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Tesina per il laboratorio di Studio e produzione televisiva, Appunti di Storia Della Radio E Della Televisione

Una tesina di 20'000 caratteri scritta per il laboratorio di studio e produzione televisiva, sulla divulgazione dell'arte in televisione

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 23/09/2022

cristine-andreini
cristine-andreini 🇮🇹

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Scarica Tesina per il laboratorio di Studio e produzione televisiva e più Appunti in PDF di Storia Della Radio E Della Televisione solo su Docsity! La divulgazione dell’arte nei programmi televisivi L’avvento della televisione all’interno delle mura domestiche è un punto di svolta per la storia dei media. La televisione è un nuovo concorrente in un settore pieno di competizione, e per stabilirsi ha bisogno di integrarsi e distinguersi dal resto della concorrenza. La radio, in particolare, è la maggiore rivale del nuovo medium, poiché con esso condivide l’intento informativo, e a differenza della televisione, la radio è più fruibile e portatile rispetto all’ingombrante schermo con tubo catodico. Pertanto il modo migliore per attirare l’attenzione del pubblico è di sfruttare al massimo l’immagine che la televisione può offrire, creare un linguaggio televisivo che attiri lo spettatore e distingui il nuovo medium rispetto agli altri, dandogli un obiettivo informativo, di intrattenimento, ed educativo. Nel 1954 la RAI, canale nato proprio con funzione educativa, presenta il primo programma artistico, con l’intento di avvicinare gli spettatori alla cultura e all’istruzione, rendendola alla portata di tutti. Programmi di divulgazione artistica iniziano a prendere piede, ma numerosi sono i problemi da affrontare, tra i quali innanzitutto il linguaggio, problematica che dagli anni ’50 continua a persistere anche ai giorni nostri. La conduzione dei programmi di divulgazione era affidata a specialisti, e bisognava scegliere se preferire un linguaggio più tecnico piuttosto che uno più semplice per farsi comprendere da più persone. Il dilemma ricade sulla scelta di un lessico troppo specifico, difficilmente accessibile a tutto il popolo italiano, una struttura formale tipica delle tradizionali lezioni accademiche, in cui uno storico dell’arte, assoluto protagonista dello schermo, elargisce una serie di nozioni in merito ad un tema predefinito. La profonda discordanza tra la cultura televisiva ed un crescente analfabetismo esteso a livello nazionale, genera un’incompatibilità di linguaggi che contraddistinse tutta la televisione delle origini. Questo contrasto lessicale e formale rappresenta un importante ostacolo per le professioni che si dedicano alla scrittura e conduzione dei programmi televisivi di divulgazione. Risulta necessario raggiungere un giusto compromesso tra una lessico troppo esclusivo ed elitario ed una terminologia semplice, diretta e facilmente comprensibile, per essere fruibile anche a chi non aveva alcuna conoscenza di base dell’arte. Così vengono a costruirsi tre regole fondamentali della divulgazione televisiva: leggibilità, ripetizione e divertimento. La leggibilità è la capacità di un programma televisivo di colpire lo spettatore, e attirare immediatamente la sua attenzione. La scrittura deve essere rapida, ad effetto, senza appesantirsi con inutili descrizioni e approfondimenti nozionistici, ma tenere vivo l’interesse del pubblico con un linguaggio sveglio, deciso, fruibile a tutti. La ripetizione, accompagnata dall’approssimazione e dalla semplificazione, è un’altra caratteristica. I mass media usano la ripetizione per rendere più chiaro il concetto e migliorare la spiegazione. Lo spettatore deve essere in grado di capire esattamente di cosa sta parlando un programma anche se non lo vede dall’inizio. Una persona può accendere la televisione in ogni momento o cambiare canale, quindi la ripetizione assicura che sia sempre informato su ciò che sta guardando, anche se non comincia dall’inizio. L’ultima caratteristica fondamentale è il divertimento, necessario per evitare che lo spettatore cambi canale per noia. L’intrattenimento, infatti, è una delle principali funzioni della televisione, che fin dagli albori veniva spesso vista in momenti di svago o durante attività mondane dove si cercava una distrazione dalla quotidianità. Il divertimento è il mezzo che raggiunge il pubblico di massa, ed è al pubblico di massa che si rivolge la televisione per ottenere un guadagno, pertanto non può permettersi programmi indirizzati ad una fascia più ristretta di spettatori. Queste tre caratteristiche servono a stabilire il linguaggio di divulgazione dell’arte in televisione, che deve essere impostato secondo le regole televisive, e adattato di conseguenza. Nascono diverse forme di rappresentazione e divulgazione dell’arte. E le principali che si sono occupate dell’arte, soprattutto agli albori della televisione, sono quattro: l’esperto; la lezione; il documentario; il conduttore. L’esperto si ritrova all’interno di programmi, spesso non dedicati all’arte in sé ma che spazia tra diversi temi, condotti solitamente da non specialisti. L’esperto è un ospite, a volte un professore, un critico o uno storico dell’arte, ed è lì in veste di depositario del sapere. Viene quasi sempre ripreso nel luogo di lavoro o sulla scena mentre visita musei e illustra dal vivo le opere, spiegandone i dettagli. Il suo linguaggio è più complesso e specialistico, ma non va mai in contrasto con il ruolo del conduttore, che resta il protagonista della trasmissione. La lezione si collega all’intento principalmente educativo della televisione, che alcuni canali cercano di sviluppare come una seconda scuola, un mezzo di istruzione accessibile a tutti e che accultura, simulando una lezione come se lo spettatore fosse in un’aula scolastica con attrezzi moderni: mostrando testimonianze, immagini e filmati che giungono da ogni parte del mondo e che adesso sono perfettamente accessibili dal salotto di casa. Il documentario opta per un tipo di divulgazione dell’arte più simile ad un prodotto cinematografico. Si allontana dalle figure umane che raccontano in prima persona l’arte, mostrando loro stesse, ma questo tipo di divulgazione aumenta in spettacolarità. I discorsi si alleggeriscono, favorendo l’attenzione, e si sottolineano meglio i concetti. Accompagnando lo spettatore all’interno di luoghi per lui inaccessibili e usando il linguaggio di un’inchiesta, lo mettono a contatto con opere e ambienti che non ha altro modo di visitare. Anche la lezione mostra immagini inedite, ma nel documentario si punta molto al sensazionalismo e artifici linguistici. Infine il conduttore è una formula mista delle tre precedenti, che racchiude e trasforma. Il conduttore è la fonte del discorso sulla scienza. A differenza del documentario non c’è più un racconto anonimo, ma il conduttore è presente e riconoscibile con la sua figura, i suoi atteggiamenti e il suo linguaggio personale e caratteristico, che il pubblico riconosce e con cui entra in confidenza. Il format del conduttore permette all’emittente di utilizzare filmati di repertorio provenienti anche dall’estero e mettere un’impronta personale data dal carisma del personaggio utilizzato, che diventa il vero protagonista dello spettacolo. particolare, per il dettaglio, un narratore giusto che sia carismatico ma anche competente. Altrimenti si confondono l’arte e la cultura con una concezione bigotta di tale cultura, e incompleta. La televisione è demonizzata e rifiutata dagli storici dell’arte, e considerata come un dispositivo pervasivo, diseducativo e fonte di massificazione. Osservare un quadro in televisione è pertanto complicato. A differenza che durante una visita in un museo, o sul grande schermo cinematografico, la televisione non offre all’arte la capacità di spiccare da sola, e ha bisogno di un interprete che la traduca per il pubblico, rischiando di perdere il lato emotivo che un’opera d’arte suscita all’osservatore. Un grande cambiamento nel modo di vedere l’arte in televisione avviene con il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale. Con la digitalizzazione dell’ambiente mediale, si è iniziato a teorizzare un imminente decadimento della televisione a favore dei nuovi concorrenti nel mercato digitale, che iniziavano a prendere piede. La previsione, però, si è rivelata sbagliata, e la televisione ha iniziato un lungo processo di digitalizzazione che l’ha fatta risorgere e consolidare nel quotidiano. Con il digitale terrestre, infatti, si apre la possibilità di avere centinaia di canali disponibili, e un catalogo infinitamente maggiore a disposizione degli spettatori, che ha condotto l’Italia alla definizione di tre ambienti televisivi distinti: la tv generalista, canali del digitale terrestre in chiaro, e la Pay tv. Così come la televisione era data per spacciata, anche l’arte in televisione ovviamente rischiava di concludere il suo percorso, ma sebbene la divulgazione dell’arte sia stata effettivamente emarginata nella tv generalista, con l’avvento di nuovi canali, più che di fine prematura, si può parlare di un processo di riconfigurazione. La configurazione dei nuovi canali disponibili segue una logica tematica, cercando un punto di riferimento e gestendo i palinsesti tramite analisi del mercato che i dirigenti vogliono raggiungere. Avere numerosi canali a disposizione permette di rivolgersi anche ad un pubblico più di nicchia, con diversi interessi, e non solo alle ampie fette di audience. Non si ricerca più una costruzione dei programmi per compiacere quante più persone possibili, ma ci si può permettere di creare format particolari in canali dedicati esclusivamente a certi temi, come ad esempio la storia dell’arte. L’arte infatti diventa una colonna portante della costruzione di alcuni canali distribuiti a pagamento o in chiaro nel digitale terrestre, come il canale RAI5, o Sky Arte nell’offerta Pay tv, e in alcuni canali a pagamento del digitale terrestre come BBC Knoweledge, dedicati interamente alla divulgazione di arte e della cultura sfruttando una ricca libreria di documentari e programmi di marca internazionale. La nascita di questi nuovi canali tematici culturali ha comportato un cambiamento molto importante nella relazione tra piccolo schermo e rappresentazione di arte, sollevando nuove questioni relative alla storia e alla teoria del rapporto tra discipline artistiche e tv. In primo luogo, essa ha finalmente permesso di superare la questione sulla legittimità della tv di trattare un tema elevato e colto come l’arte. Nel caso di RAI5, per esempio, il canale risponde al compito educativo-culturale inscritto nel contratto di servizio che fonda il mandato del Servizio pubblico televisivo, e rappresenta, nelle intenzioni del management RAI, uno degli ultimi territori di riserva della cultura in tv. La costruzione del marchio di Sky Arte invece ha seguito la proposta del contenuto premium che valorizzava l’arte come contenuto adeguato per l’offerta a pagamento, come il calcio, il cinema e grandi eventi di intrattenimento come reality televisive e serie tv. È anche un canale ad alta definizione, che permette quindi di vedere le opere d’arte illustrate sullo schermo in maniera più precisa, dettagliata e d’impatto. Il potenziamento della tecnologia, infatti, permette all’arte di essere vista in modo sempre migliore, non solo più chiaramente tramite l’uso dell’alta definizione, ma anche usando, nei documentari e nei programmi di divulgazione artistica che inquadrano l’opera di cui si parla, mezzi tecnici sempre più moderni e complessi, che spesso sono utilizzati nel cinema, come la steadycam. Lo spettatore quindi ha una visione molto più ampia dell’arte. La nascita dei canali tematici dedicati all’arte inaugura una nuova fase storica del rapporto tra arte e televisione. Questo cambiamento è dovuto da diversi fattori: vengono stabiliti nuovi confini del concetto di arte; vengono modificate le logiche creative alla base della gestione dei prodotti e della costruzione dei palinsesti in questi canali; si forma un bilanciamento tra tradizione e innovazione nei linguaggi del racconto d’arte e i generi espressivi per divulgarlo in modo migliore, anche attraverso forme di integrazione con l’intrattenimento. Uno dei principali cambiamenti che ha investito la programmazione artistica nello scenario di nuovi canali digitali riguarda l’ideale di arte alla base dell’idoneità delle reti native digitali. L’ideale di arte si amplia gradualmente, coinvolgendo discipline confinanti, anche per via della necessità di ampliare il palinsesto e parlare di arte per tutte le ore del giorno, pertanto le arti figurative vengono accompagnate dalla musica, teatro, fotografia, o moda. Inoltre RAI5 e Sky Arte presentano un forte legame con l’identità nazionale, concentrandosi molto sulla vasta cultura italiana che spesso viene messa in ombra da programmi stranieri. Viene avviata una riscoperta dell’arte del nostro paese, che si è sviluppata nel corso dei secoli e ha coinvolto ogni aspetto della crescita dell’Italia anche in tutti gli altri settori. Viene offerto agli artisti italiani contemporanei di parlare delle proprie opere, ospiti in determinati programmi, dando loro una voce per esprimersi al vasto pubblico e farsi conoscere. Alla luce del cambiamento dell'ideale dell'arte che sottende alle nuove logiche di costruzione dell'identità e dei palinsesti dei canali nativi digitali dedicati a contenuti artistici, anche i linguaggi espressivi dei programmi presentano una riconfigurazione: se, da un lato, si nota continuità con la tradizione dell'arte in tv, dall'altro emerge la sperimentazione di nuove formule, che superano i modelli classici di divulgazione tipici del Servizio pubblico ma anche la pura spettacolarizzazione inaugurata dalla tv commerciale. Per concludere, possiamo affermare che l’arte in televisione ha avuto un percorso discontinuo ma che dopo l’avvento del digitale terrestre, della Pay tv, dei canali dedicati che riescono a prendersi un più largo respiro per parlare di arte sia al pubblico più generalista che a quello più specifico, è evidente che questa importante forma culturale sia ormai un patrimonio della televisione.
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