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Troncarelli- La didattica dell'italiano nel contatto interculturale, Appunti di Linguistica

D. Troncarelli - M. La Grassa, La didattica dell’italiano nel contatto interculturale, Bologna, 2018, SOLO I capp. I, II, III

Tipologia: Appunti

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Scarica Troncarelli- La didattica dell'italiano nel contatto interculturale e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! DONATELLA TRONCARELLI-MATTEO LA GRASSA LA DIDATTICA DELL’ITALIANO NEL CONTATTO INTERCULTURALE (CAP.:I-II-III) Introduzione I numerosi movimenti migratori che caratterizzano la nostra epoca portano le società a confrontarsi con le dinamiche sollecitate dal contatto linguistico e culturale. L’incontro con le diverse culture mette inevitabilmente in atto mutamenti che coinvolgono sia il gruppo migrante che la società ospite. Questi mutamenti investono varie sfere della vita sociale e tra queste rientra sicuramente la scuola che, rappresenta un ambito privilegiato del contatto, non solo perché luogo di incontro e scambio tra bambini di lingue e culture diverse, ma anche perché sede della formazione delle giovani generazioni, in cui questo incontro può dare forma a modi e stili di vita plurali che caratterizzano la società di domani. CAPITOLO 1: L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO A ADULTI IMMIGRATI L’insegnamento della lingua italiana a adulti assume storicamente un ruolo di primo piano nel panorama della didattico dell’italiano L2 all’interno dei confini nazionali. Molti furono coloro i quali si spostarono in Italia per svariate ragioni, limitandoci però a pendere in considerazione solo i tempi più recenti bisogna senza dubbia far riferimento al documento scritto da Galli De’ Paretesi: Livello di Soglia, il quale intende fornire indicazioni a docenti e autori di materiali didattici per la costruzione di un sillabo che includa elementi nozionali, funzionali e linguistici. De’ Parentesi individua un pubblico composto da: visitatori temporanei senza un particolare obiettivo legato allo studio; studenti stranieri in università; tecnici presenti in Italia per motivi di aggiornamento professionale; commercianti presenti in Italia per motivi lavorativi e studiosi stranieri che svolgono attività di ricerca in Italia. Le caratteristiche dei movimenti migratori verso l’Italia sono molto cambiate negli anni, infatti, nell’arco di un trentennio gli immigrati sono passati da una condizione di presenza temporanea e semi-invisibilità, a rappresentare una presenza significativa sul totale della popolazione italiana. Dunque, l’immigrato adulto è oggi un soggetto visibile e attivo, che agisce e interagisce nella società ospite, come un attore, però nello stesso tempo questo diventa un apprendente di lingua italiana, sebbene spesso non motivati all’apprendimento. Ne consegue che gli immigrati adulti sono diventati oggi il gruppo di apprendimenti numericamente più rilevante a cui rivolgere un’offerta di formazione linguistica, dal momento che la lingua non è per loro esclusivamente strumento di comunicazione, ma diviene anche mezzo di riscatto e promozione sociale. La necessità di proporre percorsi differenziati, di elaborare un’autentica didattica centrata sull’apprendente è largamente condivisa. Bisogna però distinguere sicuramente due categorie: bambini e adulti. Il fattore età rappresenta una vera e propria linea separatoria tra i macrogruppi di apprendenti che si possono ulteriormente suddividere in base a diversi aspetti: profilo sociolinguistico, motivazioni, bisogni e stili di apprendimento etc … l’età infatti, è uno degli aspetti che maggiormente condizionano il processo di apprendimento/insegnamento di una lingua sia dal punto di vista neurolinguistico che da punto di vista psicopedagogico, ovvero relativo alle modalità di apprendimento definite dal differente quadro linguistico, motivazionale, esperienziale. 1.2 L’apprendimento adulto immigrato: eterogeneità del profilo Importante, per sapere l’andamento delle migrazioni in Italia è il Dossier Caritas che dal 1990 ogni anno fornisce un quadro aggiornato della presenza dei migranti in Italia. Tra gli apprendenti immigrati adulti si possono senz’altro identificare elementi di omogeneità che li accomunano e altri di disomogeneità che invece li differenziano e richiedono di essere considerati in maniera puntuale quando si elaborano percorsi di apprendimento mirati. Gli immigrati adulti hanno un profilo identitario, linguistico e culturale già definito, sebbene ovviamente esposto a possibili influenze del contesto migratorio in cui si trovano a vivere, inoltre, l’adulto immigrato si trova immerso in un contesto che non è particolarmente accogliente dal punto di vista linguistico e a volte assiste a una sorta di atteggiamento schizofrenico delle istituzioni. Questo atteggiamento porta a discutibili scelte di tipo diverso, tra le quali il tentativo di limitare l’uso delle lingue degli immigrati nella scuola e negli enti pubblici. Limitandoci agli aspetti di eterogeneità che caratterizzano il profilo degli immigrati e che possono incidere sulle scelte organizzative e metodologiche dell’offerta linguistica, possiamo distinguere gruppi diversi di immigrati adulti, infatti è possibile che l’adulto immigrato abbia: conoscenza o non conoscenza del sistema di scrittura latino; conoscenza o non conoscenza di un sistema di scrittura diverso da quello latino; padronanza o non padronanza di un sistema di scrittura latino; padronanza o non padronanza di un sistema di scrittura diverso da quello latino. Da ciò si può dedurre che i tempi di acquisizione della lingua, per esempio, saranno molto differenti tra un immigrato alfabetizzato e uno che non conosce il sistema di scrittura latino e che non è alfabetizzato. 1.3 L’età e lo sviluppo delle conoscenze Tra i fattori individuali che interagendo tra loro incidono sul processo di apprendimento di una lingua non materna, l’età è probabilmente quello che determina maggiori differenze. Quando si parla di apprendenti adulti infatti, spesso si mette in dubbio la loro effettiva capacità di acquisire pienamente una lingua seconda. La questione è stata ampiamente dibattuta dalla ricerca e le differenze tra adulti e bambini sono osservate da prospettive diverse fornendo spiegazioni che chiamano in causa aspetti cognitivi, neurobiologici e di tipo affettivo e motivazionale. Anche per l’apprendimento dell’italiano è possibile verificare le differenze tra l’apprendimento di un adulto e quello di un bambino; soprattutto se quest’ultimo è nato e cresciuto in Italia. L’adulto ha limiti evidenti nella piena acquisizione di competenze fonetiche e negli aspetti prosodici e intonativi in generale, mentre non avrebbe limitazioni nell’acquisizione del lessico; nel breve 1 periodo, se ha seguito un percorso formativo regolare in lingua madre, sarebbe avvantaggiato nell’apprendimento degli aspetti grammaticali. Nel processo di acquisizione di una lingua seconda da parte di adulti intervengono anche le abilità non linguistiche messe in campo e le conoscenze enciclopediche, dunque le cosiddette competenze generali che saranno divisibili in: sapere (ovvero la conoscenza dichiarativa acquisita sia dall’esperienza sia dall’apprendimento formale); saper fare (ovvero le abilità messe in campo per fare, per agire come soggetti sociali in vari contesti); saper essere (ovvero il risultato delle proprie caratteristiche personali e del modo di rapportarsi agli altri nell’iterazione sociale); saper apprendere (competenza relativa al modo di rapportarsi a un’altra lingua e cultura, nonché alle abilità di studio possedute). Secondo questa indicazioni potremmo dire che gli adulti sarebbero avvantaggiati, rispetto i bambini, all’apprendimento di una nuova lingua grazie al proprio bagaglio culturale. Dunque, potremmo affermare che: l’apprendimento linguistico è un processo che dovrebbe iniziare auspicabilmente in età infantile; poiché entro questa età la plasticità cerebrale consente di acquisire il linguaggio con più facilità e in maniera completa e duratura. Gli adulti rispetto ai bambini sarebbero avvantaggiati nell’acquisizione della lingua nel breve e medio periodo, grazie alle loro capacità cognitive sviluppate e alle loro competenze non linguistiche che includono competenze dichiarative e procedurali. Maggiore è la conoscenza del mondo, più ampie saranno le competenze enciclopediche che facilitano la corretta interpretazione di testi e la capacità di agire in maniera efficace nei vari contesti di comunicazione. L’apprendimento della lingua non è escluso in nessuna fase della vita. Di natura diversa rispetto a questi fattori neurobiologici, un’altra importante caratteristica utile a definire un profilo più competo dell’apprendente immigrato adulto, riguarda le relazioni che intercorrono tra le lingua in gioco nel complesso percorso di acquisizione. Tali relazioni determinano il tipo di bilinguismo caratterizzante l’adulto immigrato che entra in contatto con la lingua italiana quando ha una personalità linguistica e identitaria ormai formata. Apprendendo la lingua italiana, dunque, anche l'immigrato adulto sviluppa di fatto una competenza plurilingue e, per avanzare nel suo percorso di acquisizione, fa leva anche su risorse del suo repertorio linguistico che include la lingua madre era eventualmente le sue varietà dialettali. L'immigrato adulto si muove all'interno di una serie di contesti sociali in cui è molto presente anche l'interazione con membri della sua comunità e di conseguenza l'uso della sua lingua madre. 1.4 Età e aspetti metodologici: l’approccio andragogico Oltre alle differenze esistenti sul piano cognitivo e neurobiologico una caratteristica distintiva dell’immigrato adulto sta nel fatto che egli partecipa a un’esperienza educativa con motivazioni e in contesti ben diversi rispetto a quelli che riguardano il bambino. Fino agli anni Ottano del secolo scorso, l’educazione degli adulti in Italia è stata pensata per un pubblico che poteva essere considerato piuttosto omogeneo: uomini e donne in età lavorativa che avevano interrotto per vari motivi la loro formazione scolastica e ai quali era necessario fornire un’istruzione maggiore. In Italia questo tipo di formazione ha avuto un ruolo molto importante soprattutto perché suppliva in qualche misura alla mancanza o alle lacune della scolarizzazione degli adulti contribuendo così a innalzare il loro grado di istruzione. La formazione linguistica rivolta agli immigrati adulti rientra in parte in questo contesto infatti, fino al 1997, gli immigrati venivano inseriti in corsi di alfabetizzazione rivolti a adulti italiani che intendevano acquisire la licenza elementare. Considerate le differenze anche profonde tra le motivazioni allo studio e i bisogno di apprendimento di italiani e immigrati, è evidente che la metodologia di insegnamento da adottare non può essere la stessa; e, non sarebbe conveniente che il docente di italiano sia un docente di lettere senza specifica formazione glottodidattica. Formazione una didattica di qualità passa in primo luogo dalla formazione del docente che la propone e che è in classe la veicola, e l'impegno a elaborare proposte mirate ed efficaci appare ancora più necessario quando si parla di apprendenti per cui la conoscenza della lingua rappresenta uno strumento essenziale non soltanto per interagire con gli italiani, ma anche per conseguire un miglioramento della propria condizione sociale. Come già detto, la adulto presenta rispetto al bambino notevoli differenze sul piano personale, identitario e motivazionale, tali da richiedere un diverso approccio pedagogico che della letteratura viene definito, per l'appunto andragogico. È ormai ampiamente riconosciuta l'importanza di una formazione che si sviluppi lungo tutto l'arco della vita e questo ha determinato il nuovo interesse verso altre forme di educazione Non necessariamente istituzionali, altri principi educativi diversi da quelli pedagogici tradizionalmente applicati con bambini in età scolare. Il modello tuttora maggiormente accreditato per descrivere i processi di apprendimento degli adulti è stato sviluppato soprattutto da Malcolm Knowles, Considerato tra gli studiosi che maggiormente hanno contribuito alla diffusione dell’andragogia, ovvero la branca delle scienze della formazione che si interessa dell’apprendimento degli adulti. Il modello andragogico da lui elaborato si basa sulla convinzione che le indicazioni di tipo pedagogico siano inadeguate alle necessità che manifestano gli apprendenti adulti. Knowles fa riferimento a sei principi fondamentali che caratterizzano in generale il processo di apprendimento: il ho bisogno di conoscere; il concetto di sé; il ruolo dell'esperienza; la disponibilità ad apprendere; l'orientamento verso l'apprendimento; la motivazione. Knowles Pone in contrapposizione il ruolo che questi fattori assumono per un adulto rispetto a quello che invece assumono per un bambino . Infatti, per quel che riguarda i bambini il bisogno di conoscere non implica la necessità di una spiegazione esplicita degli scopi dell’apprendimento; il concetto di sé, influenzato dalla visione dell'insegnante, è quello di una versione indipendente per il proprio apprendimento. Il ruolo dell’esperienza è piuttosto modesto poiché per i bambini e l'esperienza dell'insegnante ad assumere il peso più rilevante all'interno del percorso formativo; la disponibilità ad apprendere e l'orientamento verso l'apprendimento sono incentrati principalmente sulle 2 questi fattori che consentono di cogliere le diversità dei profili di apprendenti coinvolti e dei loro variegati e mutevoli bisogni di apprendimento. 2.2 Gli alunni con cittadinanza non italiana: un insieme di profili I bambini e gli adolescenti nati all'estero, che sono inseriti nel sistema scolastico italiano in un determinato momento del loro percorso formativo, rappresentano un profilo con un'ampia variabilità di competenza dell’italiano. Chi è arrivato nella prima infanzia e iniziato a imparare la lingua prima di frequentare il primo ciclo di istruzione può disporre di un bagaglio di competenze più nutrito rispetto a chi è giunto in Italia più tardi. Chi è imparato precocemente l'italiano dunque, ha potuto godere di tempi più lunghi di acquisizione, conosce maggiormente le convenzioni sociali e l'ambiente scolastico italiano. Gli alunni, che invece fanno il loro ingresso nella scuola italiana dopo essere già stati scolarizzati nel paese di origine, devono sviluppare la competenza per interagire nel dominio personale pubblico necessaria per la comunicazione quotidiana, e in egual modo essi devono porre attenzione per poter imparare la lingua richiesta nel dominio educativo per poter affrontare lo studio delle discipline in lingua italiana. Inoltre, gli alunni appena arrivati devono affrontare le difficoltà derivate dalle diversità organizzative, didattiche e pedagogiche tra il sistema scolastico italiano e quello del paese di origine. Queste difficoltà sono condivise dai minori adottati dopo la prima infanzia attraverso procedure internazionali. Le statistiche del MIUR però non possono tener conto di tutti coloro i quali arrivano in Italia senza registrarsi e dunque senza frequentare i percorsi formativi allora debiti , poiché una volta arrivati in Italia essi sono irreperibili. Altrettanto complesso e l'inserimento scolastico di alunni nomadi presenti sul territorio nazionale, alcuni dei quali sono residenti in Italia anche da diverse generazioni, mentre altri sono privi di nazionalità italiana e provengono dall'est europeo. Comunemente definiti zingari, camminanti e Rom, che generalmente hanno verso la scuola un atteggiamento diffidente. La scolarizzazione degli alunni nomadi e quindi spesso ostacolato dalla famiglia virgola che teme l'integrazione del ragazzo della ragazza in una cultura diversa da quella di appartenenza e da condizioni di deprivazione socioeconomica. la partecipazione di questi alunni all'attività scolastica e inoltre discontinua e resa complessa dalla ridotta competenza linguistica di molti e dalla distanza tra una cultura orale, come quella nomade, e una cultura alfabetica, come quella occidentale, che richiede all’alunno un notevole impegno sul piano cognitivo. Di fondamentale importanza è il ruolo svolto dalla distanza tipologica tra la lingua madre dell' alunno e l'italiano, poiché per i parlanti di lingua strutturalmente più vicina all'italiano, come spagnoli, brasiliani e rumeni, il percorso di apprendimento sarà più rapido poiché la loro lingua si avvicina maggiormente all’italiano. Anche le possibilità di esposizione di uso dell'italiano nel contesto extra scolastico incidono sulla durata e la qualità dell’apprendimento linguistico. L'appartenenza a una comunità etnica molto grande promuove l'impiego della lingua di origine in molte situazioni di comunicazione quotidiana, relegando l'italiano al solo uso in ambito scolastico punto se al contrario, nel luogo dove l'alunno vive la comunità di riferimento è piccola molte delle interazioni saranno svolte in italiano, ampliando così la possibilità di apprendimento linguistico. Nel caso di figli di matrimoni misti in cui uno dei genitori è italiano, sono le abitudini linguistiche della famiglia determinare il ruolo e il grado di competenza in questa lingua. Nella famiglia che sceglie di utilizzare l'italiano è la lingua del genitore straniero nella comunicazione quotidiana intra familiare, il bambino sviluppa un bilinguismo precoce e non sarà possibile parlare di L1 o L2. Se la famiglia impiega, invece, prevalentemente l'italiano, confinando la lingua del genitore straniero ai contatti con parenti e la comunità etnica, il bambino prevalentemente sarà Italofono. 2.4 L’accoglienza e l’inserimento del bambino e dell’adolescente immigrato nel sistema scolastico italiano Fino agli anni '90 del secolo scorso l'inserimento degli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano non era disciplinato da una normativa specifica ; nel 1998 con la legge n. 40 sull'immigrazione e il decreto legislativo n. 286, Si dà origine a un quadro di discipline organiche che definiscono le condizioni dell’immigrato in Italia sotto vari aspetti, compreso il diritto di accesso del minore straniero all’istruzione e ai servizi educativi, nonché l'obbligo scolastico a cui anche i cittadini non comunitari sono soggetti, indipendentemente dalla regolarità della loro posizione rispetto al soggiorno sul nostro territorio nazionale. All'articolo 36, la legge dispone che le differenze linguistiche e culturali devono essere accolte dalla comunità scolastica, la quale il compito di promuovere iniziative interculturali, volte a tutelare la lingua e la cultura d’origine degli alunni. Si tratta della ricezione di una prospettiva interculturale nell’accoglienza e nell’inserimento degli alunni stranieri adottati dalla scuola italiana, e regolamentata da quasi un decennio di circolari ministeriali che hanno raccomandato di favorire, insieme con l'apprendimento della lingua italiana, anche la valorizzazione della lingua e cultura d'origine, considerando le differenze di una comunità scolastica multietnica e multiculturale come risorsa. Relativamente all'inserimento, viene raccomandata, in primo luogo, la realizzazione di reti scolastiche, soprattutto nelle aree a forte concentrazione di immigrazione per poter distribuire le iscrizioni ed evitare che gli alunni stranieri possano concentrarsi solo in alcuni istituti. Inoltre, è sollecitata la formazione di classi eterogenee in cui alunni di diverse nazionalità possano fare esperienza di convivenza democratica e, attraverso uno scambio che conduca al confronto, sviluppare tolleranza e rispetto delle diversità culturali. Nell’iscrizione dell’alunno straniero non occorre tenere in considerazione solo l'età anagrafica ma anche il livello di preparazione; tenendo sempre presente che l'assegnazione a una classe può variare massimo di un anno sia superiore sia inferiore. A decidere l'inserimento dell'alunno straniero in una determinata classe sarà il collegio dei docenti solo in base a specifiche motivazioni, derivate dalla corrispondenza con il sistema scolastico di provenienza o dalle competenze e abilità possedute. Il rapporto dell'alunno e della famiglia 5 con L'istituzione scolastica deve essere favorito da un insieme di misure di accoglienza che si esplicitano su tre piani fondamentali: amministrativo, comunicativo-relazionale e educativo-didattico. Nel primo piano rientro non le modalità di iscrizione, i documenti anagrafici e sanitari richiesti e la documentazione scolastica che possa attestare gli studi compiuti nel paese di origine; all'interno del secondo livello comunicativo-relazionale, rientra il dialogo con le famiglie, ritenuto una risorsa fondamentale per il raggiungimento del successo scolastico dell'alunno che può essere sostenuto con l'aiuto di mediatori linguistico culturali in maniera tale da poter condividere le scelte pedagogiche attuati dalla scuola. Il piano educativo didattico comprende l'elaborazione di percorsi personalizzati di insegnamento, a partire dalle indicazioni nazionali per il curriculum dei vari cicli scolastici. Al fine di garantire il pieno inserimento nel contesto scolastico, le misure educativo-didattiche adottate devono prevedere che l'alunno straniero trascorra il maggior tempo possibile nel gruppo classe, in modo da consentire la creazione di rapporti socioaffettivi e a favorire un apprendimento linguistico funzionale all’interazione didattica. 2.5 I bisogni e i percorsi per l’apprendimento della lingua italiana Con gli anni le misure relative all'insegnamento e all’accoglienza degli alunni stranieri presso gli istituti scolastici hanno incluso attività di supporto linguistico sempre più articolate. Un lungo percorso che è può essere riconducibile a tre principali stadi adottati dal MIUR nel 2014: 1) l'apprendimento iniziale della lingua italiana che interessa gli alunni con ridotta o nulla italofonia, introdotti nel sistema scolastico; 2) il momento di passaggio allo studio in lingua italiana, che implica il consolidamento della competenza linguistico-comunicativa congiuntamente allo sviluppo di capacità cognitive per poter gestire i compiti alla base delle attività di comprensione, manipolazione, elaborazione e riesposizione di testi di argomento disciplinare; 3) la partecipazione alle attività comuni a tutta la classe, in cui l'alunno straniero può manifestare punti deboli, nonostante l'elevata competenza in lingua italiana, che possono richiedere interventi mirati ho rappresentare occasioni per approfondimenti rivolti a tutto il gruppo classe. 2.6 I progetti e le iniziative per i minori non accompagnati I minori stranieri non accompagnati rappresentano un profilo di apprendenti di italiano L2 in sensibile aumento . Sebbene risulti difficile disporre di dati precisi perché non tutti i minori che superano i confini nazionali privi di un adulto di riferimento sono intercettabili dalle autorità italiane, si stima che il loro numero sia raddoppiato rispetto al 2015. Si tratta perlopiù di adolescenti e preadolescenti, con età inferiore ai 14 anni e provenienti prevalentemente da differenti aree disagiate o in conflitto dell’Africa e dell’Asia. Essi una volta giunti in strutture di prima accoglienza vengono inseriti in percorsi di integrazione e formazione che prevedono anche corsi di lingua italiana e di educazione alla cittadinanza, attraverso i quali sono acquisiti strumenti per la costruzione dei contatti con la comunità locale. Data la carenza di strutture rispetto al numero di minori da accogliere, il ministro dell'Interno ha finanziato dal 2014 progetti per la creazione di centri specializzati per la prima accoglienza dei MSNA attingendo dal FAMI. Molti degli MSNA si dirigono verso altri paesi europei attraverso la penisola e fermandosi in grandi centri urbani. Alla sistemazione di prima accoglienza segue la ricerca di una sistemazione non temporanea per i minori che può condurre all’affido presso famiglie, all’accoglienza in comunità o all’inserimento in strutture gestite da associazioni o cooperative, accreditate a livello regionale, dove possono restare fino al compimento della maggiore età. 2.6.1 CLIO: un esempio di progetto rivolto a MSNA CLIO: cantiere linguistico per l’interazione e l’orientamento- è un progetto realizzato nel 2011 che si è rivolto a 240 MSNA, di età compresa tra i 12 e i 18 anni. Tale progetto si è posto come l'obiettivo la formazione in italiano L2 e in educazione civica dei minori attraverso l'impiego di metodologie didattiche partecipative e innovative al fine di sostenere l'inserimento sociale. I percorsi di apprendimento linguistico sono stati progettati sulle analisi dei bisogni dei ragazzi , realizzati su un campione di 50 di loro. L’azione didattica si è articolata in quattro assi formativi: il percorso portante e stato costituito dalla formazione dell'aula che ha condotto alla creazione di 10 corsi di lingua italiana dal livello A1 e due corsi propedeutici a tale livello, rivolti ai minori totalmente privi di competenze in italiano. Le lezioni, centrate sullo sviluppo di una competenza d'uso della lingua che consentisse ai ragazzi un immediata spendibilità degli apprendimenti nei contesti di interazione quotidiana, difatti sono state integrate delle puntate della trasmissione radiofonica Cantiere linguistico, trasmesso sulla web radio Underadio e da gruppi di lavoro creati sui social network che hanno rappresentato altri due assi formativi. Il lavoro di classe è stato dunque ripreso nel incontri radiofonici, che riproponevano delle sezioni facendo integrare diversi esperti su questioni linguistiche e su temi di interesse per i minori. Il quarto asse formativo ha interessato gli insegnanti di lingua impegnati nei corsi. Sebbene si trattasse di docenti esperti nell'insegnamento dell'italiano a stranieri, la specificità del profilo di apprendenti ai quali è rivolta l’azione didattica e il carattere sperimentale della formazione su più assi, ha fatto includere nel progetto momenti di formazione basati sulla condivisione, sul confronto e sull’integrazione di tutto il corpo docente. CAPITOLO 3: L’insegnamento dell’italiano in Europa 3.1 Svizzera L’italiano è una delle quattro lingue nazionali della Confederazione Svizzera, insieme al tedesco, al francese e al romancio. Nel plurilinguismo svizzero l'italiano occupa la posizione di lingua minoritaria con particolari caratteristiche. Questa lingua ha conosciuto in Svizzera un notevole incremento fino agli anni '70 del secolo scorso, per il continuo arrivo di lavoratori italiani, e poi un graduale calo a partire dagli anni '80. Il decremento ha interessato in particolare 6 l’italofonia al di fuori del territorio tradizionale, mentre nella Svizzera italiana il numero dei parlanti è rimasto pressoché stabile. Possiamo dire che un numero maggiore di immigrati utilizzare regolarmente più di una lingua, e che le seconde generazioni impiegano più frequentemente dalle 3 alle 5 lingue almeno una volta alla settimana. Pertanto, con il crescere della competenza nella lingua nel territorio di residenza e con l'acquisizione di altre lingue diminuiscono gli ambiti d'uso della lingua di origine. In sintesi, i nostri connazionali che parlano italiano fuori del territorio Italofono sono oggi maggiormente plurilinguisti rispetto a quelli delle rilevazioni federali più datate, tanto da non indicare più l'italiano come lingua prevalente. 3.1.1 L’italiano nel sistema educativo svizzero Il sistema educativo della Confederazione Svizzera è articolato in quattro livelli di formazione punto il primo, della durata complessiva di 8 anni, comprende la scuola dell'infanzia e la scuola elementare; segue il livello secondario di primo grado, della durata di tre anni virgola che congiuntamente al livello precedente costituisce l'istruzione obbligatoria. Dato che la Svizzera ha un sistema scolastico decentrato, in cui la gestione della scuola dell'obbligo è realizzata a livello cantonale, questo segmento del sistema educativo è sottoarticolato in modo diverso nelle differenti regioni linguistiche. Nel 2009 si giunse a un accordo all'interno della conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione Svizzera con il quale si giunse a un numero complessivo di anni dell'obbligo scolastico comune a tutto il paese e a un' omogeneità riguardo ai livelli di formazione e gli obiettivi da conseguire. Tra il 2010 del 2016 è stato infatti elaborato un piano di studi concordato per ciascuna regione linguistica, in cui sono stati stabiliti la lingua di scolarizzazione e gli obiettivi formativi delle materie comuni a tutti i piani di studio. Nel sistema educativo svizzero, la scuola dell'obbligo segue il livello secondario di secondo grado, della durata di quattro anni, che comprende la formazione professionale di base, la scuola specializzata e la scuola di maturità. La formazione professionale di base prevede l'attività di tirocinio da svolgere nelle aziende e corsi di formazione generale presso una scuola professionale. Il percorso termina con il conseguimento dell' attestato federale di capacità e può essere integrato con la maturità professionale che consiste nel completamento della formazione teorica attraverso cui è possibile accedere alla formazione professionale superiore, del livello educativo terziario. La scuola specializzata combina formazione generale informazione in specifici ambiti professionali dando accesso alla formazione non accademica di livello terziario. La scuola di maturità consente invece di acquisire una formazione generale che comprende anche lo studio di una seconda o una terza lingua nazionale, dell'inglese o di una lingua antica. La maturità liceale, rilasciata al termine del percorso, permette l'iscrizione all'università o un Politecnico, il passaggio a una scuola pedagogica o all’accesso una scuola professionale universitaria. A livello secondario di secondo grado lo studio della lingua italiana può essere offerto facoltativamente dagli istituti professionali, mentre nelle scuole di maturità italiano deve essere offerto anche come disciplina fondamentale su cui sostenere la maturità. 3.1.2 I corsi di lingua e cultura di origine Svizzera Negli ultimi decenni la società Svizzera si è modificata, diventando sempre più multietnica e sviluppando maggior plurilinguismo sul piano individuale. Circa un bambino su quattro nella scuola elementare parla in famiglia una lingua diversa da quella di istruzione, per questo la Confederazione Svizzera ha promosso l'inserimento di lingue nazionali e le lingue straniere nel curriculum scolastico, fin dai primi anni del livello elementare di istruzione, e ha valorizzato la partecipazione degli alunni con retroterra migratorio ai corsi di lingua e cultura di origine. La comunità italiana in Svizzera e stata la prima comunità immigrata introdurre corsi di lingua e cultura di origine e già prima del secondo conflitto mondiale. Riconosciuti e regolamentati dallo stato italiano con la legge n.153 del 3 marzo 1971,i corsi hanno assunto la fisionomia di iniziative di assistenza scolastica in favore dei lavoratori italiani all'estero e dei loro congiunti per sostenere l'integrazione nel paese ospite e il possibile rientro in patria, assicurando il riconoscimento del titolo di studio conseguito all'estero a livello di scuola dell'obbligo. Si tratta di attività formative senza fini di lucro, definiti enti gestori. I corsi di lingua e cultura italiana hanno assunto diversi indirizzi forme nelle differenti situazioni sociali in cui si sono trovate le comunità dei nostri connazionali all'estero. In Svizzera tali corsi sono stati funzionali agli obiettivi previsti dalla legge fino agli anni '80 del secolo scorso. Successivamente, con il radicarsi delle seconde e terze generazioni di italiani nel territorio, si è affievolita la funzione connessa al riconoscimento del titolo di studio e sempre più si è affiancato al mantenimento delle radici linguistiche e culturali l'obiettivo dello sviluppo di una competenza plurilingue spendibile anche sul mercato del lavoro locale. A partire dagli anni '90 le famiglie hanno infatti iniziato a richiedere il conseguimento di una certificazione linguistica che potesse attestare il livello di competenza in italiano in maniera riconoscibile è comparabile a livello internazionale. Nonostante il riconoscimento del ruolo dei corsi di lingua e cultura d’origine nello sviluppo del plurilinguismo delle nuove generazioni, non sono ancora pienamente diffusi casi come quello di Ginevra, dove le lezioni di lingua di origine degli alunni sono state integrate nell’orario scolastico curricolare fino all'anno scolastico 1990-91. I cantoni offrono forme di sostegno molto diversificate che possono comprendere la fornitura di materiale di consumo, le aule per lo svolgimento delle lezioni, la diffusione delle informazioni su corsi, le procedure di iscrizione o quelle di attestazione della frequenza e del profitto. 3.1.3 L’italiano nel contesto universitario svizzero Il livello terziario del sistema educativo svizzero comprende università cantonali, politecnici federali, scuole universitarie professionali e alte scuole pedagogiche. A questo livello educativo è possibile studiare italianistica in 8 delle 10 7
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