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economia Aziendale, riassunto del libro, Dispense di Economia Aziendale

riassunto completamente sostitutivo del libro "Lezioni di economia aziendale, Arnaldo Canziani" della quinta edizione. Riassunti integrati con slides mostrate in classe

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 20/05/2023

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Scarica economia Aziendale, riassunto del libro e più Dispense in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! L’ECONOMIA AZIENDALE E L’ATTIVITA’ ECONOMICA L’Economia aziendale studia l’attività economica svolta dalle aziende. L’attività economica è la produzione e il consumo di beni economici. I beni economici sono merci e servizi utili al soddisfacimento dei bisogni e scarsi. L’Economia aziendale studia l’attività economica per supportare e indirizzare il comportamento umano nelle scelte al fine di soddisfare i bisogni. Le persone svolgono attività economica non come fine, ma come mezzo per soddisfare i propri bisogni. Le persone sono membri della collettività: le scelte economiche non sono mai di singola persona in senso stretto, bensì come membro di più società umane. L’attività economica è antica quanto la storia dell’uomo: ➢ Nella civiltà Etrusca (1000-294 a.C.)si svilupparono la coltura dei cereali, della vite e l’allevamento. Le attività economiche erano soprattutto di tipo artigianale e di laboratori dedicati alla produzione di armi, attrezzi agricoli, gioielli, ecc… ➢ La civiltà Romana (sec. IX e VI a.C.) inizialmente dedita all’agricoltura e pastorizia e successivamente alle attività commerciali. ➢ Durante il secolo d’oro (II sec. d.C.) si svilupparono le opere pubbliche, e ci fu un aumento della spesa pubblica. Arrivò poi il periodo di decadenza (dopo il II sec. d.C.) dovuta a diversi fattori tra cui: 1) Lento mutare delle tecniche di coltivazione, con conseguente immutabilità dell’esistenza contadina 2) Decadenza dell’agricoltura dovuta allo spopolamento dei campi e dalle possibili vessazioni ad opera di proprietari di latifondi. 3) Oziosità delle classi urbane. 4) Difficoltà di sviluppare produzioni su ampia scala data la quasi impossibilità a dar v ita a una domanda di mercato. 5) Predominanza dell’esercito. 6) Insicurezza dei trasporti. 7) Corruzione negli uffici pubblici. 8) Inflazione dei prezzi e rarefazione delle monete preziose. L’insieme di tutte queste attività economiche aveva dato origine a una struttura sociale complessa:  Patrizi  Equites (cavalieri che si dedicarono ad attività commerciali soprattutto all’ingrosso, finanziarie, proto-industriali e di trasporto)  Liberti (schiavi)  Plebe Il baratto è lo scambio di merce contro merce , detta anche «economia di natura». Le principali difficoltà di questo sistema erano:  Difficoltà di incontro di soggetti caratterizzati da mutuo interesse (interesse reciproco);  Soggettività di determinazione dei valori, in funzione dei bisogni e delle preferenze (variabilità dei valori nel tempo e nello spazio);  Numero quasi infinito di rapporti di scambio (baratto multiplo, cioè scambio la mia merce A con la merce B, perché so che la merce B mi permetterà di ottenere la merce C).  Procedure complesse per trovare l’accordo (imperfetta divisibilità dei beni). Per questo motivo venne in campo la fase successiva, detta del baratto standard, cioè dove una delle due merci del baratto era un bene standard ( sale, avorio, bestiame, metalli preziosi) utilizzato come moneta merce. Si trattava cioè di: ➔ Beni noti. ➔ Beni accettati, in quanto diffusi e sempre simili a sé stessi. ➔ Beni di valore relativamente stabile. ➔ Beni aventi utilità derivata e, in taluni casi, diretta Tali beni erano facilmente reperibili o riproducibili, dunque consentivano il diffondersi della propria qualità di protomoneta, con vantaggio per la fluidificazione degli scambi. Venne progressivamente accentuandosi l’uso dei metalli preziosi per regolare gli scambi, i quali avevano 2 principali problemi, il peso e la purezza. Per aggirare questi problemi si ricorse alla standardizzazione (definizione del peso e della purezza):ciò avvenne con il conio delle monete metalliche delle Città-Stato in Grecia e in Lidia (VII sec. a.C.) e a Roma (metà del IV sec. a.C.); monetazione diffusa a partire dal 1200 circa. Invenzione ancor successiva fu la moneta cartacea, cioè la banconota. Questo era un documento cartaceo emesso da un banchiere il quale ne garantiva il valore quale mezzo di pagamento ( potere liberatorio). In questo caso sorgevano due problemi: ✗ la garanzia fornita dall’emittente, garanzia che si reggeva sul livello di patrimonializzazione e di onestà, cioè su quanto vasto fosse il patrimonio del banchiere e profonda la sua onestà. ✗ La fiducia che derivava nel pubblico a favore del banchiere, e che consentiva la maggiore o minore circolazione delle sue banconote (note di banco). tre principali vantaggi della moneta sono: 1) Unità di misura del valore (unità di conto). 2) Strumento di pagamento (intermediario degli scambi). 3) Riserva di valore. Unità di misura del valore (unità di conto) L’esistenza di un unico bene era collettivamente riconosciuto come avente: -valore intrinseco riconosciuto e definibile -accettabilità diffusa o totale secondo la teoria di Colin Clark (1905-1989) il processo di sviluppo economico e la conseguente industrializzazione segue 3 principali step, cioè la transizione dall’agricoltura, all’industria (beni- merce), ai servizi (beni-servizi). In questo modo le campagne si spopolano. L’ASCESA E IL DECLINO DELLE NAZIONI La storia evidenzia come l’economia di un paese sia spesso fluttuante, oscilli da momenti di grande successo a momenti di declino a causa di un susseguirsi di dinamiche come:  Economia mediterranea a dominio veneziano e delle repubbliche marinare (300-400). Successivamente dominio degli imperi coloniali di Spagna e Portogallo (età delle navigazioni oceaniche e delle scoperte) (dal 1400 circa). Passaggio dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico.  Nel contempo economia nord-europea e franco-tedesca.  Predominio della Cina imperiale (1642-1839).  Predominio dell’Inghilterra fino al 1914.  spartizione colonialista del continente africano.  Predominio statunitense successivamente al 1914.  ascesa del Giappone Imperiale 1852-1940 poi 1948-90  Espansione mondiale della Cina delle «Quattro Modernizzazioni» dopo il 1982. il fenomeno di nazioni che dominano per decenni e centinaia di anni e poi decadono è stato oggetto di numerose teorie Toynbee A.J. (1889-1975) Presenza di minoranze creative (una parte della collettività che riesce a trovare le misure più efficaci affinchè una nazione affronti efficacemente le sfide che gli si presentano) Spiegabile secondo il modello sfida-risposta, il paese dipende dalla risposta che il paese da a un determinato problema Olson M. (1932-1988)  Teoria dei benefici concentrati e costi collettivi diffusi. La sua teoria spiega perché una nazione ha un periodo di declino.  Questo secondo lui sta nella presenza di coalizioni distributive (gruppi mossi da interessi personalistici che fanno valere i propri interessi in modo che lo stato li faccia propri) Esistono inoltre delle variabili geo-politiche, ovvero:  Localizzazione spaziale anche nei suoi effetti climatici  Struttura geo-morfologica  Risorse naturali e densità della popolazione IL CAPITALISMO Il capitalismo inteso “come sistema economico ove la borghesia opprimeva la classe operaia per sottrarle una parte dei redditi cui avrebbe dovuto avere diritto” viene in campo con i socialisti tedeschi di fine 800. quegli anni furono caratterizzati da:  Nascita di grandi imprese (oligopoli, monopoli)  Notevole estensione della giornata lavorativa (16 ore al giorno per 6 giorni)  Assenza di tutela del lavoratore in malattia  Non considerazione dei benefici, a favore di tutte le classi sociali, derivanti dagli sviluppi economici del periodo  Assenza di consapevolezza che la nuova ricchezza generata derivava dall’efficienza, dall’innovazione e non dallo sfruttamento del proletariato Secondo Lujo Brentano (1844-1931), nell’ambito dello svolgimento dell’attività economica:  Tutto è travestito da «capitalismo».  L’agire degli esseri umani è spinto dall’avidità.  Conseguentemente, vale la seguente relazione: Capitalismo=saccheggio=guerra Capitalismo è inteso come economia di mercato ossia libertà di produrre, innovare, commerciare, scambiare al fine della creazione di nuova ricchezza. Questo è da associare al concetto di creare ricchezza per tutti. L’economia di mercato genera: 5- Maggior valore del bene finito rispetto a quello delle sue componenti 6- Distribuzione del maggior valore creato in termini di salari, stipendi, interessi, dividendi, imposte 7- Distribuzione diretta a favore dei portatori di interessi istituzionali (Stakeholders) conferenti di capitale a rischio, prestatori di lavoro. 8- Distribuzione indiretta tramite le spese e i consumi effettuati dai portatori di interessi istituzionali IL CAPITALISMO SECONDO MAX WEBER Max weber (1864-1920) studia il capitalismo e formula la sua tesi nell’opera “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”(1904). Egli ricorda che: ● Vi è il concorso di fattori economici e non economici ● Vi è Inefficacia delle spiegazioni monocausali (critica il marxismo) ● Il capitalismo deve essere spiegato attraverso più fattori ● Il capitalismo è generato dallo sfruttamento economico (non è vero capitalismo ma “capitalismo avventuriero”) ● Vi è un’ampia diffusione della Riforma protestante in tutto il Nord Europa. ● Introduce il concetto di predestinazione: ogni individuo ha un proprio destino (Inferno- Paradiso) che non può essere modificato. ● Vale il concetto della salvezza per sola «grazia divina» e irrilevanza delle opere umane ai fini della salvezza (destino ultraterreno). ● Vi è incertezza in merito al proprio destino. ● Trasformazione del successo economico in segnale del destino ultraterreno (Successo=Paradiso Insuccesso=Inferno) ● Dedizione auto-disciplinata alla propria professione (lavoro come missione); ● la vita deve essere orientata al dovere, al lavoro e alle regole. ● Ricerca nel mondo terreno del proprio destino ultraterreno. Oltre a Weber altri autori arricchirono il tema del capitalismo, ad esempio Sombart e Amintore Fanfani. Sombart A lui dobbiamo: La diffusione del termine capitalismo («Il capitalismo moderno»). La rilevanza della «partita doppia» nello sviluppo del capitalismo moderno. L’introduzione del concetto di «distruzione creatrice» (poi ripreso da Shumpeter). Scrisse «Gli ebrei e la vita economica» (1911) Fanfani (studioso cattolico) Egli sostiene:  Contestazione della tesi di Max Weber.  Nascita del capitalismo nei Comuni italiani circa dal 1200 (in ambito tipicamente cattolico).  Mutamento di atteggiamento tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento.  Minore controllo etico esercitato dalla fede sull’attività economica.  Limitata rilevanza del protestantesimo.  Incompatibilità del capitalismo con una concezione cristiana dell’attività economica.  Circolazione delle imprese, dei settori e delle elites. LA CRITICA AL CAPITALISMO Gli oppositori desidererebbero un ritorno al passato, immaginando una società pre-industriale serena e felice. Si ricordano: Kropotkin, Petr A. (1842-1921)  Fonda l’anarco-comunismo cioè il comunismo senza governo.  L’anarchismo ha basi scientifiche.  La società umana evolve, per vie naturale, verso l’anarchia.  Riconoscimento dei principi dell’uguaglianza e del mutuo soccorso.  Necessaria abolizione dello Stato.  Necessità di combinare il lavoro intellettuale con quello manuale. Kalecki Michael (1899-1970) 9- Società costituita da due sole classi (capitalisti e lavoratori). ● Compito dello Stato di mantenere la piena occupazione, attraverso: -La promozione degli investimenti privati. -La ridistribuzione del reddito dai capitalisti ai lavoratori, tramite le imposte. -Investimenti pubblici. -Sussidi per i consumi di massa. -Sia investimenti pubblici che sussidi, anche causando ripetuti deficit del bilancio pubblico.  Il deficit può essere assorbito tramite: la stampa di carta-moneta; l’indebitamento pubblico.  Risparmio = deficit + investimenti privati Polanyi Karl (1886-1964) La tecnica è priva di uno specifico metodo scientifico, è un supporto e strumento operativo per investigare la realtà, a differenza della scienza che si caratterizza da un metodo scientifico. Per molti secoli, l’economia empirica fu studiata dalle sole tecniche, ossia trattazioni, che che intendevano guidare gli operatori economici dal punto di vista pratico tramite: -La ragioneria (contabilità e scienza dei conti), ha la funzione di consentire la misurazione dei costi, ricavi, l’iscrizione di un debito o credito. È una tipica tecnica dell’economia aziendale che consente di gestire in modo pratico ciò che succede nella realtà. -le tecniche di amministrazione (gestione): tecniche mercantile e bancaria (tecnica che consente di valutare la convenienza). Sono nate prima dell’economia aziendale e hanno consentito la sua nascita. Le tecniche vennero citate varie volte durante i secoli:  Circa nel 380 a.C. Senofonte scrisse un trattato di scienza dell’amministrazione  Intorno al 350 a.C. Aristotele parla di orientamento al risultato economico, di equilibrio economico e suddivisione del rischio  Circa nel I secolo d.C. Columella nel De re rustica propone quale debba essere la redditività- tipo di un investimento  Nel 1202, Leonardo Fibonacci scrive il Liber Abaci: importa dalle indie i numeri arabo- indiani, facilitando i calcoli nel campo del commercio  Nel 1494, Fra Luca Pacioli nella Summa de Arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità espone il metodo della contabilità in partita doppia (usato tuttora) Studiosi che hanno elaborato l’economia empirica e lo sviluppo delle tecniche IN ITALIA 10- Giuseppe Cerboni (1827-1917) fonda la Ragioneria sul patrimonio (capitale), proponendo di promuoverla a scienza dell’amministrazione di tutte le aziende (famiglie, imprese e pubblica amministrazione) (logismografia, nuovo sistema integrale di ragioneria patrimoniale) 11- Fabio Besta (1845-1922) fonda la ragioneria italiana, fondandola sul patrimonio (capitale) e sul metodo della partita doppia, manifestando scetticismo in merito all’ampliamento della stessa. Egli propone che la ragioneria divenga scienza scienza amministrativa di tutti gli operatori economici cioè famiglie imprese e stato. IN GERMANIA ● Eugen Schmalenbach (1873-1955) riserva la ragioneria alle sole imprese private, fondandola non più sul patrimonio, ma sul reddito (approccio empirico-realistico) cioè: -Grazie alla dottrina dell’economia privata: la realtà è interpretata come un insieme di interessa individualistici (imprese) -La ragioneria deve essere impiegata per misurare i processi di creazione di valore economico dell’impresa e per individuare i comportamenti aziendali da eseguire per il successo di lungo periodo -Un patrimonio conta la capacità di reddito prospettica -Esso vale se è in grado di produrre reddito in futuro Le scienze economiche studiano le attività di produzione e di consumo dei beni atti a soddisfare i bisogni delle persone In tale ambito ha assunto primaria importanza l’Economia politica che nasce in Francia e in Gran Bretagna nella seconda metà dell’700 e, in Germania nel secondo 800. Si divide in:  Economisti “classici” (Adam Smith 1723-1790): nasce L’economia politica moderna  Marxismo: Karl Marx (1818-1883)  Economisti “neoclassici” o “puri” o “marginalisti” (W.S. Jevons 1835-1882)  Shumpeter, J.A. (1883-1950 L’APPROCCIO CLASSICO Adam Smith è considerato il fondatore dell’economia politica moderna la sua teoria prevede: La teoria della mano invisibile: secondo lui il mercato si autoregola attraverso degli equilibri cosicchè funzioni attraverso un’energia invisibile. equilibrio tendenziale ed autonomo fra domanda e offerta. La teoria si riferisce a situazioni standard non particolari, che avvengono nello spazio. La dinamica economia è riferibile all’opera di tre soggetti, produttori, consumatori e stato. La situazione di equilibrio si crea automaticamente senza l’intervento di nessuno. Divisione del lavoro ( specializzazione, coordinamento, controllo): ha degli impatti significativi in termini di produttività e vantaggio. È la frammentazione del processo produttivo in tante piccole mansioni da attribuire a addetti diversi. Perché riteneva che un alta specializzazione del lavoro è condizione efficiente a realizzare condizioni di efficienza. Vantaggi della produttività ( ribasso dei costi e rialzo dei salari): aumentare la produttività perché avrò più persone specializzate e meno tempo, se invece lavora solo una persona costa di più e sprechi più tempo. IL MARXISMO Il marxismo osservava una realtà fatta da operai che vivono in condizioni di lavoro pesanti, e dall’altro lato imprenditori che si arricchiscono anche con comportamenti non rispettosi nei confronti dei lavoratori. Il marxismo puntava a: ● Una rivoluzione sociale per una società senza classi con l’affermazione della dittatura del proletariato. Da qui nascono delle situazioni di crisi, ci fu successivamente il crollo del capitalismo con conseguente eliminazione di questa società , arrivando all’affermazione di una nuova società classica senza classi. ● Una dicotomia tra capitalisti-proprietari-sfruttatori e proletari, sfruttati e privati dei risultati del loro lavoro ● concetto di plus-valore (salario fondato dal capitalista al lavoratore), concetto secondo marx sbagliato in quanto è una somma di denaro che si incassa il capitalista ai danni dei lavoratori. ● Una crisi del capitalismo e alla dittatura del proletariato Principali limitazioni:  Non è vero che l’utile che deriva dal prodotto è riferibile all’appropriazione del plus-valore. L’utile deriva, invece, dall’utilità che il bene finito ha per il consumatore rispetto alle singole parti che lo compongono  Le classi sociali non sono solo 2 (capitalisti e operai sfruttati) bensì molte.  I fenomeni di sfruttamento della forza lavoro dipendono dalla domanda-offerta lavoro. Se l’offerta è più della domanda i datori di lavoro accettano anche condizioni negative pur di sfruttare i lavoratori.  Il sistema si regge su investimenti in capitali sempre nuovi e ulteriori. Il capitalismo va avanti e i capitali si rinnovano , le imprese possono fallire ma se crolla un impresa se ne crea un’altra. Non è vero che se il capitalismo crolla si crea una dittatura.  L’operare delle imprese favorisce il miglioramento di tutti i ceti sociali  La crisi dell’impresa lascia spazio ad altre imprese più efficienti  Il sistema di economia di mercato non è destinato a crollare  Circolazione dei settori. Muoiono settori ne nascono di nuovi, il mercato non crolla ma si bilancia.  Circolazione delle èlites (gruppi di persone, spesso una minoranza, in possesso di autorità e influenza sociale e politica). Le classi dei ricchi non spariscono ma cambiano con il tempo. LE SCUOLE NEOCLASSICHE Gli economisti neoclassici o puri (principale rappresentante Jevons) avevano un approccio puro fortemente diverso da quello classico di Smith. Pensavano di spiegare la realtà economica attraverso la scienza matematica pura per eccellenza. Essi:  Vedevano l’economia come scienza matematica (valore dimostrativo assoluto della matematica). Attraverso delle equazioni riescono a spiegare la realtà in quanto è uno strumento dimostrativo della realtà economica e ritengono che la matematica abbia un valore dimostrativo assoluto, la scienza per eccellenza.  Puntavano a passare da scienza sociale a scienza naturale  Formularono il General Mathematical Theory of Political Economy (1862) dove si spiega come attraverso un equazione si può spiegare qualsiasi cosa di carattere economico mettendo in relazione due variabili.  Y=f(x) indipendente x determina il risultato, dipendente y perché dipende dal valore che x assume. Questa equazione semplifica la realtà.  Puntavano a una utilità marginale decrescente. Secondo i neoclassici il consumo di un determinato bene di una determinata specie ne riduce l’utilità. Se l’offerta aumenta l’offerta aumenta. Principali limitazioni:  Premesse logiche false  Premesse analitiche anti-realistiche  Vuoto giuridico in quanto si pensava che gli i soggetti economici analizzati fossero gli unici soggetti presenti nel sistema  Assenza di spazio e di tempo. Le condizioni di equilibrio avrebbero dovuto verificarsi istantaneamente e lo spazio era irrilevante.  Assenza di mutamento nelle altre variabili. Tutte le variabili diverse da quelle selezionate (x.y) erano considerate costanti.  Uguaglianza dei prodotti della stessa specie tra aziende familiari e aziende di produzione generano valore. Le aziende familiari consumano , hanno un reddito, hanno dei bisogni e per soddisfarli spendono denaro e parte del reddito lo conservano. Il consumo mira alla soddisfazione di bisogni per comprare beni. I beni vengono fortini dalle imprese cioè dalle aziende di produzione , che forniscono prestazioni (beni e servizi alle famiglie ) e in cambio ottengono denaro, le famiglie pagano le imprese e loro realizzano dei ricavi. È un processo di scambio in cui famiglie danno denaro e le imprese beni e servizi che sostiene la circolazione del valore. Si crea un meccanismo circolare che parte dall’azienda familiare che poi arriva all’impresa di produzione per poi concludere all’azienda familiare. Le aziende famigliari offrono le proprie prestazioni di lavoro al mercato del lavoro dove ci sono delle aziende che selezionano il personale da assumere e in cambio danno salari e stipendi cioè dei redditi che tornano alla famiglia per il lavoro prestato. GINO ZAPPA ( 1979-1956 ) Gino Zappa ha un primo lavoro fondamentale, “ Il Reddito d’impresa “ ( 1920-29), in cui sostiene e propone che l’economia aziendale si focalizzi sul reddito quale grandezza fondamentale dei sistemi economici. È questa l’innovazione dovuta a Schmalenbach che Zappa perfeziona. In primo luogo, essi sostengono, non c’è capitale ( inteso come fondo di risorse ) che non sia stato in precedenza reddito, secondo il flusso: attività economica redditi risparmi capitale (reimpiego nelle) attività economiche in secondo luogo essi aggiungono che, nelle attività economiche il capitale non ha un valore in sé, ma vale in funzione dei redditi che esso può originare. Zappa propone inoltre che l’economia aziendale, venga a trattare organicamente e compiutamente le aziende, cominciando dalle imprese. Per inquadrare e risolvere i problemi aziendali, tale disciplina dovrà risultare dalla sintesi organica della ragioneria ( fondamentale per valutare periodicamente i risultati economici tramite il bilancio ), della gestione ( che ottimizzi acquisti-produzioni-vendite ) e dell’organizzazione. Tale sintesi organica si sarebbe applicata anche alle famiglie e allo stato. La teoria di Zappa si perfezionò poi negli anni. I punti principali della sua teoria sono: 1. l’azienda è una coordinazione economica in atto che negozia costi per conseguire ricavi, ottenuti vendendo sui mercati beni economici che soddisfino i bisogni degli acquirenti. 2. Le attività di famiglie, imprese, e stato possono venire analizzate e descritte tramite 2 categorie: -combinazioni produttive -coordinazioni lucrative le aziende si svolgono per operazioni. Tali operazioni risultano simili a tutte le altre della stessa specie dei giorni, mesi, anni precedenti e seguenti: essi sono i processi. L’insieme di tutti i processi nello spazio-tempo viene racchiuso nelle combinazioni produttive, cioè i modi con i quali esse trasformano: -redditi in costi -fattori produttivi in beni economici destinati alla vendita proventi in prestazioni ( stato ) le modalità, i modelli, i tempi, le condizioni, e la quantità di tale intreccio determinano le coordinazioni lucrative, cioè le modalità con cui l’azienda ottiene equilibrio o disequilibrio economico nel tempo, cioè utili o perdite, per la famiglia e l’impresa, avanzo o disavanzo per lo stato. 3. tutti gli operatori economici sono istituzioni storico-giuridico-sociale, ma dal punto di vista economico aziendale tutti risultano unità organiche del sistema economico. Le famiglie che offrono lavoro, ottengono salari e con questi provvedono ai consumi e agli eventuali risparmi. Le imprese trasformano costi in ricavi dando vita a trasformazioni economiche. Le pubbliche amministrazioni esigono imposte per provvedere a bisogni pubblici tramite spesa per investimenti e spesa corrente. I 2 CAMPI HUSSERLIANI DELL’ECONOMIA AZIENDALE Il sistema delle aziende configura un campo scientifico omogeneo. Secondo Husserl, i campi scientifici sono unità oggettive che devono essere né troppo piccoli, né troppo vasti e omogenei. Gli sviluppi odierni dell’economia aziendale sono inquadrabili secondo il concetto husserliano di campo scientifico omogeneo. Tale campo è costituito dal sistema delle aziende. 1° CAMPO ( EGIDIO GIANNESSI ) L’attività economica si espande ad ogni tipo di azienda. Queste utilizzano fattori produttivi e li combinano per produrre beni economici (merci e servizi), scambiano questi beni economici sui mercati per soddisfare i bisogni, ma soprattutto per produrre e distribuire ricchezza nella forma di redditi e capitali. Ogni qualvolta un capitale investito produce redditi, si accresce la ricchezza del sistema. Le imprese riversano e distribuiscono nel sistema:  Prezzi-costo a favore dei fornitori per l’acquisto di fattori produttivi. Salari, stipendi.  compensi professionali ai dipendenti e consulenti.  Interessi e provvigioni alle banche sui crediti concessi e per i servizi prestati.  Premi alle imprese assicurative.  Tributi allo Stato-regione-Comune relativi agli utilizzi realizzati. L’economia aziendale deve focalizzarsi su tutte le aziende di produzione e solo su quelle (eccezione ristretta dell’economia aziendale ). Le aziende di produzione (agricole, industriali, commerciali, bancarie, assicurative, ecc.) sono dirette alla produzione di ricchezza (produzione economica). L’utile è il premio che il mercato (cioè gli acquirenti) riconosce all’impresa per aver offerto in vendita un bene economico che il singolo non può con le sue sole forze ottenere e per essersi addossata il rischio di pensarlo,progettarlo, realizzarlo e collocarlo, nell’incertezza sulle scelte del mercato. L'economia aziendale studia il sistema delle imprese: ➢ Nelle loro caratteristiche-tipo ➢ Nelle loro funzioni e strutture caratteristiche ➢ Nelle loro forme di equilibrio, sviluppo e crescita Caratteristiche-tipo (profilo caratterizzante del singolo tipo d'impresa) L'azienda agricola trasforma i fattori produttivi in beni nel rispetto delle leggi e dei tempi della natura. L'azienda industriale effettua trasformazioni dal punto di vista economico-tecnico. L'azienda assicuratrice si accolla i rischi delle altre aziende contro il pagamento di un premio. Funzioni (profili tipici che derivano dalle caratteristiche tipo) Per le aziende agricole la varietà, la rotazione culturale e il trattamento dei terreni. Per le imprese industriali i processi di combinazione dei fattori. Per le imprese assicurative la scelta dei rami di intervento, e di selezione dei rischi. Le strutture sono insiemi di operazioni-processi-combinazioni che ne derivano necessariamente. Le forme di equilibrio, sviluppo e crescita rappresentano: ✗ Equilibrio: I modi di raggiungimento-mantenimento dell'economicità, cioè dell'equilibrio fra ricavi e costi, entrate e uscite, capitale e debiti. ✗ Sviluppo: i modi di adeguamento continuo alla mutevole realtà dei mercati, della domanda, della tecnologia, dei prezzi-costo e dei prezzi-ricavo, della concorrenza. ✗ Crescita: i modi di aumento delle dimensioni, questa è intesa come capacità produttiva. 2° CAMPO ( GINO ZAPPA E I SUOI ALLIEVI ) L’Economia aziendale deve studiare tutte le aziende operanti nel sistema: familiari, di produzione e pubbliche. Le famiglie, le imprese e la pubblica amministrazione sono tutte tese a soddisfare bisogni (direttamente o indirettamente). Fanno una distinzione tra aziende di erogazione e di produzione, ovvero Il sistema delle aziende di erogazione (famiglie, pubbliche territoriali), sono tese a erogare le proprie risorse per ottenere redditi, e poi trasformare questi redditi in spesa. Il sistema delle aziende di produzione sono tese a produrre ricchezza e ad accrescere le proprie risorse trasformando i costi in sempre maggiori ricavi. Tutte le aziende posseggono alcune caratteristiche che le accomunano: Sono sistemi economici finalizzati, che tendono attraverso scelte dell’equilibrio dinamico, equilibrio che non so l’obiettivo ma vera condizione di esistenza. Sono tutte caratterizzate da costi e ricavi, uscite ed entrate, patrimonio e debiti. Famiglie e pubblica amministrazione sono tese ad ottenere entrate (redditi per le famiglie, tributi per la pubblica amministrazione), al fine di provvedere a uscite, con lo scopo di soddisfare i bisogni dei membri dell’azienda. L’ECCEZIONE AMPIA DI ECONOMIA AZIENDALE Secondo un’eccezione ampia, l’Economia aziendale è la scienza che studia l’economia (caratteristiche, funzioni, processi, comportamenti) delle aziende di ogni tipo, dalla famiglia allo Stato. Comprende, cioè il comportamento economico di: ✔ Famiglie, quali aziende familiari di consumo e di investimento; ✔ Imprese, quali aziende di produzione di redditi e di capitali; ✔ Pubblica amministrazione (Stato e sue declinazioni). L’Economia aziendale studia le aziende intese in via generale quali «coordinazioni economiche in atto» dirette a combinare risorse per soddisfare bisogni, attraverso lo svolgimento dell’attività economica. I bisogni: ➢ Sono dinamici in relazione a specifiche variabili (età, reddito, ecc.) ➢ possono essere gerarchizzati (piramide di Maslow) ➢ Per soddisfarli, gli attori economici devono assumere delle decisioni, ossia fare delle scelte (differenti modelli teorici) Piramide dei bisogni di Maslow (1954) mostra che: ✗ I bisogni sono suscitati dal perseguimento dei fini delle persone. ✗ E’ possibile prevedere una gerarchia. Quando un bisogno di livello «inferiore» è soddisfatto, nascerà un bisogno di ordine superiore ✗ La gerarchia dei bisogni varia da individuo a individuo, ma i bisogni sono comuni. ● Equilibrio patrimoniale L’equilibrio reddituale è relativo al reddito, cioè all’equilibrio costi-ricavi sintetizzabile nella formula R>C L’equilibrio finanziario-monetario è relativo:  Ai flussi finanziari, cioè all’equilibrio dei flussi di crediti e debiti (profilo finanziario)  Ai flussi monetari, cioè all’equilibrio dei flussi di entrate e uscite (profilo monetario) L’equilibrio patrimoniale è relativo all’equilibrio nel finanziamento degli impieghi, cioè all’equilibrio fra capitale sociale (mezzi propri) e debiti. L’equilibrio reddituale L’impresa costituisce capacità produttiva (investimenti), poi realizza i beni economici da collocare sui mercati sostenendo costi per le materie prime, per il lavoro, per le altre prestazioni della pubblicità alle spedizioni, e a quel punto conclude il ciclo ottenendo i ricavi. La gran parte delle imprese dirigono se stesse dai prezzi-costo ai prezzi-ricavo. Esse vengono denominate imprese rialziste poiché avendo già sostenuto prezzi-costo, tendono a rialzare i prezzi-ricavo per reintegrare sempre meglio i costi e aumentare gli utili. Esiste una minoranza di imprese che operano diversamente: esse infatti negoziano prima i prezzi-ricavo e solo successivamente i prezzi-costo. Tutte queste imprese vengono tecnicamente denominate imprese ribassiste, le quali cioè, avendo già definiti i prezzi ricavo, tendono a ripassare, a contenere i costi per aver comunque C < R Nell’impresa esiste la successione acquisti-produzione-vendite. La realizzazione dell’utile è una delle tre condizioni di esistenza dell’impresa. Ricavi > Costi l’utile è la condizione di esistenza standard dell’impresa Ricavi = Costi il pareggio è la condizione minima di esistenza Ricavi < Costi la perdita viola la condizione di esistenza dell’impresa NB: La condizione di esistenza deve essere realizzata almeno quale tendenza sistematica. L’impresa è in equilibrio remunera (compensa) tutti i fattori produttivi corrispondendo ad essi il reddito che gli spetta: ➔ Ai fattori produttivi originari i relativi prezzi-costo ➔ Al lavoro il salario, o lo stipendio ➔ Al capitale di credito gli interessi ➔ Al capitale di rischio gli utili ➔ Allo Stato i tributi L’equilibrio finanziario-monetario L’impresa (in assenza di credito bancario) acquista e vende con pagamento differito: ne derivano rispettivamente crediti di regolamento (dalle vendite) e debiti di regolamento (per le forniture) occorre che i volumi (importi) di crediti e dei debiti di regolamento non siano troppo difformi, ma soprattutto che le scadenze degli stessi non risultino troppo asincrone. L’ equilibrio monetario-finanziario è una delle tre condizioni di esistenza dell’impresa. Crediti > Debiti (nel tempo e nell’ammontare) Entrate > Uscite condizione di esistenza standard dell’impresa Crediti = Debiti (nel tempo e nell’ammontare) Entrate = Uscite il pareggio è la condizione minima di esistenza Crediti < Debiti (nel tempo e nell’ammontare) Entrate < Uscite violazione della condizione di esistenza dell’impresa Non diverso risulta la dinamica per quanto riguarda l’indebitamento bancario nei suoi flussi e deflussi: anche queste variazioni finanziarie, infatti, si trasformano in variazioni monetari. In sostanza, dai finanziatori giungono afflussi finanziari all’impresa (debiti a breve termine, più o meno nell’anno, a medio termine, fino a quattro/cinque anni, a lungo termine, oltre 10) e giungono all’impresa per impiegarli in investimenti (cioè deflussi finanziari) che abbiano la medesima scadenza. Così i finanziamenti divengono entrate, poi si trasformano in uscite per investimenti, e questi ritornando progressivamente in forma liquida, cioè in entrata e, consentono il rimborso graduale o a scadenza dei finanziamenti che si erano tenuti (uscite per rimborsi) nel profilo finanziario, si unificano la gestione produttiva con i suoi effetti finanziari e la gestione propriamente finanziaria. E l’una e l’altra si declinano poi in entrate e uscite (che sono di norma accreditamenti e addebitamenti sui suoi conti correnti bancari), cioè nel profilo monetario. Si unificano e si sovrappongono così variazioni finanziarie (crediti, debiti) e infine monetari (entrate, uscite) di diverso origine. Ciò che conta è l’equilibrio nel tempo dei flussi di crediti e debiti (profilo finanziario), e l’equilibrio nel tempo dei flussi di entrate e uscite (profilo monetario) L’equilibrio patrimoniale L’impresa, per dar vita a investimenti e impieghi di capitale, ricerca fonti di capitale nella duplice forma di capitale sociale e debiti (capitale attinto al credito).con l’equilibrio patrimoniale si fa riferimento all’equilibrio fra capitale proprio (nel senso di capitale netto e capitale sociale più riserve, detti anche mezzi propri) e debiti. Una sproporzione di debiti rispetto al capitale può infatti risultare rischiosa per almeno due motivi. L’eccesso di indebitamento risulta problematico in primo luogo per il carico di interessi passivi (oneri finanziari). Quell’eccesso, in secondo luogo, può comportare la difficoltà di rimborsare in larga misura i debiti stessi. LA RAGIONERIA I valori rappresentati nel Bilancio dell’esercizio si determinano tramite l’impiego della Ragioneria, tecnica dell’Economia aziendale. Esistono molteplici tecniche per la misurazione dei fenomeni economici: ● Matematica finanziaria (valutazione operazioni di impiego dei capitali e dei risultati futuri). ● Matematica attuariale (calcolo del valore presente di redditi futuri). ● Statistica descrittiva e inferenziale. ● Ragioneria (risolve i problemi generali di misurazione dell’economia) Le scienze empiriche si possono suddividere in:  scienze della natura ( sperimentali e osservative )  scienze sociali ( diritto, economia, sociologia… ) le uniche fra le scienze sociali ad avvicinarsi alle scienze della natura sono le economiche: esse hanno la necessità di misurare i fenomeni economici. La ragioneria: ➔ Consente la misurazione dei fatti economici attraverso la moneta (prezzi). ➔ Il prezzo è l’unica espressione del valore del bene. ➔ La moneta è misura economica (determinazione dei ricavi, costi, depositi bancari, crediti, ecc.). Es. fatturato = quantità venduta x prezzo unitario ➔ Consente la misurazione dei fatti economici all’atto dello scambio (variazione di moneta e/o di crediti e debiti). ➔ Consente la misurazione dei fatti economici attraverso la misurazione della variazione di moneta intervenuta. ➔ Consente la rilevazione dei fatti economici previamente misurati, attraverso alla tecnica della partita doppia. ➔ Rappresenta i valori ottenuti nel Bilancio d’esercizio L’insieme dei valori che la ragioneria misura sono: ➢ Valori-flusso, variazioni di esercizio, costi e ricavi, tipici dell’esercizio, durante il quale si succedono e si intrecciano incessantemente. ➢ Valori-fondo, le attività e passività e loro variazioni, valori di durata pluriennale. La ragioneria rivela: ✗ I redditi (valori-flusso) ✗ I capitali (valori-fondo, attività e passività) La ragioneria si divide in: ✔ La ragioneria delle imprese (ragioneria generale) ✔ La ragioneria delle aziende pubbliche territoriali (ragioneria pubblica) Essa consente: ● Per le imprese di Esaminare equilibri e squilibri, di misurarne le produzioni di ricchezza, e in particolare la produzione di redditi e la riproduzione di capitali, con i loro risultati di utili, pareggi, perdite. ● Per le aziende pubbliche territoriali, di esaminare gli equilibri e gli squilibri, di misurarne le erogazioni di ricchezza, e in particolare le funzioni pubbliche di raccolta di risorse (tributi), di spesa corrente e in conto capitale, di gestione della moneta e del debito, di gestione dei beni pubblici, con i loro risultati di avanzo, pareggio, disavanzo (deficit). L’EQUILIBRIO ECONOMICO E IL BILANCIO D’ESERCIZIO Le imprese vengono fondate con l’obiettivo di sostenere costi, trasformarli in beni economici per la vendita, ottenere ricavi che reintegrino i costi sostenuti. Così facendo, le imprese originano le variazioni negative positive di reddito, costituendo così le coordinazioni lucrative, cioè le modalità tramite le quali l’impresa:  Dà vita al proprio reddito  Ottiene utili o pareggi o perdite. Variazioni negative (costi) e positive (ricavi): ➔ Costi misurati da scambi di esercizio (di materie prime, costi del lavoro, interessi passivi e commissioni, costi generali) ➔ Ripartizione di costi pluriennali (quote di ammortamento) ➔ Ricavi di vendita (cioè fatturato, che dà vita nel tempo a ricavi cioè ad entrate, ma che può alcune volte originare crediti verso clienti, crediti che verranno poi incassati entro 30, 60, 90 e più giorni, o più tardi nel caso in sorgano controversie, o anche mai se l’acquirente si riveli definitivamente insolvente) ➔ Altri ricavi riferiti alla gestione ordinaria: interessi attivi, dividendi, rimborsi ✗ Dall’individuo non è isolato nel mondo (irrelato), ma effettua le sue scelte insieme o in contrasto con tutti gli altri individui che compongono la società e con i quali egli è dunque in un rapporto di relazione, economica, spaziale o organizzativa. ✗ Tali relazioni si svolgono nell’ambito di aziende. L’economia aziendale ritiene che: ✔ Esistono leggi economiche generali ✔ Applicabili alle aziende di ogni ordine e grado, cioè a tutte le aziende, sulla base della comunanza di funzioni amministrative. L’AZIENDA FAMILIARE Della famiglia, l’economia aziendale studia i profili economici, in primo luogo le relazioni economiche interne, che si traducono in redditi, tributi (imposte), consumi e investimenti. Le famiglie e le loro economie si connettono tutte le altre aziende: ● Alle aziende territoriali per i beni economici di cui fruiscono, e alle quali indirizzano il pagamento dei tributi ● Alle aziende di produzione, per i beni economici che da essi acquistano ● Alle une alle altre per i rapporti di lavoro diretti e indiretti e i processi di investimento che intrecciano con loro Esse mantengono:  Relazioni economiche interne, del tipo redditi (soddisfacimento dei bisogni dei membri della famiglia), tributi, consumi e investimenti  Relazioni economiche esterne con le aziende territoriali e di produzione L’attività economica prevalente è: - ➔ Lavoro (produzione di redditi) e studio (delle persone costituenti il nucleo) ➔ Consumo ➔ Gestione patrimoniale (risparmi-investimenti) Gestione caratteristica (azienda familiare di consumo e gestione patrimoniale) : ➢ Produzione di redditi da lavoro esterno ➢ Attività di lavoro interno ➢ Consumo ➢ Produzione di risparmio e suo investimento In economia aziendale la famiglia, studiata nei suoi aspetti economici viene denominata azienda familiare. Le famiglie transitano via via: ✗ Dalle campagne alla città secondo processi di inurbamento ✗ Da attività addensate nel tempo ad attività continue e ininterrotte di stabilimento o di ufficio ✗ Dei redditi aleatori nel tempo e nelle dimensioni a redditi periodici, mensili, sicuri e definiti Si diffonde la borghesizzazione delle masse, cioè l’ampliarsi delle attività, dell’iniziativa, della mentalità borghese, dunque del ruolo economico e sociale della borghesia. L’ATTIVITÀ ECONOMICA DELL’AZIENDA FAMILIARE L’economia della famiglia può venire rappresenta dall’identità delle variabili categoriche che la compongono: redditi, tributi, consumi, risparmi-investimenti. Si può quindi scrivere: Re = T + C + I Dove è: Re= redditi (al lordo delle imposte) T= tributi C= consumi I= investimenti Redditi Il termine redditi fa riferimento a due tipologie principali: ✔ Redditi da lavoro ✔ Redditi da patrimonio I primi possono derivare: ● Da lavoro dipendente (pubblico o privato, operaio, impiegatizio o direttivo) ● Da lavoro autonomo (artigianale, commerciale, professionale, artistico) Sempre nel reddito al lavoro rientrano le pensioni, le indennità, i sussidi, le prestazioni assicurative periodiche del tipo rendita. Vi si fanno rientrare anche i redditi in natura, dall’autoconsumo delle famiglie contadine alle eventuali retribuzioni parzialmente in natura. I secondi derivano da investimenti che l’azienda familiare ha effettuato in precedenza impiegando il proprio risparmio. Si tratta di solito di investimenti immobiliari i quali fruttano canoni locativi, di solito denominati affitti. Oppure di investimenti mobiliari ( azioni o obbligazioni, le quali fruttano rispettivamente dividendi o interessi). Tributi Il termine tributi fa riferimento alle imposte e tasse pagate alle aziende pubbliche aventi potestà impositiva: lo Stato, le regioni e i comuni Consumi Il termine consumi si riferisce a: L’intera serie degli atti di consumo, suddivisi nelle varie categorie merceologiche, compiuti nella simultaneità e nella successione, dell’individuo inserito nella famiglia di cui egli fa parte. Quota di reddito che residua dopo il pagamento dei tributi e l’eventuale effettuazione di investimenti. Rilevanza di:  reddito totale netto disponibile (vincolo di bilancio o vincolo materiale).  stabilità o variabilità nel tempo del reddito.  condizioni di incertezza.  valori di fondo, preferenze e priorità interne alla famiglia (propensione al consumo). C = Re – I – T Investimenti Destinazione del risparmio prodotto. I = Re – C – T Gli investimenti sono la quota di reddito che residua dopo il pagamento dei tributi e il sostenimento dei consumi (T + C) Re - I ≻ Vi si possono includere anche i beni artistici, di consumo durevole, il cui rendimento è rispettivamente dato dalla fruizione estetica e dalle possibilità d’uso. Vi è un processo continuo di mutamento di investimenti, dis-investimenti, consumi correnti e durevoli, e indebitamenti che dipende: ➔ Dal numero dei componenti della famiglia, dei loro caratteri ed esigenze ➔ Dei redditi singoli ➔ Del reddito totale disponibile ➔ Dalle preferenze date al consumo o viceversa l’investimento ➔ Dagli eventuali legami con imprese di proprietà della stessa famiglia Nelle famiglie si alterano quindi non solo redditi di vario tipo, tributi, consumi o investimenti, ma anche indebitamenti, con i processi che gli accompagnano: pagamento degli interessi e rimborso del capitale mutuato. L’indebitamento: ➢ Può incrementare gli investimenti, ma talora anche i consumi di chi si indebiti non per aiutarsi a investire ma per consumare di più ➢ Esso comporta sia interessi passivi sia rimborso progressivo delle somme a suo tempo tenute Re + dis-I + DB = T + C + I + intpass + rimb DB La quale rappresenta al primo membro tutte le fonti (entrate) di una famiglia a qualsiasi titolo (reddito, accensione di debiti, dis-investimenti) e al secondo tutti gli impieghi (uscite) di una famiglia qualsiasi titolo (tributi, consumi, investimenti, interessi passivi, rimborso di debiti). Essa dichiara che il reddito più i dis-investimenti più l’indebitamento corrispondono ai tributi più i consumi più investimenti più gli interessi passivi più il rimborso dei debiti. Sono esplicite le connessioni fra le famiglie tutte le altre aziende: ✗ Con le aziende di produzione e territoriali, dalle quali prevalentemente proviene per lavoro dipendente e professionale ✗ Con le altre aziende familiari, da cui proviene il reddito per lavoro commerciale artigianale ✗ Con le aziende di credito e finanziarie presso le quali ci si indebita, alle quali si pagano oneri finanziari e alle quali si rimborsano i debiti contratti ✗ Con le imprese produttrici commerciali, alle quali si orientano i consumi ✗ Con le aziende territoriali, alle quali fluiscono i tributi ✗ Con le aziende di qualsivoglia tipo nelle quali si effettuano gli investimenti Diviene rilevante la confutazione del concetto di reddito di John R. Hicks. Il problema è che può accadere che alcuni beni patrimoniali aumentino di valore. Secondo Hicks, anche tale incremento di valore fa parte del reddito del periodo in cui l’aumento si sia verificato. Se un bene patrimoniale si è incrementato di valore, tale incremento è comunque teorico finché il bene stesso non venga venduto (principio di realizzazione). Come è aumentato di valore, così bene potrebbe poi diminuire di valore. Si ottiene quindi un vantaggio solo quando tale bene venga venduto (appunto realizzazione) al maggior valore raggiunto. I PROCESSI DI INVESTIMENTO I processi di investimento sì co-determinano insieme i processi di consumo. Essi derivano in primo luogo da caratteristiche individuali della persona, e della famiglia in quanto unità: dal livello del reddito in particolare dei redditi permanenti e comprensivi le plusvalenze eventuali ➔ Funzionali o ostentativi ➔ Costruttivi o de-costruttivi Vi è è un continuo trasformarsi di consumo in precedenza secondari o voluttuari in consumi ora considerati primari o necessari. Con le rivoluzioni industriali i processi di inurbamento: ➢ Si accresce il ruolo delle grandi città quale luogo per l’esibizione sociale ➢ E ciò soprattutto per i borghesi ora arricchiti i quali nessun altro segno distintivo riescono a possedere se non la manifestazione della ricchezza Tale fatto verrà teorizzato da Thorstrin Veblen nella sua teoria della classe agiata (nel senso di facoltosa) scritto osservando i comportamenti dei ricchi statunitensi dell’età durata. Veblen parla di agiatezza vistosa, di consumo vistoso, di spreco sfarzoso di beni per dimostrare l’agiatezza, di confronto finanziario antagonistico e di beni di pura ostentazione. Werner Sombart ricorda che i beni di lusso: ✗ Svilupparono originariamente il commercio all’ingrosso ✗ Svilupparono le industrie di lusso, commercio all’ingrosso i settori industriali i quali richiedevano vasti capitali ✗ Svilupparono successivamente commerci e settori di mezzo lusso. L’ampiezza, la diffusione, la continuità dei processi di consumo dipende: ✔ Dal grado di sviluppo economico che una società è riuscita a raggiungere tramite lo sviluppo interno ed esportativo ✔ Dallo stadio evolutivo di una nazione ✔ Dalla cultura nazionale relativamente al consumo o al risparmio ✔ Dalla struttura demografica, in particolare dall’equilibrio fra generazioni ✔ Dal pareggio amento dei redditi dei patrimoni ✔ Dall’incidenza generale dei tributi ✔ Dall’accoglimento scettico, o viceversa, della pubblicità e dei modelli di consumo proposti non solo dai media, ma anche dalla cinematografia. L’ECONOMIA DELLE IMPRESE, AZIENDE DI PRODUZIONE per impresa dal punto di vista economico-aziendale si intende: ● L’impresa è un’istituzione (prospettiva del diritto pubblico, scienza politica, etica economica). ● L’impresa è un insieme di contratti determinati dal livello dei costi di transazione (prospettiva giuridica). ● L’impresa è una struttura di diritti di proprietà (prospettiva del diritto commerciale) ● L’impresa è un aggregato di competenze e routines (prospettiva organizzativa) Dal punto di vista economico-aziendale l’impresa è un sistema economico parziale (rispetto all’intero sistema economico) che:  Attraversa il tempo e lo spazio.  Attua combinazioni produttive, aggregando fattori produttivi.  Sviluppa coordinazioni lucrative (sostiene costi e realizza ricavi) esponendosi al rischio d’impresa.  Produce beni economici nel rispetto delle condizioni di efficacia ed efficienza.  Vende i beni economici prodotti – attraverso processi di concorrenza – creando ricchezza distribuibile ai differenti stakeholder. Modello di autoconsumo: il sistema economico è formato da gruppi primari (famiglie) che esauriscono al proprio interno le attività di produzione e consumo (autoconsumo). Tipico delle economie primitive. Tutti i beni economici sono stati da sempre prodotti e offerti al mercato delle organizzazioni tipiche che denominiamo imprese. Si tratta di unità speciali ben caratterizzati, che da sempre guidate dall’imprenditorialità uniscono il capitale e il lavoro, li combinano e organizzano tramite la gestione, e così trasformano i fattori produttivi impegni economici da collocarsi sui mercati. Questi beni economici possono essere: ➔ Beni materiali, connotati da un’esistenza fisica (merci) ➔ Beni materiali, privi di esistenza fisica (intangibili) ➔ Beni misti, per i quali il contratto d’acquisto unisce all’elemento materiale altri elementi immateriali Le imprese trasformano fattori produttivi in beni economici. Mentre svolgono tale funzione, essi esercitano anche la funzione economica fondamentale di trasformare costi in ricavi. Il processo avviene: 1. Si acquistano fattori produttivi, e ciò comporta il sostenimento di costi. 2. si trasformano i fattori medesimi, e ciò comporta altri costi (tipicamente di produzione, di lavoro, di energia) 3. si ottengono beni economici i quali, venduti sui mercati, originano ricavi 4. questi hanno il compito e l’obiettivo di reintegrare i costi sostenuti Ricavi maggiori o uguali ai costi Cioè i ricavi futuri devono reintegrare tutti i costi sostenuti in precedenza. Reintegrati i costi, residua una quantità denominata utile, che può venire interpretato in vari modi, tutti complementari: ➢ Quale maggior valore dell’insieme rispetto alle parti ➢ Quale premio ottenuto dalla gestione lungimirante, saggia, efficiente ➢ Quale premio per il rischio sostenuto ➢ Quale costo di capitali versatici dai soci ➢ Quale maggiore ricchezza prodotta nel sistema e per il sistema Una delle prime magie delle imprese fu l’introduzione: ✗ Di dividere i processi tecnici nelle loro varie fasi ✗ Di assegnare a ciascuna di esse a singoli operatori specializzati ✗ Di coordinare il tutto tramite la gestione, affidata all’imprenditore o ai suoi delegati Tale processo che prendeva modello la divisione-specializzazione di compiti e tutto era fondamentale in tutte le organizzazioni. Esso, dopo Spencer, prende il nome di specializzazione e coordinamento, ed è stato introdotto negli studi aziendali da Fabio Besta (1880), e poi ripreso da Lawrence e Lorsch (1965) con la dizione differentiation and integration. Se prima vigeva il principio di specializzazione e coordinamento, possiamo ben immaginare quanto esso si diffondesse quando via via tutti i prodotti vennero realizzati non più in modo artigianale bensì industriale, quando cioè le produzioni divennero di stabilimento e attuate per mezzo di impianti e macchinari. Quando poi le produzioni passarono da meccaniche a elettromeccaniche il processo comunque richiede sempre maggiore specializzazione: maggiore qualificazione degli addetti di tutti livelli, aumento del lavoro tecnico e impiegatizio. Per l’intera società è più conveniente che singole imprese producano grandi quantità di uno stesso bene piuttosto che tanti beni in piccole quantità. In tutti modi cresceva comunque sempre più l’efficienza delle operazioni: queste cioè erano svolte in modi più precisi e in tempi più rapidi, tanto da consentire in ogni campo le tre fondamentali conseguenze economiche anticipate da Adam Smith: ✔ Aumento delle produzioni dell’unità di tempo, quindi ottenimento di maggiori volumi di beni economici vendibili, dunque maggiore fatturato ✔ Possibilità di realizzare nel contempo l’aumento delle retribuzioni dei dipendenti ✔ Nonchè la riduzione dei prezzi di vendita al consumatore Con queste miglioravano via via i livelli di vita, i redditi pro capite, le possibilità di consumo e di risparmio. Era il cosiddetto progresso economico. Le economie di specializzazione fanno sì che la dimensione conveniente per la produzione di molti beni sia superiore alla dimensione corrispondente ai consumo della singola famiglia. Le dimensioni di impresa si ampliavano, si aumentava la specializzazione, crescevano i volumi produttivi, così procedendo in un processo che consentiva via via: ● Lo svolgimento sempre più perfezionato dei compiti ● Il miglioramento progressivo delle tecniche di produzione e di gestione, anzi la ricerca di tecniche sempre nuove. Svantaggi della specializzazione economica:  Costi di coordinamento.  Costi di rigidità.  Demotivazione. La realizzazione dell’utile è una delle condizioni di esistenza dell’impresa. Ricavi > Costi l’utile è la condizione di esistenza standard dell’impresa Ricavi = Costi il pareggio è la condizione minima di esistenza Ricavi < Costi la perdita viola le condizioni di esistenza dell’impresa La condizione di esistenza deve essere realizzata almeno quale tendenza sistematica. Le condizioni di esistenza rappresentano condizioni oggettive riferibili all’impresa. Il tema degli obiettivi, interessa, invece, le persone che amministrano un’impresa; gli obiettivi assumono, pertanto, carattere soggettivo. Il tema degli obiettivi di chi dirige può venire diviso in tre momenti. Essi riguardano: ➔ Il comportamento degli individui razionali ➔ La teoria delle decisioni di comitato ➔ L’esistenza di operatoria 20 obiettivi egoistici, o patologici o illeciti Qualunque individuo, anche l’imprenditore più razionale, quando ragiona, scegli o attua: ➢ Si comporta sempre nell’ambito di limiti informativi ➢ Poi sulla base del proprio carattere e delle proprie capacità ➢ Dunque dando vita, per ogni scelta che egli compie, a una massimizzazione soggettiva (decisioni ottimamente imperfette) ➢ Modello della razionalità limitata vs razionalità olimpica (Herbert Simon, 1916-2001). Il secondo passo ci insegna che le decisioni non vengono prese da una persona sola, bensì da capitali consentono l’esistenza delle strutture operative di impresa, e in questo senso vengono denominati capitali di funzionamento, attraverso i quali cioè l’impresa svolge la propria attività. I redditi sono l’espressione quotidiana di questa attività, e dell’uso di quei capitali: costi ricavi che si combinano con l’obiettivo di conseguire un reddito positivo cioè: R-C>0 L’impresa infatti è azienda di produzione economica, cioè produttrice sistematica di redditi e capitali. Ciò significa che l’impresa raccoglie capitali per costituire le proprie attività produttive, e poi utilizzarle per produrre economicamente. Ora produrre significa: ✗ combinare i prezzi-costo e prezzi-ricavo, cioè sostenere costi per ottenere ricavi ✗ Derivare un reddito, questo maggiore, è uguale o minore di zero R-C>0 (utile) R-C=0(pareggio) R-C<0(perdita) ✗ A seconda del reddito conseguito, incrementare, lasciare invariato o decrementare il capitale iniziale. Nel rendiconto reddituale vi sono due sezioni, i componenti negativi di reddito e i componenti positivi di reddito. Gli eventuali utili compaiono fra le componenti negative di reddito poiché essi esprimono un costo: il costo d’uso del capitale. Le eventuali perdite compaiono fra le componenti positive di reddito perché esprimono la quota- parte di costi che la gestione non è riuscita a reintegrare. Reddito Capitale Costo Materie prime Costo Semilavorati Ricavo Credito Moneta Non è il capitale a dare valore al reddito; sono i flussi di reddito originati dalla gestione ad assegnare valore al capitale. Rilevanza della gestione Il capitale, in assenza di una gestione che lo utilizzi, è assolutamente statico. Origine e fattore genetico del reddito e la gestione. (R-C)>0 = utile È la gestione che scegli quale tipo di capitale di funzionamento costituire e poi in qual modo utilizzarlo. Rilievo dei flussi reddituali nel tempo Imprese con capitali ingenti possono incontrare disequilibri economici ampi, ripetuti, crescenti, e devastanti fino alla crisi, all’insolvenza e al fallimento. Queste perdite decrementano progressivamente il capitale fino a condurre all’incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni ovvero alla liquidazione in asta pubblica. Viceversa, imprese con capitali ridotti possono invece ottenere utili larghi, crescenti, superiori alla norma. Questi utili incrementano progressivamente il capitale consentendo sia la remunerazione dello stesso sia processi di espansione per crescita interna oppure esterna (acquisizioni) l’impresa sistema di fattori produttivi quando si parla di fattori produttivi si distinguono: ✔ Fattori produttivi originari ✔ Capitale ✔ Lavoro ✔ L’imprenditorialità ✔ Lo Stato Per imprenditorialità si intende la capacità originale di aggregare certi fattori produttivi piuttosto che altri, in certi modi piuttosto che altri, per produrre certi beni economici piuttosto che altri. Essa fa riferimento al nuovo prodotto e al nuovo processo produttivo, alla combinazione innovativa di fattori, all’innovazione commerciale e distributiva. la gestione a seconda di come venga distinta può venire considerata lavoro (lavoro direzionale) oppure imprenditorialità Una seconda classificazione ● Fattori produttivi a fecondità semplice: L’utilità si esaurisce in solo ciclo produttivo (merci, materie prime, ecc.) ● Fattori produttivi a fecondità ripetuta Utilità valevole per più cicli produttivi (es. impianti) L’impresa può dirsi sistema di fattori produttivi poiché: presceglie i fattori produttivi da combinare (input), li combina, e fonde in sistemo unitario, trae da tale sistema beni economici da destinare negli scambi di mercato (output), dalla vendita dei beni economici tra le risorse per scegliere i fattori da combinare e ri-combinare nello spazio-tempo in cui essa si distende. L’impresa sistema di prezzi L’impresa è anche un sistema di prezzi, inteso come una collezione di prezzi-costo che viene trasformata in una sommatoria di prezzi-ricavo. L’impresa infatti negozi a prezzi-costo e sostiene costi, quale condizione per ottenere prezzi-ricavo singoli e una sommatoria di ricavi. Essa cerca di combinare i prezzi e i costi in modo che all’incrocio viene derivi il continuato equilibrio economico espresso come: (R>C), o almeno (R-C)=0 Il sottosistema dei prezzi-costo fa riferimento al sistema di operazioni, processi e combinazioni che l’impresa ha attuato. L’insieme dei processi dà vita alla più ampia combinazione produttiva cioè alle modalità tecnico-organizzative tramite le quali l’impresa produce economicamente. Insieme dei costi dei ricavi originati dalla combinazione produttiva e tipici di essa, si denominano coordinazione lucrativa. Sottosistema dei prezzi-costo fa riferimento alla totalità dei prezzi dei fattori produttivi che l’impresa ha prescelto di combinare, alle possibilità che essa ha di variarli, e di sostituirli gli uni agli altri, infine al costo di esercizio della combinazione produttiva. Il sottosistema dei prezzi-ricavo fa riferimento ai ricavi totali, i quali derivano dalla quantità di beni economici venduti moltiplicata per il rispettivo prezzo-ricavo. Si tratta cioè dell’insieme di prezzi- ricavo derivato dalla totalità dei prodotti venduti. L’impresa opera nella simultaneità e nella successione, cioè essa nel medesimo istante:  Sta acquistando fattori  Sta producendo beni  Sta negoziando ricavi Essa cioè svolge contemporaneamente tutte le fasi delle combinazioni produttive, come altrettanto contemporaneamente intreccia le coordinazione lucrative. L’impresa quindi, generalmente, sta negoziando nel medesimo momento prezzi-costo e prezzi-ricavo, e negozia in ogni istante successivo nuovi prezzi-costo e nuovi prezzi-ricavo. L’impresa sistema di investimenti-finanziamenti Per realizzare le proprie attività l’impresa effettua investimenti negli elementi del capitale di funzionamento necessari nel proprio settore. Tali investimenti vengono rappresentati nel prospetto del bilancio denominato stato patrimoniale nella sezione intestata alle attività, cioè agli investimenti intesi quali impieghi di capitale. L’impresa ha dato vita agli stessi tramite capitali, originariamente in forma liquida per l’impresa stessa, e collocati fra le passività. Tipicamente, tali capitali originariamente in forma liquida possono avere origine da: ➔ Il capitale proprio dell’impresa quale società (detto anche capitale sociale) Oppure ➔ I debiti, detti anche capitale di finanziamento (cioè ottenuto tramite il finanziamento) o anche capitale di credito Sia il primo sia i secondi si iscrivono nello stato patrimoniale quali passività, cioè fonti di capitale. Questo perché il capitale proprio e il capitale di finanziamento si uniscono. Mezzi propri e mezzi raccolti a titolo oneroso si fondono poi in investimenti in attesa di realizzo (cioè di monetizzazione) e in liquidità. Mezzi propri e mezzi raccolti a titolo oneroso si fondono negli investimenti, chi appartengono a due categorie: ➢ A fecondità semplice (materie prime) ➢ A fecondità ripetuta (impianti) Tutti gli investimenti sono dunque in attesa di realizzo: ✗ Quelli aventi fecondità semplice, che si ricostituiscono ogni volta con la vendita del bene ottenuto ✗ Quelli a fecondità ripetuta, che si ricostituiscono una volta venduti tutti i beni che essi hanno concorso a produrre. Essa può attuare la continua circolarità finanziamenti-investimenti: ✔ Finanziamenti = investimenti ✔ Investimenti = finanziamenti (per rimborso di debiti o di capitale sociale) ✔ Investimenti= investimenti (per sostituzione di investimenti a fecondità semplice con altri a fecondità ripetuta, o viceversa) ✔ Finanziamenti= finanziamenti (per sostituzione di capitale sociale a indebitamento) maggiori margini, perché si produce per soddisfare ben definite specifiche, ma comporta costi di ri- attrezzaggio, nonchè tempi-morti. Questo si conduce alla politica delle scorte. Le scorte di materie prime i materiali ausiliari esprimono e incorporano un costo, che è più lentamente viene recuperato quanto più a lungo S giacciono nei magazzini. Le aziende possono avere al riguardo due tendenze: ➢ Tenere scorte anche ampie di magazzino, nonostante i costi di giacenza per avere la certezza di averle comunque già disponibili in qualsivoglia modo ➢ Tenere scorte ridotte in magazzino proprio per ridurre i capitali investiti in S e più in generale i costi di giacenza, contando sul fatto che, all’occorrenza, le si possa ordinare e ottenere rapidamente (just in time) Politiche generali di prezzo, rialzista o ribassista Normalmente il processo di trasformazione dei fattori, di accumulo dei costi, di ottenimento dei ricavi, è: ✗ Gestione esterna (acquisti): costi di acquisto ✗ Gestione interna (trasformazione): costi di trasformazione ✗ Gestione esterna (vendita): ricavi di vendita È chiaro come l’impresa, che accumula così nell’attesa di ottenere ricavi di vendita, attui politiche rialziste, cerchi cioè di vendere ai prezzi-ricavo massimi possibili, al fine di ottenere gli utili massimi possibili. Vi sono tuttavia imprese che operano secondo un ciclo inverso, cioè negoziano prima i prezzi- ricavo e successivamente i prezzi-costo: ✔ Gestione esterna (vendita): ricavi di vendita ✔ Gestione esterna (acquisti): costi di acquisto ✔ Gestione interna (trasformazione): costi di trasformazione Attuano politiche ribassiste, cercano cioè di acquistare e produrre ai prezzi-costo minimi possibili, al fine che i ricavi già stabiliti risultino comunque compensativi dei costi, e si ottengono gli utili massimi possibili. Integrazione verticale (a monte o a valle) Sei un’impresa, in particolare una grande impresa, opera in un certo stadio trasformativo di settore può immaginare di verticalizzarsi, cioè integrarsi a monte o a valle, cioè passare a svolgere la propria attività anche in ulteriori stadi trasformative di settore, antecedenti o susseguenti. L’impresa si integra a monte (divento fornitore di me stesso) sperando di risparmiare nell’acquisto dei fattori produttivi. Si integra a valle nella speranza di avvicinarsi ai mercati finali, così ottenendo ulteriori margini di utili venendo direttamente ai consumatori finali. In tempi di mercati stabili, regolari, in crescita, grandi sono di norma le fortune dei grandi gruppi verticalizzati. L’inverso accade purtroppo in tempi di crisi, perché il gruppo verticale è un’unità, un tutt’uno altamente rigido. Politiche distributive Per l’impresa è importante produrre, ma ancor più vendere. L’impresa può vendere: ● Tramite concessionari o grossisti ora presentanti anche con deposito, è questa la distribuzione indiretta ● Tramite una propria rete di vendita, con i propri agenti di vendita, capi-zona, direttori- vendite, è questa la distribuzione diretta La prima forma evita tutto il costoso apparato di vendita, ma costringe a riconoscere ai concessionari o alle agenzie quote di margini. Costringe inoltre l’impresa alla conoscenza indiretta del mercato. La seconda forma comporta più elevati costi immediati. Essa consente peraltro all’impresa alla conoscenza diretta e immediata di cosa, quanto e dove essa sia riuscita a vendere e possa sperare di vendere. L’IMPRESA BANCARIA La banca nasce fin dall’antichità con funzioni di custodia del patrimonio regio. Poi gradualmente per custodire altri patrimoni, e infine disponibilità temporaneamente liquide di persone o enti che avessero desiderato quel tipo di protezione. Nacquero così via via i ruoli professionali dei depositari e dei cambisti. Le funzioni svolte dalle banche dell’antichità erano:  custodia di valori  cambio di valute  intermediazione dei pagamenti  concessione di credito ( a breve ) Nella banca la funzione di concessione del credito divenne sempre più rilevante di mano in mano che si svilupparono le rivoluzioni industriali, e con queste il numero, la diffusione e le operazioni delle banche. Tale concessione di credito si attuava soprattutto agevolando l’equilibrio monetario dell’impresa, e successivamente nella continuata assistenza alla stessa nella sua dinamica finanziario-monetaria. E così via, con una varietà di forme tecniche le quali concedevano credito all’impresa in forma di anticipazioni di liquidità, crediti che l’impresa fosse però in grado di rimborsare in tempi brevi. L’essenza economica teorica, pratica, giuridica del credito a breve: ➔ L’impresa ottiene credito, lui impiega nel ciclo trasformativo, appena questo si conclude essa incassa, con gli importi incassati rimborsa la banca. Oppure ➔ L’impresa ha già acquistato e trasformato, vende a credito, cede il credito commerciale alla banca, ottiene subito liquidità (come se vendesse a contanti), alla scadenza la banca incassa il credito, e così ri-ottiene la liquidità anticipata all’impresa. Il credito bancario dunque, a seconda dei casi: Apporta liquidità all’impresa, la quale lo utilizza per riavviare e continuare i cicli senza attendere i pagamenti a scadenza. Oppure si inserisce nel ciclo produttivo dell’impresa, e alla fine dello stesso torna a trasformarsi in liquidità. Di norma poi invece di rimborsare, l’impresa chiedeva che il credito venisse rinnovato, con riferimento ad altre merci o altri cambiali, riferito cioè a cicli produttivi ulteriori e sempre nuovi. Il credito stesso veniva cioè continuamente ripetuto, anche per tutti i cicli e i clienti successivi, in modo da trasformarsi in credito continuato. Si può dire che essa agevola lo svolgersi delle combinazioni produttive facilitando con mezzi a breve le combinazioni monetarie (pagamenti incassi). Si trattava cioè di sorreggere le esigenze immediate e tipiche delle imprese. Per questo motivo, le banche che avessero svolto prevalentemente tale funzione vennero denominate banche di credito ordinario. Questo tipo di banca raccoglie mezzi avvista (i depositi raccolti sono i debiti della banca, che li raccoglie a vista nel senso di dover essere sempre pronta a rimborsarli a semplice richiesta dei suoi clienti) e li impiega in operazioni a breve, cioè che si concludono sempre in tempi brevi l’una dopo l’altra. Si affermarono particolarmente in Francia e in Inghilterra anche altri tipi di banche. Esse vennero variamente denominati banche di investimento o banche d’affari. Si trattava di altri tipi di banche, interessate a raccogliere capitali all’ingrosso per investirli altrettanto all’ingrosso: ➢ Concedendo prestiti a medio-lungo termine alle imprese, le quali li utilizzassero anche per finanziare investimenti fissi e li rimborsassero gradualmente nel tempo. ➢ Investendo quali socie delle imprese stesse, assumendo cioè quote di capitale delle quali si aspettavano, se le imprese si fossero poi sviluppate ed ampliate, la valorizzazione. Caso particolare venne poi rappresentato dalla Germania, si forma infatti in quella nazione è un tipo peculiare di banca: la banca mista. Il modello della banca mista univa le funzioni della banca di credito ordinario a quelli della banca di investimento. La banca mista, cioè, non solo finanziava le imprese con il credito ordinario: essa le finanziava anche a medio-lungo termine, anzi ne diventava azionista e socia, e in alcuni casi perfino le promuoveva e fondava insieme ad altri, contribuiva a governarle anche fondendole e sviluppandole, infine li assisteva in tutti loro fabbisogni e funzioni finanziarie. La banca mista univa così i due ruoli del creditore e dell’azionista. La storia della banca mista è risultata altamente problematica. Quando si incappava in periodi anche prolungati di crisi il connubio di creditore e azionista creava i disastri più gravi. La banca raccoglie depositi in forma monetaria da famiglie, imprese e aziende territoriali. Tramite i depositi raccolti, la banca concede crediti a imprese, aziende territoriali e famiglie. La definizione- tipo della banca: ✗ Banca di deposito (per la raccolta dei depositi) ✗ Azienda di credito (per il credito che essa concede ai richiedenti) ✗ Intermediario finanziario (per la funzione di intermediario fra i depositanti di liquidità e i prenditori della stessa, inoltre consente la circolazione della propria moneta) La banca dunque raccoglie il risparmio di tutti i tipi di aziende specialmente nella forma di depositi, e li remunera sostenendo prezzi-costo (interessi passivi per la banca). Essa poi impiega i fondi depositati dalle aziende in esubero di liquidità per effettuare i prestiti alle aziende richiedenti, da tali impieghi ottiene prezzi-ricavo (interessi attivi e commissioni). Essa è nel contempo banca di deposito, azienda di credito, intermediario finanziario fra aziende che desiderano depositare liquidità, e altre che la richiedono per meglio svolgere le proprie combinazioni produttive. C’è un’altra caratteristica-tipo della banca. Se i depositi sono raccolti in conto corrente è possibile per il depositante trarre assegni della banca stessa, utilizzabili quali mezzi di pagamento. Così facendo, la banca fa circolare quale mezzo di pagamento la propria moneta, rappresentata appunto dagli assegni ( chèques ) o della moneta elettronica. La banca concede crediti, ma finché i propri assegni sono in circolazione non ha avuto alcuna uscita. Può accadere che il prenditore che presenta l’assegno per l’incasso o che riceve bonifici, sia egli pure cliente della banca stessa: eviterà cioè di incassarlo, e lo verserà sul proprio conto corrente, o questo verrà direttamente accreditato dell’importo di chi abbia effettuato il bonifico. In questo caso la banca non subisce alcun esborso, e la banca è artefice della funzione creditizia. In questo processo, il primo cliente verrà addebitato, il secondo verrà accreditato, ma senza che vi sia stato alcun movimento di fondi, che pertanto rimangono sempre a disposizione della banca. Essa deve cercare di avere fra i propri clienti aziende che siano in affari tra loro, in modo che la parte del movimento finanziario fra di esse che passa per il suo tramite, si svolga tutto senza movimentazione effettiva di fondi, ma soltanto per via di regolamenti scritturali. L’IMPRESA ASSICURATRICE L’esistenza, e in particolare l’attività economica delle famiglie, delle imprese e della pubblica amministrazione si svolge nel tempo e nello spazio, cioè nell’economia dinamica. L’economia dinamica presenta una quantità di variazioni negative accidentali e fortuite, oppure dovute leciti comportamenti altrui, le quali possono influenzare negativamente i valori di reddito e di capitali danneggiandoli: questi sono definiti sinistri. tutti gli operatori economici quindi, avendo valori di ✔ La ripartizione dei rischi Per quanto riguarda l’assicurato singolo, l’impresa dovrebbe poter avere il tempo di accumulare una serie sufficientemente ampia di premi annuali prima di doverli corrispondere l’eventuale risarcimento, altrimenti quella serie potrebbe essere inferiore rispetto alle somme da lui versate. Occorre che l’impresa assicuratrice raccolga rischi, valutandoli e selezionandoli, in modo che essi si compensino il più possibile fra loro in quanto appartenenti a classi di rischio inversamente correlate ma soprattutto siano il numero più ampio possibile, così potendo applicare i principi della legge dei grandi numeri. Le imprese di assicurazione infine possono a propria volta essere più o meno propensi a rischio. A seconda di tale propensione: ● Alcune saranno disposte a tenere presso di sé tutti i rischi che hanno assicurato ● Altre viceversa assicureranno se stesse, trasferendo in vario modo e misura una parte dei rischi che hanno assicurato Le imprese che tengono tutti i rischi in casa si dice abbiano un largo pieno di conservazione, cioè di conservazione dei rischi accettati (e, con quelli, sia dei premi incassati sia dei risarcimenti potenziali a loro carico). Altre viceversa hanno un minor pieno di conservazione, la cui proporzione è una scelta strategica. Queste risultano meno propensi a tenere tutto in casa: evitano parte dei rimborsi, ma debbono retrocedere la parte corrispondente dei premi incassati. Esse possono dunque assicurare se stesse, cioè si ri-assicurano, secondo uno dei due principi seguenti:  Proporzionale, cioè in percentuale fissa dei premi incassati e dei rischi coperti Oppure  Per eccedente, cioè solo per i rischi eccedenti un dato importo Le compagnie di assicurazione che assicurano compagnie di assicurazione sono ovviamente denominate imprese di riassicurazione. L’ORGANIZZAZIONE ESTERNA DELLE IMPRESE Le imprese devono organizzarsi nei confronti dell’ambiente esterno: ● Dal punto di vista giuridico, per prendere esistenza in uno specifico ordinamento ● Dal punto di vista dei rapporti con le loro controparti esterne, cioè aziende territoriali, fornitori, finanziatori, clienti, imprese dello stesso settore o concorrenti, e sindacati Per organizzazione esterna dell’impresa si intende:  La struttura delle connessioni con il sistema spaziale di appartenenza, con il settore merceologico proprio, con i mercati in cui si svolge l’operatività  La forma giuridica con cui l’impresa prende esistenza, la struttura delle connessioni con altre imprese giuridicamente collegate Per organizzazione esterna si intende cioè l’architettura e il funzionamento dell’azienda relativamente alle sue controparti istituzionali di settore e di mercato. Si può dire che le imprese svolgono la propria attività: ➔ In specifici contesti spaziali ➔ In contesti settoriali che raccolgono tutte le imprese che utilizzano materie prime e tecnologie simili ➔ In contesti concorrenziali che raccolgono tutte le imprese che realizzano prodotti simili, tese a soddisfare i bisogni identici o simili L’ambiente è l’insieme di condizioni e di fenomeni esterni all’azienda che ne influenzano fortemente la struttura e la dinamica. Svolgere la propria attività in uno o altro contesto spaziale significa entrare in contatto e relazione con una o altra comunità, cultura locale, azienda pubblica territoriale e infrastrutture. Le imprese si associano su base territoriale. Da Stato a Stato variano la cultura, il contesto finanziario e sindacale, l’ordinamento, e varia spesso il sistema tributario, in particolare la struttura delle imposte. Le imprese svolgono la propria attività in contesti settoriali, risultano cioè prossime a tutte le altre imprese che attuano processi produttivi simili e ottengono famiglie di beni simili. Per questo i contesti settoriali vengono anche denominati settori merceologici. È proprio nei settori che le imprese stipulano alleanze e consorzi. Il settore può influenzare il comportamento delle imprese e quindi il contesto competitivo (come il grado di concentrazione e le barriere all’entrata). Le imprese svolgono infine la propria attività in contesti concorrenziali, cioè entrando in concorrenza con altre imprese del medesimo settore o comparto o nicchia, o comunque con imprese che soddisfano i medesimi bisogni della clientela. Si può infatti essere in competizione con altre imprese dello stesso comparto, oppure in concorrenza in una specifica nicchia, a seconda anche dell’ampiezza della propria gamma produttiva. Diviene molto rilevante la somiglianza dei prodotti o la possibilità di innovarli-differenziarli. Nel caso di prodotti molto simili non resta che concorrere sul prezzo. Quanto più invece l’impresa riesce a differenziare- migliorare-innovare i propri prodotti, essa si isola dalla concorrenza, presentando prodotti migliori o percepiti come specifici. Quanto più i prodotti sono simili ci si avvicina alla concorrenza perfetta, dove la singola impresa è ben poco in grado di attrarre la domanda a sè stessa. Di mano in mano viceversa che i prodotti si diversificano, si va verso la concorrenza differenziata o limitata, in cui ogni impresa agisce con un proprio potere di mercato autonomo. Vivere in culture nazionali più risparmiatrici o consumistiche, più orientate al lavoro o più oziose, significa avere maggiori o minori gradi di libertà. Appartenere ad uno o ad altro settore merceologico può comportare di essere soggetti a discipline giuridiche speciali. Appartenere ad uno o ad altro settore significa soddisfare domanda intermedia o viceversa finale, e domanda finale di consumi incomprimibili o viceversa voluttuari. Appartenere a settori ciclici o viceversa anticiclici, acquistare materie prime in borsa-merci o viceversa da altre imprese, essere connotati da specifici tassi di capitalizzazione, e tempi medi di produzione. L’impresa infine si costituisce e prende esistenza in una o in un’altra forma giuridica, forma giuridica significa il tipo giuridico adottato per l’esercizio dell’attività economica (ad esempio la società per azioni S.p.A., o la Srl società responsabilità limitata). L’impresa inoltre può connettersi stabilmente ad altre imprese aderendo a consorzi o cartelli oppure costituendo gruppi aziendali. La Spa (società per azioni) nacque con la Compagnia delle indie (prima metà del secolo XVII)grazie alle navigazioni oltre oceano. La sua struttura operativa economico-giuridica: ● Responsabilità economica dell’imprenditore ● Spa titolare di diritti e di obblighi ● questa rispondeva solo nei limiti del proprio patrimonio, cioè dei capitali che i soci avevano conferito Era stata così inventata la nuova figura giuridica: il concetto di persona giuridica. Si trattava di un qualcosa: ➢ Di inanimato, che però era persona ➢ Che non prendeva decisioni, e che però rispondeva delle obbligazioni conseguenti ad esse ➢ Che però rispondeva delle obbligazioni non più illimitatamente, ma limitatamente al proprio patrimonio. Nacque la distinzione tra gli azionisti coesi del gruppo di controllo e gli azionisti di minoranza, in sostanza tra gli azionisti-fondatori, i quali avessero acquisito partecipazioni azionarie percentualmente rilevanti, e gli azionisti-risparmiatori minuti, possessori anche di poche centinaia di azioni. I primi costituiscono una minoranza coesa, i secondi sono la maggioranza disgregata. Il gruppo di controllo, la minoranza cui essa, è organizzata, e presentata da uno o da pochi azionisti, tesa a detenere e mantenere il controllo della società. La maggioranza disgregata, è composta da azionisti molteplici, e talora numerosi, ignoti gli UNI agli altri, detentori singolarmente di poche centinaia o migliaia di azioni, in possesso delle sole informazioni economiche pubbliche, impossibilitati a intervenire alle assemblee. I CONSORZI I consorzi sono unioni o alleanze tra imprese al fine di ottenerne leciti vantaggi comuni. Imprese di vario genere possono cioè avere interesse a stipulare accordi fra loro al fine di ottenere collettivamente: ✗ Prezzi-costo minori ✗ Prezzi-ricavo maggiori ✗ Vantaggi gestionali Si distinguono: ✔ Consorzi d’acquisto ✔ Consorzi di vendita ✔ Consorzi di distribuzione ✔ Consorzi di esportazione I consorzi d’acquisto raggruppano le singole domande di acquisto, per beni omogenei o prodotti del medesimo fornitore, di tutte le imprese consorziate, in modo tale che, assicurando grandi volumi di acquisto e possibilmente stabili, si possano ottenere dal venditore prezzi inferiori, dunque minori prezzi-costo per le imprese acquirenti. Tale iniziativa può valere per tutti i beni acquistati, materiali e immateriali. I consorzi di vendita sono tesi a favorire le attività svolte in comune a favore delle imprese di un medesimo settore, anche con obiettivi solamente prospettici. Tra quelle attività si possono comprendere la pubblicità settoriale, la valorizzazione del territorio, l’individuazione di punti accentrati di promozione, di valorizzazione dell’originalità o genuinità o peggio dei beni economici proposti. I consorzi di distribuzione sono rivolti a realizzare attività di trasporto, logistiche (punti di distribuzione, magazzini) e distributive (trasferimento al mercato o acquirente finale) secondo processi comuni fra le imprese consorziate. I consorzi di esportazione sono relativi allo svolgimento in comune di attività tese a favorire l’azione collettiva e comune sui mercati esteri, dando vita ad agenzie di rappresentanza, azioni mirate di tipo pubblicitario o eventuali accordi di licenza. I CARTELLI I cartelli sono alleanze fra imprese, alleanze tese a disciplinare il mercato e a organizzare la concorrenza in modo accordato fra le imprese stesse. Deve trattarsi di imprese: ● Concorrenti mercati identici ● Con beni sufficientemente simili ● Desiderose di evitare eccessi confronti concorrenziali fra loro I cartelli possono disciplinare:  I prezzi di vendita (cartello di prezzo) esplica infatti per il tramite di aziende pubbliche territoriali (detti anche enti autarchici territoriali) le quali, a partire dallo Stato, declinano l’azione pubblica nelle funzioni via via più specifiche e più localizzate dal punto di vista territoriale della regione, della provincia, del Comune. La ripartizione amministrativa dipende inoltre dalla storia amministrativa e giuridica della singola nazione. La funzione della pubblica amministrazione può quindi venire espressa tramite: ➔ Efficacia, cioè tensione verso obiettivi opportuni, morali, educativi, costruttivi, qualificanti per la società, obiettivi quindi che realizzino e migliorino sempre più l’ottimo sociale ➔ Efficienza, cioè raggiungimento dell’efficacia con l’uso più efficiente delle risorse, e l’ottenimento degli obiettivi non solo senza sprechi, ma secondo il principio del minimo prezzo necessario per raggiungerli Ai fini della funzionalità della pubblica amministrazione contano la capacità e l’onestà degli amministratori pubblici, l’individuazione di obiettivi comuni producenti e fruttuosi, e l’uso intelligente delle risorse collettive. Contano dunque: ➢ L’orientamento all’ottimo sociale delle funzioni statuali classiche (giustizia, politica estera, difesa, sicurezza interna, attività legiferante, politiche economica e monetaria) ➢ La progettazione-attuazione di infrastrutture efficaci ➢ L’attivazione di servizi pubblici funzionali (difesa esterno, magistratura, sicurezza, scolarità) ➢ L’attuazione di processi organizzativi efficienti Le aziende pubbliche territoriali, per meglio realizzare i propri fini, possono poi detenere la proprietà di imprese pubbliche, cioè imprese che esercitano in forma societaria particolare i rami d’affari. L’azienda pubblica è l’amministrazione pubblica di tipo territoriale, cioè l’ente autarchico locale. L’impresa pubblica è l’impresa di proprietà del Comune, dello Stato o di altre aziende territoriali, la quale produce beni economici solitamente di uso collettivo. MODELLI DI STATO CAMERALISTA Lo Stato cameralista (paternalista, autoritario) è lo Stato amministrato e gestito, di norma dalla corona, in forma familista, dove amministrazione pubblica, servizi e conti pubblici sono estensione dei conti del monarca. Lo Stato si dà carico diretto dei bisogni collettivi, e provvede a soddisfarli. Il bilancio dello Stato fa registrare una pluralità di entrate categoriche, fra cui le rendite terriere e gli utili delle imprese. Il pregio degli Stati cameralisti e che attuano approcci organici tendenzialmente protettivi dei cittadini dalla culla alla tomba. Vi è inoltre il rischio, con l’espandersi delle funzioni dello Stato, della burocratizzazione, del centralismo, dell’accentuata pressione tributaria. MERCANTILISTA Lo Stato mercantilista viceversa decide di essere stato minimo, dandosi carico dei servizi pubblici minimi (anche imposte minime) e rinviando al mercato il soddisfacimento dei bisogni collettivi. È il modello delle economie di mercato che ritrovano origine nel capitalismo anglosassone. Si tratta di una diversa concezione di libertà politica e economica: in questa impostazione lo Stato deve lasciare il più possibile libere le forze spontanee dell’economia, le quali concorreranno al miglioramento delle produzioni, al ribasso dei prezzi, al progresso sociale. Lo Stato mercantilista nel senso di Smith era una a-parte dell’economia (Stato come soggetto separato dall’economia), alla quale si connetteva soprattutto con i processi di prelevamento e di spesa. Gli Stati mercantilistica tendevano a fondare l’equilibrio della propria economia su poche uscite e quindi su ridotte necessità di entrate. Si riteneva che lo Stato dovesse provvedere: ✗ Alla difesa ✗ All’ordine pubblico ✗ Alla giustizia ✗ Il tutto con la minima spesa. La proposta dei laburisti britannici, al governo dal 1948, del Welfare State, da intendersi non come Stato del benessere ma quale Stato assistenziale, doveva provvedere ai bisogni materiali dei cittadini e appunto li assistesse dalla culla alla tomba. Nel tempo crebbero le funzioni degli Stati, le dimensioni dei loro bilanci, i volumi di spese (uscite) e pertanto di proventi (entrate). Altri modelli di stato: ✔ Stato produttore, il quale si assumesse il compito di produrre, vendere (sotto-costo) beni economici privati quali educazione, salute, trasporti, acqua ✔ Stato consumatore come acquirente di beni ✔ Stato imprenditore, il quale abbia se imprese e le gestisce direttamente per interesse nazionale, o per sostituirsi ai privati, o per tutelare l’occupazione ✔ Stato sempre più soggetto di politica economica, inteso quale operatore pubblico che raccogliesse risorse con l’intento di dar vita a progetti politici di riequilibrio fra regioni o settori o classi sociali lo stato si occupa di: ● Soddisfacimento bisogni pubblici della collettività, mediante la produzione e il consumo di beni pubblici -Produzione di beni pubblici con il concorso dell’attività di prestatori di lavoro e di mezzi monetari ottenuti mediante tributi, prezzi, capitale -Consumo dei beni pubblici prodotti a cura dei cittadini membri della comunità politica cui l’azienda composta pubblica corrisponde ● Remunerazione dei prestatori di lavoro l’intervento dello stato è richiesto perché:  Esistenza di beni puri.  Esternalità.  Mercati incompleti.  Redistribuzione del reddito.  Beni meritori.  Tutela dei cittadini. Già nel 2007 OCSE, Banca Mondiale, Commissione Europea, Nazioni Unite e altre istituzioni firmano la Dichiarazione di Instanbul, che consisteva in uno sforzo per andare al di là del PIL e misurare il progresso della società complessivamente e non soltanto dal punto di vista economico Agenda 2030 (2015): target 17.18 fa riferimento alla necessità di misurare lo sviluppo usando indicatori complementari al Pil Istat. a partire dal 2010 l’Istat lavora sugli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) inclusi per la prima volta nella Legge di bilancio del 2016 quali strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale. Gli indicatori bes (benessere equo e sostenibile) sono un approccio multidimensionale che integra l’indicatore dell’attività economica, il Pil, con misure delle fondamentali dimensioni sociali ed ambientali del benessere e con misure di diseguaglianza e sostenibilità economica, sociale e ambientale. 12 dimensioni del benessere: ➔ Salute ➔ Istruzione e formazione ➔ Lavoro e conciliazione dei tempi di vita ➔ Benessere economico ➔ Relazioni sociali ➔ Politica e istituzioni ➔ Sicurezza ➔ Benessere soggettivo ➔ Paesaggio e patrimonio culturale ➔ Ambiente ➔ Ricerca e innovazione ➔ Qualità dei servizi LE IMPOSTE Per fornire servizi lo Stato necessità di entrate. Esso si occupa di: ➢ Erogazione di servizi in assenza di prezzi-ricavo specifici (difesa nazionale, ordine pubblico, ecc.). ➢ Erogazione di servizi sulla base di prezzi-ricavo insufficienti all’integrale copertura dei costi (sanità, istruzione, ecc.) ➢ Copertura di spese necessarie per assicurare benefici indivisibili a favore di tutta la collettività (carattere coattivo). Le imposte rappresentano un elemento di contatto tra aziende pubbliche, aziende di produzione e aziende familiari. Le imposte si distinguono in: ✗ Imposte sui consumi ✗ Imposte sui redditi ✗ Imposte sui patrimoni LE IMPOSTE SUI CONSUMI Le imposte sui consumi sono imposte indirette, poiché non colpiscono direttamente i redditi o i patrimoni dell’individuo bensì i consumi, che si possono effettuare o no. Sin dall’antichità, è stata questa una tra le imposte più facile da esigere, soprattutto dove essa colpisce beni di consumo primari o necessari. Nell’ultimo quarto del secolo XX l’IGE-imposta generale sull’entrata venne convertita in IVA-imposta sul valore aggiunto, la quale colpisce soltanto l’incremento netto di valore realizzato in ciascuno stadio della filiera produttiva. Per quanto riguarda i beni di lusso occorre riandare alle leggi suntuarie che li colpivano particolarmente. Se sei in grado di permetterti beni di lusso,e ci spendi per apparire contribuisce a lui in modo speciale pagando imposte speciali. L’obiettivo di tali leggi era frenare l’ostentazione, o forse diminuire l’invidia sociale. I beni educativi (meriti goods), sono quelli il cui consumo è socialmente benefico in quanto tendono al miglioramento umano, sociale, morale degli individui e delle collettività: si tratta di spese per educazione e cultura, per attività sportive, di investimenti in belle arti. Si sostiene che tali spese andrebbero de-tassate proprio per la loro costruttività sociale (cioè rese esenti da imposte). Vanno ricordate le accise, imposte indirette applicate sulla quantità, alla fabbricazione o alla vendita di categorie speciali di beni (prodotti petroliferi, zuccheri, alcolici). Sono da citare le tasse, le quali Il bilancio di competenza (giuridica) è relativo alle entrate accertate e alle uscite impegnate relativamente a un periodo (anno finanziario), prescindendo dal fatto se le prime siano divenute entrate (e le seconde uscite) effettive. Si potrebbe dire che esso sia relativo ai proventi pubblici (insorgenza del diritto a riscuotere) e alle correlate spese pubbliche (insorgenza dell’obbligo a pagare), a prescindere dal fatto che si manifestino per cassa. Il bilancio di cassa, viceversa, è relativo alle entrate e all’uscita effettive, ordinarie o per movimento di capitali, manifestatesi in un esercizio. Negli stati moderni, documento cardine dal punto di vista sia giuridico sia economico tecnico è il bilancio di previsione, che il governo sottopone al parlamento per l’approvazione e che questo rinvia al governo per l’attuazione. Il ruolo fondamentale del bilancio di previsione approvato consiste: ● Nell’accettazione politico tecnica, e della definizione, di un sistema di proventi correlato a un sistema di spese ● Nell’autorizzazione concessa dal parlamento al governo a percepire entrate, a effettuare uscite Dal punto di vista economico aziendale le prime si attuano nelle fasi di:  Accertamento  Riscossione  Pagamento Le seconde si svolgono nelle fasi di: ➔ Impegno ➔ Liquidazione ➔ Ordinazione ➔ Pagamento Le uscite possono venire ripartite nei due grandi sottoinsiemi delle uscite correnti e delle uscite in conto capitale, cioè per investimenti o per estinzione di debiti finanziari. Le entrate possono risultare entrate di parte corrente, distinguendosi in tributarie ed extra-tributarie, ed entrate in conto capitale, cioè per disinvestimenti o per assunzione di debiti finanziari. Nel quadro dei bilanci di cassa risulta: Entrate> uscite= avanzo Entrate< uscite= disavanzo Entrate= uscite= pareggio L’avanzo va attentamente valutato: se esso eventualmente significhi eccesso di imposta, o all’opposto carenza di servizi pubblici. Il disavanzo deve venire valutato per valutare se esso esprime eccesso di investimenti e di spesa corrente o se non sia il frutto dell’irresponsabilità della classe politica. A fronte di spesa inferiore ai proventi, sorge infatti un disavanzo da finanziare. Di mani in mano che l’esercizio futuro si avvicina, le spese divengono uscite, i proventi divengono entrate: il disavanzo da finanziare diviene una effettiva insufficienza di cassa (le uscite sono superiori alle entrate), cioè un fabbisogno di cassa. Per rispondere a tale fabbisogno lo Stato può: ➢ Cedere beni demaniali ➢ Inasprire le imposte ➢ Aumentare la circolazione monetaria ➢ Emettere titoli del debito pubblico ➢ Lo Stato potrebbe anche decidere di ridurre le spese Aumentare la circolazione è il mezzo più semplice, e immediato: si stampano direttamente o indirettamente biglietti per gli importi corrispondenti al fabbisogno di cassa, si produce cartamoneta con potere liberatorio aumentando la circolazione. Se la quantità di moneta aumenta più dell’incremento dell’insieme dei beni l’esito è l’inflazione dei prezzi, cioè l’aumento generalizzato degli stessi. In tale modo lo Stato risolverà facilmente il problema del proprio fabbisogno di cassa, ma i detentori di questi richiederanno maggiore unità di moneta per cederli, cioè aumenteranno i prezzi. Tale dinamica si può anche esprimere con l’identità: MV = pQ (equazione di Fisher ) Dove è: M = quantità di moneta V = velocità di circolazione della moneta p = livello generale dei prezzi Q = quantità dei beni Altra via, apparentemente meno drammatica per lo Stato e per i cittadini, e indebitarsi, cioè prendere a prestito le somme necessarie a colmare il fabbisogno di cassa. L’indebitamento Regina problemi per il bilancio dello Stato: ✗ Il carico degli interessi passivi ✗ Il problema del rimborso ✗ La fiducia che lo Stato deve continuare a riscuotere nei risparmiatori e nei mercati al fine di continuare a trovare sottoscrittori che investano i propri risparmi nei titoli del debito pubblico. ✗ L’effetto spiazzamento degli operatori privati (crowding out), perché il risparmio si investe i magari continua a investirsi nel debito pubblico, finanzia dunque la spesa in deficit dello Stato, ma conciò rinuncia a finanziare l’investimento privato, e le nuove produzioni di ricchezza ✗ La proporzione fra i debiti pubblici e il volume di risparmio mutuabile L’equilibrio entrate-uscite può venire espresso dall’identità: Etrib + Edis + Ecre = Ucorr + Uinv + Ucre Dove Etrib = entrate tributarie Edis = entrate per disinvestimenti Ecre = entrate per incasso di crediti Ucorr = uscite correnti Uinv = uscite per investimenti Ucre = uscite per concessione di crediti A seconda poi che risultino prevalenti le entrate e le uscite si avrà: E TOT > U TOT = AVANZO E TOT = U TOT = PAREGGIO E TOT < U TOT = DISAVANZO Il disavanzo esprime il deficit, cioè il quantum di risorse mancanti all’azienda territoriale la quale si ripromette di spendere importi maggiori delle disponibilità. Si tratta in questo caso di scegliere nell’ambito dell’alternativa: diminuire le spese o incrementare i proventi. Etrib + Edis + Ecre + Edeb + Ecirc = Ucorr + Uinv + Ucre + Urimb + Uint Ove: Edeb = entrate derivanti da accensione di debiti Ecirc = entrate derivanti da circolazione monetaria aggiuntiva Urimb = uscite per rimborso di debiti Uint = uscite per il pagamento di interessi sui debiti contratti Il processo di bilancio si articola in fase identiche a qualsivoglia altro bilancio di azienda ben gestita. La preparazione si inizia nell’anno precedente (t) a quello di previsione (t+1). Le fasi principali di essa sono: ✔ Preparazione ✔ Gestione nell’esercizio ✔ Rendicontazione PREPARAZIONE In questa fase si muove dalla situazione esistente, in particolare dalla situazione del bilancio pubblico al 30 settembre, quando sono già trascorsi i tre quarti dell’anno (t), per formulare previsioni iniziali e obiettivi al fine di decidere quali scelte di amministrazione pubblica porre in atto, dunque per prefigurare quale si prevede debba essere il bilancio di previsione da portare in approvazione al parlamento entro il 20 ottobre anno t-1. Tale bilancio di previsione è contemporaneamente di competenza e di cassa. Fanno parte della fase di preparazione: ● Decisione di Finanza Pubblica (DFP), (sino al 2010, Documento di programmazione economico e finanziaria): ● Strumento di programmazione, almeno triennale, la cui preparazione si avvia già dall’estate. ● Presentazione alle Camere dello schema di DFP entro il 15 settembre. ● Evoluzione economico-finanziaria internazionale. ● Previsioni macroeconomiche tendenziali per l’Italia. ● Selezione dei parametri economici utilizzati per le previsioni di finanza pubblica. Se un parlamento non approvasse il bilancio di previsione per tempo (entro il 31 dicembre), il governo si vedrebbe costretto all’esercizio provvisorio: non essendo stato autorizzato a incassare e spendere, e tuttavia dovendolo fare per non fermare l’amministrazione dello Stato, esso viene legittimato a effettuare spese e a percepire entrate solamente nei limiti di un 12º degli importi dell’anno precedente. GESTIONE DELL’ESERCIZIO Si sostanziano:  Apertura (inizio) dell’esercizio (1 gennaio)  Operazioni di assestamento (30 giugno)  Variazioni di bilancio (31 ottobre)  Chiusura sistematica dei bilanci con disavanzo  Copertura del disavanzo principalmente tramite l’emissione di titoli di Stato e stampando carta moneta. La The General Theory of Capital, Interest and Money (1936) di Keynes, J. (1883-1946) afferma che: ➔ Il PIL è dato dalla somma di consumi e investimenti. ➔ Il risparmio dipende dal livello del PIL. ➔ Se gli investimenti sono maggiori del risparmio si genera inflazione. ➔ Se il risparmio è maggiore degli investimenti si genera recessione. ➔ La produzione è funzione della domanda di mercato (critica alla «legge degli sbocchi» di Say, 1767-1832) ➔ L’intervento pubblico da parte dello Stato è indispensabile per assicurare il «pieno impiego», in specie in periodi di recessione o depressione. ➔ L’intervento dello Stato è auspicabile anche tramite politiche di spesa pubblica che generino disavanzo da coprire tramite indebitamento pubblico. ➔ La spesa in deficit stimola l’economia e favorisce l’occupazione. ➔ Le politiche di spesa pubblica di cui sopra consentono la ripresa e il pieno impiego, con conseguente possibilità di rimborsare il debito grazie al gettito che il pieno impiego genera. ➔ In caso di stampa di carta moneta, con il rischio di generare inflazione, è sufficiente aumentare le imposte per correggere i prezzi. I principali limiti di questa teoria furono: ➢ faceva riferimento a un economia chiusa (assenza di scambi con l’estero). ➢ Influenza del risparmio da parte di fattori diversi dal PIL. ➢ Gli investimenti possono essere finanziati anche da altre fonti oltre al risparmio. ➢ In caso di investimenti inferiori al risparmio, non necessariamente c’è recessione. ➢ La produzione e la domanda si codeterminano. La base del precetto keynesiano risulta riassumibile: ✗ la produzione è determinata dalla domanda ✗ se la produzione è scarsa ( crisi ) occorre stimolare la domanda ✗ per stimolare la domanda occorre l’intervento statale, anche in disavanzo ✗ con la spesa pubblica in disavanzo aumenterà la domanda, dunque la produzione ✗ l’economia si riprenderà ✗ con la ripresa dell’economia aumenteranno gli utili ✗ con i maggiori utili aumenterà il gettito ✗ con il maggior gettito ripagheremo i debiti contratti dallo stato che ha speso risorse inesistenti LE CRITICHE DELLA TEORIA KEYSIANA La critica di Von Hayek (1899 - 1992) secondo Hayek: ✔ l’intervento dello Stato è una condizione che altera l’equilibrio di mercato. ✔ Effetti inflattivi dell’aumento della spesa pubblica. ✔ Ricadute negative sull’economia delle famiglie (minore potere di acquisto). ✔ Ricadute negative sulle imprese (sovra investimento) Von Hayek sosteneva: ● Aumentano imposte, debito pubblico, spesa pubblica corrente ● diminuisce la propensione al risparmio ● aumentano i consumi e le importazioni ● Molte imprese nazionali si trovano in difficoltà ● Diminuiscono gli occupati ● Anche in presenza di risparmio si formano aspettative negative ● Diminuiscono gli investimenti ● Diminuisce la ricchezza prodotta dunque il gettito tributario ● I governi sono costretti a manovre straordinarie Il teorema di Haavelmo Dobbiamo al matematico Trybve Haavelmo la dimostrazione teorematica chi può risultare stimolo all’economia anche un bilancio statale chiuso non in deficit bensì in pareggio. Secondo tale teorema, l’incremento del reddito nazionale risulta massimo dove qualsivoglia incremento di spesa pubblica sia accompagnato da un pari incremento di gettito derivante da (maggiori o nuove) imposte. L’eguaglianza fra maggiori spese (uscite) e maggiori proventi (entrate) fanno sì che non vi sia disavanzo, mentre l’incremento del reddito nazionale risulta pari all’importo dell’incremento avvenuto nella spesa pubblica. Tale dinamica prende atto indipendenza di alcune premesse, fra le quali il moltiplicatore della spesa pubblica, l’assenza di debito, e il risparmio in conto interessi. Se: ∆ SP pu = ∆ IMP ossia che l’incremento di spesa pubblica è finanziato con imposte dove: ∆ SP pu è l’incremento di spesa pubblica ∆ IMP è l’incremento delle imposte ALLORA: ∆ PIL = 1 / (1 – c) (∆ SP pu – c ∆ IMP ) dove «c» è la propensione marginale al consumo (percentuale di reddito reinvestita in consumo) Cioè anche il Pil aumenta fino a diventare massimo con il bilancio in pareggio (in parallelo un avanzo di bilancio, riducendo le imposte dunque la spesa pubblica, ridurrebbe anche il Pil). Ne risulterebbero anche la possibilità per lo stato di ridurre progressivamente il rapporto debito pubblico/Pil. Vi è la possibilità di ridurre il rapporto debito pubblico/PIL. Il pareggio è quindi la condizione ottimale. IL FINANZIAMENTO DEL DISAVANZO CON LE IMPOSTE Nell’impossibilità di ridurre la spesa pubblica la prima manovra di finanza pubblica per eliminare il disavanzo consiste nell’incremento della pressione tributaria. I provvedimenti possono riguardare:  Imposte indirette e ascisse  Imposte dirette  Imposte straordinarie di tipo patrimoniale Gli effetti dell’ eccesso di pressione tributaria tende ad indurre, singolarmente o aggregatamente : ➔ Rinuncia a produrre reddito, per non vedere eccessivamente colpito da ulteriori gravi ➔ imposte l’impegno personale ➔ Domanda di trattamenti preferenziali per categorie specifiche ➔ Trasferimento di persone fisiche e giuridiche verso Stati dal più favorevole trattamento tributario ➔ Elusione tributaria, cioè utilizzazione di tutte le modalità giuridiche offerte all’ordinamento al fine di aggirare le ulteriori gravi imposte ➔ Evasione tributaria, consistente nell’illecito sfuggire ai pagamenti dovuti per le ulteriori gravi imposte L’elenco precedente è ordinato secondo la gravità anche giuridica dal lecito all’illecito. De Rèal Il modello Mendo-De Rèal può venire di scritto dicendo che l’eccesso di imposta causa il declino economico degli Stati. Questo concetto è stato ripreso a fine secolo XX da Arthur Laffer che l’ha graficizzato nel suo caso estremo, tant’è che il fenomeno e adesso universalmente noto come curva di Laffer. Riportate in un sistema di assi cartesiani le aliquote di imposta sulle ascisse e il volume totale delle entrate tributarie sulle ordinate, se ne traggono gli elementi seguenti: ➢ La prima conseguenza meccanica, all’origine degli assi, dice aliquota nulla = gettito tributario nullo ➢ La seconda conseguenza meccanica, per l’aliquota pari al 100% del reddito, dice aliquota espropriatrice = gettito tributario nullo ➢ L’ipotesi di Laffer è che, fra tali due estremi, vi sia comunque una aliquota tanto cresciuta che, mentre crede di aumentare il gettito totale, in realtà lo riduce una volta raggiunto un massimo x Oggi poi vi sono fattori ulteriori a causare la diminuzione anche rapida del gettito totale, e Laffer li riassume: evasione, illusione, sottrazione. L’evasione del tributo può prendere atto in una quantità di forme: operazioni non dichiarate, falsamente dichiarate, bilanci di esercizio falsificati. L’elusione del tributo consiste nel travestire operazioni economiche dando loro una forma economico giuridica diversa dall’originaria. Laffer parla poi di sottrazione dell’imponibile: si tratta dei casi in cui le operazioni economiche vengono effettuate in altro Stato dove l’imposizione risulti più conveniente per i privati e per le imprese. Alcuni autori parlano in tali casi di Stati a fiscalità privilegiata: si tratta di Stati liberisti, i quali così facendo richiamano nei propri confini attività economiche investimenti stranieri favorendone l’allocazione da loro. IL FINANZIAMENTO DEL DISAVANZO CON L’AUMENTO DELLA CIRCOLAZIONE MONETARIA Modalità tipica di risposta all’eccesso di spese rispetto ai proventi pubblici furono le manovre surrettizie sulla moneta. Tema di fondo era l’eccesso di monetazione rispetto alla quantità di beni. Vale dunque il principio eccesso di moneta rispetto ai beni = inflazione (cioè aumento generale del Organizzazione in senso assoluto fa dunque riferimento agli elementi e organi dell’azienda (uffici, servizi, dipartimenti) La configurazione organizzativa è costituita:  Dall’ordinamento di organico e dalle strutture organizzative formali  Dall’ordinamento di carriera  Dallo stile di direzione  Dalla cultura organizzativa  Dalle modalità di funzionamento di tutti i processi organizzativi Ordinamento di organico L’ordinamento di organico fa riferimento in primo luogo al dimensionamento organizzativo e numero degli addetti. Esso dipende dalle dimensioni dell’azienda e dai i compiti ad essa assegnati. L’organico si articola poi nelle due dimensioni: ➔ Verticale (line), al quale discende per via gerarchiche dai vertici giù fino all’esecuzione semplice e minuta ➔ Orizzontale (staff), organi con competenze specifiche di ausilio alla line Alla line è affidato lo sviluppo-esecuzione di piani e programmi, dunque con l’aiuto degli organi di staff: diviene allora rilevante definire ruoli e mansioni, rapporti gerarchici, processi di delega. Parlare dell’ordinamento di organico dell’impresa significa parlare anche di numero e qualificazione professionale-organizzativa dei dipendenti, definizione dei compiti, assegnazione di compiti e organi, istituzione degli organi definiti per numero e tipologia, connessione degli stessi dal punto di vista gerarchico-funzionale. Significa parlare inoltre di struttura organizzativa formale. L’impresa artigianale o la micro-impresa hanno di norma una struttura formale in distinta: il proprietario-gestore tende a svolgere mansioni limitatamente specializzate ma in compenso ad assumere quasi tutte le decisioni. Si parla, in tal caso, di struttura elementare o indistinta. Attraversando gli sviluppi operativo-dimensionali descritti da Smith si giunge alla struttura funzionale. In questa tutte le operazioni simili, sono attribuite ad organi specifici specializzati appunto per funzione. Complessità produttiva-organizzativa significa compresenza di una molteplicità di attività-funzioni, da gestirsi tutte nel medesimo insieme. Le imprese provvedono a tale problema riunendo le attività simili in apposite divisioni, distinte le une dalle altre, solitamente omogenee per produzioni tutte subordinate alla direzione generale. Le imprese modificano la struttura organizzativa formale riunendo fra loro le attività simili, e rendendone aggregata e semi- autonoma l’amministrazione: si transita pertanto dalla struttura funzionale alla struttura divisionale. All’interno di ciascuna delle divisioni si replica la struttura funzionale. Occorre che quanto maggiore diviene la specializzazione, tanto maggiore di venga in parallelo il coordinamento. Ordinamento di carriera In tutte le organizzazioni possono esservi carriere: ➢ Programmaticamente più lente o più rapide, esclusivamente interne o con ingressi anche dall’esterno. Obbligatoriamente verticali o che comprendano esperienze anche in altri settori o campi di attività ➢ Carriere maggiormente fondate su componenti logico-deontologiche o aperte anche a profili patologici di vario genere L’ordinamento di carriera riguarda le variabili: ✗ Livello di assunzione in funzione dei titoli di studio e delle esperienze professionali ✗ Modalità di accesso a livello superiore ✗ Ampiezza della delega a ciascun livello direttivo ✗ Struttura del trattamento retributivo per ciascun livello direttivo Carriera come: ✔ Modalità per l’azienda di coprire le posizioni che si liberano. ✔ Attuazione delle competenze sviluppate. ✔ Ricompensa (retribuzione, status, autorità). Stile di direzione Con tale espressione si fa riferimento al modo di comando da parte dei superiori.questo viene normalmente distinto secondo aggettivazioni standard del tipo: ● Stile gerarchico-militare o gerarchico-paternalista ● Burocratico-formale (tipico delle aziende territoriali) ● Partecipativo, dunque coinvolgente i vari livelli organizzativi ● Manipolatorio, cioè falsamente partecipativo ● Lassista, cioè blando e tendenzialmente indifferente Cultura organizzativa  Ruolo fondamentale degli organi di vertice  Correttezza interpersonale  Rispetto delle gerarchie  Rispetto della persona (tutela delle pari opportunità, delle diversità, dei diritti umani in genere).  Perseguimento degli interessi dell’impresa vs interessi personalistici  Autorità vs autorevolezza  Tasso accentramento – decentramento (ampiezza del controllo, esercizio di delega, ecc.) Processi organizzativi I processi organizzativi, detti anche sistemi operativi, sono tutti i processi esecutivi tesi a consentire la realizzazione degli obiettivi dell’organizzazione. Si tratta cioè di organizzare i flussi di decisioni secondo l’iter seguente: Decisioni, esecuzione, risultati, controllo i processi organizzativi sono: ➔ Sistemi di pianificazione strategica ➔ Sistemi di programmazione e controllo ➔ Sistemi di gestione del personale ➔ Sistemi informativi Sistemi di pianificazione strategica ➢ Definizione degli obiettivi di medio-lungo termine (strategici). ➢ Elaborazione dei piani. Sistemi di programmazione ➢ Traduzione degli obiettivi di medio-lungo termine in obiettivi di breve periodo (obiettivi gestionali) ➢ Orientamento della gestione Sistemi di controllo ➢ Verifica costante dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi selezionati Sistemi di gestione del personale ➢ Ricerca e selezione (promozioni interne o ingressi esterni; tipologia di profilo professionale). ➢ Gestione della dinamica interna (sviluppo delle competenze, attese dei dipendenti, qualità del clima organizzativo). ➢ Sistema retributivo (politiche, livelli e strutture generali delle retribuzioni). ➢ Sistema di carriera. STRUTTURA ORGANIZZATIVA FORMALE La struttura di organizzazione formale rappresenta la configurazione unitaria e coordinata degli organi aziendali e dell’insieme dei compiti e delle responsabilità assegnati a tali organi. Dal punto di vista formale, la struttura organizzativa è rappresentata in: ✗ Organigrammi (quali sono le unità organizzative e le relazioni gerarchiche tra le stesse). ✗ Mansionari (insieme dei compiti e delle responsabilità, ossia delle mansioni, che deve essere svolto da ciascuna unità organizzativa). Progettazione ✔ Individuazione dell’insieme complessivo dei compiti. ✔ Scelte di un criterio di divisione del lavoro (configurazione delle Unità Organizzative, quali ad esempio una direzione commerciale, amministrativa, un ufficio, un reparto, un team di progetto, ecc.). ✔ Aggregazione delle Unità Organizzative in livelli gerarchici. ✔ Definizione delle mansioni (compiti assegnati alle singole posizioni delle Unità Organizzative e alle persone in esse operanti). Output formali ● Organigramma (Unità Organizzative e loro relazioni) ● Mansionari (compiti di ciascuna Unità Organizzativa) Variabili rilevanti: ➢ Ordinamento di organico ➢ Ordinamento di carriera ➢ Stile di direzione ➢ Cultura organizzativa L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO L’attività produttiva organizzata data dall’antichità classica veniva svolta per il tramite: ✗ Della specializzazione dei compiti ✗ Del coordinamento delle funzioni ✗ Della guida imprenditoriale e direzionale In qualsivoglia settore, tutte le lavorazioni venivano suddivise fra gli operatori in maniera che si potesse dar vita a competenze sempre maggiori nell’ambito definito. Poi, di mano in mano che proseguiva la specializzazione, risultava opportuno che aumentassero e migliorassero le funzioni di coordinamento. Nel corso dell’ottocento, con l’introduzione sempre più estesa del lavoro di fabbrica, inizia il problema dell’organizzazione sistematica del lavoro da suddividere in funzioni molteplici. Nascono così problemi organizzativi che diverranno rilevanti dal punto di vista sociale, economico, politico e sindacale: ✔ L’organizzazione del lavoro di fabbrica ✔ L’organizzazione del lavoro impiegatizio ✔ L’organizzazione del lavoro direzionale Questo problema attraverso tutto l’ottocento, in particolare con la prima e la seconda rivoluzione industriale e si esprime principalmente: ● Nelle modalità organizzative dei processi produttivi a livello di impianto, reparto, stabilimento ● Nei problemi delle condizioni del personale di stabilimento, dei principi e delle strutture retributive, della durata della settimana lavorativa dalla seconda metà dell’ottocento sì assistette alla diminuzione della durata della settimana lavorativa e a condizioni organizzative migliori anche nelle imprese. Occorre riflettere sul fatto che la grande impresa manifatturiera aveva dovuto già da tempo porsi il problema, dato che essa superava la dimensione di 10.000 dipendenti già prima del 1914. È infatti la situazione statunitense di fine secolo XIX/inizio XX, caratterizzata da ampie dimensioni degli stabilimenti, progresso impiantistico, standardizzazione dei processi e dei prodotti, produzione di massa, che consente la rivoluzione del Taylorismo la quale ne rafforzerà largamente l’efficienza e l’efficacia. Taylor (1856- 1915) era un ingegnere che lanciò, negli Stati Uniti d’America (1911), l’organizzazione scientifica del lavoro, cioè un’organizzazione suddivisa e ripartita in una quantità estrema di operazioni elementari, semplici e specifiche, tutte ripetibili in modo sempre più perfezionato, dunque con vantaggi sia produttivi (nel senso di efficienza, cioè produttiva) sia economici (nel senso di efficacia, dunque convenienza, redditività). La premessa da cui Taylor muoveva era che, applicando il metodo scientifico allo studio del problema organizzativo, si sarebbe potuto ottenere la soluzione ottimale (one Best Way). Questa sarebbe risultata neutrale cioè oggettiva, dunque né favorevole né contraria a nessuno. Esse inoltre, consentendo progressi tecnico-produttivi, avrebbero consentito nel contempo progressi economici per l’intera società. In sostanza Vigevano in quella visione del mondo:  Efficienza produttiva (ed economie di scala)  Massimizzazione della produttività  Riduzione dei prezzi dei prodotti e aumento dei salari  Prosperità collettiva Taylor suggerisce di fondarsi su quattro principi fondamentali: ➔ Studio scientifico dei metodi per organizzare al meglio il lavoro produttivo (analisi del processo), dunque per standardizzarne tempi e strumentazione ➔ Individuazione dei criteri ottimi di selezione e addestramento della manodopera (sulla base delle capacità, delle attitudini, della corrispondenza fra queste e le funzioni da compiere) ➔ Distribuzione equilibrata del lavoro e delle responsabilità, in modo che i ritmi potessero venire mantenuti anche per anni, con articolazione dei rapporti gerarchici di stabilimento sulla base di responsabili funzionali, principali fra i quali i capisquadra, poi gli ha detti agli ordini di lavoro e ai cicli, ai tempi e i costi, alla velocità di esecuzione ➔ Collaborazione fra direzione e manodopera L’organizzazione Taylorista avrebbe poi ottenuto concretizzazione diffusa, e miglioramenti, con la ristrutturazione produttiva interno della Ford Motor Co. che passo alla generalizzazione della linea di lavorazione industriale semovente (il nastro trasportatore, cioè la linea di montaggio). Con l’innovazione che consentì di ridurre i tempi di produzione, gli operai erano tendenzialmente fissi nella postazione di lavoro, mentre le line di montaggio spostavano il prodotto nelle sue fasi progressive di formazione, montaggio, finitura. Le operazioni erano ripetitive, semplici e consentivano una maggiore efficienza anche ad addetti mediamente specializzati o non specializzati. Tali modalità si diffusero nelle nazioni industrializzate (Francia, Germania, Italia), soprattutto nei settori che più facilmente lo consentivano. Nei primi anni 30 del secolo XX Le linee di montaggio erano ormai un’abitudine nelle imprese europee di medio-grandi dimensioni (per l’Italia, ad esempio, della Fiat e della Olivetti). Vennero criticati al Taylorismo e al fordismo la monotonia dei contenuti lavorativi, i ritmi troppo rapidi, l’eccesso di sforzo, e la severità dei controlli. Taylor riguarda l’intera organizzazione del lavoro di impresa, sia la burocrazia operaia sia la impiegatizia, le procedure lavorative come le decisionali. La specializzazione del lavoro, infatti, deve riguardare anche queste, al fine di disciplinare l’ingolfamento decisionale. Taylor suggerisce una struttura gerarchica la quale, assegnando compiti e funzioni a responsabili (capi) intermedi, consenta il trattamento specializzato dei problemi, l’istruzione e il filtro delle pratiche, per rinviare ai livelli superiori solamente i problemi via via più rilevanti a cui provvedere, e consentire infine ai dirigenti di concentrarsi sui problemi nodali, applicando il principio di eccezione. IL PENSIERO DI H. FAYOL Fayol suggeriva che compito dell’organizzazione direzionale e amministrativa fosse di scegliere, procurare, regolare, stimolare, armonizzare e controllare i fattori impiegati nel processo produttivo. Henri Fayol (1841-1925), nel suo administration Industrielle et Gènèrale (1917) si propone quale obiettivo di dar vita all’impresa organizzata, cioè al miglioramento sistematico della macchina organizzativa pubblica e privata. Questa era fondata sui principi: ➢ Divisione del lavoro ➢ Autorità e responsabilità ➢ Disciplina ➢ Unità di comando ➢ Unità di direzione ➢ Subordinazione ➢ Remunerazione ➢ Centralizzazione ➢ Catena scalare ➢ Ordine ➢ Equità ➢ Stabilità del personale ➢ Iniziativa ➢ Esprit de corps IL PENSIERO DI C. BARNARD le riflessioni di Chester Barnard (1886-1961), nella sua opera fondante “ Le funzioni del dirigente” (1938), consentono di abbandonare il meccanicismo tendenzialmente rigido di Taylor e Fayol annotando in particolare: ✗ Selezione dei fini dell’organizzazione che devono essere continuamente adeguati alle condizioni di contesto. ✗ Distonia tra fini dell’organizzazione e quelli delle singole persone che la compongono. ✗ Attivazione di un’efficiente sistema di comunicazione. ✗ Assicurare l’afflusso regolare di risorse necessarie al funzionamento dell’organizzazione (innanzitutto umane). ✗ Rilevanza degli incentivi (materiali e immateriali) IL PENSIERO DI C. ARGYRIS Chris Argyris (1923-2013) pone a propria volta l’accento sull’agire dell’individuo relative a organizzazioni complesse, in primo luogo studiando proprio le relazioni individuo-configurazione organizzativa, specie dal punto di vista dell’adattamento del primo alla seconda. Egli poi indaga in particolare i processi di cambiamento organizzativo (organizational development) e resoconta: ✔ Rilevanza del ruolo rivestito dall’individuo all’interno dell’organizzazione. ✔ Individuo adulto e organizzazione. ✔ Gestione costruttiva dei conflitti (da single loop a double loop). ✔ Apprendimento da parte delle organizzazioni e leadership non autoritaria (organizational climate). IL PENSIERO DI A. PETTIGREW Andrew Pettigrew (1944) e noto soprattutto per un importante studio di storiografia aziendale che ha percorso accadimenti, strategia, struttura della grande impresa chimica inglese ICI (imperial chemical Industries). Egli ha dedotto che:
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