Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

TFA SOSTEGNO CONCORSO IX CICLO 2024 - TRACCE COMPLETE IN ORDINE ALFABETICO (prova scritta), Appunti di TFA Sostegno

Raccolta di tracce svolte PER TUTTI I GRADI DI SCUOLA, DALL'INFANZIA ALLA SECONDARIA DI II GRADO sotto forma di macro-argomenti, specificamente redatte per lo studio ai fini dello svolgimento della PROVA SCRITTA del ciclo IX TFA Sostegno 2024. (IDEALE ANCHE PER STUDIO E RIPASSO DELL'ULTIMO MINUTO) Gli argomenti sono affrontati in maniera esaustiva e mirata. (Documento perfetto anche per il ripasso di legislazione, Pedagogia e psicologia ai fini della prova PRESELETTIVA e ORALE)

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 13/06/2023

autarkeia.9
autarkeia.9 🇮🇹

4.4

(173)

20 documenti

1 / 22

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica TFA SOSTEGNO CONCORSO IX CICLO 2024 - TRACCE COMPLETE IN ORDINE ALFABETICO (prova scritta) e più Appunti in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! AGENDA 2030  L’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 è un programma di sviluppo che i paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto, contenente 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030. A titolo esemplificativo, alcuni di tali obiettivi sono: sconfiggere la povertà mondiale, assicurare salute e benessere a chiunque, raggiungere l’uguaglianza di genere, rendere le città sostenibili. Tra i numerosi obiettivi di tale programma, spicca in particolare quello di fornire un’educazione di qualità, che sia equa e inclusiva, e che rappresenti un’opportunità di apprendimento per tutti. Una istruzione di qualità è, infatti, presupposto fondamentale per migliorare la vita delle persone e raggiungere un reale sviluppo sostenibile. In risposta all’Agenda 2030, in Italia nel 2017 è stato presentato un Piano per l’educazione alla sostenibilità, contenente una serie di azioni con vari obiettivi raggruppati in quattro macroaree: struttura ed edilizia; didattica e formazione dei docenti; università e ricerca; informazione e comunicazione. Per far comprendere agli alunni gli obiettivi di tale programma è necessario utilizzare un linguaggio chiaro e coinvolgente, educando all’importanza del contributo di ogni singolo per il raggiungimento degli stessi. A garanzia dell’accesso ad una istruzione di qualità, così come prescritto dall’Agenda 2030, è importante rammentare che l’articolo 34 della nostra Costituzione garantisce a tutti, e nessuno escluso, il diritto allo studio e la piena inclusione. Sotto il profilo dell’inclusione, seppur con molte difficoltà, è stato portato a termine un processo di miglioramento delle condizioni prima mediante la legge 104 del 1992, con cui è stata garantita l’integrazione delle persone con disabilità, e successivamente mediante il d.lgs. 66/2017, che ha propugnato l’inclusione scolastica. Infatti, fu a partire dalla legge 107/2015 che si è garantito a tutti il successo formativo, per mezzo di strategie e metodologie didattiche adatte a ciascun alunno, con percorsi personalizzati e individualizzati, così come indicato nel PTOF di ogni istituzione scolastica. Sono continue, purtroppo, le testimonianze che dimostrano quanto siamo ancora lontani dal raggiungimento di tali obiettivi, a causa del crescente mancato accesso all’istruzione, la dispersione scolastica, il disagio giovanile e spesso la mancanza di spazi culturali e educativi. AMBIENTI DI APPRENDIMENTO  L’ambiente di apprendimento è lo spazio fisico e virtuale in cui si realizza il processo di insegnamento/apprendimento e dove il docente non è più colui che trasmette delle nozioni, ma assume il ruolo di mediatore, facilitatore ed educatore, creando ambienti di apprendimento adatti alla didattica laboratoriale che aiutano studentesse e studenti ad arrivare alle competenze, coadiuvandoli nel raggiungimento del successo formativo. Il discente, dunque, non ha più un ruolo passivo, bensì attivo, immerso in un luogo dove si "impara ad imparare". Al contempo, il docente perde la sua "centralità" come fonte di trasmissione del sapere, scende dalla cattedra e diventa una guida affinché gli allievi possano determinare in modo autonomo i propri obiettivi di apprendimento e scegliere le attività da svolgere e gli strumenti più idonei da utilizzare. In quest'ottica occorre pensare a una didattica che parte dagli spazi fisici come aule laboratorio, spazi polifunzionali interamente adibiti alle nuove tecnologie, in modo che lo studente possa acquisire competenze permanenti da spendere nel campo lavorativo. Il DS deve invitare i docenti a utilizzare metodologie didattiche innovative, come la “flipped classroom”, il “cooperative learning” e le attività laboratoriali, che vanno incontro alle esigenze di tutti gli alunni, nessuno escluso, soprattutto degli alunni BES e DSA, per i quali si devono prevedere spazi che garantiscano loro una didattica personalizzata, attenta ai loro bisogni. Il DS, inoltre, costruisce gruppi di lavoro sulle nuove tecnologie (TIC) per promuovere l’utilizzo delle piattaforme digitali e stabilisce momenti di formazione in materia di innovazione didattica dedicati a tutto il personale scolastico. ANIMATORE DIGITALE  L’origine di questa figura risiede nel PNSD, o Piano nazionale della scuola digitale, documento pensato dal Legislatore per promuovere nelle istituzioni scolastiche un percorso orientato all’innovazione e alla digitalizzazione. In concreto, si intende investire risorse atte alla introduzione nelle scuole di nuove tecnologie, e a diffondere l’idea di un apprendimento permanente (life-long learning). Istituito dalla Legge 107/2015, il PNSD pone al centro dell’attenzione le opportunità dell’educazione digitale e si propone di ideare attività di formazione digitale anche per i docenti e il personale ATA. Sotto questo profilo, l’Animatore digitale è un docente interno alla scuola, il quale, insieme al Dirigente scolastico e al DSGA – Direttore dei servizi generali amministrativi, ha il compito di coordinare la diffusione della innovazione digitale nell’ambito delle azioni previste dal PTOF e le attività del PNSD. Una sola persona, dunque, interna alla scuola, e non un esperto esterno, che collabori alla diffusione delle iniziative innovative. Nell’ambito dell’autonomia organizzativa di cui dispone, il Dirigente scolastico stabilisce i criteri di attribuzione di tale incarico, invitando i docenti interessati a presentare il proprio curriculum vitae. Dopo una valutazione dei titoli presentati dai candidati, una Commissione esaminatrice, di cui è componente il DS, stila una graduatoria. L’animatore digitale dovrà essere promotore della formazione interna, attraverso l’organizzazione di laboratori formativi, del coinvolgimento della comunità scolastica, e della creazione di progetti e di soluzioni innovative. Più specificamente: realizza ambienti di apprendimento per la didattica digitale integrata; ammoderna il sito internet della scuola; orienta le carriere digitali; si occupa di cittadinanza digitale e di educazione ai media e ai social network. Requisiti essenziali sono: essere docente interno della scuola; conoscere approfonditamente il PTOF della propria scuola; possedere comprovate conoscenze informatiche e tecnologiche. AUTONOMIA SCOLASTICA  Quello dell’autonomia scolastica, in Italia, è un lungo percorso iniziato con la cosiddetta “Legge Bassanini”, L. 59/1997, regolamentata dal DPR 275/99, e che sfocia, poi, anche nella L.107/2015. Dopo Lisbona 2000 e la modifica del Titolo V della Costituzione, infatti, il principio di sussidiarietà dà maggiore autonomia agli enti locali e alle istituzioni scolastiche, che hanno il dovere morale di accompagnare gli alunni, tutti e nessuno escluso, all’acquisizione di competenze spendibili nel mondo del lavoro. L’autonomia è dunque funzionale al raggiungimento del successo formativo degli studenti e alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali dell’istituzione scolastica. La formazione, l’istruzione, non implica più soltanto trasferire nozioni, concetti e conoscenze, ma è un processo formativo, che ruota attorno all’apprendimento, in cui maestri e docenti diventano mediatori e formatori, che scendono dalla cattedra per lavorare con e per l’alunno, in una logica di “io con voi”, e in cui l’alunno è al centro del processo formativo, protagonista assoluto del processo di apprendimento che mette in risalto le sue qualità e in cui non è più importante quanto apprende, ma come lo fa. Con l’autonomia ogni scuola, partendo dalle indicazioni nazionali, sceglie i curriculi, verticali e orizzontali, più adeguati a condurre l’alunno all’acquisizione delle competenze. Il monte orario diventa flessibile, le scuole aggiungono le materie opzionali e viene introdotto l’organico dell’autonomia, ovvero docenti che si occupano di funzioni organizzative e di coordinamento. BILANCIO SOCIALE  Con il termine “accountability” si intende la capacità di rendere conto del proprio operato. Il SNV, o Sistema nazionale di valutazione, adottato a partire dal DPR. 80/2013, ha introdotto degli standard che consentono di valutare la performance delle scuole. Nell’ottica dell’autonomia scolastica, propugnata con il d.lgs. 275/99, la singola istituzione scolastica è tenuta a misurare la propria efficienza del servizio in relazione alla comunità territoriale alla quale è preposta, mediante una valutazione dei propri obiettivi, della mission e degli effetti che la sua azione determina, in rapporto alle esigenze degli utenti finali. Tale processo di autovalutazione avviene in quattro fasi: autovalutazione (RAV), ossia un documento in formato elettronico predisposto dall’INVALSI e gestito dal Dirigente scolastico e dal NIV; valutazione La costituzione della cittadinanza globale rientra, peraltro, tra gli obiettivi dell’Agenda 2030, in cui si puntualizza la necessità di fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, che sia un’opportunità di apprendimento per tutti. È, dunque, compito della scuola, sviluppare in tutti gli studenti, dalle scuole primarie alle scuole superiori, competenze e comportamenti di cittadinanza attiva, ispirati alla responsabilità, solidarietà e legalità. Tutti gli allievi e le allieve dovranno possedere alcune competenze comuni, che si rifanno alle competenze chiave europee, tra le quali spiccano appunto i doveri della cittadinanza e i diritti garantiti dalla Costituzione. CITTADINANZA DIGITALE  La formazione digitale è fondamentale per avvicinare le studentesse e gli studenti alla scuola, perché riguarda il loro mondo e li spinge così a un apprendimento significativo. L’alunno è ormai un cittadino digitale che vive in una società liquida. Per tale ragione in classe è opportuno agire sullo sviluppo di conoscenze, abilità e competenze digitali attraverso la valutazione critica delle fonti di dati e contenuti digitali, l’individuazione di forme di comunicazione digitali appropriate al contesto, l’utilizzo di servizi digitali pubblici e privati, la ricerca di opportunità di crescita personale e di cittadinanza attraverso adeguate tecnologie digitali. È, inoltre, importante la conoscenza delle norme comportamentali da osservare nell'utilizzo delle tecnologie digitali e della tutela dei propri dati. Per approfondire questo aspetto si possono dedicare degli spazi, durante la lezione, coinvolgendo la Polizia Postale, che attraverso esempi concreti fa toccare con mano agli studenti i rischi che le tecnologie digitali, se usate impropriamente, comportano per il benessere fisico e psicofisico nostro e di chi ci circonda. Ne sono un esempio lampante i comportamenti riconducibili al bullismo e al cyberbullismo, purtroppo sempre più frequenti tra i ragazzi che fanno circolare le immagini dei compagni su Instagram o TikTok, a discapito di azioni di inclusione sociale, consapevolezza e attenzione nei confronti degli altri e dell’immenso potere che la tecnologia offre in questo senso. COMPETENZE CHIAVE EUROPEE  Il Parlamento Europeo e il Consiglio europeo con Raccomandazione del 18 dicembre 2006 prima, e poi con l'aggiornamento nel 2018, hanno pubblicato le otto competenze chiave per l'apprendimento permanente, che ogni individuo deve possedere per un pieno sviluppo bio-psico-sociale. All’interno di tale documento viene in primis spiegato il significato della parola “competenza”, inteso come insieme di conoscenze, abilità e atteggiamenti necessari per la realizzazione personale, per l’occupabilità, per l’inclusione sociale e per attuare uno stile di vita sostenibile. Le otto competenze chiave riguardano infatti varie sfere della crescita individuale: 1) competenza linguistica: la capacità di sapersi esprimere sia in forma orale che in forma scritta nella propria lingua madre; 2) competenze multilinguistiche: la conoscenza di almeno un'altra lingua oltre a quella madre; 3) competenze digitali: ossia saper utilizzare con dimestichezza le nuove tecnologie, imparando a scambiare informazioni e comunicare tramite internet; 4) competenze scientifiche, tecnologiche, fisiche; 5) competenze di cittadinanza: per formare cittadini consapevoli e attivi nella società; 6) competenze culturali: avere una buona conoscenza della propria cultura per poterla mettere in relazione con le altre; 7) competenze imprenditoriali: per avvicinare gli studenti al futuro mondo del lavoro; 8) imparare ad imparare: l’abilità di perseverare nell’apprendimento durante l’intero corso della vita ( longlife Learning). CODING  Il temine “coding” fa riferimento alla programmazione informatica e dunque all’ideazione e allo sviluppo di software che hanno lo scopo di risolvere problemi di vario tipo per migliorare la qualità della nostra vita. È importante portare questa metodologia anche nell’ambito scolastico, affinchè gli studenti, fin da piccoli, siano in grado di semplificare il più possibile problemi e attività, abituandosi a essere smart, semplici e veloci, per rispondere agli obiettivi dell’Agenda 2030 e della Comunità europea. Il metodo computazionale, se adottato in classe, consente alle allieve e agli allievi di pianificare una strategia per risolvere un problema o raggiungere un obiettivo, implementando e migliorando le capacità di logica e di analisi e, soprattutto, rappresenta un prezioso strumento per stimolare la creatività e, dunque, il pensiero divergente. Le fasi del pensiero computazionale sono tre: formulazione del problema; espressione della soluzione; esecuzione della soluzione e valutazione della stessa. Attraverso queste fasi l’alunno acquisisce la capacità di “problem solving”, lavora con la creatività, sviluppa il pensiero logico e promuove il pensiero computazionale. Il pensiero computazionale rappresenta, quindi, una competenza fondamentale per tutti, perché ci consente di riformulare un problema apparentemente difficile in uno che sappiamo risolvere. È funzionale a promuovere le competenze trasversali in tutte le discipline. Secondo i nuovi ordinamenti nazionali – indicazioni nazionali e agenda 2030 – il coding e il pensiero computazionale sono lo strumento culturale per sviluppare le competenze chiave per l’esercizio della cittadinanza attiva. COOPERATIVE LEARNING  Il “Cooperative Learning” nasce a partire da Dewey, Piaget e Vygotskij, ma si sviluppa però maggiormente negli Stati Uniti intorno agli anni ’70. Indica il metodo di insegnamento che fa leva sul gruppo, prevedendo la trasmissione del sapere non dall’insegnante all’alunno, ma tra alunni, tramite uno scambio positivo e propositivo di conoscenze. Gli studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente per il raggiungimento degli obiettivi comuni e senza sottrarsi al lavoro di gruppo. L’insegnante assume il ruolo di mediatore e facilitatore, strutturando gli ambienti di apprendimento, nei quali gli studenti trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di “problem solving” di gruppo, e valutando il lavoro del gruppo e dei singoli, mediante il monitoring e il processing. Gli esponenti di spicco di questa metodologia sono i fratelli David e Roger Johnson. Tuttavia, Cousinet già dal 1920 al 1942 aveva applicato e sperimentato il suo metodo cooperativo in diverse scuole francesi. Nel suo apprendimento cooperativo gli studenti costituiscono spontaneamente piccoli gruppi di lavoro. Il ruolo dell’insegnante cambia e si rinnova: non è più l’unico protagonista ma colui che costruisce un ambiente di apprendimento in cui gli studenti imparano e studiano insieme. Nel “cooperative learning” gli studenti stimolano le zone di sviluppo prossimale, concetto introdotto da Vygotskij nel suo “Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche”, ottenendo esiti migliori, rispetto a quelli ottenuti con le lezioni frontali. In genere i gruppi di apprendimento cooperativo sono composti da 2 a 4 persone, e può includere anche i BES. Soprattutto per gli studenti con BES, il gruppo ideale è quello eterogeneo perché aumenta la possibilità di avere un aiuto reciproco e di integrazione delle differenze. I ruoli nell’apprendimento cooperativo corrispondono alle funzioni che fanno funzionare perfettamente il gruppo. I fratelli Johnson definiscono due momenti importanti: il Monitoring che riguarda tutte le azioni efficaci per la verifica che si mettono in atto durante le fasi di apprendimento e il processing che è la revisione che avviene al termine del lavoro di gruppo. Il “cooperative learning” presenta numerosi vantaggi: migliora i risultati degli studenti, i quali sviluppano maggiori capacità di ragionamento e pensiero critico; crea relazioni positive e di reciproco rispetto; migliora il benessere psicologico, aumentando il senso di autostima e la resistenza alle difficoltà e allo stress. CREATIVITA’ o INTELLIGENZA CREATIVA  La creatività rappresenta un particolare modo di pensare che implica fluidità e originalità, rompendo con i modelli esistenti per introdurre qualcosa di nuovo. Il concetto di creatività si inserisce in quello più ampio di “pensiero divergente”, inteso come la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato problema che non preveda un’unica risposta corretta. Guilford distingueva tale modo di ragionare dal pensiero convergente, che invece porta con sé la tendenza all’uniformità di risposta ad un problema. Scopo del docente, in quanto mediatore e facilitatore, è dunque quello di stimolare il pensiero divergente negli studenti, mettendo in atto strategie didattiche e metodologie per potenziare la creatività e organizzando gli ambienti di apprendimento adeguati, vere e proprie aule-laboratorio in cui gli alunni, tramite il “learning by doing”, possono giungere all’apprendimento significativo. A tal proposito, il d.lgs. 60/2017, emanato a seguito della legge 107/2015, valorizza l’importanza della cultura umanistica all’interno del contesto scolastico, che dev’essere un luogo di crescita e acquisizione di competenze, dette anche “life skills”, utili ad accompagnare l’individuo in tutto il suo percorso di vita. La scuola diventa, dunque, comunità educante, “palestra di vita”, in cui il soggetto deve poter sperimentare sé stesso seguendo le proprie inclinazioni. La creatività, o intelligenza creativa, è spesso accostata all’abilità di “problem solving”, che rappresenta un essenziale punto di forza per la crescita di ognuno di noi. Nell’ottica del “life-long learning”, i ragazzi dovrebbero essere supportati nell’acquisizione delle abilità che li mettano in condizioni di creare il loro futuro mediante la curiosità e la motivazione. La scuola ha, quindi, il dovere morale di porsi come modello di riferimento da cui ogni alunno possa trarre spunto per riscoprire e coltivare i propri talenti naturali. Cooperative learning, circle time, digital storytelling sono solo alcune delle metodologie che consentono all’alunno di divenire protagonista del processo formativo, aiutandolo a formarsi come uomo/donna consapevole, capace di mettere in atto le proprie life skills nel mondo del lavoro, e ad affrontare le sfide che l’Agenda 2030 gli pone dinnanzi. In questo percorso, è necessario che il docente sostenga gli alunni in modo empatico in tutte le attività, mettendo in campo diversi stili di pensiero. [L’approccio alla creatività e al pensiero laterale (termine utilizzato da Edward de Bono per identificare in qualche modo e seppur con le dovute differenze il pensiero divergente) è stato affrontato da Edward De Bono nel testo “Sei cappelli per pensare”, con il quale si sostiene che, rispetto ad una data situazione, l’approccio dell’individuo cambia a seconda del punto di osservazione. Egli, a tal proposito, immagina di indossare un cappello diverso in base a situazioni differenti: bianco, che implica l’atteggiamento analitico e oggettivo; rosso, che indica l’emotività verso un problema; nero, tipico dell’atteggiamento pessimistico e negativo; verde, basato sul pensiero creativo; giallo, basato sulla valutazione degli aspetti positivi delle situazioni; blu, che predilige l’analisi razionale e la pianificazione. Tipiche tecniche che facilitano le fasi del processo creativo sono: la mappa mentale, che è uno strumento che sfrutta l’attitudine del cervello a trasferire e fissare concetti in modo efficace; il brainstorming, che è una tecnica con la quale il gruppo cerca di trovare una soluzione ad un problema specifico accumulando tutte le idee spontaneamente sorte dai vari membri; e il concassage. In particolare, il Conccassage consiste nell’affrontare un problema “scuotendolo” con una lista di domande sui vari elementi che lo compongono, in modo da poterlo analizzare sotto prospettive insolite. Il termine significa, infatti, letteralmente “scuotimento”, ossia “scuotere la mente” e metterla alla prova.] DIDATTICA INCLUSIVA  Come scrive Dario Ianes in La didattica inclusiva: organizzare l’apprendimento cooperativo e metacognitivo, “gli insegnanti sono gli artefici del cambiamento verso una didattica maggiormente inclusiva”. La prima dimensione su cui agire è la classe e il clima relazionale affettivo che la pervade. Gli insegnanti devono assumere comportamenti non discriminatori, essere attenti ai bisogni di ciascuno, accettare le diversità presentate dagli alunni disabili e valorizzarle come arricchimento per l’intera classe. EMPATIA  Essere empatici significa “essere dentro”, sintonizzarsi in maniera profonda con gli stadi d’animo e le emozioni altrui, fino a percepirle come proprie. Il termine “empatia” compare per la prima volta nella didattica di fine ‘800, in particolare con Vischer. Freud, invece, considera l’empatia come una modalità di conoscere una vita psichica diversa dalla propria. Per Rogers, l’empatia implica il mettersi nei panni dell’altro, identificandosi nel suo mondo soggettivo, nel contesto di una accettazione autentica e non giudicante. Bandura la considera indispensabile all’apprendimento per imitazione. L’empatia rappresenta per l’insegnante, mediatore e formatore, uno strumento essenziale grazie al quale comprendere meglio il comportamento degli studenti, trovando adeguate strategie per coadiuvarli. Le emozioni, infatti, hanno un ruolo fondamentale nella qualità dell’apprendimento scolastico, poiché è stato dimostrato che stati d’animo positivi, quali gioia ed interesse, possano rinforzare positivamente l’apprendimento stesso; al contrario, stati d’animo negativi, quali tristezza e malinconia, lo influenzano negativamente. È dunque essenziale saper costruire e mantenere in classe un clima positivo. Uno dei modi attraverso i quali è possibile instaurare un clima di serenità è tramite l’uso dei nostri neuroni a specchio: essi sono alla base dell’empatia, cioè della capacità di rapportarsi agli altri, di comprenderli. Si attivano quando si riconoscono le emozioni altrui, poiché simulano gli stessi movimenti effettuati dalla persona osservata ed inviano tali informazioni all’”insula”, una regione cerebrale interna che serve a vivere personalmente alcune sensazioni. Un apprendimento efficace ha bisogno di una componente relazionale e fiduciaria tra discente e docente, quest’ultimo posto come guida autorevole e mai autoritaria. L’empatia è fondamentale anche per realizzare una didattica inclusiva, che possa coinvolgere in modo attivo anche alunni con particolari bisogni educativi, ed è essenziale per la prevenzione di fenomeni sociali particolarmente gravi come il bullismo, il cyberbullismo e, in generale, il disagio giovanile. L’OMS ha inserito l’empatia, inoltre, nelle dieci life skills, ossia le abilità cognitive, emotive e relazionali di base, che consentono di operare sul piano individuale e sociale, affrontando efficacemente le sfide che la vita ci pone quotidianamente. Metodologie didattiche adatte a sviluppare un atteggiamento empatico sono: la didattica laboratoriale, il problem solving, il debate e il role playing. Quest’ultima metodologia, in particolare, consente ai bambini di immedesimarsi in situazioni diverse dalle proprie e nelle quali sia necessario attuare strategie di gestione e risoluzione dei problemi; non a caso l’espressione role playing significa letteralmente “giochi di ruolo”. INCLUSIONE  La scuola è una “palestra di vita” dove gli alunni, tutti e nessuno escluso, devono poter sviluppare pienamente il proprio talento e realizzare le proprie potenzialità per arrivare alle competenze. In quest’ottica, quello dell’inclusione è un concetto fondamentale nella scuola di oggi, introdotto per la prima volta con il decreto legislativo 66/2017, attuativo della L. 107/2015, per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, che rinovella la L. 104/92, che affronta il tema dell’integrazione, affermando che tutti gli alunni diversamente abili (anche art.3 comma 3) devono essere accompagnati a costruire un progetto di vita. Viene riconosciuta per loro la figura dell’insegnante di sostegno, contitolare dell’insegnante di cattedra e con cui lavora per includere i soggetti diversamente abili nel progetto della scuola, mettendo in atto metodologie didattiche, come il cooperative learning, che possano aiutare gli studenti con disabilità non solo a diventare autonomi ma anche a lavorare in gruppo e a fornire il proprio contributo, con il proprio talento e le proprie competenze, per il raggiungimento degli obiettivi della classe. Il d.lgs. 66/2017 prevede, inoltre, l’istituzione dell’Osservatorio scolastico permanente, un istituito per l’inclusione, che ha base a Roma, formato da rappresentanti delle associazioni con disabilità, studenti disabili, soggetti pubblici e privati e istituzioni scolastiche che si occupano di inclusione per tutte le scuole italiane. A supporto dell’inclusione nascono poi diverse figure, come il GLIR, gruppo di lavoro per l’inclusione regionale, il GIT, gruppo per l’inclusione territoriale e il GLI, gruppo di lavoro per l’inclusione presente in ogni scuola, nonchè un centro che fornisce assistenza e strumenti ai docenti, il CTS. Il d.lgs. 66/2017 viene successivamente rinovellato dal d.lgs. 96/2019, che rafforza ulteriormente il concetto di inclusione. Sono diversi, all’interno del contesto scolastico, i documenti che riguardano l’inclusione: il PEI è il Piano Educativo Individualizzato che il Consiglio di Classe elabora ad hoc per ogni alunno diversamente abile; il PI è il Piano per l’Inclusione (introdotto con il d.lgs. 96/2019), elaborato dal Collegio dei Docenti e inserito nel PTOF di cui ogni scuola si dota per programmare le azioni rivolte agli alunni diversamente abili, definire le aree di intervento sulla base dei bisogni degli alunni e l’utilizzo delle risorse finalizzate all’eliminazione delle barriere e al miglioramento per l’inclusione scolastica; il PAI (Piano Annuale dell’Inclusione) è un documento che nasce con la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, rivolto agli alunni BES ed elaborato dal Collegio dei Docenti, che definisce gli interventi necessari da attuare per raggiungere gli obiettivi dell’inclusione in termini di risorse umane, finanziarie e di infrastrutture. Tutte le azioni sono messe in atto per promuovere il successo formativo di tutti alunni, valorizzando le diversità e promuovendo le potenzialità di tutti. INDICAZIONI NAZIONALI 2012 E 2018  Le trasformazioni economiche e sociali degli ultimi anni hanno fatto sì che la scuola ricopra un ruolo di fondamentale importanza nel contribuire a formare i futuri cittadini europei. Sono del 2012 le prime indicazioni nazionali per il curriculo che sostituiscono i programmi ministeriali. Il docente, non più solo mero trasmettitore di sapere ma ora facilitatore e mediatore, non deve più limitarsi a traferire nozioni agli alunni, adesso al centro del processo formativo, ma deve insegnare loro a essere uomini e donne, cittadini del mondo, a “imparare ad imparare” per sviluppare in modo consapevole quelle competenze che permetteranno a tutti, nessuno escluso, di raggiungere il successo formativo e di entrare nel mondo del lavoro. In questo ambito, gioca un ruolo fondamentale la sostenibilità, che le studentesse e gli studenti studiano trasversalmente in tutte le discipline attraverso l’Educazione civica e i 17 obiettivi dell’Agenda 2030. Le indicazioni nazionali del 2012 sono state successivamente implementate nel 2018, quando fu sempre più evidente la necessità di raggiungere lo sviluppo personale degli alunni e renderli cittadini non solo del loro Paese, ma dell’Europa. Lavoro, solidarietà e inclusione, stile di vita sostenibile, pace, diritti umani, salute e cittadinanza attiva, parità di genere, diversità culturale sono i temi caldi che l’insegnante deve affrontare nelle aule laboratorio, introducendo forme innovative di insegnamento, approfondendo lo studio delle lingue straniere e matematica, utilizzando nuove tecnologie per la competenza digitale (TIC) e metodologie didattiche come il “cooperative learning”, “circle time”, “problem solving” e attività laboratoriali per insegnare agli studenti che il lavoro si crea attraverso creatività e pensiero divergente. INDIRE  L’Indire è l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa che si occupa di formazione e fu costituito con il DPR 80 del 2013. Tale Istituto concorre a realizzare gli obiettivi del sistema nazionale di formazione offrendo il supporto alle Istituzioni scolastiche sulla definizione e attuazione del Piano di miglioramento, sulla qualità dell’offerta formativa e nell’analisi dei risultati degli apprendimenti degli studenti. Inoltre, sostiene tutti quei processi di innovazione indirizzati alla diffusione e l’utilizzo di nuove tecnologie attivando progetti di ricerca volti al miglioramento della didattica con interventi di consulenza e di formazione del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario e dei dirigenti scolastici. Più nello specifico, si occupa dello sviluppo della documentazione finalizzato ad esperienze di ricerca e innovazione didattica e pedagogica e gestione dei programmi europei (come Erasmus). L’Indire, insieme all’Invalsi e al Corpo ispettivo, è parte integrante del Sistema nazionale di valutazione. Si occupa, infatti, di formazione in servizi del personale docente e non docente e dei dirigenti scolastici, ed è connesso all’Europa mediante il “Lifelong learning program” per l’apprendimento permanente. INTELLIGENZA EMOTIVA  L’intelligenza emotiva può essere definita come la capacità dell’individuo di saper riconoscere e regolare le proprie emozioni e quelle altrui. Tale predisposizione assume rilevanza sin da bambini, in quanto la scuola rappresenta il primo passo per l’inserimento all’interno di una comunità educante. Quando si parla di comunità educante, infatti, non ci si riferisce solo alle competenze cosiddette cognitive, ma assume sempre più rilevanza l’acquisizione di life skills utili a uno sviluppo di vita attivo e competente all’interno della società. L’alfabetizzazione emotiva costituisce l’elemento centrale attorno al quale organizzare e sviluppare una vasta gamma di competenze educative, relative alla conoscenza di sé, alla comunicazione e all’ascolto, alle capacità relazionali e alle abilità di aiuto. Il costrutto di intelligenza emotiva è stato introdotto per la prima volta da Salovey e Mayer e approfondito successivamente da Goleman. Secondo l’autore, le caratteristiche alla base dell’intelligenza emotiva sono cinque: autoconsapevolezza (sapere ottenere risultati riconoscendo le proprie emozioni), automotivazione, autocontrollo (sapere adoperare i propri sentimenti per uno scopo), empatia e abilità sociali. Goleman dà importanza soprattutto ai concetti di competenze personali (relative all'intelligenza intrapersonale di Gardner), ossia la capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita emozionale, e competenze sociali (relative all'intelligenza interpersonale), ovvero le modalità con le quali comprendiamo gli altri e ci rapportiamo ad essi. In riferimento a quest’ultimo fattore, una delle metodologie applicabili all’interno del contesto classe per favorire lo sviluppo di tali competenze è il cooperative learning. Questo metodo stimola i soggetti a collaborare per arrivare a determinati obiettivi, per questo assume importanza la capacità dei singoli di esplorare e regolare le emozioni proprie e altrui e renderle funzionali al compito. In particolare, la stimolazione dell’intelligenza emotiva può essere considerata un punto di forza all’interno degli istituti scolastici che mirano all’inclusione e all’esaltazione dei valori personali e soggettivi. L. 107/2015 IN GENERALE  La L. 107/2015, conosciuta come “Legge della Buona Scuola”, nasce sotto il Governo Renzi per rafforzare l’autonomia attuata con la legge Bassanini n. 59 del 1997 e con il DPR 275/99, e per rendere la scuola più inclusiva, aperta al territorio e in grado di accompagnare gli studenti, ognuno con la propria predisposizione e con il proprio stile e ritmo di apprendimento, all’acquisizione di competenze spendibili nel mondo del lavoro. Tra i principi più importanti della L. 107/2015 spicca sicuramente quello che riguarda l’inclusione di tutti e nessuno escluso, portato poi a compimento dal decreto legislativo 66/2017. Il docente, nei panni di facilitatore e mediatore, utilizza nelle classi, divenute ormai veri e propri laboratori, metodologie didattiche per sviluppare creatività e pensiero divergente, come la tecnica del “cooperative learning”, il “circle time”, il “problem solving”, oltre alle nuove tecnologie per sviluppare la competenza digitale. La scuola diventa quindi efficace ed efficiente, una sorta di “palestra di vita” che forma i futuri cittadini del mondo attraverso il metodo educativo dell’ “imparare facendo” (learning by doing), l’imparare ad imparare e l’educazione civica, affrontata ora trasversalmente in tutte le discipline. Diversi sono gli interventi previsti dalla L. 107/2015: apertura pomeridiana, incremento del PCTO (ex Alternanza Scuola Lavoro), alfabetizzazione e perfezionamento dell’italiano come lingua seconda (L2), iniziative per promuovere le conoscenze di primo soccorso, insegnamenti opzionali, prevenzione del bullismo e cyber bullismo. E ancora, il piano dell’offerta formativa diventa triennale (PTOF), si rafforza l’interazione con le famiglie, tramite il Patto di corresponsabilità, e il territorio, si lavora per prevenire e contrastare abbandono e dispersione scolastica e per innalzare livelli di istruzione e competenze. L’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA DIGITALE  La formazione digitale è fondamentale per garantire l’avvicinamento delle studentesse e degli studenti alla scuola, poiché riguarda il loro mondo e li spinge così a un apprendimento significativo. NEURONI A SPECCHIO  I “neuroni a specchio” sono alla base dell’empatia, cioè della capacità di rapportarsi agli altri, di comprenderli. Essi si attivano anche quando si riconoscono le emozioni altrui, poiché simulano gli stessi movimenti effettuati dalla persona osservata ed inviano tali informazioni all’”insula”, una regione cerebrale interna che serve a vivere personalmente alcune sensazioni. Tra gli studiosi più rilevanti di questo argomento, spicca GIACOMO RIZZOLATTI. Egli si occupa della correlazione tra neuroni a specchio ed empatia: l’importanza dei neuroni a specchio deriva dal fatto che essi sembrerebbero spiegare scientificamente qualcosa che intuitivamente si è sempre saputo, ossia che “guardando si impara”. Rizzolatti ha anche scoperto che nelle aree deputate ai movimenti, ossia le aree motorie, la medesima attività neuronale si verifica sia in chi compie un gesto (ad esempio afferrare un bicchiere) sia in chi lo guarda. NEURONI GPS  I “neuroni gps”, attivandosi, formano una sorta di mappa che riproduce gli spostamenti del soggetto nello spazio bidimensionale. Sono stati scoperti da Britt e Moser (premi Nobel), secondo i quali le cellule nervose che costituiscono il sistema di posizionamento del cervello ci permette di orientarci come una sorta di gps biologico. ORGANI COLLEGIALI  Gli organi collegiali sono stati istituiti dal DPR 416/1974, inserito nel TU del 1994. Si tratta degli organi di gestione e autogoverno della scuola italiana, le cui regole di funzionamento sono delineate nel Regolamento di istituto. Tali organi sono: il consiglio di istituto; il collegio dei docenti; il consiglio di intersezione (infanzia), interclasse (primaria) e di classe (secondaria di primo e di secondo grado); il comitato di valutazione dei docenti; le assemblee studentesche e dei genitori. Il Consiglio di istituto è composto da 14 membri nelle scuole con popolazione scolastica fino a 500 alunni e 19 laddove la popolazione scolastica superi i 500 alunni. Nel primo caso, nel dettaglio, sarà composto da sei genitori, sei docenti, un non docente e il capo di istituto; nel secondo caso da otto genitori, otto docenti, due non docenti e il capo di istituto. Il Dirigente scolastico è membro di diritto ed è presieduto da un genitore eletto. È l’organo tecnico-amministrativo che ha il governo economico e finanziario della scuola. Svolge funzioni deliberative e di amministrazione attiva e consultiva. Approva: il PTOF, elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi proposti dal Dirigente scolastico; il bilancio preventivo e il conto consuntivo. Adotta il regolamento di istituto. Le rappresentanze sono elette ogni tre anni con elezione indetta dal Dirigente scolastico. Esso è valido se presente la rappresentanza di tutte le sue componenti, con convocazione almeno cinque giorni prima della seduta. All’interno del Consiglio di istituto è presente una giunta esecutiva, di cui fa parte un docente, un rappresentante del personale non docente, due genitori oppure un genitore e uno studente. È presieduta dal Dirigente scolastico e ne fa parte il DSGA, che funge da segretario. Il Collegio dei docenti è presieduto dal Dirigente scolastico o un suo delegato. È un organo collegiale a cui appartiene tutto il personale docente della scuola, a tempo determinato o indeterminato. Viene convocato dal DS e la sua convocazione è obbligatoria a inizio anno, ed almeno una volta a trimestre o quadrimestre. Svolge funzione deliberante in materia di funzionamento didattico, valutazione periodica e sull’andamento complessivo della didattica, adozione dei libri di testo. Ha funzione propositiva in materia di formazione e composizione delle classi. Elabora il PTOF sulla base degli indirizzi forniti dal DS, approvato poi dal Consiglio di istituto. I Consigli di intersezione, interclasse e classe sono presieduti dal DS o un suo delegato. Si tratta di organi a rilevanza esterna per la valutazione degli apprendimenti, per l’ammissione alle classi successive, per gli esami di stato e i provvedimenti disciplinari a carico degli studenti. Si riuniscono con la sola presenza dei docenti o anche dei rappresentanti dei genitori e degli studenti. Nelle scuole secondarie di I e II grado, il Consiglio di classe è composto dai docenti della classe stessa, compresi i docenti di sostegno. Si occupa dell’andamento generale della classe. Vi fanno parte, a solo titolo consultivo, gli assistenti addetti alle esercitazioni di laboratorio. Per la sola scuola secondaria di II grado vi fanno parte anche due genitori e due studenti. È competente a disporre sanzioni disciplinari fino a 15gg nei confronti degli studenti. Per le sanzioni di durata superiore a 15 giorni la competenza è, invece, del Consiglio di istituto. Tali consigli formulano al Collegio dei docenti proposte sull’azione educativa e didattica e sulle iniziative di sperimentazione. Elaborano inoltre i PEI e PDP, qualora fosse necessario. Il Comitato per la valutazione dei docenti è un organo interno al Consiglio di istituto, presieduto dal DS e di durata triennale. Effettua valutazioni sulla base della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento. Opera anche in sede di valutazione dei docenti neoassunti. PATTO EDUCATIVO DI CORRESPONSABILITA’  Il patto di corresponsabilità è stato introdotto dall’art 5bis del D.P.R. 249/1998, ossia lo Statuto degli studenti e delle studentesse, e viene sottoscritto dalle famiglie e dagli studenti (nel caso della scuola secondaria di II grado) al momento dell’iscrizione a scuola. Non rappresenta un contratto in senso giuridico, ma la firma del genitore e dello studente costituisce un atto di valore etico, di condivisione dei valori e delle regole che la scuola trasmette e si impegna a far rispettare. L’obiettivo fondamentale è rendere partecipi le famiglie del progetto educativo che ogni scuola costruisce nell’ambito della propria autonomia. La scuola dell’autonomia, infatti, attraverso il Patto, instaura una sinergia virtuosa tra tutti i componenti dell’istituzione scolastica (dirigente scolastico, docenti, personale ATA, famiglie e studenti). La condivisione di obiettivi nel rispetto dei ruoli e l’assunzione di responsabilità contribuiscono all’idea di una scuola di qualità, una scuola attenta non solo alla trasmissione di saperi e competenze, ma anche alla formazione di cittadini consapevoli, che sviluppino un senso di identità e rispetto di sè stessi e del prossimo. La firma del Dirigente scolastico impegna la scuola all’erogazione dei servizi, secondo le modalità descritte nel piano. Nel patto non è consentito inserire clausole che esonerino il personale scolastico dalla vigilanza, in quando l’obbligo di vigilanza è sancito dal diritto civile. A prescindere dalla sottoscrizione del patto, gli alunni sono tenuti ad osservare i doveri dello Statuto degli studenti e delle studentesse (D.P.R. 249/1998, modificato ed integrato dal D.P.R. n.235/2007). In caso di inosservanza, gli studenti sono soggetti alle sanzioni disciplinari previste dal regolamento di istituto della scuola. In caso di giudizio civile, il genitore può anche essere ritenuto responsabile della condotta del proprio figlio, in base alla “culpa in educando”. PCTO  La L. 107/2015, che vede la scuola come una “palestra di vita” che deve dare alle studentesse e agli studenti competenze spendibili nel mondo del lavoro, ha introdotto l’Alternanza Scuola Lavoro, che prevedeva 200 ore di attività nel secondo biennio e ultimo anno di Liceo e 400 nel triennio terminale degli Istituti professionali e nel secondo biennio e ultimo anno degli Istituti tecnici. Con la L. 145/2018 (legge di bilancio 2019) l’Alternanza Scuola Lavoro diventa PCTO ossia Percorsi per le Competenze Trasversali e per l'Orientamento, che prevede 210 ore nel triennio degli Istituti professionali; 150 nel secondo biennio e ultimo anno degli Istituti tecnici e 90 nel secondo biennio e ultimo anno del Liceo. Grazie a questi percorsi gli studenti hanno l’opportunità di uscire dalle classi e mettersi alla prova in un’ottica di learning by doing. Il Dirigente scolastico, infatti, firma delle convenzioni con aziende in cui i ragazzi, dopo aver seguito delle specifiche attività sulla sicurezza nel mondo del lavoro, possono fare pratica, toccando con mano il lavoro che potrebbero voler svolgere in seguito e acquisendo delle nuove life skills. Questi stage lavorativi, in cui i ragazzi sono seguiti da un tutor interno all’azienda e uno della scuola, vengono inseriti nel curriculo che i ragazzi possono presentare in qualsiasi azienda e nel documento che il Consiglio di Classe elaboa per presentare gli alunni alla Commissione esterna degli Esami di Stato. Gli stage vengono svolti durante l’anno scolastico, in momenti deliberati dal Collegio dei Docenti, o durante l’estate e gli studenti possono scegliere di fare la propria esperienza anche all’estero. Spetta al DS individuare imprese ed enti, stipulare le convenzioni con musei, istituti, luoghi di cultura e redigere, a fine anno, una scheda dove evidenzia difficoltà e meriti. Quando non c’è la possibilità di svolgere tali attività al di fuori della scuola, gli studenti possono creare un’impresa formativa simulata in classe, lavorare al giornale della scuola o organizzarsi come una vera azienda. Dall’anno scolastico 2015/2016, inoltre, esiste un registro nazionale nelle Camere di commercio, dove si trovano aziende convenzionate. PDP  Il PDP, o Piano didattico personalizzato, è stato previsto dalla L. 170/2010 per i DSA, ossia coloro che sono affetti da dislessia, disortografia, discalculia e disgrafia. Esso va redatto all’inizio dell’anno scolastico ed è obbligatorio per i DSA. Fondamentale è la partecipazione della famiglia alla redazione di tale documento, nonché del Dirigente scolastico che lo firmerà. Responsabile della redazione è il Consiglio di classe, tenuto a consultare la famiglia e tutti gli specialisti che seguono lo studente. Può anche, facoltativamente, essere redatto per gli studenti BES, ossia aventi bisogni educativi speciali. Le linee guida adottate con Dm 5669/2011 hanno affermato che per garantire il diritto allo studio degli studenti con Disturbi specifici dell’apprendimento sarà necessario utilizzare strumenti compensativi e applicare misure dispensative, indicate nel PDP. Sono “strumenti compensativi” gli ausili tecnologici e didattici che facilitano o sostituiscono la prestazione richiesta all’alunno. Sono, ad esempio: il registratore, la sintesi vocale, la calcolatrice ecc. Sono “misure dispensative” gli interventi che consentono all’alunno di non svolgere la prestazione che, a causa del disturbo, risulta particolarmente gravosa. PEI  Il PEI, o Piano didattico individualizzato, ha la finalità di promuovere la piena inclusione dello studente con disabilità cognitiva o motoria, accertata ai sensi della L.104/92 tenendo conto dei suoi bisogni, esigenze, desideri e potenzialità, e rappresenta il progetto di vita scolastico e non (Life Long Learning). Esso rappresenta, quindi, un progetto educativo calibrato sulle esigenze del singolo alunno con disabilità certificata dall’ASL. La personalizzazione rappresenta, infatti, la base su cui poggia ogni forma di inclusione Il PEI fa parte del progetto individuale, come stabilito dal Dlgs 96/2019, insieme al profilo di funzionamento (Dlgs 66/2017), ha validità annuale ed è redatto dal GLO (Gruppo operativo di lavoro per l’inclusione), formato da specialisti dell’ASL, insegnanti di sostegno e curricolari, e dalla famiglia dello studente. Attraverso il Dlgs 96/2019 anche lo studente, per il principio di autodeterminazione, è entrato a far parte del GLO. Il PEI tiene in considerazione quanto presente nel PI, ossia il Piano di inclusione della scuola, che potremmo definire la carta d’identità della singola istituzione scolastica in materia di inclusione, e quest’ultimo è a cura del GLI (gruppo di lavoro per l’inclusione di istituto). Il PEI contiene le tipologie di programmazione per l’alunno, le strategie, i mezzi e i materiali, i criteri di verifica e di valutazione e obiettivi da raggiungere, ed è redatto su base ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) secondo il modello bio-psico-sociale dell’OMS e si fonda su un concetto di salute e intesa come interazione tra individuo e ambiente. Il PEI è differenziabile secondo la disabilità di ogni singolo alunno, affinché possa raggiungere il successo formativo. NUOVO PEI: Il decreto interministeriale 182/2020 definisce le modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno previste dal d.lgs 66/2017 e prevede l’adozione di quattro nuovi modelli di PEI nazionali per la scuola dell’infanzia, la primaria, la secondaria di I grado e la secondaria di II grado. Il nuovo PEI si fonda sulla normativa dell’inclusione, ossia la L. 104/1992, il d.lgs. 66/2017 e 96/2019, ed è costruito in base alla prospettiva bio-psico-sociale del funzionamento umano (ICF). Il decreto e le linee guida specificano in 12 sezioni le modalità di formulazione del nuovo PEI, redatto dal GLO, o Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione, che rappresenta il Consiglio di classe, coinvolgendo l’intero team dei docenti della classe, le famiglie e gli operatori sanitari. Gli interventi per l’alunno tengono conto delle quattro dimensioni in cui si articola l’attività della persona: la prima è quella della socializzazione e interazione, la seconda è la dimensione comunicativa e del linguaggio, la terza quella dell’autonomia e dell’orientamento, la quarta quella cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento. SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE  Il Sistema nazionale di valutazione rappresenta uno strumento essenziale per misurare, secondo criteri oggettivi, la produttività, i risultati ottenuti e la qualità delle prestazioni delle varie istituzioni scolastiche in rapporto ai bisogni e alle aspettative degli utenti e del territorio, favorendo la piena attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, così come previsto dal DPR 275/1999 e dal DPR 80/2013. Obiettivo dell’SNV è di valutare l’efficienza e l’efficacia del sistema educativo di formazione ed istruzione. Tale Sistema si compone, in base al DPR 80/2013, di tre soggetti: Invalsi, ossia il Sistema nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione; Indire, ossia il Sistema nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa; il Contingente ispettivo, composto da dirigenti di seconda fascia del MIM, con funzione tecnico ispettiva. Partecipano inoltre all’attività di valutazione: la Conferenza per il coordinamento funzionale dell’SNV e i Nuclei di valutazione esterna. Il processo di valutazione prende le mosse dal RAV, o Rapporto di autovalutazione. Esso si compone di più dimensioni ed ha lo scopo di fornire una rappresentazione della singola istituzione scolastica tramite un’analisi del suo funzionamento, costituendo peraltro la base per individuare poi le priorità di sviluppo verso cui orientare il successivo Piano di miglioramento. Il RAV fornisce, dunque, una rappresentazione dei punti di forza e di debolezza della scuola. Una volta che l’Invalsi, sulla base di precisi indicatori di efficienza ed efficacia, abbia selezionato le situazioni da sottoporre a verifica, si attivano i NEV, o Nuclei di valutazione esterni, che si affiancano alle istituzioni scolastiche per ridefinire i piani di miglioramento in base agli esiti dell’analisi effettuata dagli stessi. A questo punto vengono definiti gli interventi migliorativi, con il supporto dell’INDIRE e tramite la collaborazione con università, enti di ricerca e associazioni professionali e culturali. Tali interventi si definiscono mediante il Piano di miglioramento, i cui attori sono: il Dirigente scolastico, responsabile della gestione del processo di miglioramento, e il NIV. Questi dovranno favorire il coinvolgimento diretto di tutta la comunità scolastica, mediante momenti di incontro e condivisione, valorizzare le risorse interne, incoraggiare e promuovere la comunicazione anche pubblica del processo di miglioramento. Il PDM, inoltre, entrerà a far parte del PTOF, che rappresenta il documento costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche e in cui è esplicitata la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa delle singole scuole, e che viene adottato nell’ambito della loro autonomia. Infine, si procede alla rendicontazione sociale, ossia alla pubblicazione dei risultati raggiunti, mediante indicatori e dati comparabili. TIC  A partire dalle indicazioni rilasciate dall’unione Europea in seguito a Lisbona 2000, le competenze chiave, che il sistema educativo deve necessariamente garantire per plasmare cittadini consapevoli e partecipi all’interno della società, prevedono anche le TIC. Con tale acronimo si fa riferimento all’inserimento di tecnologie informatiche e di conoscenza all’interno del contesto scolastico. La Legge 107/2015 “Buona Scuola”, infatti, prevede che le Istituzioni scolastiche garantiscano efficacia ed efficienza nel servizio scolastico. La scuola, dunque, si inserisce all’interno del mondo digitale a livello nazionale, garantendo flessibilità, inclusione e miglior utilizzo delle strutture e delle nuove tecnologie. L’importanza di quest’aspetto appare evidente sin dalla prima infanzia. Infatti, prendendo spunto dalla pedagogia Montessoriana, potrebbe essere funzionale l’opportunità di creare degli ambienti e degli spazi che in riferimento alle nuove tecnologie siano adattabili alle esigenze dei più piccoli. In tal modo, l’avvicinamento alle nuove tecnologie avviene in modo fluido e naturale promuovendo uno sviluppo che nel tempo favorisce l’inserimento in un mondo lavorativo sempre più tecnologico. Dal 2008 il MIUR ha investito molto sulla diffusione delle tecnologie informatiche hardware e software all'interno delle scuole, come ad esempio il piano di diffusione della LIM (lavagna interattiva multimediale), il progetto classi 2.0, che ha portato in molte aule e laboratori italiani tablet, pc e scanner, il piano editoria digitale, come i testi liquidi affiancati a quelli cartacei. Con la L.107/2015 non si parla più, dunque, di classe in laboratorio, ma il laboratorio in classe, aula-laboratorio. Secondo l’approccio del learning by doing (DEWEY), la scuola dovrebbe essere un luogo in cui i ragazzi vengono messi nelle condizioni di sperimentare e acquisire diverse competenze tecnologiche. Le TIC, inoltre, rappresentano strumenti alternativi utili all’inclusione di alunni con difficoltà, aiutando a favorire un inserimento positivo nel contesto scolastico tramite strumenti come audio-libri e sintetizzatori vocali. L’obiettivo rimane sempre quello di stimolare nei ragazzi lo sviluppo di competenze adattabili al loro progetto di vita, seguendo un’ottica di life long learning. VALUTAZIONE  La valutazione ha ad oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento di alunni e alunne delle istituzioni scolastiche, documentando lo sviluppo dell’identità personale e promuovendo l’autovalutazione di ciascuno in relazione all’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze. La valutazione è periodica e finale, coerente con l’offerta formativa ed effettuata dai docenti nell’esercizio della propria autonomia professionale. I criteri e le modalità di valutazione sono indicati nel PTOF. È effettuata collegialmente dai docenti contitolari della classe (primaria), e dal Consiglio di classe (secondaria). Lo scrutinio è presieduto dal Dirigente scolastico o un suo delegato. I docenti di sostegno partecipano alla valutazione di tutti gli studenti della classe. L’istituzione scolastica, nell’ambito dell’autonomia didattica e organizzativa, attiva specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento raggiunti o in via di acquisizione. Oggetto di valutazione è anche il comportamento, in riferimento allo sviluppo di competenze di cittadinanza. Riferimenti essenziali, in tal senso, sono costituiti dallo Statuto delle studentesse e degli studenti, dal Patto educativo di corresponsabilità e dai regolamenti approvati dalle istituzioni scolastiche. Per favorire i rapporti scuola-famiglia, la Circolare MIUR 1865 del 2017 ha previsto che, a seguito di valutazione periodica e finale, la scuola è tenuta a segnalare tempestivamente alle famiglie eventuali livelli di apprendimento parzialmente raggiunti, attivando specifiche azioni per il miglioramento dell’apprendimento. La normativa di riferimento in tema di valutazione è il d.lgs. 62/2017, attuativo della L. 107/2015, e il DPR. 122/2009. Il processo valutativo non deve mai mortificare il senso di autostima, ma, al contrario, tendere a valorizzare le capacità di ciascuno. In tal senso, l’insegnante dev’essere efficiente ed efficace nel valorizzare le abilità di ogni soggetto e nel tarare la valutazione sui tempi, modi e stili di apprendimento di ognuno di essi. Nella valutazione valutativa, diversa da quella sommativa che esprime un giudizio sull’apprendimento al termine di un certo periodo, assume un ruolo fondamentale il momento dell’osservazione. Attraverso l’osservazione dei propri alunni, infatti, l’insegnante è in grado di rilevare la loro capacità di organizzare il lavoro, il livello di autostima, di interesse, di attenzione e ha quindi la possibilità di intervenire per garantire il successo formativo di tutti, e nessuno escluso. Fondamentale è, inoltre, l’autovalutazione degli alunni: bambini e ragazzi sono chiamati a riflettere sulle proprie potenzialità, sulla qualità e quantità di lavoro svolto. Lo sviluppo dell’autoconsapevolezza è un traguardo fondamentale non solo nel percorso scolastico, ma in generale nel percorso di crescita. [L’esame di Stato conclusivo dei percorsi di istruzione secondaria di II grado verifica i livelli di apprendimento conseguiti da ciascun alunno, in relazione a conoscenze, competenze e abilità proprie dei vari indirizzi di studio. L’esame di Stato, inoltre, tiene conto della partecipazione ad attività per lo sviluppo di competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO, ex alternanza scuola-lavoro), dello sviluppo di competenze digitali e del percorso globale dello studente. Entro il 15 maggio di ciascun anno, il Consiglio di classe elabora un documento che esplicita i contenuti, mezzi, spazi e tempi del percorso formativo, criteri e strumenti di valutazione e gli obiettivi raggiunti. L’ammissione all’esame di stato è subordinata alla frequenza di almeno ¾ del monte ore annuale; la partecipazione alle prove INVALSI; lo svolgimento di attività per competenze trasversali e orientamento; votazione non inferiore ai sei decimi in ogni disciplina, compreso il comportamento. Gli studenti con disabilità sono ammessi all’esame di Stato conclusivo. Per questi, il Consiglio di classe stabilisce la tipologia di prove d’esame, aventi valore equipollente all’interno del PEI. La commissione può assegnare un tempo differenziato per effettuare le prove. Nel caso di svolgimento di prove equipollenti, viene rilasciato il diploma; in caso contrario o nel caso di non partecipazione ad alcuna prova, viene rilasciato l’attestato di credito formativo. Gli studenti con DSA sono ammessi a sostenere l’esame di Stato conclusivo, potendo utilizzare tempi più lunghi di quelli ordinari ed anche strumenti compensativi previsti dal PDP.]
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved