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Trascrizione videolezioni psicologia del lavoro, Appunti di Psicologia del Lavoro

Trascrizione videolezioni psicologia del lavoro

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 08/01/2022

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

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Scarica Trascrizione videolezioni psicologia del lavoro e più Appunti in PDF di Psicologia del Lavoro solo su Docsity! Descrizione: le trascrizioni sono complete. AI termine della prima video ho integrato con job analysis e task analysis . Avrei voluto mettere le domande di esame ad ogni fine lezione ma non ho terminato il lavoro. TRASCRIZIONI DI PSICOLOGIA DEL LAVORO LEZIONE 1 CAMPI DI INDAGINE E DI INTERVENTO -DEFINIZIONE DI PSICOLOGIA DEL LAVORO -NOMENCLATURA -CAMPI DI INDAGINE -LIVELLI DI ANALISI E DI INTERVENTO DEFINIZIONE DI PSICOLOGIA DEL LAVORO Quando parliamo di psicologia del lavoro intendiamo l’analisi dei: a) sentimenti b) atteggiamenti c) condotte d) processi cognitivi e) processi socio-psicologici che vengono attivati nelle persone in un determinato contesto organizzativo (Chmiel 1998) Questa definizione è molto ampia che può essere commentata in maniera dettagliata. In generale la psicologia del lavoro si interessa della “persona in situazione” e quindi del lavoratore nel contesto in cui l’attività viene svolta e comprende diverse dimensioni. DIMENSIONI: a) aspetti corporei: fisici b) aspetti cognitivi:sostengono le azioni c) emozioni e sentimenti: d) condizioni ambientali: l’esperienza si realizza in un determinato contesto ambientale con dimensioni di un certo carattere fisico e tecnico e sociale e) significati attribuiti all’esperienza.: i significati che le persone colgono nell'esperienza lavorativa. ATTENZIONE SULLA CONDOTTA E’ attuata su 2 diverse dimensioni: 1) sul lavoratore come parte di un sistema tecnico: il lavoratore va visto nella sula relazione col sistema tecnico che determina il suo posto di lavoro 2) lavoratore come membro di un gruppo sociale e quindi appartenente ad un sistema sociale complessivo che determina il suo ambiente di lavoro Questi 2 poli vanno visti nell’iterazione con il contesto e quindi non in modo separato e vengono poi connessi con le percezioni e le rappresentazioni inteme che il lavoratore si forma nella interazione con il contesto. 1 INTERAZIONE CON IL CONTESTO: si attua in un intervallo temporale molto ampio e si intensifica col tempo. A seconda dell’età e dello sviluppo della carriera in cui si trova la persona ci saranno percezioni diverse e modi diversi di rapportarsi con il lavoro. Bisogna anche considerare il fatto che l'interazione ha un grosso potere di influenzamento su di essa per quanto riguarda il suo assetto personale in quanto determina lo sviluppo e l’esperienza anche in altre sfere della sua vita personale. La psicologia del lavoro tiene conto anche delle conseguenze della interazione lavorativa sulle sfere familiare e personale e viceversa. Un altro aspetto riguarda gli esiti sul benessere psicosociale sia nel suo contesto quotidiano della attività lavorativa sia nelle altre sfere in quanto l'interazione produce conseguenze di natura sociale, economica e culturale nell'ambito dello spazio di vita del lavoratore. Ad esempio per quanto riguarda la famiglia si ha una influenza dovuta ai tempi di lavoro, alla distanza fra la sede e la residenza mentre per quanto riguarda gli aspetti sociali un esempio è il conflitto che nasce per l'acquisizione o la cancellazione di diritti nello statuto, il conflitto fra diversi gruppi di lavoratori etc. C'è anche l'aspetto del benessere collettivo che è fortemente connesso con le attività lavorative. Tale aspetto non riguarda solo la psicologia sociale ma anche altre discipline come la sociologia e la giurisprudenza . FUNZIONI DELLA PSICOLOGIA DEL LAVORO: 1) CONOSCITIVA:Studia come si formano le condotte lavorative nei diversi contesti, sulla base di quali fattori e di quali meccanismi di influenzamento esse si determinano. ( simile 2) APPLICATIVA: il tipo di conoscenze che vengono applicate per la conoscenza “dell’uomo al lavoro” danno la possibilità di essere poi trasformate in progetti di intervento e quindi essere la base di iniziative di cambiamento che hanno lo scopo di rendere più efficace ed efficiente la situazione lavorativa e nello stesso tempo renderla più soddisfacente rispetto alla qualità e alle possibilità di benessere per la persona. 3) EMANCIPATORIA: concerne la possibilità di adattare meglio l’attività del contesto lavorativo alle esigenze personali . Rappresenta una ri-progettazione di forme di interazione sociale più equilibrate. Questo vuol dire rendere più adeguati i contesti e renderli meno minacciosi per l'equilibrio personale. NOMENCLATURA Quando si parla di psicologia del lavoro si trovano nei testi diverse denominazioni perché nel tempo si sono delineati diversi obiettivi riguardanti l’analisi e l'intervento sugli aspetti legati alle condotte lavorative. Ambito di applicazione, conoscenza e intervento sono cambiati nel tempo. 2 FINE ‘800 PRIMI ‘900: PSICOTECNICA: nata con l’idea di mettere le conoscenze tecniche e psicologiche per rendere più adeguati i comportamenti delle persone alle esigenze dell'ambito lavorativo Nello stesso periodo è stato introdotto il termine PSICOLOGIA INDUSTRIALE infatti storicamente ci troviamo nell’epoca delle prime industrie con catene di montaggio ( vedi film di Charlie Chaplin “tempi moderni”) questo sottolinea che il settore in cui si è sviluppata la psicologia del lavoro è quello industriale e che il lavoratore sul quale sono stati fatti inizialmente studi è l'operaio e poi le diverse tipologie di lavoratori nei diversi contesti industriali. Il tipo di denominazione è dipeso anche dai diversi Paesi che se ne sono occupati. PAESI ANGLOSASSONI: essa viene chiamata PSICOLOGIA DELL'OCCUPAZIONE che tende a collocare le analisi della disciplina anche al di fuori dei contesti industriali come il settore terziario. Il termine molto usato è PSICOLOGIA DEL LAVORO che tende a riunire l’oggetto di studio della disciplina ai diversi settori lavorativi. In seguito si è arrivati anche ad utilizzare la denominazione PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI per ampliare il campo di intervento della psicologia negli ambienti di lavoro. Attualmente si è concordi nell'utilizzo di quest'ultima denominazione cioè un pacchetto di oggetti, argomenti e modelli di azione che accomunano sia il lavoro che l’organizzazione. Questo termine è onnicomprensivo e comprende tutti gli elementi possibili per comprendere la condotta del lavoro. Negli USA, tuttavia, attualmente, si preferisce il termine “comportamento organizzativo” intendendo la rilevanza che può avere la dinamica organizzativa per comprendere le risposte dei lavoratori nei vari contesti. ELEMENTI CHIAVE DELLA PSICOLOGIA DEL LAVORO In Europa la psicologia del lavoro viene articolata in 3 grandi categorie tematiche: e 1. nome della posizione. Esempio: addetto alla reception (tutti gli esempi che seguono sono riferiti a questa figura) * 2. scopo della posizione. Esempio: accogliere e assistere i clienti dell'albergo durante la loro permanenza * 3. collocazione gerarchica della posizione, cioè a quale posizione risponde e quali altre posizioni coordina. Esempio: risponde direttamente al direttore dell'albergo e eventuali rapporti con soggetti esterni * 4. mansioni (cioè compiti principali) previsti dalla posizione lavorativa. Esempio: ricevere e registrare prenotazioni usando telefono e computer in modo da poter assegnare camere ai clienti, identificare i clienti esaminando e registrando su computer i dati dei loro documenti di identità, assegnare le camere ai clienti verificando al computer prenotazioni e disponibilità, fatturare il pagamento del soggiorno ai clienti usando computer e stampante, ricevere o verificare il pagamento del soggiorno da parte dei clienti utilizzando il computer e il terminale per la carta di credito, etc. * 5. caratteristiche richieste per svolgere le diverse mansioni, ad esempio in termini di qualifiche, esperienze, conoscenze, capacità, tratti caratteriali Per chi si occupa di orientamento possiamo dire che la job description è un profilo professionale realizzato con riferimento a una azienda specifica. A seconda dei motivi per cui la job description è realizzata possono essere aggiunti altri dati, quali ad esempio: * settore aziendale a cui la posizione appartiene (se le posizioni esistenti nell'impresa sono raggruppate per settori, ad esempio: vendite, amministrazione, etc.) * sede dove viene svolta la posizione (se l'impresa ha più sedi) * data, realizzazione e ultimo aggiornamento della job description * persona (e/o firma della persona) che l'ha approvata e nome, data e firma della persona che ricopre quella posizione 6 e numero di persone in impresa che ricoprono quella posizione (più altri eventuali dati significativi quali ad esempio retribuzione o costo medio di un addetto che ricopre quella posizione) * possibilità e modalità di carriera * abbigliamento specifico o strumenti tecnici utilizzati nelle diverse mansioni. Esempio: computer, cassa, lettore carte di credito, etc. * condizioni di lavoro inclusi possibili rischi. Ad esempio: lavoro non adatto a persone che hanno difficoltà di deambulazione * orario di lavoro * livelli di prestazione minimi o desiderati (ad esempio —addetto alla reception deve essere in grado di assistere efficacemente almeno 2.000 clienti all'anno) e criteri di valutazione (esempio: non più di 5 reclami al mese da parte di clienti, non più di 2 errori di fatturazione al mese, etc.) A cosa serve: la job description è uno degli strumenti per una gestione moderna di organizzazioni di medie e grandi dimensioni. Viene utilizzata per: * la selezione del personale: la job description indica le caratteristiche richieste per svolgere le diverse mansioni, caratteristiche da ricercare nei candidati * la valutazione del personale: la job description indica su quali compiti il dipendente/collaboratore deve essere valutato e quali sono le caratteristiche necessarie per svolgere bene una determinata mansione. Può indicare anche gli standard minimi o ottimali di prestazione. * la formazione del personale: la job description indica quali compiti il dipendente/collaboratore deve essere in grado di svolgere bene e le caratteristiche richieste. Permette così di identificare su quali temi il dipendente/collaboratore debba essere formato nel caso non abbia mai svolto quella determinata mansione o non riesca a svolgerla in maniera ottimale. 2. Job analysis La job description viene realizzata attraverso la job analysis (analisi della posizione), vale a dire una analisi approfondita dei compiti principali (mansioni) propri di una determinata posizione lavorativa. La job analysis può essere condotta utilizzando uno o più dei seguenti sistemi: * intervista con una o più persone che ricoprono la posizione * focus group con persone che ricoprono la posizione * intervista coi superiori persone che ricoprono la posizione * osservazione diretta o videoregistrata della persona che ricopre la posizione * questionari a persone che ricoprono la posizione o ai loro superiori * esame di mansionari, manuali delle procedure, profili professionali, contratti di lavoro e altre fonti scritte Una traccia per l'analisi della posizione può essere la seguente: * quali sono i compiti principali della posizione 7 * quanto tempo richiede ciascuno di essi * qual è la frequenza di ciascuno dei compiti * quali sono i compiti più importanti * quali sono i compiti più difficili * qual è la sequenza delle principali azioni necessarie per svolgere ciascun compito * quali sono i materiali, l'equipaggiamento e/o le attrezzature necessarie per svolgere i diversi compiti * quali sono i risultati tangibili e intangibili di ciascuna delle mansioni elencate * quali sono le responsabilità proprie di ciascuna delle mansioni elencate * a quali altre posizioni risponde, con quali posizioni comunica all’interno dell'impresa e quali posizioni coordina chi ricopre la posizione analizzata * con chi comunica all'esterno dell'impresa * quali possono essere i criteri di valutazione per chi svolge la posizione sotto analisi e come possono essere misurati * quali possono essere le caratteristiche personali ottimali di chi ricopre la posizione sotto esame ad esempio in termini di qualifiche, esperienze, conoscenze, capacità, tratti di personalità. Nella stesura delle job descriptions può inoltre essere utile seguire una traccia di questo tipo: soggetto + verbo d'azione + chi/che cosa + con quali strumenti + a quale scopo Esempio: il receptionist + riceve e registra + prenotazioni + usando telefono e computer + in modo da poter assegnare camere ai clienti Esistono due diversi sistemi per ricavare le caratteristiche personali richieste per lo svolgimento delle diverse mansioni. Nella task-based job analysis prima si elencano tutte le mansioni identificabile attribuendo loro un punteggio sulla base di importanza, frequenza, tempo richiesto e le caratteristiche personali richieste per la posizione vengono poi ricavate sulla base delle mansioni più frequenti e/o importanti. Nella skills-based job analysis le caratteristiche personali vengono invece rilevate immediatamente dall’osservazione del lavoro e classificate sulla base di importanza e/o frequenza. In questo secondo caso le caratteristiche personali vengono in genere scelte da un elenco messo a punto in precedenza che viene utilizzato per tutte le job descriptions messe a punto. 3. Task analysis La task analysis è l'analisi approfondita di una mansione, cioè di uno dei compiti o delle attività svolte in una posizione lavorativa. Per ogni mansione vengono analizzate le attività manuali e mentali necessarie per svolgerla, le diverse le diverse azioni che la compongono, durata, frequenza, condizioni ambientali, attrezzature e vestiario necessario e ogni altro elemento significativo per il suo svolgimento. La task 8 analysis è la base per la realizzazione delle job descriptions, ma può essere realizzata (in questi casi con un approfondimento maggiore) anche per altri scopi, ad esempio: * per ridurre o capire i motivi per cui si è verificato un infortunio * per migliorare le modalità di lavoro * per progettare o modificare un macchinario o un software 4. Profilo professionale Il profilo professionale è una job description decontestualizzata. La job description cioè viene realizzata con riferimento a una determinata impresa, mentre il profilo professionale costituisce un profilo ideale e generico di una determinata posizione lavorativa diffusa nel mondo produttivo. La precisazione ‘diffusa’ è necessaria perché è possibile mettere a punto profili professionali solo quando una posizione lavorativa con caratteristiche simili esiste in un numero significativo di imprese. Il continuo cambiamento del mondo produttivo porta un costante oblio/creazione/trasformazione di profili professionali. Una raccolta di profili professionali viene chiamata repertorio professionale. Un elenco dei principali repertori professionali è riportato in Evangelista 2005. | profili professionali servono soprattutto: * per l'orientamento. L'operatore di orientamento invita i propri clienti a leggere profili professionali quando è necessario far loro approfondire la conoscenza del mondo delle professioni. * per mettere a punto corsi di formazione. Bibliografia * Evangelista L. (2005) Profili e repertori professionali. Dove trovarli su internet. Note: Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore © Leonardo Evangelista (www.leonardoevangelista.it). LEZIONE 2 VALORI E SIGNIFICATI DEL LAVORO con i colleghi, con i superiori. 5) Funzioni di ordine psicodinamico ed evolutivo ( Erikson) : il lavoro ha funzione di mturazione della persona , in particolare riguardo ad alcune dimensioni come la concretezza , l’attenzione al risultato e mantenimento degli impegni ( definiscono la capacità realizzativa della persona ovvero maturazione di elementi di personalità ). LA SINTESI DI SHIMMING Ella ci propone una sintesi interessante. Dimostra che i significati del lavoro si riassumono nelle seguenti proposizioni: a) Il lavoro è una attività dotata di scopi b) quindi rappresenta sostanzialmente uno strumento per raggiungere questi scopi. La nozione di strumento assegna al lavoro un significato positivo. c) Richiede energie diverse: ha un costo sia cognitivo che fisico. E’ implicita nella definizione di lavoro un costo. Se questo costo supera le energie della persona si pone il problema di comprendere la scarsa qualità lavorativa che ne deriva. d) Presenta caratteristiche di obbligo e costrittività. Esistono comunque dei fattori di differenziazione forte a seconda dei contesti. e) Prevede un riconoscimento sociale. In funzione della storia e della società esiste una certa variabilità nei riguardi di questo riconoscimento. f) Presenza una variabilità di significati e di legittimazione sociale ( conseguenza del punto precedente). g) Prevede prese di posizione e giudizi diversi e contrastanti derivanti da diversi approcci all'esistenza e quindi da diverse ideologie e filosofie di vita. Persone diverse possono attribuire valori diversi e quindi il lavoro può essere considerato avere un valore polisemico. RAPPRESENTAZIONI SOCIALI E ATTEGGIAMENTI DEL LAVORO Una riflessione sui significati del lavoro porta ad analizzare come nel contesto in cui vivono le persone esistano delle diverse rappresentazioni sociali del lavoro cioè idee sul lavoro che orientano le scelte e le preferenze delle persone. Queste rappresentazioni sociali sono la ricostruzione semplificata dei significati del lavoro che le persone utilizzano un dizionario concreto che aiuta a denominare le esperienze. 12 In questo modo possono cogliere anche le differenze fra lavoro e lavoro come fra “bad jobs” (lavori cattivi) e “good jobs” ( lavori buoni) . In questo modo possiamo avere un metro per misurare quanto un lavoro sia cattivo o buono ed anche orientare la condotta verso delle possibilità di miglioramento della nostra esperienza. Ritroviamo quindi il concetto importante di ATTEGGIAMENTO verso il lavoro inteso come orientamento generale . Le risposte di atteggiamento sono conseguenza delle rappresentazioni sociali del lavoro. La nozione di atteggiamento ha una maggiore specificità rispetto a quella di rappresentazioni sociali perché ci permette di entrare nel contesto concreto della persona. Coglie le dimensioni che hanno per la persona che hanno sia una forza di attrazione che di repulsione. Ad es. : “nel mio lavoro non mi piace l’orario, i turni, il ricavo “. Gli atteggiamenti verso ciò che è concretamente ci riposano ad una rappresentazione complessiva di ciò che dovrebbe essere il lavoro ( rappresentazione sociale). E' importante studiare gli atteggiamenti verso il lavoro perché sono molto sensibili al cambiamento (c’è una certa variabilità anche dovuta a come si modificano le esperienze lavorative) . Ci possono essere atteggiamenti di preoccupazione e rifiuto all’inizio ma man mano che l’esperienza si costruisce la persona comprende gli elementi importanti e secondari della sua esperienza e cambia i suoi atteggiamenti. Essi ci permettono di comprendere come viene modulata l’esperienza lavorativa dalla fase pre-lavoro a quella della maturazione lavorativa , l’ esperienze diretta del lavoratore, l’appartenenza ad un gruppo. Tutti fattori che contribuiscono a costruire un atteggiamento positivo negativo o indifferente rispetto al lavoro. Dobbiamo avere la costanza e l’attenzione di scendere più nel dettaglio ( in concreto) dell'esperienza lavorativa e quindi: 1) considerare come sono fatte le rappresentazioni sociali in un determinato contesto 2) Osservare gli atteggiamenti concreti che le persone hanno verso certe dimensioni del lavoro ( durata, orario di lavoro, i compiti assegnati, la retribuzione) . In questo modo possiamo riconoscere anche gli aspetti emotivo- affettivi i\VORK MOODS WORK MOODS La componente emozionale è una componente degli atteggiamenti ma qui può essere evidenziata ulteriormente. Gli stati d'animo e reazioni affettive esprimono “l’altra faccia” dell'esperienza soggettiva. L'esperienza del lavoro ha in sé queste dimensioni che sono non solo poco osservate dallo psicologo ma sono spesso negate dalla stessa persona infatti vi è uno stile di condotta che tende ad isolare la componente cognitiva dalla componente emozionale. Anche se lo stile è di privatizzazione di queste componenti esse hanno una grande importanza perché costituiscono un fattore di influenza sulla nostra esperienza con effetti a breve e a lungo termine. Ad esempio, vivere una condizione emotiva di benessere o di euforia permette di cogliere più facilmente gli aspetti positivi della propria esperienza . Le informazioni vengono processate e tradotte in 13 comportamenti più ottimali. Se invece siamo depressi frustrati e malinconici anche le normali prestazioni risultano condizionate. La qualità della vita lavorativa ed il benessere della persona sono collegati e questo aspetto è da tenere in considerazione quando le persone vivono in condizioni più o meno stressanti. Oltre ad avere competenze cognitive è importante sviluppare competenze di gestione delle emozioni in ambito di attività lavorativa . Per sintetizzare gli elementi complessivi ci facciamo la seguente domanda: è possibile modificare il complesso di valori e significati che abbiamo definito in questa lezione ? Non è semplice cambiare atteggiamenti, rappresentazioni e valori ma è necessario impegnarvisi per poter modificare le condotte in modo da ottenere una maggiore qualità del lavoro. Quindi è compito degli psicologi diagnosticare le caratteristiche del lavoro per poi pianificare degli interventi per il miglioramento dell'esperienza delle persone. Abbiamo degli ambiti di intervento come: 1) Ambiente di socializzazione, di valori, di punti di vista e di atteggiamenti 2) Importante è l’inizio dell'esperienza di lavoro dove si può lavorare sul rafforzamento delle linee guida valoriali della persona ma anche sullo sviluppo, il potenziamento e il cambiamento di sue alcune dimensioni valoriali . Si può intervenire anche correggendo o bloccando alcuni atteggiamenti disfunzionali in relazione all’attività lavorativa. 3) Tattiche di socializzazione organizzativa : gruppi di riferimento e sistemi di comunicazione/informazione. DOMANDE: 1) Valori del lavoro LEZIONE 3 LA SOCIALIZZAZIONE LAVORATIVA -DEFINIZIONE: socializzazione lavorativa -FASE PRE-LAVORATIVA -L'INGRESSO AL LAVORO COME PROTOTIPO DI SOCIALIZZAZIONE -ESITI DEL PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE LAVORATIVA L'obiettivo didattico è conoscere gli ambiti di applicazione e di studio della nozione di socializzazione lavorativa per far emergere il processo e gli esiti di tale socializzazione SOCIALIZZAZIONE LAVORATIVA E' un lungo processo complesso di acquisizione di conoscenze, capacità, atteggiamenti, valori adatti ad affrontare la vita lavorativa ( compiti, relazioni, progetti, risultati...) . E' un apprendimento sociale. Questo processo è rappresentato come un processo di interazione fra la persona e il contesto di lavoro. Molti studi hanno cercato di enucleare diverse fasi di questo processo individuando alcuni momenti cruciali dell'esperienza soggettiva. Le fasi sono: a) di socializzazione pre-lavorativa b) di ingresso o primo impatto con l’organizzazione c) di stabilizzazione o mantenimento 14 d) di uscita La socializzazione al lavoro viene considerata non solo dal punto di vista dell’osservazione di fenomeni ma anche da un punto di vista concettuale ( frame concettuale) per poter elaborare dei modelli di storia lavorativa ossia il percorso evolutivo che ogni persona fa in relazione al lavoro. Questo per identificare punti critici su cui intervenire con sostegno e facilitazione dell'esperienza. Questo concetto ha una notevole rilevanza pratica e molti professionisti utilizzano termini diversi in relazione alle diverse fasi. Quindi si parla di: 1) socializzazione al lavoro riferendosi alla fase pre-lavorativa e quindi ai cambiamenti ed apprendimenti che precedono l’ingresso nel mondo del lavoro. 2) socializzazione lavorativa 0 socializzazione occupazionale: quando si presta più attenzione allo scorrere delle esperienze lavorative 3) socializzazione organizzativa quando si vogliono sottolineare i cambiamenti che avvengono nella persona nelle sue relazioni sociali quando si trovano all’interno di un’organizzazione. AI di là delle denominazioni questo insieme di studi e modelli concettuali etichettati come socializzazione lavorativa ed occupazionale ha molti ambiti di applicazione come: a) l'orientamento pre-lavorativo: che riguarda anche la stimolazione dell'inserimento della persona nell'ambiente di lavoro b) passaggio scuola-lavoro: riconoscimento delle criticità che si manifestano nel passaggio dalla fase pre-lavorativa a quella dell'ingresso nel mondo del lavoro con particolare riguardo al modo con cui si definiscono sia le scelte scolastiche che quelle professionali. c) scelte scolastico-professionali d) primi incontri con il mondo lavorativo ( stage , tirocini, etc formalizzati o no) e) l'effettivo ingresso al lavoro che consiste nel trovare una posizione appropriata alla persona f) contratto psicologico fra persona e organizzazione lavorativa legata alle attese reciproche fra persone che lavorano nel contesto lavorativo. g) diversità delle strategie di adattamento personale ed inserimento lavorativo h) Il percorso di carriera: diagnosi delle potenzialità delle persone, si analizzano possibili cambiamenti che definiscono le opportunità ( sia contingenti che programmate) che si verificano nel corso dell'esperienza lavorativa, possibilità di mobilità verticale ed orizzontale ( presenti sia in contati di flessibilità che di stabilità lavorativa). In questo ambito viene impostato un programma di counseling per la gestione delle carriere. La conoscenza dei processi di socializzazione è molto importante per articolare e progettare diagnosi ed interventi in relazione ai punti suddetti. La diagnosi delle potenzialità e delle capacità è fatta anche in base all’analisi dell’esperienza lavorativa della persona durante la quale essa ha avuto la possibilità di acquisire competenze aggiuntive rispetto a quelle presenti al momento del suo ingresso ( ad esempio titoli di studio) . In generale sapere come si realizzano i cambiamenti durante l’esperienza lavorativa e conoscere gli effetti che il lavoro ha sulle persone rappresenta un 15 elemento per progettare un miglioramento della partecipazione alla vita sociale lavorativa e quindi dell'ambiente dove la persona può realizzare meglio le sue aspettative. AMBITI DI RICERCA CORRISPONDENTI AGLI AMBITI DI APPLICAZIONE Possiamo distinguere fra diversi settori di studio: 1) Cambiamenti prodotti dal lavoro sulle persone: sulle motivazioni, sulle aspirazioni e le conoscenze delle persone. 2) Cambiamenti di atteggiamenti verso il lavoro: che possono essere più o meno positivi 3) Cambiamenti riguardanti il significato che ha il lavoro per la persona che un certo gruppo sociale presenza organizzativa. Bisogna accogliere delle alternative atipiche. Bisogna quindi considerare l'ingresso lavorativo come una negoziazione fra l’organizzazione e la persona in ingresso. ( l’organizzazione avanza delle richieste che possono essere discusse dalla persona stessa). Sarebbe auspicabile approfondire in modo empirico questo aspetto e capire di quali risorse hanno bisogno le persone per compiere il processo di socializzazione . 18 ESITI DELLA SOCIALIZZAZIONE Per capire se la socializzazione ha avuto dei buoni esiti possiamo usare degli indicatori che sono utili sia dal punto di vista della conoscenza che dal punto di vista di interventi possibili ( sostegno) . ESITI 1) TRAIETTORIA CARATTERISTICA o traiettoria di carriera ( forme/ caratteristiche) : può essere di tipo lineare ascendente il che significa che nel corso della sua esperienza la persona ha una crescita sia soggettiva, sia professionale, sia di posizione ( ad esempio promozioni). E' segnale di un buon andamento di socializzazione anche sul piano di modesto contesto organizzativo. E” una traiettoria di riuscita sia soggettiva che oggettiva. 2) BENESSERE PSICOLOGICO: qualità dell'esperienza soggettiva. Gli indicatori possono essere, ad esempio la soddisfazione e il bilancio dei costi complessivi dell’investimento lavorativo 3) CAPACITA’ DI PRESTAZIONE: in una forma ottimale il processo di socializzazione è congruente con le competenze professionali. Se il tempo passa e il livello di capacità non cresce vuol dire che ci sono stati problemi nel processo di socializzazione ( criticità nell'esperienza aggettiva) 4) IMPEGNO E CONTINUITA DELL’APPRENDIMENTO: soprattutto sull’impegno nell’apprendimento da parte della persona. La domanda è: nell’esperienza che si sta facendo, ci sono opportunità di apprendimento? Ambienti non favorevoli per l'apprendimento sono poco favorevoli anche per quanto riguarda il processo di socializzazione. 5) IDENTITA’ PERSONALE E SOCIALE: è un punto chiave del processo di socializzazione perché una persona, nel corso della sua esperienza può confermare, modificare o migliorare la sua identità personale e sociale ( intesa come senso di appartenenza della persona ad un gruppo che gli fornisce degli ancoraggi nel modo di giudicare sé , gli altri e i propri progetti). Una non buona socializzazione si evidenzia quando la sua identità non è ben connessa con il percorso lavorativo della persona . 6) INTERAZIONI SOCIALI: è importante la costruzione con gli altri del senso da attribuire all'esperienza di lavoro e quindi buone interazioni sociali sono indicatrici di buona socializzazione. L'esperienza del lavorare è un segnale di come una persona gestisce la sua interazione con l’organizzazione. E’ importante comprendere quale dei 2 poli ( persona o organizzazione) sovrasta l’altro o se ci sono degli equilibri fra i 2 attori in gioco. La persona deve essere messa in condizione di gestire i cambiamenti anche nel caso della imprevedibili. Studiare la socializzazione lavoro vuol dire anche considerare le differenze sociali nel gestire le modalità di socializzazione che derivano dalle esperienze psicosociali e sociali che la persona ha avuto prima dell'ingresso nel mondo del lavoro. INTERVENTI: potenziamento delle capacità di gestione dei cambiamenti o transizioni lavorative. 19 Nella valutazione degli esiti dobbiamo introdurre anche le opportunità di potenziamento che sono state date alla persona per il suo sviluppo sia a livello personale che organizzativo. DOMANDE: 1) La socializzazione lavorativa 2) Il modello di Nicholson 3) Gli esiti della socializzazione. LEZIONE 4 MOTIVAZIONE AL LAVORO - LE VARIABILI OGGETTIVE INDIVIDUALI - LA MOTIVAZIONE AL LAVORO: TEORIE - INDICAZIONI PER SOSTENERE LA MOTIVAZIONE AL LAVORO SCOPO: comprendere i motivi per cui alcune persone si impegnano nel lavoro ed altre invece no. LE VARIABILI OGGETTIVE INDIVIDUALI Cerchiamo di costruire una mappa delle variabili che interagiscono ed influenzano il comportamento. VARIABILI SOGGETTIVE: 1) Abilità personali come abilità fisiche e psicomotorie 2) Abilità cognitive generali che dipendono dal tipo di lavoro che possono essere abilità cognitive e percettive oppure alla memoria 3) Caratteristiche di personalità: ad esempio essere coscienzioso oppure avere molta energia influenza positivamente l’attività lavorativa. 4) Motivazioni: forze che sostengono l’individuo nella sua attività. Possiamo quindi parlare di motivazioni al lavoro . DEFINIZIONE DI MOTIVAZIONE: COMPLESSO PROCESSO DI FORZE CHE ATTIVANO, DIRIGONO E SOSTENGONO IL COMPORTAMENTO LAVORATIVO NEL CORSO DEL TEMPO, Questa definizione parla di forze ma utilizza 3 verbi: a) ATTIVARE: mette in campo energie in modo che si cominci a prepararci al comportamento b) DIRIGERE: una volta attivato il comportamento deve essere diretto c) SOSTENERE : persistere e cioè mantenere le forze che sostengono . Sappiamo che alle volte investiamo energia, prendiamo una direzione comportamentale ma che poi il comportamento si fiacca TEORIE DELLA MOTIVAZIONE 20 CLASSIFICAZIONE DELLE TEORIE Dalla classificazione di Kanfer ( 1990) è possibile in tre diversi approcci: 1) APPROCCIO BISOGNO-MOTIVI-VALORI secondo questi teorici la motivazione dipende da alcune caratteristiche degli individui 2) APPROCCIO DELLA SCELTA COGNITIVA: abbiamo una serie di teorie che ritengono che la motivazione dipenda da alcune dimensioni razionale ed elementi di calcolo che la persona fa in modo tale che egli valuti se convenga o no investire energia sul lavoro. Siamo sempre su dimensioni di carattere individuale ma più rapportate con quello che accade nell'ambiente. 3) APPROCCIO DELL’AUTOREGOLAZIONE: non si considera un uomo semplice tutto centrato sui suoi bisogni , che calcola se sia il caso o no di fare qualcosa ma abbiamo un uomo complesso che legge il contesto definendo quale sia la sua relazione con esso . In questo caso la motivazione assume un carattere molto più complesso. 1) Cominciamo con l'approccio BISOGNO-MOTIVI-VALORI e all’interno di esso individuiamo quelle teorie che si basano sulla soddisfazione dei bisogni: l'individuo lavora per soddisfare alcuni suoi bisogni. Le teorie di riferimento sono quelle di MASLOW, ALDERFER, HERZEBERG, MCCLELLAND ; ci soffermeremo su Maslow e McClelland. Sempre in questo approccio abbiamo un'altra serie di teorie che hanno un orientamento centrato sulla giustizia e sull’equità ( teoria dell'equità di Adams) . TEORIA DELLO SVILUPPO SEQUENZIALE DI MASLOW (1954) ( rappresentante della psicologia umanistica) E' una teoria molto nota: ESSA PROPONE 5 CATEGORIE DI BISOGNI IN RAPPORTO GERARCHICO. LA PURMMIDE DEI SNO LARA AI MASSLOA 1954} L'essere umano nella vita cerca di soddisfare dei bisogni che sono in sequenza: a) BISOGNI FISIOLOGICI: strettamente legati alla sopravvivenza, ad esempio cercherà lavoro. Una volta soddisfatti questi cerca di soddisfare b) BISOGNI DI SICUREZZA: riecerca di stabilità ( ad esempio cerca di stabilizzare il lavoro) c) BISOGNI DI APPARTENENZA : ad esempio ad un gruppo lavorativo. Identità sociale. d) BISOGNI DI AFFETTO E DI STIMA: la persona, nel lavoro ci tiene ad esprimere una sua identità ( personale) e possa riconoscersi 21 e) BISOGNI DI AUTOREALIZZAZIONE : vogliamo che le potenzialità che pensiamo di avere possano concretizzarsi . Il modello è di sviluppo sequenziale gerarchico nel senso che si passa al soddisfacimento di un bisogno di livello superiore se e solo se sono stati soddisfatti bisogni che appartengono ai livelli inferiori. Una volta soddisfatti i bisogni di ordine inferiore emergeranno automaticamente i bisogni di ordine superiore. Questa teoria è molto semplice e forse è per questo che ha avuto molto successo. CONSIDERAZIONI: se un’organizzazione dovesse aderire a questa teoria dovrebbe cercare di comprendere quali sono i bisogni che i lavoratori cercano di soddisfare attraverso il lavoro e quindi dovrebbe creare le condizioni per farlo. Pensiamo ai bisogni di auto-realizzazione che riguardano la concretizzazione delle proprie potenzialità: l'azienda dovrebbe comprendere quali sono le aree di competenza in cui il lavoratore ha la possibilità di dare il meglio di sé e stabilire una connessione fra condotte lavorative da privilegiare e bisogni da soddisfare. Questa teoria può essere interessante e stimolante ma ha dei LIMITI 1) BASSO LIVELLO DI SOSTEGNO EMPIRICO: è molto difficile misurare le variabili per verificatele ipotesi 2) CONSIDERA I BISOGNI DEGLI ESSERI UMANI IDENTICI IN TUTTI 1 CONTESTI CULTURALI (ipotesi errata): l’esperienza della vita ci insegna che non è così 3) NON PREVEDE VARIAZIONI DEI BISOGNI NEL CORSO DELLA VITA: l'uomo è visto abbastanza stabile, non subisce cambiamenti nel corso della vita. L'esperienza ci dice, anche perché viviamo più a lungo, che nel corso della vita i bisogni della vita mutano in maniera significativa. 4) CENTRATURA COMPLETA DELLA MOTIVAZIONE ALL’INTERNO DELL’INDIVIDUO ( questo limite vale anche per altre teorie). TEORIA DI MCCLELLAND ( 1953) Simile per certi versi ma molto differente per altri. | BISOGNI PRINCIPALI SONO 3: 1) BISOGNO DI SUCCESSO: è un bisogno acquisito, non innato. E’ il bisogno di fare le cose nel modo migliore , di conseguire risultati sempre più avanzati, di misurarsi con situazioni di complessità crescente , di competere secondo uno standard di eccellenza. Ad es. ci sono persone molto sostenute dal bisogno di successo che si trovano bene in qualunque lavoro perché per loro è importante riuscire bene, dimostrare di essere bravi, avere una inclinazione verso l’eccellenza. Invece ci sono persone meno sorrette da questo bisogno che in alcune situazioni lavorative trovano grande difficoltà. obiettivi generici. lasciare alle persone l'autonomia di organizzarsi non sul singolo compito ma sull’obiettivo specifico è auspicabile HP: perché la determinazione degli obiettivi eserciti un’influenza sulla prestazione sono necessari frequenti feedback . L'autore di questa teoria afferma che se i capi sono costretti a fare frequenti feedback sui dipendenti allora potranno comunicare anche fra di loro e quindi il feedback è importante anche per monitorare il conseguimento degli obiettivi. Hp: il processo funziona meglio se le persona sono coinvolte nella definizione degli obiettivi e quindi possono partecipare. Tuttavia la ricerca dimostra che non è questo l’elemento determinante ma è ‘aspettativa del successo dell’obiettivo ed il valore attribuito a tale successo. Questo discorso è molto presente nelle aziende se si pensa che una parte della retribuzione è di base ed un’altra è relativa al conseguimento degli obiettivi . Bisogna comprendere bene qual è il valore del conseguimento degli obiettivi sia dal punto di vista razionale ( teoria della scelta cognitiva), sia dal punto di vista delle motivazioni intere ( bisogni individuali) . Con il modello dell’autoregolazione si ha un salto di qualità perché non c’è più la centratura sull’individuo né sui suoi processi razionali cognitivi ma abbiamo una grande capacità dell'individuo di leggere il contesto ed autoregolarsi in funzione del contesto . Abbiamo un individuo che valuta, comprende, conosce sè stesso e decide se è il caso di impegnarsi o no in una attività per raggiungere degli obiettivi. Le persone si impegnano 25 anche in compiti che non li interessano molto purché siano chiari gli obiettivi, quali sono le risorse che devono impiegare, gli obiettivi devono essere un po’ sfidanti per avere un po' di gusto e poi devono conoscere le conseguenze del raggiungerli. PRAGMATICA AL CONTRARIO 10 SEMPLICI REGOLE PER DEMOTIVARE CHI LAVORA NELLE ORGANIZZAZIONI ( INDICAZIONI PER SOSTENERE LA MOTIVAZIONE AL LAVORO) 1) Non fomire una visione che dia senso all'operato individuale o collettivo: le persone vogliono capire qual’è il contributo che danno in una operazione più vasta. DEVONO comprendere e quindi poi attivarsi. 2) Individuare obiettivi ripetitivi e privi di interesse e di sfida. Gli uomini amano mettersi alla prova e quindi questa definizione di sfida è importante non solo per lavori di alto livello . 3) Incrementare il sentimento di non equità : dove la dimensione dell’ingiustizia raggiunge livelli alti si raggiunge una grande demotivazione. E' una dimensione interculturale. 4) Disconoscere i bisogni di riconoscimento ovvero considerare una persona come un numero. Una persona è riconosciuta quando è considerata esistente e si sa che c'è e ciò che fa. Si può anche dare un giudizio sulla prestazione ( o una parte di essa) e non sulla persona questo in genere viene accettato perché quello che non si riesce ad accettare è di essere ignorati. 5) Non valorizzare le differenze e scoraggiare gli apporti creativi: le organizzazioni hanno anche bisogno di omogeneità nel senso che non sarebbero in grado di trattare individualità esasperate e quindi tendono ad avere criteri di selezione per cui vengono assunti certi tipi di profilo piuttosto che altri. Per contro le organizzazioni hanno anche bisogno di diversità che è un elemento che ci assicura una visione differente della realtà . Quindi sono importanti le differenze di pensiero che si riferiscono a situazioni specifiche della realtà lavorativa come ad esempio quella relativa alle strategie di marketing . Le organizzazioni che non valorizzano le differenze e la creatività nel futuro avranno bisogno di apporti esterni. A livello globale abbiamo il problema che in una stessa azienda possono lavorare persone di culture molto diverse. 6) Decretare il trionfo del fare sul pensare: antica dicotomia ancora presente nelle organizzazioni. Abbiamo bisogno di operatività pensata 7) Far prevalere la logica e la prassi dell’editto su quella dell’ascolto: qui gli psicologi sono considerati troppo attenti alla dimensione dell’ascolto che qui è volta a_ rilevare segnali, anche deboli, che possano apportare miglioramento all’organizzazione. 8) Far prevalere una autorità inibitoria anziché promotrice: elemento importante per comprendere la leadership. C'è una autorità che inibisce e controlla ed una che promuove e questo è molto importante per alcune persone. 9) Valorizzare la razionalità a scapito delle emozioni : dobbiamo ricomporre l’unità cognitivo- emotiva e dare molta importanza alle dimensioni emozionali che colorano la vita lavorativa. 26 10) Affrontare problemi nuovi con categorie del passato. DOMANDE: 1) definire la molteplicità di approcci alla motivazione 2) teoria della scelta cognitiva: goal setting 3) teoria dell'equità di Addams 4) modello motivazionale di Vroom LEZIONE 5 RUOLO E LEADERSHIP NEL GRUPPO DI LAVORO - DEFINIZIONE DI RUOLO - DEFINIZIONE DI POTERE - LEADERSHIP E GRUPPO DI LAVORO - TEORIE DELL LEADERSHIP - IL LAVORO DEL LEADER DEFINIZIONE DI RUOLO Insieme dei comportamenti che caratterizzano la posizione di una persona nei contesti di lavoro. Ma anche: l’insieme delle aspettative che la persona stessa e gli altri soggetti che interagiscono nell'ambiente hanno nei confronti di chi occupa una specifica posizione. Ad esempio lo studente si aspetta che l'insegnante universitario soddisfi certe aspettative e questo vale anche per una persona che abbia un determinato ruolo in un’organizzazione. PRINCIPI DI CARATTERE GENERALE 1) Il ruolo esiste solo perché esistono altri ruoli ( il ruolo di maestro esiste perché esiste il ruolo di alunno, il ruolo di marito perché esiste il ruolo di moglie etc..) 2) Ogni ruolo è determinato da confini: ogni ruolo ha un suo territorio che ha un confine. Può accadere che nell’esercizio di un ruolo A ci sia uno sconfinamento in un ruolo B che determinerà una reazione da parte del titolare del ruolo B che potrà accettare o respingere l’invasore. Nel primo caso il titolare del ruolo A avrà allargato i confini del suo ruolo. Nella natura dei ruoli ci sono problematiche di relazione che possono manifestarsi anche con conflitti 3) Il ruolo è contraddistinto da vincoli esterni e vincoli interni: non esiste nessun ruolo che non abbia vincoli. Esteri: leggi, norme, istituzioni . Intemi: ad esempio una persona che non sappia usare il suo repertorio emozionale e si trovi in un ruolo che abbisogna di capacità relazionali . 4) Ogni ruolo ha una dimensione di prescrizione ed una soggettiva. Di prescrizione: ogni ruolo deve avvenire all’interno di regole stabilite. Ad esempio se devo fare una lezione devo stare nei tempi e non debbo andare troppo fuori tema. Soggettiva e personale: ogni ruolo ha lo stesso contenuto ma poi viene esplicitato, messo in atto, in maniera diversa a seconda di chi lo esercita. ogni ruolo si gioca Le risorse possono essere distinte in : (LT) CIR a) Esterne: tecnologiche, finanziarie, risorse e umane ( relazioni con altri soggetti che portano competenze) 27 b) Interne AI vertice del triangolo abbiamo messo il potere che vedremo dopo. Ogni ruolo soggiace ad una duplice valenza di valutazione : valutazione esterna ( degli altri che osservano l'esercizio del ruolo) e valutazione interna ( di come percepisce il suo operato colui che esercita il ruolo) molto importante per l'esercizio successivo . | ruoli si muovono su due dimensioni: 1) la dimensione di ciò che è prescritto 2) la dimensione di ciò che è discrezionale Questi sono due poli sui quali si possono giocare molte soluzioni alternative: ad esempio quando si sente dire: “no le mani legate, le regole non me lo permettono”, si è spostati molto verso il polo prescrittivi. Noi sappiamo che ogni ruolo, per modesto che sia, contiene un ambito discrezionale e nello nello spazio fra ambito prescrittivo e ambito discrezionale si gioca l'esercizio del ruolo e la stessa evoluzione dell’organizzazione. POTERE DEFINIZIONE Abilità nell’influenzare la condotta degli altri e a resistere alla influenza indesiderata messa in atto nei propri confronti. ( definizione antica) Adesso consideriamo una definizione di potere riferita ai ruoli e consideriamo una vecchia classificazione. FONTI E TIPI DI POTERE ( French, Raven 1959) Ogni ruolo ha una sua dose di potere: 1) POTERE DI POSIZIONE : deriva alla persona per il fatto di occupare una certa posizione all’interno dell’organizzazione ed è sempre qualcuno che ce lo conferisce. In alcuni casi è formalizzato ( ad esempio in determinate posizioni si possono firmare certi atti in altre no) 2) POTERE DI COMPETENZA: deriva dal fatto che sappiamo e sappiamo fare alcune cose ( grande potere) Bisogna notare che questi due poteri possono essere in rapporto fra di loro. Ad esempio in alcune organizzazioni ci sono persone che hanno alto potere di posizione e basso potere di competenza e quelli che sono consapevoli di questo aspetto potranno compensare circondandosi di persone che hanno alto potere di competenza. Abbiamo anche situazioni contrarie come ad esempio quarantenni che hanno alto potere di competenza e basso potere di posizione e questa è una condizione lavorativa di disagio. 3) POTERE DI CARISMA: che è il potere di affascinare gli altri. Nelle organizzazioni non deve essere eccessivo anche perché ci sono gli altri . 4) POTERE DI COERCIZIONE: per semplicità il prof lo chiama potere di disconoscere gli altri attraverso giudizi negativi e indifferenza ( non si fa!!) . 5) POTERE DI RICONOSCIMENTO: il contrario del precedente. Poter dire ad un collaboratore : “ Sono soddisfatto di te" è una forma di potere che si può combinare con gli altri ( tranne il precedente) e dare luogo ad una persona con grande potere. 28 ALTRE FONTI DI POTERE: 1) Ci sono attività che danno più potere e quindi il potere ha origine anche dalla struttura delle attività di lavoro. Quando abbiamo parlato di compiti manageriali, gestionali tecnico-specialistici e operativi etc li potremmo associare a dei ruoli. 2) Insieme delle informazioni che possiede una persona. Quando non erano disponibili tutti i nostri mezzi informatici chi sapeva di più aveva un grande potere. Oggi nelle aziende si ha un maggiore decentramento dell’informazione attraverso ad esempio reti internet 3) Capacità di gestire eventi critici: ci sono eventi particolari che non rientrano nelle ordinarie capacità di gestione in quanto eventi eccezionali. Ad esempio una organizzazione che ha bisogno di una materia prima che improvvisamente diventa carente sul mercato : questo evento critico che ha bisogno di una persona che lo gestisca e che in questo modo assumerà potere nell’organizzazione. TATTICHE PER ACQUISIRE POTERE 1) Partecipazione ad un gruppo: consente di acquisire un po’ di potere perché si possono raggiungere degli obiettivi che altrimenti da soli non si potrebbero raggiungere 2) Fare favori a qualcuno per indurlo a sentimenti di riconoscenza e di debito. Così la persona che fa favori acquisisce potere rispetto a quella a cui li ha fatti. 3) Esistono soggetti più trasgressivi ( avversari) che vengono integrati e neutralizzati con promozioni ( cooptazioni ) . 4) Seduzione e cura dell'immagine: il seduttore ha molto potere perché sa che il suo gioco avrà un comportamento relazionale sarà inutile perché è già disponibile e costante. Nel nostro paese c’è una tendenza a delegare poco per poter accentrare il potere. Molte attività potrebbero essere delegate a persone competenti ed affidabili. D) La situazione complessiva: condurre u gruppo di ricerca o un gruppo operativo sarà diverso In definitva non esiste un solo stile di leadership ma diversi che vengono riferiti alla situazione che dipende soprattutto dalla maturità dei collaboratori. TEORIE PIU' RECENTI ( teorie dell’attribuzione, leadership carismatica, teorie trasformazionali). Il leader carismatico tende a costruire un nuovo e differente mondo che sia fenomenologicamente valido per lui e i suoi collaboratori. LA SOCIETA’ E' IN CAMBIAMENTO, SI OSSERVANO TRASFORMAZIONI E QUINDI NON DA’ SENSO DI STABILITA’ La leadership carismatica ci introduce al tema di poter dire dove si sta andando vivendo in una società meno stabile e con meno certezze . Può essere di tipo visionario nel senso che ci dà una visione del futuro per indirizzarci sul come comportarci nel futuro. LEADERSHIP PRODOTTA DALLA CRISI Ci sono leader carismatici che non partono dalla teoria ma dalla realtà concreta e sono i cosiddetti “prodotti dalla crisi”. e si muovono verso schemi interpretativi per giustificare l’azione. ( dalle situazioni di difficoltà si arriva a formulare una nuova visione). Nel 1978 cominciano ad apparire le prime teorie trasformazionali. Facciamo una distinzione: LEADER TRASFORMAZIONALI (sono un po’ quelli carismatici): cambiano il corso degli eventi , motivano i collaboratori a lavorare per obiettivi altissimi invece che per interessi immediati e per l’auto-motivazione piuttosto che per la sicurezza. ( ad esempio concepire un nuovo modo di essere nell’organizzazione , aprire nuovi mercati etc..) Questi sono caratterizzati dal carisma e tendono a cambiare il corso dell’azione . Generano orgoglio fiducia e rispetto ( mobilitano emozioni) ed hanno il dono di vedere quello che è realmente importante possedendo una visione articolata della realtà.. In condizioni critiche rassicurano perché hanno la capacità di far vedere gli obiettivi, anche se lontani. 32 LEADER TRANSAZIONALI: migliorano le situazioni esistenti aiutano i collaboratori a chiarire quali sono i loro ruoli e le richieste dei compiti , aumentano la motivazione del gruppo . Faticano quotidianamente perché gestiscono l’esistente. Operano attraverso la ricompensa contingente : il leader non interviene solo quando non vengono raggiunti gli obiettivi ( standard) ma anche quando si verificano delle eccezioni c'è bisogno di gestirle , ad esempio allontanano o avvicinano dall’obiettivo. Operano anche attraverso la considerazione individualizzata il leader delega la pianificazione di progetti ( è molto attento ai singoli) per stimolare e creare esperienze di apprendimento nei collaboratori. Entrambi i leader sono grandi produttori di idee e quindi stimolano i collaboratori ad una attività intellettuale. IL LAVORO DEL LEADER Consiste in : 1) Analizzare ( grande capacità) il contesto inteso come gruppo, organizzazione, società ( globale) 2) Dispensare energia mentale ed intellettuale in quanto deve gestire le energie mentali degli altri. 3) Gestire la complessità che significa fenomeni multi-determinati dipendenti da differenti variabili ( economiche, organizzative, politiche, etc)... Questo comporta un pensiero non rigido e quindi flessibile. 4) Garantire la giustizia: quando il leader non riesce a garantirla deve spiegare il perché non c'è riuscito per mantenere alto il rispetto verso il leader. 5) Costruire l'efficacia collettiva: esempio : ci sono persone che hanno una alta efficacia a livello intellettuale ma non costruiscono un'efficacia sinergica nell’organizzazione. E allora il leader deve trascendere la lettura individuale perché egli può promuovere la sinergia fra l'efficacia dei singoli a realizzare obiettivi sfidanti . DOMANDE: teorie della leadership: dalla transazionale alla transizionale LEZIONE 6 LE COMPETENZE PROFESSIONALI - ANALISI DELLE RISORSE INDIVIDUALI - CONTENUTI DELLE COMPETENZE - COMPETENZE: RISORSE E REPERTORIO DI ABILITA’ SITUATE ( INUN CONTESTO CONCRETO) - AREE DI APPLICAZIONE Per competenze professionali si intende cosa sa fare e come si pone una persona nel contesto lavorativo. OBIETTIVI DI BASE 1) Conoscere gli elementi essenziali della nozione di competenza: oggi al centro di una discussione importante sia sul piano teorico che sperimentale. 2) Individuare le aree prevalenti di applicazione per lo psicologo . 33 ANALISI DELLE RISORSE INDIVIDUALI Sin dall’inizio la psicologia del lavoro si è occupata dell'individuo delle capacità dal punto di vista delle: 1) Caratteristiche di personalità: 2) Dimensioni socioculturali che la caratterizzano e la rendono particolarmente attrattiva per l’organizzazione. E' importante quindi il patrimonio personale che le organizzazioni recepiscono per valutare un contratto di scambio fra richieste e risorse personali. Rispetto ai primi studi della psicologia del lavoro si definiscono le competenze in un’OTTICA MULTIFATTORIALE cioè vengono considerati elementi cognitivi, affettivi e comportamentali che caratterizzano l’individuo nel loro insieme. DEFINIZIONE ATTUALE DI COMPETENZE PROFESSIONALI: sono un set di conoscenze, skills ( capacità che si esplicitano nelle situazioni) , abilità ( attitudini sottostanti il comportamento manifesto) , motivazioni ( spinte a fare), rappresentazioni, credenze, ( carattere cognitivo) valori e interessi ( orientano le strategie di risposta che le persone esplicitano nella risposta lavorativa). Sono un patrimonio o attributi della persona in una data situazione lavorativa e costruiti nel corso della esperienza lavorativa. Essi si sedimentano nel tempo determinando gli stili di condotta e orientano la persona. LE COMPETENZE SONO UN PATRIMONIO POTENZIALE CHE SI ESPLICITA QUANDO VIENE ATTIVATO DALLA SITUAZIONE REALE SPERIMENTATA DAL SOGGETTO. CONTENUTI DI UNA COMPETENZA Ci sono diversi approcci concettuali diversi che comunque hanno aspetti in comune: Cognitivi 1) Saperi e conoscenze tecniche e dimensioni procedurali ( come svolgere un certo compito) orientati alla soluzione di un problema che si presenta in un momento dato e in presenza di un certo gruppo di persone ( ad esempio collaboratori o comunità professionale). La dimensione storica è importante per valutare questo tipo di competenze.; 2) Saperi di ordine pratico: quanto più la persona acquisisce esperienza più acquisisce una pratica che valorizza i suoi saperi tecnici e procedurali ma ha una sua autonomia rispetto ad essi: ad esempio un intuire un orientamento di risposta rispetto al compito, punti di vista soggettivi collaudati nel corso del tempo che sono stati visti come significativi ed utili per una certa prestazione o proprie ricette personali fino a delle routine che sono state considerate efficaci per arrivare ad una soluzione. Anche in situazioni di tipo manuale il lavoratore può costruire dei suoi strumenti . La persona si sposta progressivamente da ciò che ha appreso durante la formazione sviluppando un patrimonio personale che mette dentro le esperienze positive accumulate nel corso del tempo. Rapidità con cui vengono attuati questi saperi . 34 3) Mobilizzazione: la persona ha la capacità di spostare i suoi saperi in altre situazioni ed ambienti . La risposta competente è personalizzata a seconda della situazione. ( Expertise) 4) Velocità di attivazione: rapidità co cui il soggetto mette in atto le sue conoscenze. LE COMPETENZE PROFESSIONALI SONO a) Finalizzate ( hanno come obiettivo la realizzazione di uno scopo) b) Apprese : sia in contesti lavorativi che in contesti socioculturali ed in questo senso costituiscono un patrimonio soggettivo. c) Possedute dall’individuo d) Mobilizzate per far fronte a situazioni inedite, le variante o situazioni di imprevisto. In queste situazioni si differenzia la persona esperta dall’apprendista che potrebbe avere tutte le informazioni utili ma non ancora sviluppato una struttura di azione flessibile adatta a tutte le situazioni. SUL PIANO COGNITIVO COMPORTAMENTALE : le competenze fanno parte del sistema di elaborazione della risposta adatta alle richieste del contesto e riguardano: -Saper agire in un contesto dato -Intenzionalità di azione: nel senso di intento di rielaborazione delle conoscenze per effettuare l'adattamento -Possibilità di agire ( elaborazione di risposte comportamentali e possibilità di loro realizzazione) -Combinazione dei vari sapere. Con queste perifrasi viene indicata la capacità di flessibilità personale che è fondamentale per essere esperti. Normativi: regole che caratterizzano la risposta competente. Si presuppone un criterio normativo dell’utilità sociale delle competenze stesse in una data situazione organizzativa e sociale. La persona competente non è quindi misurabile in astratto ma lo è in un certo ambito e in una certa situazione. Si definisce quindi una soglia di competenza che tenga conto della situazione che deriva da una sorta di negoziazione sociale che quindi deriva da un elemento relativo e non assoluto. | criteri di soglia sono il frutto di una discussione sociale. Ad esempio, oggi potremmo dire che per avere delle competenze occorrono più competenze professionali ( lingue , informatica). Nel passato una persona era ritenuta competente avendo una soglia di ingresso diversa nella attività lavorativa. Fattori gestionali : conseguenti alla nozione di competenza e superano i parametri formali consolidati ( qualifiche). | lavoratori vengono considerati dal punto di vista delle competenze possedute e non delle qualifiche. Si sta delineando un interesse per il saper fare ed il saper essere di una persona piuttosto che per le qualificazioni formali ( ad es. titoli di studio). Questo significa una attenzione rilevante alle CAPACITA’ EFFETTIVA della persona intese come combinazione di saperi tecnici ed esperenziali che portino ad una azione riuscita in una situazione concreta. Quindi è importante analizzare i differenti percorsi personali che sono molto differenziati e tengono conto dei successi e della gamma di opportunità che nel corso della vita si sono presentate alla persona. 35 SUL PIANO PSICOLOGICO: questo vuol, dire prestare attenzione alla esperienza lavorativa intesa non solo come sequenza di esperienze oggettive ma intesa dal punto di vista soggettivo ossia come riflessione che il soggetto ha potuto fare nel corso delle sue esperienze estraendo da esse i fattori importanti che lo portano a regolare le sue risposte lavorative. Gli elementi fin qui esposti si possono combinare con un MODELLO DI ANALISI DELLE COMPETENZE ma anche come MODELLO DI AZIONE DELLE COMPETENZE . Quindi possiamo definire COMPETENZE: RISORSE E REPERTORIO DI ABILITA’ SITUATE Possiamo classificarle in: RISORSE PERSONALI ( sottolineano la capacità di risposta soggettiva) 1) Autoconsapevolezza: cioè di essere attenti agli esisti delle proprie azioni per ricavare il significato fondante di esse 2) Gestione dei self. adattività , proattività ( saper gestire le richieste investendo le proprie risorse per ottenere la riuscita), orientamento alla riuscita ( legate alla propria personalità e alla realizzazione dell'immagine di sé) 2) Quantità della prestazione: nel passato era uno dei criteri fondamentali ma cambiando le caratteristiche del lavoro che oggi richiede una maggiore rielaborazione mentale questo elemento rimane importante ma non più primario 3) Tempestività della prestazione: terminare il compito nei tempi previsti ha un valore importante in termini economici 4) Efficienza della prestazione: introduce dei fattori di economizzazione maggiore o minore nella realizzazione della attività ( maggiore efficienza= minore energia impiegata per realizzare l’obiettivo). 5) Impegno di coordinamento: da parte di un singolo o di un gruppo di lavoro L'impegno di coordinamento implica un impegno economico 6) Impegno interpersonale: è un elemento di coinvolgimento soggettivo ed implica i costi soggettivi implicati in una prestazione. In sintesi va precisato bene cosa si valuta in modo da avere una valutazione consensuale il contenuto ossia cosa andiamo a valutare. CONTENUTI DELLA VALUTAZIONE 1) Risorse disponibili per la realizzazione di una attività 2) Risorse potenziali per la realizzazione di una attività 3) Eventuali risorse aggiuntive richieste per situazioni eccezionali 4) Gli esiti del lavoro svolto : ciò che risulta al termine di una attività a) | processi mentali di anticipazione e di progettazione delle attività b) Le attività c) Le competenze d) Gli atteggiamenti e le aspettative delle persone: aspetti soggettivi di cui sarebbe auspicabile avere una mappa. Gli oggetti della valutazione non dovrebbero essere definiti solo dall’organizzazione ma dovrebbero tener conto del contesto ed essere discussi anticipatamente dai diversi attori ( personale ed organizzazione) . Il contesto può esercitare delle interferenze sui risultati lavorativi. Si sa che si ha una crescita di preoccupazione fra i lavoratori se gli oggetti di valutazione non sono specificati e i metodi di valutazione non sono chiari e condivisi. METODI ED OGGETTI DI VALUTAZIONE DOVREBBERO ESSERE CONDIVISI CIOE’' SPIEGATI NELLA LORO UTILITA’ E NELLE MODALITA’ DI FUNZIONAMENTO COME SI VALUTA 1) ATTRAVERSO UN CAPO DIRETTO In una organizzazione la valutazione è normalmente determinata da un ordine gerarchico, ad esempio “il superiore” responsabile che ha conoscenze sia formali che informali del livello di attività della persona. Questo non vuol dire che un capo sappia valutare e che ciò che dice e che fa sia corretto. Da un punto di vista valutativo dovrebbe avere delle competenze nell’ambito valutativo ( questa è una lacuna della valutazione). 2) UTILIZZANDO UN ESPERTO CHE INTERVISTI IL CAPO DIRETTO 39 L'esperto assume una funzione più distaccata nella lettura dei fenomeni oggetto della valutazione. Esso si appoggia ad una serie di interviste o sondaggi su una certa attività fra gli stessi collaboratori che svolgono l’attività. In generale la forma migliore di valutazione è quella in cui gli esperti coinvolgono tutti gli attori di un determinato contesto organizzativo coinvolti in una certa attività. 3) PROCEDURA DI RANKING basata sul confronto fra i diversi attori coinvolti in una determinata prestazione secondo diversi criteri: a) Criterio di impegno: b) Criterio dell’accuratezza delle prestazioni c) Criterio della capacità di coinvolgimento 4) PROCEDURE DI CLASSIFICAZIONE con cui vengono stabilite in maniera assoluta delle valutazioni. 5) STRUMENTI PIU’ FORMALIZZATI basati su delle scale , ad esempio di atteggiamento, che orientano le varie posizioni della scala a specifici comportamenti che sarebbero significativi in determinate situazioni e quindi sono collegabili con dei brevi resoconti sulla prestazione. Quindi attraverso di essi si può comprendere a quale punto si trova l'operatore riletto ad una sterminata attività. 6) INTERVISTE: da cui si ricavano informazioni qualitative sulla prestazione individuando i fattori che possono aver facilitato o ostacolato l’attività. Attraverso di essa si può fare una mappatura dell’attività e fomire anche dei feedback che sono uno dei vantaggi della valutazione. Utilizzando questi metodi si possono ottenere diversi resoconti : 1) Oggettivi di tipo quantitativo: ad esempio un numero di prodotti assemblati da un operaio. 2) Oggettivi di tipo qualitativo: test e simulazioni o riproduzioni della attività lavorativa fatta in un contesto controllato dove si possono osservare errori e tempi di esecuzione dei compiti . 3) Soggettivi: verbalizzazioni di punti di vista; auto-valutazioni che possono connotare il processo lavorativo e i risultati da esso ottenuti. Per essi sono utilizzati questionari, griglie, scale e resoconti di autovalutazione. La componente soggettiva è presente sia dal punto di vista del valutato e del valutatore ( che non è esente da errori cognitivi) e ciò comporta il determinare delle aree metodologiche all’intemo delle quali essa si deve svolgere. COMPONENTI SOGGETTIVE E BIAS DEL VALUTATORE 1) Effetto alone: ricavare da un elemento ( tratto) saliente nella condotta del valutato e estenderlo ad altri elementi. Questo comporta una distorsione del giudizio. 2) Effetto indulgenza/severità: il valutatore mantiene una posizione cognitiva estremizzata che deforma sia nel bene che nel male il giudizio finale che si dà sulla persona. 3) Effetto primacy/recency: per il primacy il valutatore rimane ancorato al primo giudizio sull'attività lavorativa mentre per il recency rimane ancorato all'ultimo. Il giudizio non viene dato sull’attività complessiva. Le cose osservate sono o positive o negative. 40 4) Effetto di contrasto: di fronte a situazioni estremizzate il valutatore dà una risposta eccessiva per contrastare una risposta precedente particolarmente indulgente. C'è una ricerca della media che deforma la realtà 5) Effetto di tendenza centrale: il valutatore fomisce un giudizio medio a tutti coloro che vengono osservati. 6) Effetto di persona simile a me: è una identificazione del valutatore con il valutando che portano ad nel bene e nel male ad una distorsione di giudizio. ERRORI IMPUTABILI ALLE REAZIONI DEI VALUTATI 1) Effetto di desiderabilità sociale: i valutati cercano volontariamente o no di dare un'immagine migliore di sé dando le risposte che credono che il valutatore voglia sentire. 2) Compiacenza: rafforza l’effetto di desiderabilità sociale. Il valutato ha un atteggiamento volontario da apparire ed essere ben considerato dall’altro 3) Reazioni aggressive, di rifiuto e di svalutazione: la persona che non vuole farsi valutare può arrivare a forme aggressive e di rifiuto vero e proprio o addirittura di svalutazione del processo valutativo. Queste reazioni si hanno soprattutto se non sono state realizzate le situazioni di consenso di cui è stato parlato prima. EFFETTI DI DISTORSIONE DOVUTE AL SETTING DEL CONTESTO DI VALUTAZIONE Clima psicosociale: ad esempio lotta sindacale o in generale situazioni conflittuali. Ci potrebbero essere resistenze di carattere collettivo anche dovute alla mancanza di condivisione del criterio valutativo. CORRETTIVI DELLE DIFFICOLTA’ ESAMINATE IN PRECEDENZA La psicologia sociale li ha elaborati per ovviare ai problemi che abbiamo visto 1) Combinare e aumentare le fonti di informazione dalle quali ricavare le informazioni per la valutazione che sono: a) | soggetti che si auto-valutano. b) | pari che sono fonte importanti di valutazione quando consideriamo lavori che implicano una forte interdipendenza ( lavori di gruppo, di team, ma anche lavori individuali interconnessi con altre posizioni lavorative). Sono fonti non sempre attendibili ma utilizzabili per bilanciare informazioni provenienti da altre fonti. c) Utilizzatori finali: per molto tempo la valutazione si è effettuata in ambito intemo alla situazione lavorativa mentre adesso si dà molta importanza al giudizio dell'utente o il cliente. Ciò è importante per avere un feedback sia a livello individuale che a livello di organizzazione che così può prendere delle decisioni avendo chiara conoscenza di ciò che è stato effettivamente utilizzato e ritenuto valido dagli utilizzatori. d) Valutazione a 360° 2) RAPPORTO FRA PRESTAZIONE E VALUTAZIONE: deve passare poco tempo fra prestazione e valutazione in maniera da non far dimenticare le caratteristiche fondamentali di prestazione che possono essere messe al centro del processo valutativo. 3) ADDESTRAMENTO: del valutatore 4) INTERVENTO PREVENTIVO SUL CLIMA PSICOSOCIALE : riferiti ai valutandi che devono cogliere il senso della valutazione. 41 5) TENERE SOTTO CONTROLLO | LIVELLI DI CONSENSO E DI TRASPARENZA DEI CRITERI DI VALUTAZIONE: occorre che il sistema di valutazione venga continuamente monitorato e rinnovato con il consenso degli attori . Il monitoraggio consiste nell'osservare se c'è coerenza o incoerenza fra il sistema e le realizzazioni pratiche. Questo è necessario per migliorare l'efficienza e la qualità del sistema di valutazione. ESEMPIO RIASSUNTIVO: IL METODO 360- DEGREE FEEDBACK Le valutazioni sulle performance dell’individuo sono raccolte da tutte le fonti possibili (lavoratore compreso) . Viene sottolineata in maniera sistematica e precisa, dunque con dei prodotti formalizzati, la necessità di coinvolgere tutti gli attori coinvolti nell’attività lavorativa e cioè: l’utilizzatore, il lavoratore e gli elementi dell’entourage coinvolto nella attività. Qui viene teorizzata e concretizzata l’importanza del feedback e del confronto fra il lavoratore e gli altri coinvolti sia in forma più ravvicinata che non ravvicinata per la valutazione di un certo compito. L'applicazione concreta prevede la formazione dei valutatori e cioè l'addestramento di una sensibilità percettiva e l'acquisizione degli elementi tipici della loro condotta per evitare errori sia di tipo percettivo che affettivo. Tutte le persone che dovranno fornire il loro giudizio sono preparate a questa attività anche se in misura diversa. Il metodo prevede una serie di questionari in cui gli ire descrittivi sono espressi in modo da cogliere immediatamente il senso di ciò che è al centro della valutazione e prevede anche una responsabilizzazione ed un consenso del valutando. Questo sistema cerca di cogliere ciò che rende di qualità una prestazione poiché ciò è utile a tutti gli attori in quanto li rende in grado di cogliere gli aspetti che ne determinano un miglioramento. Per realizzarla è richiesta una assistenza tecnica ed è anche possibile ottenere informazioni sulle aspettative delle persone sulla realizzazione di un certo compito e si riducono gli aspetti di non considerazione. Tutto che è in gioco è all'attenzione dei lavoratori . AI termine di questa valutazione si può anche modificare l'atteggiamento del dirigente. LEZIONE 8 LA SODDISFAZIONE LAVORATIVA -COMPONENTI DELLA SODDISFAZIONE LAVORATIVA -FONTI DI INSODDISFAZIONE LAVORATIVA -CONSEGUENZE DELLA SODDISFAZIONE LAVORATIVA COMPONENTI DELLA SODDISFAZIONE LAVORATIVA DEFINIZIONE: la soddisfazione lavorativa è un sentimento di piacevolezza che deriva dalla percezione che l’attività professionale svolta consente di soddisfare importanti valori personali connessi al lavoro. Si percepisce una coerenza interna col proprio sé. COMPONENTI: 1) Legati al sé: valori personali: i significati che diamo al lavoro 2) Ambientali:La percezione delle nostre attese e del nostro ambiente organizzativo. 42 La soddisfazione lavorativa ha molti aspetti: fattoriale . In questa ricerca è emersa in modo ricorrente l’importanza del costrutto “protezione” INSODDISFAZIONE LAVORATIVA LE FONTI DELL’INSODDISFAZIONE: 1) Contenuto del lavoro: non possiamo trovare regole generali perché l’insoddisfazione dipende dalle persone e dei contesti. Natura del compito: ripetitiva o no. Anche qui la quantità di soddisfazione è soggettiva. 2) Concrete modalità di svolgimento del lavoro: è un elemento indipendente dal tipo di lavoro. Prende,ad esempio, in considerazione la disorganizzazione e la mancanza di chiarezza con cui esso si dovrebbe svolgere ( procedure corrette). 3) Ambiente fisico in cui si svolge il lavoro: l’ambiente fisico o luogo è molto importante . Ad esempio alcune persone che lavorano in open space lamentano la 45 mancanza di intimità. In alcuni casi il problema è grave perché esistono ambienti di lavoro che non tutelano a livello di salute. . 4) Ambiente sociale e dinamica dei ruoli organizzativi: in una organizzazione i ruoli danno dei confini che consentono alle persone di potersi riconoscere nelle diverse attività. Le ambiguità di ruolo portano insoddisfazione in quanto le persone non hanno chiare quali siano le loro mansioni e a situazioni conflittuali con altri ruoli. 5) Eccessivo carico di lavoro: ci sono disparità in relazione alla quantità di lavoro assegnata ai lavoratori. Alcuni sono pressati e questo genera insoddisfazione se non hanno sufficiente resistenza. 6) Disconoscimento: è la più grande fonte di insoddisfazione di una persona perché essa viene considerata come non esistente, annullata. In alcuni casi questa dimensione diviene molto forte ( mobbing) 7) La cultura dell’organizzazione: ci sono situazioni lavorative in cui le persone amano il loro lavoro ed hanno un buon rapporto con i colleghi ma l'insieme dei valori dell'ambiente lavorativo no sono da esse condivise. Anche le organizzazioni hanno dei valori e in alcuni casi la distanza fra questi e i valori personali è intollerabile ( alcuni cambiano lavoro per questo) 8) Le differenze individuali: ci sono regole di convivenza nelle organizzazioni ma c'è anche una pluralità, delle differenze che devono convivere insieme. Questo dipende dalle situazioni infatti ci sono contesti in cui sono presenti molte differenze e contesti in cui sono assenti. (Con la globalizzazione questo problema è diventato rilevante). Questo problema non si può risolvere perché le organizzazioni lo delegano agli stili di convivenza delle diverse persone. CONSEGUENZE DELL’INSODDISFAZIONE LAVORATIVA Dipendono dall’intensità dell’insoddisfazione. Un uomo adulto può tollerare un minimo livello di insoddisfazione. Esse si manifestano quando le intensità di diverse insoddisfazioni si sommano e nel complesso il loro carico non è tollerabile. 1) Problemi di tipo psico-fisico: esistono molte conseguenze a livello individuale. Molte persone che hanno compiti di responsabilità vivono una insoddisfazione in quanto percepiscono che si potrebbero intaccare la loro immagine e la loro carriera. E' frequente che assumano dei farmaci. Ci sono anche persone che vivono un disagio interiore perché investendo tanto nel lavoro si attendono una restituzione che tende a riequilibrare la sua esistenza. 2) Assenteismo: pianificato da parte dell'individuo sia per recuperare energia sia come forma di meccanismo di punzone dell’organizzazione che considera responsabile della sua organizzazione. 3) Tum-Over: la persona non ce la fa più a vivere nel suo ambiente di lavoro e se ne va. ( e deve sopportare le conseguenze della disoccupazione) 4) Mutamento del sentimento di appartenenza all’organizzazione: si abbassa il grado di identificazione con l’organizzazione da cui consegue un più basso impegno ( ad esempio insegnante demotivato dal fatto di appartenere ad un Ministero che non ne riconosce le competenze). Possiamo considerarlo un abbassamento del livello di affezione all’organizzazione. Questo ha precise conseguenze sulla performance 46 lavorativa perché più ci si sente di appartenere ad una organizzazione più ci ci impegna a raggiungere alti livelli di performance. 5) Stress: stato emozionale di sgradevolezza derivante dalla percezione che le richieste dell'ambiente e della situazione che un eccede le capacità dell'individuo. 6) Burnout: forma estrema di stress: condizione emozionale fisica e mentale di esaurimento con sintomi di depersonalizzazione conseguenti ad una prolungata esposizione a stress lavorativo. Si manifesta in professioni in cui ha grande rilevanza l'aspetto relazionale. Considerazioni sulle organizzazioni e sulla società: se si creassero delle condizioni di soddisfazione a livello collettivo ( ad esempio in relazione all'ambiente fisico) avremmo ricadute delle conseguenze molto importanti ( miglioramenti) che si ripercuoterebbero anche sull’organizzazione. SINTESI: Soddisfa ciò che è sicuro, stabile ( lavoro fisso) , prevedibile ( retribuzione fissa) e un ambiente sia fisico che relazionale piacevole. La convivenza in una organizzazione può assumere livelli diversi. Le organizzazioni che curano la convivenza hanno un buon ritorno economico. Se una comunità globale si riuscirà a creare delle norme che portino ad una migliore soddisfazione, si riuscirà anche a migliorare la convivenza negli ambienti di lavoro e nella società civile. PSICOLOGIA DELLE ORGANIZZAZIONI LEZIONE 9 IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ALLA TEORIA DELLE ORGANIZZAZIONI (I parte) - ARGOMENTI DEL CORSO - ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA - DALLA FATICA ALLA MONOTONIA - ESPERIMENTI DI HAWTHORNE - GRUPPO E APPROCCI DINAMICI Analizzeremo il contributo della psicologia alla dottrina delle organizzazioni ( che è una dottrina complessa in quanto raccogle contributi di molte discipline come l’etnologia, la sociologia, l'economia etc..). ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO di F. Taylor ( autore iniziale fine ‘800) Taylor non era uno psicologo però ha un’importanza particolare sia perché rappresenta il tempo 0 della dottrina organizzativa sia perché le sue riflessioni hanno risvolti importanti per la psicologia. Era un ingegnere di Philadelphia all’epoca della seconda rivoluzione industriale che rappresenta un momento in cui si passa ad uno sfruttamento intensivo dei fattori della produzione ( macchine e uomini). Di Taylor interessano 2 idee: 1) Vi è un modo ottimale di fare le cose e questo può essere scoperto sperimentalmente: esiste un modo migliore degli altri di fare le cose il ONE BEST WAY. Esempio: Taylor lavorava nell'industria siderurgica e quindi l'automazione non è ancora ottenuta e per produrre l’acciaio bisogna consumare grandi quantità di carbone o minerali di ferro che devono essere sparati e spostati da un luogo 47 all’altro ( per essere caricati negli alti forni) . Il problema di T. è di capire qual è il modo migliore di sparare alcune tonnellate di carbone. Si tratta quindi di capire la forma che la pala deve avere, la portata ottimale per ogni palata in quanto a seconda della pala possono starvi 6, 8, 3 Kg di carbone. Quale sarà la pala che permette di ottenere il ritmo ottimale? Si tratta di adattare l'attrezzo sia al materiale da sparale sia alla particolare macchina o all’uomo che usa la macchina in modo da ottimizzare i tempi del lavoro e minimizzare la fatica. Quindi qualsiasi situazione di lavoro può essere studiata in modo da determinare il modo ottimale di farla al fine di avere lo sfruttamento più proficuo sia dal punto di vista delle risorse umane sia da quello delle risorse materiali. 2) Il lavoro di fabbrica ha una componente di programmazione, anche detta amministrativa ( tempi , metodi, cicli, costi, retribuzione operai etc..) accanto a_ quella esecutiva. Si tratta di mettere a punto tutti gli atti che si presentano nella produzione. L'idea di Taylor è che la produzione non può essere ridotta ad una semplice esecuzione o messa in essere di un processo produttivo. Sotto il profilo psicologico abbiamo dei risvolti: a) Organizzare scientificamente il lavoro vuol dire ridurlo a delle norme ( di carattere fisico, fisiologico) , inferite dall'esperienza. Quindi fa del lavoro umano qualcosa di simile a quello delle macchine. Le norme si ottengono attraverso l’osservazione del lavoro e quindi il metodo è empirico.( possiamo ricavare il one best way) b) II ONE BEST WAY comporta anche una “ottimizzazione delle risorse umane” ( selezione, formazione, incentivi) perché per ottenere il one best way bisogna selezionare il personale che abbia le abilità potenziali per realizzarlo e quindi formarlo. La selezione e la formazione sono due ambiti di interesse per la psicologia. Infine è importante studiare una remunerazione che contribuisca alla produttività ( all’epoca di Taylor si coniugava con la questione del cottimo ) c) Passaggio da un modello gerarchico ad un modello funzionale ( specializzazione) . Quindi inizia una trasformazione dell’assetto complessivo delle organizzazioni. In conseguenza del lavoro di Taylor (ma anche accanto) si affronta il tema: DALLA FATICA ALLA MONOTONIA (Wyatt , Frazer) L’operaio “macchina” e il rapporto fra produttività e fatica. La normatività del lavoro umano assume un confronto fra il lavoro umano e quello delle macchine. Una caratteristica del lavoro umano è quello che riguarda la fatica e si è pensato che come le macchine si logorano, anche l’uomo abbia un suo limite alla produttività e all’efficienza. Poiché la fatica produce delle risposte fisiologiche che abbassano la produttività si pensò che la produttività subisse un abbassamento a fine giornata lavorativa ( previsioni teoriche riportate su grafico) Questo non fu riscontrato empiricamente ( tramite osservazione) , infatti si rilevò una ripresa in prossimità del termine dell’orario lavorativo. Inserendo anche una pausa si ottennero andamenti diversi della produttività: un andamento ondulatorio 48 diverso da quello decrescente previsto nella curva teorica. Perché si osserva ripresa al termine dell'orario di lavoro? Si pensò che la produttività è funzione non solo della fatica ma anche di fatica nervosa ( concetto psicologico) anche detto “monotonia” ( five dollars day di Ford= retribuzione che Ford dava giornalmente agli operai della sua catena di montaggio di auto, doppio della retribuzione normale per compensare la monotonia del lavoro ) che si riduce nel momento in cui la persona vede avvicinarsi la fine dell'orario e quindi trova nuovi motivi per impegnarsi nell’attività. Quindi landamento della curva di lavoro può essere ricondotta sia a fattori fisici che psicologici e la normatività riguarda sia l'organismo che la mente della persona che lavora. Il fattore soggettivo è un elemento di disturbo perché interferisce con quello oggettivo ( fisiologico) e fa in modo che il decorso degli eventi fisiologici sia dirottato ( ad esempio il fenomeno della produttività che aumenta anziché diminuir verso la fine dell'orario di lavoro). IL LAVORATORE NON E’ SOLO UNA MACCHINA MA E’ QUALCOSA DI PIU COMPLESSO E QUINDI IL MODO CON CUI IL LAVORO VIENE CONDOTTO INCIDE SUL SUO COMPORTAMENTO. ( vedi lezione sulla motivazione). GLI ESPERIMENTI DI HAWTHORNE ( E.Mayo. F. Roethlisberger ) Gli esperimenti alla Westem Electric ( 1924-1933). Essa era una grande azienda di materiale elettrico USA che produceva nel centro nord ed era collocata vicino a Boston dove c'erano studiosi universitari di psicologia che progettarono degli esperimenti. Essi ricercarono, attraverso sperimentazione, le condizioni “oggettive” di produttività utilizzando come variabili l'illuminazione, il cottimo, le pause lunghe, l’orario di lavoro. Vennero manipolate quanto anche qui si ricerca il one best way. Sulla questione c'è un approccio normativo di economisti (più che di psicologi e sociologici ) che è mirato alla ricerca di un modo di prendere delle decisioni che permetterebbe di prendere la decisione migliore. E’ stato costruito un modello matematico ( che è anche abbastanza complicato) basato sostanzialmente su una scelta di altemative. Un modello normativo muove da un obiettivo che è quello di aumentare la presenza sul mercato della azienda, ad esempio attraverso l'investimento di a) Ia LE OT) capitali. Si analizzano le n alternative possibile per raggiungere l’obiettivo. Ad esempio introducendo nuove linee di prodotto o ad esempio aumentando la produzione di una certa linea ( il prof fa l'esempio della produzione di sedie) e se ne sceglie 1. L'approccio normativo impone il declinare tutte le alternative, valutarne gli esiti, ne calcola l’utilità e alla fine scegliere l'alternativa alla quale corrisponde l’utilità massima (che potrebbe anche non essere il massimo profitto a breve termine , ad esempio potrebbe essere uno sviluppo dell’organizzazione a lungo termine). Questo modello normativo è stato un modello all’interno della teoria delle organizzazioni e anche all’interno della psicologia . LIMITI DELLA RAZIONALITA' ( del modello normativo) Il modello normativo è stato molto criticato in quanto nella vita quotidiana non è sempre possibile adempiere alla razionalità . Non è facile conoscere tutte le alternative e se fosse non è detto che sia possibile reperire tutte le informazioni necessarie quindi: a) Difficoltà nel conoscere tutte le alternative possibili b) Difficoltà nel reperire tutte le informazioni necessarie a valutare le alternative possibili . c) Difficoltà a prevedere gli esiti reali perché i mutamenti della società non sono facilmente prevedibili. Questo perché non abbiamo teorie per prevedere perfettamente cosa succederà nel futuro. d) Anche avendo informazioni e teorie i calcoli sarebbero complicati e talune volte impossibili. Si parla di razionalità limitata ( più che normativa) proprio per la limitatezza degli strumenti tecnici a disposizione. RISVOLTI PER LA PSICOLOGIA 1) L'attore si configura come un problem solver ( qualcuno che risolve problemi) con le sue preferenze ( obiettivi) e da un patrimonio di conoscenze (convinzioni). 52 Le preferenze e le convinzioni sono aspetti importanti per la decisione. 2) Questo modo di risolvere i problemi prevede una razionalità che usa una logica delle conseguenze.: se scelgo alternativa A immagino esito B ( anche se non ho tutti gli elementi). 3) Il modello si esprime attraverso la struttura cognitiva umana: i limiti che ne derivano dal modo di pensare umano che ha | suoi bias. Questo vuol dire che la razionalità limitata viene studiata osservando il comportamento delle persone e non un modello normativo che ci dice come dobbiamo fare ma è empiricamente ottenuto tramite l'osservazione del comportamento umano ( come le persone prendono le decisioni ) per questo questi modelli sono anche detti APPROCCI COMPORTAMENTALI. INTERAZIONISMO SIMBOLICO L'organizzazione è un campo di significati costruiti dagli attori con lo scambio e con l’interazione . Gli attori non sono dei problem solver ma anche persone che si scambiano significati. Ad esempio Uninettuno ha studenti e docenti che costruiscono valori interagendo anche a distanza in alcuni momenti che non sono atti fisici ma sono dei significati : ad esempio il costruirsi una professione attraverso il contatto virtuale, il trasferire le discipline dai professori agli studenti ( ad esempio la psicologia così come la intendono gli insegnanti) e questo comporta una interazione. Si costruiscono momenti in cui si ha una relazione fra professori e studenti. Professori e studenti si scambiano intenzioni e significati e i feedback reciproci possono portare a delle trasformazioni. Gli attori possono avere ruoli diversi, il ruolo è la posizione che uno assume , ad esempio impiegati, operai , dirigenti assumono dei ruoli. Bisogna considerare anche gli aspetti culturali perché ogni organizzazione ha una dimensione culturale, una identità. L'AGIRE ORGANIZZATIVO E' DESCRIVIBILE CON METAFORE COME “RECITA” O “DRAMMA”. Un esempio è la nozione di ruolo come viene utilizzato per rappresentare il comportamento organizzativo. Poniamo di avere un ruolo da docente: il modo di intendere il funzionamento organizzativo interazionistico assume che la io occupi questo ruolo che deriva da alcuni elementi legati all’organizzazione ( norme su cosa devo fare) e da altre persone che sono colleghi e studenti e colleghi che hanno delle attese ( ruolo emesso che viene ricevuto, interpretato e si traduce in comportamento). Poi ci sono miei aspetti di personalità e fattori culturali ( di tipo ambientale: ad esempio il clima dell’organizzazione che può essere disteso o no). Dunque abbiamo modelli di ruolo prescrittivi che però sono sempre interpretabili (vedi lezione sul ruolo) assieme agli altri ( dimensione interazionistica). SISTEMI DI REGOLE E DI IDENTITA’ ( J. March 1994 K. Weick 1979) | sistemi di regole sono visti anche in funzione dell’identità degli attori. Secondo March chi assume un ruolo si dovrebbe porre le seguenti domande per agire in maniera conforme : 1) In che tipo di situazione sono? Il funzionamento di un’organizzazione è determinato da un insieme di contesti che devono essere riconosciuti e interpretati. Questo è quello di una lezione a distanza e il prof potrebbe essere in molti posti diversi. Ogni contesto ha le sue regole. 53 2) Che tipo di organizzazione sono io? questa è una domanda sull'identità. In un certo contesto un attore ha particolari esigenze . 3) La congiunzione contesto-identità esprime regole per adeguare il comportamento alla situazione. Ad es. se sto in un grande magazzino devo seguire certe regole, se sto in riunione ne dovrò seguire alte. LE ORGANIZZAZIONI PLASMANO LA CONDOTTA PREDISPONENDO SIA REGOLE SIA SPUNTI E MODELLI PER APPLICARLE. L'applicazione delle regole non è meccanica ma implica un lavoro riflessivo sul proprio agire, sulle risposte degli altri e sul rapporto con le situazioni. Questo lavoro riflessivo è radicato nell’identità ( autostima, auto-efficacia, riconoscimento, coerenza etc.) e ne promuove al tempo stesso continuità e sviluppo. ). Quindi la capacità di analizzare le situazioni, le riposte degli altri e il proprio agire è radicato nel proprio modo di essere. LEZIONE 11 ALCUNE NOZIONI DI BASE «IL CORSO DI DECISIONI E AZIONI -LA SFERA DI AZIONE «IL CAMPO DI AZIONE -LA STRUTTURA -L'AMBIENTE DEL COMPITO In questa lezioni daremo alcuni dei concetti fondamentali: ci sono molti punti di vista che provengono da diverse discipline ( etnologia, psicologia, sociologia...) ma possiamo trovare degli elementi comuni che caratterizzinano le organizzazioni. IL CORSO DI DECISIONI E AZIONI Il lavoro trasforma risorse in prodotti quindi possiamo definire un processo lavorativo. PROCESSO LAVORATIVO: l’insieme delle operazioni ( acquisti, progettazione e vendita,..) che costituiscono un corso di decisioni e azioni. Facciamo l’esempio della sedia: a) Acquisto di materie prime come metallo, legno, plastica b) Progettazione: le sedie devono essere immaginate e progettate in modo tale che possa essere costruita con quei materiali e quelle attrezzature. c) Stoccaggio: una volta prodotte le sedie vengono immagazzinate d) Vendita: le sedie devono essere messe sul mercato e quindi si dovranno fare dei programmi di marketing. Queste operazioni entrano nel processo “sedia” e costituiscono un corso di decisioni e di azioni. CARATTERISTICHE DEL CORSO DI DECISIONI E AZIONI: 1) Ricorsività : il processo si ripete. Esiste un intervallo di tempo in cui si ripropone il processo, magari in modo non identico ma più o meno nello stesso ordine. Ad esempio: anche l’Università è costituita da un corso di decisioni e azioni. | corsi si combinano in un corso di studi ( un certo numero di esami) al fine di ottenere un 54 diploma. C'è una ripetitività limitata alle lezioni e una più ampia relativa ai corsi. E' il ripetersi che caratterizza il corso di decisioni e azioni di un’organizzazione. 2) Regolarità: il corso d'azione è regolato. Le attività collettive sono dirette da regole che fissano i ruoli e i comportamenti degli attori nei determinati contesti. 3) Ordine: il processo è ordinato nel senso che ci sono decisioni e azioni che vengono prima ed altre che vengono dopo. Esiste quindi una determinata sequenza temporale. Attraverso l'ordine possiamo risalire al disegno di una organizzazione o alla sua struttura. L'ORGANIZZAZIONE NON E’ QUALCOSA DI RIGIDO ( il prof dice ossificato ma va bene anche cristallizzato) MA E’ UN AGIRE NON CASUALE GOVERNATO IN UN CERTO MODO RIPETITIVO, REGOLATO ED ORDINATO. LE ORGANIZZAZIONI SONO COMPLESSI DI AZIONI INTELLIGENTI O DI DECISIONI E AZIONI. LA SFERA DI AZIONE Ci chiediamo 1) quali siano le condizioni che determinano questi corsi di azioni 2) quali siano le condizioni che determinano i comportamenti dei singoli attori nelle organizzazioni. Le risposte a queste domande sono in larga misura equivalenti. Possiamo chiederci, ad esempio, quali siano le condizioni per cui uninettuno sia diversa dalle altri università , da una banca o da un grande magazzino identificando le caratteristiche che identificano queste organizzazioni. Possiamo anche chiederci quali sono le caratteristiche dei professori, degli studenti, del cassiere della banca o della cassiera del grande magazzino (in generale degli attori delle organizzazioni). Le condizioni che descrivono la sfera di azione che hanno a che fare con norme statuite a diverso livello di autorità che circoscrivono norme e condotte legittime ( discrezionalità dei singoli attori): ad esempio se io faccio il prof ho uno status giuridico , appartengo ad una Istituzione Pubblica che è un’organizzazione regolata da norme pubbliche. Questo status giuridico è contenuto all’interno delle leggi dello Stato ( il che vuol dire che la legge dice in cosa consistono il mio impegno, i miei doveri e i miei diritti). Questo, però, non esaurisce la mia sfera di azione perché, ad esempio il programma di insegnamento viene deciso in un consiglio di facoltà oppure in un senato accademico. Quindi ci sono dei governi locali all’interno dei quali si decide che fa il professore x o gli studenti. LA SFERA DI AZIONE E’ COSTITUITA DA UN INSIEME DI NORME CHE SONO DECISE A VARI LIVELLI GERARCHICI ( se invece che all’interno di una Università pubblica lavorassi in una banca la sfera di azione sarebbe più determinata da regole locali e cioè da ciò che si decide in quella particolare banca) . Le norme sono statuite in maniera formale ma generica perché non scendono nei particolari di ciò che dobbiamo fare ( ad esempio al prof non dicono cosa deve insegnare nella quarta lezione di psicologia delle organizzazioni ;-) .Quindi la sfera di azione lascia dei gradi di libertà . Il tipo di ruolo determina i gradi di libertà della sfera di azione: ad esempio un cassiere avrà una sfera di azione più limitata. Quindi LA SFERA DI AZIONE ( assunto) 1) E' dettata in maniera formale 55 2) Ma è anche dettata da una negoziazione ( collettiva e/o individuale). Pensiamo ai contratti collettivi Nazionali. acciaieria ( produrre qualcosa) , è diverso dal processo che identifica una scuola ( insegnare). CONDIZIONI SOGGETTIVE 1) Grado di autoconsapevolezza che una organizzazione elabora rispetto sé stessa: gli uomini dentro le organizzazioni hanno via via elaborato informazioni e conoscenze che gli hanno consentito di elaborare in modo diverso quello che fanno all’intemo dell’organizzazione. Quindi il disegno di una organizzazione risente della forma di consapevolezza che gli attori hanno di sé stessi e del loro rapporto col corso d’azione che caratterizza quel particolare mondo. Vediamo come si è evoluta la struttura delle organizzazioni nell’ultimo secolo. Ci soffermiamo su alcuni assi di mutamento che hanno determinato le trasformazioni. Consideriamo il periodo storico dalla fine dell’ ‘800 ( Ricordate Taylor e la seconda rivoluzione industriale?) ad oggi. 58 GERARCHIA E FUNZIONI Spesso si identifica la parola gerarchia come sinonimo di organizzazione. Alcuni economisti considerano le attività economiche soggette a due tipi di coordinamento: 1) I mercati 2) Le gerarchia In questo caso quando si parla di gerarchia si intende qualcosa del tutto simile all’organizzazione. Questo però significa non interpretare correttamente il concetto di organizzazione perché un'organizzazione è una gerarchia a cui si intreccia e associa un qualche altro criterio di ordinamento. La nozione di gerarchia è importate e proviene dal lavoro fatto all’interno dell’organizzazione così come questo è stato negli eserciti. Infatti uno degli artefici del concetto di gerarchia è stato Federico Il di Prussia il quale è definiva il suo esercito come “gerarchia perfetta” in cui ogni uomo doveva avere un capo e un capo soltanto. Abbiamo visto, però, parlando di Taylor come accanto alla gerarchia compaia un altra caratteristica: “la funzione”. Taylor mise in evidenza che all'intero di un’organizzazione non vi è solo un percorso esecutivo dove le persone adempiono al loro compito ma parallelamente c’è una attività con la quale si mette a punto il modo di lavorare ( tempi e metodi) , la selezione, la formazione, l’incentivazione e la gestione delle risorse economiche e materiali dell’organizzazione ( precostituire una serie di precondizioni che permettono di fare il lavoro al meglio: il one best way). Questa parte del lavoro dell’organizzazione viene ordinata secondo un criterio che non è solo gerarchico ( non dipendente solo dai capi) ma dipendente da altre persone, altre competenze e quindi da altri capi ed altre gerarchie. QUINDI NELLE ORGANIZZAZIONI, ACCANTO ALLA GERARCHIA NASCE LA NOZIONE DI FUNZIONE: un’organizzazione ha un ordinamento che non è solo in funzione di chi comanda e di chi ubbidisce ma anche in funzione delle diverse competenze che vengono esercitate al suo interno. Uno dei caratteri tipici, oltre alla divisione del lavoro è la specializzazione. FUNZIONE: riguarda diversi momenti del funzionamento organizzativo che corrispondo ai diversi momenti della specializzazione delle competenze che riguardano quella particolare organizzazione; svolge la RICOMPOSIZIONE DEL LAVORO che è stato spezzettato e il COORDINAMENTO del lavoro diviso che comporta una interdipendenza. Il lavoro diviso è composto da singoli lavori specializzati. Il coordinamento si può avere nella stessa area di competenza come in diverse aree ( ad esempio nella messa in essere di un particolare processo produttivo: es. dal trattamento di materie prime del legno di una sedia , alla verniciatura finale della sedia) GERARCHIA: ordinamento dall’alto verso il basso; soddisfa esigenze di comando e di controllo. La nozione di funzione si è sviluppata circa mezzo secolo dopo Taylor attraverso l’opera di Parson ( sociologo). 59 Funzione e gerarchia sono fondamentali criteri di ordinamento. ASSETTO FUNZIONALE Associando queste due nozioni (gerarchia e funzioni) abbiamo lo schema tipico della organizzazione funzionale come si è gradualmente imposto ed evoluto nel passaggio dalla prima alla seconda rivoluzione industriale. ASSETTO FUNZIONALE Questa figura mette in evidenza quelle che sono le caratteristiche di un assetto funzionale. Abbiamo: a) attività in ingresso b) attività in uscita c) attività intermedie d) attività di coordinamento e) altre attività che hanno a che fare con il presidio o altre competenze all’interno del processo produttivo. Esempio: immaginiamo la azienda di sedie e identifichiamo le diverse attività. Funzioni in ingresso: sono relative ad attività necessarie a reperire le risorse necessarie alla produzione , ad esempio legno, macchinari, capitali, persone in grado di lavorare con me macchine e quei particolari materiali. Le attività confluiscono nella gestione delle risorse di ingresso e sono a monte del processo di produzione Processo produttivo intermedio: può essere rotto in diversi momenti. Il primo consiste nel costruire i componenti di cui è fatta la sedia ( gambe, sedile, schienale), il secondo momento consiste nell’assemblaggio degli elementi e il terzo nella lucidatura. Quindi il processo di produzione può essere immaginato in diversi momenti (non necessariamente 3) o diversi reparti. Funzioni di uscita: una volta prodotta la sedia deve essere immessa sul mercato a persone che hanno bisogno di sedie e che identifichiamo con la domanda. Ci saranno uffici in cui ci saranno persone il cui compito sarà quello di fare in modo che i prodotti siano vengano venduti e distribuiti ( nella figura compaiono nel rettangolo della gestione della domanda) e che il ciclo si chiuda per ricominciare in quanto la vendita porta ad un rifinanziamento delle risorse iniziali. Fra input ed output ci sono delle attività di processo indicate con la Funzione di pattern: il concetto di pattern è ripreso dall’informatica e vuol dire memoria ausiliaria ( si parla di immagazzinamento di risorse e prodotti come se essi fossero elementi di una memoria di supporto) .Il pattern serve a far sì che l'impatto delle risorse e della domanda, nel corso del processo di trasformazione, sia attutito (si potrebbe anche chiamare buffer). Una tipica funzione di pattern è quella dell’immagazzinamento: ad esempio delle materie prime ( che si comprano quando il mercato è più favorevole) che se sono in eccesso vengono messe in un magazzino ( stoccaggio) fino a che non sono necessarie. Allo stesso modo vengono immagazzinati i prodotti che non vengono venduti immediatamente. Queste zone cuscinetto hanno lo 60 scopo di stabilizzare il processo di produzione rispetto alla variabilità delle attività di confine ( risorse e domanda). A queste zone corrisponde il processo di buffering ( cuscinetto) che ha lo scopo di isolare il vero e proprio processo di produzione (nucleo di produzione) dalle attività di ingresso e di uscita e delle attività che hanno il compito di gestire gli ambienti di ingresso e di uscita. Funzioni di coordinamento: sono relative alla coordinazione delle attività viste in precedenza. Fra le funzioni di coordinamento possiamo identificare il direttore di produzione. Funzioni di progettazione: Salendo nella gerarchia troviamo le attività di ricerca e sviluppo: le sedie non devono essere solo prodotte ma anche progettate e immaginate sia nel design che nel percorso e nelle tecnologie che deve essere attuato per produrle. L'assetto funzionale è una combinazione di funzioni sull’orizzontale ( specializzazione delle competenze) e livelli sulla verticale ( gerarchia). Le funzioni sono ritagliate sulle specializzazioni delle competenze e quindi disposte su grandi aree ( MRUL AL ARTT RE SI “produzione”, “marketing”, “personale”, “vendite” pipe i, etc).. Ed entro le funzioni c'è un’ articolazione per LATO 2 IPREPERTT i uffici, reparti a loro volta disaggregati in livelli che “marketing e Li 3 definisce la divisione del lavoro. Poi ci sono le zone cuscinetto (buffer) che hanno la funzione di proteggere il nucleo tecnico. ASSETTO FUNZIONALE E FORME DI RAZIONALITA' All’interno di un’organizzazione , sotto il modo di gestire e di pensare possiamo distinguere due mondi 1) Il mondo della razionalità organizzativa: è tipico dei presidi dell'ambiente sia in ingresso che in uscita. La razionalità amministrativa è’ un modo di concepire il mondo e di prendere decisione che gioca sull’incertezza e sulle contingenze. Per definizione le contingenze sono quegli eventi su cui non possiamo esercitare un controllo diretto ( ad esempio una crisi economica) e sono anche condizioni delle quali l'azienda non ha una conoscenza perfetta perché gli eventi contingenti non sono prevedibili. Questo modo si occupa della gestione della domanda e quindi deve essere attento anche al grado di soddisfazione dei clienti ( visibilità sul risultato finale). Implicazioni: l'affidabilità e cioè fare le cose seguendo sempre lo stesso schema, non genera efficienza né efficacia. Per essere efficienti ( ossia ottenere il miglior impiego delle risorse) non è sufficiente ripetere sempre le stesse procedure. Il tipo di responsabilità di chi attua la razionalità amministrativa è rivolta a far fronte ad eventi esterni e quindi a trovare le risposte migliori a ciò che accade all’esterno 2) Il mondo della razionalità tecnica: ha a che fare con delle certezze ( funzioni con delle variabili che determinano il processo produttivo) o variabili che rappresentano eventi che sono sotto il controllo della produzione( posso aumentare 61 o diminuire la produzione o i giri di una certa attrezzatura) e i rapporti causa effetto sono certi. Quindi l’attenersi a certi programmi e a certe procedure genera efficienza. La responsabilità delle persone coinvolte è quella di gestire i processi interni. C'è bisogno più di conoscere che di controllare e chi si occupa degli aspetti tecnici ha una scarsa visibilità in relazione agli esiti del prodotto ( non solo la sua vendita ma anche il grado di soddisfazione dei clienti). Quindi c'è una distanza fra questi due mondi : uno è periferico (razionalità organizzativa) e gestisce l'esterno, uno è centrale e gestisce l'interno (razionalità tecnica). Fra i due mondi abbiamo le attività di buffer che protegge la ripetitività del nucleo tecnico. Questo è un modello classico di base che è stat concepito per le attività manifatturiere ma abbiamo anche esempi su organizzazioni diverse come gli ospedali. L'ospedale è un’organizzazione di tipo funzionale non puro perché ci sono degli aspetti dell'ospedale come i dipartimenti delle emergenze e dell’accettazione che non ha una divisione del lavoro basata sulle competenze ( chirurgia, servizi diagnostici) ma si basano sulla domanda esterna. IL MODELLO DIVISIONALE: è una evoluzione del modello funzionale. Non è distante dal VETTORI DI CAMBIAMENTO INTRODOTTI DAL JUST IN TIME 1) Agire in presa diretta con l’evoluzione e la turbolenza dell'ambiente: le risposte dell’organizzazione si adattano ai veloci mutamenti delle richieste dall'esterno. Ad esempio si può modificare il processo di trasformazione tenendo conto dell'evoluzione dei gusti dei clienti ( evidentemente entro una certa gamma di possibilità). 2) Affievolire la protezione del nucleo tecnico ( applicabilità della razionalità tecnica): eliminando il buffering si fa sì che la variabilità delle contingenze impatti più violentemente sul nucleo tecnico ( funzionamento interno). Questo vuol dire che il nucleo tecnico diventa più elastico e flessibile e in grado di rispondere con maggiore agilità alle domande del mondo esterno. 3) Riduzione dei livelli gerarchici : organizzazione piatta ossia più orizzontale che verticale . 4) Aumentare l’agilità di sistema cioè la sua capacità di rispondere più rapidamente alle richieste. Tutto questo comporta una semplificazione del disegno anche se questo può implicare una complicazione dei singoli processi. Oggi si parla molto di flessibilità ed un tipo di flessibilità riguarda i cambiamenti di cui abbiamo parlato. ORGANIZZAZIONE A MATRICE ( MODELLO A MATRICE) E’ un modello all’interno del quale la gerarchia perde gradualmente importanza mentre acquista maggiore importanza l’idea di processo e cioè la congiunzione trasversale delle diverse attività che caratterizzano il funzionamento dell’organizzazione. In questo modello abbiamo da un lato le funzioni classiche ( acquisti, produzione, personale, commercializzazione etc..) e dall’altro la messa in evidenza dei processi orizzontali che attraversano queste funzioni e quindi anche l'esigenza di gestire ciò che accade all’interno dell’azienda ed ordinare il corso di azioni, non solo verticalmente seguendo la logica funzionale delle competenze e della loro specializzazione ma anche orizzontalmente seguendo la logica di processo che caratterizza il prodotto. Esempi: 1) Banca: da un po’ di anni nascono banche con assetto tendenzialmente a matrice nel senso che la banca, pur essendo un'unità, ha al suo interno delle articolazioni diverse a seconda del tipo di utenza a cui è rivolta. Per cui c'è la banca x peri cittadini e le famiglie, la banca per le piccole medie aziende oppure per la grande 65 azienda. La banca specializza la propria rete in funzioane del tipo di utenza. E' sempre la stessa banca ma ha tre terminali diversi e si organizza orizzontalmente in modo da tener conto delle esigenze dei diversi utenti 2) Organizzazione dell’industria manifatturiera per linea di prodotto: ad esempio l'azienda di sedie che si articola in due sotto-aziende, una di sedie per uffici ed una di sedie per famiglie. Ragionando in termini di matrici famiglie ed uffici sono due singoli processi: si avrà un direttore della produzione e un direttore dei servizi amministrativi secondo il modello funzionale però accanto a questi compariranno un manager di prodotto per ogni tipologie di sedie che rappresenta il momento orizzontale della matrice. 3) Ospedali e sanità: l'assetto degli ospedali oggi è prevalentemente funzionale perché ci sono settori specializzati ( psichiatria, oculistica, ortopedia.. etc) che determinano la divisione degli ospedali in dipartimenti. Questo non è sempre vero perché i reparti di urgenza e l'accettazione non seguono la logica specialistica. Oggi diventa sempre più forte l'esigenza di un cambiamento perché anche gli ospedali devono tener conto delle esigenze degli utenti per poterle soddisfare nel miglior modo possibile. Ad esempio un paziente con più patologie ha bisogno della consulenza di più dipartimenti. anche l'ammalato ha un percorso orizzontale nella struttura orizzontale e le organizzazioni devo quindi tener conto dei profili sanitari oltre che delle competenze tecnico specifici. COMPETENZE DI FUNZIONI E DI PROCESSO Vediamo quali sono le competenze dei singoli attori in una azienda a) Competenze di funzione: ad esempio il funzionario commerciale, il tecnico della produzione, il medico specialista. b) Competenze di processo: ad esempio il responsabile del marketing o l'esperto di customer related management ( porta l’attenzione sull’attenzione del cliente) . Questa seconda figura si potrebbe , ad esempio, occuparsi di vestiti su misura e quindi dover controllare il processo per la loro produzione ma anche fare delle ricerche utilizzando dei database per valutare le richieste in modo da poter realizzare una produzione in serie ma contemporaneamente su misura. Nel caso ospedaliero il caposala ha competenze di processo. ULTERIORE EVOLUZIONE: ORGANIZZAZIONE A RETE L'organizzazione si specializza nella produzione di un determinato componente. Ad esempio per l'industria automobilistica ci sono aziende che producono la parte elettronica ed altre che producono parti meccaniche e poi ci sono aziende che le assemblano. Questo comporta una connessione di diverse aziende che formano una rete di produzione di certi prodotti. C'è anche una tendenza di prendere dall'esterno beni e servizi ( ad esempio servizi amministrativi ) per ridurre i rischi. Esempio: immaginiamo una persona colpita da aneurisma. La persona viene portata in urgenza e poi operata. Se l'operazione ha successo viene 66 introdotta ad un certo percorso di riabilitazione e poi viene affidata alla assistenza domiciliare integrata . Il percorso prevede un segmento acuto che è quello dell'urgenza ed uno cronico che è quello della riabilitazione. Una parte del processo avviene all’interno dell'ospedale ed una all’esterno. Il percorso complessivo del paziente riguarda diverse organizzazioni. In questo caso offrire un prodotto ottimale significa integrare al meglio i diversi momenti che la patologia attraversa. Qui ci troviamo di fronte ad un complesso di aziende che lavorano in rete e parliamo di organizzazioni in rete per cui l'ottimizzazione , oltre a dover essere a livello di singola organizzazione deve essere effettuata a livello di rete. LEZIONE 14 LA VALUTAZIONE Tema molto importante per le organizzazioni e riguarda la necessità di rispondere ad alcune domande tipiche: 1) Che cosa è successo e sta succedendo in una determinata funzione organizzativa 2) Se cosa è successo corrispose a ciò che volevamo realizzare. 3) Come possiamo modificare i corsi di azione che abbiamo intrapreso o come possiamo stabilizzarli se la valutazione è risultata positiva. EFFICACIA ED EFFICIENZA: sono 2 parametri che consentono di ancorare gran parte dei giudizi relativi alla valutazione. In tutte le organizzazioni sono attuate forme di valutazione più o meno strutturate , più o meno formalizzate. Sono comunque accomunate dal farsi le domande che abbiamo prima descritto e dal fatto che in misura diversa sono finalizzate a riorientare l’attività organizzativa. Le valutazioni sono attuate per capire se l’attività lavorativa è efficiente ed efficace. EFFICIENZA: è il rapporto fra input ed output dell’azione. In pratica è il rapporto fra ciò che investiamo e ciò che otteniamo. Un’attività efficiente sfrutta molto bene le risorse. EFFICACIA: misura di quanto la nostra attività si avvicina all'obiettivo che volevamo raggiungere. Si possono dare diverse combinazioni di questi due parametri. Chi utilizzerà nella sua attività queste conoscenze, scoprirà come la capacità di combinare questi due parametri sia un aspetto molto delicato della progettazione dell’azione organizzativa. Possono esistere attività abbastanza efficaci che raggiungono gli obiettivi preposti con costi molto alti ( i benefici non giustificano gli investimenti iniziali). Allo stesso modo possiamo avere attività efficienti semplicemente in rapporto a quanto utilizzano senza che però vengano centrati gli obiettivi preposti. EVALUATION: termine inglese che riguarda le discipline e le tecniche che ci permettono di valutare l’attività lavorativa. 67 ALCUNI APPROCCI ALLA VALUTAZIONE: alcuni commenti , le caratteristiche principali. Esso indica una famiglia di tecniche che risalgono agli anni '60 del secolo scorso quando ci furono i primi tentativi sistematici di formalizzare e pratiche e procedure per dare risposta alle domande poste prima e quindi di trovare criteri di valutazione di efficacia ed efficienza. STORIA Il clima culturale degli anni '60 del secolo scorso è segnato dall’evolversi di tecniche di tipo statistico ( campionamento per l’analisi dei dati) che consente di costruire modelli per l’analisi dei dati sempre più sofisticati. | temi delle politiche sociali e sociosanitarie ed, in generale, di approccio al sociale ( anche relativi alla formazione) perché viene a crescere l’attenzione per le problematiche ad esso connesse i temi più specifici relativi alle organizzazione hanno portato inizialmente a concepire gli eventi come catene lineari di cause ed effetti. Successivamente, però, si arriva rapidamente ad uno spostamento dell’attenzione a specifici individui e gruppi che è molto importante per chi si occupa di psicologia. Non si tratta di abbandonare un rigore scientifico ( analisi statistiche), si tratta di coglierne l’eccessiva rigidità di valutazione quando vengono considerate le scelte individuali e collettive dell'azienda. Quindi si ha un passaggio dalla interpretazione di eventi organizzativi come risultato di relazioni di causa-effetto ad una nella quale si considerano comportamenti reali, modelli di scelta, determinanti di scelta di individui e guappi coinvolti nell’attività organizzativa. ( passaggio da un modello positivista ad uno più attento alla flessibilità dei modelli necessari per comprendere la complessità dei comportamenti) DIVERSI APPROCCI ALLA VALUTAZIONE Abbiamo visto il passaggio ad un tipo di attenzione che tiene conto della complessità degli individui e dei gruppi. Questo ha determinato anche una diversificazione di approccio alla valutazione che qui descriviamo secondo un criterio presentato da Davis e Treker(?) : 1) Sperimentale: si richiama al paradigma classico della ricerca scientifica. L’attenzione è focalizzata a controllare i fattori estranei alla variabile controllata , a controllare le influenze esteme e la validità delle misure. | termini di misura e validità hanno lo stesso significato che hanno per le scienze sociali. Esempio: consideriamo una attività di formazione all’interno di una organizzazione. Ci si propone di capire quali metodi di formazione siano più efficaci in un determinato contesto. L'approccio sperimentale utilizza gruppi di controllo per capire se i risultati di una attività formativa sono effettivamente imputabili ad una tale tecnica. L'approccio sperimentale mira a produrre risultati generalizzati: questo permette di utilizzarli anche i diverse condizioni sperimentali. Questo approccio è applicato raramente nelle organizzazioni. Pensiamo alle difficoltà tecniche e deontologiche di creare un gruppo di controllo al quale non viene assegnata una tecnica formativa né una nuova forma di incentivazione di cui si vogliano valutare gli effetti Questo non è realizzabile senza danni e quindi l'applicazione di questo approccio presenta delle oggettive difficoltà. 2) Orientato agli obiettivi: l’obiettivo è capire se una attività specifica è o no efficace ed efficiente. Il -FATTORI DI RISCHIO PSICOSOCIALE «INDICATORI DI BENESSERE ORGANIZZATIVO FUNZIONAMENTO ORGANIZZATIVO: BENESSERE E MALESSERE Le modalità di funzionamento delle organizzazioni creano le condizioni che rendono più probabile il benessere o il malessere di individui e gruppi. La strutturazione delle organizzazioni e la conduzione dei loro processi intemi, a parità di altri fattori, determina maggiore o minore probabilità di avere esiti interni di benessere o di malessere per gli individui e i gruppi. INFORMAZIONI GENERALI PER LA COMPRENSIONE DEL NESSO FRA STRUTTURA E FUNZIONAMENTO ORGANIZZATIVO E BENESSERE O MALESSERE DI INDIVIDUI E GRUPPI. 71 Attualmente ci sono molti cambiamenti nella gestione delle organizzazioni. Ci sono cambiamenti nel modo di lavorare , negli orari di lavoro, nelle modalità con cui si hanno dei rapporti di lavoro. Dal punto di vista psicologico si rileva che ogni cambiamento proposto ai lavoratori e ai membri dell’organizzazione ( ad esempio il posto fisico, il modo di lavorare , il tipo di relazioni con i compagni di lavoro) può essere visto come un compito da risolvere. Come tutti i compiti ha una doppia valenza: da un lato affrontare cambiamenti delle condizioni lavorative offre l'occasione di migliorare le capacità complessive della persona. La ricerca però ci insegna che questo sviluppo si verifica a patto che il compito sia proporzionato alle risorse che il soggetto possiede o può procurarsi. Per capire il contesto che consideriamo partiamo da alcuni dati che determinino il contorno : DATI DELLA FONDAZIONE EUROPEA PER IL MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI LAVORATIVE E DI VITA ( 2000) . Ci riferiamo ai lavoratori europei e quindi a diverse tipologie di lavoratori (diverse collocazioni in campo produttivo) a cui corrisponde una gamma molto ampia di collocazione organizzativa. I dati sono: - Il 20% dei lavoratori europei lavora più di 45 ore alla settimana. - Il 27% dei lavoratori europei ritiene che il suo lavoro stia in qualche modo minacciando la sua salute. Questi dati sono in costante aumento dal 1995 . - Il 24% dichiara di lavorare con ritmi elevati quasi tutto l'orario di lavoro. (rileva delle pressioni relative al ritmo elevato della attività lavorativa) - Il 56% dichiara di lavorare ad un ritmo elevato per almeno un quarto del tempo complessivo di lavoro. Causa di questa pressione percepita. Pressione dovuta alle relazioni con persone La causa principale non è, come un tempo, determinata da obiettivi prefissati o imposta da macchine ( si pensi alle catene di montaggio) sono clienti, utenti e pazienti. Le esigenze non provengono da macchine od obiettivi produttivi ma da relazioni con altre persone. Mentre in tempi passati i movimenti operai hanno attuato proteste contro la pressione lavorativa indotta dai ritmi fisici causati da macchine e da obiettivi di produzione ( vedi il film “Tempi moderni di C. Chaplin), ad oggi risulta difficile attuare delle proteste perché esse sarebbero rivolte a relazioni con persone coinvolte nel corso dell'attività lavorativa, relazioni di cui sono difficoltosi la gestione e il controllo. Fonte di influenza sui ritmi dovuta ai colleghi di lavoro. Dal 1995 al 2000 è passata dal 37% al 43%. Questo è il parametro che presenta il massimo aumento e ciò richiama la necessità di intervenire sui ritmi pressanti nell'ambiente lavorativo. Quindi un altro problema legato all'interazione RIASSUNTO e RIFLESSIONI SUL SIGNIFICATO DI QUESTI CAMBIAMENTI Siamo in una condizione in cui il lavoro esagera perché si evidenzia che ai lavoratori viene chiesta sostanzialmente più flessibilità. ( da un punto di vista psicologico oltre che lavorativo). Ciò è evidente se analizziamo quello che si legge sui giornali in merito alle richieste lavorative. La flessibilità è quindi intesa non solo dal punto di vista 72 macro-organizzativo, economico e produttivo ma anche come garanzia della flessibilità dell’attività lavorativa da parte del lavoratore. La richiesta di esibire più flessibilità sul lavoro porta una maggiore ambiguità sul cosa fare e come fare. Essere flessibili vuol dire prendere più decisioni, farsi carico di maggior responsabilità, discrezionalità e rispondere in tempo reale alle possibili varianti di richieste e quindi, a parità di altri fattori, comporta minore prescrittività e minore possibilità di ricorrere ad un protocollo ( di conseguenza c'è più ambiguità). Quindi: la flessibilità porta all’ambiguità e l'ambiguità porta incertezza L’incertezza non viene solo dalla scarsa prevedibilità (gli stati futuri non sono prevedibili a causa della turbolenza dell’ambiente) ma anche da richieste ambivalenti o paradossali di cui qui riportiamo degli esempi: a) una azienda richiede di essere competitivi mo capaci ma fare “squadra”, b) la richiesta di pensare in grande in previsione del futuro e al tempo stesso essere valutati su risultati a breve termine (che si ottengono con strategie molto diverse rispetto a quelle che si usano per conseguire risultati a medio e lungo termine) ; c) viene richiesto di sentire gli obiettivi dell’azienda come propri ma si viene guardati con sospetto se non si cambia spesso azienda , se non si segue una carriera dove anche la mobilità è un elemento importante. Da un lato fattori intrinseci al job, dall'altro fattori estrinseci legati all’organizzazione concorrono insieme ad aumentare il grado di incertezza nelle organizzazioni così in cambiamento. Molti dati di ricerca concordano sul fatto che la qualità della vita lavorativa è collegata al grado di controllo che le persone percepiscono di poter avere sulla situazione in cui sono inserite. Quindi situazioni di ambiguità e incertezza generano un a percezione di basso controllo che a sua volta produce malessere. Basso controllo: scarsa possibilità di modificare gli eventuali elementi negativi del lavoro. Vuol dire sentirsi scoperti rispetto a ciò che può accadere, avere la sensazione che si potranno presentare eventi o situazioni che non saranno sotto la nostra possibilità di intervento. Vuol dire prendere decisioni meno efficaci sul proprio futuro: in condizioni di incertezza la programmazione della propria carriera è resa più complessa, non solo come crescita verticale dal punto di vista economico e gerarchico, ma anche come sviluppo della propria traiettoria professionale e personale. Quindi, a parità di altri fattori, organizzazioni che creano incertezza portano ad essere i lavoratori meno capaci di progettare il proprio futuro personale e professionale. DATI DI RICERCA IN MERITO AGLI EFFETTI DOVUTI ALL’INCERTEZZA SUL POSTO DI LAVORO ( Ferrie et al. della Social Science and Medicine 1998) Cambiamenti rilevanti nelle organizzazioni insieme all’insicurezza sul proprio posto di lavoro producono effetti sulla salute psicofisica dei lavoratori interessati. Quando si verificano cambiamenti nel tipo e nel modo di lavoro e ne tipo di persone . GIUSTIZIA PROCEDURALE E’ un tema molto toccato in questo periodo (2000? me viè da piange) . La giustizia procedurale è sentire che la propria organizzazione agisce in modo imparziale ed etico verso i suoi membri e sentire che fa almeno fa esprimere il proprio punto di vista sulle decisioni. 73 DATI ( presi dall'American Jurnal of public healt 2002): poca giustizia procedurale ( poche persone che sentono questo tipo di situazione) è un rischio per il benessere misurato attraverso l’autovalutazione dello stato di salute, la presenza di disturbi, la presenza di disturbi psichiatrici minori e le assenze di malattia. Un malfunzionamento a livello di giustizia procedurale si riflette su queste variabili. ECCESSIVO SFORZO MENTALE O FISICO Mansioni che richiedono un eccessivo impegno o sforzo, sia esso mentale o fisico , diminuiscono, a parità di fattori, il grado di controllo esercitato dal soggetto sulle situazioni. DATI ( presi dall'American J. of Industrial Medicine , 2002 Bongers et al) Disturbi di tipo musco- scheletrico delle estremità superiori ( collo, spalla, polso) sono collegati ad impegno elevato richiesto dal compito lavorativo. Si vedono effetti di tipo fisico a causa del carico di lavoro. Tutta questa tematica è stata collegata al tipo di risposte delle organizzazioni a queste problematiche ma da un punto di vista psicologico è collegata alla risposta dei singoli individui che è rappresentata dalla disponibilità al cambiamento. DISPONIBILITA’ AL CAMBIAMENTO DATI ( presi dal J. of Organizational and Occupational Psychology 2002 Cunningham et al) La disponibilità al cambiamento non è tanto una qualità individuale ma dipende fortemente dal contesto in cui le persone sono inserite. | fattori da cui dipende sono: a) La qualità del cambiamento ( il cambiamento è reputato necessario?) b) Da caratteristiche personali ma dal punto di vista del “ se sarò capace” di affrontare il cambiamento. c) Dal poter contribuire e decidere le modalità del cambiamento. CASO DEL BURNOUT PER BURNOUT SI INDICA UNA CONDIZIONE DI ESTREMO STRESS LAVORATIVO RILEVATO IN PREVALENZA FRA | SOGGETTI IMPEGNATI IN ATTIVITA’ DI AIUTO. ( in ambito sociosanitario, di insegnamento, ambiti in cui il lavoro è una situazione di sostegno di altre persone) Il burnout è stato operazionalizzato in tre dimensioni principali da Christian Maslach ( 1981): 1): E' una sindrome di esaurimento emotivo 2) E’ una sindrome di depersonalizzazione 3) E' una sindone che porta ad una ridotta realizzazione personale ( riduzione del senso di autoefficacia della persona) . Maskach realizzò uno strumento diagnostico standardizzato chiamato Maslach Bumout Inventory. Le ricerche dimostrano che persone che presentino un esaurimento emozionale e un distacco consapevole e sofferente non sono necessariamente a rischio di bumout. Analogamente non è stata dimostrata una dipendenza della sindrome da caratteristiche di personalità. Di certo una buona capacità di hardness e di resistenza di fronte alle difficoltà é una delle caratteristiche individuali che è risultata correlata ma anche in questo caso non ci sono risultati decisivi. Anche gli 74 atteggiamenti verso il lavoro non hanno mostrato una correlazione certa : ad esempio aver un atteggiamento molto positivo verso il lavoro ha portato a dei risultati anch'essi non definitivi. C'E’ INVECE UN CERTEZZA SUGLI INTERVENTI CHE SI POSSONO FARE PER ARGINARE IL BURN OUT La maggior parte dell'attenzione è stata indirizzata verso soluzioni centrate sull’individuo. Queste sono quindi mirate a rendere più capaci gli individui ad affrontare le situazioni difficili o a ridurre i costi negativi di queste situazioni. DATI: gli interventi centrati sull’individuo hanno qualcosa di paradossale perché la ricerca ha dimostrato il ruolo dei fattori situazionali ed organizzativi come causa del burnout aldilà delle differenze fra un individuo e l’altro. In più in gran parte delle situazioni lavorative le persone hanno poco controllo sugli stressori presenti nella loro attività lavorativa. Ciò è paradossale ma spiegabile perché chi ha a che fare con le organizzazioni si rende conto che è più economico cambiare gli individui cercando di renderli più resistenti piuttosto che modificare il modo in cui le organizzazioni sono strutturate. Ecco perché risultati di questo tipo ci segnalano l’importanza di guardare al funzionamento delle organizzazioni. Si vede ancora meglio quando osserviamo le strategie di intervento sulle persone che riducono i danni: ad esempio insegnando strategie di coping (fronteggiamento) si possono apprendere strategie di risposta ma esse non si applicano facilmente sul lavoro perché esso presenta dei vincoli ( di compito e relazionali). I risultati sperimentali dimostrano che quando vengono apprese le strategie per fronteggiare il bumout le persone non modificano significativamente la depersonalizzazione e il senso di inefficacia personale mentre viene eliminato l'esaurimento emotivo ( comunque i dati sono ancora contraddittori e non permettono la generalizzazione) . MOBBING Ci limitiamo agli aspetti interessanti per questo corso. I comportamenti di mobbing sono caratterizzate da: a) un'aggressione: che tende ad essere protratta nel tempo b) tende ad aumentare di intensità con il tempo c) è associata alla percezione dell’impossibilità di difendersi da parte del soggetto. Quindi l'elemento dell'aggressione e del protrarsi nel tempo sono elementi tipici dell sindrome di stressma più che dalla presenza dello stressore la sindrome da mobbing deriva dalla incapacità di difendersi Non è un caso che vi sia una analogia fra clima organizzativo e clima atmosferico in quanto come il clima atmosferico si riferisce all'insieme delle condizioni che caratterizzano una certa regione da un punto di vista geografico influenzando in essa lo sviluppo della vita , questo set di caratteristiche sono fattori capaci di influenzare il comportamento delle persone. IL CONCETTO DI CLIMA E° IN ANALOGIA CON QUELLO DI PERSONALITA’ Questo approccio non è lontano a quello della psicologia della personalità per gli individui: infatti le caratteristiche possono essere paragonate ai tratti di personalità che possiedono le proprietà a,b,c,d. Quindi c'è una analogia forte fra il concetto di clima organizzativo e quello di personalità. CONOSCERE IL CLIMA ORGANIZZATIVO CONSENTE DI FARE PREVISIONI Una conseguenza è che si conoscono bene gli elementi del clima si possono fare previsioni sui comportamenti futuri che avranno gli individui, i gruppi e le organizzazioni che sono composte da essi. CRITICHE: questa concezione portò ad una serie di critiche che portarono a definire il clima come percezione soggettiva ( prima era considerata esclusivo attributo dell’organizzazione). Una serie di approcci e di ricerche hanno confermato che nel clima c'è una forte componente soggettiva. In altre parole il clima esiste in quanto viene percepito dalle persone all’intemo dell’organizzazione ma anche all’estero. DEFINIZIONE DI CLIMA ( Pritchard & Karasick) Il clima è una qualità relativamente durevole dell’organizzazione che è percepita dai membri e serve da base per interpretare la situazione. Qui c’è il passaggio in più che sottolinea l’importanza dei modi con cui le persone si formano le percezioni dell’organizzazione, di come le scambiano e le adoperano per dare una spiegazione di ciò che accade all’interno dell’organizzazione. Successivamente viene ulteriormente accentuata l’attenzione su come individui e gruppi percepiscono e costruiscono una spiegazione della organizzazione sulla base delle percezioni di clima. 78 ATTUALMENTE C'E’ UN APPROCCIO INTERAZIONISTA prevale un’orientamento che sottolinea L'INTERAZIONE fra caratteristiche psicosociali di individui e gruppi che operano nell’organizzazione e caratteristiche del funzionamento dell’organizzazione . Questo significa che si tiene conto del fatto molto importante in psicologia organizzativa che esiste abbastanza ambiguità di ciascuna quotidiana situazione organizzativa da far sì che i modi con cui sono interpretate sono largamente individuali e queste differenze individuali sono individuate, negoziate e messe in comune. E’ un dato di fatto che le persone danno un significato agli eventi organizzativi e che esso sia influenzato dalla percezione dei modi di funzionare dell’organizzazione. Lo stesso medesimo evento ad esempio la proposta di una nuova modalità di organizzare il lavoro fatto in un'organizzazione i cui membri percepiscano un clima di supporto e aiuto e di interesse da parte dei gruppi dirigenti ha un significato diverso dello stesso tipo di cambiamento fatto in un clima dove le persone percepiscano diffidenza, controllo, dominio, poco interesse ( clima ostile). L'attribuzione di significato all'evento è influenzata da queste percezioni di clima. Esempio: definizione di Reichers e Schneider Il clima organizzativo è fatto delle percezioni condivise delle politiche pratiche e procedure organizzativi, formali e informali. Questa definizioni sottolinea le percezioni condivise cioè il modo in cui le persone confrontano all’interno delle diverse situazioni sociali le loro percezioni co quelle di altri, costruiscono rappresentazioni socialmente condivise o almeno compatibili della situazione e applicano questa rappresentazione a politiche di più lungo periodo, alle pratiche e procedure quotidiane sia formali che informali. DIMENSIONI DEL CLIMA ORGANIZZATIVO Esistono diversi strumenti di misura del clima organizzativo, alcune dimensioni sono: 1) Supporto : percepire un clima di supporto o sostegno 2) Autonomia: la possibilità di esercitare autonomia 3) Leadership: una leadership efficace, più o meno attenta alle persone, più o meno partecipativa 4) Comunicazione: qualità delle comunicazioni ( estese o ristrette, facili o difficili, aperte, chiare o criptiche o riservate a qualcuno) 5) Ricompense: come è strutturato il sistema di ricompense. Ne potremmo aggiungere altre ma queste sono significative per comprendere l’operazionalizzazione del concetto di clima. MISURE DELLE PERCEZIONI DI CLIMA Risulta difficile comprendere come operare queste misurazioni. Nel tempo sono stati sviluppati strumenti che operano misure di tipo quantitativo il che vuol dire un utilizzo di scale e questionari . C'è stato un passaggio, a partire dagli inizi, verso misure sempre più specifiche. Ricordiamo che all’inizio il clima era considerato un attributo dell’organizzazione ma pian piano ci si è accorti che la portata esplicativa di questo tipo di definizione era ridotta e quindi non sufficiente a descriverlo. Schneider ed altri hanno sottolineato la necessità di misure sempre più specifiche ( climate for something = clima per qualcosa) , ad esempio effettuare misure su caratteristiche specifiche come la qualità del servizio, la capacità di ascoltare informazioni provenienti dall'esterno. Misure 79 specifiche misurando le quali aumenta la capacità di descrivere, spiegare e prevedere il comportamento dell’organizzazione. STIMA DELLA CONDIVISIONE DELLE PERCEZIONI E' una misura molto importante ma c’è il problema di come si possa attuare. Abbiamo detto che il clima è costituito d percezioni condivise. La domanda è: quanto deve essere condivisa una percezione essere considerata condivisa? Essa ha avuto risposte diverse dal punto di vista metodologico e statistico. Ci sono stati dibattiti su questo tema in cui sono stati esaminati strumenti diversi. Una media potrebbe indicarci una tendenza centrale che potrebbe non essere tipica di nessuno degli individui e dei gruppi e altre modalità potrebbero soffrire di altri problemi. Quindi bisogna stare attenti alle modalità di misurazione. Come sono costruiti questi strumenti? ESEMPI DI ITEM PER LA MISURA DEL CLIMA ORGANIZZATIVO: 1) Il mio capo mi informa regolarmente su quanto devo sapere per saper far bene il mio lavoro. 2) In questa organizzazione la competitività fra i reparti è incoraggiata. 3) Posso contare sull’aiuto dei miei compagni Un test quantitativo può essere costruito con item di questo tipo con una tipica scala Likert di risposta ( da completamente vero a completamente falso) per la misura del clima organizzativo e possono essere effettuate stime della condivisione delle percezioni. CULTURA ORGANIZZATIVA L'esigenza di parlare di cultura organizzativa in quanto studenti, dirigenti, economisti..hanno osservato che IN OGNI ORGANIZZAZIONE ESISTONO MODI TIPICI DI OPERARE Questi modo tipici sono riassunti nelle frase: “ E’ il modo in cui facciamo le cose da queste parti”. che potremmo ottenere il perché di alcune modalità osservate. E' una risposta che segnala che una organizzazione non è caratterizzata solo da tratti tipici e distintivi ma anche da anche da modalità tipiche di operare. Questi modo tipici di operare dipendono dalla cultura dell’organizzazione TRE LIVELLI DELLA CULTURA NELLE ORGANIZZAZIONI ( SCHEIN): 1) GLI ARTEFATTI: sono tutto ciò che produce un’organizzazione, ad esempio la relazione che accompagna i bilancio annuale , gli edifici che fisicamente contengono l’organizzazione , le modalità concrete facilmente visibili a chi voglia osservare il comportamento dell’organizzazione. Il problema è che gli artefatti sono facilmente visibili ma difficilmente interpretabili. In fatti descrivono cos'è un'organizzazione ma ci dicono poco del perché sia così. A questo livello non possiamo elaborare delle interpretazioni. 2) | VALORI UFFICIALMENTE DICHIARATI DALL'ORGANIZZAZIONE COME FONDANTI DEL SUO FUNZIONAMENTO: ci possono spiegare qualcosa in più sul perché degli artefatti. Essi possono essere individuati osservando: a) Le strategie : b) Gli obiettivi: ufficialmente dichiarati come obiettivi che orientano l’attività dell’organizzazione c) Filosofie considerate come tipiche ( siamo molto attenti alle persone) 80
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