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Traduzione Antigone vv. 1-72 e vv. 461-525, Traduzioni di Greco

Un dialogo tra Antigone e Ismene riguardo al decreto di Creonte che vieta la sepoltura di Polinice. Antigone decide di sfidare il decreto e seppellire il fratello, mentre Ismene si oppone per paura delle conseguenze. Il documento contiene la traduzione dei vv. 1-72 e vv. 461-525 dell'opera Antigone di Sofocle.

Tipologia: Traduzioni

2023/2024

In vendita dal 31/01/2024

vittoria.giacobini
vittoria.giacobini 🇮🇹

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Traduzione Antigone vv. 1-72 e vv. 461-525 e più Traduzioni in PDF di Greco solo su Docsity! TRADUZIONE ANTIGONE VV. 1-72 ANTIGONE: “O capo comune, fraterno di Ismene, sai forse quale dei mali, che provengono da Edipo, Zeus non compia per noi due che siamo ancora in vita? Infatti non c’è niente di doloroso, di funesto, di vergognoso e di disonorevole che io non abbia visto tra i mali tuoi e miei. E ora, che cos’è questo bando che dicono che il comandante abbia imposto di nuovo, poco fa, all’intera città? Sai qualcosa dopo averne sentito parlare? O forse ti sfugge che i mali dei nemici si rivolgono contro gli amici?” ISMENE: “Non mi giunse nessuna notizia, né triste né lieta, dei (nostri) cari, o Antigone, da quando entrambe noi fummo private dei due fratelli, uccisi in un solo giorno di reciproca mano; da quando è partito l’esercito degli Argivi in questa notte, non so niente di più che mi possa rendere né più felice né più triste.” ANTIGONE: “Lo sapevo bene e per questo ti ho chiamata fuori dalle porte del palazzo, affinché tu sola ascoltassi.” ISMENE: “Che cosa c’è? Dimostri, infatti, di essere agitata per qualche pensiero.” ANTIGONE: “Infatti, non ha Creonte onorato della tomba uno dei nostri due fratelli e disonorato l’altro? Eteocle, come dicono, avvalendosi nello stesso tempo di un giusto diritto e della legge, lo depose sottoterra in modo che fosse onorato tra i morti dell’Ade (agli occhi dei morti di laggiù), quanto al cadavere di Polinice, miseramente morto, dicono che sia stato intimato ai cittadini che nessuno lo inumi in una tomba né lo compianga, ma che lo lasci illacrimato e insepolto, gradito tesoro per gli uccelli che lo scrutano per la gioia del pasto. Dicono che il buon Creonte abbia ordinato queste cose per te e per me, proprio a me dico, e (dicono che) venga qui per annunciare chiaramente queste cose a coloro che ancora non le sanno e che non la consideri una cosa di poco conto, ma che abbia stabilito la morte per pubblica lapidazione nella città (per colui) che fa qualcosa tra queste. Così stanno per te le cose e ben presto dimostrerai se sei per tua natura nobile o vile, pur di nobile stirpe.” ISMENE: “Ma che cosa potrei fare di più io, se anche cercassi di sciogliere o stringere (qualunque cosa io tentassi di fare), se le cose stanno in questi termini?” ANTIGONE: “Rifletti se vorrai lottare e collaborare.” ISMENE: “A quale pericolosa azione (dovrei prendere parte)? In quale parte della mente ti trovi mai?” ANTIGONE: “Se renderai leggere il morto con questa mano.” ISMENE: “Forse pensi di seppellirlo, sebbene sia vietato alla città?” ANTIGONE: “Sì, è mio e anche tuo fratello, anche se tu non vuoi: infatti, io non mi mostrerò come una traditrice.” ISMENE: “O infelice, pur avendolo Creonte vietato?” ANTIGONE: “Ma non gli è lecito allontanarmi dai miei (cari).” ISMENE: “Ahimè, rifletti, o sorella, come il padre ci morì odioso e infamato, dopo essersi trafitto da solo, di propria mano, entrambi gli occhi in conseguenza degli errori scoperti da sé. E poi la madre e moglie, duplice nome, si tolse la vita con lacci ritorti e come terza (sciagura) uccidendosi i due fratelli l’un l’altro nello stesso giorno, gli infelici si procurarono, l’uno per mano dell’altro, un comune destino. Ora considera, noi due rimaste sole, quanto ancor più miseramente moriremo, se trasgrediremo il decreto o il potere del sovrano con violenza della legge. Ma bisogna tener presente questo, che siamo donne per natura, (tali) da non combattere contro gli uomini; inoltre siamo dominate da (uomini) più forti, cosicché dobbiamo dare ascolto a questi ordini e anche ad ordini più dolorosi di questi. Io, dunque, pregando quelli sotto terra di avere comprensione, poiché sono costretta con la forza a (fare) queste cose, obbedirò a quelli che comandano. Infatti, il fare cose oltre misura non ha alcun senso.” ANTIGONE: “Né io ti spingerei né tu lo faresti insieme a me in modo gradito, anche se in futuro tu decidessi di compiere (l’opera). Ma sii come ti sembra opportuno, io, invece, seppellirò quello: per me è bello morire mentre faccio questo.” VV. 461-525 ANTIGONE: “Se morirò prima del tempo, io dico che questo è un guadagno. Chi, infatti, vive tra molti mali, come me, come fa a non ritenerlo un guadagno se muore? Così, per me ottenere in sorte questo destino è un dolore da nulla, ma se sopportassi come cadavere insepolto colui che è morto (discendente) da mia madre, soffrirei per quei motivi; di questo, invece, non mi affliggo. Ma se ti sembra che adesso io per caso commetta azioni folli, forse sono accusata di follia da un folle.” CORO: “E’ chiaro che il carattere della fanciulla (è) fiero da un padre fiero; non sa sottostare ai mali.” CREONTE: “Ma sappi certamente che i caratteri troppo duri cadono soprattutto e potresti vedere che il ferro più robusto, temprato dal fuoco, indurito, è spezzato e frantumato (rotto in più parti). So che i cavalli, che sono animosi, sono domani con un piccolo freno; infatti, non è possibile insuperbire per colui che è schiavo dei vicini. Ma lei era consapevole di commettere un oltraggio allora, violando le leggi (che sono) imposte; dopo averlo fatto, questa è la seconda colpa, vantarsi di queste cose e ridere dopo averle compiute. Certamente adesso io non (sono) un uomo, ma lei è un uomo, se queste prepotenze resteranno impunite per costei. Ma sia che tu sei (figlia) della sorella sia che sei più familiare di tutto Zeus, protettore del focolare per noi, lei e anche la sorella non sfuggiranno al peggior destino; e, infatti, dunque, io accuso quella di aver deciso ugualmente questa sepoltura. E chiamatela; infatti, l’ho vista dentro poco fa che era in preda alla furia e non padrona della mente. E’ solito che l’animo fraudolento di coloro che nell’ombra non tramano rettamente nulla, si faccia sorprendere prima. Io odio anche quando qualcuno, essendo sorpreso in cose disoneste, voglia poi nobilitarle.” ANTIGONE: “Vuoi qualcosa di più che uccidermi, dopo avermi presa?” CREONTE: “Io non (voglio) niente di più; avendo questo, ho tutto.” ANTIGONE: “Che cosa aspetti allora? Come a me niente delle tue parole è gradito, né possa mai piacermi, così anche a te sono per natura sgradite le mie parole. Eppure come avrei potuto avere onore più illustre che avendo deposto il fratello nella sepoltura? Si potrebbe dire che questo piaccia a tutti costoro se la paura non paralizzasse la lingua. Ma la tirannide è fortunata in molte altre cose e a lei è lecito fare e dire le cose che vuole.” CREONTE: “Tu sola la pensi così tra questi Cadmei.” ANTIGONE: “Lo pensano anche costoro; ma per te si tappano la bocca.” CREONTE: “Tu non ti vergogni se la pensi diversamente da costoro?” ANTIGONE: “Non è una vergogna venerare i consanguinei.” CREONTE: “Non era un consanguineo anche colui che è morto davanti a lui?” ANTIGONE: “Consanguineo nato dalla stessa (madre) e dallo stesso padre.” CREONTE: “Come fai a rendergli un onore empio (all’altro)?” ANTIGONE: “Il (cadavere) morto non affermerà questo.” CREONTE: “E certo tu gli rendi onori alla stregua dell’empio.” ANTIGONE: “Infatti non è morto uno schiavo, ma un fratello.” CREONTE: “Ma distruggendo questa terra; l’altro gli era opposto in difesa (di questa terra).” ANTIGONE: “Ugualmente Ade pretende queste leggi.” CREONTE: “Ma l’uomo onesto non è pari al malvagio nel ricevere (onori).” ANTIGONE: “Chi sa se sotto terra queste (leggi) sono sante?” CREONTE: “Certamente mai, il nemico, neppure quando è morto, è un amico.” ANTIGONE: “Non sono nata per odiare, ma per amare.” CREONTE: “Allora amali, se devi amarli, dopo essere scesa sotto (nel regno dei morti); non una donna mi comanderà finché sono in vita.” VV. 726-780 CREONTE: “Alla mia età davvero dovrò imparare ad essere saggio da un uomo di tale natura?” EMONE: “Nulla che non sia giusto; se io sono giovane, bisogna badare non all’età, ma piuttosto (bisogna badare) maggiormente alle opere.” CREONTE: “Infatti è un’opera onorare i ribelli?” EMONE: “Non potrei chiederti di essere indulgente verso i malvagi.” CREONTE: “Infatti costei non è infetta da un morbo?” EMONE: “Non lo dice tutto il popolo di Tebe.” CREONTE: “La città, infatti, mi dirà come bisogna che io governi?”
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