Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

THE ECONOMIC HISTORY OF ITALY, Appunti di Storia Economica

è un documento che contiene i miei appunti per le due lezioni aggiuntive svolte dal professor Vasta per tutti gli studenti del primo anno (anche per gli studenti del professor Cappelli). Si tratta di due lezioni aggiuntive, mai svolte negli anni precedenti, che delineano la storia della penisola italica e poi dell'Italia dal punto di vista economico e non solo. Gli argomenti trattati sono oggetto sia della prova scritta che orale.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 25/06/2024

niccarta
niccarta 🇮🇹

21 documenti

1 / 12

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica THE ECONOMIC HISTORY OF ITALY e più Appunti in PDF di Storia Economica solo su Docsity! The Italian economic development: a millennial perspective La geografia, o meglio il carattere del territorio, ha un peso? (Riferimento ad Acemoglu) Ci sono degli aspetti che hanno o possono aver avuto dei vincoli per lo sviluppo economico di un paese e questi vincoli ci sono stati ma con cambiamenti nel corso del tempo. Le aree sono caratterizzate da:  terreno inospitale,  presenza o assenza di fiumi navigabili (l’Italia non li ha a differenza dell’Inghilterra, che la rendono valida nello spostamento di merci e uomini),  presenza di malattie limitante lo sviluppo economico dei paesi dato che le persone non vivono in condizioni di buona salute,  presenza di animali che servono per generare energia e bisogna vedere se l’ambiente riesce a soddisfare l’esigenza di questi animali. Ci sono delle cose che cambiano nel corso del tempo: avere le terre rare, che oggi servono per produrre gli smartphones, nell’epoca preindustriale non era molto importante. Dunque, la geografia ha un peso, per lo meno nella direzione che lo sviluppo economico prende. L’Italia ha poche pianure, parecchie colline ed un certo numero di boschi. Le terre sono moderatamente adatte alla produzione di cereali, che in epoca preindustriale erano il cibo cruciale che permetteva alla popolazione di crescere. Molte terre che sono in Italia non sono adatte completamente alla produzione di grano, perché le nostre rese erano circa la metà di quelle inglesi o belghe. Invece, sono adatte alla produzione di olio, vino e alberi da frutto. Gli alberi da gelso sono molto importanti, fino agli anni ’30, perché permettono di alimentare il baco da seta, uno dei prodotti grezzi su cui l’Italia baserà la sua produttività. L’output per lavoratore, o produttività per lavoratore è molto basso, facendo 100 quella inglese. C’è un output per ettaro piuttosto alto però, causato dal fatto che le culture italiane (vino e olio) danno una resa maggiore e sono colture specializzate. C’è un paradosso: l’output per lavoratore è molto basso, mentre l’output per ettaro è alto. Questo porta ad utilizzare il fattore abbondante: il lavoro. In epoca preindustriale, una forza molto importante è la forza animale. Comparativamente abbiamo pochi cavalli e poche mucche a causa della scarsità del cibo da dare loro: pochi cereali e poca possibilità di nutrirli. Le mucche sono concentrate soprattutto in Lombardia, Piemonte e Emilia; mentre le pecore soprattutto al sud. Altro aspetto importante della geografia sono le infrastrutture, rese difficili sia per la presenza di Alpi che Appennini e non c’è una facilità di trasporti perché la terra non è pianeggiante. È un sistema piuttosto debole di trasporti e comporta che il costo di trasporto delle merci sia più elevato rispetto ad altri paesi. Abbiamo solo un fiume navigabile: il Po. Si svilupperà la possibilità di trasportare merci attraverso il mare. Questa “radiografia” del paese serve per far comprendere le potenzialità della Nazione. La densità di popolazione per km^2 è molto alta rispetto agli altri paesi, più alto della Francia e della Spagna, in linea con l’Olanda. È interessante notare la dinamica inglese: da sempre inferiore rispetto a quella inglese, fa eccezione nel 1850 perché la rivoluzione industriale è già avvenuta. PERIODIZZAZIONE DEL PAESE. Nella penisola italica tra il IV e il III secolo c’erano popolazioni frammentate e i Romani cominciarono a costituire un insieme di popolazione più numeroso. In tutto questo periodo ci furono molte guerre, l’impero però così rafforzò dato che la forza dell’impero fu di combattere fino ad agglomerarli. Intorno al 117 d.C. con Traiano l’impero romano è 17 volte l’Italia. Nella penisola italiana c’erano 7-8 milioni di abitanti, che secondo alcuni era ancora più ampia. Questo dimostra che anche su certe stime non siamo molto precisi e non riusciamo a capire esattamente che tipo di indicatore c’è davanti. Sappiamo che c’erano molto schiavi e la speranza di vita era di 24 anni circa (in realtà, chi riusciva a sopravvivere fino ai 2 anni di vita, riusciva poi ad arrivare a 30 anni). A Roma c’era anche la conoscenza della scrittura e lettura. Dalle stime che abbiamo, avevano circa 800 dollari (PPP 1990), che è il doppio della soglia di povertà e per un mondo preindustriale erano abbastanza ricchi. L’urbanizzazione era ad un tasso del 20%. Alcuni studiosi hanno mostrato delle stime di GDP p.c. nel 14 d.C. e si ricava che l’impero romano guidato da Roma consentiva ai cittadini della penisola di essere molto ricchi. Questo impero ha un secolo e mezzo di pax augustea (= pax romana), ma comincia a scricchiolare per molti fattori: 1. crescita di una religione, che divideva gli abitanti, dato che non tutti erano disponibili ad aderirvi 2. conflitti sociali ed etnici 3. invasioni barbariche 4. ipotesi malthusiane: troppi abitanti per le risorse disponibile, l’impero romano era diventato troppo popoloso e quando c’è troppa popolazione, comincia ad esserci una regressione dei livelli di ricchezza e c’è chi parla di fallimento istituzionale, dovuto ad eccessive tassazioni che comportavano di lavorare molto di più per avere le stesse risorse 5. epidemia: peste Antonina (165-180) che definitivamente diede inizio al declino Dal punto di vista dei dati economici, non conosciamo bene il lungo periodo del declino dell’impero e al centro del mondo si spostò verso oriente e l’impero romano d’Oriente aveva sede a Costantinopoli, attuale Istanbul. Le invasioni barbariche continuarono ed invadevano varie zone della penisola. Le stime sono che nell’anno 1000 la popolazione è popolata da 5 milioni di abitanti. È stato un calo generalizzato in tutta Europa quasi e la penisola italiana ebbe un forte declino. In questo periodo siamo fissati ad una linea di sussistenza. I segni di ripresa cominciano intorno all’anno Mille (anche se c’è qualcuno che parla di ripresa già intorno all’800 (impero carolingio):  crescita della popolazione  incremento dell’urbanizzazione  nasce in Toscana un primo sistema bancario  la produzione aggregata si incrementa di numerose volte Differenza tra output p.c. e output aggregato: molto spesso è utile sapere il prodotto aggregato perché esprime la potenza di un paese e in questo paese ci fu un aumento della produzione aggregata, un po' meno come reddito, perché cresceva la popolazione. In questa fase la penisola ritorna ad avere il primato a livello mondiale: il Nord-centro Italia è il luogo dove c’è maggiore ricchezza, che porta l’Italia a primeggiare dal 1100 fino al 1348, anno della peste nera. Nel 1346-1347, comincia a diffondersi una strana malattia che conduce alla morte molte persone e lascia altre senza sintomi. Questo è un evento che cambia il corso della storia dell’umanità: 1348. Arriva la peste in Italia attraverso i traffici commerciali, pensando che sia trasmessa dai topi, localizzati a Jaffa. L’Italia diventa leader della produzione industriale manifatturiera: leader nella produzione di manufatti tessili soprattutto: in primo luogo lana, ma anche cotone. Portò ad una fase di industrializzazione: i porti diventano centri commerciali rilevanti, tra cui Venezia, Pisa e Genova. C’è il famoso mercante veneziano Marco Polo che effettua viaggi in Oriente ed esprime la potenza veneziana. La primazia del Centro Nord italiano in Europa (1200-1348):  leadership in manufatti (tessili e nel commercio) Firenze primeggia nella produzione di manufatti, commercio e banche  aumento della popolazione Malanima ha un approccio maltusiano: nell’economia preindustriale, il prodotto aggregato si incrementò mentre la popolazione cresceva. Il lavoro e il capitale hanno un ruolo rilevante in Malanima: - nella prima del Rinascimento il capitale per lavoratore era abbondante e la produttività del lavoro e p.c. crebbe - nel tardo Rinascimento il capitale per lavoratore diminuì e la produttività del lavoro e p.c. diminuì La parziale perdita della primazia in Europa dall’economia italiana è causata dall’assenza di economie di scala in termini di forza politica e l’attività commerciale in comparazione con larga parte degli stati europei. Il PIL p.c. diminuì dopo la peste nera e poi con la guarigione della popolazione, l’economia salì. Nel 1560- 1580 il Nord centro Italia aveva ancora un ruolo centrale nell’economia europea con un pil p.c. allo stesso livello dell’Olanda (una piccola regione dei Netherlands). Cipolla scrive “Il declino dell’Italia”, che è visto diversamente dalla tradizionale visione di quelli che chiamava gli stagnionisti. Cause del declino del 1600:  Peggioramento del clima  che causa una diminuzione di cereali  Aumento di popolazione  Mancanza di risorse energetiche, che diventano importanti  Peste manzoniana (1600) Nella seconda metà del 1600, nuovi paesi hanno incrementato il loro settore industriale e le attività:  seta francese, lana olandese e inglese  i prodotti stranieri erano di bassa qualità e a basso costo (Ikea effect)  le corporazioni veneziane e i metodi tradizionali erano molto diversi dai nuovi tessuti, più colorati ma meno durevoli nel tempo  un business man veneziano nel 1671 spiega perché l’industria della lana è declinata dicendo che è dovuto ai vestiti stranieri che sono più carini e meno costosi  l’Italia comincia la sua “carriera” come paese scoraggiato, abbattuto e sovrappopolato Ciò che la penisola riusciva a fare era la produzione di manufatti in lana, che è messo in discussione dall’IKEA effect, produzione di manufatti a basso costo e di bassa qualità. Succede che gli italiani, come ancora oggi avviene un po’, mantengono il loro primato sulla produzione di oggetti particolari e costosi, ma arrivano gli inglesi con lana e i francesi con la seta, che fanno prodotti con basse qualità e bassi costi che mettono in crisi la produzione italiana. Secondo Cipolla, è la concorrenza di altri che fa entrare in crisi. Un mercante veneziano dice che l’industria della lana declina a Venezia perché i prodotti esteri sono più belli e meno costosi. I salari aumentano per la nuova epidemia, che si parla di 20%-30% di popolazione morta, anche se in maniera più frammentata a livello locale. Ma perché si deve analizzare ciò che succede in un secolo, concentrandosi su Venezia? Perché Venezia era il luogo più sviluppato dell’Italia in quel periodo e il simbolo del primato è il Ponte del Rialto, che rappresenta il potere e il grande sviluppo. Un altro aspetto che fa costare cari i prodotti italiani sono le corporazioni. La figura nella slide 32 rappresenta l’insieme delle arti e delle corporazioni, che sono un vincolo perché mantengono i salari molto alti, aumentando anche i costi di produzione (mentre all’estero le corporazioni sono meno forti). L’Italia cominciò allora la sua carriera di paese depresso e sovrappopolato, sempre con un occhio all’idea malthusiana – conclusione del libro di Cipolla. Le interpretazioni più tradizionali della crisi sono:  Luzzatto (1954) gli europei scoprono l’America e si apre un commercio e delle rotte atlantiche che portano al declino del nostro piccolo mare mediterraneo (= mare nostrum) assenza di basi scientifiche  Rapp e Sella sostengono che la crisi non è data dal commercio con l’America, ma il problema era la competizione estera  Sella dice che questo declino del 1600 è il declino di Venezia, ma nella terra ferma (Bergamo, Verona) in realtà c’era ancora una grande vitalità e la ricchezza si spostò dalla città agli ambienti rurali. Le interpretazioni più recenti sul declino del 1600 sono:  Alfani (professore della Bocconi) afferma che la crisi del 1600 sia dovuta alla peste manzoniana, la catastrofe crea lo spiazzamento delle economie con un forte decremento della produttività, spostamento delle economie dalla città alle campagne con una forte diminuzione dei residenti in città ed una diminuzione delle attività edilizie. Questo porta ad un crollo della posizione dell’Italia rispetto al Nord Europa. Peste come spartiacque ed inizio della crisi  Malanima dice che come la black Plague ebbe un effetto positivo nella crescita del 1348, anche la peste manzoniana fu positiva perché ebbe effetti sulla rivitalizzazione dell’economia italiana. In questo periodo venne introdotto il mais, che permette di avere lo stesso nutrimento ma costa meno (è un raccolto maggiore). Nel 1600 allora, l’Italia va ancora bene con un GDP abbastanza alto. Quindi il vero declino dell’Italia è ancora una volta spiegabile con l’effetto malthusiano. LEZIONE 07/05/2024 L’interpretazione di Malanima mostra un crollo repentino nella peste nel 1348 e la seconda nel 1627, che è uno shock. I dati sul PIL p.c. dal 1600 al 1860, il Seicento è un periodo di stabilità e la vera crisi sembra esserci nel 1700. Un primo ciclo malthusiano con la crescita del reddito p.c. è nel periodo post peste, mentre un declino. C’è poi il secolo della resilienza e i dati sembrano dirci che tutto sommato c’è una stabilità. cresc ita economica nell’Italia preindustriale La stessa storia si può raccontare vedendo il PIL diviso tra nord e sud: 1. Il sud è per tutto questo lungo periodo più povero del centro nord ( la curva verde è sempre al di sotto della curva azzurra). Tutto sommato le fasi sono sempre le stesse. PIL p.c. 1328-1860 in macro aree Il grafico mostra la differenza fra Sud e Nord per un periodo di circa 500 anni. Se i due redditi fossero uguali, la retta sarebbe orizzontale con y=1. Dal 1500 in poi c’è un lungo declino, seppur con rimbalzi: si passa da un 92% all’80% e vuol dire che al momento dell’unificazione italiana, un cittadino del sud aveva un reddito dell’80% di quello del nord-centro. Operando un confronto tra l’Italia e i paesi vincenti (quelli che cominciarono a produrre dei bei tessuti economici e di scarsa qualità), si vede che l’Olanda supera abbastanza presto l’Italia, mentre il sorpasso dell’Inghilterra avviene alla fine del 1600. Se questi stessi dati fossero confrontati con altri paesi, l’Italia rimane per un lungo periodo sopra il livello e solo all’inizio del 1800, viene superata da Francia e Germania, dopo aver sperimentato un lungo periodo di declino. DOPO L’UNIFICAZIONE. È un mondo nuovo durante il quale finisce, dal punto di vista delle tecnologie, un’epoca molto lunga, perché intorno al 1870 appare l’introduzione dell’elettricità e radicalmente tutte le società europee cambiano. Questo cambiamento ha un impatto molto forte sulle potenzialità dei vari paesi. Ci sono degli aspetti della potenzialità di un paese che possono essere rilevanti in un paese ed insignificanti in altri. Prima del petrolio, la fonte energetica fondamentale era il carbone, che l’Italia aveva pochissimo e  Giovanni Federico e Cohen: si fermano entrambi al 1960, perché analizzano la prima fase della Golden Age e la loro analisi è molto positiva, addirittura una storia poca conosciuta di successo. L’idea è che sia un modello basato su piccole medie imprese e sulla tradizione del paese. Secondo questi autori, il ruolo delle politiche industriali, delle economie di scala (=grandi imprese) e banche miste (caratteristiche dell’economia italiana) ebbero un ruolo molto limitato (0poco peso).  Emanuele Felice (2015): scrive Ascesa e declino, con l’ambizione di andare dall’anno 0 al 2015. Siccome analizza un pezzo di 21° secolo, mostra anche il declino. È l’ idea più critica, ma anche più vicina a noi. Ci sono due chiavi di lettura che Felice dà nell’identificare i problemi del paese: 1. Mancanza di una solida classe dirigente politici in grado di guidare il paese e identifica Giolitti come un bravo politico, pur i problemi di trasformismo, il politico che guidò la prima fase di industrializzazione. 2. Anche i governi del centro sinistra degli anni sessanta fecero abbastanza bene – riprendendo delle frasi di Salvati (un politologo). 3. La divisione delle regioni: un Nord avanzato con un sud molto arretrato. È un divario che in Europa non ha eguali (anche se si sa che in tutti i paesi ci sono divari)  Toniolo (2015): la lettura è molto positiva tra il 1861 e il 2011. L’Italia fa un grande percorso di convergenza con due periodi brutti e lunghi 8che coprono 1/3 dell’: 1. 35 anni post unificazione 2. dal 1992 in poi Diminuisce la disuguaglianza tra classi ricche e povere e dice che l’Italia dopo la golden age, fa la silver age, cioè dopo la crisi petrolifera. Vede i problemi tra il nord e il sud; bassi capitali sociali e umani. La scarsa competizione presente sul mercato del lavoro è una causa del declino. C’è anche l’idea che l’Italia sia resistente alle riforme e che i politici siano poco capaci di cambiare un quadro istituzionale non funzionante.  Vasta e Di Martino (dall’unificazione ad oggi): il giudizio che si dà dipende dalle aspettative. È un’Italia che era vicino alla formazione di nuovi strumenti tecnologiche (prodotta da Olivetti). “Ricchi per caso” – pubblicato anche su riviste internazionali. L’Italia fa un percorso di crescita subottimale con solo due picchi: l’era giolittiana e la Golden Age. L’Italia fa sempre peggio rispetto a ciò che avrebbe potuto fare perché: 1. Investe poco in human capital, accumulazione di conoscenza. Camillo Benso di Cavour non è mai stato a sud di Firenze ed è un segnale 2. Limitata capacità di stare vicino alla frontiera tecnologica Nuvolari e Vasta hanno creato una metafora sul fantasma di Wilde 3. Imprese troppo piccole per competere sui mercati internazionali e imprese troppo specializzate nei settori meno dinamici Edoardo Nesi, imprenditore di Prato, scrisse un libro – Storia della mia gente, 2011 – vincitore del premio strega. Lui racconta ciò che ha in mente della competitività italiana: 1) non fare pubblicità 2) lasciando sempre lo stesso prodotto. Rimpiangeva un mondo senza R e S, con poca istruzione e infatti il paese non è andato bene. Questa idea c’era già in luce nella storia del Paese. Il ministro dell’istruzione del 1894, Baccelli, disse che le università dovevano avere lo stretto necessario perché così stimola l’intelligenza (è tutto il contrario). Il deputato della camera, Rizzetti (1894), disse che prima si deve lavorare di più e poi si può studiare. Quale è l’attitudine del paese verso l’istruzione? Prima dell’unificazione, l’Italia è molto indietro e nel 1900 ha metà della popolazione analfabeta e la restante non sa leggere o scrivere, ma solo firmare. C’è un grande ritardo e disparità tra Nord e Sud. 1. Accumulazione di capitale umano 2. Poca tecnologica 3. Divario regionale e grandi differenze già prima del 1861 Il grafico con oggetto i premi Nobel racconta la prosperità e la prosperità va abbastanza male. Perché produciamo così poca tecnologia? Perché investiamo poco in ricerca e sviluppo. Secondo l’accordo dei paesi dell’Unione europea, tutti i paesi dell’OCSE dovrebbero arrivare al 2%. I paesi che stanno crescendo sono al 3%. Nella slide 68 c’è un indicatore interessante che fa vedere quanto l’Italia è capace di produrre in termine di brevetti. C’è una grande performance nella Golden age e arriva ad avere il 4% dei brevetti registrati da stranieri e si osserva un lungo periodo di declino. Fa capire come questi indicatori raccontano la performance economica del paese. Il terzo punto è il divario regionale e grandi differenze erano già presenti prima del 1861. Tutto sommato queste disparità fino agli anni ’50 del 1800 non erano enormi, ma le differenze grandi sono in termini di reddito e di indicatore sociale, alfabetizzazione, speranza di vita, disuguaglianza e probabilmente anche riprendendo l’idea di Acemoglu su istituzioni estrattive inclusive, queste sembrano essere concentrate nel sud del paese. Pensare alla diffusione dell’illegalità da nord a sud. Nel sud del paese ci sono delle istituzioni estrattive che scoraggiarono il funzionamento delle economie di mercato (già al tempo dei Borboni).  Criminalità organizzata  Nessun propenso a costruire scuole Secondo i dati mostrati, a partire dal 1300, il Sud è sempre al di sotto del nord ma dieci anni dopo l’unificazione, il Sud è al 90% del reddito del nord. L’unica fase in cui il sud recupera è la fase sempre dlela golden age, in cui si fanno delle politiche per aiutare le zone più povere del paese. Una di queste politiche è l’istituzione della cassa per il mezzogiorno e il divario sempre accentuarsi. Questo divario visto nel dettaglio si nota anche guardando i salari reali: in questo lavoro si vede come il sud abbia dei salari molto più bassi rispetto a Nord ovest e nord est. Quando c’è l’unificazione i salari reali sono abbastanza vicini, mentre con l’industrializzazione il divario aumenta. La linea rossa è molto più distante da nord ovest e nord est. La slide 73 mostra che sull’asse x c’è la popolazione nel 1901, mentre sulla y c’è l’educazione: chi aveva poca alfabetizzazione nel 1901 sta male anche oggi e via via. I sistemi educativi perciò hanno una forte persistenza e questo problema di arretratezza continua tutt’oggi. La slide 74 mostra i dati sulla produttività: a sinistra c’è quella delle regioni del centro nord e del mezzogiorno, che fa molto male in termini della produttività. Ma se si confronta quello che accade per le regioni che vanno meglio in Italia, sono molto lontane dai paesi di successo europei e perciò le aree più dinamiche del paese non sono in linea con le aree più dinamiche dell’Europa. La slide 75 mostra in estrema sintesi il percorso di sviluppo dell’Italia. C’è sempre il rapporto con gli USA. L’Italia fa bene quando c’è bisogno di tanta manodopera a basso costo, quando il paese sfrutta le economie di scala. In questa fase c’è bisogno di lavoratori, che molto spesso sono concentrati al sud ed emigrano al nord. Fa molto male quando c’è bisogno di persone con alti livelli di istruzione. Cosa succederà con la IV rivoluzione industriale? il legame fra la tecnologia e la crescita economica nel lungo tempo Da una parte, il futuro economico dell’Italia in prospettiva storica: molti dei problemi hanno radici antiche: pochi investimenti in capitale umano, pochi investimenti in ricerca e sviluppo, imprese molto piccole socializzate in settori non dinamici, grande diffusione dell’illegalità, grandi flussi di evasioni fiscali, crimini organizzate in molte zone del paese, molto lavoro irregolare e con poca protezione del lavoro (ieri: 5 operai morti sul lavoro in Sicilia). Cosa si potrebbe fare? 1. Investimenti human capital 2. Fare più investimenti in ogni ambito 3. Miglioramenti delle infrastrutture 4. Motivazione del personale nelle scuole 5. Aumentare gli scritti all’università, in particolare verso le STEM 6. Investimenti in innovazione, cercare di incrementare la dimensione delle imprese 7. Favorire la specializzazione in nuovi settori L’altra chiave di lettura è ascoltare Briatore e Zingales, brillante economista italiano. Briatore sostiene che l’unica cosa possibile per l’Italia sia buttarsi sul turismo dato che c’è un’alta domanda di visitare l’Italia. Luigi Zingales: ''Ci sono un miliardo e quattro di cinesi e un miliardo di indiani che vogliono vedere Roma, Firenze e Venezia [e Cuneo - aggiunge Briatore dallo studio]. Noi dobbiamo prepararci a questo. L'Italia non ha un futuro nelle biotecnologie perché purtroppo le nostre università non sono al livello, però ha un futuro enorme nel turismo. Dobbiamo prepararci per questo, non buttare via i soldi a fondo perduto». Mentre ascolta le ricette di Zingales, lo stesso Briatore sembra allibito (Servizio Pubblico, 15 novembre 2012).
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved