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Torquato Tasso: La Vita e le Opere del Grande Poeta Italiano del Cinquecento, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Storia della letteratura italianaPoesia epicaCinquecentoBiografia di Autori Italiani

Biografia e analisi delle opere di Torquato Tasso, uno dei maggiori poeti italiani del Cinquecento. Vivere e scrivere in un ambiente letterario e cortigiano, la composizione di 'Rinaldo' e 'Gerusalemme Liberata', la vita tormentata del poeta e la sua morte a Roma.

Cosa imparerai

  • Che opera è considerata la più importante di Torquato Tasso?
  • Perché Torquato Tasso fu tenuto rinchiuso dal duca Alfonso II d'Este?
  • In cosa consiste l'ispirazione epico-religiosa di Torquato Tasso?

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 26/01/2022

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eleonora-annavini-2 🇮🇹

5

(3)

23 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Torquato Tasso: La Vita e le Opere del Grande Poeta Italiano del Cinquecento e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Torquato Tasso Torquato Tasso, (11 marzo 1544, Sorrento - 25 aprile 1595, Roma) è stato uno dei maggiori poeti italiani del Cinquecento. La sua opera più importante e conosciuta è la Gerusalemme liberata (1575), in cui vengono descritti gli scontri tra cristiani e musulmani alla fine della Prima Crociata, durante l'assedio di Gerusalemme. Vita Per meglio capire vita ed opere del Tasso occorre tenere presente l'ambiente letterario e cortigiano nel quale egli visse. Di nobile famiglia d'origine bergamasca, nacque a Sorrento nel 1544. Aveva dieci anni quando raggiunse a Roma il padre Bernardo, segretario del principe di Salerno; la madre, rimasta a Napoli, morì due anni dopo, forse assassinata da suoi stessi fratelli. Frattanto Bernardo Tasso si era trasferito presso Guidobaldo II duca di Urbino, che seguì a Pesaro come uomo di corte. Torquato divenne così compagno di studi del figlio del Duca. Gli anni trascorsi a Pesaro (1557 - 1559) furono per il Tasso un periodo sereno; passò poi a Venezia (1559) e l'anno seguente a Padova dove si dedicò agli studi di filosofia ed approfondì la conoscenza dei classici. In seguito si trasferì a Bologna e, a tale periodo, sono da assegnare la composizione del Rinaldo (1562) ed il primo abbozzo della Gerusalemme Liberata, la cui originaria ispirazione risaliva alla fanciullezza allorché più volte Torquato Tasso fu condotto alla Badia di Cava, il monastero dei Benedettini di Cava de' Tirreni, dove si trova la tomba di Urbano II, il predicatore della prima Crociata, ed ebbe modo di ascoltare dai monaci il racconto delle imprese dei Crociati. Al soggiorno padovano risalgono le prime liriche, composte per amore di Lucrezia Bendiddio e, in seguito per la mantovana Laura Peperara (1564). Tali amori seppero ispirare al giovane poeta alcune liriche che sono tra le più delicate e melodiose del tempo. Concluso il periodo degli studi, nel 1565, a Ferrara, Torquato Tasso entrò al servizio del cardinale Luigi d'Este, fratello di Alfonso II duca di Ferrara. In tale periodo il poeta ebbe agio di lavorare al proprio poema. Tra il 1570 ed il 1571 Tasso accompagnò il cardinale in Francia, ma qui il suo soggiorno non fu sereno ed il poeta rientrò in Italia appena gli fu possibile. Dopo la morte del padre ed un soggiorno a Roma e poi a Pesaro, Tasso tornò a Ferrara, al servizio di Alfonso II, con il titolo di gentiluomo e poi con la carica di storiografo di corte (1576). Il poeta godette di un breve periodo sereno, poi cominciò a soffrire di un gravissimo esaurimento nervoso, al quale contribuirono l'intenso, logorante lavoro letterario, gli scrupoli religiosi e i dubbi artistici sorti dopo la composizione della Gerusalemme Liberata la cui revisione, fonte di molte amarezze, volle affidare all'amico Scipione Gonzaga, ad un teologo, ad un filosofo e ad un rimatore. I revisori gli prospettarono, con la pedanteria tipica del tardo ‘500, problemi di poetica e di moralità. L'ansia del Tasso crebbe trovando limitazioni e critiche proprio a quell'opera dalla quale si aspettava una gloria indiscussa. L'esaurimento si aggravò, i suoi turbamenti e le sue ansie divennero più frequenti. La nevrastenia che lo tormentava assunse forme sempre più acute, con prostrazioni profonde, malinconie improvvise, irrefrenabili ire, manie di persecuzione. Gli scrupoli religiosi divennero sempre più gravi. Nel 1575, si era fatto esaminare dall'inquisitore di Bologna, nel 1577, si sottopose all'esame di quello di Ferrara, l'assoluzione non gli impedì di continuare a tormentarsi, compromettendo anche alcuni personaggi di corte. Irritato, scontento di tutto, il poeta fuggì da Ferrara per recarsi dalla sorella a Sorrento, dove rimase alcuni mesi, in seguito fece ritorno a Ferrara, poi si recò a Torino. Tornato a Ferrara, il duca Alfonso, contro il quale aveva pronunciato pubblicamente invettive, lo fece rinchiudere nell'Ospedale di Sant'Anna (1579 - 1586). Dal 1580 gli fu permesso talvolta di uscire, gli fu consentito di ricevere visite, gli furono inviati i pasti dalla cucina ducale. L'anno successivo gli fu concesso di uscire regolarmente alcune volte la settimana. Il reale motivo per cui il ideale, la fresca serenità che è sullo sfondo della favola stessa, conferiscono all'opera un fascino incomparabile. L'Aminta è il capolavoro giovanile del Tasso, nell'armonia della favola pastorale si riflette la serenità del poeta, non ancora turbata dalla naturale malinconia, aggravata dalle febbri malariche, dall'invidia dei cortigiani e dal timore dell'Inquisizione. L'atmosfera sentimentale del poema, nel gioco sottile dei riferimenti alla vita di corte, permette di rivivere la realtà su un piano felicemente onirico, capace di farle perdere ogni pesantezza di cronaca (Silvia è l'ideale di quella acerba femminilità carica di promesse che Tasso aveva vagheggiato nella Bendidio e nella Peperara). Il coro dei pastori (oh bella età dell'oro) commenta la vicenda scenica. L'età dell'oro non è da rimpiangere per la natura benevola, per l'eterna primavera, per la pace che era l'unica legge del mondo, bensì perché l'onore, parola priva di sostanza, causa di errori e di inganni, tiranno della spontaneità naturale, non avvelenava ancora, con la sua ipocrisia, la gioia degli amanti. Infatti a quelle creature avvezze a vivere libere era nota solo la legge della natura, per la quale è lecito tutto ciò che piace. Il coro si chiude con l'invito a cogliere le fugaci gioie della vita. Il coro contrappone la lieta spontaneità dell'amore, visto come legge fondamentale della natura, alle convenzioni create dagli uomini che hanno voluto imbrigliare la gioia istintiva dell'amore con le pastoie dell'onore , fatto coincidere con il pudore. In natura non esiste il pudore, poiché amare è necessità e quindi non può esistere il concetto di peccato. La civiltà imponendo all'uomo leggi, consuetudini, convenienze ha evocato i fantasmi dell'onore e del pudore e ha suscitato gelosie, pregiudizi, ipocrisie, remore, dubbi angosciosi, uccidendo la gioiosa spontaneità dell'amore. Rime - Tasso lavorò ad esse sin dall'adolescenza a più riprese, trascrivendo correggendo, rifacendo, annotando, ordinando variamente sonetti, canzoni ottave, madrigali. Nelle Rime è tutto il mondo ideale del Tasso. Sono vari i motivi: amore, omaggio alla bellezza femminile, lodi ad amici, sinceri affetti, accanto ad insinceri omaggi di celebrazioni di feste o di ricorrenze , motivi religiosi e ansia di fede, ricordi, lamenti per le vicissitudini presenti, tormenti dell'animo. Il sentimento della natura, bellissima eppure pervasa di indefinibile malinconia, è nel Tasso sentimento stesso della poesia. Il poeta compose numerosi madrigali, trovando nella libertà dello schema metrico la forma meglio adatta alla propria musica interiore, che è quella onirica, con temi leggeri. Tasso seguì il gusto del secolo nelle eleganti analogie tra immagini della natura e bellezze femminili, infondendo a tali schemi convenzionali segrete vibrazioni sentimentali e sensuali. Non pochi dei madrigali furono composti per essere musicati dai musicisti del tempo, non ultimo Claudio Monteverdi. Dialoghi - Riprendono un genere letterario molto in voga nel Cinquecento, furono scritti in gran parte durante la relegazione in Sant'Anna (1579 -1586). Sono in tutto ventitré, non tenendo conto delle varie redazioni di alcuni di essi. Sussistono però dubbi sull'autenticità del dialogo intitolato Manso o vero dialettica de l'amicizia. Epistolario - Comprende circa 1700 lettere, va dal 1564 sin quasi alla morte. Le lettere scritte durante il periodo trascorso in Sant'Anna risultano saldamente costruite e le citazioni classiche, sono usate sempre a luogo opportuno. Anche se nello scrivere le sue lettere il Tasso pensò certamente di raccoglierle per posteri (da ciò deriva il tono di soppesata eleganza e di attenta cura), in esse emerge tuttavia la storia del loro autore. Struttura e trama della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, a cura di Alessandro Condina. La Gerusalemme Liberata è un poema diviso in venti canti; il modello è l'Eneide e il metro scelto l'ottava di endecasillabi, con rime alternate e le ultime due rime baciate. Alcuni studiosi ritengono che i venti canti possano essere raggruppati in cinque parti, ricalcando così i cinque atti della tragedia classica. Il centro drammatico dell'azione è sempre Gerusalemme, che rappresenta l'oggetto del desiderio e il luogo da conquistare a tutti i costi. Attorno alla città, agiscono forze centrifughe (gli interventi diabolici e demoniaci che distolgono gli eroi cristiani dal realizzare l'impresa) e forze centripete (gli sforzi degli eroi sostenuti dall'aiuto celeste). Alla base del movimento della Liberata c'è dunque la peripezia, così com'era per la tragedia classica. L'ambientazione storica è la fase conclusiva della Prima Crociata (1099). I cristiani sono già da sei anni in Terra Santa, ma ancora non riescono a conquistarla (riferimento esplicito al poema omerico dell'Iliade). Alessandro Condina è giornalista e docente liceale di italiano e latino a Milano. Si è laureato all'università di Messina con una tesi sul Commentario all'Apocalisse di Apringio di Beja. Collabora con varie testate online, tra cui D - La Repubblica e Blogo. Pensa che il web possa essere un ottimo strumento per la didattica, oltre che per l'informazione. La Gerusalemme liberata è un poema diviso in venti canti e il modello è l’Eneide; il metro è l’ottava di endecasillabi con rime alternate e le ultime due rime baciate. Un altro modello che Tasso tiene presente è quello della tragedia classica: secondo alcuni studiosi, questi venti canti possono essere raggruppati in cinque parti che riprendono i cinque atti della tragedia classica. Il centro drammatico dell’azione è sempre Gerusalemme, oggetto del desiderio e luogo da conquistare a tutti costi. Attorno a Gerusalemme agiscono: forze centrifughe, cioè gli interventi diabolici e demoniaci, tutto ciò che distoglie gli eroi cristiani dal realizzare l’impresa;forze centripete, cioè lo sforzo, l’impegno degli eroi sostenuti dall’aiuto celeste. Alla base del movimento de La Gerusalemme liberata c’è la peripezia, tecnica presente anche nella tragedia classica. Qual è l’argomento? All’inizio de La Gerusalemme liberata ci troviamo nella fase conclusiva della prima crociata (1099): i crociati - e qui il modello chiarissimo è quello dell’Iliade - sono già da sei anni in Terrasanta, ma non sono ancora riusciti a conquistare Gerusalemme. Già nei primi canti troviamo un consesso diabolico: si riuniscono i maghi e decidono di inviare la maga Armida per distogliere gli eroi cristiani dalla loro impresa, impedendo quindi che Gerusalemme cada in mano ai Cristiani. L’intervento della maga Armida provoca l’allontanamento di Rinaldo, l’unico eroe che, per la sua giovinezza e purezza, potrà permettere ai Cristiani di realizzare questa straordinaria impresa. Dopo l’allontanamento di Rinaldo che uccide un compagno di armi e perciò abbandona il campo, assistiamo a un duello tra Tancredi e Argante; il duello non si conclude e Tancredi rimane ferito. Assistiamo a questo duello anche attraverso gli occhi di Erminia, una principessa pagana che dall’alto delle mura di Gerusalemme, insieme al re di Gerusalemme, Aladino, osserva Tancredi perché ne è segretamente innamorata. Erminia e Tancredi sono i due vertici di un triangolo amoroso che coinvolge anche Clorinda, due donne pagane e un eroe cristiano: Erminia innamorata di Tancredi e Tancredi innamorato di Clorinda, una vergine guerriera, cioè una donna che ha deciso di sacrificare la sua femminilità alla guerra. Subito dopo questo duello avviene l’attacco di Solimano. Solimano è il capo di un gruppo di Musulmani che arrivano dall’Egitto, in soccorso dei difensori di Gerusalemme, dei pagani. L’attacco di Solimano e l’intervento delle forze demoniache sembrano poter provocare la sconfitta dei Cristiani fin quando intervengono gli angeli del paradiso guidati dall’arcangelo Michele e cinquanta cavalieri misteriosi che vanno in soccorso del campo cristiano. In realtà, questi cavalieri erano prigionieri di Armida, ma erano stati liberati da Rinaldo, che invece non è tra di loro. Quando i Cristiani, a loro volta, tentano di attaccare la città per espugnarla, i Musulmani resistono e, siamo qui appena oltre la metà del poema, c’è uno dei momenti più altamente drammatici: il duello tra Clorinda e Tancredi. Clorinda ha indossato delle armi che non sono sue; normalmente indossa un’armatura bianca che la rende visibilissima e riconoscibile, invece questa volta ha indossato un’armatura nera per passare inosservata. Tutto questo avviene notte tempo quindi le tenebre contribuiscono a questo terribile equivoco. Tancredi e Clorinda si combattano. Lui non sa contro chi sta combattendo, non si rende conto che rischia di uccidere la donna che ama e questo sarà l’epilogo di questo episodio. Prima di morire, avendo scoperto le sue origini cristiane, Clorinda chiede di ricevere il battesimo e Tancredi impartisce questo sacramento. Le vicende della guerra sono tutt’altro che risolte perché Clorinda è riuscita, insieme con Argante, a distruggere i meccanismi di attacco, le macchine di assedio dei Cristiani. A quel punto Goffredo decide di utilizzare nuova legna, costruire nuove macchine, ma la materia prima deve essere ricavata dalla selva di Saron; questo sarà l’ostacolo più terribile perché la selva di Saron, che è già un luogo inospitale, è stata incantata dal mago Ismeno: una delle pagine più veramente terribili e quasi horror del poema. Assistiamo a come l’incanto pervada la selva, impedendo agli eroi cristiani di accedere e di utilizzare il legno. Anche Tancredi viene sconfitto e ricacciato indietro perché sente la voce di Clorinda tra gli alberi e quindi non è più capace di andare avanti, di usare l’ascia. L’unico in grado di vincere questo incanto è Rinaldo, ma è prigioniero della maga Armida. Anche lei, che doveva semplicemente tenerlo lontano dalla guerra, se n’è innamorata e quindi ha un motivo in più per tenerlo legato a sé nelle isole Fortunate con le sue arti magiche, con il suo fascino, con l’amore e con la passione. Come fa Rinaldo a liberarsi? Non può, o meglio non potrebbe salvo che il mago di Ascalona, che è dalla parte dei Cristiani, manda due eroi cristiani, Carlo e Ubaldo, a liberare Rinaldo mostrandogli la sua immagine in uno specchio, anzi in uno scudo che fa da specchio, così che possa rendersi conto di come questa sia stata trasformata da eroe a molle amante di una strega. Nonostante le bellezze del giardino di Armida, Rinaldo rinsavisce e ritorna sul campo di battaglia; dopo essere andato sul monte Oliveto e aver chiesto il sostegno divino, riesce a vincere l’incanto della selva di Saron. A quel punto i Cristiani hanno tutte le armi per poter combattere la battaglia definitiva, quella decisiva. Rinaldo uccide Solimano, Tancredi combatte ancora una volta con Argante, ma sempre in disparte, in una valletta dove non viene visto da nessuno e, dopo aver sconfitto il suo avversario e rimasto terribilmente ferito, viene soccorso da Erminia che almeno riceve questo sollievo di assistere e salvare l’uomo che ama. Un amore naturalmente impossibile, come tutti gli amori de La Gerusalemme liberata. All’interno di questo quadro complessivo ci sono alcuni episodi collaterali che però hanno un significato profondamente importante. Si pensi all’episodio di Olindo e Sofronia, all’inizio del poema, che si accusano di aver rubato l’immagine sacra di Maria necessaria per difendere la città e che vengono poi salvati da Clorinda o all’episodio del principe danese Sveno. Al termine dei venti canti, il poema si chiude con la conquista di Gerusalemme, la liberazione della città che ritorna ai Cristiani.
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