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Tipologia linguistica: studio della variazione interlinguistica, Sintesi del corso di Linguistica Generale

L'approccio della tipologia linguistica allo studio della variazione interlinguistica, ovvero un'alternativa alla classificazione genealogica delle lingue. Si analizza l'impianto strutturale delle lingue, classificandole in base ad affinità semantiche sul piano strutturale. Il documento spiega come si individuano i tipi linguistici e come essi consentono di prevedere la natura degli elementi che vengono collocati in essi. Si discute inoltre della selezione dei parametri di riferimento e delle correlazioni tra di essi. Infine, si approfondisce la funzione della tipologia linguistica nell'individuazione dei limiti e delle restrizioni della variazione interlinguistica.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

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Scarica Tipologia linguistica: studio della variazione interlinguistica e più Sintesi del corso in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! 1. Ambito di studio, metodi di indagine e obiettivi La tipologia linguistica rappresenta un approccio ai(problemi connessi allo stadio scientifico delle lingue alternativo alla più nota classificazione genealogica. Si occupa essenzialmente dello studio della variazione interlinguistica. Le lingue del mondo sono circa 6000, diverse tra loro; questa variazione non è frutto del caso, ma obbedisce a principi generali. Si propone di capire fino a che punto le lingue attualmente parlate sulla Terra sono diverse, quindiin'un primo tempo si colloca sul piano sincronico, con esclusione della componente diacronica del tempo. L'interesse è l'impianto strutturale delle lingue: vengono(classificate in base ad affinità semantiche sul piano strutturale. Se la tipologia studia le lingue senza fare riferimento alla loro attestazione storica, allora essa deve farsi anche carico dello(studio di tutte le lingue che hanno visto la luce nel passato, e che la storia ha poi condotto all'estinzione. Così anche le lingue del passato vengono isolate dal loro divenire storico: ciò che conta è solo la configurazione strutturale. La tipologia linguistica si occupa dellavariazione interlinguistica, classificando le lingue storico-naturali in base ad(affinità strutturali sistematiche. I raggruppamenti delle varie lingue prendono il nome di tipi linguistici. Il tipo linguistico è una combinazione di proprietà strutturali logicamente indipendenti le une dalle altre, ma correlate. In questa ricerca dei tipi risultano pertinenti quelle proprietà la cui combinazione consenta di operare previsioni attendibili sulla struttura delle lingue indagate: un tipo è un insieme di proprietà reciprocamente indipendenti, ma poste in correlazione, ognuna di queste proprietà risulterà pertinente qualora permetta di prevedere le altre proprietà del tipo. Queste qualità sono astratte, create apposta dall'uomo:in base a parametri di ordine funzionale; due lingue della stessa famiglia potranno essere collocate in tipi diversi e due lingue di famiglie diverse nello stesso tipo. I tipi hanno valore predittivo: consentono di prevedere la natura degli elementi che vengono collocati in essi. L'indicazione del tipo è sufficiente a tracciare una sorta di identikit della lingua: se una lingua fa parte di un tipo significa prevedere quali caratteristiche avrà, anche senza aver indagato a fondo la sua grammatica. Una lingua potrà esibire segmenti della sua struttura imprevisti rispetto alla natura del tipo cui afferisce: infatti l'assegnazione di un'entità reale ad un tipo è una tendenza prevalente, che difficilmente però è categorica. Se un parametro di classificazione è privo di qualsiasi potenzialità predittiva, la classificazione che si basa su esso non è una tipologia. Se invece si può costruire una rete di correlazioni tra le singole proprietà che rivela una buona potenzialità predittiva, allora ha un'innegabile valenza tipologica. Un'indagine tipologica non può prescindere dain'accurata selezione dei parametri di riferimento, basata sulle correlazioni che è possibile stabilire tra essi. La tipologia quindi deve farsi carico di esplicitare non solo l'insieme delle proprietà che fanno parte del tipo, ma anche il principio soggiacente che le pone in correlazione (in questo caso diventa predittiva). In alcune lingue storico-naturali ci sono le(condizioni favorevoli alla comparsa di determinate caratteristiche linguistiche: non compaiono di certo, ma è probabile. Le lingue infatti sono soggette nel loro divenire storico a molteplici condizionamenti che trascendono la pura realtà linguistica. Condizionamenti di natura principalmente sociale. Per questo gli strumenti di indagine di cui la tipologia si avvale, cioè i tipi, sono entità astratte che si configurano sostanzialmente come una semplificazione della realtà effettivamente osservabile, quindi non sono fedelmente riprodotti da alcuna lingua storico- naturale. Il tipo ora si caratterizza come uno strumento puramente esplicativo creato dal linguista:(i tipi linguistici quindi sono modelli di descrizione delle lingue storico-naturali, non sono effettivamente la realtà. Se cambiano i parametri su cui si fonda il tipo, la medesima realtà linguistica può assumere, agli occhi del linguista, diverse fisionomie. Primo passo individuazione dei segmenti del'sistema lingua su cui si intende fondare la ricerca tipologica; secondo passo:(selezione dei parametri pertinenti e in base alla loro capacità predittiva; terzo passo: valutare quante e quali correlazioni tra i parametri d'indagine siano effettivamente attestate. Ogni lingua sarà ascritta a un tipo piuttosto che a un altro se la sua configurazione strutturale risulterà compatibile con una porzione statisticamente rilevante dei parametri correlati o se la lingua registrerà un numero di tratti di un tipo significativamente prevalenti. Non tutte le correlazioni logicamente possibili hanno la medesima diffusione tra le lingue storico-naturali:(alcuni tipi hanno un elevato indice di occorrenza, altri avranno rarissime attestazioni. Se l'analisi è eseguita in modo corretto però, le combinazioni strutturali tra i parametri di indagine effettivamente in uso tra le lingue dovrebbero essere un sottoinsieme di quelle logicamente possibili. Il compito diventa quello di capire quali fattori possano giustificare la distribuzione interlinguistica dei tipi. La tipologia deve spostarsi sui livelli esplicativo e predittivo. Visto che la lingua è in ultima analisi un fatto sociale e la sua funzione è consentire alle comunità umane di comunicare, la ratio profonda può essere di natura essenzialmente semantica o pragmatica, quindi funzionale. Le singole configurazioni tipologiche sarebbero il riflesso delle strategie che la lingua predispone per risolvere i problemi legati alla comunicazione. Molti sono fattori intrasistemici, cioè interni al sistema Tingua. Il reperto dei tipi individuati a livello teorico dovrebbe coprire l'intera gamma dei tipi effettivamente rappresentati nella concreta realtà linguistica. Non dovremmo però imbatterci in tipi concretamente attestati nella realtà delle lingue, ma teoricamente impossibili. La tipologia linguistica quindi studia la variazione interlinguistica con l'obiettivo essenziale di stabilire se essa sia soggetta a limiti e restrizioni e di capire quale sia la natura di questi limiti e di queste restrizioni. Con le rispettive affinità o divergenze dovremmo scoprire/configurazioni possibili o impossibili (probabili o improbabili). La costruzione del campione: bisogna/esplicitare i principi generali che governano la variazione interlinguistica individuando i tipi effettivamente attestati e quelli teoricamente possibili ma non attestati. Problema: è umanamente impossibile procedere con l'analisi di tutte le lingue del mondo, aggiungendo anche quelle estinte. Per di più non tutte sono documentate, nè tutte hanno una forma scritta. Campione: è rappresentativo se è lo specchio davvero fedele della comunità sociale che intende ritrarre. Quindi serve che sia altamente rappresentativo dell'esuberante varietà delle lingue e che eviti quelle che vengono chiamate "distorsioni". Deve essere immune da: * (istorisioni genetiche; non deve dare eccessiva rappresentazione ad alcune famiglie linguistiche a scapito di altre. * (distorsioni areali: le lingue non imparentate, ma parlate nel medesimo contesto geografico, possono sviluppare tratti comuni in virtù dei contatti tra i rispettivi gruppi di parlanti. Quindi non devono essere coinvolte in massicci processi di interferenze interlinguistiche. * (distorsioni tipologiche: non deve apparire sbilanciato a favore di determinate configurazioni tipologiche a svantaggio di altre. Un campione dovrebbe riprodurre fedelmente la varietà di tipi morfologici (isolante, agglutinante, fusivo, polisintetico). * (distorsioni legate alla consistenza numerica delle comunità parlanti: delle 6000 lingue in uso oggi sulla terra, circa 100 sono parlate da più dell'80% della popolazione umana. Quindi non deve riprodurre al suo intemo questi rapporti numerici, selezionando fli esponenti dei gruppi linguistici in base al numero dei parlanti. I successi o gli insuccessi delle lingue sono imputabili solo a vicende storiche delle comunità parlanti. La scelta delle lingue di ricerca è spesso ricaduta su quelle che hanno una più accessibile documentazione e per le quali si può contare sull'apporto di parlanti nativi. Joseph Greenberg ha avviato uno studio sugli universali linguistici: confessa di aver scelto quelle con cui aveva una certa famigliarità e di cui disponeva una grammatica. World atlas of languages structures: ambisce atracciare un quadro attendibile su vasta scala della variabilità interlinguistica rispetto ra molteplici parametri di indagine. Il campione è composto da 100 lingue, in rappresentanza di oltre 50 famiglie linguistiche. Ovviamente i tempi e gli strumenti sono cambiati, permettendo il confronto tra più sistemi. 2. Tipologia e sintassi Impianto strutturale delle lingue storico-naturali: si è notata unametta prevalenza delle indagini su base morfosintattica. Un parametro che ha dato risultati convincenti nella ricerca tipologica è l'ordine in cui gli elementi della frase dichiarativa o di particolari sintagmi vengono disposti: l'organizzazione in costrutti diversi avviene in base a principi largamente condivisi. La posizione del soggetto: la frase indipendente dichiarativa può essere argomentata in 8 costituenti, soggetto (S), verbo (V) e oggetto diretto (O). Le basi della tipologia sintattica sono posizione di S, posizione di V e posizione di O nella dichiarativa. I tre costituenti assunti a riferimento non sono una classe del tutto omogenea: il soggetto e l'oggetto possono essere svolti da più categorie sintattiche. Non è poi scontato che ciascuno dei costituenti in questione sia realizzato da una sola parola. Nelle lingue del mondo, dalle correlazioni dei tre parametri appena individuati, emerge una netta prevalenza di due tipi: il tipo SOV e il tipo SVO (reciprocamente circa il 45% e il 42%, mentre poco meno del 10% sono ordine VSO). Itre tipi appena esemplificati coprono circa il 97% della variazione interlinguistica su scala mondiale; in realtà le combinazioni possibili consentono di identificare 6 tipi linguistici (quindi anche VOS, OVS, OSV). Questi ultimi trovano riscontro in una manciata di lingue in Africa, in America o in Australia. Questo a spiegazione del fatto che non tutti i tipi logicamente possibili sono effettivamente attestati nelle lingue. La tipologia deve esplicitare ora un principio organizzativo in grado di giustificare la difforme diffusione dei tipi in questione. La cosa che accomuna tutti i tipi (SOV, SVO e VSO)(è l'anteposizione del soggetto rispetto all'oggetto. La quasi totalità delle lingue del mondo antepone il soggetto all'oggetto nella frase indipendente dichiarativa. Il soggetto è di norma l'entità che dà il via all'azione espressa dal verbo e che esercita su essa un alto grado di controllo: queste prerogative assegnano una preminenza cognitiva rispetto all'oggetto che subisce l'azione e non esercita su di essa alcun controllo. Quindi anche'illivello linguistico riprodunrà una disparità di peso cognitivo, ponendo il soggetto prima dell'oggetto. La disposizione lineare del materiale linguistico è legata all'organizzazione mentale dell'infonmazione che si intende veicolare. Il soggetto corrisponde nella maggior parte dei casi all'informazione data (il tema o topic), mentre nel resto della frase si trasmette l'informazione nuova (il rema o il comment). Collocare l'informazione prima del tema può pregiudicare‘îl successo della comunicazione. Ordine dei costituenti e sistema di casi: l'ordine dei costituenti non ha sempre la funzione di marcare i ruoli sintattici. Marcatura sulla testa: abkazo. Marcatura sulla dipendenza: latino. Doppia marcatura: turco. A livello interlinguistico, La bontà di una classificazione tipologica si basa sulla sua capacità predittiva: questa ha altri due parametri tipologici di rilievo, la natura del sistema di caso, se presente, e l'ordine dei costituenti. Le De in cui pe il sistema nominativo-accusativo non mostrano alcuna pra per le 3 alternative; tra le lingue con un sistema Nelle lingue che ricorrono a sistemi di caso'ergativo-assolutivo, si registra una netta prevalenza della marcatura sulla dipendenza, mentre le lingue che adottano un sistemafattivo-stativo ricorrono alla marcatura sull: Per l'ordine dei costituenti invece, si registra una chiara tendenza ad associare da una parte la marcatura sulla testa e la posizione iniziale del verbo, dall'altra la posizione mediana o finale del verbo e la marcatura sulla dipendenza. 4. Tipologia e fonologia Si tratterà del un elemento soprasegmentale, una/proprietà che caratterizza i suoni sonori, cioè quelli che prevedono la vibrazione delle corde vocali. Tanto più è elevata la frequenza, tanto più acuto è il tono del suono prodotto. è possibile che due parole, con significato diverso, siano uguali in tutto tranne che nel tono. _ In cinese mandarino ad esempio ci sono 4 toni, l'estensione massima della variazione di tono può essere racchiusa in valori da 1 a 5.I toni quindi consentono di distinguere i significati delle parole (Lingue di questo tipo vengono dette "a toni” o "tonali". Le lingue tonali sembrano concentrate nell'area dell'Africa subsahariana, nell'America centrale e nell'Asia sudorientale. In un'indagine tipologica sui sistemi di tono bisogna identificare i due macro tipi: le lingue tonali e le lingue non tonali. Le lingue a toni costituiscono un tipo disomogeneo, che non consente l'elaborazione di un profilo tipologico unitario. La distinzione più frequente è quella tra(toni associati a vocali 0 toni associati a sillabe. Questi ultimi, si dividono ancora intoni) Rispetto alla funzione dei toni invece, la distinzione è tra toni che distinguono morfemi lessicali e quelli che distinguono morfemi grammaticali. (es. lingue aghem, noni, bukusu) a volte consentono di trasformare un verbo in un nome, oppure in altre funzioni. Altri tratti riguardano la/consistenza degli apparati consonantici e vocalici: per le vocali un parametro è lamasalizzazione, che ha ragion d'essere solo se ha valore fonologico, ossia se il contrasto tra vocali orali e nasali è distintivo. Vi sono Un altro parametro molto utilizzato riguarda la composizione della sillaba, a partire dalla sequenza più semplice CV fino ad arrivare ad alti livelli di complessità. 5. Tipologia e lessico Il lessico ha un ruolo di marginalità nell'ambito degli studi di impronta tipologica: mentre le unità fonologiche appaiono refrattarie ad assecondare i condizionamenti extrasistemici, . Non significa che non ci sianogticchie semantiche particolarmente impermeabili e conservative, il cui campo di variazione interlinguistica consenta un'indagine tipologica. I risultati più efficaci sono stati portati dalla‘codificazione di relazioni di parentela e il lessico dei colori: Berlin e Kay hanno individuato undici colori che sembrano essere riconosciuti e indicati allo stesso modo dai parlanti di oltre cento lingue incluse nel campione. Tra queste classi cromatiche esiste poi una Il primo tipo che è possibile identificare prevede solo due termini: il bianco e il nero (chiaro e scuro); poi compare un terzo termine, che è necessariamente il rosso. Se il lessico dei colori annovera in una lingua 4 o 5 membri, allora si aggiungeranno il giallo e/o il verde. I prossimi membri della scala saranno il blu e il marrone. È evidente che le 11 categorie non coprono l'intera gamma della variazione cromatica: ci sono lingue che dispongono di più membri, per i colori che esulano dalla gerarchia non sono state osservate tendenze interlinguisticamente rilevanti. uno stesso colore può essere espresso da due o più termini distinti. Rispetto al lessico i tipi possibili in base alle combinazioni tra le 11 classi cromatiche sarebbero oltre duemila, quelli attestati 22. 6. Non esistono tipi puri I tipi sono artifici teorici che filtrano la concreta realtà linguistica semplificandola sensibilmente: non si realizzano integralmente in alcun sistema linguistico. Le lingue storico-naturali si caratterizzano come tipologicamente miste. Una stessa lingua può essere assegnata a più tipi oppure può essere impossibile classificarla ad alcun tipo, un esempio è l'inglese, che esibisce un ricco campionario di incongruenze € contraddizioni tipologiche. 77 Inglese: si configura come‘lingua VO, viene spesso iscritto al tipo isolante: in effetti le parole dell'inglese paiono in buona parte inanalizzabili (ad esempio gli aggettivi non hanno marche di numero o di genere). L'inglese impiega copiosamente il processo della conversione, che permette di cambiare categoria sintattica delle parole senza variazione formale. Il plurale dei nomi e il comparativo degli aggettivi vengono realizzati con strategie di natura agglutinante. I due morfemi si combinano senza che il confine intemo venga alterato e veicolando ciascuno una sola funzione semantica o grammaticale. Ci sono però verbi che hanno la stessa forma per più tempi, caratteristica propria del tipo fusivo: in inglese sono fusive le forme pronominali di terza persona, che hanno un sistema di genere tripartito. È fusivo anche il morfema grammaticale -ed. Gi sono anche forme che presentano alternanza vocalica (sing, sang, sung), che sono riconducibili al sottotipo introflessivo. In inglese quindi troviamo forme isolanti, agglutinanti, fusive e introflessive. Per questo motivo bisogna cogliere l'incapacità di ascrivere la lingua ad'un tipo morfologico, ma la condizione dell'inglese è estrema ed eccezionale. È però un esempio di quanto sia difficile ricondurre l'esuberante variabilità delle lingue entro pochi schemi rigidi e rigorosi. In particolari situazioni storico-sociali, i successi o gli insuccessi delle comunità dei parlanti possono indirizzare la storia della lingua verso esiti tipologicamente bizzarri e inconsueti. 7. Classificazione tipologica e genetica delle lingue La classificazione genealogica mira a individuare rapporti di parentela tra le lingue, in virtù di concordanze riscontrate a vari livelli di analisi. I rapporti tra la classificazione tipologica e quella genealogica: entrambe procedono con il medesimo modo di analisi, quello comparativo. Il contributo maggiore è quello fornito dalla linguistica storica. Per sancire l'esistenza di una tendenza tipologica più o meno generale, è necessario escludere che questi tratti siano la conseguenza di ùna comune filiazione genealogica, quindi che siano ereditati da una medesima proto lingua madre. Per costruire un campione rappresentativo è indispensabile dare adeguata rappresentanza a tutte le famiglie e sottofamiglie linguistiche che la linguistica storico-comparativa ha identificato. La tipologia ha il ruolo di conferire una sorta di gerarchia di pertinenza di tratti linguistici nei processi di costruzione dei legami di parentela: i tratti linguistici sono l'effetto di tendenze tipologiche generali e non dovrebbero essere considerati per esprimere legami di parentela. Itratti linguistici costituiscono la manifestazione su scala locale di tendenze tipologiche generali. La classificazione tipologica può sostenere la classificazione genealogica in aree geolinguistiche particolarmente intricate. 8.Il ruolo della tipologia nella teoria del linguaggio La tipologia può classificare tanto le lingue storico-naturali quanto singoli elementi di queste lingue. Nel primo caso le(lingue vengono classificate sulla base diproprietà strutturali condivise, nel secondo caso invece viene proposta una Classificazione tipologica di particolari strategie formali. In entrambi i casi serve il metodo comparativo: non ha senso basare l'indagine tipologica su una lingua. Se invece si prevede ilricorso a termini di raffironto esterni alla lingua in questione è possibile tracciare il ritratto tipologico di una singola lingua (rispetto a determinati parametri). La tipologia linguistica non può e non vuole essere una teoria generale del linguaggio, ma può contribuire alla formulazione di una teoria linguistica generale. Una teoria del linguaggio ambisce a capire come funzioni il linguaggio inteso come capacità cognitiva (chiarire e circoscrivere la nozione di lingua umana possibile). Essa non è, come la linguistica genetica,(limitata regionalmente: il suo compito è di trovare le strutture possibili. L'aspirazione è quella di ‘arrivare a comprendere le leggi generali secondo le quali le lingue cambiano. Se obiettivo ultimo della tipologia è studiare i limiti della variazione interlinguistica e definire la nozione di lingua umana possibile, nessuna teoria generale del linguaggio può prescindere da un approccio tipologico. La tipologia spesso volge all'esterno del(singolo sistema lingua, mentre le teorie del linguaggio tendono a privilegiare condizionamenti intrasistemici. Nello stesso segmento talvolta emergono chiari segni di una competizione di più principi distinti. Fallimento di elaborare tipologie olistiche, ossia di(ricondurre ogni articolazione del sistema lingua a un unico principio organizzativo: se ciò accadesse allora la tipologia sarebbe davvero una teoria del linguaggio. GLI UNIVERSALI LINGUISTICI All'inizio degli anni 80 si diffusero le prime descrizioni grammaticali dello hixkaryana, una lingua caraibica parlata in Brasile, che adotta la strategia piuttosto inusuale dell'ordine OVS. Fino a quel momento il tipo OS era del tutto privo di attestazioni. Si pensava che l'impossibilità di anteporre l'oggetto al soggetto fosse una caratteristica del tutto condivisa da tutte le lingue storico- naturali, ossia un universale linguistico. Gli universali linguistici indicano (proprietà o correlazioni di proprietà che si suppone contraddistinguano ogni lingua storico-naturale del presente come del passato. Latipologia e laricerca sugli universali paiono perseguire obiettivi diametralmente opposti: la prima si occupa della variazione interlinguistica, cioè di come le lingue si differenziano le une dalle altre; la seconda studia ciò che è comune a tutte le lingue, concentrandosi sule proprietà rispetto alle quali le lingue non possono variare. Entrambe si collocano a livello sincronico, prescindendo dunque la componente tempo; inoltre anche la ricerca sugli universali ha carattere descrittivo e non normativo nè esplicativo. Gli universali infatti osservano che una specifica proprietà occorre in tutte le lingue storico-naturali, ma non dicono che deve necessariamente esserci. Né gli universali né le correlazioni tipologiche hanno in sè la ragione della propria esistenza. In entrambi i casi è necessario quindi spingersi oltre l'esistente per trovare le giustificazioni delle situazioni osservate. Gli universali individuano ciò che è tipologicamente irrilevante e con ciò delimitano e circoscrivono il campo di indagine della tipologia stessa. Evidenziando i tratti comuni a tutte le lingue, sanciscono che rispetto agli stessi tratti l'indice di variazione è zero, e con ciò mettono questi tratti fuori dall'indagine tipologica. Gli universali fissano i limiti entro i quali le lingue possono variare, un solco per le lingue che può essere più o meno libero. Non tutti gli universali hanno la stessa rilevanza per la tipologia, si distingue in universali assoluti e implicazionali. 1. Gli universali assoluti Sanciscono la presenza (o l'assenza) di una particolare proprietà in ogni lingua storico naturale, senza fare riferimento ad altri parametri e senza correlazioni fra tratti differenti. Esempio: tutte le lingue hanno vocali orali. Oppure: tutte le lingue distinguono tra vocali e consonanti; tutte le lingue hanno categorie pronominali implicanti almeno tre persone e due numeri; tutte le lingue hanno mezzi formali per costruire frasi interrogative. Gli universali quindi consentono di identificare un unico tipo linguistico, cui afferiscono tutte le lingue storico-naturali del passato e del presente. Essi forniscono informazioni sulla natura profonda del linguaggio umano; in molti casi rimandano alla conformazione fisica dell'apparato fonatorio e alle costrizioni neurologiche e psicologiche che intervengono nell'atto comunicativo. Rientra in questo ambito latendenza a collocare, nelle enunciazioni condizionali, la‘proposizione condizionale prima della conclusione: l'ordine inverso è innaturale, nell'interazione comunicativa l'uomo impiega la memoria a breve termine, che rende complicato il recupero di informazioni in strutture complesse. Difficoltà legate ai meccanismi della percezione: la propensione universale a privilegiare l'aggiunta di subordinate ai due estremi della frase piuttosto che all'interno di essa. 2. Gli universali implicazionali Pongono in relazione due o più proprietà, vincolando la presenza di una di esse alla presenza dell'altra; un tratto linguistico quindi può realizzarsi in una lingua storico-naturale solo se nella medesima lingua è attestato anche un altro tratto linguistico. La maggior parte delle correlazioni tra la posizione reciproca dei costituenti e dei sintagmi verbale, adposizionale e nominale, può essere formulata tramite universali implicazionali. Il contributo degli universali implicazionali, per la tipologia, ha un ruolo decisamente maggiore: ponendo in relazione due proprietà si lascia alle lingue un buon margine di reciproca differenziazione, quindi offre parametri affidabili per la variabilità interlinguistica. L'universale VSO - implica - preposizioni: * lingue VSO con preposizioni * lingue VSO senza preposizioni * lingue non VSO con preposizioni * lingue non VSO senza preposizioni Siamo però costretti ad escludere uno dei 4 tipi, il due, questo perchè il tipo in questione non dovrebbe esistere. La correlazione implicazionale dice che le lingue possono ricorrere all'ordine VSO se e solo se hanno anche preposizioni. Non è invece detto che tutte le lingue preposizionali debbano necessariamente sviluppare l'ordine VSO (l'italiano ad esempio è SVO). Dei 4 tipi, solo tre hanno una certa diffusione interlinguistica, il 2 non esibisce attestazioni. LA TIPOLOGIA E IL CONTATTO INTERLINGUI STICO Nel "discorso intorno alla nostra lingua", Niccolò Machiavelli diceva: le lingue non possono essere semplici, ma conviene che siano miste con le altre lingue. In effetti ogni lingua è intrisa di elementi alloglotti in buona parte delle proprie componenti. L'interferenza linguistica può manifestarsi in diversi livelli: con semplici prestiti lessicali, con l'assimilazione di regole morfologiche o con l'adozione di costrutti più complessi a livello microsintattico. L'interferenza è uno di quei fenomeni cui può essere ricondotto il fatto che non esistono tipi puri. Essa infatti può alterare pesantemente la fisionomia di una lingua: caso estremo delle lingue di contatto sono i pidgin e i creoli. 1. La tipologia areale e la nozione di area linguistica Il contatto linguistico è un fenomeno a cui nessuna lingua può sottrarsi, quindi il popolamento di una zona può essersi concretizzato mediante una fitta rete di relazioni, scambi e conflitti tra diversi gruppi umani. Si può in effetti supporre che frequenti e massicci spostamenti di popoli, se agevolati dall'assenza di barriere naturali invalicabili soprattutto, possano favorire la progressiva e la successiva sedimentazione dei tratti linguistici dovuti al contatto. L'analisi delle somiglianze tra le lingue parlate in una stessa area geografica, dovute alla vicinanza fisica e al contatto reciproco di diversi gruppi di parlanti, costituisce lo studio della tipologia areale. L'insieme dei tratti linguistici che si sono imposti in una data regione geografica a seguito di una profonda contaminazione linguistica costituisce un tipo linguistico. Correlazione strutturata di proprietà linguistiche reciprocamente indipendenti corrisponde a un tipo; come nei tipi tradizionali è necessaria l'esplicitazione del principio organizzativo soggiacente che viene identificato nella spinta propulsiva degli eventi storico- sociali che hanno innescato i processi di convergenza. Bisogna prima escludere che le somiglianze in questione abbiano una origine da una tendenza generale o genetica. Questa considerazione ha due implicazioni metodologiche significative: per individuare un contatto areale, è indispensabile una comparazione più ampia tra le situazioni osservate nell'area in esame e le tendenze tipologiche prevalenti nelle lingue del mondo. In secondo luogo l'individuazione di fenomeni sospetti, che necessitano di un approfondimento di natura diacronica. Le regioni in cui le lingue sviluppano tratti comuni per il fatto di essere in un'area continua vengono definite "aree linguistiche". Possiamo dire quindi che un'area linguistica, altrimenti detta lega linguistica o sprachbund, deve caratterizzarsi per la presenza di più lingue parlate nel medesimo contesto geografico, ma non immediatamente imparentate, e di tratti linguistici da esse condivisi. Il verificarsi delle condizioni prima non determina immediatamente l'esistenza di un'area linguistica. Tre condizioni necessarie ma non sufficienti per la formazione di un'area linguistica, limitati però solo a fattori di natura linguistica. Ci sono però anche fattori di natura storico-sociale: un'area linguistica deve aver assistito a movimenti di popoli di vaste proporzioni e alla conseguente creazione di aree bilingui o addirittura plurilingui, che costituiscono il campo per la propagazione, tramite il contatto, di tratti linguistici. Necessità di attribuire un ruolo preminente alla storia: solo questa infatti può confermare o smentire l'esistenza di un'area linguistica. Non si può quindi prevedere la formazione di un'area linguistica contro l'evidenza della storia; al contrario è del tutto possibile che l'evidenza della storia non si trasformi in evidenza linguistica. 2. Alcune aree linguistiche Il primo teatro di fenomeni di convergenza interlinguistica coincide con un segmento del vecchio continente. Con la drammatica dissoluzione della ex Jugoslavia, i Balcani hanno una stratificazione etnica senza pari in Europa, conseguenza di una serie di ripetute ondate migratorie. Di fatto essi sono divenuti il limes naturale tra Occidente e Oriente, due mondi spesso contrapposti per scelte politiche, culturali, religiose e anche linguistiche. L'area balcanica è il territorio europeo in cui si concentra il maggior numero di lingue appartenenti a gruppi linguistici diversi: neogreco, albanese, lingue slave meridionale, una lingua altaica, una romanza, una uralica. I tratti indicati come balcanismi sono: 1. sistema vocalico neogreco articolato su 5 fonemi vocalici 2. sincretismo tra i casi genitivo e dativo, nel genitivo confluiscono le funzioni prima affidate al dativo 3. formazione di un futuro perifrastico, forse di attrazione greca. 3 tipi di futuro: thelo + infinito presente; thelei + congiunzione + congiuntivo; avere + infinito. 4. formazione dei numerali da 11 a 19 che prevede una matrice "numero + preposizione su + dieci". Tale struttura è nota come numerale locativale. 5. perdita dell'infinito, sostituito da proposizioni finite di natura finale, consecutiva o dichiarativa. (dalle subordinate greche) 6. posposizione dell'articolo definito, l'articolo posposto consente di preservare la distinzione tra i casi nominativo-accusativo e genitivo-dativo La correlazione di questi tratti viene spiegata in due modi: il primo vede nei tratti sopra l'effetto dell'azione delle antiche lingue di sostrato attestate nella penisola balcanica; la seconda attribuisce la complessa convergenza all'azione del greco bizantino e medievale. Essi però non sarebbero da intendersi come prodotto di un unico centro di irradiazione ma come il risultato dell'azione simultanea di più spinte propulsive. Nelle lingue balcaniche convivono forme dovute chiaramente a un modello greco e altre che vanno ricondotte al modello latino. Il settore centro-occidentale costituisce il secondo candidato alla posizione di area linguistica: sono assenti barriere invalicabili, l'assenza di mari intemi ha favorito una rete viaria capillare e costantemente frequentata. Vi sono attestazioni di rapporti continui anche se non sempre pacifici tra i popoli che si sono alternati nel territorio. Non sono inoltre mancati i propositi di internazionalizzazione, o di globalizzazione delle dinamiche culturali, anche tentativi di uniformazione linguistica. Scenario ideale per la trasmissione, mediante il contatto, di tratti linguistici. In Europa si registra la presenza di oltre cento lingue diverse, ma caratterizzate da una serie di tratti comuni e condivisi. L'analisi di questi tratti è stata al centro del progetto di ricerca EUROTYP: Typology of Languages in Europe: ricognizione a tappeto delle lingue europee, al fine di trovare eventuali processi di convergenza. Così si sono individuati tratti che paiono caratterizzare alcune lingue d'Europa e il cui insieme è noto come Standard Average European (SAE). 1. somiglianze lessicali: comune lessico colto di matrice greca e/o latina e presenza di comuni strategie nella formazione delle parole, che costituiranno le parti per la costruzione di neologismi o attraverso calchi sul modello di formazioni greche e latine. ordine dei costituenti maggiori della frase indipendente assertiva relativamente rigido e di tipo SVO. presenza di preposizioni e di genitivi post nominali. uso di "avere" ed "essere" come ausiliari nella formazione di alcuni tempi verbali composti. presenza simultanea di articoli definiti e indefiniti. carattere non pro-drop: le lingue pro-drop, altrimenti dette a soggetto nullo, tollerano l'omissione del pronome personale in posizione di soggetto nella frase dichiarativa. Nelle lingue non pro-drop invece, la mancata espressione del soggetto produce stringhe del tutto agrammaticali e quindi incomprensibili: molte lingue romanze sono pro drop. In genere si può stabilire una correlazione tra la presenza di un complesso paradigma di flessione verbale e il carattere pro-drop: una lingua che disponga di terminazioni differenti per le sei persone può esimersi dall'esprimere il soggetto. Nelle lingue non pro-drop non vi è nel verbo alcuna terminazione in grado di disambiguare la frase favorendo l'individuazione del soggetto. 7. ‘agente e soggetto possono divergere: il ruolo semantico di agente viene assegnato all'argomento che designa l'autore dell'azione (attivo e deliberante); nella maggior parte dei casi corrisponde al soggetto grammaticale della frase. Nelle lingue europee vengono ammesse costruzioni in cui il soggetto non svolge ruolo d'agente (inanimato, non ha controllo). la forma passiva con l'espressione dell'agente. 9. accordo delle forme finite del verbo con il soggetto: il verbo concorda solo con il soggetto, infatti eventuali variazioni nell'oggetto non determinano alcun cambiamento. In alcune lingue uraliche e il basco, si verifica a volte un'anticipazione da parte del verbo di tratti dell'oggetto. 10. paradigmi di caso fortemente semplificati e di tipo nominativo-accusativo: una progressiva, talvolta drastica, riduzione delle terminazioni di caso. Le lingue che mantengono una declinazione si stabilizzano su un sistema tendenzialmente bicasuale, in una convergono nominativo-accusativo, nell'altra genitivo-dativo. SRAED Ual La combinazione dei dieci tratti menzionati contraddistingue le lingue localizzate sul suolo europeo e rappresenta il nucleo centrale del SAE. Non sono i singoli tratti a caratterizzare le lingue d'Europa, ma è la loro correlazione a esibire un carattere tipologicamente inusuale. Ci sono lingue in cui la quasi totalità dei tratti si realizza, altre in cui solo un numero esiguo di essi ha un effettivo riscontro empirico, altre ancora che hanno una posizione intermedia. Quindi dal punto di vista linguistico esistono lingue pienamente europee, parzialmente europee e lingue molto distanti dal modello. Possiamo disporre le principali lingue europee in ordine decrescente secondo il loro "grado di Europeismo": * le lingue che esibiscono il maggior numero di tratti, e quindi sono più europee, sono il tedesco, il francese e il nederlandese. * all'estremo opposto troviamo le lingue uraliche, il basco e il turco. * nelmezzo si dispongono l'inglese, l'italiano, le lingue slave, le altre lingue germaniche e romanze, il neogreco, l'albanese, le lingue baltiche, le lingue celtiche e il maltese. Le lingue che realizzano il maggior numero di tratti del SAE si collocano nella zona centrale del vecchio continente, nella regione renana; spingendosi ai margini dell'Europa, l'occorrenza dei tratti del SAE si fa sempre più sporadica. Un'area linguistica non copre uno spazio omogeneo: al suo interno possono essere individuate tre sottoaree: un centro di irradiazione, in cui il contatto interlinguistico ha avuto origine e si è sviluppato più sistematicamente; una zona di transizione, in cui gli effetti del contatto di sono propagati; e una zona relitto, solo marginalmente toccata da questi fenomeni. Il fatto che la zona focale corrisponda alla regione renana, ha indotto a definire le zone interessate dalla propagazione di tali tratti come "area linguistica di Carlo Magno". Fasi salienti del processo di convergenza: Carlo Magno è stato il motore di alcuni eventi sociali e storici che hanno creato i presupposti per la formazione di un'area linguistica. Tra VII e IX secolo Carlo controllava Francia, Svizzera, Austria, Olanda, Belgio, Germania, Italia settentrionale, Boemia, Slovenia e Ungheria. La zona focale dello sprachbund carolingio coincide con la regione renana: attomo alla reggia di Aquisgrana fiorì un importante scambio di idee e di merci, con il conseguente sviluppo della cultura e delle arti, per un costante contatto interlinguistico. La zona di transizione abbraccia invece quelle regioni che originariamente non erano controllate da Carlo e che passarono sotto il suo dominio in tempi differenti. La zona relitto invece include le zone collocate ai limiti estremi dell'impero carolingio, e quei paesi che di esso non facevano parte. Questa loro condizione le rese meno ricettive rispetto ai mutamenti linguistici, che si propagano più facilmente quanto più frequenti sono i rapporti con il loro centro di irradiazione. Conferma come i tratti linguistici siano spesso il riflesso di situazioni sedimentate dalla storia. 3. Due sogni infranti: il Mediterraneo e il Baltico Le due aree descritte prima hanno supportato il dipanarsi di numerosi processi di convergenza interlinguistica dal cui hanno avuto origine le aree linguistiche sopra. Non è però scontato che un'area storico culturale si trasformi automaticamente in un'area linguistica. Due dei più recenti progetti di tipologia areale, hanno ribadito questa affermazione. Progetto MEDTYP: Languages in the Mediterranean Area e il progetto Language typology around the Baltic Sea, hanno lavorato all'elaborazione di una sorta di mappa tipologico-linguistica, proponendosi di censire le peculiarità che caratterizzano le lingue parlate in queste zone, con un confronto sia con le lingue parlate nelle zone circostanti, sia con le tendenze tipologiche prevalenti nel mondo. L'obiettivo ultimo era l'individuazione di eventuali fenomeni specifici di queste aree, la cui evoluzione potesse essere stata determinata dal contatto tra lingue coinvolte. Né il mediterraneo né il Baltico possono essere considerati aree linguistiche: eppure le condizioni di partenza sono favorevoli. In entrambe le regioni sono in uso lingue non immediatamente imparentate, poi sono storicamente documentati contatti intensi duraturi tra le comunità umane. Eppure gli esiti della ricerca hanno portato a fenomeni di contatto che coinvolgono solo una piccola parte delle lingue esaminate. Nel Mediterraneo ci sono analogie significative nella genesi dei suffissi accrescitivi, nella diffusione dell'articolo definito, nella struttura del sintagma nominale. Nel Baltico invece si trova il ricorso al caso nominativo per marcare l'oggetto di alcuni verbi impersonali, la compresenza di preposizioni e posposizioni, il sincretismo dei casi strumentale e comitativo, gli ordini SVO e GN. Dunque tanto nel Mediterraneo quanto nel Baltico emergono tanti microprocessi di convergenza, ma mancano tratti condivisi globalmente: non ci sono quindi i modi per stabilire l'esistenza di un'area linguistica. Non è possibile quindi parlare dei processi di interferenza linguistica facendo ricorso solo a criteri intemi al sistema lingua, perchè l'ultima parola spetterà sempre ai condizionamenti di natura storico-sociale. latino ufficiale normato. È noto però che la scrittura è l'ultima manifestazione della lingua ad accogliere gli effetti dei mutamenti: infatti la scrittura rispetto al parlato è più protetta dai mutamenti, perché è nel parlato che il mutamento prende vita e si manifesta. Il problema è che il parlato sfugge agli studi. TTra le fonti del parlato che ci sono accessibili per il latino troviamo Pompei: l'eruzione del Vesuvio ha bruscamente interrotto la vita della città, fissandola in un istante, fotografandola. Le mura di Pompei hanno graffiti e messaggi che riportano situazioni in cui si scrive come si parla, e sono quindi molto lontane dagli esercizi di stile degli autori latini. Troviamo qui una lieve prevalenza della sequenza SOV, il 57%, contro il 33% dell'ordine SVO, il restante 10% è occupato dagli ordini OSV, un caso di VSO e VOS. Quindi abbiamo un'oscillazione tra l'ordine SOV e l'ordine SVO. Per quanto riguarda il sintagma nominale, c'è una prevalenza per l'ordine NA su AN, e di NG su GN, la frase relativa invece segue sempre la testa nominale. Nel sintagma adposizionale, le preposizioni ricorrono nella totalità dei casi (eccez. mecum). Negli altri costrutti non si produce alcun divario significativo tra le possibili alternative. Se operassimo su un livello puramente sincronico, non potremmo fare altro che certificare la natura incoerente del latino pompeianofIl latino classico viene di norma ascritto al tipo SOV, con complementi-testa e ramificazione a sinistra, mentre le lingue romanze impiegano con pochissime eccezioni la strategia opposta, ordine SVO, testa-complementi o ramificazione a destra. Il latino pompeiano, collocandosi in una posizione intermedia, rivela che la transizione tipologica era già avviata nel I secolo d.C. In esso infatti convivono le strategie opposte: per questo la lingua quotidianamente in uso nei sobborghi appariva per alcuni aspetti più vicina alle moderne lingue classiche che non al latino ufficiale e letterario. 4. Universali implicazionali e mutamento linguistico Universali implicazionali: dati due tratti linguistici X e Y, essi sono in rapporto di implicazione se la presenza di X richiede necessariamente la presenza di Y. Quindi Y è la condizione imprescindibile perchè si realizzi X. Se però la lingua viene concepita come un sistema dinamico, vale a dire in continua trasformazione, va precisata la correlazione X necessita Y è universale se trova riscontro in ogni segmento delle vicende evolutive delle lingue storico naturali. Non dovremmo trovare fasi in cui un'assenza di Y corrispondesse a una presenza di X. Gli universali implicazionali suggeriscono l'esistenza di percorsi evolutivi particolarmente naturali rispetto a specifiche proprietà linguistiche. Il tipo impossibile per la correlazione presenza di X e assenza di Y, può essere interpretato anche come una fase preclusa al mutamento, uno stadio intermedio in cui le lingue non possono passare. Universale implicazionale: se una lingua dispone di un procedimento morfologico per realizzare gli accrescitivi, allora dispone necessariamente di un procedimento morfologico per realizzare i diminutivi, ma non viceversa. Questa tendenza può anche essere spiegata, in chiave diacronica, affermando che(in una lingua la grammaticalizzazione dei diminutivi deve precedere quella degli accrescitivi o svolgersi contestualmente ad essa. Ci si può quindi servire degli universali implicazionali come strumenti di previsione rispetto agli itinerari seguiti dal mutamento linguistico: alcune proprietà linguistiche sono più fondamentali di altre. 5. Si può prevedere la direzione del mutamento linguistico? Il mutamento linguistico è in larga parte prevedibile e dunque è possibile pronosticame l'esito. Il paradigma dinamico offre strumenti efficaci per operare previsioni sull'evoluzione linguistica, ma sempre probabilistica. Esso consente di classificare, al pari dei tipi; anche i cambiamenti linguistici in base al grado di probabilità. Rimane innegabile l'esistenza di mutamenti più naturali di altri e dovrebbe esserepossibile stabilire almeno le direzioni precluse al cambiamento in atto. La storia infatti dimostra come ogni lingua possa passare da qualsiasi tipo linguistico a qualsiasi altro. Ogni slittamento tipologico è bidirezionale, ossia che ogni sequenza di cambiamenti può essere percorsa in entrambe le direzioni. Edward Sapir ha definito "deriva" la lenta trasformazione della lingua. Anche la storia delle lingue è in parte governata dafagenti estemi, ossia dai successi e dagli insuccessi delle comunità umane. AI MARGINI DELLA TIPOLOGIA 1. Tipologia e dialetti La lingua cambia anche nello spazio:(la differenza più comune è quella che comunemente viene chiamata accento. In luoghi posti anche a breve distanza si parla infatti con una cadenza diversa e l'orecchio coglie immediatamente la differenza. In genere la variazione nello spazio geofisico viene indicata come variazione dialettale. Dialetto: quasi ogni parlante lo ha e corrisponde più o meno all'uso linguistico di una comunità geograficamente ristretta facente parte a sua volta di una realtà sociale e politica più ampia e circoscritto di norma a pochi contesti comunicativi. Il dialetto deve essere geneticamente imparentato alla lingua di cui è considerato variante. La tipologia in genere fonda le generalizzazioni sulle lingue ufficiali (e sulle varietà standard); infatti il materiale disponibile per le lingue ufficiali è di gran lunga superiore a quello dei dialetti. Se ci fosse la possibilità di analizzare le varietà dialettali delle lingue storico-naturali, molte delle più note generalizzazioni tipologiche andrebbero riviste. Struttura della frase negativa, ci sono 3 tipi * lanegazione precede il verbo; * la negazione segue il verbo; * la negazione precede e segue il verbo; L'italiano dispone abitualmente della negazione non prima del verbo; in alcuni sistemi linguistici definiti come dialetti italiani trovano ampia attestazione anche gli altri due tipi. Le lingue ufficiali e i cosiddetti dialetti hanno la medesima legittimità : la variazione dialettale svela spesso tendenze tipologiche nuove. La negazione discontinua e quella post verbale si concentrano soprattutto nell'Europa centrale, ma esibiscono un alto indice di diffusione anche nell'Italia settentrionale, seppure in usi linguistici non ufficiali. L'area linguistica di Carlo Magno si caratterizza per il ricorso alla negazione discontinua e postverbale. 2. Tipologia e variazione sociolinguistica: Parlare una lingua significa essere in grado di adeguare la propria produzione linguistica alle diverse situazioni comunicative: infatti i caratteri di una comunicazione a livello familiare non possono essere trasferite a situazioni più formali. Il rapporto tra gli interlocutori influisce sulle scelte linguistiche del parlante: la lingua è quindi un sistema che cambia non solo nel tempo (variazione diacronica) e nello spazio (variazione diatopica), ma anche in base alla situazione comunicativa (variazione diafasica), alla caratterizzazione sociale dei parlanti (variazione diastratica) e al mezzo usato per ito per la comunicazione linguistica (variazione diamesica). La variazione può produrre scarti notevoli tra strutture linguistiche che condividono la medesima lettura semantica: alcune frasi adottano strategie distinte, ma entrambe affermate in chiave tipologica, eppure una non è affermata dalla grammatica. Le grammatiche fotografano in genere una sola varietà della lingua, quella che si è soliti definire standard. Lo standard include di fatto le consuetudini linguistiche socialmente non marcate e fortemente orientate verso la scrittura, che identificano un'ideale comunità linguistica. Gli usi non standard della lingua, cioè le varianti diafasiche, diastratiche, diamesiche e diatopiche(sono trascurati dalla grammatica. La maggior parte delle nostre produzioni linguistiche avviene in contesti informali. Ciascun parlante infatti impara la propria lingua in contesto familiare ed è quindi esposto a stimoli linguistici non standard. L'avvenimento della lingua standard avviene di norma nel contesto scolastico, quando la competenza linguistica si è già sedimentata. Nessun parlante può quindi definirsi nativo della propria lingua standard, dal momento che è orientato verso il polo non formale. Se le grammatiche tendono a riprodurre la varietà standard di una lingua e se il parlante nativo della lingua standard non esiste, ne consegue che gli interlocutori del tipologo sono un'entità fittizia. Il tipologo tende spesso ad astrarre la lingua dal contesto sociale da cui essa trae invece linfa vitale: infatti la lingua è un sistema dinamico articolato anche a livello sociale. Diasistema: un sistema di sistemi, quale è la lingua. 3. Tipologia e acquisizione Le interlingue, o varietà di apprendimento, possono essere definite come le produzioni linguistiche di un apprendente, ossia chi sta affrontando lo studio di una lingua straniera. Si riteneva chelle interlingue fossero varianti transitorie, fortemente semplificate e incomplete, della lingua di arrivo (L2). In realtà c'è una serie di tratti linguistici comuni a tutte le interlingue, a prescindere sia dalla L2 che dalla/lingua madre (L1). Indipendentemente dal punto di partenza e da quello di arrivo, nel processo ci sono fasi intermedie e talvolta universali. Le interlingue, senza l'influenza di L1 e L2,Sono sistemi linguistici naturali, autonomi e coerenti. Anch'esse devono essere annoverate nell'inventario delle lingue storico-naturali; dovrebbero quindi conformarsi con i principi universali e le correlazioni tipologiche. Gli universali implicazionali dovrebbero indicare percorsi di apprendimento più o meno naturali, individuando sequenze acquisizionali improbabili e sequenze altamente probabili. Non dovrebbe esistere quindi alcuna interlingua in cui si registri la presenza di X senza Y. Studi sull'acquisizione di lingue prime e seconde;na correlazione come X implica Y' indica che la proprietà antecedente, cioè X, dev'essere appresa dopo la proprietà conseguente, ossia Y, o contestualmente ad essa. "se una lingua ha la categoria di genere, allora ha sempre la categoria del numero". In ottica acquisizionale, esso induce a prevedere che le strategie finalizzate all'espressione del numero debbano essere apprese prima di quelle destinate all'espressione del genere. L'acquisizione delle strategie dedicate alla trasposizione sul piano formale della categoria del numero sia precedente e più agevole di quella delle strategie finalizzate all'espressione delle differenze di genere. Eccezione: il sistema di genere nei pronomi viene prima. L'affermazione secondo cui l'antecedente deve essere acquisito dopo il conseguente o contestualmente ad esso, non esaurisce la gamma delle possibili applicazioni di un universale implicazionali Gli errori commessi nell'uso della proprietà antecedente sono più numerosi di quelli che contraddistinguono la proprietà conseguente; o ancora, che l'ambito di impiego del conseguente, ma non dell'antecedente, possa essere sovraesteso, ossia possa essere usato in luogo dell'antecedente. Universale "fricative implica occlusive”": la presenza di consonanti fricative richiede necessariamente la presenza di consonanti occlusive, ma non viceversa. Le occlusive in chiave acquisizionale dovrebbero emergere prima delle fricative e dovrebbero essere comprese meglio, con un numero contenuto di errori. Inoltre il dominio delle occlusive può essere esteso. La tipologia morfologica e le interlingue: una delle proprietà riguarda la conformazione morfologica dell'interlingua: si è soliti supporre che le varietà di apprendimento abbiano una fisionomia tendenzialmente isolante, a prescindere da L1 e L2. Le interlingue iniziali paiono caratterizzate da un'ampia occorrenza di formule fisse, memorizzate senza alcuna analisi, e di parole non analizzate, prive di qualsiasi struttura morfologica e di categoria sintattica. Esse poi esibiscono minima o nulla flessione morfologica. Nel caso dei verbi, un'unica forma detta basica viene utilizzata per coprire l'estensione di un intero paradigma. Le parole che caratterizzano le prime produzioni di parlato spontaneo di un apprendente sono invariabili e hanno essenzialmente valore lessicale. In ogni processo di apprendimentoîsi verifica nel singolo apprendente un incontro tra due sistemi linguistici: contatto tra due lingue tipologicamente distanti La prima coordinata è il rapporto tra l'uso di una strategia di natura formale e il suo valore semantico-funzionale. L'acquisizione del dominio cognitivo di riferimento è condizione necessaria perl'apprendimento e l'uso consapevole di una specifica strategia linguistica. Una volta assimilate le necessarie categorie cognitive, è più facile acquisire l'uso di strategie linguistiche che prevedono il ricorso a principi organizzativi poco distanti dalla L1. Carattere isolante delle interlingue iniziali: se la L2 ha un carattere agglutinante o fusivo, un apprendente con L1 isolante faticherà più di un apprendente con L1 agglutinante o fusiva. In questo quadro gli errori commessi dall'apprendente nelle prime produzioni spontanee nella L2 trovano giustificazione convincente nel confronto tra le strutture della lingua di arrivo e di quelle della lingua di partenza. Integrazione dei soggetti alloglotti non ha un piano didattico efficace per tutti: quindi non può esistere un percorso didattico per l'insegnamento della lingua straniera. Ci vorrebbe un metodo di insegnamento proiettato sulla L2.
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