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Giancarlo De Carlo: La Vita e L'Opera di un Architetto Scomodo, Prove d'esame di Storia Dell'architettura Contemporanea II

Progettazione UrbanisticaArchitettura modernaStoria dell'Università di Urbino

Biografia di Giancarlo De Carlo, dall'infanzia a Milano e alla Resistenza, fino alla sua carriera da architetto a Urbino. la sua infatuazione per l'architettura, la laurea all'IUAV di Venezia, e i suoi progetti per l'Università di Urbino, tra cui Palazzo Montefeltro, Collegi, Facoltà di Magistero, Facoltà di Legge e palazzo Battiferri. Il testo illustra anche la collaborazione di De Carlo con la città di Urbino e la realizzazione del progetto Operazione Mercatale.

Cosa imparerai

  • Quali progetti ha realizzato De Carlo per l'Università di Urbino?
  • Come ha collaborato De Carlo con la città di Urbino?
  • Che cosa ha fatto Giancarlo De Carlo a Milano prima di trasferirsi a Venezia?

Tipologia: Prove d'esame

2017/2018

Caricato il 07/11/2022

luigi-murabito
luigi-murabito 🇮🇹

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Scarica Giancarlo De Carlo: La Vita e L'Opera di un Architetto Scomodo e più Prove d'esame in PDF di Storia Dell'architettura Contemporanea II solo su Docsity! TESINA GINACARLO DE CARLO 1)Giancarlo De Carlo è l’unico figlio di Carlo, ingegnere navale nato a Tunisi da genitori siciliani, e di Doralice Migliar, nata a Concepción in Cile ma di origini piemontesi, nacque a Genova il 12 dicembre del 1919. In seguito alla separazione dei genitori, il piccolo Giancarlo rimase affidato al padre che, impossibilitato per motivi di lavoro a seguirlo adeguatamente, nel 1927 l’affidò a sua volta ai propri genitori a Tunisi. Visse con i nonni paterni per l'intero arco degli studi inferiori, culminati nella maturità scientifica conseguita nel giugno del 1937, mantenendo la residenza a Tunisi anche in seguito, quando rientrò in Italia per raggiungere l'Accademia Navale di Livorno. Nell'ottobre del 1937 il giovane De Carlo iniziò il 1° corso allievi ufficiali di genio navale, ma gli furono sufficienti pochi mesi per capire che la sua strada era altrove, e già nell'aprile del 1938 si trasferì presso la facoltà d’ingegneria industriale del Politecnico di Milano, sottosezione meccanica. . Frequentando il Politecnico De Carlo subì la fatale infatuazione per la disciplina della porta accanto, per così dire: «Mi piaceva l'atmosfera che c'era là dentro e così ho cominciato prima a guardare quello che gli studenti di architettura facevano e poi a seguire alcuni dei loro corsi come auditore. Li osservavo mentre disegnavano o discutevano e mi piaceva molto quel loro modo di lavorare”. Nonostante ciò, portò a termine il corso di studi avviato e il 10 luglio 1942 sostenne l'esame finale di laurea (discutendo una tesi su una fabbrica di aeroplani da caccia). Perso lo status di studente laureando, dovette rispondere alla chiamata alle armi: dopo un primo addestramento a Livorno, fu inviato in Grecia con le truppe di occupazione italiana, imbarcato con mansioni tecniche su una nave appoggio alle operazioni. Trasferito in seguito all'ufficio del genio navale di Milano in attesa di un nuovo imbarco, riprese gli studi. Nel novembre dello stesso 1942 chiese di essere ammesso al quinto anno del corso di laurea in ingegneria civile, sottosezione edile, ma il 31 dicembre 1943 si ritirò per immatricolarsi al quarto anno del corso di laurea in architettura. Nel frattempo De Carlo aveva intrapreso una terza vita, parallela alle due ufficiali (come militare e studente), quella in clandestinità nelle file della Resistenza. Rientrato dalla Grecia, aderì al Movimento di unità proletaria (MUP) di Lelio Basso, le cui riunioni erano ospitate anche nello studio degli architetti Franco Albini, Giancarlo Palanti e Renato Càmus. Strinse amicizia in maniera particolare con Giuseppe Pagano, con il quale contribuì all'organizzazione delle brigate Matteotti a Milano. Non v'è dubbio che tali incontri giocarono un ruolo decisivo nel canalizzare i suoi interessi verso l'architettura; nel merito è altrettanto certo che proprio a questi incontri (con Pagano e con Albini) egli dovette il suo fondamentale orientamento nei confronti della cultura architettonica del Movimento moderno. Lontano dalle aule dell'accademia, studiò tra un'azione partigiana e l'altra e imparò tutto quello che gli serviva dai suoi autorevoli maestri, assorbendone avidamente i discorsi e seguendone scrupolosamente suggerimenti di studio e indicazioni di lettura. Quella della guerra fu quindi, per De Carlo, una stagione di straordinaria fertilità: la ricorderà in seguito come un periodo avventuroso ed entusiasmante, molto pericoloso ma pieno di passione e impegno. Fu anche l'epoca dell'incontro con Giuliana Baracco, sua compagna di vita dalla quale ebbe due figli, Andrea e Anna. Tra il 1947 e il 1949, interrotti gli studi alla Scuola di architettura (anche per esigenze economiche), svolse nello studio di Franco Albini la sua ‘formazione a bottega’. Cimentandosi con la progettazione sia architettonica sia urbanistica, imparò il mestiere a fianco di uno fra i maggiori architetti italiani del tempo. Nella seconda metà del 1948 iniziò però a delinearsi, nel dibattito sulle politiche della casa nel contesto della ricostruzione e della ripresa economica nazionale, la possibilità di una concreta occasione di avvio dell’attività in proprio per tanti architetti: De Carlo doveva solo farsi trovare pronto. Nell’ottobre del 1948, così, inoltrò al Politecnico di Milano domanda di trasferimento dei suoi studi all’Istituto universitario di architettura di Venezia (IUAV) dove, al termine di un intensivo percorso di esami (svolto nei mesi successivi insieme a Ignazio Gardella, probabilmente predisposto in accordo con Giuseppe Samonà che dirigeva la scuola), conseguì la laurea in architettura il 1° agosto dell’anno successivo (1949) terminando così anche formalmente il suo percorso di formazione. Prima di introdurre l’argomento centrale dell’elaborato, cioè i lavori di De Carlo nel capoluogo marchigiano, è doveroso evidenziare come parecchio tempo prima fosse già sensibile al tema dell’efficienza urbanistica. Egli infatti presentò a Canosa De Carlo presentò una relazione su Il problema della casa indicandone la soluzione nella dimensione urbana (“Il male della casa coincide […] col male della città” e impostando un'idea di pianificazione urbanistica che segnò tutta la sua futura carriera. «Il piano urbanistico – disse – [… concepito] come manifestazione di collaborazione collettiva, diventa lo sforzo di individuare le vere esigenze degli uomini e liberarle dagli ostacoli che si oppongono alla loro soluzione; il tentativo di riportare a un rapporto armonico i fatti naturali, economici, tecnici e i fatti umani. Non è più una pura questione di traffico o di mezzi di trasporto o di estetica edilizia, diventa un processo di chiarificazione dei problemi della regione, della città e della casa, continuamente riferiti al principio umano e alla sua espressione sociale». Proseguiva quindi preconizzando un «atteggiamento di partecipazione» – opposto a un «atteggiamento di ostilità» – che gli uomini assumeranno di fronte a questo tipo di pianificazione urbanistica, in cui «il piano è un'opportunità di svuotare i modi di vita attuali attraverso il mutamento delle rappresentazioni: bisogna prima cambiare i modi di vita, le rappresentazioni muteranno di conseguenza» . In questa prospettiva, il piano urbanistico diventava un atto rivoluzionario, «se si riesce a sottrarlo al cieco monopolio dell'autorità e a trasferirlo a una collettività mobilitata alla ricerca e all'affermazione delle sue vere esigenze» (ibid.). L'intervento di Canosa fu pubblicato da Cesare Zaccaria nel periodico anarchico Volontà, con cui De Carlo continuò a collaborare fino al 1958, quando, ispirato forse dalle scelte che andava nel frattempo compiendo lo stesso Zaccaria, inviò una lettera dichiarando finita la sua militanza anarchica «nel chiuso d’uno od altro club», o piuttosto lo spostamento di tale militanza nel campo professionale «nell’aperto dei molteplici contatti di cui si anima, alla mia stessa statura, la mia vita quotidiana». 3)Uno dei lavori più importanti dell’architetto è sicuramente quello che ha interessato la città di Urbino. Circondata da una lunga cinta muraria in cotto e adornata da edifici in pietra arenaria, grazie al lavoro di importanti artisti questa città da semplice borgo divenne “culla del Rinascimento” e, ancora oggi, passeggiando per il suo centro storico se ne respira l'aria quattrocentesca. Una caratteristica questa che gli ha fatto guadagnare l’onore di entrare nella World Heritage List nel 1998. Il rapporto tra l’architetto e la città iniziò nel 1956 quando Carlo Bo, l'allora rettore dell'Università, commissionò a De Carlo il progetto di ristrutturazione interna di Palazzo Montefeltro - Bonaventura, sede centrale dell'Ateneo. Subito dopo l'architetto genovese fu incaricato dal Comune di redigere il Piano Regolatore Generale (1958 - 1964) mirato al recupero del centro storico, che versava ormai da tempo in pessime condizioni. Successivamente De Carlo realizzò vari progetti per l'ateneo cittadino tra cui i Collegi, nei pressi della chiesa dei Cappuccini fuori dal centro, un interessante esempio di come un'architettura si possa fondere col paesaggio circostante; mentre i progetti: di costruzione della Facoltà di Magistero (1968 - 1976), di Il palazzo fu ingrandito e sistemato nelle forme attuali (almeno esternamente), nella prima metà del XVII secolo, su progetto dell'architetto urbinate Muzio Oddi; poi nella seconda metà dello stesso secolo, in seguito all'acquisizione, da parte dei Bonaventura, della Chiesa ed ex Convento di San Pietro Celestino, sul lato opposto del vicoletto a lato del palazzo, fu realizzato un passaggio sopraelevato per consentire alla famiglia di accedere alla Chiesa senza uscire dal Palazzo. I Bonaventura si estinsero entro la prima metà del XVIII secolo, così il palazzo fu diviso come il resto delle proprietà, tra cui una notevole pinacoteca, tra i vari discendenti. Il Palazzo sarà acquistato, sotto gli auspici del cardinal Giuseppe Albani, dalla locale Università nella prima metà del XIX secolo e fu così sottoposto ad una radicale ristrutturazione interna, curata dall'ingegnere Mariano Menini. A distanza di un secolo (anni trenta del XX secolo) il Palazzo fu soggetto ad un altro progetto di trasformazione, da parte di Marino Giovagnoli. L'ultimo intervento di sistemazione interna fu attuato negli anni cinquanta di quest'ultimo secolo, secondo il progetto dell'architetto Giancarlo De Carlo, soprattutto per migliorare la funzionalità degli ambienti. Nel 2014 sono terminati degli ulteriori lavori di ammodernamento, che hanno interessato il cortile interno. I lavori non hanno necessitato di un enorme dispendio di denaro grazie alle donazioni di diversi finanziatori. I lavori di De carlo hanno lasciato pressoché immutata la conformazione dell’edificio che però oggi offre un’accoglienza luminosa agli ospiti dell’ateneo grazie alla copertura in legno creata proprio dall’architetto che come di consueto è riuscito a coniugare tradizione ed innovazione. 6) teatro Sanzio fu eretto fra il 1840 e il 1853, sull’area sovrastante il torrione quattrocentesco che domina l’area del Mercatale e racchiude la famosa Rampa di Francesco di Giorgio Martini, modificando sensibilmente con la sua mole il panorama urbano sottostante i Torricini del ricordato Palazzo Ducale. La facciata, tutta in laterizio, con i mattoni tagliati e sagomati in maniera da creare sobrie cornici, fasce marcapiano e, nella parte centrale, sei semicolonne doriche con sovrastante trabeazione e un secondo piano ad ali più strette con finestroni a lunetta e due sfingi in pietra, è creazione tipica di quel tardo neoclassicismo di cui il Ghinelli fu fedele seguace e di cui ha lasciato l’esempio più imponente e articolato nel teatro di Cesena, inaugurato nel 1846. Quanto alla sala, più che per la tradizionale disposizione a ferro di cavallo dei tre ordini di palchi (56 in totale) e del sovrastante loggione a galleria, la stessa è da ricordare per la superstite decorazione pittorica della volta, opera dell’eugubino Raffaele Antonioli. Per quanto accademiche, insieme con le più tarde decorazioni delle paraste del proscenio (opera di Diomede Catalucci e del suo allievo Umberto Gualaccini), tali decorazioni imprimono alla sala un carattere di gaia festosità, soprattutto con le immagini delle nove Muse, poste in circolo nei rispettivi scomparti. Perdute sono invece le decorazioni delle balaustre a fascia dei palchi di cui facevano parte diciannove tondi con le effigi di personaggi illustri, primo fra tutti Raffaello Sanzio a cui il teatro era stato ed è tuttora dedicato. Tali decorazioni sono state cancellate e in parte rimosse (i diciannove tondi sopra ricordati) nel corso dell'ultima ristrutturazione, portata a termine nel 1982 dall’architetto Giancarlo De Carlo: ristrutturazione che ha portato anche ad una radicale modifica dell’atrio, del sovrastante ridotto e degli spazi adiacenti. decise, con i lavori, di recuperare la Rampa per integrarla in un "nuovo circuito di interessi Urbani". Tale scelta, portò dei profondi cambiamenti sopratutto agli spazi interni del teatro. L'intervento di recupero venne attuato da De Carlo, estendendo il triangolare foyer in altezza attraverso l'apertura dei piani superiori. Vennero modellati dei ballatoi in cemento armato e nei ripiani delle scale si posizionarono delle superfici specchiate che oltre ad ampliare gli spazi, ricreano tuttora l'atmosfera di un palcoscenico. Poche le aperture verso l'esterno, tutte in ogni caso di grande impatto visivo, come il lucernario ovale che inquadra uno dei torricini del Palazzo Ducale. La sala mantenne la struttura neoclassica, mentre i camerini vennero isolati nel corpo laterale dell'edificio, per permettere l'apertura della Rampa. I suo lavori nel capoluogo marchigiano non sono stati risparmiati da critiche, spesso anche illustri. L’architetto venne infatti accusato di aver rovinato l’armonia e la bellezza del centro storico di Urbino. Al contrario egli riteneva che, attraverso i suoi interventi innovativi, di aver impedito una museificazione dell’ambiente costruito ed una distruzione sociale della stessa. Le critiche i tentativi di denigrazione saranno una costante durante tutta la sua carriera in quanto De Carlo è sempre stato una personalità scomoda nell’ambito dell’architettura italiana e non è mai sceso a compromessi che potevano intaccare la coerenza delle sue idee, tanto da fargli rinunciare a molti lavori. Per questo motivo si è sempre rifiutato di prendere parte ad una qualsiasi corrente di moda ma al contrario, decise di fondare grazie alla rivista da lui fondata “spazio e società” e l’ILAUD (International Laboratory of Architecture and Urban Design) un gruppo di riflessione totalmente indipendente e controcorrente ponendosi così come punto di riferimento a livello internazionale per tutte quelle personalità indipendenti formate in diverse discipline alla ricerca di una indipendenza intellettuale. BIBLIOGRAFIA: SITI: FRANCOCERENELLI.COM/ANTOLOGIA/URBINO.HTM POST.UNIURB.IT ITALIA.IT COMUNEURBINO.PS.IT MTAA.IT IDEEALCUBO.COM WIKIPEDIA.ORG TRECCANI.IT TERRENIURBINO.IT URBINO.COM PROVINCIA.PU.IT/CULTURA/TEATRI-STORICI/TEATRO-SANZIO-URBINO COSTRUZIONI.IT/URBINO_PUTEATRO_SANZIO BIBLIOTECA: LE RAGIONI DELL’ARCHITETTURA LO SPAZIO, REALTA’ DA VIVERE INSIEME
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