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Traiano: Foro, Monumenti e Acquedotto - Aspecto Iconico e Storico - Prof. Mastrocinque, Schemi e mappe concettuali di Archeologia

Storia dell'Impero RomanoStoria dell'arte romanaArcheologia ClassicaStoria Romana Tarda

La figura di Traiano attraverso la sua architettura, monete e monumenti, tra cui il Foro di Traiano, l'Odeum e l'Acquedotto Traiano. della rappresentazione di Traiano in veste militare e pacifica, la cronologia delle emissioni monetali e la costruzione di edifici come l'Odeum e l'Acquedotto. una visione dettagliata di come Traiano ha lasciato il suo segno nella Roma antica.

Cosa imparerai

  • Che edifici Traiano è possibile identificare grazie alle monete?
  • Quali edifici Traiano è possibile associare all'Odeum e come si conosce la sua costruzione?
  • Come Traiano è rappresentato nelle monete e come cambia la rappresentazione tra le prime e le ultime emissioni?

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 23/03/2022

agata_rizzi
agata_rizzi 🇮🇹

4.5

(19)

13 documenti

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Scarica Traiano: Foro, Monumenti e Acquedotto - Aspecto Iconico e Storico - Prof. Mastrocinque e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Archeologia solo su Docsity! 39 TRAIANO. COSTRUIRE L’IMPERO, CREARE L’EUROPA. MUSEI DEI FORI IMPERIALI 2017 – 2018 TRAIANUS VS DOMITIANUS. DALLA RAPPRESENTAZIONE DEL POTERE IMPERIALE ALL’USURPAZIONE DEI MONUMENTI PUBBLICI Non è facile analizzare le origini dello schema iconografico in cui il vincitore calpesta la testa o il corpo del vinto come simbolo di Vittoria bellica, ma sappiamo che parte sicuramente dall’antico Egitto, mentre per l'ambiente romano il manufatto più antico è una falera in argento da Kastell Niederbieber pertinente un signum legionario (pg.19) con un principe loricato e con paludamentum, una lancia nella sx, il piede dx posato su un barbaro prigioniero e inginocchiato in mezzo a una panoplia d’armi, non databile, come supposto in passato, al III sec d.C. (non raffigura Salonino, Augusto nel 258 a Colonia, ma forse è un prodotto giulio – claudio dove il particolare taglio di capelli non corrisponde a nessuno schema tipologico noto, forse Caligola, Germanico, Tiberio o un esponente della stessa famiglia. La falera si colloca in quella serie di monumenti che come i cammei non si adeguano al linguaggio di arte statale del principato, con maggiore censura. Nella tarda età flavia, dopo aver accettato il nuovo ordine basato sull’accentramento del potere nelle sue mani, l’imperatore tende a compendiare la sua persona in virtù della natura divina, lo stato e la collettività, diventando simbolo dell’eternità di Roma e dell’impero, da Domiziano si ha un praesens deus, autoproclamato dominus et deus è un Giove in terra e da lui stesso ha ricevuto l’incarico di governare il mondo in sua vece, perciò è ritratto per la 1ª volta su coni monetali in veste militare e incoronato da una Vittoria, appoggiato con la sx a una lancia rovesciata e con un fulmine nella dx (simbolo del potere del padre degli dei) (fg.3 pg.20). In un’emissione del 95 – 96 d.C l’imperatore è rappresentato simbolicamente come vincitore assoluto, protettore dell’impero e salvatore del popolo romano, con il braccio dx teso in avanti, in sella a un cavallo la cui zampa dx poggia sul capo di un barbaro emergente dal e la personificazione del fiume Reno (fg.4 pg.20) (≠ rappresentazione greca a cavallo con colpo inferto da una lancia o spada), una libera riproduzione del equus Domitiani, statua equestre del 90 d.C. nella piazza del foro dopo la vittoria sui Daci. Alcuni sesterzi domizianei mostrano l’imperatore stante, loricato, con il piede appoggiato su un piano rialzato e la personificazione del Reno steso davanti (fg.5 pg.20), scena che Harold Mattingly ha interpretato come la rappresentazione del generale in campo con il Reno sottomesso ai suoi piedi, mentre Paio Strack pensava (sbagliando) che l’imperatore poggiasse direttamente i piedi sul fiume, ma, anche se non è una chiara riproduzione dei conii nei dettagli, sembra in realtà essere dietro il piede, anche perché il Reno sembra essere distaccato, non asservito. Traiano sembra porre una cesura con Domiziano, ricollegandosi idealmente con Augusto, la quale fece riferimento nella costruzione dell’immagine, sia nel rapporto col senato sia nella modestia, nella temperantia e nell’humanitas, ma non vi è nessun tipo di retrocessione sull’aura sacrale nella sua persona, designata da Giove stesso al comando e dandogli una sanctitas ≈ dei. Buona parte dell’impianto figurativo del foro di Traiano parla di vittorie belliche, come le panoplie sui pannelli della facciata della basilica Ulpia, la colonna Traiana e il basamento dell’equus Traiani, le statue dei Daci sugli attici e i vessilli, un repertorio nel foro di Augusto, nel quale le immagini superstiti parlano di sacralità, prosperità e felicità presente, mentre quello di Traiano presenta il mito della aetas aurea ridimensionato perché le prevale il sentimento che solo l’esercito o l’imperatore come capo possano garantire la pace. La cronologia delle emissioni monetali traianee non è affidabile poiché quasi mai poggia sulla tribunicia potestas, che gli imperatori rivestivano ogni anno, quanto sui 6 consolati che rivestì: alcuni bronzi del 101 – 102 e poi nel 107 – 110 d.C. ripetono in funzione 40 di Traiano schema = Domiziano, in veste militare con fulmine nella dx e la lancia nella sx, incoronato dalla vittoria (fg.6 pg.21), mentre un denario del 101, in relazione con il 1° trionfo dacico, lo raffigura in atteggiamento pacato e con il braccio dx sollevato su un cavallo la cui zampa dx poggia sul fianco di un barbaro inginocchiato a implorare (fg.7 pg.21), e, se originale, potrebbe rappresentare la 1ª idea di statua equestre ≈ all’equus Domitiani, scartata poi per un’immagine meno disumana per il gruppo equestre colossale nel foro che, secondo la raffigurazione su aurei e sesterzi del 112 – 114 d.C., sembra far reggere una lancia rovesciata verso il basso con la mano dx, una Vittoria nella sx e nessun barbaro (fg.8 pg.21). In un aureo del 102 l’imperatore in nudità eroica con clamide e lancia nella sx sta ornando un trofeo mentre preme il piede sulla gamba della personificazione della Dacia, volta verso di lui in implorazione (fg.1 pg.22), plateale gesto di sottomissione del paese vinto. Su aurei e sesterzi del 103 – 104 d.C. (fg.11 pg.22) Traiano è in piedi, rivestito di corazza anatomica, mentre schiaccia con il piede una protome della Dacia di cui si vedono solo testa e spalle, più piccole del principe, simbolo di Vittoria atemporale, non legata a un singolo evento storico ma summa di tutte le conquiste daciche. Traiano usurpa la titolarità di Domiziano in una sorta di damnatio memoriae appropriandosi di una serie di monumenti realizzati in tutto o in parte dallo stesso, mostrando un certo interesse per la cura dei monumenti, sebbene sia possibile che una consistente parte della sua attività edilizia fosse il semplice completamento di imprese domizianee, ≈ Adriano con quelle traianee, che gli valsero vari elogi rispetto all’importanza di questi lavori da Plinio il Giovane. Rilevante è che pubblicizzasse i lavori pubblici, da lui considerati basilari per la sua popolarità, sia attraverso la monetazione (che danno testimonianza anche di costruzioni non conservate) sia attraverso le iscrizioni, come i fastii Ostienses, che celebrano le giornate in cui furono dedicati il foro, la basilica Ulpia, la colonna Traiana e il tempio di Venere Genitrice nel foro di Cesare; su alcune emissioni del 106 – 108 d.C. compaiono facciate di templi corinzi ottastili con decorazione figurata nei frontoni e statue acroteriali con porticati ai lati, ma le immagini sono prive di legende esplicative e l’identificazione delle divinità a cui erano dedicati i tempi è oggetto di mera speculazione, ad esempio nella cella di un tempio privo di porticati s8 intravede un divinità seminuda con lungo scettro nella dx e cornucopia nella sx riconosciuta come Honos o il Genius populi Romani (fg.16 pg.25). Monumento di cui si può supporre un’usurpazione, oltre il Colosseo, da parte di Traiano è l’odeum, un edifici coperto destinato a spettacoli musicali, i cui resti sono collocati tra palazzo Braschi e palazzo dei Massimo che ne preserva la curvatura, era collocato e allineato tra lo stadio di Domiziano e il teatro di Pompeo, aveva 10600 loca (posti a sedere calcolati in piedi Romani, quindi per 2-3 spettatori ognuno), e in età tardoantica era considerato una delle 7 meraviglie di Roma: l’assegnazione a Domiziano è documentato da un discreto numero di fonti, costruito per operare alcune delle gare dei Capitalia, feste per Giove Capitolino dell’86 d.C. ogni 4 anni, mentre discussa è il ruolo di Traiano, al cui architetto, Apollodoro di Damasco, Cassio Dione assegna la costruzione di un odeum, forse lo stesso teatro circolare che Pausania inserisce tra le opere attribuite alle opere dell’imperatore Traiano. Si deve supporre o che Traiano avesse completato un lavoro non finito/dettagliato o che avesse proceduto a un restauro dell’edificio, non inverosimile data l’ampiezza della copertura che per cedimenti potrebbe aver richiesto un’integrazione, data la scarsità di fonti che parlano di un odeum assegnato a uno specifico realizzatore o della descrizione di un solo edificio e non 2 di epoche diverse. 43 TRAIANO COSTRUTTORE DI STRADE: LA VIA APPIA E LA VIA TRAIANA La riorganizzazione della rete infrastrutturale della penisola era incentrato sull'asse della via Appia, ammodernando il tratto laziale fra la pianura Pontina e Terracina, progetto già iniziato da Nerva, dettando il percorso tra Benevento e Brindisi con la sottrazione di una variante repubblicana conosciuta come Appia Traianea o tout court; un buon numero di documenti più grafici, miliari soprattutto, e iscrizioni legate opere d'arte connesse al passaggio della strada come ponti e edifici ci permette di avere una puntuale scansione degli interventi che tra Nerva e Traiano segnarono l'ammodernamento della via, collocando alla fine del 97 d.C. i primi lavori di Nerva, proseguiti da Traiano dal 109 nel Forum Appii e Terracina, le prime tratto una serie di miliari mostra la consueta numerazione romana in basso e in alto la distanza al 1° luogo, mentre per tutti viene mostrata la cifra XVIII riferibile alla lunghezza del tratto sottoposto a rifacimento traianeo. Nel 110 terminarono i lavori non solo sulla strada ma anche alle opere a essa relative, con vari edifici adiacenti (come dice anche Cassio Dione). Di difficile collocazione cronologica è la realizzazione della variante costiera di Terracina, con un percorso totalmente pianeggiante attraverso la città bassa e lungo la costa, sbancando le propaggini del Monte Sant’Angelo che cadevano a picco sul mare e ricongiungendosi con la Appia repubblicana 5 miglia oltre la città: il distacco è la roccia venne realizzato ce l’ho aperto grazie a un sistema a cunei metallici e leve, difatti sulla parete sono visibili degli incassi a V dove erano conficcati di staccare singole porzioni di roccia, regolarizzata con scalpello a punta e mazzuolo e rifinita con la sabbia, creando poi la famosa sequenza di iscrizioni verticale, in cui, incorniciate da cartigli a forma di tabula ansata, si portavano le cifre dell’altezza progressiva del taglio cadenza di una ogni 10 piedi romani (0,296 m); il taglio proseguiva a E e W e ai 2 lati sono identificabili altri elementi come un piccolo sacello rupestre a pianta quadrata internamente, inquadrata all’esterno da semicolonne scolpite nel calcare del monte e da un frontoncino. Nel punto di incrocio poi, sul lato sx per chi andava verso Brindisi, si conservano i resti di un’esedra in opera quadrata bugnata su nucleo in cementizio, che segnava un punto di sosta all’incrocio tra le due Appie, elemento di celebrazione del punto finale raggiunto da Traiano nella sua opera di risistemazione. Più di 60 miliari del 109 d.C. ricordano l’imperatore come realizzatore della via tra Benevento e Brindisi con pecunia sua, la via Traiana, una variante della regina viarum (Appia), da quale sfruttava una viabilità precedente con le vie Minucia e Gellia, monumentalizzandone il punto di partenza con l’arco di Benevento e scavallando l’Appennino al Passo di Monte Santa Trinità, scendendo verso Arcae (Troia), Herdoniae (Ordona), Canusia, Bitunti e Egnatia, io scendo anche a risparmiare 28 miglia rispetto all’Appia repubblicana; per essere alcune delle opere d'arte, esempi del grande livello ingegneristico dei progettisti e delle capacità tecniche dei cantieri, tra cui i viadotti sui fiumi Carapelle e Cervaro, il ponte a 5 campate sull’Ofanto e altri Ponti che recavano singoli iscrizioni per dicitura ai miliari e ne ricordavano la costruzione ad opera di Traiano. APOLLODORO E LE TERME DI TRAIANO: L’IDEAZIONE DI NUOVO MODELLO ARCHITETTONICO L’atto di nascita delle terme è conservato nei Fasti Ostiensi con la data di inaugurazione del 22 giugno del 109 al pubblico e nel 117 Cassio Dione ricorda il nome del costruttore, lo stesso architetto di Damasco dell’agorà e dell’odeion di Roma, che realizza il complesso sul colle Oppio, di 35° verso W per assicurare il calore di certi ambienti ≠ dal precedente quartiere Esquilino della Domus aurea (post l'incendio del 64) caratterizzato da un orientamento NS, mentre intorno al perimetro del complesso si manteneva la zona ad W orientata su antico 44 asse stradale e il resto del colle in direzione NS com’è il serbatoio delle Sette Sale neroniane. Sì realizzò una quota unitaria come piano di calpestìo a causa delle variazioni della geomorfologia del terreno, con l'ingresso principale nella parte più a N e più alta del colle verso i quartieri dell’Esquilino e della Suburra, dovendo anche demolire delle strutture come il 2° piano del padiglione della Domus aurea e non essere usato come basamento; il recinto comprendeva un’area di oltre 6 ettari + la superficie degli edifici di servizio e le strutture di collegamento gli altri 4/5 ettari, mentre la planimetria è ricostruibile dai resti monumentali conservati nel parco di Traiano del 1935/36 con un'ampia area verde era cinta da un porticato che circondava su 3 lati il corpo termale. Le 2 esedre a E e W presentavano 2 file sovrapposte di nicchie per armadi con libri e documenti, identificate come biblioteche/archivi e sale da riunioni e letture, dato il ritrovamento di una serie di bassi gradoni e di disegni incisi sugli stessi, mentre quelle sul lato N erano format da 2 strutture concentriche, quella esterna con i servizi igienici, schermati da grandi ninfei monumentali. Dall’ingresso principale si giungeva all’edificio termale vero e proprio con vari ambienti per bagni e cura del corpo: la natatio seguita dal frigidarium (grande basilica centrale) con trepidarium e calidarium e ai lati spogliatoi e palestre. Sul lato M si conserva la grande esedra centrale semicircolare con l’accesso odierno alla Domus Aurea, al fianco una serie di ambienti formano la piattaforma su cui si ergevano le terme, del recinto esterno sono visibili l’esedra SW e quella all’angolo NE, mentre del corpo centrale si conservano altre 2 grandi esedre, una semicircolare e l’altra leggermente curva, pertinenti a una palestra e a un ambiente per essudatio. Nel 1939 alcuni tratti di tubazione in piombo furono rinvenuti all’esterne dell’asse perimetrale, il cui ricco corredo epigrafico citava AQTR come aqua Traiana, ricollegandoli alle Terme, anche se è un unicum dato che sulle fistule acquarie non è mai attestato il nome dell’acquedotto ma solo del proprietario della tubazione, oltre che dei fabbricanti; nessuna cardiologico sostiene però questa ipotesi, in quanto il percorso dalle pendici del Gianicolo dove scende l'acquedotto fino alla cima del colle non garantisce la pressione sufficiente a raggiungere il livello delle terme e il luogo del ritrovamento delle fistule è sul lato S delle terme, più basso del livello del complesso, sembrerebbe provenire dalle terme e non arrivarci. A scopo di rifornimento fu costruito invece il serbatoio natura medioevo come le Sette Sale a NE, quindi luogo opposto delle fistule, per la presenza del terrapieno delle antiche mura serviane, fruttato non solo per rilassarvi la mole della cisterna e sostenere la pressione dell'acqua, ma anche perché su di esso doveva passare il ramo dell'acquedotto che garantiva il rifornimento dell'acqua al serbatoio di circa 6000 metri cubi (6 mln di litri): la costruzione era disposta su 3 livelli, quello inf. con 9 ambienti poggiati sul terreno per sopraelevare il serbatoio al piano sup., formato da 9 ambienti paralleli comunicanti attraverso un sistema di aperture, disposte su assi diagonali per impedire la formazione di correnti o il ristagno dell’acqua, rivestite sulle pareti di laterizio da intonaco idraulico fino all’imposta delle volte a botte, gettate su una doppia centinatura bipedali e bessali; nella terrazza di copertura viene realizzata una domus ad atrio con pavimenti a mosaico e murature in opera mista di tufelli e laterizi, molti con gli stessi bolli presenti nel complesso termale, mentre la parte posteriore ricurva dell’edificio e parte dei lati erano incassati nel terreno, era a vista quella frontale rettilinea con una serie di nicchie rettangolari e semicircolari, nelle quali sup. si aprono dei finestrini per aerazione, in quelle inf. vi erano i condotti per l’uscita dell’acqua. L’AQUA TRAIANA: INFRASTRUTTURA DELLA CITTÀ ANTICA E MODERNA L’acquedotto Traiano – Paolo di proprietà di Roma capitale costruisce un caso assolutamente eccezionale nel novero delle infrastrutture idrauliche della città di Roma, infatti è, con il Vergine, l’unico acquedotto ancora attivo dell’antichità; la collotta viene costruita Traiana per rifornire il trans Transtiberim di acqua potabile sostituzione di quella portata da Augusto del 45 lago di Martignano con la sua Alsietina costruzione è ricordata anche da una moneta di Traiano del 109 d.C. e da 2 cippi di delimitazione che segnavano la linea dell’acquedotto e la fascia di rispetto in cui correva espropriata dell’imperatore di pecunia sua. Il monumento però risulta ancora non totalmente documentato e la Sovrintendenza Capitolina sta cercando di comporre in un programma unitario le operazioni di documentazione studio nel tratto Traiano, difatti è in corso di realizzazione una nuova cartografia reale dell'intera infrastruttura idraulica dalle sorgenti fino alle differenti delle Nazioni urbane, inserita nel sistema GIS: nel 2013 è stata effettuata una prima mappatura degli elementi dell’ elevato, suddivisi in tratti omogenei e collegati ad una struttura di archiviazione di dati storico - archivistici, tecnici e della documentazione grafica e fotografica, che attualmente il progetto tende a integrare questa documentazione con la mappatura di tratti ipogei, captazioni e derivazioni e dei vari manufatti antichi e moderni per realizzare diversi layer posizionati sulla Carta Tecnica vettoriale del Lazio in scala 1:5000, tendo alla fine disporre di una carta tematica relativa alle diverse fasi costruttive, le tecniche edilizie impiegate e, ai fini delle attività istituzionali salvaguardia valorizzazione, delle criticità conservative dei simboli tratti mappati. In base alla nuova cartografia, il percorso dell'acquedotto nasce da varie diramazioni dettati dalla volontà di intercettare le acque sorgive presenti nella zona W, S e E del lago di Bracciano, le più alte all’interno degli comuni di Bracciano e Manziana, dove ricade il ninfeo della Madonna della Fiora e quello di Trevignano Romano, attraversando poi una parte del comune di Roma fino a quello di Anguillara Sabazia e tornando a Roma per attraversare I municipi attuali XV, XIV, XIII, XII e I; il dislivello tra i punti di partenza e di arrivo produceva una forte pressione che lo rendono adatto a fornire energia ad impianti di lavorazione come mulini. Il condotto, scavato tanto a cielo aperto, come mostrato da una scala in laterizio, poi resa inutilizzabile della costruzione della volta ci conservata nella parte finale di uno dei rami delle Sette Botti (fg.2 pg.223), mostra pareti in opera reticolata e/o in opera laterizia ma in diversi settori è adottata una pezzatura a scapoli regolari, di leucitite, la cui contemporaneità con le altre tecniche è evidente anche nella zona delle Sette Botti, dove appare in fase con le ammorsature in laterizio o i pozzi in reticolato; in alcuni punti alla base del condotto sono presenti tratti in blocchi squadrati di tufo o altre pietre più dure (fg.4 pg.223), forse in relazione a punti di captazione per trasudamento di sorgive intercettate lungo lo scavo, che la volta in cementizio, a sezione ogivale, con evidenti facce della centina a palanche, il fondo appare privo di rivestimento e in alcuni tratti del braccio principale e dei rami di adduzione vi è pavimento in laterizio e nei bipedali sono ritrovati bolli dell’officina di Anteros Severianus proprio di età traianea. Grazie alla redazione di nuova cartografia si enumerano molti rami legati alla sistematica captazione delle aree sorgive incontrate, elencando numerose aree di presa lungo il fosso di Grotta Renara, dove si pone il problema dell’inquadramento cronologico di manufatti come le camere del Micciaro o dell’acqua Precilia, o sorgenti nell’area di Vigna Grande e Vigna Orsini, come anche il Fosso della Fiora, dove è stato trovato un ninfeo ritenuto monumentalizzazione celebrativa di 1 dei capita aquae della grande infrastruttura traianea. Non disponiamo di adeguata documentazione archeologica riguardo all’eventuale esistenza di un ramo che attraversando il Tevere rifornisse la città sul lato dx, difatti le fistule trovate una sull’Aventino e una vicino le Terme stesse non accreditano tale ipotesi, anche perché l'ingresso a Roma avveniva sul Gianicolo con una serie di azioni in opera mista conservate ancora lungo la via Aurelia e in prossimità della moderna Villa Pamphili, dove è stata trovata una porzione del tracciato ipogeo. Sotto Onorio, l’acquedotto era ancora al servizio dei mulini del Gianicolo, poi con l’assedio dei Goti nel 537 il rifornimento idrico viene interrotto con il taglio degli acquedotti e il cessato funzionamento dei mulini; a Papa Onorio I si devono i primi restauri per un nuovo mulino sulle mura aureliane, ma il ripristino sistematico si ebbe nel 776 con papa Adriano I con anche
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