, occorre dare l'annuncio di questa morte, perché coloro che l'hanno ucciso non hanno ancora preso coscienza della propria azione e soprattutto non erano capito le terribili conseguenze. La morte di Dio è segno della tragicità del tempo. Se Dio è morto non ha più senso parlare di morale, di bene di male, di giusto, di ingiusto. Non ha più senso domandarsi dove l’uomo sta andando e da dove sia venuto. Nel mondo dominato dalla scienza e dalla tecnica, secondo il filosofo, la religione si è svuotata di senso e le Chiese sono ormai inutili residui del passato; l'ateismo che subentrato la religiosità tradizionale, tuttavia, è un atteggiamento superficiale, perché il vecchio Dio è semplicemente sostituito da i nuovi dei, nuovi idoli, cioè i nuovi miti del progresso, della scienza, dello stato, del socialismo. Gli uomini moderni hanno tolto le vecchie credenze, non hanno ancora fatto i conti con il vuoto reale terribile lasciato da Dio che genera il momento e angoscia perché in qualche modo hanno continuato a credere in qualcosa nella possibilità di una verità di una certezza di un sistema di valori comunque solitamente fondato. ARTE All’inizio del Novecento, sale alla ribalta il genio artistico di un solo uomo: Pablo Picasso, che rivoluziona decisamente lo stile pittorico del suo tempo. Nei suoi quadri, le immagini si compongono di frammenti di realtà, visti tutti da angolazioni diverse e miscelati in una sintesi del tutto originale. Ciò demolisce di fatto il principio fondamentale della prospettiva: l’unicità del punto di vista, che imponeva al pittore di guardare solo ad alcune facce della realtà. Nelle opere di Picasso, infatti, l’oggetto viene rappresentato da una molteplicità di punti di vista, così da ottenere una rappresentazione “totale” dell’oggetto che ingloba tutte le possibili sfaccettature. Si ottiene quindi un’immagine completamente diversa dall’esperienza visiva corrente, ma in fondo più “realistica” perché contiene più volti della realtà, più punti di vista da cui si possono vedere le cose. Questa sua particolare tecnica lo porta ad ottenere immagini dalla apparente incomprensibilità, in quanto risultano del tutto diverse da come la nostra esperienza è abituata a percepire le cose. Da ciò nasce anche il termine Cubismo, dato a questo movimento, con intento denigratorio, in quanto i quadri di Picasso sembravano comporsi solo di sfaccettature di cubi. Il Cubismo, a differenza degli altri movimenti avanguardistici, non nasce in un momento preciso né con un intento preventivamente dichiarato. Non fu cercato, ma fu semplicemente trovato da Picasso, grazie al suo particolare atteggiamento di non darsi alcun limite, ma di sperimentare tutto ciò che era nelle sue possibilità. Quando il Cubismo rompe la convenzione sull’unicità del punto di vista, di fatto introduce nella rappresentazione pittorica un nuovo elemento: il tempo, una variabile che prima era assente. L’immagine naturalistica, infatti, ha un limite ben preciso: può rappresentare solo un istante della percezione. Avviene da un solo punto di vista e coglie solo un momento. Per poter vedere un oggetto da più punti di vista è invece necessario che la percezione avvenga in un tempo prolungato, che non si limiti a un solo istante, in modo che l’artista abbia il tempo di vedere l’oggetto, e quando passa alla rappresentazione porta nel quadro tutta la conoscenza che egli ha acquisito dell’oggetto. L’introduzione di questa nuova variabile è un dato che non riguarda solo la costruzione del quadro, ma anche la sua lettura. Un quadro cubista, infatti, non può essere letto e compreso con uno sguardo istantaneo. Deve, invece, essere percepito con un tempo preciso di lettura. Il tempo, cioè, di analizzarne le singole parti e ricostruirle mentalmente, per giungere con gradualità dall’immagine al suo significato. Con Picasso, la dimensione spazio-temporale entra di diritto nell’arte. Nasce così una nuova pittura in cui lo spazio e il tempo non sussistono più come principi assoluti e immutabili, ma si fondono in una stessa rappresentazione che fornisce una visione simultanea della realtà in tutte le sue sfaccettature. È evidente il legame tra la rivoluzione cubista di Picasso e la teoria della relatività di Einstein, nate entrambe nello stesso periodo. È interessante notare come, in due campi diversissimi tra loro, si avverta la medesima necessità di andare oltre la conoscenza empirica della realtà per giungere a nuovi modelli di descrizione e rappresentazione del reale. Guernica, opera parte del periodo del cubismo sintetico dell’artista, venne creata per ricordare le vittime del bombardamento aereo sulla città di Guernica durante la guerra civile spagnola. Guernica è un dipinto di protesta contro la violenza, la distruzione, la sofferenza e la guerra in generale qui raffigurata nelle sue conseguenze materiali e immateriali. L’uso dei colori bianco-nero amplifica la portata del dolore perché rappresenta l’assenza della vita e la drammaticità. Leggendo il quadro da sinistra a destra vediamo una madre con un bambino morto in braccio, un toro, simbolo della Spagna offesa, un uomo caduto, un cavallo urlante, due donne, un uomo travolto dalle fiamme. Il primo elemento di Guernica su cui si posa lo sguardo è anche il più atroce. Sulla sinistra del quadro una madre tiene in braccio il suo bambino morto. Il volto e il grido sono diretti verso l’alto. È un’invocazione, una disperata richiesta d’aiuto. Sulla destra di Guernica c’è un uomo che urla, le braccia protese afferrano il nulla, il fuoco lo raggiunge, lo prende, lo inghiotte. In basso nel Guernica di Picasso, in primo piano c'è un’altra immagine della morte. C’è un uomo fatto a pezzi, la testa e le braccia sono staccate dal corpo. questo guerriero è stato sconfitto, è caduto ma non si è arreso. Il pugno destro è ancora stretto intorno all’elsa della spada, la lama è spezzata. Da quel pugno però spunta la vita, un fiore, un piccolo e delicato fiore bianco che resiste al fuoco, alle macerie, alla furia, alla paura. Nonostante tutto un segno di speranza, un omaggio al coraggio del suo popolo. STORIA Tra le due guerre mondiali i principali paesi industrializzati furono scossi da una rovinosa crisi economica, innescata dal crollo della borsa di Wall Street tra il 23 e il 24 ottobre 1929. Quel giorno ricordato come il “giovedì nero” era improvvisamente esplosa una gigantesca bolla speculativa, al culmine di una crescita economica, che aveva gonfiato i valori delle azioni a dismisura. La crisi, che colpì l’intero modello economico, fu drammatica e lunga. Oltre che borsistica, fu una crisi di sovraproduzione: la causa profonda fu lo squilibrio tra la domanda e l’offerta dei prodotti industriali. I consumi non assorbivano la produzione, le fabbriche chiudevano, la disoccupazione dilagava, i consumi calavano: la povertà e la fame parvero cancellare ogni fiducia nel domani. La crisi si propagò al resto del mondo: i prestiti americani, che erano stati fondamentali furono drasticamente ridotti. Per superare la crisi, si comprese la necessità di un intervento dello stato in campo economico, con il compito di riattivare i consumi utilizzando la spesa pubblica. Il presidente repubblicano Herbert Hoover fronteggiò la crisi in maniera inefficace, spaccando in due il paese e rilanciando in termini drammatici il conflitto sociale. Si illuse, infatti, di uscire da quella profonda crisi, lanciando una politica di deflazione, cioè di riduzione della circolazione monetaria, e di pareggio del bilancio pubblico, ritenuto indispensabile per un rilancio degli investimenti, che furono al contrario scoraggiati. L’elezione alla presidenza degli USA di Franklin Delano Roosevelt nel 1932 segnò un’inversione di rotta. Egli varò una serie di provvedimenti di risanamento finanziario, di riorganizzazione dell’agricoltura e dell’industria- passati alla storia come New Deal- avviando i lavori pubblici e politiche di assistenza ai disoccupati. Il progetto prevedeva investimenti in opere pubbliche, lo stimolo ai consumi, la garanzia di un minimo di sussistenza a tutti i cittadini, anche ai lavoratori in quiescenza, grazie ad adeguate pensioni, e ai disoccupati, grazie a particolari indennità. Molte delle misure prese da Roosevelt per contrastare gli effetti della disoccupazione vennero gestite in accordo con i sindacati ed ebbero larghi consensi popolari, poiché l’emergenza economica e sociale era stata affrontata senza aggravare le condizioni delle classi più povere. La base portante del New Deal fu, pertanto, il massiccio ricorso alla spesa pubblica, quindi andando contro la politica deflazionistica di Hoover. Contro la politica di Roosevelt si schierò invece l’America reazionaria, rappresentata dagli ambienti imprenditoriali e finanziari e da movimenti filofascisti; si trattava di un fronte variegato che condizionò lo stesso presidente, il quale condusse con maggior prudenza la seconda fase del New Deal apertasi tra il 1937- 38. Gli stati uniti poterono gradualmente uscire per i decenni successivi, anche se il definitivo superamento della crisi, con il ritorno dei valori della produzione ai dati precedenti il “grande crollo”, si potette avere soltanto durante la seconda guerra mondiale. FISICA Fino al 1900 la fisica classica era stata in grado di spiegare qualsiasi fenomeno naturale basandosi su principi semplici ma fondamentali. Il più importante, su cui si fondano tutte le teorie della fisica classica, prevede che lo spazio e il tempo siano entità assolute, ossia le medesime per tutti gli osservatori. Considerare il tempo assoluto permette di definire una relazione di causalità, cioè di capire con assoluta precisione come ciò che avviene prima influenzi ciò che accade dopo. Inoltre il tempo è assolutamente disgiunto dallo spazio. Prima della formulazione della meccanica galileiana, nel XVII secolo, lo spazio assoluto permetteva di distinguere con precisione un oggetto fermo da uno in movimento e, inoltre, ogni oggetto possedeva una velocità ben definita. Galileo nel Dialogo sopra i due Massimi Sistemi del Mondo (1632) introdusse un nuovo concetto di spazio (relatività galileiana), secondo il quale non è possibile distinguere in nessun modo un oggetto fermo da uno che si muove di moto rettilineo uniforme (moto rettilineo con velocità costante). Come conseguenza, la velocità non è più assoluta, ma esistono dei sistemi di riferimento, detti inerziali, per i quali valgono le leggi della meccanica. La relatività galileiana entrò in crisi nel XIX secolo a seguito della formulazione delle quattro equazioni di Maxwell ad opera del fisico e matematico scozzese James Clerk Maxwell. Le equazioni dimostrarono chiaramente come i fenomeni dell'elettricità, del magnetismo e la luce che, fin ad allora, venivano trattati separatamente, fossero la manifestazione di un'unica grandezza: il campo elettromagnetico. Dall'analisi delle equazioni, Maxwell potette evincere un risultato fondamentale: la luce si muove a una velocità fissa. Il risultato era importantissimo e, soprattutto, in contrasto con quanto prescritto dalla relatività galileiana. Si affermava che la velocità della luce è assoluta. La luce è un’onda elettromagnetica che si propaga anche nel vuoto in cui raggiunge la massima velocità: c (3x 108 m/s). Le equazioni di Maxwell forniscono il valore di c e prevedono che esso sia lo stesso in tutti i sistemi di riferimento indipendentemente dalla loro velocità relativa; ciò non corrisponde a quanto detto dalla fisica classica e in particolare alla legge della composizione della velocità. Per lungo tempo si cercò di salvare il principio galileiano, cercando di dimostrare che esisteva un particolare sistema di riferimento inerziale, per il quale valevano le equazioni di Maxwell. Einstein risolse la disputa nella Teoria della Relatività Ristretta formulata nel 1905, nella quale si afferma definitivamente che il tempo e lo spazio non sono assoluti e sono intrinsecamente legati a formare uno spazio-tempo a quattro dimensioni. Einstein sostituì le trasformazioni di Galileo, le equazioni che permettevano di calcolare lo spazio, il tempo e la velocità a seconda dell'osservatore, con le trasformazioni di Lorentz. Einstein stabilì definitivamente che la velocità della luce nel vuoto è la stessa per tutti gli osservatori, indipendentemente se essi siano fermi o in moto rispetto alla sorgente. La fisica classica ha rappresentato un perfetto modello della natura per molti secoli. Tuttavia non è da considerarsi completamente superata e quindi inutilizzabile. Infatti, per corpi di dimensioni non subatomiche, la meccanica classica dà risultati in perfetto accordo con la meccanica quantistica, mentre per basse velocità, è in accordo con la Teoria della Relatività. La saldatura tra fisica quantistica e fisica relativistica avviene nel campo delle piccole dimensioni e delle alte velocità; in questo ambito la teoria interpretativa (fisica quantum- relativistica) costituisce una delle attuali frontiere della scienza.
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