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Riassunto The Cambridge companion to Shakespearean comedy, Appunti di Letteratura Inglese

Riassunto in italiano di "The Cambridge companion to Shakespearean comedy"

Tipologia: Appunti

2014/2015

In vendita dal 29/06/2015

89Dina
89Dina 🇮🇹

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Scarica Riassunto The Cambridge companion to Shakespearean comedy e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! The Cambridge companion to Shakespearean comedy Prima parte Capitolo 1: Theories of comedy La commedia è senza dubbio un genere di difficile teorizzazione, eppure, fin dall’antichità classica, i tentativi non sono stati pochi, tant’è che molte delle discussioni sulla commedia che ebbero luogo nel XVI sec., presero le mosse dai trattati redatti nell’epoca classica, i quali, pur non arrivando a formulare delle vere e proprie teorie, fornivano dei resoconti sul genere dotati di grande generalità concettuale. Nell’antichità classica, così come nel Rinascimento, la commedia era fortemente criticata perché considerata bassa e volgare. I critici del teatro temevano le conseguenze della raffigurazione di comportamenti immorali sul palcoscenico, mentre i teorici della commedia dovettero tener conto della relazione tra le violazioni del decoro sociale fornite dalla commedia e il piacere prodotto dalla loro rappresentazione drammatica. Gli antichi riconobbero l’opposizione e la prossimità della risata e delle lacrime, poiché entrambe erano soggette a spiegazioni fisiologiche e psicologiche. La tradizione medica classica, inaugurata da Ippocrate e consolidata da Galeno e i suoi seguaci, tentò di dare una spiegazione fisiologica di questi due fenomeni, enfatizzando, nel caso della risata, il ruolo delle contrazioni del diaframma. Tuttavia, nella tradizione di Galeno, la predisposizione alla risata derivava da uno squilibrio degli umori, i quattro elementi la cui combinazione formava la personalità umana. Il luogo comune classico più famoso sul tema della risata era l’affermazione di Aristotele, in Le Parti degli Animali, che nessun animale, se non l’uomo, ride. Anche Rabelais richiamò queste parole all’inizio di Gargantua, in quanto venivano frequentemente citate nei testi medici del XVI sec. Tuttavia, non tutti i commentatori più tardi accettarono l’assunto di Aristotele che la risata fosse un elemento costituivo dell’umanità. Molti consideravano la risata e la comicità come potenzialmente pericolose. Infatti, uno dei primi padri della chiesa, Lactantius, rispose ad Aristotele che “il bene principale nell’uomo è solo la religione”, notando che anche gli altri animali hanno un loro modo di sorridere. Inoltre, lo stesso Aristotele si era allontanato da alcune delle implicazioni della sua affermazione. Nel IV libro dell’ Etica Nicomachea, per esempio, egli aveva messo in guardia contro i pericoli di un eccesso di risate e aveva sostenuto l’importanza di un atteggiamento moderato nei confronti dell’umorismo, che evitasse gli eccessi di volgarità. Ciò lo differenzia da Platone, che nel Libro III de La Repubblica, aveva affermato che i guardiani della Repubblica non devono essere soggetti al riso e nel Libro X della medesima opera, aveva asserito che la commedia portava gli spettatori ad accettare quello che altrimenti avrebbero ripudiato. Aristotele perfezionò questo argomento nell’ Etica Nicomachea, dove tentò di postulare uno “stato intermedio” che gli permettesse di distinguere il buffone dall’ “uomo dalla battuta pronta”. Il primo veniva descritto come “uno schiavo del suo senso dell’umorismo, che non risparmia né se stesso né gli altri per suscitare il riso”; il secondo invece mostra tatto, scherza senza usare modi sconvenienti, senza provocare dolore, ma donando piacere all’ascoltatore. Ne La Poetica di Aristotele, viene fatta una distinzione fondamentale tra tragedia e commedia, che si basa sul tipo di personaggi messi in scena: mentre i personaggi della tragedia sono dotati di levatura morale, i secondi sono persino al di sotto degli uomini comuni, contraddistinguendosi per la capacità di evocare il ridicolo. Omero presenta degli esempi per entrambe: l’Iliade punta alla tragedia, mentre Margite, un poema burlesco, punta alla commedia, dal momento che fornisce, secondo Aristotele, “non un’invettiva drammatica, ma un quadro drammatico del ridicolo”. Lo scritto di Aristotele divenne molto influente a partire dalla metà del XVI sec., ma prima di allora, le fonti più autorevoli sulla teoria della commedia erano: Cicerone, con la sua discussione sul comico nel secondo libro del De Oratore e alcuni saggi di Aelius Donatus. Cicerone afferma che è compito dell’oratore quello di suscitare la risata, ma che egli debba limitare la sua ironia alle cose che non evocano forte disgusto o profonda compassione. Come “l’uomo dalla battuta pronta” di Aristotele, l’oratore deve prestare attenzione al modo in cui suscita il riso. Inoltre, egli distingue tra due tipi di umorismo: l’uno impiegato sulle parole e l’altro sui fatti. Quest’ultimo viene poi ulteriormente diviso tra narrazione aneddotica e la volgare imitazione. Per Cicerone, l’oratore ideale deve adattare le tecniche comiche, mantenendo la distanza dagli eccessi del teatro comico. Donato è famoso per due saggi sul teatro: Sul Teatro, poi attribuito ad Euanthius, e Sulla Commedia. Nella prima opera, l’origine della commedia e della tragedia viene ascritta a cerimonie religiose che gli antichi tenevano per ringraziare le divinità per il buon raccolto. Inoltre, si dice che la parola “commedia” deriva dal greco komai (villaggio) e oide (canzone) e si riferirebbe ai canti dedicati ad Apollo, guardiano dei pastori e dei villaggi. All’inizio si trattava soltanto di canzoni messe in scena da un coro e poi vi si aggiunse una parte parlata, in cui gli autori descrivevano le azioni e i comportamenti dei membri del pubblico. Poi nacque una nuova forma, lo spettacolo satirico, il quale, attraverso battute rustiche e crude attaccava i vizi dei cittadini, senza menzionarne il nome. Questa forma venne poi sostituita dalla “Commedia Nuova”, caratterizzata da una più elaborata finzione, una trama più compatta e vicina alle vite dei membri del pubblico. Sia Euanthius che Donato analizzano gli elementi strutturali della commedia Terenziana, usando una serie di termini che divennero di uso comune nell’Europa Rinascimentale. Mentre Orazio, nella sua Ars Poetica, aveva affermato che nessun dramma debba essere più breve o più lungo di cinque atti, essi affermano che la commedia debba essere divisa in quattro parti: prologo, protasi, epitasi e catastrofe. Il prologo corrisponde al primo discorso, una sorta di prefazione al dramma, in cui è permesso dire qualcosa relativo all’argomento e indirizzarsi al pubblico; la protasi alla prima azione del dramma, in cui viene sommariamente spiegata la storia; l’epitasi presenta la complicazione e il nodo dell’azione drammatica, mentre la catastrofe corrisponde allo sbrogliarsi della storia e al finale. Per Euanthius, le differenze principali tra tragedia e commedia stanno nel fatto che i personaggi della commedia appartengono alla classe media, i pericoli non sono eccessivamente gravi ed il finale è lieto, mentre nella tragedia, i personaggi sono grandi uomini, le paure sono intense e i finali disastrosi. Inoltre, nella commedia, l’inizio è problematico e la fine è tranquilla; nella tragedia gli eventi seguono l’ordine opposto. Infine, nella commedia, la storia è sempre fittizia, mentre la tragedia è basata sulla verità storica. Nel Rinascimento, il sapere classico venne risvegliato e la commedia divenne una parte importante del curriculum scolastico. Gli intellettuali umanisti vedevano se stessi come i restauratori ed i rinnovatori della cultura classica. Un aspetto fortemente rimarcato nella commedia rinascimentale fu il decoro, aspetto che gli umanisti avevano scorto nelle opere del commediografo berbero, Terenzio. Praenotamenta di Badius fu stampato per la prima volta nel 1502 e continuò ad essere stampato per introdurre le edizioni di Terenzio per tutta la prima parte del secolo. Egli inizia discutendo dei personaggi e della dignità dell’arte poetica e poi fa un breve resoconto della storia della tragedia e limita a descrivere una moglie senza nome che non fa altro che brontolare e rimproverare, ma descrive una donna intelligente che discute con la sorella sul ruolo della donna nella famiglia, soffre di gelosia ed ha anche un ruolo importante nella rivelazione finale. Seguendo il falso Antifolo fino all’abbazia, Adriana vive lei stessa l’imbarazzante esperienza di essere chiusa fuori. L’esclusione, la chiusura, in questo caso, può indicare la perdita di se stessi e della ragione. Le rivelazioni e le riconciliazioni finali possono rappresentare riconoscimenti spirituali, sociali e fisici. Un’altra caratteristica fondamentale della commedia classica era la presenza di personaggi fissi: l’uomo anziano, la moglie, il giovane uomo, la giovane donna, lo schiavo, il soldato, ecc, i quali venivano spesso adornati con costumi e maschere che li rendevano facilmente identificabili. Per classificare i personaggi, i drammaturghi impiegavano anche nomi appropriati, come: il nome della ragazza Glycerium, che deriva da una forma diminutiva della parola greca glukeros (dolce) e significava “piccola cosa dolce”. Tra questi personaggi fissi c’era quello del soldato millantatore, il miles gloriosus, che venne riutilizzato da Shakespeare in diverse opere, tra cui: Love’s Labor’s Lost, All’s Well That Ends Well e Henry IV. Vestito con una tunica, un mantello corto, un berretto militare, il soldato, nel teatro antico, portava una spada ed uno scudo. I suoi capelli erano ricci e profumati e probabilmente indossava una maschera dai lineamenti fortemente stilizzati. Accompagnato da un parassita lusinghiero, il soldato si vantava delle sue prodezze militari e amatorie, non potendo però sfuggire ad una sorta di esposizione finale. La figuara del miles gloriosus visse molte trasformazioni nei teatri europeii. Gli Italiani spesso lo rappresentavano come uno Spagnolo, di solito un mendicante, e aggiungevano situazioni convenzionali, come il finto duello, in cui il soldato inventava delle scuse per evitare il combattimento. Il miles gloriosus messo in scena da Shakespeare in Love’s Labor’s Lost è lo Spagnolo Don Adriano de Armado, il cui nome evoca la formidabile flotta spagnola che combatté contro l’Inghilterra nel 1588, per venire poi distrutta, dispersa da una tempesta. In All’s Well That Ends Well, Shakespeare sviluppa in modo più completo la figura del soldato spaccone, Parolles, che si vanta delle sue gesta passate. Plauto e Terenzio organizzavano le loro commedie in una sequenza di: protasi (esposizione), epitasi (complicazione) e catastrofe (risoluzione), la quale divenne la norma nella commedia moderna. Spesso i due commediografi scrivevano trame con personaggi paralleli in situazioni parallele; caratteristica che appare anche in molte commedie di Shakespeare, come : i due gruppi di gemelli in The Comedy of Errors, le due storie d’amore in Much Ado About Nothing, le due sorelle in The Taming of the Shrew, ecc. Plauto e Terenzio hanno il merito di aver creato il vocabolario teatrale essenziale della commedia Occidentale, che Shakespeare, come molti altri commediografi a lui contemporanei, adottò. Capitolo 3: Italian stories on the stage La letteratura inglese ha da sempre subito l’influenza della narrativa Italiana, sebbene, più che Italiana, è più opportuno parlare di una narrativa molto più antica, che probabilmente ha origine nel folclore Indo-Europeo. I lettori inglesi del XVI sec. erano particolarmente attratti dalle versioni rinascimentali delle cosiddette “storie italiane”, in quanto, all’epoca, era normale che i commediografi riadattassero storie già esistenti, invece che crearne delle nuove. Non è un caso, Tasso, il più eminente dei teorici del teatro dell’epoca, arrivò ad affermare che l’originalità nella composizione drammatica doveva consistere nella forma piuttosto che nella materia. Anche Shakespeare si ispirò a racconti precedenti, tant’è che, tra le sue opere di influenza italiana, si annoverano cinque commedie e due tragedie identificate con delle novelle italiane: The Two Gentlemen of Verona, The Taming of The Shrew, The Merchant of Venice, Much Ado About Nothing, All’s Well That Ends Well, Romeo and Juliet e Othello, non contando i drammi romani di Titus Andronicus, Julius Caesar, Antony and Cleopatra e Coridanus, e ancora, le tragicommedie The Winter’s Tale, con il suo inizio e finale in Sicilia, e Cymbeline, il cui il nome e l’astuzia di Jachimo appartengono alla tradizione della novella di Boccaccio; due commedie ambientate in Italia, ma basate su storie italiane che circolavano sia in forma di novella che in forma drammatica, Twelfth Night e Measure for Measure; sei che provengono principalmente dal teatro italiano, come The Tempest e A Midsummer Night’s Dream, o che contengono certi personaggi e scene tipiche del repertorio del teatro italiano come, The Comedy of Errors, Love’s Labor’s Lost, As You Like It e The Merry Wives of Windsor. Il metodo tradizionalmente impiegato per spiegare l’Italofilia di Shakespeare è una lunga pratica di studio delle fonti che ha ricercato paralleli specifici con diversi testi italiani, specialmente nei generi narrativi come le novelle, molte delle quali furono anglicizzate da traduzioni in francese, romanzi cavallereschi, storie e dialoghi come Il Libro del Cortigiano di Castiglione. L’indagine di Painter in Palace of Pleasure, ha rivelato che Shakespeare si servì di diverse fonti per le sue commedie ed, in particolar modo, delle novelle di Boccaccio. 1) The Two Gentlemen of Verona è stato connesso con la novella di Boccaccio di Tito e Gisippo; 2) Romeo and Juliet è collegata alla storia Il Novellino di Masuccio Salernitano, rinarrata in Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti di Luigi da Corto, e di nuovo nelle Novelle di Matteo Bondello; 3) The Merchant of Venice fonde diverse fonti, incluso Il Novellino e Il Pecorone di Ser Giovanni Fiorentino; 4) The Merry Wives of Windsor si pensa sia ispirata al Pecorone II; 5) Much Ado About Nothing è indebitato alla novella di Bondello di Timbreo e Fenicia; 6) Twelfth Night proviene da una trama usata anche da Bondello e da Barnabe Riche; 7) Measure for Measure è basata su Ecatommiti di Giovanni Battista Giraldi e in particolare sulla novella di Iuriste ed Epitia; 8) Othello proviene anch’esso dagli Ecatommiti e si basa sulla novella del Moro di Venezia; 9) All’s Well That Ends Well segue il racconto di Giletta del Decamerone; 10) Cymbeline si basa sul racconto di Zinevra del Decamerone e su un’anonima versione inglese, Frederyke of Jennen del 1516. Molte storie italiane erano conosciute e riadattate in Inghilterra, ma le più celebri erano le collezioni di novelle disponibili nella traduzione in francese: quelle di Boccaccio, di Bondello e di Giraldi e i cicli dei romanzi cavallereschi, tra cui il più importante era Orlando Furioso di Ariosto, tradotto da John Harington nel 1591. Come gli autori inglesi si erano ispirati agli italiani, allo stesso modo, i commediografi italiani avevano tratto le loro storie da molte fonti e si erano serviti di generi diversi, come i romanzi e le novelle, per dare vita alle loro tragedie, commedie e opere pastorali. Non a caso, il teatro italiano del XVI sec. si basava sulla messa in scena di fonti narrative diverse, all’interno di una struttura teatrale in cinque atti, che era stata ideata sul modello delle opere di Terenzio e di Plauto. Boccaccio, che era considerato un modello per la prosa italiana, aveva uno statuto particolare come fonte per le storie di carattere amoroso e comico. La forma teatrale in cui queste storie vennero adattate venne chiamata “commedia erudita” o grave per la sua eredità classica. Quando Shakespeare cominciò a scrivere per il teatro, la commedia Italiana era in uno stato di completo sviluppo ed aveva prodotto diverse opere e stili. Il cast dei personaggi Plautini fu aggiornato ed aumentato nella commedia erudita, l’uomo anziano divenne “il vecchio”, i giovani amanti divennero “i giovani innamorati”, con servi e sfruttatori, il millantatore divenne “il capitano”, di solito di origine spagnola, il protettore divenne “il ruffiano”, la prostituta “la cortigiana”, la nutrice “la balia”, insieme a frati, pedanti ed altre aggiunte da fonti narrative, specialmente dal Decamerone. Nella prima metà del secolo, nacquero anche delle compagnie professionali di “commedia dell’arte”, ed i comici saccheggiarono le opere letterarie alla ricerca di materiali da riutilizzare nelle loro rappresentazioni in tre atti o per occasionali commedie scritte in cinque atti. È sicuro che Shakespeare ebbe accesso a queste diverse forme di teatro tramite Italiani a Londra o Inglesi che viaggiavano nel continente, tra cui il suo collega William Kempe, come è dimostrato dal Teatro delle favole rappresentative di Flaminio Scala, che testimonia il continuo mimare dei materiali fittizi e i metodi di selezione e combinazione di elementi appartenenti ad un repertorio comune. L’opera di Scala contiene ben cinquanta canovacci, di cui quaranta sono veri e propri scenari di commedie, mentre dieci sono un miscuglio di comico e sentimentale. Questi scenari rappresentano i tipi di drammi improvvisati dagli attori italiani sulla base delle trame tratte dalla commedia erudita. Spesso le trame venivano tagliate per poter essere adattate al numero di attori, i quali recitavano parti prestabilite e a volte anche doppie parti. I due vecchi sono il veneziano Pantalone ed il dottore Graziano, la serva di mezza età è Franceschina e il servo mascherato assume varie identità: Arlecchino, Burattino, ecc. Anche le trame erano molto essenziali, come: scambi di gemelli, travestimenti per servire o aiutare la persona amata, rivelazioni di identità e riunioni di famiglie separate, corteggiamenti, morti supposte,ecc. L’esercizio della mente, come la pratica costante nella danza, nel canto e nell’uso di strumenti musicali erano caratteristiche standard della commedia dell’arte. Così le migliori compagnie si preparavano per qualsiasi occasione, la prontezza era tutto. Negli stessi anni nacque anche “l’opera pastorale”, la quale era destinata esclusivamente alla corte e condivideva alcune caratteristiche con la commedia ed altre con la tragedia. In questo genere, veniva dato ampio spazio alla rappresentazione dell’amore e dei sentimenti, al cambiamento psicologico e alla provvidenza sovrannaturale. I protagonisti erano solitamente amanti mal assortiti o sfortunati, i cui nomi ed occupazioni provenivano dalle egloghe e dalle narrazioni classiche e del primo Rinascimento, mentre le relazioni, funzioni e azioni dalla commedia. I servi e i vecchi diventarono pastori e ninfe, il capitano lascivo e il servo furono sostituiti da satiri. Rappresentativa del genere è Aminta, favola boscareccia di Tasso. Essendo a conoscenza di come gli scrittori della commedia erudita e gli attori della commedia dell’arte facessero uso di scenari e situazioni già utilizzate, Shakespeare fece probabilmente lo stesso con le fonti di cui ebbe a disposizione. Tuttavia, il suo merito è quello di aver rielaborato ogni storia con indicibile creatività e di averla resa adatta all’ambito teatrale. Twelfth Night è probabilmente ispirata a Gl’ingannati, lavoro collettivo dell’Accademia degli Intronati di Siena, e a Parthenio di Giovanni Lappoli Pollastra. Come Twelfth Night, anche Gl’ingannati parla di una giovane ragazza, con una storia difficile alle spalle, che decide di travestirsi da uomo per sfuggire ad un matrimonio combinato e finisce per diventare il paggio del ragazzo di cui è innamorata. Anche Parthenio ha per protagonista una ragazza piena di risorse, Galicella, che si traveste da uomo per poter seguire Parthenio dal suo rifugio pastorale in Grecia fino a Babilonia e riconquistare il suo amore. Much Ado About Nothing, invece, ha molte somiglianze con Fratelli rivali, poiché entrambe le commedie hanno come punto di partenza una novella di Bandello, che parla di un inganno fatto ai danni di una donna per screditarla. Per Romeo e Giulietta, invece, Shakespeare segue tradizioni e delle abitudini della sua “Merry England”. Non solo egli ne descrive il clima di festa e di libertà, ma riesce anche a renderne gli aspetti più oscuri, attraverso immagini di ribellioni, rivoluzioni e pazzia. A corte, in occasione delle ricorrenze cristiane, venivano organizzate una serie di attività, che davano il via alle celebrazioni e ai riti che avevano luogo nelle province tra i diversi ceti sociali. Anche l’anno della regina era diviso in due: la stagione dei festeggiamenti aveva inizio il 17 Novembre, quando la regina tornava a Whitehall per festeggiare l’anniversario della sua ascesa al trono. Durante i dodici giorni delle feste di Natale, la corte era ravvivata da un gran numero di divertimenti, tra cui spettacoli teatrali, organizzati dal Maestro dei Festeggiamenti (Master of the Revels). Nel giorno della festa della Candelora, la corte si spostava a Greenwich o Richmond, dove aveva luogo la cerimonia della lavanda dei piedi di dodici poveri. L’estate era invece dedicata agli spostamenti della corte nelle province e le grandi famiglie aristocratiche del regno si occupavano di organizzare degli intrattenimenti stravaganti e sfarzosi. È molto probabile che Shakespeare seguì questi eventi da vicino, in quanto la descrizione del fiore magico chiamato “love-in-idleness” in A Midsummer Night’s Dream fu molto probabilmente ispirata alle straordinarie festività organizzate per la Regina Elisabetta a Elvetham nel 1591. Queste festività stagionali erano accompagnate da eventi occasionali, come battesimi reali, matrimoni e funerali, tutti pretesti per mostrare liberalità e giubilo, come si può vedere alla fine di Henry VIII, quando la popolazione batte alle porte del palazzo reale di Londra per il battesimo della piccola Elizabeth. Le festività, che avevano sempre rappresentato uno sfogo per le energie popolari, divennero sotto Elizabeth e James I, uno strumento di governo e una fonte di divertimento nazionale. Sebbene le festività fossero celebrate con grande pompa nelle città, esse erano il prodotto di una cultura rurale e popolare, i cui ritmi stagionali e le credenze pre-Cristiane erano legati ai misteri e alla magia della fertilità della natura. Shakespeare, essendo nato in un’area rurale, era particolarmente consapevole dell’importanza dei riti e delle feste e si dimostrò un genio nel fare uso drammatico dei miti e del folclore. La foresta di Arden in As You Like It, le spiagge pastorali di Bohemia in The Winter’s Tale, ecc erano tutte versioni Shakespeariane della concezione pagana e ritualizzata della natura. Essa era vista come un luogo di fuga dai limiti della legge e dalla brutture della vita quotidiana, un luogo di cambiamento interiore e di trasformazione, da cui, i personaggi dei suoi drammi, uscivano profondamente rinnovati. Proprio quando i temi e le immagini delle festività popolari cominciarono ad essere disseminate anche a corte, i saggisti Puritani, come Philip Stubbes, presero a metterle alla gogna. Tuttavia, molti furono quelli che ne presero le difese, come: Thomas Nashe, tant’è che nacque un vero e proprio interesse etnologico per i giochi, le abitudini e le festività di ogni angolo del Paese. Nei teatri londinesi, che attraevano un numero vastissimo di persone nel 1590, il paladino delle antiche tradizioni continuava ad essere il clown, il quale divenne significativo per l’atmosfera, vita e struttura della commedia Shakespeariana. La funzione del clown era quella di ridurre le pretese intellettuali e di porre l’attenzione su elementi più bassi e triviali. È ciò che accade in Love’s Labor’s Lost, in cui Costard e Jaquenetta esprimono sfacciatamente le proprie necessità corporee, in contrasto con le aspirazioni pretenziose dei cortigiani. Tuttavia, il clown più straordinario delle opere di Shakespeare è sicuramente Sir John Falstaff, presente in Henry VI (parte 1 e 2) e in una sola commedia, The Merry Wives of Windsor. Adattamento del parassita plautino e del ghiottone della Commedia Nuova Romana, Falstaff è famoso per i suoi giochi carnevaleschi, le sue improvvisazioni e commenti spontanei, i suoi giochi di parole e i suoi monologhi. Shakespeare fu molto attento al folclore e ai giorni festivi, senza, però, essere molto accurato nel riferirli. È probabile che il commediografo abbia scelto di propria volontà di non essere preciso nel riportarli, così come non si curò mai delle unità di luogo, tempo ed azione. Infatti, il suo scopo è quello di abolire la continuità del tempo e dare luogo ad una sorta di “ricreazione”, come in The Winter’s Tale, in cui si dilunga nella descrizione della tosatura di una pecora. Per Shakespeare, le festività popolari furono l’elemento cardine attraverso cui trasgredire e trascendere i confini generali, apportando alcune delle versatilità e delle sorprese della vita all’interno delle sue opere. Seconda parte Shakespearean comedy Capitolo 6: Forms of confusion La gran parte degli spettacoli teatrali, in tutto il mondo, ha avuto origine nelle festività stagionali, nei riti di fertilità e di iniziazione e in alcune forme di liturgia. Allo stesso modo, in tutto il mondo, l’oggetto del teatro è da sempre stato la confusione: sia che esso evochi orrore o speranza, il teatro dà forma al disordine e alla precarietà delle nostre vite. Tuttavia, la confusione non è comica, neppure se utilizzata in una commedia; eppure c’è un umorismo primitivo nelle semplici confusioni di parole o fatti che lo stesso Shakespeare non si stancò mai di adoperare. La confusione è un elemento portante anche della Commedia Nuova Romana, dove, molto spesso veniva presentato un giovane uomo innamorato, privo di particolari doti e di carattere, che riusciva a conquistare la sua amata grazie alle improvvisazioni del suo servo. La trama veniva complicata da intrighi ed inganni ed i nodi della confusione spesso venivano sciolti quando la ragazza si rivelava essere libera e quindi una compagna adeguata per l’eroe. Oltre venti delle ventisette commedie di Plauto e Terenzio pervenuteci sono costruite su formule come questa e i personaggi del giovane uomo e dello schiavo appaiono interscambiabili. Nelle loro opere non c’è alcun interesse per lo sviluppo del personaggio e le trame sono estremamente sintetiche; quasi ad anticipare le unità di tempo, luogo ed azione, introdotte dagli studiosi Rinascimentali. Questi personaggi semplificati vengono scarsamente toccati dal dolore fisico o morale; il loro unico scopo è quello di suscitare il riso. Per questo motivo le commedie di Plauto e Terenzio possono essere considerate delle semplici farse, prive della moralità che molti studiosi Rinascimentali sembrarono scorgervi, ma comunque essenziali alla nascita e allo sviluppo della commedia Europea. Shakespeare e Jonson reagirono diversamente al vuoto lasciato dalla Commedia Nuova: Jonson scrisse commedie satiriche, prive di eroine e di storie d’amore, ma basate sull’inganno, in cui il nostro giudizio morale è continuamente evocato, mentre Shakespeare diede maggiore importanza alle eroine che incarnavano i valori positivi e aiutavano a trasformare una società in una comunità. Shakespeare non era interessato alla psicologia dell’inganno diabolico e ciò gli permise di elaborare l’esperienza comica centrale della confusione, diminuendo il ruolo dell’inganno e rendendolo accidentale. Egli creò un nuovo tipo di esposizione o protasi: mentre la Commedia Nuova era organizzata in base ad un singolo impulso, Shakespeare mediò l’impulso predominante dell’amore attraverso vari processi, che rendevano la trama meno scontata. Fondamentalmente due forze dominavano le sue commedie. La prima era il conflitto tra legge e giustizia: un abuso di potere creava instabilità nella società o in una famiglia. La seconda era l’arrivo di uno o più viaggiatori o stranieri, che si rivelavano essere fonti di discordia o di insicurezza. In The Comedy of Errors, Shakespeare mostra la sua profonda conoscenza della Commedia Nuova e supera la sua fonte, Menaechmi di Plauto, aggiungendo un secondo paio di gemelli separati. A ciò aggiunge anche un conflitto tra la legge e giustizia: secondo una legge recentemente approvata da Efeso, la vita dell’innocente Egeone è in pericolo soltanto perché egli proviene da Siracusa. Il duca di Efeso, Solino, è intrappolato tra la giustizia naturale e la legge: prova compassione per Egeone, ma legalmente non può lasciarlo libero. Nel frattempo, lo straniero, Antifolo di Siracusa, si sente incompleto senza il gemello che non ha mai conosciuto e il caos della giornata non fa altro che indebolire la sua individualità, già messa a dura prova. In The Taming of the Shrew, l’ingiustizia di Battista, un ricco padovano, i cui favoritismi per la figlia minore, Bianca, hanno portato allo sviluppo di un carattere aggressivo, ma essenzialmente auto difensivo e bisbetico nella figlia maggiore Katherina, è complicata dalla sua decisione di non dare in sposa l’adorabile e ambita Bianca se prima non avrà fatto sposare la tremenda Kate. La situazione diventa ancora più esplosiva quando arrivano a Padova, Lucenzio di Pisa, uno studente che si innamora di Bianca al primo sguardo e Petruccio di Verona, alla ricerca di un matrimonio che gli procuri ricchezza. L’azione delle due commedie è quindi guidata in modo duale, ma a differenza dei drammi della Commedia Nuova, non si ha la sensazione che sia stata applicata una formula. Per esempio, nella Commedia Nuova, le tensioni tra padri e figli sono prevedibili. Anche in Shakespeare ci sono dei padri severi, ma le famiglie sono molto più varie nelle loro insicurezze. Allo stesso modo, i nuovi arrivati includono furfanti, cacciatori di fortune, esuli, vittime di naufragi ed addirittura l’itinerante Re delle Fate. I forestieri delle opere di Shakespeare possono essere visti come l’equivalente arricchito dell’ “alazon” della Commedia Nuova, il millantatore e pretendente. I metodi di Shakespeare incoraggiano diversi livelli di serietà e profondità di disordine, con i personaggi che cambiano posizione e ruolo in quasi ogni commedia. Nel caso di The Taming of the Shrew, Petruccio riesce a accomodarsi molto facilmente, mentre Katherina diventa una sorta di esile. Mentre la Commedia Nuova si focalizza sulla tipica famiglia borghese, integrata in un contesto urbano familiare, Shakespeare spesso trasporta i suoi personaggi in un bosco o in un paesaggio marittimo, sconosciuto, selvaggio, minaccioso, un luogo dove è facile perdersi, personificazione di ciò che si trova al di là della ragione e del controllo umano. Le commedie sono ambientate anche in contesti non familiari: non solo il mare e la foresta, ma anche città come Efeso, famosa per la stregoneria o una bizzarra casa di campagna o una terra straniera. Il fatto che Shakespeare ignori l’unità di tempo significa che può presentare “l’azione nel personaggio” e “il personaggio nell’azione”. La Commedia Nuova sottolinea la coerenza: i personaggi sono tipi immutabili, privi di sviluppo, con parole, emozioni e comportamenti in linea con l’età, il genere e la situazione sociale. Invece, nelle opere di Shakespeare, i personaggi non si limitano a sorprendersi, rallegrarsi o rattristarsi per quello che accade, ma vengono trasformati ed hanno una vita interiore. Fu Shakespeare, più di ogni altro scrittore, a sviluppare il mito dell’amore romantico, dipingendo il periodo del corteggiamento come un periodo di disorientamento, simile ad un rito di transizione, un periodo snervante, potenzialmente pericoloso, caotico, ma alla fine ricreativo. I personaggi devono essere preparati a correre il rischio: Petruccio e Katherina devono credere che l’altro sia degno di fiducia, fino a quando la confusione viene risolta con il matrimonio ed il gruppo riunito per festeggiarli. Nella Commedia Nuova, la confusione è esterna; i personaggi rimangono sbigottiti da eventi implausibili che hanno luogo nel mondo esterno, come una porta serrata o un figlio che rifiuta di attraverso l’immaginazione: attraverso la loro esperienza collettiva di illusioni, fantasie, incantesimi, finzioni. Alla fine della commedia, Demetrio rimane sotto l’influenza benefica della pozione d’amore di Oberon e la sua passione indotta per Helena non viene neutralizzata da un’altra sostanza, come accade per Lisandro. L’epilogo della commedia lascia aperta la questione dell’illusione e dei suoi effetti positivi o negativi: “Se noi ombre abbiamo offeso/ si rimedia se pensate,/ son visioni, dormivate”. The Taming of the Shrew pone ancora più chiaramente il problema della relazione dell’arte con la vita e la relazione dell’amore con l’arte. Kate personifica la tipica figura della bisbetica che si trova nelle ballate, nei sermoni, nei racconti popolari e nella tradizione misogina. Petruccio veste i panni dell’abile analista che cerca di curarla, usando un metodo ben poco ortodosso. Il comportamento idiosincratico, antagonistico e bizzarro di Petruccio è negativo tanto quanto quello di lei, in particolare durante la scena del matrimonio. Tuttavia, la commedia traccia una distinzione netta tra i due: mentre la pazzia di Kate è presentata come emotiva, soggettiva e complessa, quella di Petruccio è ironica, oggettiva e distaccata. Non appena gli effetti della sua terapia diventano visibili nella miracolosamente arrendevole Kate, allora la comunità lo accoglie e lo ricompensa per i suoi sforzi, tant’è che Battista arriva a raddoppiare la dote di sua figlia. Petruccio non si arrende finché non ha trasformato la sua Kate nella donna approvata dalla società patriarcale che egli rappresenta. Tuttavia, ciò non costituisce una vittoria dell’uomo sulla donna, in quanto un linguaggio femminile recalcitrante e non controllato persiste anche dopo l’apparente successo di Petruccio ed è portato avanti dietro la scena, da Bianca e la Vedova, le quali vengono raffigurate come le nuove bisbetiche della commedia. Shakespeare enfatizza la circolarità della sua trama. Ci sono due scene nell’Atto 4 (3 e 5), in cui Petruccio costringe Kate ad attenersi ad un mondo di sua stessa ideazione, in cui, a suo capriccio, la mattina è pomeriggio, il sole è la luna ed un uomo anziano è una giovane fanciulla. Così facendo, Petruccio si comporta come il furbo signore che decide di far mettere in scena un dramma per ingannare l’ubriaco Christopher Sly, e come lo stesso Shakespeare, che per tutto il tempo è impegnato a farci sospendere la nostra incredulità ed entrare nell’illusione teatrale. L’uomo può manipolare la sua donna proprio come l’artista manipola il suo materiale. I criteri estetici e la loro abilità di manipolare l’amore e la vita ricevono un trattamento molto più positivo in As You Like It. L’arte diviene il filo conduttore della commedia e celebra la vita, ma allo stesso tempo la vita fornisce materiale inesauribile all’arte. Twelfth Night è una delle poche commedie di Shakespeare che non prevede un viaggio verso un mondo rurale, in quanto i personaggi sono tutti residenti dell’incantevole Illiria o naufraghi sulle sue coste. Sia il tempo che il luogo sono carnevaleschi, ma Olivia rifiuta di aderire alla leggi del carnevale perché in lutto per la morte del fratello. Tuttavia quando Olivia si innamora di Cesario, la commedia può mettere in scena l’usuale serie di confusioni, trame e sottotrame in cui tutti i personaggi sono abusati o incantati. Soltanto Malvolio, convinto di essere amato da Olivia e poi deluso, viene escluso totalmente dal mondo incantato dell’Illiria. Capitolo 8: Laughing at others La risata è solitamente il motore della commedia e si può a ragione affermare che uno dei grandi piaceri del teatro comico è proprio il sentimento di euforia e liberazione che le risate forniscono. Tuttavia, l’impulso di ridere è profondamente equivoco. Quando si ride con qualcuno, la risata può essere un meccanismo attraverso il quale noi ci identifichiamo con un altro essere umano, un mezzo per stabilire legami psicologici e sociali. Altre volte, come quando si ride di qualcuno, la stessa reazione fisica può essere una forma di auto-affermazione aggressiva. La prima forma di riso, in cui le differenze umane e sociali si dissolvono nella comune allegria, può essere chiamata, seguendo Bakhtin, carnevalesca. La seconda, in cui tali divisioni sono perversamente rinforzate, può essere definita Hobbesiana, da Thomas Hobbes, che descrisse la risata come un’espressione di superiorità, un sentimento di gloria improvvisa sorta da una fulminea realizzazione della nostra potenza, a confronto con l’inferiorità degli altri. Entrambi i tipi possono favorire determinate forme di comunione sociale: la carnevalesca implica che tutti sono allo stesso livello e amplifica il senso di comunione, mentre quella Hobbesiana afferma la superiorità di una comunità in opposizione ad un individuo o gruppo che è al di fuori di essa. La commedia Romantica e Saturnaliana tende verso la risata carnevalesca; la commedia satirica verso la Hobbesiana. I bersagli della risata satirica vengono presi in giro, umiliati e spesso ostracizzati, forgiando la solidarietà del gruppo che è intento a deriderli. Data la natura dell’ideologia dominante e dell’etica sociale dell’Inghilterra Elisabettiana, non sorprende trovare nelle commedie di Shakespeare un certo favore nei confronti degli aristocratici, degli uomini, dei bianchi, degli eterosessuali e degli Inglesi a discapito dei poveri, delle donne, delle persone di colore, degli omosessuali e degli stranieri. Nella cultura Elisabettiana, tali categorie definivano un individuo normale, mentre tutto ciò che non le rispettava era considerato “diverso”. La presa in giro dei “diversi” è una caratteristica chiave dei drammi Elisabettiani e, naturalmente, si ritrova anche nelle opere di Shakespeare. In A Midsummer Night’s Dream, Bottom, un umile tessitore, che aspira ad sorprendere il Duca con la sua performance teatrale, viene trasformato in un asino; in The Taming of the Shrew, Katherina, la bisbetica, è presa in giro, ingannata e tormenta, fino alla sottomissione al marito, Petruccio; in The Merchant of Venice, Shylock, l’Ebreo, viene umiliato e deriso dai Cristiani; in The Merry Wives of Windsor, Falstaff, uno straniero che minaccia la pace della città, viene gettato nel Tamigi e picchiato, mentre in The Tempest, Calibano soffre gli abusi di Prospero e viene costretto alla sottomissione. Tutti questi personaggi sono estranei al gruppo sociale dominante e perciò sono tutti oggetto di risate e derisioni. Tuttavia, osservando più attentamente i “diversi” nelle commedie di Shakespeare, la loro “diversità” appare discutibile. Pur presentando delle opposizioni tra “normali” e “diversi”, nelle commedie di Shakespeare, la linea divisoria tra i due gruppi appare molto sottile. Nelle sue opere, l’impulso esclusorio dietro la risata Hobbesiana, non è mai letteralmente raggiunto. Sono molti i capri espiatori nelle sue commedie, ma nessuno di loro viene espulso dalla società. Invece di essere ostracizzati, essi vengono invitati a riunirsi alla comunità, come accade in As You Like It, dove il Duca invita Jacques a restare. Questi gesti di reinserimento alla fine delle commedie non vengono sentimentalizzati, ma sono dovuti all’accettazione dell’inescapabilità della tensione sociale. Il destino di Calibano in The Tempest sembra essere una eccezione alla regola, così come il trattamento di Shylock in The Merchant of Venice, in quanto l’ebreo viene privato del suo contratto, della sua ricchezza e anche della sua identità. Con l’eccezione di Don John in Much Ado About Nothing, a tutti i “diversi” delle commedie di Shakespeare, viene dato un momento o due in cui il pubblico o anche i personaggi in scena sono costretti a guardarli da dentro e a riconoscere la loro umanità. È ciò che accade a Calibano, che, mentre è intento a pianificare l’assassinio di Prospero con Stephano e Trinculo, cerca di dare coraggio ai suoi compagni ubriachi ricordando loro le bellezze dell’isola. Non solo il confine tra “normali” e “diversi” è molto labile nelle commedie Shakespeariane, ma appaiono molto incerte ed instabili anche le categorie che dovrebbero definire quali personaggi appartengono ad un gruppo e quali all’altro. Ad esempio, in A Midsummer Night’s Dream, Bottom, il tessitore, trasformato in somaro, rivela qualità da somaro, come il desiderio di grattarsi e di mangiare fieno, ma queste qualità vengono descritte come accattivanti, suscitando simpatia e non disprezzo. Probabilmente, il più complicato mescolamento di categorie nel trattamento dei “diversi” avviene nei ruoli delle eroine travestite, come Julia in Two Gentlemen of Verona, Portia in Merchant of Venice, Rosalind in As You Like It e Viola in Twelfth Night. Sebbene possa sembrare strano considerare queste protagoniste femminili come “le diverse” in drammi che sembrano celebrarle, l’etica patriarcale che dominava nell’Inghilterra Elisabettiana le rendeva tali, e ci sono diversi segni di questo status inferiore lungo i drammi. Alla fine, infatti, tutte loro finiscono per accettare il matrimonio patriarcale e diventano mogli di uomini superficiali, ma di alto potere sociale. Non solo le categorie dell’alterità sono mescolate nelle opere di Shakespeare, ma esse vengono anche viste da diverse prospettive. In A Midsummer Night’s Dream, i giovani aristocratici provano piacere nel deridere l’inetta rappresentazione di personaggi a loro socialmente inferiori. Tuttavia, la commedia messa in scena da Bottom e dalla sua compagnia, Piramo e Tisbe, fa proprio la parodia delle disavventure di giovani amanti. Come Bottom e Flute, anche loro hanno ricoperto il ruolo di amanti irrazionali. In The Merchant of Venice, Shylock è il “diverso” perché è un Ebreo vendicativo, ed è estraneo al gruppo dei Cristiani, che sposano la dottrina della pietà. Tuttavia, il comportamento dei Cristiani non appare poi tanto diverso da quello dell’Ebreo. Le tendenze meta-drammatiche delle commedie di Shakespeare amplificano la portata di questa incorniciatura ironica della “diversità”. La derisione dei “diversi”, infatti, avviene spesso in situazioni che mostrano i personaggi in qualità di attori o alle prese con la recita di un ruolo. Falstaff riceve la sua punizione mentre è mascherato da Herne, il cacciatore. Inoltre, sia i Nove Prodi di Love’s Labor’s Lost che lo spettacolo di Piramo e Tisbe in A Midsummer Night’s Dream, mostrano uomini comuni, che tentano di ricoprire dei ruoli non adatti a loro, derisi da persone a loro socialmente superiori. Probabilmente, il più sottile esempio di meta-dramma si trova in The Taming of the Shrew. Nella commedia, Shakespeare dà sfogo a tutte le sue fantasie patriarcali, a partire dallo stereotipo della bisbetica che viene addomesticata per diventare una moglie modello. La storia di Kate è una commedia nella commedia, messa in scena su richiesta di un ricco signore, il quale usa lo spettacolo per mostrare al mendicante Christopher Sly, quanto sia grandioso vivere come lui. I ruoli del signore e di Sly nel prologo sono paralleli a quelli di Petruccio e Kate nella commedia nella commedia: in entrambi i casi, un membro di un ordine inferiore viene persuaso ad accettare un’identità nuova e migliore. Il parallelo tra il ricco signore e Petruccio è accentuato dal fatto che entrambi sono cacciatori: il primo è appena tornato da una battuta di caccia del cervo, l’altro applica i metodi usati per addomesticare i falchi per domare la moglie. La complessità della commedia viene accentuata anche dalla sua ambientazione. Infatti, un modo convenzionale per identificare l’alterità era attraverso l’identità nazionale o anche locale. Gli stranieri erano spesso oggetto di scherno per i Londinesi dell’epoca Elisabettiana e la categoria includeva non solo gli Europei, ma anche i Gallesi, gli Scozzesi, gli Irlandesi, i popoli del nord e tutti i cittadini provenienti da luoghi che non erano l’Inghilterra. The Taming of the Shrew è ambientata principalmente a Padova, sebbene i suoi personaggi provengano anche da altre città Italiane: Lucenzio è Fiorentino, Vincenzo viene da Pisa e Petruccio da Verona. Se Katherina è una “diversa” in quanto bisbetica, anche gli altri personaggi della commedia lo sono, in quanto Italiani, creature distanti ed esotiche agli occhi sessuali. In Love’s Labor’s Lost, Sir Nathaniel si congratula innocentemente con Holofernes per il suo ruolo di insegnante, dicendo: “their sons are well tutored by you, and their daughters profit very greatly under you” (“i loro figlioli sono ben istruiti, e le figliole si fanno pregne di scienza sotto di voi), al che Holofernes risponde: “if their daughters be capable, I will put it to them” (se le figliole ci sanno fare, potete contarci che glielo saprò inculcare) (4.2.73-78). Il prestito di denaro è eroticizzato in The Merchant of Venice: Shylock nega il valore commerciale della carne di Antonio, ma definendola “fair flesh”, fa sì che la sua affermazioni sembri erotica. Inoltre, quando viene derubato dei suoi gioielli ed i Veneziani lo deridono per aver perso le sue “pietre”, in realtà, sembra che stiano sminuendo la sua mascolinità. Così come c’è una sorta di “sdoppiamento” tra il sesso e le altre attività, tale sdoppiamento sembra essere presente anche nell’attività sessuale stessa. In All’s Well That Ends Well, Bertram dorme con la moglie Helena, pensando che essa sia la domestica Fiorentina Diana, mentre in Measure for Measure, è Mariana a sostituirsi ad Isabella nel letto di Angelo. L’allegria e la spensieratezza riguardo al sesso, incarnate dagli scherzi di Launce, lasciano il posto all’orrore e al disagio nelle commedie più tarde di Shakespeare. Ad esempio, in The Winter’s Tale, domina un’immagine cupa ed angosciante della pubertà, la quale viene vista come la fine dell’innocenza e la caduta nel peccato. Il sesso nel teatro è linguaggio, gioco ed illusione. Tuttavia, coloro che si opponevano al teatro, all’epoca di Shakespeare, non la vedevano in questo modo. Notavano le prostitute nell’auditorium, i bordelli nelle vicinanze e speculavano su ciò che accadeva nei camerini, raccontando di come molte ragazze fossero state tentate a cadere nel peccato in seguito a ciò che avevano visto a teatro. Capitolo 10: Language and Comedy Le ramificazioni culturali e i dettagli linguistici del linguaggio comico di Shakespeare sono estremamente complessi. Per questo motivo, è opportuno focalizzarsi su quattro temi interconnessi tra di loro, illustrando ognuno di loro in riferimento a una o due commedie specifiche: la retorica e la società in Love’s Labor’s Lost; la logica e la risata in As You Like It; il genere ed il linguaggio in Measure for Measure e As You Like It; ed il contesto e la citazione in Twelfth Night. Una risorsa importante per il linguaggio delle commedie di Shakespeare è senza dubbio l’arte della retorica. La retorica Elisabettiana è stata spesso associata all’ornamentazione stilistica e alle diverse figure del discorso dai nomi oscuri, ma per gli Elisabettiani c’era molto altro in gioco nel loro adattamento di questa antica arte di persuasione agli usi sociali e letterari della lingua Inglese. Intorno al 1590, quando Shakespeare cominciò a scrivere, la lingua Inglese cominciava ad essere considerata pari al Latino e al Greco e ciò fu dovuto in parte alle traduzioni di testi religiosi ed in parte anche allo studio della retorica da parte dei poeti Inglesi. Quando Shakespeare fece di quest’arte il principale oggetto di attenzione della sua Love’s Labor’s Lost, non stava soltanto indulgendo in una esibizione di parole, ma stava allo stesso tempo celebrando e criticando ciò che i suoi contemporanei vedevano come la maturazione della lingua Inglese. Infatti, facendo della sua opera vernacolare un’esibizione nella retorica, Shakespeare mostrò che l’Inglese poteva fare con le parole tanto quanto il Latino. Molte delle figure retoriche usate in grande profusione nella commedia riapparvero molto spesso nel dialogo comico Shakespeariano. Le frequenti allusioni alla terminologia classica rendono chiaro che Shakespeare, oltre ad identificare la retorica con lo stile, era familiare con la struttura olistica Ciceroniana in cinque parti, che includeva l’invenzione (la scelta dell’argomento), la disposizione (l’organizzazione del materiale), lo stile (l’espressione delle idee in un linguaggio gradevole), la memoria (strategie per memorizzare idee e discorsi), e la realizzazione (uso della voce e dei gesti). I commenti auto-riflessivi sul linguaggio sono molto comuni nelle commedie di Shakespeare e la terminologia retorica abbonda specialmente in Love’s Labor’s Lost perché quasi tutti i personaggi si comportano come osservatori e critici delle pratiche linguistiche degli altri. Il pedante Holofernes condanna l’invenzione di Berowne ed elogia quella del poeta Romano Ovidio; mentre i cortigiani esibiscono il loro buon gusto criticando lo stile eccessivo di Armado. I personaggi del dramma sono quasi ossessionati dalla raffinatezza dello stile, tant’è che un’analisi della commedia si può facilmente trasformare in un’enciclopedia di figure retoriche. Solitamente, le figure retoriche sono divise in: schemi (come le allitterazioni), che manipolano le parole e la struttura della frase, e i tropi (come le metafore), che effettuano dei cambiamenti rispetto al significato usuale delle parole. La forma preferita in Love’s Labor’s Lost sono gli schemi. L’abitudine alla ripetizione delle parole e all’inversione slitta impeccabilmente nella tecnica comica del gioco di parole. Il dramma abbonda di ambiguità verbali basate sulla ripetizione e di significati mutevoli. In particolare, sono molti i casi di synonymia, l’accumulo di parole dal significato simile e di periphrasis o di circonlocuzione, specialmente nei discorsi di personaggi i cui eccessi verbali sono esplicitamente satirizzati, come quelli di Armado e di Holofernes. Le commedie di Shakespeare moltiplicano le differenze linguistiche, o varietà, per emulare o creare mondi sociali stratificati. Per questo, in Love’s Labor’s Lost, Shakespeare cita o inventa lingue per diverse occupazioni, generazioni, classi sociali, ecc. In questo modo, egli moltiplica le opportunità di contrappunti stilistici, collisioni, scambio di battute ed errori. Il linguaggio delle classi inferiori si contraddistingue in parte per un’incompetenza che è intesa a causare la risata. C’è dunque una dimensione politica nei formali incontri stilistici del dialogo comico. Richard Helgerson ha affermato che Shakespeare e la sua compagnia teatrale sono allineati con l’aristocrazia e la monarchia. Tuttavia, ciò non è sicuramente vero di Love’s Labor’s Lost, dove le barbarie comiche del linguaggio sono messe in scena da entrambi i gruppi sociali. I personaggi stessi elaborano ed esagerano le differenze linguistiche nell’uso dell’Inglese per indicare ed aumentare il loro capitale sociale. Ad esempio, Armado, Holofernes e Nathaniel tentano sempre di evidenziare il loro valore, differenziando il loro linguaggio dalle pratiche della “rozza moltitudine”. La stratificazione linguistica diventa un mezzo per riflettere su come gli agenti sociali, avanzando la loro battaglia per la superiorità, sono loro stessi, con le parole di Pierre Bourdieu, “produttori” di “atti di classificazione”, ossia fautori di divisione sociale. In Love’s Labor’s Lost, la ricerca dell’eloquenza pone attivamente i soggetti sociali in competizione. La logica e la retorica erano due aspetti inseparabili nel pensiero Elisabettiano. Una chiave per comprendere l’inventiva di Shakespeare nel linguaggio comico è vedere come assimilò ciò che apprese dalla logica e dalla retorica con ciò che apprese dall’osservazione delle conversazioni quotidiane delle persone intorno a lui. As You Like It, una delle commedie mature di Shakespeare, sembra, ancor più di Love’s Labor’s Lost, una conversazione, ma il suo linguaggio, sia in prosa che in versi, è notevole per il suo accento sulla logica e sul dibattito. Data l’informità della prosa del XVI sec., la logicità della sintassi comica di Shakespeare ha un ruolo importante nello strutturare la frase, intensificare i momenti importanti e farne uno strumento flessibile adatto ad un’ampia gamma di usi. Gli sciocchi arguti delle commedie più mature di Shakespeare sono i comici più puri con le parole. Questo perché gli sciocchi sono dei logici, tra i cui mezzi più basilari c’è il sillogismo, una forma che dà luogo ad una disputa o ad un ragionamento in termini di tre proposizioni: un’affermazione discutibile, supportata da due ragioni correlate, da cui la sperata conclusione deve chiaramente seguire. Solitamente, lo sciocco avanza una pretesa discutibile, basata su ragioni che il pubblico ritiene accettabili, fino ad arrivare all’irragionevole conclusione. È proprio l’assurdità della questione, insieme alle false mosse messe in atto per provarla, che provoca il divertimento. Un’altra causa della risata è l’incongruità tra le forme prevedibili e i loro risultati assurdi. Una causa connessa è l’incongruità tra le forme di cultura prestigiose, che forniscono il meccanismo per l’umorismo sofisticato dello sciocco e le tematiche basse a cui accenna. Non solo lo sciocco è un logico, ma anche un “corruttore” di parole, che sfrutta le ambiguità e i doppi significati delle parole. Queste tecniche non sono limitate soltanto agli sciocchi, ma vengono usate anche da personaggi come Rosalind. Ella scredita Touchstone per aver criticato i versi di Orlando, con un complesso sfoggio di ragionamenti, che si basano su un gioco di parole tra “medlar” (nespolo) e “meddler” (ficcanaso). Le commedie Shakespeariane sono ricche di rappresentazioni o fantasie di donne competenti, eloquenti e potenti. Rosalind, Portia, Viola e Beatrice, tra le altre, non solo parlano copiosamente ed in maniera corretta, ma con le loro parole riescono addirittura a cambiare le situazioni, cambiare idee, aiutare o far del male agli altri. È un’immagine molto diversa rispetto a quella più comune della donna silenziosa, casta ed obbediente. La critica femminista nelle ultime decadi ha spesso sollevato la questione della differenza tra linguaggio femminile e quello maschile. A questo problema viene data esplicita attenzione nell’affermazione di Rosalind che Phebe non può avere scritto la lettera che Silvius le ha consegnato: “I say she never did invent this letter./ This is a man’s invention, and his hand” (Io dico che una lettera così/ lei non l’avrebbe mai saputa scrivere./ Un uomo l’ha ideata e gliel’ha scritta.) (4.3.28-29). Per quanto riguarda la calligrafia di Phebe, ci si potrebbe chiedere se Rosalind sta associando un particolare modo di scrivere con la femminilità, ma non sembra questo il caso, perché le ragioni che dà per la sua affermazione sono: “She has a leathern hand, /A freestone- colour’d hand. I verily did think/ That her old gloves were on, but ‘twas her hands./ She has a hussif’s hand” (La sua mano l’ho vista: sembra cuoio, /giallastra, del colore del mattone, /tantochè m’era parso, a riguardarla, /che portasse dei guanti scoloriti,/ e invece erano proprio le sue mani;/ le mani, insomma, d’una lavapiatti.) (4.3.24-27). Tali ragioni complicano ulteriormente la questione della differenza di sesso in quanto a ciò si aggiunge la variabile della classe sociale: Phebe non può aver scritto la lettera perché non appartiene alla classe raffinata ed istruita che sa scrivere. Tuttavia, la caratterizzazione dello stile come: “a man’s invention” sembra portare verso un’altra direzione. Da un lato, sembrerebbe portare il semplice ed inaffidabile stereotipo degli stili femminili e maschili, ma dall’altro, la frase potrebbe far intendere che l’intera interazione Petrarchesca che la sottotrama Silvius-Phebe porta alla luce, tra un innamorato poetico e una donna crudele, tirannica e solitamente silenziosa, sia un’invenzione maschile. Inoltre, i versi di Phebe sono competenti ed anche eloquenti, non mere imitazioni. L’inconvenzionalità delle emozioni espresse sembra mostrare genuinità, come se la donna stesse parlando francamente, anche se la sua voce non dispone che dell’ “invenzione maschile” per poter esprimersi. Se i versi di Phebe sollevano delle complessità sulla produzione del linguaggio femminile, la situazione di Isabella in Measure for Measure, tratta le complessità della sua ricezione. Dando ad Isabella ed Angelo simile linguaggio e logica, nel dramma, Shakespeare esplora come la differenziazione linguistica tra i sessi può manifestarsi nella sua ricezione piuttosto che produzione. La volubile Isabella, una contendente energica nella prima parte del dramma, viene poi governata nel suo discorso dal Duca nella seconda metà. Le sue esperienze di ricezione condizionano la sua inibizione: in un certo senso, ella smorza la sua eloquenza nel contesto delle discussioni del mondo travestimento si fonda su connotazioni sia letterarie che colloquiali: è l’incarnazione dell’attrazione omosessuale. Capitolo 12: Matters of state Le questioni di stato fanno spesso da sfondo alle commedie Shakespeariane: il funzionamento della legge o l’esercizio dell’autorità può dare loro un taglio minaccioso o problematico; e a dispetto delle ambientazioni esotiche e delle azioni fantastiche, alcune commedie rivelano le preoccupazioni e le condizioni politiche dei primi anni dell’Inghilterra moderna. Quattro commedie: The Comedy of Errors, The Merchant of Venice, Measure for Measure, e The Tempest trattano di questioni politiche e legali, descrivendo personaggi sotto sorveglianza o in catene. Tutte e quattro le commedie terminano in scene di processi o di giudizi ed in tutte, il rigore della legge viene mitigato dalla pietà o dalla fortuna. Inoltre, tutte e quattro le commedie sono ambientate in regni remoti o favolosi ed in un’isola inabitata, dove l’ordine è capovolto. Si tratta di versioni fittizie di Londra o più in generale dell’Inghilterra, o del loro possibile futuro, e i loro duchi sono l’ombra dei governanti Inglesi, di rivali o nemici. L’azione di The Comedy of Errors è incorniciata dalla sentenza di morte di Egeone. Disastri meno estremi si abbattono su Antifolo di Efeso, che è imprigionato per debiti e dichiarato pazzo, mentre gli schiavi gemelli sono continuamente minacciati dall’incombente violenza. Nonostante si trattasse di una finzione, il pubblico Elisabettiano potrebbe aver riconosciuto in esse delle realtà storiche. L’ostilità e l’inimicizia tra Siracusa ed Efeso corrispondono allo stato di guerra che esisteva tra Inghilterra e Spagna. Nel 1568, Filippo II aveva posto un embargo sul commercio con l’Inghilterra, ordinando ai porti Spagnoli di impadronirsi dei trasporti Inglesi e dando istruzioni alle autorità affinché arrestassero ogni Inglese e confiscassero ogni suo bene. Tuttavia, l’embargo spagnolo fu ampiamente ignorato, in quanto le autorità locali permisero ad alcuni mercanti Inglesi di rimanere nel Paese. Altri Inglesi, invece, corsero il rischio di entrare in Spagna assumendo una nazionalità neutrale. Sebbene il numero dei mercanti catturati e trattenuti dalle autorità fosse abbastanza basso, i libri ed i pamphlets di allora davano un’impressione più spaventosa. L’ostilità tra i due paesi era motivata principalmente da questioni religiose, ma gli Inglesi credevano che la persecuzione Spagnola fosse dovuta a motivazioni di profitto. La Regina Elisabetta criticava “la malizia e la sete di guadagno degli Spagnoli” che cercavano di confiscare ed appropriarsi dei beni dei suoi sudditi. Allo stesso modo, la legge di Efeso assicura che la cattura di Egeone porterà benefici alle autorità: per evitare l’esecuzione deve pagare un riscatto elevato; se viene condannato a morte, i suoi beni saranno confiscati dal Duca. Nel testo di Shakespeare, la legge di Siracusa eguaglia quella di Efeso, mentre l’Inghilterra Elisabettiana non promulgò leggi identiche a quelle della Spagna, ma ricambiò alcune delle pratiche spagnole. Dopo la campagna militare dell’Armada del 1588, le autorità tennero per riscatto alcuni prigionieri spagnoli e condannarono a morte il resto. Anche alcuni Inglesi consideravano queste esecuzioni oltraggiose. Nel 1588, inoltre, due preti della Chiesa Romana, accusati di traffici con la Spagna, furono condannati a morte all’ Hollywell Priory, adiacente al Teatro di Shoreditch. Nel mettere in scena l’esecuzione di Egeone e la figura della Badessa in The Comedy of Errors, Shakespeare può aver fatto riferimento alla topografia di questi luoghi e quindi alle minacce passate e presenti e alle vendette scaturite dall’inimicizia Anglo- Spagnola. I Siracusani di Shakespeare sono diffidenti verso Efeso: “La città, dicono, è piena di diavolerie Giocolieri che ingannano la vista, Demoni occulti che ti cambian l’anima, Stregoni che deformano il tuo corpo, Erranti ciarlatani che ti frodano” (I.2.97-101) Gli Inglesi Protestanti avevano la stessa visione del Cattolicesimo Spagnolo, che consideravano un cumulo di superstizioni e una potenziale influenza diabolica. L’assurdità del Papato è incarnata in Shakespeare nella figura del Dottor Pinch, che tenta di esorcizzare Antifolo di Efeso e viene mandato via in malo modo. Shakespeare dà un volto più umano al Cattolicesimo con la Badessa, la quale assume un ruolo ancora più rassicurante nei panni della moglie perduta di Egeone, né suora per vocazione né figura femminile provocatoriamente autonoma. La legge oppressiva che minaccia Egeone, è dimenticata per la maggior parte del tempo, ma introduce altre forme di legge che aiutano a tenere legati i nodi della trama. Quando Antifolo di Efeso si ritrova arrestato per debiti, viene consegnato al carceriere che è descritto in modo terrificante da Dromio di Siracusa: “A devil in an everlasting garment…One whose hard heart is button’d up with steel, … One that before the judgment carries poor souls to hell” (“Un demonio in uniforme… Col cuore abbottonato nell’acciaio… Uno che prima ancora che suonino le trombe del giudizio ti sbatte all’inferno”) (4.2.33-40). Forme legalizzate di percosse e incarcerazioni riempiono il testo. Antifolo di Efeso commissiona una catena d’oro, destinata prima a sua moglie e poi ad una prostituta, ma che invece finisce, come per magia, nelle mani di Antifolo di Siracusa. Questo emblema d’amore e di abbondante fortuna si trasforma in una prova contro Antifolo di Efeso, accusato di debiti. Quando questi impreca contro il carceriere, deve affrontare anche la minaccia di essere letteralmente legato e condotto in una stanza buia, come se fosse un pazzo. Come la collana, Antifolo di Efeso ordina una corda, con cui battere la sua apparentemente infedele sposa e i suoi complici. Tuttavia, riesce solo a battere il suo schiavo Dromio, che viene probabilmente legato con la stessa corda. La corda che batte, colpisce e lega è l’emblema della violenza con cui l’autorità viene esercitata. Anche in questo caso, la minaccia Spagnola getta la sua ombra. I crimini Spagnoli contro gli schiavi Americani furono denunciati come una forma demoniaca, ma, dall’altra parte, possedere o commerciare schiavi non era una cosa aliena o sconosciuta agli Inglesi. Infatti, ci furono, in Inghilterra, proposte per schiavizzare gli Indiani d’America catturati, come soluzione ai problemi sociali della stessa Inghilterra. C’era dunque un elemento di dislocamento ideologico nella pratica Inglese di considerare la schiavitù come un esempio della barbarie degli Spagnoli. In The Comedy of Errors, c’è una tendenza contraria, atta a rendere naturale ed accettabile la schiavitù. Nelle commedie Romane che fanno da modello a The Comedy of Errors, gli schiavi comprano la loro libertà alla fine, mentre nella versione Shakespeariana, i due Dromio rimangono schiavi: lo scioglimento provvidenziale della commedia non si estende a questo grado di affrancamento. The Merchant of Venice è governato da legalismi: contratti, testamenti, giuramenti matrimoniali,ecc. Questi aspetti della legge civile diventano questioni di stato quando Shylock tenta di affermare che il contratto di Antonio collide con le leggi di Venezia. Lo scontro rivela che lo stato Veneziano usa la legge per privilegiare i suoi cittadini Cristiani ed arricchirsi. Quando la persecuzione di Shylock verso Antonio si riversa contro di lui, Venezia rivela una spietatezza politica inaspettata. La trasformazione corrisponde alla doppia natura della città, conosciuta per la sua frivolezza, ma anche ammirata per la sua formidabile forza navale e severità giuridica. Le argomentazioni e le suppliche che pervadono il dramma fanno del pubblico il giudice o la giuria, ma le molte contraddizioni confondono il giudizio. L’aforisma di Portia “Nothing is good, I see, without respect”, che indica che i giudizi variano in base alle circostanze, riassume l’operato della legge nella commedia. C’è una legge per i Cristiani ed un’altra per gli altri. Nell’atto 4, la legge è usata in maniera punitiva per condannare ed umiliare Shylock, mentre nell’atto 5, viene usata per rincuorare e perdonare Bassanio. Mentre la scena del processo si avvicina e si dispiega, la persecuzione di Antonio da parte di Shylock fa della legge il mezzo di una furiosa vendetta, rivelando la natura inconsistente della legge, facilmente suscettibile ad un uso improprio. Tuttavia, in The Merchant of Venice, la legge e non la fortuna è anche la fonte di rimedio; il potere di stato e la legge producono la risoluzione. Ma in questo processo, essa condivide in parte i mezzi di Shylock, basandosi su cavilli legali ed imbrogli. La salvezza di Antonio da parte di Portia si basa su una lettura astuta del contratto, un brillante coup de théâtre, ma improbabile legge. La città di Venezia, con la sua importante comunità di Ebrei usurai, per gli Inglesi, esemplificava un’economia costruita sul commercio invece che sulla terra, e una società cosmopolita. Londra condivideva molte caratteristiche con Venezia, ma il regime Elisabettiano tentava di contenere gli Ebrei all’interno delle forme politiche e sociali. The Merchant of Venice esprime le paure e le ansie destate dai possibili cambiamenti economici e sociali. Il benessere è instabile e può sparire in qualsiasi momento a causa di un naufragio o di un decreto di stato. Shakespeare concede a Shylock una certa dignità ed una serie di validi discorsi in sua difesa. Questo trattamento conflittuale dalla vittima-cattivo ha dei precedenti storici e, nello specifico, ricorda il caso di Roderigo Lopez, ebreo Portoghese ed importante dottore al servizio della Regina Elisabetta, il quale venne condannato a morte nel 1594 per aver preso parte ad un complotto Spagnolo per uccidere la Regina. In quest’episodio, così come nella commedia Shakespeariana, lo spettacolo dell’Ebreo condannato può essere visto con esultanza o con compassione. La forzata conversione di Shylock a causa del suo tentativo, non riuscito, di uccidere un cittadino poteva anche suggerire, al pubblico Inglese, le condizioni del Cattolicesimo continentale, che tentava di esaminare le credenze personali attraverso le sue Inquisizioni e, in particolare, era noto per aver da sempre tentato di convertire gli Ebrei. Infatti, la legge Inglese si limitava a punire le azioni, non le intenzioni, e la Riforma Inglese era generalmente soddisfatta della conformità esteriore. In Measure for Measure, la tradizionale opposizione comica tra legge e licenza viene riconfigurata per produrre l’acerbità distintiva del dramma. Nella commedia, il sesso si manifesta nella prostituzione e nelle sue malattie, o nelle proposte inopportune di Angelo nei confronti di Isabella, o nella costrizione da parte del Duca che Angelo abbia rapporti con Mariana. Anche i giovani e innocui Claudio e Juliet si pentono dei loro misfatti sessuali. La storia di Angelo mette in scena la fragilità umana dell’autorità giudiziale che pretende di avere il diritto di punire la fragilità altrui. Il controllato e freddo uomo di giustizia dimostra di avere passioni dopo tutto e nel privato trasgredisce la legge che tanto fa rispettare pubblicamente. Tuttavia, la passione di Angelo non è piacevolmente grottesca né facilmente perdonabile. Quando viene disonorato pubblicamente, Angelo implora la morte invece del perdono; il suo ruolo minaccia di perturbare la convenzione comica. La commedia sottopone ad un trattamento distintivo anche un altro groviglio legale: la minaccia di esecuzione di Claudio per aver ingravidato Madame Julietta. Si tratta di una punizione eccessiva per un’offesa perdonabile, che il pubblico di una commedia si aspetta venga capovolta con leggerezza, mentre, invece, la minaccia di morte riceve una forte enfasi e risuona a lungo nel dramma. Il Duca
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