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Il cavaliere oscuro: Un'analisi del filone supereroico nel cinema di Christopher Nolan, Sintesi del corso di Storia Del Cinema Americano

Il film 'Il cavaliere oscuro' diretto da Christopher Nolan e analizza come il supereroe Batman affronta il criminale Joker. Il testo si concentra sulla presenza di 'unified action' e 'multiple plots' nel cinema supereroico contemporaneo, e come il personaggio di Batman si adatta a questo genere. Vengono citati altri film supereroici come riferimento.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 08/01/2022

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simone-orlando-5 🇮🇹

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Scarica Il cavaliere oscuro: Un'analisi del filone supereroico nel cinema di Christopher Nolan e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Cinema Americano solo su Docsity! The Dark Knight - ma * Il cavaliere oscuro (The Dark Knight) è un film del 2008 diretto da Christopher Nolan e basato sul supereroe Batman. La pellicola è il seguito di Batman Begins (2005), anch'esso diretto da Nolan, ed è stata preceduta dal film direct-to-video Batman: Il cavaliere di Gotham, raccolta di cortometraggi animati realizzati in stile anime, che coprono l'arco temporale tra i due lavori cinematografici. Nel 2012 è uscito il seguito del film, Il cavaliere oscuro - Il ritorno, che conclude la trilogia di Nolan. In questo film Bruce Wayne, alias Batman, affiancato dal procuratore distrettuale Harvey Dent e dal commissario James Gordon, si trova ad affrontare un folle criminale che si fa chiamare Joker. Nel 2020, il film è stato selezionato dalla National Film Registry per essere conservato nella Biblioteca del Congresso. Alcuni studiosi vedono un filo diretto tra il blockbuster contemporaneo e il cinema epico mitologico, storico e religioso del passato. del passato. Tra i molti esempi vengono citati Titanic (id., James Cameron, 1997), Gladiator (Il gladiatore, Ridley Scott, 2000), la trilogia Lord of the Rings (Il signore degli anelli, Peter Jackson, Superman Returns (id., Bryan Singer, 2006), Batman Begins (id., Christopher Nolan, 2005), Spider-Man (id., Sam Raimi, 2002) e Spider-Man 2. Puntando su alcuni elementi costituitivi del racconto epico cinematografico quali la figura dell'eroe o la durata del film superiore la media, Costantine Santas si focalizza su due costanti particolarmente significative se applicate al contesto seriale e transmediale del blockbuster supereroico contemporaneo: da un lato l'“unified action”, dall'altro i “multiple plots”. Il blockbuster contemporaneo fa un punto di forza, relegando in flashback o facendo emergere dai racconti gli episodi troppo lontani dal tempo presente della narrazione. Accanto a questa unità d'azione, Santas sottolinea però l'esistenza di trame molteplici. Componente necessariamente inscritta nella natura stessa delle storie che il cinema dedicato ai supereroi racconta, tale compresenza parallela di trame può raggiungere, come nel caso di Spider- Man 3 (id., Sam Raimi, 2007), scioglimenti vertiginosi: i villains si moltiplicano, la sfera privata e quella pubblica arrivano a collidere in maniera irreparabile, portando a un'unica conclusione tutte le fila intrecciate non solo dal film stesso, ma anche dai due precedenti. Se dunque l'esistenza di “multiple plots" è garantita dalla natura seriale delle produzioni in esame, i film dedicati al franchise denominato Marvel Cinematic Universe a partire da Iron Man (id., Jon Favreau, 2008) sono concepiti in modo da far sì che appaia evidente allo spettatore come ogni opera faccia parte di un universo narrativo più esteso. Le singole trame e i personaggi, infatti, finiscono per confluire, periodicamente, in film che li raggruppano tutti, come The Avengers. Oggi invece alla diffusa tradizione del sequel si accompagna quella di universi narrativi coerenti in grado di espandersi parallelamente, esattamente come nel fumetto. La pianificazione accurata di mondi connessi regolati da rigorose continuity avviene nei comics attorno alla metà degli anni Ottanta, quando al primo grande crossover Marvel, Secret Wars (Guerre segrete, 1984-1985), la DC risponde con Crisis on Infinite Earths (Crisi sulle Terre infinite, 1985-1986). Questo tipo di strategia si intensifica negli anni Duemila, quando Joe Quesada, allora editor-in-chief Marvel, decide di aumentare i legami tra le diverse collane e, di conseguenza, il numero di crossover tra esse. La malleabilità delle narrazioni a fumetti a tema supereroico porta così a continue rivisitazioni, che impongono alle collane una serialità debole. Da X-Men (Bryan Singer, 2000) alle numerose produzioni attualmente in cantiere, ogni sceneggiatore chiamato a trasporre sullo schermo un personaggio dei comics si trova pertanto a dover attingere a un corpus di storie non solo impossibili da sintetizzare, ma spesso in contraddizione tra loro. In altre parole, i supereroi arrivano al cinema già come eroi trasmediali, che esistono al di fuori dei testi familiari a tutti. Superman Returns sembra essere contemporaneamente un sequel in sostanziale continuità con i primi due capitoli della saga ma non con il terzo e il quarto. Questo elemento, accompagnato dal rilancio di un franchise complessivo, fa del film contemporaneamente anche un reboot, che ricalca però il modello riproponendone alcune scene, addirittura alcuni dialoghi. In tal senso, Superman Returns si presenta come un remake fin dai titoli di testa. Il progressivo incupimento del prodotto diviene esplicito, e la parola "dark" e le sue derivazioni, dall'uscita di The Dark Knight (Il cavaliere oscuro, Christopher Nolan, 2008) in avanti, è sempre più spesso sfruttata dalle grandi produzioni, non solo a tema supereroico. Il sequel di Thor (id., Kenneth Branagh, 2011) s'intitola Thor: The Dark World (id., Alan Taylor, 2014), così come quello di Star Trek (id., J. J. Abrams, 2009) è Star Trek into Darkness. Anche gli adattamenti dei romanzi dedicati al mago inglese Harry Potter si fanno via via più tetri. Non è solo una questione di trame, che vedono l'eroe cadere, il mondo attorno a lui farsi più minaccioso, le certezze sgretolarsi in virtù di uno spaesamento prima di tutto etico. Sono i film stessi a rinunciare agli ammiccamenti ironici, ai caratteristi comici, al diffuso accento complice e sarcastico tipico del postmoderno; a svuotarsi di colore, a svolgersi in spazi che sono stilizzazione di ambienti prima che ambienti stessi. Sempre più spesso le opere perdono in densità (di volti, significati, generi, citazioni, rimandi, frammenti), per guadagnare in intensità (d'azione, soprattutto: meno scene, più lunghe e pompose). Il passaggio dai tre Spider-Man di Raimi a The Amazing Spider-Man (id., 2012) di Marc Webb rappresenta uno snodo esemplare, essendo il reboot. Siamo sempre all'interno di un cinema per cui è fondamentale la nozione di superficie: ma se per Raimi tutto assurge a superficie, per Webb la superficie è il tutto. Un cinema che guarda alle nuove tecnologie, e in cui l'immagine è sempre troppo piena; mai “vera” o “bella”, ma solo elegante ed eccitante. Un cinema, infine, dove la realtà è assente, e la tecnologia è più viva dei personaggi. È di nuovo un occhio, quello del dottor Octopus, villain di Spider-Man 2, a porsi come soglia di un'ulteriore tappa del postmoderno cinematografico liberata definitivamente da ogni limitazione fisica. La scena, realizzata grazie all'animazione digitale, vede Spider-Man volteggiare tra i palazzi di New York. Con un “movimento" all'indietro ci si allontana dall'Uomo Ragno rivelando come tutto ciò che abbiamo visto fino a quel momento fosse riflesso negli occhiali di Octopus, arrampicato in cima a un palazzo. Sarà perciò utile procedere sintetizzando alcune peculiarità del film in rapporto al contesto che lo contiene: a) Spazi: Gotham City «è una città mondo. Lo è perché il suo ecosistema include in sé tutti gli elementi della geografia del mondo e perché non ha un'esternità. Non c'è mondo fuori da Gotham». Se le pellicole della prima saga confermano questo assunto, Nolan in The Dark Knight lo ribalta completamente. Il mondo fuori da Gotham City esiste, ma è identico. Non più, dunque, un mondo chiuso che si presenta come «concrezione architettonica del mondo come l'Occidente autocentrico e solipsistico vorrebbe che fosse», bensì il segno soffocante di una globalizzazione avvenuta. Il supereroe non può più essere un semplice vigilante, ma deve potersi muovere con totale libertà in un mondo corrotto al pari di Gotham City, che egualmente non concede rifugio. Gli spazi del cinema supereroico sono sempre più spogli. Film e fumetto operano dunque in contraddizione, in quanto il cinema, specie in questo caso, tende a sottrarre, al punto che, in una delle sequenze finali, Batman entra in un palazzo muovendosi grazie a un sonar che riduce gli elementi del visibile a mero scheletro. b) Persistenza dell'11 settembre: l'elemento metatestuale è presente soprattutto nel personaggio del Joker. Nolan fa in modo che il nuovo Joker, interpretato da Heath Ledger, si proponga come cosciente abitatore di un'icona. Se il centro del film di Burton era la figura del villain, la sua storia e la sua trasformazione, Nolan mette in scena un personaggio spiazzante, inesistente (non si sa il nome, non si riconoscono impronte digitali), privo di motivazioni e soprattutto autoconsapevole. Più volte Joker racconta la storia delle sue cicatrici: si tratta di ricostruzioni che non collimano, evidenti fantasie, come di un personaggio costretto a reinventarsi. La sfida è dunque tutta giocata sul farsi forma mutante, indefinibile, impossibile da fissare. Il Joker de Il cavaliere oscuro usa i media secondo le modalità, terribilmente efficienti ma al tempo stesso assolutamente minimaliste, dei terroristi islamici. La questione del terrorismo è centrale nella trilogia di Nolan più che in ogni altro film supereroico, dove pure viene più volte evocata. Miranda Tate di The Dark Knight Rises, membro del consiglio, si rivelerà essere un impostore al soldo di una multinazionale decisa a portare a termine l'opera del padre, intenzionato a lanciarsi dalla sopraelevata contro l'impianto idrico della città, in un'evidente riciamo all'attentato dell'11 Settembre 2001. c) Crisi: Se nella descrizione degli spazi urbani non vi è diretta corrispondenza tra cinema e fumetto, nel rendere conto di scenari economici verosimili i due media si rispecchiano fedelmente. Nella trilogia di Nolan si assiste costantemente a battaglie che Bruce Wayne è costretto a combattere parallelamente a quelle che affronta come Batman. Nel momento in cui la crisi ha rilanciato i film ambientati a Wall Steet o in seno a grandi banche e compagnie. Nolan intercetta l'urgenza e l'attualità di tali temi, al punto che le vicende economiche e quelle di Batman si incroceranno proprio in The Dark Knight Rises. Il trauma generativo non viene da un balordo qualsiasi o dal futuro Joker, bensi dall'incarnazione fisica della recessione, prodotto di un sistema insano, che molto cinema supereroico sembra volerci fare intravvedere al di là delle minacce aliene. d) Supereroe e massa: Non essendo quelle di Batman le sfide fantascientifiche di altri film DC e Marvel, o le minacce sovrannaturali di Hellboy (id., 2004) e di Hellboy II: The Golden Army (id., 2008) di Guillermo del Toro, la presenza degli abitanti di Gotham risulta determinante. Pur non ragionando sulla percezione dell'eroe come nei film di Raimi, Nolan concede sempre più spazio, di capitolo in capitolo, a gruppi di uomini comuni. Se si confronta la scena dei traghetti minati in The Dark Knight con quella della metro impazzita di Spider-Man 2, non si potrà non notare come, nel film di Raimi, la massa esista solo in funzione o in opposizione all'eroe, mentre nelle opere di Nolan intere porzioni dell'intreccio si interessano alle vicende di grandi quantità di persone alle prese con una crisi che li coinvolge direttamente. Le scene di massa concepite da Nolan sono sempre giocate sul tema del riscatto, tese a mostrare non un gruppo di persone che aiuta materialmente l'eroe, ma individui che con le loro azioni dimostrano al cavaliere Oscuro che meritano il suo intervento. e) Stile: All'inizio di The Dark Knight un'inquadratura ci mostra un rapinatore di spalle, borsa in una mano e maschera da clown nell'altra. Nolan sembra voler palesare la strategia di mascheramento che questo cinema adotta. Proprio perchè privo di elementi fantastici mette a nudo la dipendenza dai modelli dell'action-movie, campionando più situazioni-tipo giustapposte l'una all'altra ricorrendo però a un'orchestrazione narrativa intricata, che gestisce più trame tessendo un intreccio in cui esse si accavallano inaspettatamente, senza che vi sia il crescendo che caratteriza The Dark Knight Rises né la classica forma del primo capitolo. Nella propensione al realismo di Nolan, che predilige l'uso della macchina a mano, vicino ai personaggi, viene espanso lo spazio in orizzontale, sovente aperto sui lati ma delimitato dai soffitti, in una sorta di vera e propria “antivignetta" che nonostante le vie di fuga dà un senso perenne di soffocamento, di trappola, e confligge con la concezione “gotica” della città nel fumetto e nei film di Burton. Il Batman di Nolan non è euforico e liberatorio, bensì si propone come una concentrazione incubica di molte delle ossessioni della contemporaneità. Radicale, violento, dominato dalle opacità del contemporaneo rivestendole di maschere e mantelli.
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