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Totalitarismi e seconda guerra mondiale, Sintesi del corso di Storia

Unione sovietica, Italia, Germania, Spagna e sintesi delle fasi della II guerra mondiale

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

In vendita dal 10/09/2018

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Scarica Totalitarismi e seconda guerra mondiale e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! TOTALITARISMO Il termine totalitarismo fu sviluppato dai liberali per criticare il regime fascista che si stava affermando, anche se poi verrà utilizzato per descrivere anche nazismo e comunismo sovietico. Questi 3 regimi avevano infatti l’obiettivo di controllare totalmente la vita sociale e culturale dei cittadini. Il totalitarismo ha diverse caratteristiche principali: - Ideologia organica: per far sì che i cittadini non si ribellino al regime, essi vengono immersi in attività fasciste sia nel tempo libero che sul lavoro per cercare di ottenere il loro consenso. Subiscono quindi una pressione psicologica ma, in alcuni casi, anche fisica. - Partito unico: per far sì che lo stato si muova su un solo binario e per evitare le opposizioni, viene eliminata la pluralità di partiti e la vita politica è affidata ad un partito unico. - Capo: dittatore carismatico che crea un culto intorno alla propria persona e alla sua ideologia. - Propaganda: il regime usa i mezzi di propaganda per promuovere l’ideologia e la figura del dittatore rappresentandolo come eroe. - Coinvolgimento delle masse: per ottenere il consenso della popolazione, i cittadini vengono coinvolti in organizzazioni fasciste a qualunque età. Anche sul lavoro e nel tempo libero, l’influenza fascista non cessa grazie alla tessera del fascio obbligatoria per lavorare e alla propaganda diffusa ovunque. - Economia: controllata anche questa dallo Stato limitando l’iniziativa privata. La burocratizzazione dell’apparato produttivo è enorme. - Repressione dell’opposizione: gli oppositori politici erano perseguitati dalla polizia segreta del dittatore oppure venivano torturati, uccisi o confinati in luoghi sperduti (come Carlo Levi, confinato in un paesino della Campania dove scrive “Cristo si è fermato ad Eboli”, ovvero la città prima della sua). - Controllo dell’istruzione: si cercava di creare “l’uomo nuovo”, ovvero si influenzavano tramite l’educazione le nuove generazioni per farle crescere secondo l’ideologia del regime. Il totalitarismo, a differenza dell’autoritarismo, non reprimeva le opposizioni solo per tamponare eventuali rivolte, bensì puntava alla creazione di una popolazione omogenea secondo le idee del regime in modo da non creare nemmeno la volontà di ribellioni. L’UNIONE SOVIETICA Dopo la morte di Stalin avvenuta nel 1924 si scatenò la lotta per la successione tra i suoi collaboratori, in particolare tra Trockij e Stalin. Trockij era il capo dell’Armata Rossa e credeva nella rivoluzione permanente, secondo cui il comunismo sovietico non avrebbe dovuto fermarsi in Russia, ma espandersi e contagiare tutti gli altri paesi così da smontare il modello capitalistico in essi diffuso. Voleva l’industrializzazione della Russia così da avere la possibilità di produrre armi per rifornire l’esercito. Stalin invece voleva che il comunismo, prima di diffondersi in altri paesi, avrebbe dovuto consolidarsi in Russia. In più sosteneva l’agricoltura piuttosto che l’industria visto che la popolazione aveva fame, non bisogno di armi. La personalità di Stalin era più gradita alla popolazione perché apprezzava la volontà di rimanere all’interno del proprio paese e soprattutto quella di sviluppare l’agricoltura. Stalin in più era capo della propaganda e sapeva benissimo come incantare il popolo. Nonostante Lenin prima di morire avesse espresso dei dubbi su Stalin, quest’ultimo riuscì ad ottenere il consenso della maggior parte della popolazione fino a diventare così potente da esiliare Trockij nel 1927. Trockij scappa in Messico dove fonda una quarta internazionale ma viene assassinato da un sicario di Stalin. Il 1927 viene riconosciuto come l’anno in cui Stalin diventò il vero e proprio leader del comunismo mondiale, anche se l’unico obiettivo che fino a quel momento aveva inseguito era quello di aumentare i consensi. Nel 1928 la crisi cerealicola fece crollare il modello economico della Nep e Stalin, dopo che il suo potere fu consolidato, ne approfittò per portare avanti un programma di industrializzazione con un maggiore intervento dello stato nell’industria e nell’agricoltura, anche se erano tutte operazioni contrarie al suo iniziale programma. Venne introdotta la Gosplan, ovvero una Commissione statale per la pianificazione a cui venne affidato il compito di sviluppare dei piani economici quinquennali che stabilissero quali prodotti produrre, in quali quantità, dove e come produrli e come distribuirli. In questo modo Stalin cercava di forzare l’industrializzazione della Russia in modo da permetterle di superare i paesi occidentali capitalisti, contrariamente ai suoi oppositori che credevano che lo sviluppo industriale richiedesse molto tempo per affermarsi in un paese ancora basato sull’agricoltura come l’Urss. Per fare ciò anche le campagne dovettero subire molti cambiamenti, sia perché con il Gosplan sarebbero state adattate alla produzione industriale, sia perché Stalin voleva eliminare le aziende private diffuse sul territorio che mettevano a rischio la Russia per un possibile ritorno del capitalismo a scapito del comunismo. Il primo piano quinquennale fu quello dal 1928 al 1932 al termine del quale la produzione industriale era aumentata moltissimo, così come l’occupazione e la presenza di grandi agglomerati industriali, facendo diventare la Russia la seconda potenza mondiale dopo gli USA. Con il primo piano e poi con i successivi 2, il trasferimento dei contadini delle città aumentò sempre di più fino al 1940 quando iniziò la guerra. I contadini erano spinti a trasferirsi dalla necessità di manodopera delle nuove industrie, ma questo spostamento di massa creò disagi ai servizi, alle città (alloggi insufficienti) ma anche alle industrie stesse, in quanto i contadini costituivano la maggior parte della manodopera ma erano totalmente inesperti. In più i Gosplan si concentravano sull’industria pesante, limitando la produzione di beni di consumo. I salati inoltre erano bassissimi, così come il tenore di vita degli operai. Nonostante la propaganda facesse passare l’Urss come l’unico paese non colpito dal crollo di Wall Street del 1929, in realtà i problemi c’erano eccome: - L’agricoltura era limitata e arretrata, non permettendo di ottenere una produzione sufficiente per sfamare la numerosa popolazione russa. - Tutti i settori produttivi erano arretrati e non c’era alcuno stimolo ad ammodernare i processi produttivi o le tecniche agricole visto che la competizione interna ed esterna era inesistente. - La centralizzazione si rivelò controproducente perché imponeva determinati obiettivi di produzione a tutte le imprese senza però tener conto delle effettive capacità produttive e necessità delle singole imprese. - L’apparato burocratico era corrotto e gli sprechi di risorse erano altissimi. - Non ‘era alcun tipo di incentivo per gli operai che quini, non avendo alcuno stimolo o riconoscimento, ritenevano inutile impegnarsi nel lavoro per ottenere la maggiore produttività possibile. In contrasto con l’ultimo punto, si pose lo stachanovismo, cioè un movimento basato sulla volontà degli operai di ottenere la maggiore produttività possibile per aiutare il regime. Questa tendenza partì da un minatore (Stachanov) che superò ogni record di estrazione giornaliera di carbone. Furono colpiti soprattutto i lavoratori degli anni ’30 che erano ancora coinvolti dallo spirito rivoluzionario aleggiante in Russia pochi anni prima. Dopo poco però i lavoratori furono scoraggiati dai bassi salari in cambio dell’enorme sforzo fatto e abbandonarono questa tendenza. Nel 1929 per incentivare la produzione agricola Stalin organizzò la programmazione dell’agricoltura così come aveva fatto con l’industria. Iniziò una lotta contro i kulaki (ceto di contadini proprietari nato con la riassegnazione delle terre durante la rivoluzione russa) e collettivizzò le aziende agricole, creando i sovchoz (aziende agricole guidate dallo Stato) e i Kolchoz (aziende agricole in mano ai contadini stessi che si autogestivano ma che non potevano tenere niente della produzione per sé in quanto dovevano consegnarlo allo Stato). Questo passo fu azzardato visto che l’economia russa si basava ancora sulle campagne e visto che ormai le aziende agricole individuali erano abbastanza diffuse. Infatti, i contadini non avevano più alcuna libertà di decidere cosa e come coltivare e soprattutto non potevano più avere alcun profitto dalla vendita dei prodotti. Molti di essi quindi boicottarono l’operato degli inviati di Mosca minacciandoli, uccidendoli, o nascondendo la produzione. Stalin reagì mandando l’esercito nelle campagne, che uccise molti rivoltosi o li deportò nei gulag. Nonostante le intimidazioni di Stalin, i contadini continuarono la loro ribellione e la produzione agricola non solo non crebbe, ma addirittura diminuì fino ad arrivare a livelli inferiori a quelli raggiunti durante la guerra. Nonostante questo, la quantità di produzione incamerata dallo Stato rimase altissima e aumentarono anche le requisizioni extra. La scarsa quantità di generi alimentari che rimanevano a disposizione della popolazione quindi si ridusse ancora di più causando un’enorme carestia che causò 6 milioni di morti. La politica di Stalin portò nel 1933 ad avere 240000 aziende agricole collettive che occupavano i 2/3 dei contadini, anche se la produzione agricola ritornò ai livelli di sussistenza solo a metà del decennio. Un ruolo fondamentale per l’affermazione del potere di Stalin fu la propaganda. Prima di tutto, gli esponenti del partito, dei soviet e dei sindacati che erano contrari alle politiche di Stalin vennero radiati e allontanati. La stampa denigrava i suoi oppositori ed esaltava la sua persona e i suoi gesti eroici da difensore della patria e successore di Lenin. Stalin stesso contribuì alla creazione di un culto intorno alla sua persona. Anche la cultura, la scienza e le arti dovettero adattarsi ai principi dell’ideologia stalinista. Le arti divennero un vero e proprio mezzo di propaganda grazie al “realismo socialista”, ovvero una concezione secondo cui arte era solo quella che era coerente con il comunismo e che era portatrice di valori morali e sociali. Inoltre le politiche sociali attuate in quel periodo attirarono i consensi della popolazione, che si vide riconoscere il diritto ad avere un’abitazione, all’istruzione e all’assistenza sanitaria gratuita, ad una maggiore estensione dei diritti della donna, l’aumento della ricerca e il sostegno alla diffusione della cultura. La popolazione quindi subì un appiattimento, in quanto tutti si conformarono all’ideologia marxista-leninista (sviluppata in quegli anni per legittimare l’operato dello stato stalinista). persona di Mussolini si articolava anche in maestose manifestazioni pubbliche e discorsi a cui tutti i cittadini potevano partecipare solo se in divisa. Tutti questi elementi fecero crescere il favore del popolo fino agli ultimi anni del regime, quando la fiducia delle persone iniziò a vacillare grazie agli eventi politici messi in atto da Mussolini. Per quanto riguarda la politica estera, il fascismo aspirava ad una creazione di un impero italiano. Nella prima fase degli anni Venti il regime fascista non aveva allarmato nessun paese europeo, anzi aveva le loro simpatie grazie alla conclusione della questione di Fiume, e il consenso dei conservatori inglesi per l’adesione al Patto di Locarno che mise fine alle dispute tra Parigi e Berlino. Anche i rapporti con l’Austria erano buoni visto l’aiuto italiano inviato a sostegno degli austriaci durante il tentativo di Anschluss del 1934 portato avanti da Hitler. Proprio quest’ultimo fatto rafforzò i rapporti italiani con Inghilterra e Francia portando alla formazione di un accordo anti nazista nel 1935 che riaffermava il Patto di Locarno, l’indipendenza dell’Austria e che prevedeva l’intervento delle 3 potenze in caso di ulteriore violazione da parte della Germania dei punti stabiliti nel Trattato di Versailles. Il buon rapporto con Inghilterra e Francia spinse Mussolini a dare una svolta violenta alla sua politica estera nella speranza di un non intervento delle potenze europee di cui aveva il consenso. Decise quindi di ritentare la conquista di territori in Africa attaccando l’Etiopia nel 1935. Nonostante le prime battaglie vinte dall’Italia, sembrava che la guerra avesse preso una piega statica a causa della resistenza e della guerriglia portata avanti dagli etiopi. Per questo l’Italia decise di adoperare metodi drastici come bombardamenti e gas tossici sui civili. Nel 1936 l’Italia conquistò l’Etiopia e Mussolini annunciò la nascita dell’Impero dell’Africa orientale italiana. La conquista africana dell’Italia andava però contro i principi internazionali sulla riduzione delle colonie occidentali, ma nessuna potenza europea intervenne proprio come aveva sperato Mussolini. L’unica reazione fu quella della Società delle nazioni che portò avanti un embargo contro l’Italia che però non ebbe effetti in quanto non comprendeva i beni fondamentali per l’Italia e nemmeno gli Stati Uniti e la Germania che continuarono quindi a rifornire il paese. Il fallimento della strategia della Società delle Nazioni mostrò la sua debolezza. Mussolini reagì all’embargo lanciando un tentativo di autarchia, ovvero gli italiani avrebbero dovuto consumare solo prodotti italiani e quindi aumentare la produzione. In questo modo peggiorarono i rapporti con le potenze europee liberali e Mussolini, sprovvisto di alleati, ricercò un’alleanza con Hitler, anche se la Germania era l’unico paese che aveva aiutato l’Etiopia nella battaglia contro gli italiani. Nel 1936 venne infatti sottoscritto l’Asse Roma- Berlino, cioè un’intesa ideologica e politica tra dittature di destra. L’accordo tra Italia e Germania portò profonde modifiche di stampo nazista nell’ideologia fascista. Infatti quest’ultima adottò delle ideologie razziste sotto l’influenza del nazismo. Il razzismo infatti si trasformò da razzismo di dominio, secondo cui una popolazione superiore avesse il diritto di sottometterne una inferiore, a razzismo di eliminazione, secondo cui l’inferiorità dell’altro giustificava una sua esclusione o la sua eliminazione. Proprio per mantenere pura la razza furono proibite le relazioni tra italiani ed etiopi e tra appartenenti ad altre razze. La politica razziale del regime trovò conferma anche negli intellettuali italiani con il Manifesto degli scienziati razzisti in cui si parlava dell’esistenza di una razza ariana italiana (sul modello di quella tedesca) di cui gli ebrei non facevano parte. L’antisemitismo fascista fu confermato da una legge del 1938 e dalla pubblicazione dei Provvedimenti per la difesa della razza in cui si legittimava la discriminazione della “razza ebraica”. Gli ebrei subirono numerose limitazioni personali e dei diritti civili e politici: non potevano svolgere determinate mansioni private o pubbliche, non potevano essere titolari di imprese o amministrarle, venne limitata la loro possibilità di commerciare, non potevano tenere radio o televisioni, gli insegnanti ebrei vennero estromessi dall’insegnamento e gli studenti ebrei furono costretti ad iscriversi a scuole ebraiche, non si potevano sposare con gli italiani ariani e gli ebrei stranieri vennero espulsi. Tra il 1943 e il 1945 anche gli ebrei italiani furono mandati in campi di concentramento. Che sorsero anche in Italia. L’antifascismo si diffuse solo alla fine del regime. I principali esponenti della resistenza furono: - I liberali: il principale esponente fu Benedetto Croce che, con il Manifesto degli intellettuali antifascisti, si oppose al fascismo e chiese a chi come lui non sosteneva il regime di difendere la libertà e i principi spazzati via dal fascismo. - I cattolici: i maggiori esponenti furono Luigi Sturzo, fondatore del Patito popolare, e Alcide de Gasperi che prese il suo posto quando venne cacciato, anche se fu poi costretto a rifugiarsi in Vaticano per anni. - I democratici e i socialisti: a Parigi nacque nel 1927 la Concentrazione antifascista che raccoglieva tutti gli antifascisti fuoriusciti (esiliati dall’Italia). - Popolo: venne fondato da Carlo Rosselli e Emilio Lussu il movimento Giustizia e Libertà che si poneva come obiettivo l’insurrezione popolare contro il fascismo. Carlo e suo fratello Nello furono uccisi da sicari fascisti. - I comunisti: resistenza più attiva. Ricostituirono il partito all’estero e molti comunisti si insediarono clandestinamente in centri capillari, soprattutto al centro-nord. Il principale esponente di questa parte della resistenza fu lo stesso creatore del Pc nel 1921 Antonio Gramsci, che voleva un’insurrezione del proletariato contro il regime. Nel 1926 venne arrestato e condannato a 20 anni di reclusione, durante i quali però continuò a fomentare l’antifascismo. Dopo la morte di Gramsci avvenuta nel 1937, il suo posto venne preso da Togliatti che era espatriato nell’Unione sovietica per sfuggire alle persecuzioni fasciste. Il fronte antifascista quindi risultava frammentario e non aveva un piano d’azione unico. Solo con la Seconda guerra mondiale riuscirà ad organizzare una più efficiente resistenza. GERMANIA In Germania intanto il nazismo di Hitler si diffondeva sempre di più. Hitler aveva elaborato il suo programma politico già prima di diventare cancelliere, quando tentò il Putsch nel 1923. Aveva anche descritto la sua ideologia nel Mein Kampf, scritto durante la successiva prigionia. Il manifesto ideologico scritto da Hitler presentava 2 principali punti cardine: -La razza-> Hitler era convinto che un requisito fondamentale per rendere la Germania nuovamente grande fosse quello di ripulire la tradizione biologica del popolo tedesco, discendente della razza ariana. Quest’ultima era considerata da Hitler come la razza più potente e superiore che aveva il diritto di dominare sulle altre, considerate impure e più deboli. Nonostante la sua teoria sulla discendenza ariana non avesse alcun riscontro scientifico, il razzismo e il nazionalismo diffusi da Hitler finirono per accreditarla. Fino agli anni Venti, l’odio razziale era circoscritto nelle colonie dove gli europei avevano “il diritto” di sottomettere gli altri, ora invece si era spostato all’interno dell’Europa. La principale nemica della razza ariana era quella ebraica, profondamente radicata in Germania da secoli, così come quella slava, vista adesso solo come una razza da schiavizzare. Il piano dei nazisti era quello di espellere tutte le razze inquinanti e superiori dalla Germania così da far spazio a tutta la popolazione tedesca proveniente dai vari paesi: volevano creare lo “spazio vitale” (Lebesraum). -La creazione di un impero tedesco, grande come il Primo e il Secondo Reich. Nonostante le preoccupanti affermazioni di Hitler nessuna potenza europea lo prese sul serio, pensando che anche se fosse arrivato al potere, non avrebbe messo in atto niente di quello che aveva presentato nel Mein Kampf. Quando nel 1933 divenne Cancelliere, Hitler chiese a Hindenburg di sciogliere il Parlamento e di indire le nuove elezioni. Il 27 febbraio del 1933 bruciò l’edificio che ospitava il Parlamento e la colpa, senza nessuna prova, venne data ai comunisti. Così facendo Hindenburg si trovò costretto ad emanare un decreto d’emergenza che sospendeva i diritti di cittadini così da permettere l’arresto arbitrario dei sospettati comunisti. Hitler approfittò della situazione per perseguitare i suoi oppositori politici in modo da vincere le elezioni. Nonostante le violenze, ottenne il 44% dei voti, non sufficienti ad ottenere la maggioranza. Visto che non voleva allearsi con nessun altro partito, Hitler quando il Parlamento venne riaperto nel Teatro dell’Opera, minacciò i deputati e ottenne una legge che gli conferiva piani poteri per 4 anni: proprio il 23 marzo 1933 costituisce la data della fine della democrazia tedesca. Da questo momento Hitler portò avanti una politica di adeguamento delle istituzioni ai dettami del regime nazista: - La Costituzione di Weimar venne abolita, - Vennero sciolti i sindacati e i partiti, escluso il Nsdap, che rimase l’unico punto di snodo tra Hitler e il popolo, - I governi e i parlamenti dei Lander vennero aboliti in favore di un accentramento amministrativo, - La magistratura venne messa al servizio del fascismo, - Gli elementi sgraditi vennero espulsi da ogni carica e rimpiazzati con nazisti. In questo clima di intolleranza verso i non nazisti, l’Nsdap ottenne il 92% dei voti. Dopo che Hindenburg morì Hitler prese il suo posto di capo dello stato, ma non con il titolo di Presidente, bensì di Fuhrer. Questo passaggio venne accettato dalla popolazione tramite un plebiscito-> Hitler era il capo del Terzo Reich. L’utilizzo del plebiscito e dei decreti legge erano metodi per sorpassare la Costituzione e il Parlamento. Nacque quindi uno stato totalitario. Oltre alle razze inferiori, Hitler vedeva altri nemici interni del nazismo. Da quando aveva preso il potere era infatti affiancato dalle SA e dalle SS. Le SA avevano a capo Ernst Rohm (il macellaio), verso cui erano dediti molto più che a Hitler. Mentre Mussolini sottomette le Camicie Nere creando la Milizia volontaria, quindi un vero e proprio organo, Hitler opta per una soluzione più drastica per evitare lo strapotere delle SA: Hitler organizza un raduno delle SA e delle SS sulle Alpi Bavaresi per festeggiare il suo successo. Finge di avere un contrattempo e comunica che invece di arrivare il 29/6, arriverà il 30. In realtà nella notte le SA vengono uccise dalle SS capeggiate dal fedelissimo Heinrich Himmler nella notte passata alla storia come “notte dei lunghi coltelli”. Durante gli anni del regime alle SS fu affidato il controllo della Gestapo, ovvero della polizia segreta nazista (come l’Ovra fascista) che verrà incaricata di controllare i campi di concentramento che iniziarono a sorgere nel 1933: il primo fu quello di Dachau. Tutti coloro che non si uniformavano ai dettami del regime vennero rinchiusi nei lager e costretti ai lavori forzati e a vivere in condizioni disumane. Migliaia di testimoni di Geova, oppositori politici, disabili, malati mentali, omosessuali, persone di color, zingari morirono. I nazisti attuavano i loro piani anche con l’inganno: ai genitori dei bambini disabili o malati i nazisti dicevano che sarebbero stati portati in posti specializzati. Nei campi di concentramento verranno mandati anche i bambini nati da matrimoni misti, accompagnati o meno dal genitore a loro discrezione. Nonostante la persecuzione delle minoranze e il disprezzo verso di esse, le mogli delle SS erano scelte tra le slave polacche che rispettavano tutti i canoni di bellezza ariani. La “razza” più tormentata fu quella ebraica. La loro discriminazione passò attraverso varie fasi: - Leggi di Norimberga del 1935-> 3 leggi con le quali gli ebrei vennero classificati come razza inferiore da discriminare (Untermenschen). Esse privarono gli ebrei della cittadinanza, dei propri beni, del diritto a ricoprire cariche pubbliche, limitarono i loro spostamenti, le loro attività commerciali, gli insegnanti furono deposti, gli studenti furono costretti ad iscriversi a determinate scuole, furono proibiti i matrimoni e ogni tipo di relazione tra ebrei e ariani. Lo stesso trattamento fu destinato anche agli oppositori tedeschi. - Kristallnacht-> nella notte tra il 9 e il 10 Novembre 1938 la violenza antisemita esplose: migliaia di esercizi commerciali ebraici furono distrutti, vennero bruciate centinaia di sinagoghe e tantissimi ebrei vennero picchiati o uccisi per strada. 30000 di essi verranno deportati in campi di concentramento. - Conferenza di Wannsee e la “soluzione finale”-> fino agli anni Trenta i nazisti puntavano a sbarazzarsi degli ebrei espellendoli dalla Germania, non sterminandoli. Addirittura alcuni sostennero il sionismo, ovvero il piano di creare una patria per gli ebrei così da allontanarli dal paese. I più radicali però volevano una eliminazione più profonda. Alla conferenza di Wannsee si pose fine alla questione ebraica stabilendo che avrebbero dovuto essere sterminati. Esattamente come il fascismo, il nazismo ebbe un forte impatto sulla popolazione: • Lavoro-> i sindacati vennero sostituiti con il Fronte del Lavoro, ovvero organismi simili alle corporazioni italiani che univa rappresentanti dei padroni e dei lavoratori dei vari settori così da concentrarsi sulla collaborazione per lo sviluppo del regime piuttosto che sui problemi di classe. • Gioventù-> i giovani vennero influenzati da due elementi, ovvero dalla Hitlerjugend (Gioventù hitleriana) che raccoglieva gli adolescenti e li formava all’attività fisica e all’obbedienza in ottica militare, e dalla scuola, da cui vennero allontanati gli insegnanti non conformi ai dettami del regime e in cui vennero introdotti programmi e libri di testo in linea con la visione hitleriana del mondo e soprattutto della storia, riportata nei libri in modo tale da esaltare la patria. • Tempo libero-> la Forza attraverso la gioia si occupava di organizzare eventi di stampo nazista per coinvolgere la popolazione e ottenerne il consenso, permettendo ai più e ai meno abbienti di andare in vacanza, fare gite o assistere ad eventi culturali. In più introdusse la Volkswagen, ovvero la macchina destinata al popolo. Importanti furono anche le adunate naziste in cui Hitler sfilava acclamato dalla folla che sventolava bandiere con la svastica. • Mezzi di comunicazione-> come gli altri regimi totalitari, il nazismo si servì dei mezzi di comunicazione come arma politica per fare propaganda. Il Ministro della propaganda Joseph Goebbels (che era tutto tranne che ariano visto che era basso, brutto, coi capelli neri e zoppo. Sposa una donna ariana con cui ha numerosi figli identici a lei che verranno tutti uccisi dai genitori con del veleno al momento della caduta del nazismo) si occupava di uniformare le informazioni date alla popolazione con i dettami nazisti e di controllare il mondo dell’arte. Hitler divenne una specie di mito e la propaganda contribuì a creare un culto della sua persona. Il consenso non gli venne negato nemmeno dal proletariato, visto che Hitler era riuscito a ridurre notevolmente la disoccupazione grazie a piani di lavoro pubblico e al sostenimento dello sviluppo dell’industria bellica. conquista della Polonia da parte dei nazisti per riappropriarsi dei territori ceduti alla Polonia anni prima, dall’altro la Germania aveva evitato di combattere una guerra su due fronti. Il patto fece clamore perché cancellò ogni speranza di contenere l’aggressività tedesca e perché esso coinvolgeva due regimi totalmente opposti, confondendo i comunisti che fino ad allora, secondo le direttive del komintern, si erano alleati con borghesi e socialisti in funzione anti-nazista. Hitler procedette quindi con l’attacco alla Polonia: il 1 settembre 1939 le truppe tedesche entrarono nei confini polacchi non curandosi delle minacce francesi e inglesi. Il 3 settembre seguirono le dichiarazioni di guerra da parte di Francia e Inghilterra alla Germania. Nonostante il Patto d’acciaio, l’Italia non entrò in guerra, con il consenso di Hitler, perché totalmente impreparata. PRIMA FASE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: 1939-1942 La Seconda guerra mondiale durò dal 1 settembre 1939 al 2 settembre 1945 e può essere divisa in due fasi: - La prima fase va dal 1939 al 1942 e corrisponde al periodo in cui la potenza di Hitler rimase incontrastata e sembrò piegare l’EU. Dal 1942 invece la sua fortuna cominciò a scemare e in cui la guerra divenne effettivamente mondiale con l’intervento di Giappone e USA. - La seconda fase va dal 1943 al 1945 e corrisponde al declino dell’asse Roma-Tokyo-Berlino in favore di USA, Urss, Regno Unito e i paesi europei. L’assalto alla Polonia fu fulmineo, tanto che Regno Unito e Francai non fecero in tempo ad intervenire. In 3 settimane venne sottomessa. L’esercito polacco si trovò ad essere attaccato su tutti i fronti: prima fu attaccato dalla Luftwaffe, dopo dalle Panzerdivisionen. In più la Russia intervenne da Oriente con la scusa di proteggere l’Ucraina. L’attacco alla Polonia fu un primo esempio della violenza inaudita dei tedeschi: 22000 soldati vennero fucilati mentre 50000 civili furono uccisi dalle SS. La tattica utilizzata da Hitler era la Blitzkrieg, ovvero la “guerra lampo” che puntava ad accorciare i tempi delle annessioni tramite incessanti attacchi aerei e terrestri che costringevano gli eserciti avversari a ritirarsi. I soldati in ritirata non avevano però il tempo di mettersi al sicuro in quanto venivano intercettati dai tedeschi e uccisi. Questa nuova strategia colse del tutto impreparati gli eserciti europei, abituati ad una guerra di logoramento. Dopo la Polonia fu il turno nel 1940 di Danimarca e Norvegia, che conobbe il primo governo collaborazionista d’EU. Intanto l’Urss, dopo aver occupato parte della Polonia, impose il protettorato su Estonia, Lettonia e Lituania così da riprendersi i territori ceduti durante la guerra contro le Armate Bianche, e conquistò nel 1940 la Finlandia. In questa prima fase (“la strana guerra”) sul fronte occidentale non successe niente. La calma si interruppe quando nel 1940 la Germania, ripetendo quanto aveva fatto durante la Prima guerra mondiale, attaccò il Belgio e i Paesi Bassi per arrivare più velocemente a Parigi. L’attacco al Belgio mise in allarme sia la Francia, perché consapevole dell’imminente arrivo tedesco, sia l’Inghilterra, che aveva delle alleanze economiche con il paese. L’esercito francese, ancora legato al vecchio sistema bellico, non era preparato alla Blitzkrieg e quando i tedeschi arrivarono alle fortificazioni della Linea Maginot, non poté far altro che essere sconfitto. Infatti le truppe inglesi mandate in aiuto e quelle francesi furono divise dai tedeschi e gli inglesi furono costretti a scappare il Inghilterra mentre i francesi capitolarono, firmando un armistizio simbolicamente sottoscritto nello stesso vagone dove la Germania firmò la resa nella Prima Guerra mondiale. Hitler in questa situazione sfrutta il conflitto secolare tra Francia del Nord e Francia del Sud: la parte del Nord passò di fatto alla Germania, mentre in quella del Sud venne creata la Repubblica di Vichy, guidata da un governo collaborazionista. Non tutti, come De Gaulle, accettarono gli eventi: dall’Inghilterra tramite la Radio di Londra il generale incitava i connazionali a non arrendersi al nazismo. Dopo questi avvenimenti il controllo di Hitler sull’Europa sembrava completo: i paesi che non erano neutrali, o erano stati annessi dalla Germania, o erano suoi alleati. L’unico oppositore era il Regno Unito, guidato dal 1940 da Winston Churchill, che da anni cercava di opporsi alla politica dell’appeasement vedendo come unica soluzione anti-nazista la guerra. Londra sembrava la capitale dell’opposizione nazista che accoglieva tutti i fuggiaschi europei e gli anti-nazisti. La Germania decise quindi di piegare anche il Regno Unito pianificando l’invasione dell’isola (Operazione Leone marino) che però non ebbe successo: la Raf (Royal Air Force) riuscì a sconfiggere il nemico grazie ai moderni aerei e ai radar, che individuavano i velivoli tedeschi prima degli attacchi. Per questo la Germania provò ad avvalersi dell’attacco aereo bombardando le città inglesi. Contemporaneamente Hitler portò avanti una lotta sottomarina con gli U-Boot nel tentativo di abbattere i convogli inglesi e quelli che portavano i rifornimenti provenienti dai dominions o dagli USA. Nonostante gli attacchi, gli aiuti all’Inghilterra non cessarono di arrivare e nessun tedesco riuscì a mettere piede sull’isola. Il presidente Roosevelt nel 1940, senza venir meno all’isolazionismo degli USA e alla loro neutralità, fece approvare la Legge Affitti e prestiti per assicurare il continuo rifornimento dei paesi democratici europei a prezzi bassissimi o concedendo grandi dilazioni. Sul fronte orientale intanto Hitler continuava a pianificare l’espansione alla ricerca del Lebensraum a scapito delle popolazioni slave. Per non avere troppi problemi nel 1941 sottomise la Jugoslavia e la Grecia e rivolse la sua attenzione verso l’Urss. Nel 1941 partì infatti l’Operazione Barbarossa alla conquista della Russia. I tedeschi riuscirono a penetrare in Russia molto velocemente visto che il loro attacco colse di sorpresa Stalin, che credeva che prima di attaccarlo Hitler si sarebbe concentrato sull’Inghilterra e che aveva pensato che gli avvertimenti provenienti dal Regno Unito fosse falsi. Stalin però non demorse davanti all’avanzata tedesca e invitò tutta la nazione, compresa la popolazione, a lottare contro i nazisti. Proprio come avevano fatto contro Napoleone, la popolazione lasciò e bruciò le città e i campi prima dell’arrivo dei tedeschi così da non lasciargli alcuna fonte di sostentamento e li costrinsero a passare in luoghi sprovvisti delle strade necessarie per far passare i carri armati così da rallentarli. In più, il generale Inverno, come con Napoleone, mise in ginocchio le truppe tedesche che fallirono il loro intento. Nonostante la decisione dell’Italia condivisa da Hitler, di non partecipare al conflitto perché sprovvista dei mezzi necessari, Mussolini nel 1940 dichiara guerra a Francia e Inghilterra. La decisione derivava dall’esaltazione per le numerose vittorie riportate dall’alleato tedesco, nella speranza di partecipare alla spartizione del bottino di Hitler. L’Italia però risultò subito impreparata: - Dopo aver sconfitto a stento la Francia, l’Italia tenta di cacciare gli inglesi dal Canale di Suez. La flotta italiana è però impotente in confronto a quella inglese, che infatti ha la meglio. - L’Italia voleva anche espandersi in Africa verso l’Egitto, partendo dalla Libia. Di fronte a questa minaccia l’Inghilterra rispose con un forte contrattacco che la portò ad avanzare nel territorio africano. In risposta alla situazione pericolosa Hitler mandò in aiuto degli italiani gli AfricaKorps guidati da Rommel (la volpe del deserto) e che respinsero gli inglesi dalla Libia. - L’ennesima figuraccia italiana avvenne in Grecia, dove Mussolini tentò di replicare i successi di Hitler fallendo miseramente. Partendo dall’Albania, l’Italia arrivò in Grecia, dove però venne respinta e addirittura i greci penetrarono in Albania. Anche qui intervenne Hitler a risolvere la situazione e sconfiggendo i paesi balcanici, che vennero spartiti tra Germania e Italia. - Tra il 1940 e il 1941 l’Italia ebbe dei piccoli successi nelle colonie inglesi, anche se poi verrà sconfitta dagli inglesi che la priveranno di Somalia, Eritrea e Etiopia. Era quindi chiaro che l’Italia non era pronta. Inoltre, mentre Mussolini pensava di essere posto sullo stesso piano di Hitler, sia come potenza che a livello di spartizione di territori, Hitler non tollerava l’idea di dividere il potere con l’Italia. Gli Stati Uniti iniziarono ad abbandonare il loro non interventismo ed isolazionismo nel 1941 con la Legge Affitti e prestiti, che verranno poi estese anche all’Urss. Nello stesso anno inoltre Roosevelt e Churchill firmano la Carta atlantica, un documento che riportava i principi che avrebbero dovuto essere seguiti al termine del conflitto che un po’ ricalcavano i 14 punti di Wilson. Intanto il Giappone aderì al Patto d’Acciaio (ora Patto Tripartito) e iniziò una politica espansionistica verso i territori della Cina, peggiorando i rapporti con gli USA che reagirono sospendendo la fornitura di materie indispensabili per il Giappone. In risposta il generale Tojo ordinò di attaccare la base americana di Pearl Harbor il 7/12/1941-> la base venne bombardata causando la perdita di soldati e di parte della flotta. La stessa sorte toccò alla flotta inglese. Gli USA e il Regno Unito quindi dichiararono guerra al Giappone trasformando la guerra in un conflitto mondiale. Seguirono infatti le dichiarazioni di guerra da parte di Italia e Germania. Il Giappone intanto continuava la sua espansione nell’area del Pacifico occupando Malesia, Filippine, Indonesia, Birmania e parte della Nuova Guinea in cui intendeva creare una collaborazione tra asiatici secondo il principio nazionalista secondo cui l’Asia doveva essere in mano agli asiatici, non agli europei. In realtà, lo sfruttamento nipponico era tale e quale, se non peggiore, a quello statunitense o inglese. La Carta atlantica pose le basi per la nascita nel 1942 delle Nazioni Unite, cioè 26 paesi uniti contro le forze dell’Asse. Gli USA iniziarono a riportare le prime vittorie contro le flotte giapponesi, permettendo di costruire basi militari strumentali per una successiva riconquista della Nuova Guinea. La Cina intanto, aiutata dagli alleati, riuscì a far arretrare il Giappone. Intanto in Europa, nonostante gli USA stessero dando filo da torcere ai tedeschi, i paesi erano ancora sotto il controllo di Hitler e anzi aumentavano: si aggiunsero Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia.Dopo aver fallito una prima volta in Russia, Hitler ritorna all’attacco nel 1942 riuscendo ad arrivare in Ucraina, nel Caucaso e a Stalingrado, ovvero raggiungendo la massima espansione del Terzo Reich. Hitler era convinto che una volta conquistata l’Urss, sarebbe riuscito a raggiungere Iran e Iran e a ricongiungersi con le truppe italiane in Egitto. Il piano era più che utopistico visto che il contrattacco russo non si fece attendere molto: nel 1942 l’Urss riuscì a sconfiggere la Germania, costringendola a ritirarsi. Nel frattempo le truppe italo-tedesche sembravano essere vicine all’obiettivo di raggiungere il Canale di Suez, ma la scarsità di uomini e risorse e gli attacchi inglesi fermarono la loro avanzata. Tedeschi e italiani vennero sbaragliati dalla controffensiva inglese a El-Alamein nel 1943 e furono costretti ad abbandonare l’Africa definitivamente. LA SECONDA FASE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: 1943-1945 Italia-> La guerra dichiarata da Mussolini cambiò profondamente la vita dell’Italia, del tutto impreparata al combattimento. Proprio per la carenza di mezzi e di addestramento, l’esercito italiano richiese numerose volte l’aiuto delle forze tedesche, i cui successi mascherarono solo temporaneamente all’opinione pubblica italiana l’incapacità del duce. Quando la verità fu ovvia si fecero sentire le opposizioni al regime, aumentate anche dalla disfatta dell’Armata italiana in Russia del 1943 per colpa della quale migliaia di soldati morirono per il gelo e la fame tentando di tornare in Italia. La situazione peggiorò ulteriormente per i bombardamenti sulle città che costrinsero tantissimi abitanti a sfollare nelle campagne. Il razionamento dei generi alimentari introdotto nel 1941 assunsero dimensioni drastiche che spinsero a ricorrere al mercato nero. Lo scontento generale portò a scioperi nel 1943 che presto assunsero il significato politico, più che economico, di una protesta contro il fascismo. Intanto gli anglo- americani sbarcarono in Sicilia sbaragliando la difesa italiana. Tra il 24 e il 25 luglio venne presentato da Dino Grandi nel Gran Consiglio del fascismo un appello all’abbattimento del regime e alla restaurazione della Costituzione e della monarchia sabauda. Il duce fu costretto alle dimissioni e riconsegnò il controllo a Vittorio Emanuele III che, il 25 luglio 1943, lo convocò, lo fece arrestare e imprigionare sul Gran Sasso. Il governo fu affidato al generale Badoglio che sciolse il Partito fascista ma che decise di continuare la guerra a fianco dei tedeschi. Intanto però iniziò le trattative con gli anglo-americani per assicurarsi un trattamento diverso da quello che sarebbe spettato alla Germania. Sul fronte interno però non cambiò niente: sembrava che del fascismo, l’unica cosa caduta fosse Mussolini. I tedeschi però avevano previsto la caduta del fascismo e le trattative italiane con i nemici, infatti avevano già preparato l’Operazione Achse per attaccare la penisola e mandò delle divisioni. Badoglio, speranzoso dell’aiuto degli anglo-americani, firmò in segreto il 3 settembre l’armistizio, che venne annunciato sotto le pressioni degli alleati solo l’8 settembre per lasciare il tempo alla famiglia reale di rifugiarsi nella sicura Brindisi. I tedeschi portarono a compimento l’Operazione Achse penetrando nelle città italiane più importanti. Le truppe, lasciate senza indicazioni da Badoglio, si opposero ai nazisti. Le resistenze più famose furono quella di Porta San Paolo a Roma, in cui militari e civili si unirono nella lotta al nazismo, e quella di Aqui. Il centro-nord era in mano ai tedeschi, che liberarono Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso affidandogli il comando della Repubblica sociale italiana (Repubblica di Salò). Il sud invece era controllato dal re e in mano agli alleati, che mano a mano stavano risalendo la penisola. Il fronte che separava il regno del sud con il resto dell’Italia era la Linea Gustav. Il preludio della Resistenza italiana consistette nella difesa di Roma e nelle Quattro giornate di Napoli, durante le quali la popolazione riuscì da sola a scacciare i tedeschi (molti morti, tra cui un bambino passato alla storia per essersi gettato sotto un carrarmato in segno di opposizione). Nel 1943 si formò il Comitato di liberazione nazionale (Cln) che chiamava la popolazione a resistere ai nazisti, dando origine formalmente alla Resistenza. Essa non si configurò solo come una guerra di liberazione, ma anche come guerra civile. Badoglio nel 1943 dichiarò guerra alla Germania e al Nord, di riflesso al Cln, nacque il Comitato di liberazione Alta Italia che controllò tutte le forze partigiane. Sempre al Nord però la Repubblica di Salò costituiva un problema, in quanto accoglieva i consensi non solo dei più fascisti, ma anche dei giovani cresciuti con gli ideali del regime (tra cui il fratello di Gramsci). Questo nuovo fascismo ha tre caratteri distintivi: il carattere repubblicano, che rivendicava il tradimento della monarchia, il carattere socialisteggiante, che puntava alla riconquista della classe operaia, e la violenza inaudita contro i partigiani e gli ebrei. L’odio antisemita venne sancito anche dalla stessa costituzione della Repubblica di Salò, che considerava gli ebrei come stranieri, quindi come nemici da combattere. La cittadinanza degli ebrei venne infatti revocata e un ordine di polizia dispose la deportazione di tutti gli ebrei nei cambi di concentramento. I principali campi attivi in Italia furono quello di Fossoli, che servì come punto di raccolta e di snodo degli - Russia-> la Resistenza fu potente grazie alla collaborazione tra civili partigiani e tra i membri dell’esercito: essa raggiunse gli 800000 membri e riuscì a contrastare le truppe tedesche con agguati e imboscate e distruggendo le vie di approvvigionamento dei nemici, - Jugoslavia-> anche qui i partigiani collaborarono con l’esercito regolare. Inizialmente la Resistenza era divisa in una parte filomonarchica e in una parte comunista guidata da Broz (chiamato Tito). Quest’ultima ebbe la meglio e dopo aver cacciato i tedeschi prima dell’arrivo degli alleati, Tito instaurò uno stato federale, - Polonia-> a Varsavia la popolazione insorse contro gli occupanti tedeschi per mesi, ma fallirono a causa dell’avversione dei sovietici verso i patrioti polacchi contrapposti alla Polonia comunista liberata dai russi: i russi non intervennero nel momento decisivo a fianco dei polacchi, che fallirono. - Francia-> l’opposizione francese iniziò già nel 1940 quando il generale De Gaulle rifugiato in Inghilterra comunicò tramite la Radio di Londra con i connazionali, incitandoli a resistere ai tedeschi. Creò il movimento della Francia Libera che trovò adesioni soprattutto dalle colonie: grazie ad esse De Gaulle riuscì a creare delle forze regolari francesi che affiancarono gli anglo-americani. Sul territorio nazionale intanto furono i maquisard (i partigiani) a combattere contro i tedeschi. De Gaulle partecipò alla liberazione di Parigi, al termine della quale divenne la guida del primo governo della nuova Francia. - Grecia-> le divisioni ideologiche tra i partiti antifascisti tra il Fronte nazionale di liberazione (sinistre, soprattutto comunisti) e tra i sostenitori della monarchia. Nonostante la volontà della Grecia di entrare nel blocco orientale sotto l’influenza dell’Urss, Stalin aveva già stretto accordi con Churchill sul futuro assetto dell’Europa che prevedevano il passaggio della Grecia sotto l’influenza inglese. Infatti Stalin non intervenne a fianco delle forze comuniste al momento dello sbarco delle forze inglesi sulle coste dell’arcipelago. - Germania-> anche qui, nonostante l’ampio consenso del nazismo, nacquero numerose forze di opposizione al regime. La più famosa è quella studentesca della Rosa Bianca, annientato nel 1943. - Italia-> dopo 20 anni di assopimento della coscienza patriottica degli italiani sotto il fascismo, si risveglia la Resistenza. Il primo passo fu quello degli scioperi del Nord nel 1943. A partire dallo stesso anno si formarono numerosi gruppi di partigiani che si spostarono sulle montagne centro-settentrionali con l’obiettivo di sabotare tramite agguati e guerriglia i nemici tedeschi e anche gli italiani fascisti. Nonostante fossero poco provvisti di armi e mezzi, i partigiani avevano una maggiore conoscenza del territorio rispetto ai nemici. Dal 1944 la Resistenza si dotò di un controllo centrale svolto dal Corpo volontari della libertà che coordinava l’azione in città dei Gap (Gruppi di azione partigiana) e dei Sap (Squadre d’azione patriottica). Le parti politiche della resistenza erano varie, anche se le principali sono: Le Brigate Garibaldi, di stampo comunista; le Brigate di Giustizia e Libertà, chiamate così in onore dei fratelli Rosselli, al seguito del Partito d’Azione; le formazioni cattoliche, socialiste e monarchiche (le formazioni badogliane). Queste varie parti politiche vedevano la Resistenza secondo ottiche diverse: per le fila di sinistra la guerra era vista come un aspetto di classe, visto che serviva per sovvertire i rapporti sociali esistenti; per i più moderati la guerra era una specie di secondo Risorgimento, a cui non partecipò solo la parte aristocratica-borghese (come nel primo), ma che coinvolse anche tutto il resto della popolazione. In Italia la guerra di resistenza non era solo una guerra di liberazione, bensì anche civile: i nemici erano spesso italiani, aderenti al nazi-fascismo. Chi partecipò alla Resistenza non è necessariamente chi impugnò fisicamente le armi, ma anche tutti gli uomini e donne che fornirono cibo, case, vestiti, armi ai soldati, chi trasportava lettere in bicicletta, chi li nascondeva e chi li copriva. Questa resistenza civile fece ritrovare la fiducia nell’Italia da parte degli altri paesi. L’intervento delle Resistenze europee fece sì che la libertà fosse conquistata dagli stessi partigiani, e non concessa dagli alleati. I MATERIALI Durante gli anni ’20 e ’30 molti governi intervennero nell’economia dei loro paesi: in Urss e in Germania i governi intervennero per adattare i sistemi produttivi alle idee del regime, mentre nei regimi democratici tentarono di risollevare la situazione economica dopo la crisi del 1929. Con l’avvento della guerra, l’intervento dello Stato aumentò ancora di più, visto che il suo esito dipendeva dalla capacità produttiva degli apparati industriali. L’unico paese che si differenziò fu l’Italia, dove Mussolini non impose una conversione bellica dell’industria. La strategia adottata da Hitler e Hiroito fu quella di attaccare e cercare di piegare i nemici prima che mobilitassero tutte le loro risorse produttive. La sconfitta delle forze dell’Asse fu anche dovuta a non riuscire ad abbattere Urss e USA. Un altro elemento fondamentale della politica di Hitler era la sottomissione e lo sfruttamento dei territori e delle popolazioni conquistate, così da non caricare eccessivamente la popolazione e l’apparato produttivo della Germania. Questo piano funzionò fino al 1941-1942 quando la Wehrmacht si fermò davanti a Mosca e quando Hitler dichiarò guerra agli USA: da quel momento infatti il maggiore bisogno di armi e la restrizione del territorio sfruttabile caricarono la popolazione tedesca, i cui consumi diminuirono drasticamente facendo cadere a picco l’economia. Simili considerazioni erano state fatte dal Giappone, che distrusse Pearl Harbor nella speranza che nel periodo in cui gli USA avrebbero ricostruito la flotta, le truppe nipponiche avrebbero già raggiunto gli obiettivi nel Pacifico. Così però non fu visto che le risorse giapponesi non bastarono per far fronte alla superiorità americana. La disparità di forze era enorme: il passaggio da guerra-lampo a guerra di logoramento l’inferiorità economia delle forse dell’asse causarono la loro sconfitta. Come nella Prima guerra mondiale, lo scontro diede un forte impulso alla ricerca scientifica e bellica. Vennero migliorati i carri armati, gli aerei, i sottomarini, vennero inventate le portaerei, i radar e i sonar. La supremazia tecnologica costituì una vera e propria arma vincente nello scontro. La disparità di armamenti venne mascherata da Hitler tramite la propaganda di Goebbels sui nuovi missili tedeschi, che però oltre a creare paura, non cambiarono l’esito della guerra. In compenso, queste ricerche saranno la base delle scoperte e delle invenzioni post belliche, come in campo aerospaziale e medico (penicillina). L’arma più potente nata in tempo di guerra è sicuramene la bomba atomica. Hitler avrebbe voluto svilupparla per primo, ma gli USA avevano a disposizione molti più mezzi finanziari e tecnici avevano i migliori fisici e studiosi del mondo, molti dei quelli provenienti dall’Europa e fuggiti per la guerra. Essi vennero riuniti nel Progetto Manhattan, a cui partecipò anche Enrico Fermi, che ricevette il Premio Nobel. Nonostante i fisici americani sperimentarono la bomba in Nuovo Messico, nessuno era in grado di prevedere gli effetti che avrebbe avuto. Essi emersero infatti solo una volta che venne sganciata in Giappone: fu devastante sia al momento dello sgancio, sia negli anni successivi per le radiazioni. POLITICA E DIRITTO L’opinione pubblica, esclusa quella italiana e quella tedesca, diedero la colpa della guerra al nazismo e ad Hitler. Oggi la Seconda guerra mondiale è vista come uno scontro di ideologie politiche esteso a tutta l’Europa. Proprio l’attribuzione della colpa al nazismo portò al processo di Norimberga dei gerarchi che si svolse tra il 1945 e il 1946. Tra gli imputati non figurarono Hitler, Goebbels e Himmler, che si suicidarono. Molti esponenti del nazismo riuscirono a fuggire in America Latina (Simon Visental-> ebreo che passò tutta la vita a cercare i suoi persecutori nazisti in Sud America). Quelli che invece vennero processati, furono sottoposti al giudizio del Tribunale militare internazionale. I capi d’imputazione furono: complotto politico, crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La difesa era basata su due principi: il rifiuto di riconoscere la corte, che comprendeva solo esponenti dei Paesi vincitori, e l’obbligo dei funzionari di obbedire agli ordini ricevuti. Il processo si concluse con la condanna a morte o con pesanti pene detentive inflitte ai gerarchi. Un processo simile si svolse nel 1946 a Tokyo anche se la popolazione giapponese rimase estranea dai processi, che furono portati avanti completamente dagli americani. Tra le clausole della resa inoltre c’erano delle caratteristiche particolari, ovvero l’impunità di Hiroito e la radiazione solo parziale dei funzionari pubblici sospetti di crimini di guerra. Questi due processi, nonostante le limitazioni, costituirono un punto di svolta per il diritto internazionale, consolidando il ruolo del Tribunale militare e la punizione dei crimini internazionali. Nel 2002 queste evoluzioni portarono alla nascita della Corte penale internazionale. L’unica eccezione si ebbe in Italia, dove non ci fu nessun processo e dove i fascisti mantennero le stesse posizioni che avevano prima del crollo del regime. I paesi vincitori, soprattutto Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito si accordarono sull’assetto dei paesi successivamente alla guerra, anche se emersero numerosi conflitti ideologici. Nei primi accordi tra Churchill, Roosevelt e Stalin questi conflitti rimasero abbastanza sepolti. Invece emersero con l’ultimo incontro avvenuto a Potsdam nel 1945 che però coinvolse solo uno dei 3 esponenti: Truman era al posto di Roosevelt e Churchill venne sostituito da Attlee. A prevalere nelle conferenze di pace furono le maggiori potenze europee, che decisero di dividere l’Europa in sfere di influenza: - All’Urss vennero annessi i territori di Varsavia conquistati durante la guerra, la Lettonia, L’Estonia, la Lituania e parte di territorio tedesco, cecoslovacco, rumeno e finlandese, - La Polonia in compenso ottenne lo spostamento dei confini verso Ovest, - La Germania perse molto territorio e venne divisa in 4 zone di occupazione, ognuna delle quali affidata ad una delle 4 potenze vincitrici, così come Berlino, - L’Italia dovette cedere il Dodecaneso alla Grecia, parte del Friuli alla Jugoslavia e Briga e Tenda alla Francia. Trieste rimarrà argomento di conflitto fino a metà degli anni ’50.
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