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Augusto e la fine della Repubblica: il principato di Ottaviano, Appunti di Latino

La transizione dalla repubblica romana al principato di ottaviano augusto, con un focus sulla pace, la famiglia e la cultura che caratterizzarono questo periodo. Vengono trattati i primi atti di ottaviano, la sua politica e le leggi per la protezione della famiglia, oltre alla riavvio delle pratiche religiose. Inoltre, vengono introdotti i concetti di patria e senso di appartenenza, nonché la figura di tito livio e la sua opera 'ab urbe condita'.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 03/01/2024

martina.righini
martina.righini 🇮🇹

4

(1)

13 documenti

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Scarica Augusto e la fine della Repubblica: il principato di Ottaviano e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! L’età classica- L’età di Augusto I limiti cronologici dell’età di Augusto sono convenzionalmente dal 31 a.C. (data relativa alla battaglia di Azio, che segna il primato di Ottaviano sul nemico Marco Antonio) al 14 d.C. (data di morte di Augusto). Il 31 a.C. è una data fondamentale nella storia di Roma: 1. Pone fine al lungo periodo di guerre civili che vedeva scontrarsi molti cittadini romani. 2. Riguarda un passaggio DALLA RES PUBLICA AL PRINCIPATO– Ottaviano rappresenta questa riforma facendosi accettare gradualmente dal popolo, per poi farsi accettare come PRINCEPS (le istituzioni repubblicano rimangono) e si farà attribuire molti poteri che fino a quel momento erano stati distribuiti Anche se viene considerato iniziatore del Principato GIULIO CESARE (Anche Dante considera lui come iniziatore del principato nel 6° canto del Paradiso) Il primo atto che compie Ottaviano, al ritorno da Roma, è la chiusura delle porte del tempio di Giano (dio della guerra) per segnare la fine del periodo bellico, per dare inizio a un periodo di pace– aspetto che convince i romani a dare fiducia a Ottaviano (garante della pace) Ottaviano si impone anche nella politica, proponendosi ogni anno console e facendosi eleggere (quando per i romani era una magistratura collegiale e annuale, per non garantire la formazione di un potere individuale) Ottaviano viene meno a questa 🡪 regola senza che nessuno protesti. Si fa nominare AUGUSTO (persona degna di rispetto) –viene tacitamente accettato Ottaviano si trova di fronte a una realtà da ricostruire, perché le guerre avevano segnato un decadimento economico, politico e morale lo vediamo negli scritti di Sallustio e Cicerone. 🡪 Ottaviano riforma questa moralità, attraverso la PIETAS (apice dei valori del mos maiorum: rispetto degli dèi, della patria e della famiglia) Il comandamento supremo è quello di ripristinare gli antichi costumi (mos maiorum): ● RELIGIONE; attraverso il ripristino dei culti e il restauro di tutti i luoghi di culti. I romani vengono riavviati alle pratiche religiose. ● PATRIA; Augusto si fa garante della patria– i cittadini devono essere fieri di essere di Roma🡪 senso di appartenenza foriera di civiltà. ● FAMIGLIA; si prodiga nell’emanazione di una serie di leggi, per tutelare la famiglia: limita i divorzi, incentiva la procreazione dei figli, controllando il comportamento i romani, bandendo il lusso, cercando la sobrietà di vita che aveva connotato Roma nei primi secoli Ottaviano riesce PARZIALMENTE, perché il risanamento morale richiede un’azione forte da parte del popolo e una tempistica adeguata, ma Augusto ha una parte importante nell’avvio di Roma – è LA CULTURA L’età di Augusto è l’età Classica (dal I secolo a.C. – al I secolo d.C.) – asso di tempo dove sono collocati i letterati più autoritari che si impongono con i loro generi letterari e che diventeranno dei modelli da seguire. Augusto comprende che anche la cultura è strumento di propaganda politica – attraverso la cultura si può diffondere un messaggio ideologico. Alcuni scrittori, infatti, accettano di farsi portavoce del messaggio ideologico di Augusto, mettendosi a stretto contatto con il lettore con contenuti forieri del mos maiorum e di un messaggio di pace che ricomunica ai romani un 🡪 senso di appartenenza di Roma. Augusto individua in Mecenate, la persona in grado di ricercare gli intellettuali che lavoreranno con e per lui – cerca talenti disposti a divulgare il messaggio di Augusto (viene meno alla libertà scrittoria) CIRCOLO DI MECENATE= circolo formato dagli scrittori individuati da Mecenate. Da cui deriva il nome “mecenatismo”, cioè la forma di protezione accordata dal potere politico al mondo intellettuale e artistico. Vedremo persone come Virgilio e Orazio (nomi più noti del circolo di Mecenate) attraverso la loro opera si faranno portavoce di messaggi di alto valore morale e contribuiranno alla divulgazione dell’ideologia di Augusto. Virgilio, nel Circolo di Mecenate, sarà uno dei membri più autorevoli. L’entrata nel Circolo di Mecenate significa quindi accettare le direttive da parte del princeps le due opere successive nascono infatti in questo clima: 🡪 1. Le Georgiche, poema epico didascalico in 4 libri (parsimonia, lavoro, mos maiorum)-- vedere fogli dell’anno scorso 2. Eneide, sotto consiglio di Augusto, poema epico-mitologico in 12 libri. Per la stesura dell’Eneide, Virgilio intraprende un viaggio, che lo porta in Grecia e Asia Minore per informarsi nei luoghi in cui si erano svolte le vicende profilate nell’Eneide. Tornando da questo viaggio però sbarca a Brindisi in condizioni di salute precarie e muore. Verrà seppellito a Napoli (luogo dell’anima, dove ritrova sempre pace e tranquillità). In punto di morte, Virgilio desidera che l’Eneide venga distrutta perché per lui non è un’opera conclusa. Orazio, è il secondo autore e poeta importante dell’età Augustea in quanto come Virgilio esponente di spicco del circolo di Mecenate; è quindi concorde nel divulgare quanto Augusto andava diffondendo nel tentativo di riformare moralmente la società romana. Partendo da esperienze (personali o meno) va a riflettere su aspetti della vita umana, che denota per la loro manchevolezza, e sui quali va a riflettere (esempio: satira 1° – est modus in rebus – “c’è una misura in tutte le cose”-- parte dalla riflessione sul fatto che l’uomo non è mai contento di sé, perciò l’uomo deve migliorare in questo aspetto – dobbiamo trovare la nostra misura, nel nostro comportamento). Quindi già a partire dalle satire troveremo espressa la filosofia epicurea di Orazio, che sarà il fil rouge delle sue opere perché, Orazio elencando vizi e difetti della propria società si prefigge di corregge: prima riproverà (scopo della satira) e mettere in risalto il vizio, ma lo scopo è anche quello di riflettere sorridendo e proporre una via d’uscita. Orazio, quindi, propone la sua RICETTA PER LA FELICITÀ – dà indicazioni all’uomo del suo tempo per essere felice – l’insegnamento che Orazio porta è universale, e vale per gli uomini di tutte le epoche. La ricetta della felicità di Orazio si fonda su 2 principi (insegnamenti pratici): 1. METRIÓTES –la giusta misura – imparare a evitare gli eccessi 2. AUTÁRKEIA – autosufficienza – bastare a noi stessi, essere capaci di limitarci nelle passioni. Siamo in un contesto di filosofia epicurea– Orazio prende in considerazione la filosofia epicurea che guida la propria vita 🡪 tende a vivere isolato, riservato a crearsi il cosiddetto l’angulus – angolo appartato. Ciò non vuol dire che Orazio non prenda in considerazione altre filosofie e da questa sua elaborazione nascono due principi che secondo il suo pensiero sono proprio rapportabili e realizzabili (messi in pratica nella vita d'ogni uomo che voglia vivere sereno) Scopo della satira sia castigare e mettere in risalto il difetto ma proporre una correzione, e lo fa bonariamente. Applicare la metriòtes significa imparare a evitare gli eccessi, trovare un equilibrio nella quotidianità. L’autàrkeia è un principio che è già stato esternato nella filosofia epicurea (anche Lucrezio, quando traduce e aggiusta il testo di Epicuro– essere libero dalle passioni significa avere raggiungere una libertà interiore che ci svincola dal condizionamento esterno). Le passioni che di solito porta l’uomo a commettere errori sono: smania e ricerca di ricchezza, smania e ricerca il potere e il successo. I due principi sono LEGATI tra loro– ci aiutano a evitare gli eccessi e ci aiutano a vivere in equilibrio e liberi, capaci di vivere liberamente la nostra vita. Se messi in pratica, i due principi ci conducono alla felicità, al vivere serenamente. Attraverso modi diversi, Orazio esternerà questi due principi che sono la ricetta per la felicità. Augusto come abbia apprezzato Virgilio e Orazio (entrambi epicurei)? Augusto ha apprezzato moltissimo Orazio (gli ha anche affidato la composizione la Carmen saeculare, quindi la stima nei suoi confronti era notevole)-- perché questi principi di Orazio coincidono perfettamente con l’ideologia augustea, che vede il ripristino della moralità. Metriotes ricerca equilibrio e il sapersi accontentare, e corrisponde alla pratica della frugalità e la 🡪 semplicità della propria vita. In maniera diversa, Orazio e augusto mirano allo stesso obbiettivo Orazio sostiene Augusto perché🡪 dice che la felicità poggia sul doversi accontentare. Anche l’autarckeia porta a una libertà interiore che poggia su una saggezza di vita. Il Circolo di Mecenate non è l’unica realtà intellettuale nell’età Augustea– in particolare: ● Circolo di Valerio Messalla Corvino: richiama in sé poeti, che trattano il genere dell’elegia. Rispetto al circolo di Mecenate, praticando l’elegia, ritornano alla soggettività tematica– dimostrano estraneità alla politica anche se per alcuni di loro ci sarà un avvicinamento all’orientamento del Circolo di Mecenate. In generale, c’è un controllo del mondo politico sul mondo culturale. Assistiamo a un esempio di esilio🡪 quello di Ovidio. Il caso di Ovidio come lui steso afferma nei Tristia, questo esilio è stato dovuto a un carme e ad un error. Probabilmente Ovidio scrive l’ars amatoria, ovvero l’arte della conquista. LA STORIOGRAFIA E TITO LIVIO veramente ardua, perché di quel periodo poche erano le testimonianze scritte. Le fonti erano soprattutto gli annales dei pontefici massimi (è una forma di scrittura che anticipa la storiografia, perché i pontefici massimi avevano il compito di redigere un elenco dei fatti più significativi dell’anno ricordando i nomi dei magistrati). Questi documenti, in più vennero distrutti con un incendio di Roma. Per i primi 5 libri, Tito Livio ricorda che i fatti saranno ricordati come ha potuto perché ci sono poche testimonianze e pochi scritti. Saranno riportati in modo più fedele i fatti che riguardano la magistratura. L’apologo di Menenio Agrippa pag.355 La concezione che Tito Livio ha della storia è "storia magistrae vitae”, ovvero che la storia è maestra di vita, deve insegnare. Come per Sallustio, l’impronta che imprime alla sua storiografia è quella di un taglio moralistico, ovvero si riportano dei fatti che abbiano una valenza morale che fa sì che dalla storia si possa imparare. Questo fatto che riguarda uno scritto non necessariamente realistico, ma che ha un insegnamento morale. Questo apologo riguarda la prima secessione della plebe. Nei primi secoli della repubblica romana sono contrassegnati da conflitti di ordine interno sociale. C’erano due ceti sociali: i patrizi e i plebei. I primi detenevano il potere politico mentre i plebei erano una classe eterogenea e comprende sia agricoltori sia persone abbienti e che non avevano famiglie nobili alle spalle. Il termine “secessione” significa “allontanamento”, è una forma di sciopero che i plebei mettono in atto contro i patrizi allontanandosi da Roma e creando disagio. Si colloca nel 494 a.C. – ci sono difficoltà negli organi interni. Segna gli abusi con cui i plebei erano allontanati ed emarginati dalla vita politica e non contavano nel piano sociale e politico. Cercano di emendare a questo disagio allontanandosi da Roma. Il senso della favoletta, che la tradizione annalistica aveva ripreso dalla letteratura greca e attribuito al mediatore della riconciliazione è che la salute complessiva di un organismo è possibile solo se ogni membro svolge la funzione che gli spetta. 5 - il clima che c’è in città è un clima di tensione: una parte della plebe si era allontanata e l’altra no.Indifesi sono anche i patrizi, che temono ulteriori ritorsioni – non sapevano come risolvere la situazione 6 - domande che si pone l’autore, cercando di interpretare il disagio diffuso: se ci fosse una guerra esterna i romani non sarebbero stati in grado di difendersi. 7- si comprende che non c'è concordia 8 - viene scelto Menenio Agrippa, un uomo eloquente (l’eloquenza, il saper parlare aveva già un suo ruolo, qualità indispensabile) + piaceva alla plebe perchè proveniva da lì. “si dice” – va a significare che Tito Livio accoglie quello che di quel tempo è stato riportato, manca una fonte autorevole. Menenio Agrippa giunge nel campo e parla loro, con un tono primitivo e rozzo, perché ha l’eloquenza ma non è certo capace di essere a livello degli oratori dei secoli successivi. 9-10 - L’apologo inizia dicendo che ci fu una situazione di discordia anche nell’organismo umano, dove le parti del corpo misero uno sciopero nei confronti del ventre, che consideravano privilegiato.Fecero una congiura decidendo che tutte le parti del corpo dovevano fare in modo che il ventre non arrivasse/ giungesse cibo. Questo sciopero, alla fine si ritorce anche su di loro, perchè c’è un indebolimento dell’intero organismo. 11- questo sciopero serve a dimostrare che è vero che il ventre beneficia di compiere meno fatica rispetto alle altre parti del corpo, ma non per questo fosse meno utile. 12 - con questo apologo ha una sua morale, è un esempio con scopo morale. La favola di Menenio Agrippa dimostra che come le membra e lo stomaco sono legate tra di loro, così i patrizi e i plebei devono essere legati perche un classe sociale non sussiste senza l’altra – al fine di vivere IN CONCORDIA TERZA DECADE - anticipazione (pag. 363) La terza decade ci porta nel clima delle guerre puniche. La terza decade è anticipata da una prefazione (come tutte le opere storiografiche, ha una premessa generale all’opera intera, di cui abbiamo considerato essere presente il contenuto dell’opera, l’intento che il lettore spera di riscontrare e indicazioni di lavoro/metodo). A parte questa anticipazione generale che chiarisce l'intento dell’opera, Tito Livio, data l’importanza dell’argomento crea una prefazione anche alla terza decade, relativa alla seconda guerra punica. Questo perchè nella prefazione ci chiarisce i motivi che hanno spiegato la necessità di creare una premessa a un argomento che ritiene fondamentale nella storia di Roma. La seconda guerra punica rappresentò un momento faticoso in quanto tenne l’esercito romano impegnato per lungo tempo ma soprattutto dubitante di un successo garantito, questo perchè i Cartaginesi erano guidati da Annibale, un comandante capace e audace che guidò l’esercito e ebbe tanti esiti vittoriosi, tanto da far disperare i romani da un risvolto positivo nella guerra 1. Ci dice già che è un evento particolare. Ci dice che la premessa di solito è unica e anticipa il resoconto storico, ma Tito Livio sente di farne un’altra: la prima motivazione è che, come Sallustio aveva spiegato perche si era fermato sulla congiura di Catilina, Anche Tito Livio spiega perche si sofferma sulla seconda guerra punica – ritiene che sia la più degna di essere ricordata, cioè che tra tutte le guerre combattute questa è la più importante– quella combattuta contro Annibale 2. Spiega perché era la guerra più importante. Perchè sono due popoli entrambi forti che si scontrano e perchè entrambe le forze messe in campo sono entrambe notevoli. Mutevoli furono le sorti della guerra, a tal punto di far dubitare dell’esito.tutte le sconfitte subite dai Romani fanno dubitare della sussistenza del popolo romano. 3. dopo aver spiegato perché è la guerra più importante, spiega l’odio che i popoli provano uno per l’altro – motivo dell’odio: i Romani detestano i Cartaginesi perché hanno osato nella Prima guerra unica, eppure osano mettere in atto un secondo conflitto nei confronti dei Romani I Cartaginesi hanno voluto iniziare una guerra sollecitati dall’odio perché sono stati vinti, e come vinti, hanno dovuto pagare un tributo di guerra notevole, e si sono visti sottrarre dei Territori *LA SICILIA E LA SARDEGNA– furono sottratte nella seconda guerra punica e costituivano la prima provincia di Roma. La sicilia era un territorio importante, perché era un territorio fertile, che riusciva a dare il grano necessario per la sussistenza stessa di chi lo teneva. Le provincie erano territori sottomessi e dovevano pagare delle tasse e tributi ai vincitori. Tutto ciò crea motivo di astio da parte dei Cartaginesi. 4. “si dice” – riporta quello che ha raccolto e sentito, no documenti certi, oggettivo – aneddoto di Annibale ancora bambino: quando aveva 9 anni già segue le orme paterne e su istigazione paterna giura sull’altare di portare odio al popolo romano. 5. L’odio del padre di Annibale che ha nei confronti dei romani ( a seguito della prima guerra punica) viene fatto dal figlio, l’odio è causato dalla sottrazione della sicilia e sardegna e dal pagamento dell’indennità di guerra. Quest odio maturato dai cartaginesi trapassa dal padre al figlio, sottoforma di giuramento RITRATTO DI ANNIBALE In questo ritratto vediamo marcatamente come Sallustio sia stato un esempio fondamentale per Tito Livio. Sallustio è il fondatore di questa peculiarità della storia romana: pone l’attenzione sui personaggi di rilievo si fornisce un ritratto che è in bianco e nero, perchè mette in evidenza le qualità positive e negative. Sallustio è ideatore di un prototipo di fare storia che si fonda sulla ritrattistica – dare al lettore un ritratto del personaggio che delinea anche la personalità e il modo di essere, nel bene e nel male. 3-4 – Giammai la stessa indole fu più adatto a cosa assai diverse, l’obbedire e il comandare (questo ritratto è basato sull’ antitesi, contrapposizione - l’indole di Annibale è tale per cui è in grado di obbedire e di comandare). Pertanto, non facilmente avresti potuto distinguere se fosse più caro al comandante o all’esercito (perchè al comandante doveva l’obbedienza e rispetto all’esercito doveva comandare). Preferiva mettere a capo qualcun altro quando ci dovesse agire con forze valorosamente, nè i soldati confidavano di più o osavano sotto un altro comandante (queste sue capacità - ovvero l’obbedienza e il comandare- lo rendono gradito sia al comandante - Asdrubale- sia all’esercito. Questo perché Asdrubale si fidava di lui e gli affida missioni, e anche i soldati si sentono sicuri con la sua presenza) 5 – Aveva moltissima audacia, per affrontare i pericoli, (aveva) notevole molta capacità di decisione, nei pericoli stessi, il corpo non poteva essere faticato da nessuna fatica e l’animo non poteva essere vinto. 6 – La sopportazione del caldo e del freddo era uguale, la quantità del cibo e della bevanda era determinata dal bisogno naturale e non dal piacere. i tempi delle veglie e del sonno non erano distinti né dal giorno né dalla notte. 7 – Era concesso al riposo ciò il tempo che avanzava agli obblighi (alle cose da fare), il riposo non era ricercato né sul letto comodo né nel silenzio; molti lo videro spesso coperto da un mantello militare mentre giaceva per terra tra le sentinelle e i corvi di guardia (dormiva dove capitava, semplicemente con un mantello addosso; non aveva agito, sempre in mezzo ai suoi soldati). 8 - L’abbigliamento non eccelleva tra i pari, si riconoscevano le armi e i cavalli. Era il primo di gran lunga tra i cavalieri e i fanti; per primo andava in battaglia ultimo usciva a combattimento concluso. 9 - Vizi ingenti eguagliava queste cosi gradi virtù dell’uomo: una crudeltà disumana, una perfidia più che punica, nessun senso del vero nessun senso del sacro , nessun timore degli dèi, nessun rispetto del giuramento, nessuno scrupolo religioso. La prima parte tratteggia le qualità di Annibale: - obbedisce e sa comandare - audacia, determinazione, - animo e corpo miai fiaccati, sa sopportare le intermedie - dorme quando è possibile - concede al risposo solo lo spazio di tempo che sussiste agli impegni - non ama primeggiare e abusare del suo ruolo. Non ha abbigliamento che lo distingue, solo il suo modo di comandare lo distingue (Annibale porta il buon esempio, è il primo che parte in battaglia, si espone ed è l’ultimo che esce dal campo di combattimento) - ha qualità ampiamente riconosciute Queste grandi qualità sono eguagliate e annullate dai vizi molto importanti: - è crudele - perfido oltre misura questi difetti ingenti costituiscono il contrario della moralità del mos maiorum che costituiscono il punto di forza dei romani (pietas, fides) - la perfidia di Annibale batte quella attribuita a tutti i cartaginesi - non ha rispetto della parola data - non ha scrupolo religioso - non ha timore degli dèi
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