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L'Immaginazione Cinematografica Degli Eventi D'Amore: Distinzione Tra Situazione E Evento, Appunti di Strumenti Dell'immagine E Del Suono

Come l'immaginazione cinematografica rappresenta gli eventi d'amore, distingue la situazione definita spazio-temporalmente dalla capacità di aprire un intervallo spazio-tempo incommensurabile. L'amore come evento mette in discussione la struttura della situazione, creando equilibrio e conflitto all'interno di una relazione, e contrastando la relazionalità di coppia e la passione. L'evento d'amore scarta gli antipodi costituiti dalla relazionalità di coppia e dalle derive della passione, e istituisce l'illimitato raccordando l'intervallo e l'infinito.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 12/11/2021

arthur2019
arthur2019 🇮🇹

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Scarica L'Immaginazione Cinematografica Degli Eventi D'Amore: Distinzione Tra Situazione E Evento e più Appunti in PDF di Strumenti Dell'immagine E Del Suono solo su Docsity! Roberto De Gaetano - Tra-Due. L’immaginazione cinematografica dell'evento d’amore 1. Il destino dell’amore nella contemporaneità è parallelo a quello del cinema: il dissolversi dell'esperienza d'amore coincide con l’incapacità di raccontarlo del cinema, e il “filmare l’amore” sembra ormai ridursi all’oscenità dei media o alla pornografia. Ciò non è dovuto ad un degrado morale del mondo, ma si tratta di un approccio più radicale all'immagine del circuito di corpi e linguaggi, che sembrano ormai esistere solo all’interno di un mercato. Oggi non c’è più uno spazio esperenziale di corpi (amore) e segni (cinema), ma solo una loro totale esposizione priva di opacità, ecco perché per raccontare una passione d'amore credibile sembra necessario traslarla in altri periodi storici e in situazioni di cambiamento. Per resistere a questa deriva contemporanea di corpi e segni è necessario ritornare al modo in cui il cinema novecentesco ha raccontato l’amore, costruendosi esso stesso come evento in contrapposizione aurei meccanismi di funzionamento sociale che, esigendo un’ equivalenza monetaria alla base del mercato, negano qualsiasi differenziazione all’interno della società (quando ci si innamora, invece, lo si fa di una persona nel suo essere com'è, diversa da noi e dagli altri, o almeno così dovrebbe essere). Se l’espressione vista dell'amore nella contemporaneità risulta oscillare tra oscenità e pornografia, allora è vero ciò che i due protagonisti di J’entends plus la guitare (1993, Garrel) si dicono: “siamo l’ultima generazione a parlare d'amore”. L'amore come pratica del “due” e dello scarto che tra di essi si crea non esiste più, in quanto si tratta di qualcosa di imprevedibile che le trame del mercato non possono accettare, infatti, se l’amore costruisce uno spazio di esperienza e ci vive all’interno, non lo si potrà facilmente connettere ad una teoria dello Stato (Luhmann). In questo contesto, bisogna resistere alla deriva osceno-pornografica dell'amore e al conseguente appiattimento della sua rappresentazione nel cinema restituendoli alla loro eventualità: l’amore capace si costituisce come procedura capace di pensare il “tra” o addirittura il “non-rapporto”, superando l’ autonomia dell’io rendendolo ed istituendo e abitando la “distanza nella prossimità”, lo spazio aleatorio che solo il “tra-due” dell'amore che rimanda al “tra-molti” della politica. Con ciò viene a cadere la distinzione privato-pubblico a vantaggio di una più sottile distinzione, quella tra situazione ed evento capace di sospenderla: la situazione è spazio-temporalmente definita e determina una riduzione ad unità dell'io, dell’altro e degli altri secondo una “misura comune” (individuo, coppia, società), mentre l'evento è capace di aprire nella situazione un intervallo spazio-tempo incommensurabile, un nuovo mondo nato dall'incontro di contingenti dove la differenza è il modo nel quale la presunta unità si da. Il “mondo-del-due” dell'amore e dei “molti” della politica istituiscono il “tra” come modo d' essere che permette a coloro che vi appartengono di emergere in virtù della loro distanza: tentativi di dare consistenza a questo “tra” , di tradurlo a livello “statuale” non faranno altro che annullarlo. Il sentimento che dunque accompagna l’amore e la sua rappresentazione cinematografica è quello del “tra”: l’amore è la pratica più universale nella quale la singolare convergenza di contingenti nello spazio tra-due è sentita dal soggetto come irriducibile ad unità, mettendo da un lato in evidenza la caducità del presente dall’altro l’eternit del tempo, che situazione ed evento rispettivamente incarnano. Il soggetto che ama esperisce un’ unità disgiuntiva” che emerge proprio in quello che accade tra gli elementi capaci di costruire il “due” (amore), il “tre (desiderio), i “molti” (politica). 2. L'evento amoroso non è né una storia, né una relazione, né una passione: come ogni evento è raro in quanto frutto di innumerevoli variabili appartenenti alla situazione che, senza nessi causali, incrociandosi danno vita ad un’ eccedenza che la sospende. Nel carattere saturo della situazione può accadere qualcosa di aleatorio ed infondato che la oltrepassa, un incontro che lascia emergere una necessità che richiede fedeltà e coraggio: in definitiva, un evento. Gli eventi possono essere estetici, politici e amorosi: ai primi è stato riconosciuto il loro carattere di eventualità riconoscendo rispettivamente l’esemplarità di un’opera d’arte e l’occorrenza costituita dalle rivoluzioni, mentre l’amore è stato relegato alla categoria delle “esperienze vissute” o trasfigurato nelle forme sociali che esso può assumere, depotenziandolo e controllandolo sempre più. Dunque, l’amore è stato in primo luogo pensato nella parola letteraria e nelle immagini che lo 1 hanno nominato, e il cinema in questo ha giocato un ruolo importante, risolvendo però spesso l’evento in motivo narrativo, l’impersonalità di un sentimento nell’individualità dell’emozione. 3. Ogni evento è un incontro che non preesiste al suo accadere, la sua radicale contingenza lascia emergere che esso è ciò che poteva essere ma anche non essere, non garantendo neanche sugli effetti che determinerà: sottratto ad ogni origine volontaristica e causale, legislativa o contrattuale, esso si declina solo in relazione alla necessità che lo segue e lo segna, ciò che Althusser definisce “contingenza della necessità”, che svincola l'evento da qualsiasi ordine sociale e naturale. Il non-poter-fare-altrimenti di una necessità senza scelta riguarda, in primo luogo, una “inappartenenza” dell'amante che ne segna l’amore. L'evento non si costituisce in quanto forma ma a partire dalle forze che in un campo dato si impongono in una congiunzione singolare che definisce l’incontro, la necessità che ne scaturisce e, soprattutto, l'eccedenza rispetto alla datità della situazione. La “contingenza necessaria” si sottrae ad ogni nesso di causalità sia col passato che col futuro e dunque ad effetti calcolati e progettati. Nulla della situazione può determinare o negare una volta per tutte l'evento, anche quando sembra che niente possa portare ad esso: è questo che accade, infatti, nel finale di Viaggio in Italia di Rossellini. Un nuovo inizio, non auspicabile a partire dalla situazione data, emerge dalla combinazione singolare di contingenti: un evento è in primo luogo una nascita, un effetto puro che non rimanda ad alcuna causa. È il “vuoto”, ciò che è sottratto ad ogni calcolo che l’evento rende manifesto e rilancia, la nascita come evento che si misura con la possibilità di non-nascere. Nell'episodio /7 miracolo (appartenente a L'amore) di Rossellini l’ evento amoroso è puro evento che sospende e trascende la situazione di disagio nella quale la protagonista è gettata, grazie alla nascita e al suo accoglimento. L'evento, fondato su una contingenza, necessita accoglimento, coraggio e fedeltà per assumere consistenza. Il primo passo in questo senso è compiere una nominazione (non denominazione, che indica qualcosa che già c’è): dare un nome a ciò che accade, a quell'evento amoroso che senza la parola non potrebbe esistere e conservarsi. A partire da questa nominazione si può istituire la fedeltà all'evento, non alla situazione, il quale richiede coraggio proprio in virtù del conflitto che si viene a creare tra situazione ed evento: sospendendo lo spazio-tempo della situazione l'evento amoroso emerge in quanto elemento che la trascende dando il via ad una necessità capace di renderlo illimitato nella limitatezza della situazione stessa. Non è un caso che le storie d’amore siano quasi sempre contrastate, in quanto l’amore come evento mette in discussione la struttura della situazione nella quale casualmente è nato. 4. La nominazione dell’evento amoroso è la forma della sua istituzione ma anche lo svelamento del vuoto sul quale si fonda, perché proprio quando si dice “ti amo” si apre la possibilità che ciò non sia stato detto. Questa nominazione è fondativa dell’evento, ma le modalità della sua dissimulazione e di travestimento sono molteplici. L’amore-relazione, la cui forma emblematica è il matrimonio e poi la famiglia, pretende far convergere l’eterogeneità del due nella forma costituita dall’unità sociale, non avendo dunque nulla a che vedere con l'evento d'amore che istituisce, invece, la scissione del due, lo spazio che vi intercorre, non si illude di poterlo unificare, ecco perché l'evento d'amore mina dall'interno la coesione che la situazione richiede. All’interno dello spazio unitario costituito dal matrimonio si alternano equilibrio e conflitto, oscillazione che delinea e definisce la forma della relazione, al contrario dell'evento d’ amore che non contempla oscillazioni: e è o non è, al massimo si potenzia o depotenzia, e in quest’ultimo caso per preservare la forza le si da una forma attraverso, appunto, il matrimonio. In questo contesto, però, il matrimonio non necessità di amore, ma in primis di consenso: esso funzionerà quando l’uno accetta di fare dell’altro una parte dell’io mentre fallirà quando ciò non accadrà. Ciò non vuol dire che nel matrimonio non possa esserci amore, ma l’amore è incontro, mentre la coppia è progetto, che l'evento non contempla. Comunque, la relazione non può prescindere l'identità degli individui coinvolti, in quanto è lei a determinare i ruoli e i doveri che regolano la coppia. La relazione matrimoniale è, però, una storia che può ospitare al suo interno delle “digressioni”, forme di incamazione del “terzo”, dell'altro”, sia esso tradimento, avventura, lavoro, dove l’”’uno” riconquista la sua autonomia e libertà che non 2 contesto, pensando ai luoghi dell'incontro fra-due del cinema ci rendiamo conto che ogni “due” cerca di crearsi il suo mondo, spesso in luoghi chiusi (la barca de L'Atalante di Vigo). 8. Che cosa passa tra-due nel chiuso di un luogo? L'intemporalità della situazione sospesa, universalizzazione della singolarità dell'incontro, l’eternizzazione di un presente, sperimentando la potenza dell’illimitato nella limitatezza del corpo: quando la situazione viene sospesa e trascesa, il mondo prende i segni di un’ eternità precipitata tra le pieghe della caducità, un’ eternità che aperta dagli eventi ha la capacità di tornare alle situazioni modificandole e rigenerandole. Per questo l'evento d’amore non solo trascende la situazione dalla quale ha origina ma entra in contrasto con essa. Il cinema ha ereditato dalla tradizione letteraria la struttura fiabesca delle narrazioni amorose, nelle quali la situazione ostacola il rapporto d'amore (Romeo e Giulietta), ma il problema sta nella situazione stessa che alla fine andrà a ricostituire il suo equilibrio: per questo motivo rappresentare l’amore contrastato è più facile che rappresentare l’evento d’amore, in quanto il primo fa riferimento ad eventi dati e tangibili che vanno solo identificati grazie alla denominazione, mentre il secondo caso eccede la situazione stessa e per questo necessita di una nominazione che lo fondi. Ecco perché la presentazione di un evento d'amore risulta complessa: essa mette in discussione la rappresentazione e spesso si interseca con tutto ciò che caratterizza la situazione. Comunque, ad essere decisivo non è tanto il contrasto che avviene tra la situazione e l'evento quanto quello che attraversa l’evento: nel tra-due si costruisce qualcosa che, non suturato dalla progettualità, lo eccede; questo intervallo rimasto per la mancata suturazione si frappone tra un corpo e l’altro ma li congiunge nel “due”. Il mondo-del-due è il primo straordinario superamento del rapporto dell’io e dell’altro, di tutti quegli stati che lasciano il soggetto in se stesso. Il tra-due è il rapporto del non-rapporto fra corpo e parola: quando questi ultimi non si integrano né si sfaldano ma rimandano ad un limite indicibile che separa e unisce corpo e parola allo stesso tempo (Hiroshima non amour). Il limite del corpo è nella nominazione vuota della parola amorosa, di conseguenza il limite di quest'ultima sta nell’opacità dei corpi. L'evento d’amore riconsegna corpi e nomi ad una “sintesi disgiuntiva” (Deleuze) che li unisce nella separazione. Nell’evento d’ore il due emerge nella singolarità irripetibile dell'incontro che eccede la situazione e dunque rivela la sua esposizione casuale che sfida ogni limitazione: il limite non è più quello tra interno ed esterno o tra l’uno e l’altro, bensì una differenza interna al “due”, il modo nel quale questo si compone, non più in quanto unità ma in quanto singolarità dell’incontro che origina un intervallo non suturato ma che necessita fedeltà e coraggio. L'incontro amoroso fa emergere il fondamento infondato dell’evento, ma anche della situazione stessa di cui l’evento è un’eccedenza: il tra-due evidenzia, a partire dalla disgiunzione, l'emergere singolare della soggettivazione a partire da un piano impersonale, vuoto. Ciò che passa per il tra può essere definito in diversi modi ma sospende l’organicità del tempo umano: l’evento o è creazione di un altro tempo o non è. L'evento amoroso istituisce dunque qualcosa che è più-che-umano, che nasce tra-due ma non coincide né con l’uno né con l’altro, bensì con lo spazio che vi intercorre: è come se l’eternità aperta da un abbraccio fosse tale proprio perché fuori dai cardini del tempo. Il rapporto del non-rapporto sconfessa qualsiasi principio di riunificazione dell’Uno, il cui dello troviamo nel Simposio platonico: nessuna ricongiunzione tra maschile e femminile per ricomporre l’ermafrodito diviso: al contrario, l'evento d’amore è affermazione disgiuntiva del due, della differenza. 9. Un evento d’amore è senza limiti: è eterno, in quanto a partire dal presente apre un illimitato temporale che non solo si oppone alla progettualità della coppia ma anche all’avventura, la quale è intrinsecamente finita e transitoria: l'avventura rimane una modalità della situazione, affermata nella sua straordinarietà ma non la sospende; un evento d’amore, invece, è senza limiti: è eternizzazione del presente questo tra-due, dunque, come viene istituito dall’incontro d’ amore? Se tutto si gioca tra corpi e linguaggi che perdono la loro congiunzione media, è necessario portarli al limite: il linguaggio arriva al suo limite quando scarta il pieno del vissuto, nomina e non denomina, fonda e non fa “ricognizione”, attestando l’amore (“ti amo”) nella disgiunzione del tra-due; il corpo 5 arriva al suo limite quando non passa tutto e subito ma opera per l’avvolgimento delle carezze, scoprendo l’inedito, il non consueto del corpo: quando, insomma, si ha la percezione di essere vicini ma lontani allo stesso tempo. Non è necessario riconoscere l’altro e la sua alterità ma l’affermazione del “due”, che esiste solo a partire da un incontro e che per questo non può essere riconosciuto ma solo istituito, semplicemente perché prima non esisteva. La differenza del “due” in amore è il crollo della pienezza dell’essere: l’amore è istituito dalla “credenza” che investe corpi e nomi, i primi liberati dalla loro funzione e i secondi dal loro potere denotativo e denominativo. È proprio la credenza che rimanda ad un “fuori”, l'evento d'amore necessita di fede, altrimenti sfumerebbe. Un incontro dal punto di vista della situazione è un contrattempo. L'amore o è credenza nell’incontro del “due”, e nella loro differenza, o non è. L'amore apre al pensiero del fuori, dell’impensabile: è pensiero dell’impensabile, ecco perché i grandi registi di quest'ultimo sono anche i grandi registi dell'amore. 10. Gertrud di Dreyer è un film sull’affermazione dell’amore a tutti i costi, anche a quello della solitudine e della preclusione di una posizione sociale privilegiata: Gertrud potrebbe diventare moglie di un ministro ma lo rifiuta perché innamorata di un musicista che non la ricambia; finirà sola in vecchiaia ma senza un minimo di pentimento perché ha creduto fino in fondo nell’amore come via d’accesso alla verità e al suo carattere intemporale: una poesia che Gertrude scrisse a 16 anni si fa “testamento d’amore” e sancisce la fedeltà del personaggio nel “due” esplicitata nel dialogo finale. La scelta d'amore è una scelta infondata, svincolata da ogni motivazione (opponendosi al padre che crede invece nell’esclusività del destino) e che non fa che affermare la necessità di accoglimento dell’incontro d’amore: la scelta d’amore è il modo e il nome in cui l’evento d'amore viene accolto e scelto per nessun'altra ragione se non la scelta stessa, che permette la riconquista di tutto. Scelta d'amore è dunque il nome della decisione indecidibile che istituisce e fonda la soggettività amorosa: al di là della scelta d’amore e della sua assolutezza esistono solo le non-scelte. Rispetto agli uomini che Gertrud incontra nella sua vita, totalmente dediti alla ricerca del successo lavorativo o sociale, a partire dalla sua credenza nell'amore definisce una linea propriamente femminile che si oppone a quella maschile (“l’amore della donna e il lavoro dell’uomo sono nemici) priva di affermatività e al massimo capace di un riconoscimento tardivo di una “vita sprecata”. Il credere nell'amore richiede si coraggio ma anche durezza per non cedere alle tentazioni di valori e posizioni della vita sociale. In questo contesto il personaggio di Gertrud, che eredita dal naturalismo e dal dramma borghese lo spirito d’indipendenza della donna, non cerca autonomia sul piano della libertà (della posizione maschile) ma su quello della fedeltà all'amore in quanto scelta di un “modo di esistenza” segnato dalla capacità perenne di toccare l’infinità a partire dalla caducità, costruendo un legame col mondo a partire dalla credenza: ciò di cui l’amore è verità è il darsi dell’essere nella differenza, nella disgiunzione, quell’intervallo vuoto nella forma del tra- due che l’amore mette in gioco proprio in virtù della potenza della differenza che rende quel due irriducibile. Il fatto che esso sia esposto ad un fuori aleatorio che lo attraversa implica un atto di coraggio: l’amore è una forma di pensiero dell’impensabile, in quanto anche il pensare è segnato radicalmente da un incontro, dunque è amare. Il legame tra amore e pensiero emerge in Gertrud nel discorso del poeta al banchetto dato in suo onore: due cose sono importanti oggi come nel passato, amore e pensiero, ma del primo si è già detto molto mentre del secondo bisogna capire che esso richiede coraggio, soprattutto per pensare giusto, in quanto solo un pensiero giusto può condurre alla verità; bisogna trovare la forza di restare fedeli a se stessi e così non sentire mai il bisogno di dover nascondere un proprio pensiero. Dunque, sia pensiero che amore risultano procedure veritative, e in quanto tali richiedono entrambi coraggio e fedeltà. La verità che essi ricercano e che li espone ad un “fuori” li sottrae ad ogni esercizio ricognitivo rendendoli, così, degli eventi, che non possono darsi se non nella forma di intervallo, il quale richiede appunto credenza e coraggio tanto nell'amore quanto nel pensiero. Nella resa cinematografica troviamo questa non-appartenenza: personaggi come Gertrud, ieratici, esulano da ogni vissuto e psicologia, ricondotti ad una nominazione spesso dura, in quanto con le parole cercano di arrivare là dove è difficile giungere, a nominare le necessità e la credenza del “due” e il “fuori” in tutta la sua aleatorietà. 6 L'amore in quanto (in)esperienza del due è la modalità di credere in questo mondo al di là dei condizionamenti della ragione: senza questa credenza nell’evento amoroso il quotidiano diventa intollerabile, ciò che per Gertrude risulta la vita borghese. In Bergman, con film come Monica e il desiderio ma, soprattutto, in Un'estate d'amore, notiamo che l’amore coincide con un mondo spazialmente (l'isola) e temporalmente (l'estate) definito: questo mondo costituisce l’incontro-evento che soggettivista l'individuo, facendogli perdere i suoi limiti, secondo una possibilità impossibile di un soggetto che, in virtù del due dell’amore, si è fatto universo (dialogo tra i due ragazzi). È questa la sensazione dell’innamoramento (“mi incute gioia e paura”) che sta nell’emergere della totalità del corpo, escludendo la frammentazione operata invece dal desiderio. Tutto ciò avviene prima del passaggio al pathos più convenzionale che vede finire la storia in tragedia: l’amore si fa destino e per questo chiusura. La morte di lui porta Maria a “bloccarsi” per vent'anni, finché non ritroverà il diario del ragazzo risalente all’estate passare insieme e la situazione congelata potrà sciogliersi: la nominazione amorosa istitutiva dell'evento ne determina uno nuovo, sancito da un bacio che lei non era mai riuscita a dare prima; su una relazione già esistente, ma troppo segnata da meccanismi di difesa, è nato un nuovo amore. 11. Anche in Rossellini la credenza si fa laica, ovvero diviene credeva in questo mondo passando per l’amore: Viaggio in Italia vede una coppia borghese inglese in viaggio, dunque sottratta dal quotidiano, che proprio nel momento in cui tutto sembra rompersi è capace i scommettere con fiducia sul futuro in virtù di nulla, aprendo alla riconciliazione finale in vista della riconquista del tutto. Anche qui c’è una frattura tra la linea femminile e quella maschile: Katherine è provata dalla mancata di amore, mentre Alex è assorbito dai suoi impegni lavorativi. La crisi matrimoniale che si apre nel presente affonda le sue radici nel passato, ma il riconoscimento della distanza fra i due coniugi avvia un processo di colpevolizzazione reciproca: se Gertrud ha il coraggio di e la forza di separarsi e seguire la sua linea per aderire ad una credenza, esulando da qualsiasi situazione di compromesso e dunque contrattualizzazione (coppia), Katherine risulta invece presa nella visione di situazioni ottico-sonore che la colpiscono e la segnano, perdendosi nel ricordo di ciò che poteva essere ma non è stato, nostalgia per ciò che non è accaduto, ovvero l’amore giovanile per Charles, e tale nostalgia non si converte in forza capace di contestare il suo posizionamento nella situazione; dal canto suo, Alex non esprime il minimo pentimento ma solo la volontà di controllare ogni situazione: nessuna ragione e concessione all'amore. Il miracolo finale, che passa dal religioso al laico, vede l’incontro con la processione come irruzione del “fuori” che, senza alcuna ragione, porta ad una riconciliazione la quale riapre un presente che sembrava destinato a chiudersi: il dialogo finale è segnato dal ripetersi della nominazione fondativa dell'amore. Nulla dal punto di vista logico sostiene tale scelta: solo un “miracolo” avrebbe potuto riavvicinare marito e moglie dunque, crollato il collante costituito dalla quotidianità della vita borghese, Alex e Katherine non possono far altro che iniziare a credere nel loro amore. È qui che sta la modernità di Viaggio in Italia: si tratta di due protagonisti ben distanti dalla salda fede di Gertrud ma che riescono a scommettere sul loro amore proprio a partire dallo smarrimento, unico modo possibile per riconquistare il mondo. Qui l’accento è dunque posto più sul miracolo dell’evento d’amore che sulla fiducia e coraggio che esso richiede. L'eredità di Viaggio in Italia risulta evidente in Antonioni ma con una differenza fondamentale: il miracolo non accade, nel “vuoto” l'evento si smarrisce e la ricomposizione del due è mancata, la disgiunzione totale; il tra del tra-due ha assorbito il due, cancellando ogni possibilità di oggettivazione e l'impossibilità di amare si riflette nello svuotamento e desertificazione spazio- temporale, arrivando alla perdita di identità. La crisi in Antonioni sta proprio nell’impossibilità di dare consistenza all'evento amoroso in una situazione priva di qualsiasi garanzia di tenuta sociale. In Dreyer e Rossellini, la questione dell'amore si salda a quella della credenza, la quale viene invece meno in Antonioni, dove il vuoto si fa assorbente. 12. Con la Nouvelle Vague la questione dell'amore cambia ancora, divenendo credenza dei corpi e, soprattutto, passaggio dal tra-due al tra-molti, dunque ad una dimensione politica: lo spazio-tra dell'amore è il passaggio per la politica. In Hiroshima mon amour di Resnais, l’incontro d’ amore tra 7 progetto, sottraendo il futuro tanto alle ipoteche della coppia quanto alle incertezze del singolo attraverso l’ eternizzazione del presente. Quello del °68 è dunque un essere insieme segnato da un tra che non intende definire alcuno “stato della situazione” ma soltanto il luogo di un intervallo. L'incommensurabilità dell’amore è dunque la distanza fondativa della “comunità degli amanti” e del suo potere sovversivo, che “ha per fine essenziale la distruzione della società” (Blanchot). Quel “senza comune misura” che definisce il tra-due degli amanti è l’attacco più forte alla coesione sociale e alle relative “comuni misure”. Nel tra-due viene messo in questione il processo di integrazione e unificazione che domina la forma-società a favore di una distanza, questione della quale il cinema modemo si fa carico, rompendo con la rappresentazione dell'amore di quello classico in un circuito creatosi fra la situazione storica mutata(crollo totalitarismi) e le nuove forme estetiche (immagini ottico-sonore pure). L'evento d'amore trova dunque la sua immagine più forte proprio quando la comunità raccontata dal cinema classico viene meno ma non si era ancora giunti all’attuale frammentazione (moltiplicazione degli “uno”) in quanto a dominare erano gli insiemi: il “due”, gli “alcuni”, i “molti”, mai la totalità né la maggioranza né la pura individualità. La vertigine dell'amore è allora “vertigine della spaziatura” che rimanda non al Tutto in quanto totalità chiusa o aperta bensì al Fuori, lo scarto che segna il due. È questo intervallo che l’evento d’amore istituisce scartando ogni riduzione ad unità. Possiamo riferire l'affermazione di Godard “Quello che voglio è il definitivo per caso” al cinema e all’amore: si tratta di fedeltà letterale all'evento come “definitivo della contingenza”. 14. Gli attacchi dell'amore nella contemporaneità riguardano la definizione delle situazioni, la loro saturazione, il non prevedere aperture e spazi di reinvenzione. Se coppia, passione e desiderio hanno contrassegnato le forme tradizionali di “tradimento” dell’ amore, nella contemporaneità sono state assenza di coraggio, senso di perdita e supremazia totalizzante del sesso (senza amore, fino alla deriva pornografica) ad occupare lo spazio vuoto dell'incontro amoroso. Mancare l'evento per paura, debolezza o difesa (Once), rinunciando al processo di soggettivazione che l’accompagna: Lost in Translation di Sofia Coppia mette in immagine questa rinuncia dissolvendo la situazione stessa. Un mature attore americano e la giovane moglie di un fotografo si incontrano in un albergo di Tokyo ma da questo incontro non nasce un evento d'amore. Sottratti alla saldatura che la quotidianità opera fra individuo e contesto Charlotte e Bob si ritrovano a vivere in uno spazio/tempo indifferente e anonimo: un'assenza di mondo che predispone all'apertura di un tempo di crisi. Il grande albergo come “non-luogo” (Augé) determina, con il suo potere spaesante, l'impossibilità della soggettivazione di costituirsi: l'individuo si culla nel comfort, scomparendo in un’ (in)esistenza fatta di meccanismi senza attrito in quanto non è in gioco l’abitare ma l’attraversare un mondo acquario il cui interno è autosufficiente. L'intera Tokyo si pone poi come “città ottica” che smaterializza l’ambiente gettando l’individuo in una sorta di videogioco spettacolare nel quale però si smarrisce per assenza di attriti. La situazione si fa trasparente e depotenzia l’incontro, facendone un mero contatto ottico tra i personaggi e l’ambiente e i personaggi stessi. Bob pone fra sé e il mondo un atteggiamento di ironia disincantata, rinuncia a credere a ciò che si incontra; Charlotte e Bob, infatti, non sembrano chiedere all'incontro altro che condivisione del tempo rimasto da trascorrere nell'albergo, facendosi compagnia reciprocamente ma mancando l’ evento, tanto che quando si ritrovano insieme a letto è per parlare, nella scena che ospiterà il dialogo più importante del film nel quale ad essere importante è ciò che non viene detto e che non viene fatto. Alle domande sulla vita che la ragazza pone, Bob risponde riconsegnandole un'immagine distaccata e ironica della vita come progressiva perdita delle illusioni, sancendo l’ approdo all’età adulta nella quale l’individuo non è più in balia degli eventi perché sostenuto da una forte volontà (“Più consoci te stesso e sai quello che vuoi meno ti fai travolgere dagli eventi”). Si tratta di una volontà di affermare il proprio controllo sull’imprevedibilità degli eventi per difendersene. Charlotte è alla ricerca del proprio destino, e la messa a distanza ironica con la quale Bob risponde non fa altro che lasciar intravedere il suo non voler mettersi in gioco. Charlotte e Bob congelano l’evento amoroso, com'è evidente nel finale, dove accade un non- accadimento: Charlotte e Bob si incontrano un’altra volta, in mezzo alla gente, ma non accade nulla, 10 se non le parole che Bob pronuncia all'orecchio di Charlotte senza che il pubblico le senta, che susciteranno un sorriso e lacrime e lo porteranno a dire, salito in taxi, “Va bene”. È come se il (non)finale avesse portato a compimento una non storia, collocando l’incontro nell'unico alveo possibile nel momento dell'addio, che diventerà l'oggetto nostalgico del passato: un bacio d’addio quando non c’era stato alcun bacio d'inizio, dunque, un bacio senza effetti. Mancare l'evento d’amore significa mancare una modalità di soggettivazione che fallisce per mancanza di coraggio: la fedeltà all'evento viene sostituita dalle pratiche narcisistiche di cura di sé che lasciano sostanzialmente indifferenti (sedano l’anima). Charlotte e Bob mancano il due e ripiegano nella tranquillizzante affermazione dell’individualità, infatti le parole finali di Bob non nominano nulla, perché non esiste amore senza nominazione e quindi senza fedeltà ai soggetti e al loro incontro, un evento che viene schivato dallo smarrimento di lei e dalla disillusione di lui. È un perdersi nella situazione, e alla rinuncia segue un atteggiamento ironico che segna una delle forme contemporanee di amore schivato e rassegnazione, mascherati da maturità ed intelligenza malinconica all’interno di un reale evanescente. Si tratta di “liquidità” di relazione, nella quale l'occasione non si orienta e rimane transitoria, senza evolversi: il soggetto si adatta ad una situazione fluida diventando tale. Smarrimento e distacco ironico, un binomio senza rilievo di una contemporaneità dove l’individuo in crisi non riesce (non ha fede e coraggio) a farsi soggetto (nel senso conoscitivo). 15. AI distacco ironico di Lost in Translation corrisponde il sentimento malinconico di perdita di In the mood for love di Wong Kar-wai, dove l’incontro d'amore è mancato perché “virtualizzato”, gettato in un passato che permette di preservarlo senza averlo mai vissuto. Il due si virtualizza rendendo presente il passato, segnato come perdita. Il film ci mostra il modo in cui un amore viene differito e trattato come rovina da soggetti incapaci di essergli fedele per pudore, per un riflesso narcisistico di chi non vuole mettersi in gioco tradendo la propria immagine. La signora Chan e il signor Chow, incapaci di corrispondere al loro amore adulterino, “sfumano”in una virtualizzazione che rimanda all'attualità dei rispettivi coniugi i quali hanno, invece, pienamente realizzato al loro storia. In questo gioco a quattro la virtualizzazione dei due ne lascia emergere l'impotenza, rimanendo fuori dall’attualità del rapporto ormai effettivo dei coniugi. Il raccontato è attuato fuori campo, e il visto è inattuato nel campo: in questa asimmetria c’è il segno di un amore che si fa perdita e non evento, nostalgia e non credenza. La necessità di non tradire la propria immagine diventa necessità di mantenere segreto un amore, non solo agli altri ma anche a se stesso. L'amore virtualizzato tra i due protagonisti è segnato dall’impossibilità di corrisposero e viene dunque reso intangibile, collocato in uno spazio di pura rimembranza nostalgica che nel finale troverà i suoi propri sepolcri: l'appartamento che tempo dopo viene comprato dalla signora Chan per preservarvi un amore mai nato e le rovine alle quali il signor Chow consegnerà il suo segreto e dove lo seppellirà. L'amore senza il coraggio di una nominazione sfuma, si dissolve. L'impossibilità di tener fede ad un incontro apre alla sublimazione come forma di (ir)realizzazione: la signora Chan e il signor Chow parlano del loro comune interesse per i romanzi a puntate; il loro incontro d’amore mancato si snoda come un non-romanzo, alimentandosi con i romanzi di appendice e dunque segnando il passare del tempo con stacchi e cesure, ai quali la musica fa da contrappunto, relegando i loro gesti e sentimenti nel passato. Il sentimento del tempo che passa inesorabile viene reso attraverso delle in quadrature che ci mostrano i personaggi al fondo di corridoi, al di là di porte, stipi e finestre che li incorniciano rendendoli un ricordo nostalgico, passati. In questo amore dove l’inizio è già segnato dalla fine e il senso di quest’ultima ne impedisce l’inizio, l'incapacità di amare segna lo spazio della sublimazione (il romanzo) e quello dell’imitazione, della mimesi, dell'altra coppia come di personaggi e situazioni romanzesche. Ciò emerge nella scena nella quale i due simulano una separazione, una possibilità così minacciosa da essere evitata attraverso la non realizzazione dell’unione. I due non riescono a sospendere il loro stato di coniugati, uno stato che però risulta un problema se relazionato all’individualità e alla libertà che l’uno ricerca (dialogo pp. 110 e 111): il vincolo matrimoniale è sentito in quanto tale, come limitazione della libertà, da qui la volontà di immaginare la propria esistenza fuori da esso; il 11 senso di colpa per il tradimento dell’altro porta o ad una riflessione passiva o all’accettazione realistica della brevità della vita, e forse anche alla possibilità di agire; il senso di sconfitta instaura uno spazio di sublimazione, la scrittura del romanzo a partire dalla quale sembra possibile pensare il due. Ancora nessun evento amoroso che dal presente apra all’intemporale: solo caducità, nostalgia, sempre tradotte in una sofistica formalizzazione ottico-sonora che riempie il niente di un amore. L'incontro non si afferma in quanto fedeltà all'amore, bensì alla situazione del ruolo sociale. Quel niente viene riempito da sentimenti quali la paura, il pudore, ideali che mirano a preservare la rispettabilità sociale, alla quale si può solo esulare virtualmente attraverso la simulazione, che da voce a sentimenti he altrimenti rimarrebbero muti: ciò emerge quando il signor Chow finge di essere il marito della signora Chan la quale gli chiede se ha un amante, e la risposta di lui le fa male come se fosse stato suo marito a dargliela, e a questo punto, vedendo la donna in lacrime, il signor Chow le ricorderà che non è altro che una finzione (“non è successo niente”). Qualcosa però è accaduto: la prospettiva di un possibile abbandono, seppur simulata, lascia il segno del senso di una fine, che sin dall'inizio accompagna il rapporto dei protagonisti tanto da far si che esso non inizi mai. Ecco il vero tradimento: tradire l’amore e i propri desideri. In the mood for love risulta l’esempio più significativo di estetizzazione della perdita, di uno sguardo al passato animato solo da sentimenti nostalgici e trasfigurato in forme compositore seducenti, un esempio di “formalismo romantico” (Badiou) come marchio di riconoscimento di una perdita senza alcuna acquisizione, una fine senza inizio, nostalgia di ciò che poteva essere ma non è stato per mancanza di forza e coraggio. Se Lost in translation rappresenta il lato ironico dell’indebolimento del rapporto fra soggetto e mondo, segnato dal distacco, In the modo for love ne rappresenta il lato nostalgico. Comunque, in entrambi casi è l’incontro d’amore ad essere tradito, ogni credenza e fiducia si azzerano e, in balia della situazione l'individuo, chiuso nel suo narcisismo, non si fa mai soggetto. 16. Oltre ironia e nostalgia, abbiamo solo un'adesione senza filtri al reale, la forma di una sessualità senza amore che sbocca nel pornografico. La pomografia come esposizione totale dell’accoppiamento dei corpi senza nessuno schermo fantasmatico: si tratta della riduzione di corpo e segno alla loro adiacenza e trasparenza che definisce la precipitazione in un buco del reale senza più resistenze immaginarie o simboliche. La sessualità in quanto dimensione privata coincide con la trasparenza della sua immagine nelle reti, le hot line televisive: questo azzeramento del confine, dello scarto fra corpi e linguaggi, è la deriva orrida e pornografica di ima sessualità senza altro destino se non la propria presenza manifesta. Ciò emerge ne // gusto dell’anguria di Tsai Ming- liang: la sessualità, ridotta ad una fisiologia senza schermo, il contatto come unica prova di essere in vita, trova nell'immagine pomografica la sua risoluzione. Il ragazzo e la ragazza dei film precedenti del regista non dimenticano il loro incontro, il loro inizio amoroso, ma sono ridotti nel finale a far parte di una “sequenza” da film pornografico: il film sancisce e mette in immagine come una sessualità, svincolata dalla disgiunzione amorosa e dalla fantasmaticità del desiderio, si possa riconsegnare solo nelle forme di un'immagine pornografica come ultimo schermo residuale all’orrore di un eccesso di realtà. La sequenza di apertura (scena di sesso con l’anguria) confonde nel gioco cromatico del rosso il succo d’anguria e il sangue, infatti, il primo maschera il secondo, il secondo evita il primo: l’immagine “preserva”, nelle derive di un circuito pornografico, dall’ orrore di un accoppiamento criminale, ma evidenzia il “valore di mercato” iscritto in corpi e linguaggi. La sessualità in quanto spazio di “economizzazione” estrema dei corpi, l'approdo ad una prostituzione che, liberata da ogni tipo di ritualità, si fa compravendita del corpo e del piacere del suo uso, non contestualizzato in un ambiente (es. case chiuse) ma ridotto a tracce sonore e visive nelle hot line. Il corpo avrà tanto più valore commerciale in quanto appartenente ad un regime inesperenziale, basti pensare al corpo infantile. Il vincolo fra sessualità-prostituzione-immamgine divenne esplicito in diversi film contemporanei, come ne La samaritana di Kim Ki-duk, nel quale due minorenni scelgono di prostituirsi tramite Internet. 12
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