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Tfa sostegno terza prova orale motivazionale, Prove d'esame di TFA Sostegno

tfa sostegno terza prova orale motivazionale Vanvitelli superata

Tipologia: Prove d'esame

2023/2024

In vendita dal 01/12/2021

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Scarica Tfa sostegno terza prova orale motivazionale e più Prove d'esame in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! Motivazione personale Uno dei seguenti punti, quello che si reputa più vicino alle proprie esperienze o idee, va scelto e possibilmente ampliato in maniera personale. Se si possiede una propria motivazione personale differente da quelle indicate è preferibile perseguirla così da essere del tutto originali e sicuramente più efficaci nel raccontare qualcosa di reale. e Hoscelto di intraprendere questo percorso perché ho sempre sognato di lavorare a scuola, fin da piccolo/a. Forse perché anche mia madre insegna e quindi in qualche modo sono sempre stato/a vicina a questo ambiente. Inoltre sono una persona solare, che ama stare in mezzo ai bambini/ragazzi. Trovo stimolante il lavoro con loro perché in qualche modo, per entrare in empatia con loro e creare una buona relazione, è necessario pensare un po” come loro e quindi tornare un po” piccoli anche noi. Con la disabilità poi il discorso è ancora più profondo perché ti pone davanti continue sfide senza mai accomodarsi o abituarsi. Per me è davvero interessante notare come ogni bambino/ragazzo con disabilità, pur avendo una stessa diagnosi di base, sia poi così unico. Questa unicità rende il lavoro del docente di sostegno interessante e dinamico. Ogni giorno sarà un’avventura perché non si può dare nulla per scontato. Un docente di classe invece, lavorando con un intero gruppo classe, avvierà un percorso immaginando già anche delle risposte generali della classe a determinati argomenti e attività. Insomma, credo che con il tempo il lavoro del docente di classe possa diventare un po” ripetitivo se il docente stesso non si stimola cambiando gli approcci e le metodologie. Per quanto riguarda il sostegno invece credo che questa problematica non esista. Si è parlato tanto di creatività ma credo che tale ambito sia riferito agli studenti ma soprattutto ai docenti. Il docente di sostegno deve essere creativo ed innovativo, creare sempre nuove situazioni, materiali e attività per stimolare opportunamente gli studenti con disabilità. È un lavoro che ci pone davanti continue sfide e proprio per questo credo che ci sia bisogno di una certa propensione ed entusiasmo. e Neglianni di precariato svolti ho avuto la fortuna di conoscere da vicino il mondo della disabilità, ho infatti collaborato spesso con Progetti che favorivano l'inclusione di alunni diversamente abili, mi sono reso conto che quel mondo è molto più complesso e variegato rispetto a quello cosiddetto “normale”. Lavorare con il diversamente abile, infatti, è qualcosa di più profondo, di più coinvolgente ed impegnativo, che non si esaurisce con la spiegazione di contenuti, né con l’uso di particolari metodologie, ma è un qualcosa che ti porta a metterti in gioco quotidianamente e costantemente, anche quando pensi di avere la situazione sotto controllo. Credo che chi sceglie di svolgere le funzioni di docente di sostegno non deve solo saper superare dentro di sé tutte quelle forme di emarginazione nei riguardi degli altri, in modo specifico dei ragazzi diversamente abili, ma deve coltivare e sviluppare in sé stesso quelle qualità etiche e sociali che lo mettano in condizione di accettare, comprendere e mettersi al servizio dell’altro per proporgli gli aiuti necessari ad accrescere tutte le sue potenzialità grandi o piccole che siano. La scuola dunque deve essere considerata come comunità educante, in cui gli insegnanti non si pongono come trasmettitori di saperi ma punti di riferimento per un percorso di crescita personale. Ricordo ancora i primi anni d’insegnamento segnati da grande emozione, paura di sbagliare e incertezza sul da farsi. Ho cercato sempre di fare tesoro di tutte le esperienze, positive e non, che ho vissuto. Il mio atteggiamento di continua ricerca, di curiosità, questo volere “rubare” i segreti del mestiere dai colleghi più anziani segreti che mi hanno rafforzato e reso più consapevole delle mie capacità, consentendomi di insegnare come “supplente” in diverse situazioni operative che mi hanno permesso di acquisire un bagaglio di conoscenze e di vissuto scolastico di innegabile aiuto nell’azione educativa e formativa della mia professione. Ovviamente, a mio parere, l’esperienza, breve o lunga che sia, non basta a far diventare un buon insegnante se non c’è dietro quello spirito, quella specie di “vocazione” all’insegnamento da cui emotiva per poter approcciare agli alunni nel giusto modo, adottando le giuste strategie e metodologie per aiutare gli alunni a raggiungere il massimo grado di apprendimento possibile, e di garantire inclusione scolastica e sociale. Adottare metodologie come il cooperative learning può far sì che gli alunni sviluppino competenze sociali ed organizzative e in tutto ciò il docente deve avere le giuste competenze per poter essere un mediatore e un facilitatore dell’apprendimento. La motivazione è dettata dal fatto che la formazione sul sostegno è fondamentale. Oltretutto, questo lavoro è immensamente gratificante, soprattutto quando ci si rende conto che mettendo in pratica ciò che si apprende con la formazione, si ottengono i risultati sperati. ® Sin da piccolo/a ho sempre avuto degli ottimi insegnanti che mi hanno insegnato a lavorare cooperando con la classe. Alcuni mi sono stati di esempio perché mi hanno fatto capire quale dovesse essere la mia strada. Mi è sempre piaciuto insegnare, soprattutto quando si riesce ad instaurare un clima positivo all’interno della classe tra alunni e insegnanti. Penso che insegnare sul sostegno significhi includere tutti, ed è proprio questo principio dell’inclusione che mi ha ispirato ad intraprendere questa carriera di specializzazione sul sostegno, perché si ha la possibilità di acquisire competenze didattiche, sociali, organizzative ed emotive. Ho sempre guardato con ammirazione gli insegnanti, soprattutto di sostegno, per la loro dedizione ed abnegazione al lavoro. Se svolto con passione e le giuste competenze, questo lavoro può dare grandi emozioni e soddisfazioni. La mia motivazione è che la mia passione è insegnare e lo voglio fare al meglio delle mie abilità e competenze e questo percorso di specializzazione è il modo migliore per formarsi al meglio. ® Ci sono svariate motivazioni per cui ho scelto di intraprendere questo percorso di specializzazione sul sostegno. Il primis ho sempre amato insegnare: quando andavo a scuola e in seguito all'università, mi piaceva aiutare i miei compagni se avevano difficoltà nelle materie scolastiche. Mi è sempre piaciuto anche dare ripetizioni a bambini/ragazzi e provavo soddisfazione e gioia quando mi ringraziavano perché riuscivano a capire gli esercizi e i compiti da fare. Questa è stata una delle motivazioni che mi ha spinto a intraprendere la carriera dell’ insegnamento. Mi piace insegnare, ma soprattutto dare supporto e sostegno a coloro che si sentono in difficoltà. Inoltre, non è solo un fattore didattico, ma anche emotivo. Infatti mi piace che in classe ci sia un clima positivo e un ambiente in cui gli alunni/bambini si sentano sicuri e protetti. Il docente è in grado di creare un ambiente positivo di apprendimento e di partecipazione sociale e per me sarebbe gratificante stare in classe ad aiutare sia gli alunni con disabilità che il resto della classe. L'insegnante di sostegno è come un collante, che tiene unita la classe, mitiga eventuali asprezze e promuove un clima partecipativo e collaborativo. Con la giusta formazione, ritengo che sia possibile riuscire a creare un buon clima classe e questa è la cosa più gratificante per un insegnante. ® Ho scelto di intraprendere questa strada unica e ricca di emozioni perché il compito fondamentale del docente è promuovere la formazione ai valori e favorire processi di apprendimento. L'attore principale del processo formativo è costituito dal gruppo dei docenti aggregati sia per assi culturali oaree professionali sia per consigli di classe. Entro tale comunità si svolgono i passi indispensabili per una didattica per competenze: aggregare le discipline per assi culturali e identificare i “nuclei portanti” del sapere; scegliere un approccio misto, che alterna in modo intelligente lezioni, compiti, esperienze; sospendere il giudizio e incoraggiare il cammino, tollerando anche incertezze o errori purché vi sia dedizione e impegno; seguire ciò che l’esperienza ci ha insegnato: aspetti che sollecitano la curiosità, errori da evitare, variazioni che richiamano l’attenzione, momenti in cui è possibile chiedere rigore e “disciplina”; evitare la dispersione del tempo e la noia; sollecitare gli studenti a proporre pubblicamente l’esito del proprio lavoro. Questo modo di fare scuola richiede un quadro di riferimento unitario del consiglio di classe circa le esperienze che connotano il percorso formativo dell’anno: da qui la necessità di delineare un Piano formativo, uno strumento che rappresenta le esperienze che, nel corso dell’anno, sono in grado di suscitare un rapporto degli studenti con il sapere in termini affettivi (curiosità, legame, fascino), concreti (utilità, scoperta) e cognitivi (padronanza) e di sollecitare l’identificazione con la scuola a partire dallo stile delle esperienze nelle quali si è coinvolti. Tali esperienze (intenzionali e programmate, quindi elaborate sotto forma di unità di apprendimento) prevedono un legame ed un'intesa tra le diverse discipline al fine di delineare un piano di lavoro comune in grado di perseguire effettivamente le mete educative, culturali e professionali dichiarate. Occorre trovare un’intesa comune tra scuole dello stesso indirizzo e dello stesso contesto intorno alle evidenze delle competenze, al fine di garantire univocità di riferimenti e trasparenza delle certificazioni. La vera didattica per competenze è: saper infondere queste competenze nei nostri studenti. Insegnare è un’arte! e Le motivazioni per cui si sceglie di diventare un insegnante specializzato nelle attività di sostegno sono molteplici e ricche di significato. Il mondo della scuola è da sempre molto affascinante e sono tanti i giovani che scelgono il percorso scolastico per diventare gli insegnanti di domani. Nonostante le mille difficoltà che da sempre ruotano intorno alla scuola italiana è comunque alto l’interesse dei ragazzi per ricoprire il ruolo di docente. La professione dell’insegnante è un mestiere particolare, di certo non facile, ma altamente gratificante. Stiamo pensando al lato umano e culturale, non certo a quello meramente economico. Entrare nell’universo scuola e riuscire ad avere il tanto sospirato posto fisso rimane per molti neolaureati una prerogativa forte nel volere fare il docente. Ovviamente le motivazioni che spingono i giovani a diventare bravi insegnanti non si limitano a questo, sarebbe riduttivo oltre che sbagliato. In realtà ce ne sono molte, tutte ampiamente condivisibili, anche se non tutti i ragazzi e i giovani hanno innata l’attitudine ad insegnare agli alunni. Bisogna quindi capire perché una persona vuole diventare docente, cosa la spinge verso il mondo dell’insegnamento. Chi si sente portato per questo mestiere è una persona appassionata che in genere ha avuto maestri e docenti che hanno saputo infondergli colloquio successivo con la mamma della ragazza mi ha dato ulteriori informazioni su quali obiettivi raggiungere. Ho lavorato in stretto contatto con L’AEC e insieme ad alcuni docenti della classe abbiamo strutturato un percorso per rafforzare l'autonomia e l’inclusione nella classe. Ricordo le molte difficoltà affrontate soprattutto in classe con alcuni docenti che non volevano essere disturbati dalle grida o dagli spostamenti della ragazza, ma anche la preziosa collaborazione di altri, della AEC e dei compagni alcuni dei quali già la conoscevano dalla scuola primaria e che sono stati d’aiuto per interpretare alcuni comportamenti a me poco noti. Abbiamo attivato con la classe un laboratorio di “Decopage” che si svolgeva una volta a settimana con la collaborazione dell’ insegnante di arte e che ha visto la realizzazione di piccole opere fatte dai ragazzi stessi esposte in una mostra finale. Abbiamo cercato di renderla più autonoma possibile ed è stata fondamentale la collaborazione della famiglia. È stato un anno faticoso in cui ho dovuto affrontare tanti problemi, vi parlo di circa 10 anni fa, quando ancora non era sentito il problema dell’inclusione e i ragazzi con disabilità erano spesso fuori dalla classe, soprattutto i più gravi e delegati agli insegnanti per il sostegno o alle AEC. Questa è stata sicuramente un’esperienza formativa che mi ha aperto le porte di un mondo a me sconosciuto e che mi ha spinto, con il passare del tempo, ad iscrivermi al corso per il sostegno. È pur vero che la spinta a voler fare il corso è stata quella di avere maggior possibilità lavorative, visto che per noi musicisti non ci sono molte alternative, ma nell’approfondire gli argomenti e le attività mi accorgo di essere sempre più interessata a scoprire nuovi canali ma soprattutto a vedere le cose da altri punti di vista tutti ugualmente validi. Mi ritrovo a credere che non c’è la strada giusta o sbagliata ma c’è una strada da percorrere nel modo che noi riteniamo sia quello più giusto. e L’idea di diventare insegnante di sostegno nasce in maniera graduale e lenta. Essendo laureata in psicologia ho avuto modo di lavorare in ambito scolastico per lo svolgimento di alcuni progetti rivolti a genitori e docenti. Ho avuto modo di confrontarmi con un altro aspetto della mia professione legato alla prevenzione più che alla patologia. Inoltre, nella mia attività clinica ho avuto modo di lavorare con disturbi mentali e demenza in ambito neuropsicologico. Tale attività mi ha insegnato a relazionarmi con varie tipologie di soggetti, a semplificare laddove necessario la mia modalità comunicativa, a ricercare canali di accesso proficui in ambito riabilitativo. Adattare il proprio approccio in funzione di ciascuno al fine di raggiungere il massimo risultato è stato un esercizio continuo, fatto di tentativi ed errori seguiti da aggiustamenti. Tali esperienze, per me positive, mi hanno lasciato pensare che forse la collocazione sul sostegno sia per me la strada giusta, quella in cui poter esprimere le mie attitudini e svilupparne altre. Non ho esperienza diretta in questo settore, dunque le mie potrebbero essere solo fantasie, ma voglio mettermi in gioco. Non vedo l’insegnante di sostegno come una professione precaria, un trampolino di lancio per fare altro. Al momento vedo questa professione nel mio futuro e la partecipazione a questo corso di specializzazione non è altro che l’inizio. ® Appena laureata in Psicologia, ho cominciato a lavorare per una cooperativa che si occupava di servizi di assistenza specialistica a ragazzi con disabilità nelle scuole, in attesa di capire bene cosa fare nel mio futuro professionale. All’inizio non sapevo bene a cosa sarei andata incontro, non sapevo cosa aspettarmi, non capivo cosa avrei dovuto fare nel concreto, con chi avrei dovuto relazionarmi, chi mi sarei trovata davanti; non ho avuto alcuna informazione preliminare. Così mi sono ritrovata in una scuola superiore, pochi anni dopo esserne uscita, e ho fatto ciò che mi veniva più naturale... pormi allo stesso livello dei ragazzi, cercare di conoscerli e di farmi conoscere da loro nel modo più onesto e sincero possibile, offrire loro appoggio, ascolto. L'incontro con le alunne disabili che avrei dovuto seguire è avvenuto spontaneamente, in maniera informale. Giulia l’ho conosciuta nel corridoio, mentre se ne andava in giro con un foglio in mano pronunciando la parola “mamma”: intuitivamente capii che le avrebbe fatto piacere che la madre vedesse la riga che era tracciata su quel foglio. Francesca, invece, fu lei ad accogliere me: appena entrai in classe mi corse incontro, felice che fossi lì per lei, e mi prese per mano facendomi sedere tra i suoi compagni. Da quel punto in poi la strada per me fu chiara, anche se spesso segnata da episodi difficili da gestire per una persona priva di esperienza: sentii che avrei dovuto fare tutto quanto era in mio potere per fare in modo che Giulia e Francesca — e con esse tutti i loro compagni — si sentissero bene in classe e a scuola, anche se non sapevo esattamente cosa fare e come farlo. Sono passati alcuni anni da quei primi momenti, nel corso dei quali ho cercato di trovare strade, strategie, escamotage per arrivare ai ragazzi, per coinvolgerli, per comprendere cosa avessero bisogno di sapere, a scuola, come nella vita. Sono andata a lavoro ogni giorno lasciando a casa me stessa, pensando solo alle risorse alle quali sarei potuta ricorrere per catturare, di volta in volta, la loro attenzione e il loro interesse, facendo ricorso a tutte le mie energie per tentare di insegnare loro nuove abilità, nuovi modi di agire e di interagire con gli altri. Modalità più funzionali ed efficaci che avrebbero potuto, anche se in maniera minima e forse impercettibile, farli sentire e vivere meglio nel loro quotidiano. Nel corso di questi pochi ma significativi anni di lavoro come assistente specialistica mi sono interfacciata con tante insegnanti di sostegno: con alcune ho collaborato in maniera ottimale, ammirandone le competenze e condividendone i successi, con altre mi sono scontrata duramente; ma da tutte ho rubato qualcosa, tutte mi hanno insegnato molto, e di tutte conserverò sempre un caro ricordo. Durante questi anni di lavoro, svolto con passione e profonda motivazione e responsabilità, ho pensato spesso alla possibilità di diventare insegnante di sostegno a mia volta, soprattutto considerando il confine sfumato e le inevitabili sovrapposizioni di ruoli e di compiti che spesso sussistono, nella pratica scolastica, tra insegnanti di sostegno e assistenti specialistici. Vedevo però questo percorso come eccessivamente in salita, quasi proibitivo, troppo lungo, tortuoso e incerto. Allo stesso tempo, sentivo il desiderio di formarmi ulteriormente, di cercare conferme alle strategie che avevo faticosamente ricercato e sperimentato da me, di acquisire quante più nozioni, tecniche e informazioni utili per sistematizzare le mie conoscenze, formalizzare le mie azioni, crescere professionalmente e umanamente. Avrei voluto conoscere tecniche, acquisire strumenti, apprendere metodologie e prendere esempi e spunti utili. Alcuni mesi fa ho deciso di fare domanda per il corso di specializzazione, ed ora eccomi qua, davanti a questo nuovo ed importante percorso. Spero di diventare una venendo incontro ai suoi bisogni, potenziando la sua motivazione ed agendo con percorsi e strategie individualizzati. La figura docente deve oggi possedere competenze relazionali ed affettive adeguate oltre che disciplinari. Per ottenere buoni risultati bisogna stimolare l’interesse per l’apprendimento negli alunni con esempi, metafore e con riferimenti al loro vissuto esperienziale, dimostrando l’utilità degli insegnamenti nella vita pratica. Penso sia necessario, inoltre, sapersi rapportare con gli alunni sapendo ascoltare i loro bisogni; e che il docente riesca a creare in classe un clima relazionale favorevole alla nascita di uno spirito di gruppo. Un docente che basa il suo lavoro sull’interattività, che non crea rivalità e che allo stesso tempo cerca di tenere conto delle dinamiche di gruppo nella classe, limita al minimo le situazioni di disagio ed è in grado di fornire vere occasioni di crescita per gli allievi. Da questo percorso di specializzazione mi aspetto di crescere e diventare il vero docente dell’inclusione. Ammetto di sentirmi spesso preoccupato/a rispetto alla qualità della mia azione didattica, temo di commettere errori che avranno delle ripercussioni sul percorso apprenditivo dei miei bambini/ragazzi ma nonostante tutte le riserve, non mollo e punto dritto all’obiettivo: il successo formativo dei miei bambini/ragazzi! Fare il docente di sostegno oggi rappresenta una missione da accogliere prima con il cuore e con grande passione e poi da potenziare anche attraverso l’acquisizione di tutte le competenze necessarie. e MOTIVAZIONE DIGNITÀ PROFESSIONALE DEL DOCENTE DI SOSTEGNO Credo che, a dispetto di tutte le difficoltà che una persona incontra, il mestiere dell’insegnante di sostegno dia a moltissimi docenti una forte identità e dignità professionale, più forte, per certi aspetti, di quella dei colleghi curricolari. Ovviamente la mia è una riflessione che lungi dal voler rappresentare un’ambiziosa descrizione autoreferenziale del ruolo che andrò a ricoprire una volta superata questa selezione. Purtroppo non ho mai lavorato come docente, ho esperienza però come educatore/educatrice di comunità, un ruolo sicuramente diverso da quello del docente di sostegno ma non per questo meno importante o meno impegnativo sia sul piano umano che su quello professionale. Ricordo le grandi difficoltà d’interazione tra i bambini e i ragazzi che alloggiavano in quel periodo presso la casa famiglia dove lavoravo, ricordo soprattutto quanto difficile sia stato per me cercare di mediare per creare dei ponti comunicativi tanto forti da reggere il peso delle enormi differenze che separavano gli uni dagli altri. Ognuno trasportava il pesante fardello di esperienze troppo forti per non sortire alcun effetto su quelle giovani vite, ognuno aveva posto alte mura di diffidenza tra sé e il mondo degli adulti, d’altronde quegli adulti li avevano delusi in modo apparentemente irreparabile. Fortunatamente l'impegno, la mia tenacia e la determinazione con cui ho affrontato questa esperienza hanno dato, col tempo, i loro frutti e ispirato il percorso che con la conclusione di questa selezione spero di poter finalmente vivere.
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