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Tesina OSS L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE, Tesi di laurea di Medicina Rigenerativa

Tesina Finale Corso Oss, incentrata sul ruolo dell'operatore socio sanitario in ambito psichiatrico

Tipologia: Tesi di laurea

2020/2021

Caricato il 10/11/2022

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Scarica Tesina OSS L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE e più Tesi di laurea in PDF di Medicina Rigenerativa solo su Docsity! CORSO OPERATORE SOCIO SANITARIO II Edizione DGR. 344 del 02/09/2019 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE Elaborato da: Lucia SPINOLA L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola INDICE Introduzione 1. La psichiatria e il trattamento psichiatrico tra ieri e oggi: un pò di storia pag. 4 1.2 L’organizzazione dei servizi per la salute mentale in applicazione della 180/78 pag. 7 2. La classificazione dei disturbi mentali pag. 9 2.1 I disturbi neurocognitivi pag. 11 2.2 Il paziente anziano e con demenza: caratteristiche e gestione pag. 13 3. Cosa viene richiesto all’OSS in Psichiatria? pag. 18 Conclusioni Bibliografia 2 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola Tra il 1600 e il 1700 non vi è più distinzione tra il pazzo e il criminale ma anzi, le due figure si sovrappongono fino a divenire la stessa cosa. Il pazzo in quest’epoca viene visto come una minaccia e le autorità dispongono degli appositi luoghi, molto spesso simili a delle vere e proprie prigioni, dove tenere ben nascosti dalla benpensante società queste persone. In queste strutture il malato riceve sì assistenza, ma non mancano certo anche le punizioni fisiche e psicologiche per ciò che era opinione comune considerare come scandalo sociale. Le condizioni igienico sanitarie non erano poi di certo adeguate. Pur non collocandosi in questa epoca la nascita dell’istituzione manicomiale, ciò ne costituisce un’anteprima quanto mai drammatica. A partire dalla seconda metà del 1700 nascono luoghi inizialmente destinati alla cura della salute mentale. La figura del folle non viene più associata di default a quella del criminale e a tal proposito, Pinel nel 1793 consacrò il folle come malato piuttosto che come peccatore o delinquente. Nonostante gli venga attribuita la fondazione del primo manicomio, la prima istituzione per gli insani fu fondata in Virginia, Stati Uniti nel 1773. Il termine manicomio deriva dalla parola mania “pazzia” e da comio “ospedale”. Ospedale per la pazzia. Successivamente e per tutto il 1900, il manicomio si perfeziona, specializzandosi nella funzione di contenitore sociale della malattia mentale, venendo meno ai propositi riguardanti cure e riabilitazione. Durante le grandi dittature del ‘900, i manicomi vengono usati come strumento per eliminare gli oppositori politici, facendoli internare. Se la situazione dei manicomi resta immutata, d’altra parte prende avvio la più ampia rivoluzione storica nel campo delle conoscenze mediche e psicologiche: a cavallo tra gli anni 40 e gli anni 50 vengono infatti sintetizzati i primi psicofarmaci, la cui principale funzione è quella di attenuare i sintomi più manifesti del disturbo, sebbene essi non diano da soli risultati curativi e riabilitativi. Ai progressi sul fronte teorico e sperimentale si associa poi, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, anche un intenso fermento di iniziative alternative all'istituzione manicomiale. Tali iniziative hanno il pregio di rinnovare profondamente la psichiatria su due aspetti di vitale importanza: il disturbo mentale è curabile, la psichiatria di impianto ottocentesco e l’istituzione manicomiale hanno dei grossi limiti. Tutt’oggi non si conoscono terapie in grado di fare avere ai pazienti una completa remissione dalla malattia, ma psicofarmaci e psicoterapia, se applicati in maniera corretta, possono certamente contribuire a migliorare in modo sostanziale la condizione dei pazienti. Per il nostro paese, il 1904 è una data importante, in quanto vi è stata la promulgazione della legge 36, con cui si affida la responsabilità istituzionale dei manicomi alle province. Inoltre i pazienti vengono iscritti nel casellario giudiziario e privati della loro identità sociale nonché del diritto di voto, della possibilità di espatriare, della patente. Ancora una volta, soffrire di patologie mentali diviene una colpa. A causa di questa legge i manicomi in brevissimo tempo divengono delle vere e proprie discariche sociali dove la società benpensante e “normale” rinchiude tutte le persone considerate indesiderabili da un punto di vista delle rigide norme sociali dell’epoca. I manicomi diventano a tutti gli effetti dei luoghi dove rinchiudere le prostitute, gli omosessuali, i bambini considerati troppo vivaci, che oggi sappiamo poter essere affetti da ADHD ma che all’epoca 5 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola venivano rinchiusi in questi luoghi. Ancora, donne considerate inadatte al ruolo di madre e di moglie che la società imponeva. In questi luoghi non veniva applicata alcuna cura: solo contenzione e sedazione. Solo verso la fine degli anni ‘60 viene emanata la legge Mariotti, n 431 del 68, che riconosce la disumanità dell’istituzione manicomiale e stabilisce che i manicomi non dovranno più essere delle strutture a sé ma dovranno far parte degli ospedali, avendo ovviamente un’apposita divisione. La legge stabilisce anche l’inserimento di uno specifico intervento psicologico e psicosociale a favore degli assistiti ed un incremento del personale medico e infermieristico. Tuttavia questa legge, anche a causa delle gravi tensioni politiche dell’epoca, non troverà mai la sua piena applicazione ma può essere considerata come la legge precursore della riforma psichiatrica vera e propria che si avrà dieci anni dopo, nel 1978, grazie allo psichiatra Franco Basaglia. Questo psichiatra illuminato, riuscì a smantellare totalmente l’ospedale psichiatrico di Trieste nel 1977 dopo sette anni di preparazione ed organizzazione di un adeguato servizio territoriale. In particolare la legge Basaglia dispone: apertura dei cancelli dei reparti, pazienti liberi di passeggiare ed entrare in contatto con il mondo esterno, abolizione di ogni tipo di contenzione fisica e psicologica, introduzione del TSO per i pazienti che rifiutano interventi terapeutici urgenti. Stabilisce la riorganizzazione dell’intero sistema dei servizi per la salute mentale ponendo al centro l’interazione tra i vari servizi territoriali. La legge inoltre riconosce la necessità per i pazienti di avere una vita di qualità e ciò è possibile tramite la presa in carico da parte dei servizi presenti sul territorio. Nonostante la legge sia stata pensata con le migliori intenzioni, la sua reale applicazione, ancora oggi, presenta non pochi impedimenti. La società infatti non è preparata ad accogliere i malati più gravi ed è in genere la famiglia a farsi carico di queste persone, spesso e volentieri senza un minimo ed adeguato supporto sociale. È infatti ancora oggi presente uno stigma nei confronti dei disturbi mentali. In sostanza lo stigma è il pregiudizio diffuso che fa etichettare il malato come matto e lo fa considerare come persona di serie B. La stigmatizzazione della malattia mentale e del malato, generalmente avviene per un interazione tra tre fattori che sono la mancanza di conoscenza, i pregiudizi e l’emarginazione dei malati. Superare lo stigma permetterebbe ai malati di accedere prima e meglio alle cure, ma sicuramente ne gioverebbe la società nella sua interezza. Quello che bisogna fare per combattere il pregiudizio è iniziare a parlare liberamente della malattia mentale, creando spazi di confronto e di dialogo su questo tema, che ancora oggi costituisce un tabù, coinvolgendo esperti, familiari, pazienti. I malati dovrebbero smettere di nascondersi, in particolare se tra questi malati vi è chi occupa una posizione tale da influenzare l’opinione pubblica e sensibilizzare sul tema, come medici, politici o personaggi pubblici. 6 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola 1.2 L’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI PER LA SALUTE MENTALE IN APPLICAZIONE DELLA 180/78 In accordo con l’applicazione della legge Basaglia, il sistema dei servizi per la salute mentale viene riformato e riorganizzato ed in particolare si individua nel Dipartimento di Salute Mentale (DSM) il modello organizzativo più idoneo per continuità terapeutica e unitarietà degli interventi. In sostanza, l’organizzazione prevede quattro tipologie di struttura, coordinate all’interno del DSM. Esse sono: il CSM (Centro di salute Mentale), l’SPDC (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) e Strutture Residenziali e semi-residenziali (es. Centri Diurni). I compiti del DSM sono generalmente tre: ❖ Compito terapeutico, tramite attività psichiatriche ambulatoriali e domiciliari, interventi di urgenza e di risposta alla crisi; ❖ Compito riabilitativo, nell’ottica dello sviluppo delle capacità della persona, migliorando l’autonomia e le sue relazioni; ❖ Compito di reintegrazione sociale, nell’ottica di creare le condizioni necessarie per includere la persona all’interno della vita collettiva, tramite risorse economiche e relazionali, opportunità abitative e lavorative. Il CSM è la struttura maggiormente deputata alla realizzazione degli obiettivi terapeutici. Il CSM è sede dell’equipe multidisciplinare e di coordinamento degli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale. Questa struttura è attiva 12 ore al giorno per sei giorni la settimana per gli interventi di tipo ambulatoriale e domiciliare. Dal punto di vista prettamente strutturale si presenta generalmente come un servizio con varie stanze, una per ogni figura professionale operante all’interno, dotata di telefono ed accesso ad internet. Dispone anche di un locale adibito alla somministrazione di terapia anche di tipo long acting come gli antipsicotici. Inoltre vi sono la sala d’attesa, la reception, i bagni. Gli arredi devono essere decorosi e confortevoli. L’accesso da parte dell’utenza può avvenire in diverse modalità: per scelta del paziente, per invio del paziente da parte della famiglia, del medico curante, di altri servizi territoriali e privati. In primo luogo il CSM attua l’accoglienza dell’utente e individua per ogni paziente un progetto terapeutico/percorso di cura ad personam. Per la realizzazione di tale progetto può essere necessario ricorrere anche ad altre risorse disponibili all’interno del CSM stesso, in altre strutture sociali presenti sul territorio, nell’ambiente di vita del paziente. Per funzionare bene il CSM dovrebbe intervenire su un bacino di popolazione compreso tra i 50.000 e gli 80.000 abitanti ed essere facilmente raggiungibile dall’utenza, anche dal punto di vista del trasporto. Nello specifico le prestazioni fornite dal CSM sono le visite ambulatoriali e domiciliari, le diagnosi tramite test psicodiagnostici e terapia (anche in accordo ed integrazione con l’SPDC), psicoterapia, 7 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola Il DSM è attualmente alla quinta revisione. L’attuale revisione possiede delle caratteristiche che la differenziano rispetto alle precedenti revisioni. Con la quinta revisione si è infatti superata la suddivisione in “Assi” dei disturbi psichiatrici. Nel DSM V la suddivisione è in “Sezioni”. I disturbi presenti nel DSM V sono: ● Disturbi del neurosviluppo (che riguardano l’età evolutiva); ● Disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici; ● Disturbi bipolari e disturbi correlati; ● Disturbi depressivi; ● Disturbi d’ansia; ● Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati; ● Disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti; ● Disturbi dissociativi; ● Disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati; ● Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione; ● Disturbi dell’evacuazione; ● Disturbi del ritmo sonno-veglia; ● Disfunzioni sessuali; ● Disforia di genere; ● Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta; ● Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction (dipendenza); ● Disturbi neurocognitivi; ● Disturbi di personalità; ● Disturbi parafilici (indotti da altri disturbi); ● Disturbi del movimento indotti da farmaci e altre reazioni avverse ai farmaci; ● Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica. 10 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola I disturbi delle funzioni psichiche producono certamente un cambiamento nella persona che ne soffre. Queste persone presentano delle alterazioni a carico delle principali funzioni cognitive. E’ necessario che tali alterazioni siano ben conosciute affinché l’operatore possa cogliere la particolare espressione di quel sintomo. Tra le funzioni maggiormente compromesse troviamo: il pensiero, la memoria, la percezione, l’intelligenza, la coscienza, l’affettività, l’istinto, la psicomotilità. Per quanto riguarda il pensiero, questa funzione può risultare compromessa sia nella struttura che nel contenuto. Per quanto riguarda la struttura il pensiero può risultare accelerato o rallentato, incoerente, ossessivo. Il contenuto del pensiero invece può essere alterato fino a sfociare in veri e propri deliri, cioè convinzioni che non corrispondono in nessun modo alla realtà e che non sono correggibili. Il delirio è considerabile l’essenza stessa di ciò che un tempo veniva definita come Alienazione, cioè perdita della propria personalità. I deliri solitamente vengono classificati in base alle tematiche che in essi vengono esperite dal paziente. Vi sono infatti deliri di persecuzione, a causa dei quali la persona crede di essere protagonista e vittima di un complotto, nonché di essere perseguitato e di trovarsi per questo in una situazione di imminente pericolo di vita. I deliri di trasformazione che fanno credere alla persona di essere oggetto di una trasformazione corporea, quelli di riferimento fanno credere alla persona che tutto ciò che lo circonda faccia lui/lei riferimento, come per esempio la televisione. I soggetti affetti da deliri possono essere poi superstiziosi e preoccupati per fenomeni paranormali, convinti di riuscire a prevedere gli eventi prima che questi accadano o di leggere nella mente altrui. Vi sono poi i deliri di possessione, di gelosia, di onnipotenza, passionali (idee erotomaniche) e mistici. Per quanto riguarda la memoria, essa può essere alterata in vari modi, in base al tipo di memoria che viene compromessa. Per esempio, può essere compromessa la working memory (la memoria di lavoro), oppure quella a lungo termine. Ciò si verifica soprattutto nelle demenze. Il disturbo di memoria viene generalmente definito amnesia. La percezione, vale a dire la la capacità di elaborare i segnali esterni attraverso gli organi di senso, può risultare compromessa e comportare illusioni (percezioni distorte basate su un’erronea interpretazione della realtà circostante), allucinazioni (si è convinti di vedere persone, oggetti, sentire voci che in realtà non esistono). Le alterazioni dell’intelligenza consistono nella disabilità intellettiva se congenita o che ricade nell’età evolutiva e nella demenza, se il decadimento intellettivo riguarda soggetti adulti. La coscienza, cioè la capacità di avere consapevolezza di sè stessi e dell’ambiente circostante, può essere compromessa in modo più o meno grave e la compromissione spazia dal semplice annebbiamento fino al coma, passando per lo stato confusionale in cui la percezione del reale risulta disgregata e frammentaria. Vi è poi la depersonalizzazione, a causa della quale il soggetto vive la propria persona come estranea. 11 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola L’affettività è una funzione cognitiva il cui equilibrio nella psicopatologia oscilla tra la depressione e l’ipomania, passando quindi da un polo opposto all’altro, come nel caso del disturbo bipolare. L’istinto risulta compromesso ad esempio nei disturbi che fanno venire meno quei comportamenti istintivi che hanno come fine la conservazione del singolo e/o della specie, come alimentarsi, bere. Le alterazioni di questa funzione si verificano soprattutto nei disturbi della nutrizione come anoressia, bulimia, pica, ma anche nel caso del suicidio. Per quanto riguarda la psicomotilità, essa è una funzione che riguarda il controllo e l’adeguatezza del movimento rispetto al contesto. Le alterazioni di questa funzione sono definiti come irrequietezza, con la difficoltà a mantenere per un certo tempo la stessa posizione compiendo una serie di movimenti automatici e volontari. C’è poi l’agitazione psicomotoria, che si verifica quando l’attività motoria risulta inadeguata rispetto alla realtà, se per esempio il paziente continua a camminare, gridare o commette atti auto/etero lesivi (paziente clamoroso). Infine, l’altra faccia della medaglia è costituita dal rallentamento psicomotorio, un quadro clinico con rallentamento dei movimenti fino al completo immobilismo. In questo caso ci può essere un arresto psicomotorio o blocco catatonico con muscoli contratti. 2.1 I DISTURBI NEUROCOGNITIVI Tra i vari disturbi presenti nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali descritti sopra, troviamo anche i Disturbi neurocognitivi, al cui interno sono ricompresi anche i vari tipi di demenza che riguardano soprattutto la fascia di popolazione più anziana. Volendo fare una classificazione eziologica delle principali forme di demenza possiamo suddividerle in due macrogruppi: le demenze primarie (degenerative) e quelle secondarie (generalmente di origine vascolare). All’interno del primo gruppo può essere ricompresa la demenza di Alzheimer, che viene suddivisa a sua volta generalmente in due forme, quella presenile che compare prima dei 65 anni e quella senile che compare dopo i 65 anni. La malattia di Alzheimer è la causa di demenza più diffusa nel mondo e rappresenta circa il 60% dei casi. E’ una malattia degenerativa progressiva  del cervello caratterizzata da atrofia e morte delle cellule cerebrali. Si ipotizza che l’Alzheimer sia provocato dalle proteine beta-amiloide e tau derivanti da processi metabolici difettosi. La malattia si manifesta in maniera differente da persona a persona. I sintomi iniziali possono includere difficoltà nell’apprendere, pensare, identificare oggetti, comunicare, nel ricordare parole o concetti, nel ritrovare oggetti di uso quotidiano, o nel portare a termine compiti consueti. La persona affetta anche da una forma lieve di Alzheimer può apparire confusa, avere comportamenti strani o inconsueti, sbalzi di umore (dall’apatia all’aggressività), presentare difficoltà di valutazione delle situazioni, trascurare l’igiene e il proprio aspetto, isolarsi da amici e familiari. 12 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola L’anziano presenta una minore capacità di adattamento fisico e psichico. E’ necessario eseguire una valutazione globale dei suoi problemi per poter definire un piano di intervento ad hoc. I problemi principali sono rappresentati dal fatto che coesistono contemporaneamente più patologie. Al fine di una corretta valutazione si deve prendere in considerazione la malattia, le condizione fisiche, psicologiche e il contesto sociale in cui l’anziano vive. L’approccio deve essere quindi multidisciplinare: i bisogni più comuni sono l’alimentazione, il riposo, la cura della cute, la respirazione, l’evacuazione, il movimento, i farmaci. In ognuno di questi settori l’operatore socio sanitario ha dei compiti specifici, nel caso dei farmaci non può prescriverne ma deve controllare la corretta assunzione della terapia e in caso di necessità segnalare se la terapia deve essere modificata in ragione dello stato psico fisico del paziente. L’anziano spesso presenta demenza ed in questo caso ha delle particolari caratteristiche gestionali. L’operatore socio sanitario in particolare, oltre ad essere un valido aiuto per le attività quotidiane di igiene, potrà essere un valido supporto al caregiver, potendo diventare una valvola di sfogo, un sostegno emotivo ed educativo, indicando al familiare dell’anziano alcuni importanti accorgimenti su come approcciarsi in maniera più corretta e gestire al meglio alcuni comportamenti tipici che subentrano nella fase acuta della patologia, come aggressività, agitazione psicomotoria, deliri e allucinazioni. Per quanto riguarda l’aggressività essa è un comportamento che mira a scacciare, offendere, danneggiare una persona ed è finalizzato al raggiungimento di un interesse personale. Nel caso del paziente con demenza è dovuta ad una carenza di quella mentalizzazione che permette di capire le intenzioni altrui. A questo comportamento si associano spesso emozioni negative come rabbia, risentimento, collera e soprattutto paura. Oltre che nei casi di demenza, l’aggressività è una componente di altre patologie psichiatriche come la schizofrenia, la sindrome bipolare, i disturbi deliranti, di personalità, d’ansia. La gestione del paziente aggressivo si presenta densa di problematiche in quanto l’operatore può provare diversi sentimenti come paura, frustrazione, rabbia, delusione ed insicurezza. Le strategie per la gestione dell’aggressività sono molteplici, anzitutto la messa a punto di un progetto terapeutico integrato sulla base della diagnosi psichiatrica e del rischio di comportamenti violenti, interventi psicologici, interventi verbali e comportamentali come la de-escalation che può essere estesa anche ad altri contesti del sociale. La de-escalation punta a ridurre il livello di rabbia e a cercare un dialogo. Le modalità di comunicazione nelle de-escalation non sono normali in quanto non si può fare riferimento solo al buon senso ma la tecnica richiede la conoscenza di premesse teoriche ed esercitazioni. Per padroneggiare la de-escalation bisogna usare il “talk down” cioè le strategie volte ad abbassare i toni. L’OSS insegnerà al caregiver a non sgridare il familiare aggressivo perché non sarebbe in grado di capire. La sua rabbia inoltre non è che l’espressione del disagio e della paura. Il caregiver cercherà di non contraddire il malato proponendo le attività con calma e aspettando il momento più opportuno. Durante la manifestazione del wandering (il vagabondare) l’OSS e/o il caregiver non dovranno ostacolare questo impulso irrefrenabile ma dovranno permettergli di camminare in un ambiente protetto, limitando i rischi per il malato, facendo attenzione anche alle calzature che egli indossa. 15 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola Per quanto riguarda l’agitazione psicomotoria, che si verifica quando il malato non riesce a stare fermo o continua incessantemente a fare domande, occorrerà chiedersi se tale comportamento ha delle cause interne o esterne, come ad esempio l’effetto di qualche farmaco. E’ necessario dunque chiedere al medico. Il paziente va orientato nel tempo e nello spazio e qualora si verificassero dei deliri non bisogna sgridare il paziente ne deriderlo ma cercare di assecondarlo e calmarlo. Stesso atteggiamento va tenuto nel caso di allucinazioni ed in questo caso è opportuno individuare ed eliminare anche possibili fonti di disturbo. Nei pazienti affetti dalla particolare forma di demenza di Alzheimer è necessario poi, adottare un tipo particolare di accorgimenti. E’ utile e necessario togliere gli specchi perchè potrebbero non riconoscere sé stessi nello specchio e di conseguenza agitarsi e ed essere spaventati. In caso di episodi di pianto bisogna evitare di dire ai paziente di non piangere ma al contrario si dovrà ascoltarlo, far loro compagnia. La sera per queste persone rappresenta un momento di maggior solitudine, quindi potrebbe portarli ad agitarsi maggiormente. È consigliabile quindi star loro vicino e portarli in giro per casa finché una volta calmati non riusciranno ad addormentarsi. L’OSS in queste situazioni può contribuire sia dal punto di vista educativo sia da quello emotivo, fornendo quel supporto che spesso viene a mancare nell’ambito delle cure domiciliari. Il supporto abbraccia anche i familiari del paziente, rendendoli partecipi della cura del proprio caro e riducendo l’evidente peso che questo tipo di cura porta con sé, coinvolgendo il caregiver h24. E’ importante che il caregiver si prenda cura di se stesso e riesca a ritagliarsi del tempo per sé, dedicandosi ad attività che possano farlo sentire rigenerato, evitando di avere una vita unicamente orientata alla cura dell’assistito. Nei casi di pazienti violenti può rendersi necessaria la contenzione. Si parla di contenzione quando si mettono in atto una serie di pratiche mediche che consentono di immobilizzare la persona, mediante strumenti fisici o meccanici applicati al corpo o a parti di esso, che pur non avendo valenza prettamente terapeutica, sono attivate nella logica di evitare comportamente dannosi per sé e per gli altri, limitando di fatto la piena libertà della persona. Questa pratica è da scongiurare nel rispetto del principio di inviolabilità della persona e nel rispetto del codice deontologico del medico e dell’infermiere. La contenzione nasce in psichiatria, dove il rischio di subire aggressioni da parte degli operatori risulta molto elevato. In ambito psichiatrico non è possibile dimenticare che in passato, non esistendo una norma esplicita, l’uso dei mezzi coercitivi (e la contenzione è uno di questi) appariva lecito. Al fine di scongiurare il ricorso alla contenzione il personale deve essere adeguatamente formato riguardo le conoscenze sui criteri di utilizzo della stessa, nonché sulle linee guida che la regolano. Il personale deve inoltre essere in grado di valutare le situazioni che ne potrebbero richiedere e legittimare l’impiego e soprattutto ne potrebbero ridurre l’uso trovando delle vie alternative. In particolare, si deve cercare di individuare eventuali fattori stressanti e scatenanti dell’aggressività per comprendere come gestire gli stessi riducendo la comparsa di sintomi psichiatrici/somatici. Il “contenimento affettivo” si basa sull’utilizzo delle tecniche di de-escalation di cui avevano parlato nelle precedenti pagine. Qualora nonostante i tentativi messi in atto, il comportamento 16 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola aggressivo dovesse continuare è opportuno prendere in considerazione l’applicazione della misura contenitiva seguendo specifici protocolli e linee guida. Le linee guida hanno al loro interno le caratteristiche che la contenzione deve avere. La contenzione deve in particolare: ➔ riferirsi a specifici protocolli di adeguatezza e qualità nel rispetto del paziente e del personale; ➔ essere attuata nel rispetto della sicurezza del paziente e del personale medico, infermieristico e sanitario; ➔ essere di pertinenza medica e deve indicare la procedura e la finalità terapeutica che deve necessariamente essere comunicata al paziente; In particolari casi molto complessi da gestire e in presenza di un concreto pericolo per l’ammalato, per gli altri degenti o per il personale sanitario è possibile richiedere la presenza delle Forze dell’Ordine. In nessun caso tuttavia è ammessa la contenzione per ovviare alla carenza di personale o a disfunzioni interne alla struttura presso cui l’ospite è ricoverato. Se lo stato di contenzione dovesse superare le ventiquattro ore è necessario applicare delle linee guida sulla prevenzione della trombosi venosa con esami ematici e somministrazione di una terapia antitrombotica. Il medico deve controllare il paziente ogni due ore e tenere sotto controllo i parametri vitali come la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e la saturazione. Attualmente le misure di contenzione maggiormente utilizzate sono rappresentate dalle spondine per il letto applicate al letto di degenza. Sono generalmente di due tipi: a scatto oppure rimovibili da parte del personale. L’altra misura di contenzione è rappresentata dalle fasce di bloccaggio degli arti che servono per la contenzione di tipo meccanico e limitano moltissimo la mobilità. Vi è poi la fascia vita per il bloccaggio di rotazione del busto del paziente. Le complicanze che potrebbero derivare dalla contenzione oltre alla trombosi venosa profonda possono essere l’arrossamento delle zone interessate, abrasioni, ematomi, fratture. Inoltre possono insorgere delle lesioni da decubito, infezioni, atonia muscolare, disidratazione. A livello psicologico il paziente potrebbe sperimentare stress, paura, sconforto fino ad arrivare a comportamenti regressivi. Contenzione e Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), non sussistono sullo stesso fondamento giuridico avendo finalità diverse tra loro, dal momento che la contenzione non ha valore di intervento terapeutico ma ha la specifica finalità di prevenire il pericolo derivante dal comportamento violento e incontrollabile. Il TSO è una procedura sanitaria normata dalla legge Basaglia e attualmente regolamentata dalla legge 833 del 1978. E’ un atto composito di tipo medico e giuridico che consente di effettuare determinati accertamenti e somministrare terapie urgenti ad un soggetto che rifiuta il trattamento probabilmente per mancanza di consapevolezza riguardo la propria malattia. È quindi inteso come una procedura finalizzata esclusivamente alla tutela della salute e della sicurezza dell’individuo affetto da patologie psichiatriche/neurocognitive. Viene predisposto anche nei confronti di soggetti tossicodipendenti o alcoldipendenti, disturbati psichicamente che rifiutano le cure. Il provvedimento del TSO viene disposto dal sindaco del comune dove si trova la persona che rifiuta il trattamento, dietro proposta motivata di due medici, di cui almeno uno appartenente alla ASL competente territorialmente. Il TSO può essere eseguito in ospedale, in altra sede e anche 17 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola CONCLUSIONI Nel nostro sistema sanitario attuale, i servizi per la salute mentale e le residenze per anziani stanno assumendo un ruolo sempre più preciso e definito nella crescente complessità delle situazioni e organizzazioni. L’assistenza di tipo sanitario, in particolare quella svolta dall’Operatore Socio Sanitario è un’attività molto consistente e di grandissima responsabilità. L'operatore socio- sanitario, abbreviato in OSS è una figura professionale che opera nel settore socio-sanitario. La sua attività lavorativa è orientata al soddisfacimento dei bisogni primari delle persone ed a favorire il benessere e l'autonomia delle stesse. La figura dell'operatore socio sanitario venne istituita con l'accordo del 22 febbraio 2001 ("Accordo tra il Ministero della Sanità, il Ministero per la solidarietà sociale, le Regioni e le province 20 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola autonome di Trento e Bolzano"), normativa di riferimento per tutti i professionisti OSS. L’OSS agisce autonomamente nell'assistenza di base, indirizzata ai pazienti totalmente o parzialmente autosufficienti nelle attività quotidiane. È presente durante la permanenza delle persone negli ospedali, cliniche private o presta assistenza di base autonomamente nell'ambito domiciliare. Il suo compito è quello di svolgere attività che aiutino le persone a soddisfare i propri bisogni primari: l'alimentazione, l'igiene personale, attività finalizzate al recupero e di mobilizzazione, trasporto in barella. Si occupa del rilevamento dei parametri vitali, di effettuare piccole medicazioni, aiuta nella somministrazione della terapia orale, al trasporto di materiali biologici, nella preparazione dei materiali da sterilizzazione. Si occupa del mantenimento e dello sviluppo del livello di benessere, promuovendone l'autonomia e l'autodeterminazione. La sua attività è regolamentata grazie al mansionario specifico, in ambito assistenziale, sociale e sanitario. Opera in base al reparto/ambito specialistico di appartenenza e agisce in collaborazione con figure sanitarie, principalmente con l'infermiere, il fisioterapista e l'ostetrico oltre che con il medico, il dietista, l'educatore professionale, l'assistente sociale. In area sanitaria può occuparsi con qualche limitato margine di autonomia prodotto dalla delega in seno alla legge del 21 febbraio 2001, solo dell'assistenza di base al paziente, mentre può occuparsi di ulteriori attività solo dietro precisa attribuzione (non di delega) e indicazioni dell'infermiere (come stabilito dai rispettivi profili professionali nazionali e normativa regionale), oltre che di interventi relazionali con l'utente (area sociale). L’OSS deve rispondere ai bisogni della persona nella sua complessità, che significa “sempre e direttamente” laddove è indispensabile un intervento esperto, avvalendosi, ove possibile, del personale di supporto. L’Operatore agisce con competenza e non per consuetudine. A maggior ragione in area critica, la competenza nell’attuazione degli interventi tecnici, delle procedure, deve essere data quasi per scontata; mobilitando tutte le risorse a disposizione in un’ottica di soggettività del malato e della famiglia, in modo da tenere sempre presente la sua situazione, il suo contesto e il momento in cui il processo si svolge e avendo cura di valorizzare le relazioni a qualunque livello. “Il manicomio è una grande cassa di risonanza E il delirio diventa eco, l’anonimità misura, il manicomio è il monte Sinai, maledetto, su cui tu ricevi le tavole di una legge agli uomini sconosciuta.” “La terra santa” Alda Merini 21 L’OPERATORE SOCIO SANITARIO TRA PSICHIATRIA E DEMENZE di Lucia Spinola BIBLIOGRAFIA “L’OPERATORE SOCIO-SANITARIO” - Manuale teorico-pratico per i concorsi e la formazione dell’Oss”, Collana Esami & Professioni, Di Giacomo Montalti, Maggioli Ed.; TRECCANI ENCICLOPEDIA ONLINE, Psichiatria, cit., https://www.treccani.it/enciclopedia/psichiatria, consultata il 2 Agosto 2021; NOVILUNIO, Associazione di Promozione Sociale, https://novilunio.net/, consultata il 4 Agosto 2021. 22
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