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Tesina secondo parziale Prandini, Tesi di laurea di Sociologia Dei Processi Culturali

Tesina del secondo parziale di prandini

Tipologia: Tesi di laurea

2021/2022

Caricato il 04/11/2023

giulia-zanardo-3
giulia-zanardo-3 🇮🇹

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Tesina secondo parziale Prandini e più Tesi di laurea in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! Zanardo Giulia 1021143 L'IDENTITÀ: UNA COSTRUZIONE PERSONALE La società nel corso del tempo si è auto strutturata, organizzandosi al suo interno. In particolare, nel momento in cui l’uomo ha assistito all’evoluzione della strutturazione interna della società, da differenziata per strati a differenziata per funzioni, egli si è reso conto che l’identità non sarebbe più stata fornita da nessuno e che era perciò egli stesso a dover prendere in mano la propria vita e a dover prendere le decisioni che lo avrebbero portato a costruire il proprio essere. L’identità ci costituisce, ci dice non solo chi siamo, ma anche chi vogliamo essere. Al giorno d’oggi sapere chi si è veramente risulta essere un’impresa piuttosto ardua, soprattutto se non si hanno basi solide da cui partire. Ciò risulta difficoltoso per chiunque, ma una categoria sembra essere quella maggiormente colpita. Si tratta di coloro che ancora non hanno vissuto nemmeno un terzo della propria vita, coloro che alle spalle hanno un vissuto ma che devono ancora telare a lungo, sto parlando degli adolescenti. Un giovane, fin dalla tenera età, viene chiamato giorno dopo giorno, attraverso l’allenamento della propria mente, ad arricchire la propria vita ed articolarla di numerose esperienze, le quali risulteranno essere i tasselli utili alla costruzione del loro Io. Alla base della costruzione dell’identità, un posto centrale viene occupato dalle serie Tv, le quali da ormai lungo tempo contribuiscono a modellare la sfera interiore. All'interno del saggio “Cultura popolare e immaginario morale”, l’autrice Sandra Laugier, cita da subito Stanley Cavell e la sua idea di rivalutazione della cultura popolare: inizialmente si trattava di pura arte riservata alla prestigiosissima élite, ora invece, dopo una serie di impetuose tempeste, l’arte risulta essere a servizio di tutti. Egli parla di “una trasformazione dell’estetica” sottolineando uno spostamento dell’interesse su oggetti “ordinari” come il cinema e le serie TV, prediligendo perciò il carattere comune e condivisibile. Il pubblico si è dunque trasformato e con esso sono sbocciate nuove forme d’arte, un esempio, come citato da Sandra Laugier, non può essere altro se non quello delle serie tv. Siamo inondati da piattaforme come Netflix, Apple tv, Prime, Discovery+ che minuto dopo minuto sfornano nuovi progetti, nuove storie, avvenimenti sempre più intriganti e disparati in termini di argomenti affrontati. A primo impatto questo non sembra essere altro se non un passatempo o come direbbe Laugier “una semplice forma di evasione senza valore”. In realtà, l’arte sotto forma di serie tv, è divenuta oramai qualcosa di molto più profondo, come ho già avuto modo di sottolineare all’inizio di questo scritto. Prendiamo in considerazione di prima istanza il servizio che svolge l’arte nei confronti dello spettatore. L’arte prende a braccetto la morale, svolge un “lavoro di educazione morale” (Laugier) all'interno della quotidianità ordinaria dell’uomo, si integra con quest’ultima arrivando ad essere presente in qualsiasi istante, per raggiungere il fine ultimo: la costruzione dell’identità. Come afferma Luhmann, il cinema, così come la sua città natale, nonché l’intrattenimento, svolge la funzione sociale di fornire un’identità alle persone, vale a dire agevolarle a riflettere su temi e storie, identificandosi con esse. Le serie vengono create in modo tale da far prendere posizione allo spettatore, stimolando il loro apparato riflessivo e perciò Luhmann direbbe che le storie narrate all'interno di esse forniscono la possibilità, gratuita, di fare un giro in giostra sull’ “l’esperienza di seconda mano” di problematiche che possono essere interessanti. Mettendoci davanti ad uno schermo e mettendo in moto un qualsiasi programma, possiamo perciò dire la nostra, senza dover alzare la mano, perché ci troviamo nella nostra testa, siamo solo noi a dover decidere come muoverci, a dire se una cosa ci è piaciuta o meno, se avremmo fatto lo stesso. Prendendo un riferimento dal saggio di Laugier, essa sottolinea che "ciò significa educare la propria esperienza in modo tale da poter essere educabili da essa (...) fare esperienza significa fidarsi della propria esperienza.” Ed è proprio in questo che la mente si ritrova a lavorare quando si approccia ad una serie tv. Le serie tv hanno da sempre affrontato una lunga sfilza di temi differenti, ma in particolare negli ultimi anni ve ne sono emersi di nuovi come ad esempio la sessualità, il femminismo, l’ambientalismo. Maggiore è la varietà di sfere proposte, maggiore è la possibilità per lo spettatore di crearsi un’identità il più accurata e specifica possibile. Parliamo del senso della cura (Laugier), in quanto nel compiere ciò, la serie risveglia il senso di affettività e di preoccupazione per gli altri, ti mette nei panni del personaggio o del conflitto e fa sì che tu ti possa creare un’idea personale, che tu possa perciò prendere posizione. Possiamo parlare di familiarizzazione con i personaggi ed in particolare non si tratta di un semplice riconoscersi in essi, ma lo spettatore diviene quasi un membro della serie stessa grazie alla sua posizione privilegiata che gli permette di entrare in contatto con essi, arrivando perfino a vederli crescere. La serie tv può accompagnare per anni e anni (si pensi a The Walking Dead che conta ormai 12 anni di vita), come quel compagno di classe che ci si ritrova continuamente in ogni ciclo scolastico e che non ci abbandona mai. Lo spettatore, quindi, inizierà a riflettere anche sul cambiamento dei personaggi, sulla loro crescita e al tempo stesso anche sulla sua personale evoluzione. In particolare, l’evoluzione della tecnologia ha permesso la creazione di una forma di cinema avanzata ed innovativa, nota come “cinema interattivo”. Più serie tv si guardano, meglio si inizia a comprendere la realtà, e andando a percepire ciò che vi è fuori, sarà più facile stabilire come si vuole essere dentro. Come per l’esempio in Bandersnatch della scelta dei cereali, scena di vera e propria quotidianità, Alberto Rossetti, nel libro “Le persone non nascono tutte uguali” sottolinea il bisogno che l’uomo ha di circondarsi di garanzie, di costruire la propria vita su delle ripetizioni. La pandemia, come racconta Rossetti, ha creato un enorme vuoto all’interno della vita di chiunque: si è assistito al venir meno della quotidianità. Quest’ultima aiuta a definire l’identità e il venir meno di essa ha suscitato gravi ripercussioni. Le persone si sono svegliate in un mondo totalmente diverso da come sempre era stato, arrivando così a mettere in discussione delle certezze che parevano essere ormai radicate. Gli adolescenti hanno iniziato a colmare questa sensazione di vuoto in vari modi e molti si sono rifugiati proprio all’interno delle serie tv, percepite come un’evasione. Tuttavia, l’autore sottolinea con forza che il ruolo delle serie televisive era centrale anche prima di questo fatto catastrofico che ha modificato il corso della storia. Egli sostiene che il bisogno di storie è centrale in tutte le generazioni: si tratta di qualcosa che “si ripete in tutte le culture umane da sempre”, in quanto permette di poter entrar in contatto con sé stessi e di poter dare ordine al mondo. Rossetti per far arrivare meglio il messaggio, propone l’esempio dei bambini: essi si presentano costantemente affamati di storie, vorrebbero che gli venissero raccontate all’infinito e per questo motivo vengono considerate come la “via maestra con cui essi entrano in contatto con la realtà che li circonda”. Allo stesso modo agiscono gli adulti, cercando per tutto il corso della vita storie verso cui aprirsi, in quanto la sete di scoperta di loro stessi e della realtà non termina mai. Oggi, affianco ai romanzi di formazione, capolavori in cui possiamo trovare un appiglio per la costruzione dell’essere, possiamo trovare serie tv o manga, i quali si propongono di svolgere la medesima funzione. Prendendo in considerazione di prima istanza il mondo dei manga, quest’ultimo fa in modo che le persone vivano le esperienze in prima persona. Come afferma Alberto Rossetti, questo tipo di narrativa non racconta eventi, ma li fa vivere a chi legge. Spesso, infatti, il lettore si trova a dover affrontare dei veri e propri “dilemmi etici” ponendosi delle domande, ad esempio, su come avrebbe agito al posto del personaggio, mettendosi nei suoi panni. L’autore sostiene come i manga propongano molti “spunti legati alla società” e come essi possano essere più interattivi di quanto si pensi. L’autore spiega infatti che possono venir proposte delle tavole che si rivolgono direttamente ai lettori, aiutandoli ad entrare ancor più nella trama. Rossetti sottolinea perciò come nel manga l’interazione tra autore e lettore sia di grande importanza, a tal punto che il mangaka si rivolge direttamente a chi lo legge, interagendo ad esempio anche con domande dirette, con il fine ultimo di coinvolgerlo e farlo sentire parte del racconto. Creare un legame è infatti fondamentale, sostiene l’autore, sia dal punto di vista interno per l’uomo, ma anche per quanto riguarda il risvolto economico. Al giorno d’oggi, infatti, l’abbondanza di media a disposizione, permette il moltiplicarsi e il diffondersi più velocemente di storie. Come sottolineato da Luhmann, “I mass media sono tutti gli apparati della società che si servono di strumenti tecnici di riproduzione per diffondere la comunicazione” dove in particolare i destinatari risultano essere indeterminati e non presenti. Questa particolare condizione permette grande libertà per i produttori di comunicazione e produce l’effetto di conferire all’individuo la possibilità di selezionare di volta in volta i contenuti da lui ritenuti maggiormente interessanti. L’individuo, perciò, può circondarsi di storie da cui egli si sente rappresentato e nelle quali rivede dei tratti che potrebbero essergli utili. L’identificazione con le storie e i personaggi presentati risulta essere una tappa cruciale nell’edificazione della propria identità. È interessante considerare il dualismo detective-poliziotto presentato all’interno del saggio “Studio in noir” di Boltanski. Procedendo con un'analisi interpretativa più macroscopica, il detective e il poliziotto possono essere riconosciute come due identità nelle quali le persone si rivedono. Si tratta infatti di due diversi approcci che tendenzialmente appartengono alle persone comuni e non solo alle cariche professionali in questione. Queste due categorie condividono dei tratti comuni, ma al tempo stesso si differenziano su vari aspetti. Se da un lato troviamo il detective, il quale utilizza mezzi propriamente intellettuali per risolvere gli enigmi, il poliziotto, dall’altro, incarna strumenti che non sono altro che rivelatori della violenza dello stato. Le azioni del poliziotto però sono intrappolate dentro i limiti della legalità, mentre per il detective “tutti i mezzi, anche quelli più illegali, sono leciti per raggiungere i propri fini.” Essi però sono uniti dal medesimo “ancoraggio alla normalità” e da un “orrore verso il crimine e la singolarità”. Ci si può perciò identificare nella figura del poliziotto, come in quella del detective, per comprendere ciò che per noi stessi risulta essere davvero importante, per capire come agire nella realtà: se in modo più razionale e legale, o chiudendo un occhio per i propri fini. Le serie tv, così come i manga, possono approfittare di ciò cercando di fidelizzare il più possibile le persone ai propri contenuti, facendoli diventare quasi essenziali per l’individuo. Rossetti afferma che la psicanalisi insegna come siano le parole a formare il mondo in cui si vive. Questo significa che ogni persona si interessa a delle storie in quanto si sente rappresentato da esse, dal momento che vanno a “definire i confini dento cui le persone si muovono”. Ed è proprio all’interno di questi confini che ognuno si crea la propria identità. Prendiamo ora in considerazione il caso particolare degli adolescenti. Essi utilizzano le storie per formarsi, per costruire il proprio essere. Essi si identificano con i personaggi che hanno davanti, anche dal punto di vista umano per quanto riguarda i sentimenti. Le serie tv vengono ritenute dalla maggior parte dei genitori diseducative nei conforti dei propri figli adolescenti. Sarebbe invece utile capire che se i giovani si approcciano a questo mondo è perché si appassionano a delle storie che parlano di loro, in quanto viste come storie che “intercettano i loro pensieri, danno forma alle loro emozioni” Rossetti presenta una catena di manga e serie tv, con il fine ultimo di far comprendere che non si trattano solo di passatempi o cattivi esempi per i giovani, bensì di apertura al mondo, scoperta della realtà e di sé stessi. I manga molto spesso offrono l’occasione per far comprendere come superare i momenti di difficoltà e le crisi senza abbattersi; “Elite” (teen-drama spagnolo) parla di come ritrovare l’identità quando ci si sente persi; “The end of the Fucking world” esalta la scoperta di sé quando ci si mette in discussione, “Tokyo Revengers” gira attorno al bullismo e alle vie di uscita da questa condizione. I giovani diventano così affamati di identità: giorno dopo giorno aspettano con ansia l’uscita di un nuovo manga o la pubblicazione di un nuovo episodio della propria serie preferita, proprio perché per essi non risultano essere storie particolarmente difficili da seguire e al tempo stesso si immergono in queste realtà dove si riescono a rispecchiare al 100% sentendosi capiti e imparando così a vivere. Come affermato da Sandra Laugier, “la fine di una serie implica dunque una difficile separazione”, così come quella di un manga, in quanto mondi che sono stati in grado di avere un effetto e un’influenza sul lettore/spettatore, il quale inizierà a modellare la sua vita anche sulla base di ciò con cui ha avuto modo di scontrarsi. BIBLIOGRAFIA: ROSSETTI A., (2022) “Le persone non nascono tutte uguali. Perché manga e serie tv contribuiscono a definire l’identità dell’adolescente” Città nuova MCSWEENEY T. and JOY S., (2018) “Change Your Past, Your Present, Your Future? Interactive Narratives and Trauma in Bandersnatch” Through the black mirror: Deconstructing the Side Effects of the Digital Age LAUGIER S., “Cultura popolare e immaginario morale” BOLTANSKI L., “Uno studio in noir”
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