Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Tra realtà e coscienza, il Realismo e l'Impressionismo, Appunti di Storia dell'arte contemporanea

In questo riassunto del capitolo 2 del libro L'arte moderna 1770-1970 di Giulio Carlo Argan - integrato con gli appunti delle lezioni - troverete riferimenti all'arte realista ed impressionista, a seguire, informazioni sul Neo-Impressionismo e approfondimenti su Cézanne, il Simbolismo e Gauguin.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 27/06/2024

giada-pasqualicchio
giada-pasqualicchio 🇮🇹

45 documenti

1 / 27

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Tra realtà e coscienza, il Realismo e l'Impressionismo e più Appunti in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! 20/02/2024 LA REALTÀ e la COSCIENZA Anna Cuomo -capitolo 2- Fin dal ‘47 COURBET aveva annunciato il suo programma di realismo integrale, affronto diretto della realtà, indipendentemente da ogni precostituita poetica. Era il superamento del Classico e del Romantico in quanto poetiche volte a condizionare il rapporto dell’artista con la realtà. Con ciò Courbet non nega l’importanza della storia dell’arte ma afferma che da essi va ereditata soltanto l’esperienza dell’affrontare la realtà ed i suoi problemi con i soli mezzi della pittura. Il movimento impressionista si è intanto formato a Parigi nel 1860 certamente spinti anche dal problema di ridefinire la pittura e le sue finalità in rapporto alla nascente fotografia. Precursore era stato MANET, che aveva sviluppato in senso essenzialmente visivo la tendenza realista discostandosi però dall’integralismo di Courbet e richiamando i pittori moderni all’esperienza di maestri antiaccademici. Lo stesso ricusa lo scontro brutale con la realtà ponendosi invece di liberare la percezione da ogni pregiudizio per manifestarla nella sua pienezza di atto conoscitivo. Nessun comune interesse ideologico o politico collegava il gruppo né avevano un programma preciso. Si erano trovati d’accordo sull’aversione per l’arte accademica, l’orientamento realista, il disinteresse totale per il soggetto e la preferenza di paesaggi e nature morte, il rifiuto delle consuetudini d’atelier e la pittura en plein-air. C’erano però orientamenti diversi: da una parte chi nel gruppo compiva uno studio diretto e sperimentale dal vero proponendosi di rendere l’impressione luminosa e chi invece metteva lo studio storico al pari di quello della natura. I due processi però convergono ad un medesimo fine: dimostrare l’esperienza della realtà che si compie con la pittura è una esperienza piena e legittima che non può essere sostituita da esperienze altrimenti compiute. Non sostengono che in un’epoca scientifica l’arte debba fingersi scientifica: si chiedono quali possano essere il carattere e la funzione dell’arte in un’epoca scientifica e come debba trasformarsi l tecnica dell’arte per essere una tecnica rigorosa. Realismo Uno dei protagonisti è Courbet. L’idea del realismo è quella di rappresentare la realtà in maniera specifica senza idealizzazione. L’arte non è mera imitazione ma una possibilità di rappresentazione, perché questa avviene sempre attraverso il filtro del sentimento del pittore. La realtà è la materia prima dell’artista, l’immagine è più reale della realtà stessa. Signorine in riva alla Senna, Gustave Courbet, 1857 • Realismo non è imitazione della natura • La realtà è la materia prima dell’artista • Immagine è più reale della realtà stessa • Soggetti non in posa • No paesaggio ma atmosfera del torpore del soggetto La novità sta nel modo di rappresentare i soggetti che non sono in posa o in una situazione particolare: non era usuale che una donna borghese venisse rappresentata in tal modo in pubblico, con la sottana ben visibile in un periodo quasi puritano. Courbet è persuaso che la forza della pittura sia la pittura stessa e non il soggetto. I caposaldi del Realismo, che lancia nel 1847, sono Funerale a Ornans e Lo spaccapietre in cui, più che rappresentare la realtà, si immedesima in essa. Nel ‘57 rappresenta due ragazze di città che fanno la siesta sotto gli alberi sulla riva del fiume. Courbet non idealizza né drammatizza. Le ragazze nel loro abbigliamento vistoso sono più piacenti che belle: non sono in posa, hanno le vesti in disordine, non hanno nulla di spirituale ed il paesaggio non è che un breve tratto di sponda. Tutto ciò che si riteneva a priori poetico era ripudiato. Courbet vuole vivere la realtà come tale, questo è il Realismo: principio morale ancora prima che estetico, non culto e amore ma pura e semplice constatazione del vero. Benché sembri riprendere la realtà così com’è, il quadro è una costruzione complessa e nuovissima. L'orizzonte è alto, quello che avrebbe dovuto essere lo sfondo e dare spazio ed aria alla composizione è soffocato dalla massa folta degli alberi. Le foglie che emergono sono individuate una per una per dare il senso dell’aria immota e pesante, del tepore tra sensuale e opprimente del meriggio estivo. Manca volutamente un centro, un asse ordinante della visione. L'opera, esposta nel Salon del Refuses (1863), è stata indagata dal pubblico e dalla critica per l'assurdità del soggetto. Né in politica né in arte Manet aveva velleità rivoluzionarie anche se non è vero che fosse indifferente al soggetto. Il tema della conversazione di figure nude e vestite in un paesaggio è lo stesso di un quadro Veneto del primo ‘500, Il concerto campestre. La composizione ripete un gruppo di divinità fluviali, anche queste riprese da un’altra rappresentazione, il Giudizio di Paride di Raffaello che non è un riferimento casuale perché il motivo dominante nella colazione è la trasparenza dell’acqua nell’ombra umida del bosco. Manet non si preoccupa del soggetto in quanto azione o episodio, ma elabora un materiale compositivo e tematico che appartiene alla storia della pittura. Da uomo del proprio tempo trasforma le divinità fluviali in parigini in vacanza, il concerto in colazione all'aperto e traspone la composizione classica nella trasparenza dell'aria. Si osservino le figure: anche quando sono viste di scorcio si presentano come zone di colore piatto, senza passaggi chiaroscurali. La luce non è raggio che colpisce i corpi, la quantità di luce si immedesima con la qualità dei colori. Si osservi il paesaggio: come nella pittura olandese del ‘600, in quella inglese del ‘700, ha una struttura prospettica di quinto arboree, con tre aperture a cannocchiale sulla luce del fondo, ma acqua, erba e fronde formano tanti velari trasparenti, paralleli che si sovrappongono formando zone più dense o più rurali di penombra verde e azzurra. Se la luce si immedesima col colore, non può modellare la forma con i paesaggi e che non essendo più un effetto di volume non può esservi un effetto corrispondente di vuoto. Non c'è più distinzione tra i corpi solidi e lo spazio che li contiene: nell’immagine non vi sono elementi positivi e negativi, tutto si dà alla vista mediante il colore. Figure e spazio formano perciò un contesto solo: Manet non vede le figure dentro l'ambiente, ma con. Nella sensazione visiva non vi è distinzione tra le cose e lo spazio come tra contenuto e contenente. Se l'artista si propone di rendere la sensazione allo stato puro, prima che venga elaborata e corretta dall’intelletto, è perché ritiene che la sensazione sia esperienza autentica e la nozione intellettuale esperienza inautentica, viziata da pregiudizi o convenzioni. Dunque la sensazione non è un dato, ma uno stato della coscienza; non solo, la coscienza non si realizza nell’esperienza fatta e mediata, ma nell’esperienza che si fa. S'identifica dunque con l'esistenza stessa. Come non vi è distinzione di positivo e negativo tra le cose e lo spazio, così non vi è distinzione di positivo e negativo tra luce e ombra: l'ombra è soltanto una macchia di colore che si giustappone alle altre, più o meno luminose. Olympia, E. Manet, 1865 Altro grande esponente della corrente è Claude Monet di cui qui sotto vediamo l’opera maggiormente conosciuta, da lui realizzata: Impressione, soleil levant, 1872 È il quadro che dà il nome all’Impressionismo. Si parla di “impressione” perché la volontà degli impressionisti non è quella di rappresentare la realtà in quanto tale, ma di rappresentarla in modo puro, così come viene assorbita e comunicata dalle emozioni. Il disegno viene cancellato e si rifiutano le tecniche classiche del chiaroscuro. Si lavora en-plain-air. È più importante per l’artista restituire la propria impressione allo spettatore in modo tale che questo ne capisca la sensazione proprio al momento dell’osservazione. Vediamo poi, con altri due dipinti di Monet, la sua evoluzione che sfocia in tutto il suo splendore nelle opere Regate ad Argenteuil, 1872 Che si riversa poi nell’arte prodotta a seguire come ad esempio nell’opera di Alfred Sisley riportata qui sotto: Isola della Grand Jatte, Alfred Sisley, 1884-86 La Cattedrale, Monet, 1894 Rappresenta il sigillo dell’impressionismo. Il tema è un ricordo provato: il porto di Le Havre. Monet presenta un quadro, piccolissimo, nel quale all’improvviso tutto quello che era stato rappresentato fino a quel momento in maniera netta si fa liquido. È un quadro nel quale le cose e i propri riflessi hanno la stessa importanza. Nello sfondo abbiamo un paesaggio portuale ma nascosto da una strana foschia, come se tutto si fosse dissolvendo. L’acqua sembra mangiare, assorbire i personaggi (le due barchette), insieme alla luce. È una rappresentazione soggettiva di un paesaggio, vuole ritrarlo filtrato dal suo sguardo. I colori sono industriali: non devono macinare i colori ma usano colori che sono stati prodotti così e che mettono nella tela attraverso pennellate. Ne Regate ad Argenteuil le pennellate sono tratti veloci che danno l’idea di un espediente utile a rappresentare la sensazione di realtà data dal momento della cosa. L’importanza data alla trattazione del riflesso e delle forme presenti non è definita. Anche i colori non sono mescolati ma più puri. Compaiono atteggiamenti diversi da parte degli impressionisti nel rappresentare la realtà, per loro è importante fissare l’autenticità del reale nell’assoluta purezza della sensazione visiva (resa del frammento di realtà complessa e dalla ricerca sulla percezione). Negli anni che precedono la prima mostra di quelli che saranno chiamati gli impressionisti, Monet, Sisley, Renoir lavorano spesso insieme con lo scopo di rendere la sensazione visiva nella sua assoluta immediatezza mediante il lavoro en plein air dal principio alla fine. Tema di studio le trasparenze dell'acqua e dell’atmosfera. Malgrado le promesse comuni, i due quadri dipinti nel ‘73 da Sisley e da Monet documenti uno due stadi diversi della ricerca: Sisley rimane indietro perché, pur proponendosi con la ripresa frontale un’obiettività e rigorosa, non sa staccarsi del tutto dal sentimento della natura per porre decisamente la questione nella sensazione visiva. Nel suo dipinto gli alberi gli alberi spogli forma una cortina trasparente che fa da piano intermedio o di raccordo. Nella casa le parti illuminate e quelle in ombra sono ottenute con toni giustapposti ma nel rapporto tonale rimane implicata una relazione chiaroscurale. L'acqua è dipinta con pennellate fitte e minute In tre note accordate. Ciò che trattiene il pittore e la nozione comune per cui il riflesso di una cosa e meno concreto della cosa. La nozione comune gli impedisce anche di risolvere la profondità dello spazio nella superficie della pittura, attraverso il raggio di diaframma degli alberi lo sguardo vaga in lontananza. Monet ha il coraggio di eliminare tutti i tramiti tra sé e l'oggetto: non ha importanza che il riflesso di una cosa si è meno certo e fermo della cosa, la percezione del riflesso e, come percezione, altrettanto concreta che la percezione della cosa. Sisley si è dato il tempio di riconoscere la specie degli alberi e nelle case la disposizione delle pareti e del tetto, Monet ha fissato le note del colore senza chiedersi a quale tipo di oggetto corrispondessero. Con i bianchi insistenti delle vele e del loro riflesso ha risolto la profondità in un solo piano. Lasciando da parte il sentimento e la sensibilità ha impiantato una struttura radicalmente nuova. Neo-Impressionismo (1884) Nel 1884 artisti come SEURAT e SIGNAC decidono di andare oltre l’Impressionismo dando un fondamento scientifico al processo visivo operato dalla pittura, nasce quini il CROMO-LUMINARISMO, sulla base degli studi sul colore effettuati da Chevreul da cui si giunge a tre criteri primari: - Criterio del “dividere”: invece di mescolare due colori per ottenere un terzo, meglio accostare i du colori, lasciando che la loro sintesi si effettui nella retina - Legge del “contrasto simultaneo”: due tinte, poste a contatto, tendono a contrastarsi il più possibile, e per fare ciò, “inducono” nella loro controparte la presenza, ciascuna, del loro coloro complementare - Criterio dell’irradiazione (Rood): nel contatto tra due superfici colorate, quella più luminosa tende ad accrescere tale sua luminosità lungo le zone di frontiera, mentre l’altra, per contrasto, si scurisce. A questa tendenza si oppongono i primi impressionisti dando vita così ad un contrasto tra Impressionismo romantico e Impressionismo scientifico. Richiamandosi alle leggi ottiche della visione i neoimpressionisti creano la tecnica del puntinismo che consiste nella divisione dei toni nelle loro componenti, cioè in tante piccole macchie di colori puri accostati tra loro in modo da ricomporre nell’occhio dell’osservatore l’unità del tono senza le inevitabili impurità dell’impasto (ricomposizione retinica). Il carattere scientifico del neoimpressionismo non consiste nel fare riferimento a leggi ottiche recentemente accertate, non si vuole fare una pittura scientifica, ma istituire una scienza della pittura. L'assenzio appartiene al momento saliente dell'Impressionismo nonostante sia lontanissimo dai motivi festosi e dalle gamme squillanti tipici dell’arte del tempo. Degas sacrifica alla tendenza del gruppo il suo culto per Ingres che per nulla al mondo avrebbe preso a modello due tipi umani così comuni e scadenti: un bohemiene e una piccola prostituta instupidita dall'alcol. L’autore non lo fa per polemica sociale, gli basta a scoprire obiettivamente la solidarietà che salda quelle figure a quell’ambiente. Una gran parte del quadro è occupata dalla prospettiva sghemba, con una brusca deviazione ad angolo acuto dei tavolini di marmo. Si entra nel quadro lungo questa guida obbligata, come se noi stessi fossimo in quel caffè. La deviazione ritarda il nostro incontro con i due personaggi, è fermata dalla bottiglia vuota sul vassoio e poi rimandata ai due bicchieri. Nel primo c'è un liquido giallo, legato ai nastri gialli sul corsetto della donna, nel secondo uno rosso in rapporto con l'abito e la barba dell'uomo. Si arriva così al centro del tema, che non è però al centro del quadro. I due non si muovono, sono assenti, privi di espressione e di gesto. Scivolano in una prospettiva che la parete di specchi rende ancora più incerta e sfuggente. Me è questa nuova prospettiva che mette a fuoco le figure. Della ragazza colpiscono certi particolari miserabili, quasi grotteschi; dell'uomo la volgarità corpulenta e sanguigna, la stupida presunzione. È un’umanità smunta e sprecata, ferma nel tempo vuoto e nello spazio stagnante. La sensazione visiva è là, intatta: il significato umano è implicito è andato visivo. L'impressione visiva non è un limitarsi a vedere rinunciando a capire, così Degas scioglie il legame che ancora tratteneva la sensazione visiva impressionista all’emozione romantica. Per lui il classico non è più bellezza né ragione, è semplicemente rifiuto del patetico per un’oggettività superiore. È di fondamentale importanza che l’analisi avvenga in maniera tecnica, che scomponendo la sensazione visiva si riconosca che essa non è una semplice impressione ma ha una struttura e si sviluppa attraverso un processo. Il quadro dev’essere costruito con la materia colore e questa deve avere un carattere funzionale. Il quadro non può più essere considerato come uno schermo su cui si proietta l’immagine, dev’essere inteso come un campo di forze interagenti che formano o organizzano l’immagine. Il puntinismo andrà poi via, via diradandosi in un tessuto di veri e propri tasselli di colore. Per il suo carattere tecnico scientifico inoltre il neoimpressionismo sarà una delle grandi componenti del movimento modernista che tenterà di riscattare la pittura a cavallo dei due secoli. Vediamo ora alcune opere dei maggiori artisti di tale disciplina: Una domenica d’estate alla Grand Jatte, Georges Seurat, 1884-86 e Ingresso al porto di Marsiglia, Paul Signac, 1911 Invece che usare la giusta sovrapposizione del colore che definisce i soggetti, qui ci sono dei veri e propri puntini. C’è la ripresa del mettere il soggetto di una scena contemporanea e di vita reale, con una specifica rappresentazione dei caratteri. Torna anche l’uso della cornice, fatta dai colori complementari che serve a definire lo spazio dell’immagine e del quadro: è uno spazio di rappresentazione e non di realtà. Qua cambia anche la tavolozza, c’è questa sorta di trattino. Atmosfera di rarefazione e di scelta cromatica che porta un’idea di rappresentazione che rimane dentro l’idea dell’artista. Seurat comincerà autonomamente ad elaborare e sperimentare una sua teoria della pittura fondata sull'ottica dei colori, a cui corrisponde una nuova tecnica scientificamente rigorosa. Il problema centrale è la divisione del tono: poiché la luce è la risultante della combinazione di più colori. L'equivalente della luce in pittura non dev’essere un tono unito né dev’essere ottenuto con l'impasto, ma risultare dall’accostamento di tanti puntini colorati che ad una certa distanza ricompongono l'unità del tono e rendono la vibrazione luminosa. La prima opera dimostrativa, La bagnade, impressiona un altro giovane pittore, Paul Signac, che aveva studiato con Monet: se inizialmente per Seurat, il problema consiste tutto nella correlazione tra processo pittorico e processi di divisione, con l'intervento di Signac la ricerca dei due artisti si orienta verso un rilancio del programma degli impressionisti, purgato di quanto conservava di romantico e riproposto in termini scientifici. Nasce così il Neoimpressionismo, il primo movimento che pone l'esigenza di conoscere e approfondire il rapporto arte/scienza. Il contenuto della teorica neoimpressionista è dedotto dalla scienza a cui evidentemente non aggiunge nulla; tuttavia Seurat e i suoi compagni di gruppo credono che l'arte miri alla conoscenza oggettiva, ma il suo compito non sia di sperimentare e verificare le proposizioni della scienza. L'arte affronta i problemi che con i normali metodi scientifici non si possono risolvere. La questione della tecnica a un'importanza fondamentale: il progredire dei mezzi scientifico-meccanici di rappresentazione impone alla tecnica della pittura di qualificarsi come “tecnica di precisione” rinunciando alla bravura strabiliante ma ancora empirica degli impressionisti. Seurat lavora di proposito sulla materia tematica degli impressionisti: lo spazio è un piano, la composizione è costruita sulle orizzontali e sulle verticali, i corpi e le loro ombre formano angoli retti. I personaggi sono manichini geometrizzati deposti sul par terre erboso, come pedine su una scacchiera. Se la luce non è naturale, ma ricomposta da una formula scientifica e quindi perfettamente regolare, anche la forma che la luce prende immedesimandosi con le cose dev’essere regolare. Tuttavia lo spazio non è definito da una prospettiva euclidea: non essendo un vuoto, ma una massa di luce, tende ad espandersi, a darsi come un globo di sostanza atomizzata e vibrante. I corpi solidi in questo spazio luce sono forme geometriche curve, modulate sul cilindro e sul cono, hanno uno spazio volumetrico a cui non corrisponde un peso di massa. Non c'è un ritorno alla geometria dello spazio prospettico e alla concretezza fisica delle cose. Questo nuovo spazio ha le sue proporzioni, ma si esprimono i rapporti di luce e colore invece che di grandezze e distanze. La tonalità generale non è brillante, la pittura deve ritrovare l'armonia universale della luce assoluta ad un livello di intensità minore, che permette di distinguere le tonalità dei colori. Ciò che Seurat realizza è dunque una media proporzionale cromatico- luminosa e cioè un equilibrio che nessuna ricerca scientifica potrebbe trovare. Quella che ci presenta è l'immagine di un mondo in cui tutto, natura e scienza, è condizionato, configurato, dalla scienza. È in altri termini l'immagine di un ambiente plasmato dalla mentalità scientifico-tecnologica dell'uomo moderno: un livellamento di società e natura. È chiaro che si tratta di una società di manichini e di automi. Signac sviluppa il puntinismo in più larghe e diradate tessiture coloristiche. I suoi quadri sono tassellati come mosaici tardo antichi. Mira a raggiungere nuove gamme timbriche incastrando note dissonanti e rompendo la linea melodica del colore. La sua concezione del quadro come stimolo visivo è una premessa essenziale dei Fauves per i quali il quadro sarà una realtà vivente ed autonoma e non più una rappresentazione. La casa dell’impiccato, 1873 (Impressionismo) Giocatori di carte, 1890-92 (periodo “sintetico”) La montagna di Saint-Victoire, 1904-06 Il dipinto è costruito attraverso una costruzione geometrica, che non è molto impressionista. Ci sono delle forti linee oblique che si ripetono, la griglia geometrica non è propria dell’impressionismo. Un altro degli elementi fondamentali di Cézanne è che c’è una sorta di centro di tensione, quindi, tutto quello che si “muove” all’interno del quadro si nel punto centrale. La loro espressione fa intendere che c’è una certa serietà, non si notano elementi specifici della fisionomica tradizionale ma emergono comunque tratti psicologici della situazione e del loro modo di “affrontarla”. Le forme pittoriche che si sviluppano nello spazio e reagiscono alla luce, definiscono i modi di essere del quadro. Montagna in Aix en Province, che si vede dallo studio di Cézanne. È quasi la sua ossessione questo lavoro. Vediamo uno stile esasperato della luce, del colore, delle forme geometriche e della struttura del quadro. Tutt’unico tra tratto del pennello e forma geometrica. Rappresentazione di un paesaggio che ha di diverso il piano di costruzione antropologiche sembrano non esserci, sono completamente mischiate al paesaggio (manca la presenza umana, i campi coltivati…) il tratto è dato da spadellate più che pennellate che sembrano assumere una loro geometria. È come se Cézanne ci mostra una natura primordiale. Lo spazio per Cézanne non è un’astrazione ma è allo stesso tempo depurato, perché si vede come le forme si costruiscono nella coscienza di Cézanne attraverso la sensazione. Non vi è separazione tra realtà interna ed esterna, il mondo è nella coscienza. La biografia senza eventi di Cézanne aiuta a capire la sua pittura. Nei vari soggiorni a Parigi frequenta i pittori dell’epoca ma le opere di quel periodo non mostrano un eccessivo interesse per il loro programma rinnovatore. Probabilmente anche a causa dell'influenza di Zola rimane legato ad un Romanticismo fuori tempo, esasperato: prende i temi della letteratura e della pittura romantica e li tratta con un impeto, accumulando pesanti strati di colori cupi, fortemente contrastanti, non accettando la pittura puramente visiva dei suoi amici impressionisti. Cezanne capisce che dall'Impressionismo può e deve nascere un nuovo classicismo, rivolto a formare una nuova immagine del mondo che però non dev’essere cercata nella realtà esterna, ma nella coscienza. Non si può pensare alla realtà se non in quanto recepita da una coscienza, non si può pensare alla coscienza se non in quanto riempita dalla realtà. Neppure può concepirsi una struttura, un ordine costitutivo della realtà e del suo divenire che non sia la struttura o l’ordine della coscienza nel suo costituirsi e formarsi. Il suo sforzo è tutto rivolto a conservare viva la sensazione nel corso di un processo analitico di ricerca strutturale e non soltanto nel corso del processo, questa si conserva, si precisa, si organizza, rivela tutta la coerenza e la complessità della sua struttura. L'operazione pittorica produce la sensazione come pensiero, coscienza in atto. Cezanne ristabilisce un equilibrio assoluto, un’identità addirittura, tra l'io e il mondo, tra il farsi della coscienza della realtà. Trasforma la fugace, quasi inafferrabile impressione dei sensi in pensiero concreto tale da realizzare la coscienza nella sua totalità. La casa dell'impiccato è una delle prime opere impressioniste di Cezanne e dimostra come fosse già passato decisamente all'avanguardia. La composizione è costipata, le masse brevi, il colore opaco. La sensazione rimane sensazione, ma quello che prima si dava come superficie qui si dà come massa. Colpisce lo spessore della crosta del colore, impastata al colore la luce si fa materia, non ha trasparenza né splendore ma solo una vibrazione pesante con ronzio nelle orecchie. La profondità dunque, non è nel vuoto intorno alle cose, ma dentro la materia del colore, e non è soltanto densità, ma struttura quasi cristallina delle masse coloristiche. Più tardi Cezanne assottiglierà l'impasto, dipingerà a velature trasparenti, scomponendo le forme in tanti tasselli colorati, studiando l'ampiezza e la frequenza delle pennellate in modo che ad ogni nota coloristica corrisponda una precisa definizione formale. Lo spazio è una risultante: è la ritmica profonda ed ogni volta diversa di quel mutare delle apparenze. Cezanne considera le forme geometriche come strumenti mentali con i quali si fa l'esperienza del reale. Poiché le forme geometriche non sono lo spazio, ma modi con cui l'uomo ha pensato lo spazio, non sono idee innate, ma forme storiche. Forte della sua esperienza storica, la coscienza si accinge all’esperienza del reale e presente. Perciò Cezanne dice che la sua aspirazione e di rifare Poussin dal vero, cioè di ritrovare la storia nella natura, l'esperienza immediata del passato nella flagranza della sensazione, e null'altro che questo è il classicismo di Cezanne. Torna dunque il problema del rapporto oggetto/spazio: la coscienza nel suo processo formativo opera questa distinzione tra toni caldi e freddi, dopo opera la sintesi, perché lo spazio è la rappresentazione globale dell’insieme degli oggetti: così la struttura nella pittura di Cezanne è il tessuto coloristico risultante dalla divisione del colore locale nelle componenti calde e fredde e dalla loro combinazione nel ritmo costruttivo delle pennellate. Infine la pittura di Cezanne non parte da alcuna concezione spaziale a priori, lo spazio è il costruirsi della coscienza attraverso l'esperienza viva della realtà. Il pittore rappresenta la realtà nella coscienza all’equilibrio assoluto che finalmente si raggiunge tra la totalità del mondo e la totalità dell’io, tra l'infinita varietà delle sembianze e l’unità formale dello spazio/coscienza. Simbolismo Il Simbolismo, corrente artistica e letteraria nata in Francia sul finire dell’800 e diffusa in Europa tra gli artisti del Post-Impressionismo, non vuole negare la realtà, ma andare oltre ad essa, superando la visione ottico-retinica. Questa si concretizza come tendenza parallelamente opposta al Neoimpressionismo e si configura come un superamento della pura visività impressionista ma in senso spiritualistico invece che scientifico. Benché contrario alla pura visività impressionista il simbolismo non vi si contrappone ma tende a trasformare i contenuti così come l’Impressionismo muta le forme. L’arte non rappresenta, La qualità fondamentale del colore, rimane sempre la stessa, l'artista non riempie o ricopre di colore preordinato masse plastiche ma le costruisce mediante il colore. Ne La montagna Sainte Victorie, si vede fino a che punto di lucidità strutturale sia giunto l’artista. Impossibile immaginare una sensazione più fresca, immediata e definitiva. Gli azzurri ed i grigi del cielo invadono il monte e la pianura come il verde degli alberi colora le nuvole. Il ritmo delle pennellate larghe e trasparenti scompone l'immagine in una continua sfaccettatura di prismi rifrangenti e acquista così intensità di movimento, rende sensibile il dinamismo universale dello spazio, il dinamismo della coscienza che nell'atto stesso di recepire la realtà e di identificarsi con essa ne fa spazio. Il problema sociale, come quello del tempo è stato implicitamente affrontato definendo non solo la funzione ma anche il dovere dell'artista nel mondo. Il problema del quadro, del suo rappresentare la natura o la società o la vita interiore e segreta dell’artista, è il problema centrale della pittura dell’Ottocento. Sul finire del secolo quando si instaura il mito del progresso, il problema diventa dilemma: l’esistenza dell’artista ha un senso oppure no? C'è la soluzione negativa di Van Gogh: l'artista è respinto dalla società e la rifiuta, è solo davanti alla realtà al cui urto non regge. A seguire troviamo invece solo soluzioni indecise che diverranno accademiche e inutili. Tutto graviterà sui due termini opposti del dilemma e sulla loro sempre più tesa relazione dialettica: Cezanne o Van Gogh, Classico o Romantico, Impressionismo o Espressionismo. L'Impressionismo integrale non è altro che Classicismo integrale. Dicendo che “per l'uomo la natura è in profondità” Cezanne ha fatto ritorno alla tradizionale concezione prospettica. Non può esservi distacco tra lo spazio della vita e lo spazio del quadro. Si ripropone nuovamente il problema del soggettivo e dell'oggettivo, dell’alterno prevalere dell'impulso romantico sull'equilibrio classico o viceversa. In Cezanne non vi è cesura tra realtà interna ed esterna: la coscienza è nel mondo e viceversa, l’Io non conquista il mondo e non è conquistato da esso. Non è soltanto equilibrio parallelo ma anche identità perciò il suo non è classicismo storico, ma classicità pura. Questa però non è raggiunta astraendo dall'esperienza vissuta, del presente, e quindi non dà luogo ad alcuna nostalgia delle forme del passato. Non lo sfiora il sospetto che nel problema generale della realtà si possa isolare un problema sociale, l’unica sua opera che sembra sfiorare l'argomento è Giocatori di carte. Non sarebbe giusto prescindere dalla situazione che il pittore ha espresso nel rapporto psicologico tra i due giocatori: uno intento a scegliere la carta da gioco e l’altro in attesa. Ma bisogna osservare com’è definita quella situazione, benché la posizione ed i gesti delle figure siano perfettamente simmetrici e nei visi non vi sia la minima ricerca di espressione psicologica. La fissità del giocatore in attesa è definita dalla forma cilindrica del cappello che si ripete nella manica; dalla retta dello schienale della seggiola, dalle note bianche della pipa e del colletto: perfino una tovaglia rossastra sulla tavola cade a piombo dalla sua parte e si appunta ad un angolo dall'altra. L'attenzione dell'altro è resa dai colori più chiari e sensibili alla luce: la giacca, il cappello, il volto e l'andamento meno rigido. Non è diversa la caratterizzazione psicologica, ma il modo in cui le masse colorate si sviluppano nello spazio e reagiscono alla luce. Van Gogh Nasce nel 1853 e muore a Anvers-sur-Oise nel 1890. Produce una grande quantità di opere. L’arte di Van Gogh è espressione di un Simbolismo realista, che viene soffocato dalla stessa realtà, e ricerca poetica delle realtà. tra le maggiori opere ricordiamo La periferia di Parigi del 1886 Campo di grano con volo di corvi, 1890 Accanto alla figurazione cristiana, il palo dipinto evoca i simboli del paganesimo primitivo: allude alla continuità, all'unità del sacro. Soltanto un'immagine visiva poteva dare simultaneamente la realtà fisica della dormiente e la realtà immaginaria del suo sogno: nell’una è più concreta dell'altra. Non c'è simbolo né allegoria: la Santa Famiglia non appare tra le nuvole, ma è lì accanto al letto; la stalla con i buoi è un elemento dell’iconografia tradizionale del presepio, ma è anche un elemento a sé, che allude alla legge naturale e divina dell'amore tra gli esseri viventi. Certo Gauguin ha veduto e rammenta la ragazza dormiente, ma è nella memoria che si rivela il senso di ciò che ha veduto: la figura sola nel letto nuziale, il suo composto abbandono, la coperta gialla che diventa un alone di luce intorno al corpo bruno. La memoria non dà particolari e mette la sordina ai colori: l’andamento dei contorni è semplice, il colore è disteso in zone larghe e piatte, senza splendore né vibrazione. L'emozione remota nel tempo è maturata nella memoria, ha lasciato emergere il suo significato profondo, è diventata pensiero. Poiché l'immagine occupa uno spazio e un tempo interiori, non possono esservi effetti di luce: infatti essa non incide, ma emana dalle cose stesse. Evidentemente Gauguin si costruisce il sistema di segni che dà a percepire secondo le strutture della percezione definite dagli impressionisti e da Cézanne. Dunque già Gauguin non contrappone l'immaginazione come poetica alla sensazione visiva prosastica: nel suo pensiero l'immaginazione non è contro la coscienza della realtà o al di là di essa, ma è un’estensione della coscienza, che così comprende anche la vita vissuta in passato. Gauguin non cerca nel passato le ragioni logiche, ma i motivi profondi dell’essere presente. Dimostra che con questo lavoro simile all’impressionista si perde la percezione atmosferica rilassata, l’atmosfera del quadro è più pesante e greve. Atmosfera sinistra, che vuole più trasmettere sensazione che realismo, per questo antinaturalismo. Il linguaggio di Van Gogh è più rozzo, che corrisponde ad un’estetica del brutto I girasoli, 1889 Ritratto del postino Roulin, 1888 È una serie di quadri, con protagonisti questi girasoli in vaso. Rappresenta questo soggetto secondo la sua sensazione. La coerenza della scena è data dal modo di dipingere non dalle proporzioni reali, infatti, il colore si esprime in maniera pura. Con Van Gogh comincia il dramma dell’artista escluso da una società che non utilizza il suo lavoro e ne fa un disadattato, candidato alla follia e al suicidio. Van Gogh si interroga sul significato dell'esistenza, del proprio essere nel mondo. Non è pittore per vocazione, ma per disperazione. Aveva tentato di inserirsi nell’ordine sociale come pastore e missionario tra i minatori, ma era stato respinto. In un primo tempo in Olanda prende di petto il problema sociale: descrive in toni cupi della miseria e la disperazione dei contadini. Quadri quasi monocromi, bui, una polemica volontà del brutto deforma le figure. L'industrialismo che prospera nelle città ha portato la miseria nelle campagne privandole perfino, della luce e dei colori. A Parigi l’artista passa dalle variazioni nero e bruno ad un cromatismo violento. A contatto con i movimenti avanzati francesi, capisce che l'arte non dev’essere uno strumento, ma un agente della trasformazione della società e dell'esperienza che l'uomo fa del mondo. Nel generale attivismo l'arte deve inserirsi come una forza attiva, ma di segno contrario: lampante scoperta della verità contro la crescente tendenza all’alienazione e alla mistificazione. Anche la tecnica della pittura deve mutare, opporsi alla tecnica meccanica dell'industria come un fare suscitato dalle Altri artististi… La toilette, Henry de Touluse-Lautrec, 1889 forze profonde dell'essere: il fare etico dell'uomo contro il fare meccanico della macchina. Van Gogh non segue Seurat e Signac, né si propone di superare la fisicità della veduta nello spiritualismo della visione. Oppone la propria ricerca etica, il proprio romanticismo ad oltranza. La domanda che si fa Van Gogh è: come si dà la realtà a chi lo affronta vivendoci dentro? La sua è pura e semplice percezione della realtà nella sua essenza qui e ora: soltanto prendendo coscienza del limite e forzandolo si arriverà a schiantarlo. Ciò che Van Gogh vuole è una pittura vera fino all'assurdo, fino al parossismo, al delirio, alla morte. Fa il ritratto di un postino: la dominante coloristica del quadro è proprio lo spicco del giallo-oro sul blu della stoffa. Non c'è un interesse sociale, è una realtà che non giudica né commenta, può soltanto subirla passivamente oppure farla propria, rifarla con la materia e gli atti che sono del proprio mestiere di pittore, della propria esistenza. Infatti la costruisce, la modella con il colore. Non divaga a descrivere l'ambiente. Il verde fonde le dominanti del quadro, gli spigoli del tavolo sono blu come la tunica: così anche con gli accessori necessari rientrano nel limite della figura e invece di metterla in comunicazione con lo spazio la isolano, concorrono a darla come una realtà che è lì, non si può rimuovere, bisogna affrontare. Precorrendo il pensiero degli esistenzialisti Van Gogh sembra riflettere “la realtà è altra da me, ma senza l'altro io non avrei coscienza del mio essere, io non sarei. Quanto più l'altro è altro, diverso, tanto più io sono io, tanto meglio scopro la mia identità, il senso non senso del mio essere nel mondo”. Van Gogh ha imparato tutto dagli impressionisti, in fatto di reciproca influenza tra i colori, ma questi rapporti lo interessano come rapporti di forze all'interno del quadro. A causa di essi l'immagine tende a deformarsi, distorcersi, lacerarsi: per l'accostamento stridente dei colori, per l’andamento spezzato dei contorni, per il ritmo serrato delle pennellate, che fanno del quadro un contesto di segni animati da una vitalità febbrile, convulsa. La materia pittorica acquista un'esistenza autonoma: il quadro non rappresenta è. Il tragico del quadro sta nel vedere la realtà e vedersi nella realtà con così lucida, perentoria evidenza. È tragico riconoscere il nostro limite nel limite delle cose e non potersene liberare. È tragico non poter contemplare la realtà, ma dover fare e fare con passione e con furia. L'arte diventa il mestiere di vivere ed è questo mestiere della vita che Van Gogh disperatamente contrappone al lavoro meccanico dell'industria (che non è vita). La polemica iniziale non è stata abbandonata, ma portata ad un livello più profondo dove non è in gioco soltanto il contenuto ma la sostanza, l'esistenza dell'arte. Pittura e grafica tutta a scorci taglienti e colpi di luce per garantire una figurazione rapida, comunicativa e significativa. Coglie ciò che agisce come stimolo psicologico. Studia le stampe giapponesi per adottarle come sollecitazione motoria, predilige ma litografia od il pastello. È i primo ad intuire l’importanza della pubblicità come comunicazione per sollecitare una reazione. In tal modo l’attività dell’artista si dipana nella serie ininterrotta dei dipinti, delle incisioni, dei disegni, diventa leggibile come una raccolta di poesie. Toulouse- Latrec si interessa più alla società in quanto più animata e pronta a mutare sotto la spinta degli impulsi psicologici. L’artista muove dall’Impressionismo per trarne le conseguenze. Nel dipinto ogni segno grafico o coloristico vale per la sua capacità di trasmettere un’energia che subito si comunica. Lo spazio non è profondità né schermo di proiezione. Il colore acquista in movimento quel che perde in intensità: la divisione del tono diventa irradiazione e diffusione. La veduta dall’alto impedisce la separazione fra spazio e cose. La prospettiva fa zig-zag. La materia del colore è arida e magra, le pennellate tradiscono il tratteggio. L’architettura degli ingegneri Le condizioni che portano all’impiego del ferro e del cemento come materiali da costruzione sono principalmente: • la produzione di questi materiali in grandi quantità e a basso costo • la possibilità di trasportarli facilmente, anche sottoforma di prefabbricati • le loro qualità intrinseche di materiali portanti e la possibilità di coprire vasti spazi col minimo ingombro di sostegni • l’economia in tempistiche e costi di costruzione • il progresso della scienza delle costruzioni e del calcolo matematico dei carichi e delle spinte • la formazione di scuole specializzate di ingegneri La realizzazione da parte di Paxton del Palazzo di Cristallo per l’Esposizione Universale del 1851 non vede una tecnica nuova ma instaura un nuovo metodo di progettazione ed esecuzione per cui si impiegano elementi prefabbricati. Dietro l’interesse pratico c’è l’idea rivoluzionaria di servirsi di materiali e tecniche dell’edilizia utilitaria per costruire un edificio altamente rappresentativo, fare architettura con i procedimenti dell’ingegneria. Paxton consegue sul piano estetico tre risultati essenziali: 1. mette in risalto lo sviluppo dimensionale liberando la geometria dei volumi dal peso della massa 2. realizza una volumetria trasparente dando forte presenza al vuoto rispetto al pieno 3. ottiene all’interno la stessa luminosità esterna I vantaggi pratici del sistema ne favoriscono la diffusione e, nonostante le critiche, si fa strada l’idea che solo con le nuove metodologie costruttive si può raggiungere quella configurazione dinamica dello spazio che corrisponde alla sensibilità, al senso della vita della società moderna. La vittoria dei tecnici è consacrata dalla costruzione della Torre Eiffel nel 1889. È una costruzione funzionale che tuttavia non ha altra finalità che quella di visualizzare e magnificare gli elementi della propria struttura, la sua indubbia funzione Come la letteratura, anche la pittura francese degli ultimi decenni dell’800 è stata fortemente influenzata dalla poetica di Mallarmé, legata sia alla teoria della letteratura di Poe, sia a quella della musica e dello spettacolo di Wagner. Ad essa era strettamente legata la Revue blanche, cerchia di artisti e letterati in cui si confrontavano ricerche. Nell’opera di Vuillard emerge la tecnica del POINTILLISME neo-impressionista, una certa ambiguità e diverse influenze di Toulouse, Monet e Van Gogh. Con Whistler, americano vissuto tra Parigi e Londra si assiste all’interpretazione di un altro aspetto della poetica di Mallarmé, quello della continuità sonora del colore. Se il primo interpreta la poetica di Mallarmé nel senso della pittura pura; Whistler se ne occupa nel senso delle corrispondenze. Quest’ultimo aveva stretto rapporti con gli artisti preraffaelliti di Londra. Al pensiero della continuità del tutto era giunto tramite lo studio dell’arte giapponese. rappresentativa si risolve nel rappresentare la propria funzione tecnica. È un monumento senza nulla di monumentale, non commemora o celebra un passato e non esprime principi ideologici, ma inneggia al presente e annuncia il futuro. Nella Torre Eiffel si vede con chiarezza come la ricerca strutturale sia nell’architettura il parallelo della ricerca impressionistica. Una struttura lineare che non interrompe la continuità dello spazio e sviluppa il suo intreccio. È un tipico caso di plein-air architettonico. Nello stesso tempo però ha una forte carica simbolistica, perché le sue strutture e le sue forme non sono ottemperanti al principio naturalistico dell’equilibrio statico di pesi e resistenze ma soprattutto non vuole essere rappresentativa di alcuna autorità ma espressiva di una ideologia progressiva nello slancio stesso delle sue linee. Ha anche un carattere pubblicitario come quello spesso assunto dalla pittura di ToulouseLautrec. Proprio al suo linearismo infatti può accostarsi quello costruttivo di Lautrec che determina lo spazio con i segni stessi della costruzione e per la prima volta in architettura conviene parlare di segno anziché di forma. Se l’arte diventerà eclettismo degli stili l’architettura rinuncerà ad essere arte e sarà ingegneria. Con l’Art Nouveau anche la decorazione diventa tensione, elasticità, espressione simbolica di una funzionalità il cui dinamismo è un carattere del mondo moderno. Come nel Gotico, a cui fa riferimento una sola corrente di forza, si dirama in tutte le nervature fino a disperdersi nei mille ricoli di un’ornamentazione ormai integrata nelle strutture. Anche l’impiego del calcestruzzo ha dato luogo a polemiche. Allorché prevale il concetto che il calcestruzzo non debba servire soltanto da sottofondo ma da vero e proprio materiale costruttivo, a cui deve corrispondere una morfologia appropriata, il problema diventa un problema stilistico: la forma architettonica nasce in negativo e si presenta poi come una forma compatta e continua, plasmata. È facile vedere come essa si presti a realizzare i motivi formali tipici dell’Art Nouveau: andamenti lineari e plastici continui, ondulati, sinuosi, slanciati. L'apparato ornamentale si salda alla parata importante, non più masse e volumi, ma superfici e sottili piloni portanti, non più equilibrio di pieni plastici e vuoti prospettici, ma netta prevalenza dei grandi vuoti su esili e nervosi sostegni. Sul finire del secolo diventa d'uso corrente anche il cemento armato adoperato mediante tondini di ferro immersi nell’impasto: non soltanto così si accresce la forza portante del conglomerato, ma si combina la flessibilità lineare del ferro con la modellazione plastica del cemento. Monumento a Balzac, Auguste Rodin, 1891 Impressione di bambino davanti alle cucine economiche, Medardo Rosso, 1892 La scultura non rappresenta l'oggetto, lo riproduce in una materia diversa e lo traspone in una dimensione metafisica. Architettura e pittura hanno mutato in senso moderno i loro procedimenti mentre la scultura si è deteriorata perché non ha saputo staccarsi dalla radice classica. Rodin e Rosso sono due grandi scultori, ma non arrivano a ristrutturare la forma plastica come hai fatto Degas. Li frena l'idea della dignità letteraria della materia e della tecnica statuaria, del monumento in Rodin e dell’anti- monumento in Rosso. Muovendo in direzioni diverse dalla premessa comune hanno cercato di superare la contraddizione tra forma chiusa e spazio aperto aprendo la forma. Rodin oltrepassa l'equilibrio classico in una monumentalità esaltata, pindarica. Fa esplodere la statua in colate di massa liquefatte, sostenute da improvvise, talvolta spasmodiche tensioni lineari; il nucleo plastico impegna lo spazio circostante. Lo sconfinamento diventa sublimazione, più che rifarsi agli impressionisti, esaspera il non- finito michelangiolesco. Ma come si vede nella statua di Balzac, muta piuttosto la concezione del monumento che quella della scultura. Crede ancora che la scultura abbia una missione storica: dare alla città moderna monumenti moderni, ma non esistono i monumenti moderni, la città moderna non è monumentale. Rosso ha invece un incorreggibile gusto dell'aneddoto, del bozzetto. È il suo limite, ma anche la sua salvezza nei confronti del wagnerismo plastico di Rodin. Circoscrive il problema: il frammento di spazi in cui l'oggetto è compreso, ed in cui si sviluppa il moto delle relazioni atmosferiche e luministiche, fa tutt’uno con l'oggetto, deve diventare scultura. Una terza materia fonde ed unifica le due diverse del corpo solido e dello spazio atmosferico. Non è più esclusione e liquefazione del nucleo plastico in uno spazio indeterminato: al contrario, è lo spazio indefinito che, nella vicinanza dell’oggetto, si concreta, si impregna di luce riflessa, assume qualità plastica. I piani del modellato passano dal nucleo figurato a quell’involucro spaziale e viceversa, dalla frattura della forma tradizionale emerge una nuova struttura, comune all’oggetto e allo spazio.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved