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turchia e europa., Tesine universitarie di Diritto Pubblico Comparato

Tesina che approfondisce il percorso di avvicinamento della Turchia all'Unione Europea. Cronologia degli eventi. Criteri da soddisfare, nodi irrisolti, conquiste.

Tipologia: Tesine universitarie

2012/2013
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Caricato il 06/11/2013

marys
marys 🇮🇹

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Scarica turchia e europa. e più Tesine universitarie in PDF di Diritto Pubblico Comparato solo su Docsity! INTRODUZIONE La Repubblica Turca nasce e viene proclamata dalle ceneri dell'Impero Ottomano il 29 ottobre 1923 con il trattato di Losanna. La nuova Turchia, sotto il governo di Mustafa Kemal Atatùrk, trovandosi al crocevia tra Europa ed Asia, sommando in sé identità europea, balcanica, mediterranea, mediorientale, caucasica ed asiatica nello stesso tempo, scelse come modello di riferimento per la sua struttura secolare l'Europa occidentale ed iniziò uno straordinario e radicale processo di modernizzazione a partire dalle riforme amministrative ed istituzionali, che videro sotto la guida di un unico partito: • introduzione della laicità dello stato: islam non più religione di stato • eliminazione dell'obbligo del velo per le donne e del fez per gli uomini, della poligamia e del calendario musulmano • assunto codice svizzero civile e penale italiano • riforma del sistema giudiziario con introduzione del matrimonio civile • adozione dell'alfabeto latino e del calendario gregoriano • riforma delle scuole. Scuole moderne di ogni ordine e grado , favorendo un'opera di turchizzazione del linguaggio, con progressiva eliminazione di termini di origine araba e persiana. • Modificati i cognomi • concessione del diritto di voto alle donne (1934) • creazione di una banca centrale e di un sistema finanziario complesso, con istituti di credito industriale, agricolo e commerciale • avviata politica estera multidimensionale volta a stabilite bune relazioni con diversi paesi al fine di consolidare i confini e realizzare la pace nella regione, favorendo la cooperazione internazionale. Da allora la Turchia ha fermamente parteggiato per l’Occidente ed è diventata un membro fondatore delle Nazioni Unite, un membro della NATO, del Consiglio Europeo, dell’Oecd e un membro associato dell’Unione Europea. Durante la guerra fredda la Turchia ha fatto parte dell’Alleanza occidentale, difendendo la libertà, la democrazia e i diritti umani. Riguardo a ciò, la Turchia ha giocato e continua a giocare un ruolo essenziale nella difesa del continente europeo e i principali elementi della sua politica estera convergono ormai con quelli dei suoi partner europei. L’intima cooperazione con l’Europa occidentale in campo politico, è stata estesa dalla Turchia anche al campo economico, iniziando dal 1959 una stretta relazione con la appena nata CEE. Un paese di quasi 75 milioni di abitanti, con una superficie di 783.562 km² , che tra le sue complessità ha dimostrato di essere diverso dagli altri paesi musulmani, non solo dal punto di vista costituzionale, ma per la sua grande capacità di sperimentazione ed innovazione, ha avviato nell'ottobre 2005 i negoziati di adesione all'Unione Europa. Per la prima volta un paese a maggioranza musulmana bussa alla porta (se vogliamo considerare lo stesso titolo del libro del nostro Amb. Italiano c/o Ankara dal 2004 al 2010, Carlo Marsili) di Bruxelles e si tratta di un evento di fondamentale importanza, considerando le nuove prospettive che porta con un'ipotesi di questo tipo, considerando la particolare posizione del territorio, ponte tra l'Europa e l'Asia, di fondamentale importanza da punto di vista geopolitico. Se dunque per molte nazioni l'ingresso nell'UE si è verificato in un tempo relativamente breve, concludendosi con il maggio 2004, l'avvicinamento di Ankara disegna un percorso travagliato e tutt'ora in via di definizione per la sua complessità giuridica, politica, economica e culturale... Uno tra i primi paesi a relazionarsi con la CEE e che alla fine della 2a guerra mondiale ha funto da Anni '90 – Accantonata per il momento l'ipotesi di entrare, vennero portati avanti i rapporti bilaterali ed in particolar modo l'unione doganale, dalla quale sicuramente la Turchia ha potuto trarne dei benefici sia sul piano economico (favorita industrializzazione) che politico istituzionale (grazie ai valori europei di democrazia e diritti umani venne infatti abolita la pena di morte e vennero fatte diverse riforme costituzionali miranti ad una maggiore apertura democratica). Questa INCERTEZZA sulla piena integrazione ha però alimentato il dibattito tra gli euroscettici turchi, con rapporti sempre più altalenanti ed un raffreddamento delle relazioni, ulteriormente aggravato dal desiderio dell'Unione di estendersi alle ex rep. Socialiste sovietiche (oltre a Cipro, la cui candidatura era già stata approvata in precedenza). 1993 – SUMMIT DI COPENAGHEN (con in mente, all'epoca, l'idea di regolamentare l'allargamento dell'Unione Europea verso le repubbliche ex-sovietiche dell'Europa dell'est) definì i c.d. CRITERI DI COPENAGHE, che stabiliscono i parametri che uno stato candidato all'adesione deve rispettare: • CRITERIO POLITICO: la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell'uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela (Per l'apertura formale dei negoziati di adesione uno stato deve soddisfare perlomeno questo criterio) • CRITERIO ECONOMICO: l'esistenza di un'economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all'interno dell'Unione • CRITERIO DELL'”ACQUIS COMUNITARIO”: l'attitudine necessaria per accettare gli obblighi derivanti dall'adesione e, segnatamente, gli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria. Tali criteri, in linea con quanto statuito dagli artt. 6 e 49 del Trattato di Maastricht, secondo i quali si deve trattare di uno STATO EUROPEO che rispetti i PRINCIPI CONDIVISI di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e stato di diritto, verranno poi rivisitati con il CONSIGLIO EUROPEO del 1995 a Madrid, grazie al quale è stato aggiunto che gli stati candidati debbano adattare la propria struttura amministrativa e giuridica per fare in modo che la legislazione europea possa essere efficacemente adottata nella legislazione nazionale. 1995- Entra in vigore l'unione doganale. Comporta un maggiore avvicinamento all'Europa dal punto di vista commerciale, considerando le percentuali di importazioni ed esportazioni tra i due, e sempre con il fine di realizzare la più ampia armonizzazione con le regole del mercato europeo nei settori più disparati, dalla cooperazione industriale alla culture ed all'informazione. Importanti furono anche gli accordi di libero commercio con l'EFTA ( European Free Trade Association), Israele, Slovenia, Polonia, Estonia, etc, e certamente significativo il suo ruolo attivo nel crollo del blocco sovietico, anche se questo la tenne comunque fuori dal meeting inaugurale della Conferenza Europea tenutosi a Londra nel 1998. Svolta: 1999 – CONSIGLIO EUROPEO DI HELSINKI, con il quale la Turchia venne collocata definitivamente sulla strada per l'adesione, come STATO CANDIDATO, dando inizio ad uno nuova era delle relazioni tra Turchia ed UE: (leggiamo un passaggio delle conclusioni del consiglio): 1 Il Consiglio europeo si compiace dei recenti sviluppi positivi verificatisi in Turchia come rilevato a manifestare, in concomitanza alle esplicite pressioni dell'amministrazione Bush per accellerare il processo di adesione, l'Europa sembrò avvicinarsi attraverso il riconoscimento dei progressi realizzati per l'adempimento dei criteri richiesti. Le vennero concessi allora altri 2 anni (fino a dicembre 2004) per implementare le riforme in vista del tavolo negoziali. 2005 – il 3 dicembre vengono UFFICIALMENTE APERTI I NEGOZIATI. Dopo le improvvise accelerazioni di questo processo, gli anni successivi procedettero però a ritmi molto lenti, così lenti, che la prospettiva di una adesione sembra allontanarsi sempre di più, a maggior ragione dopo il tentato golpe militare del 2010 che rappresentò un duro colpo per il paese e per l'opinione pubblica internazionale. L'ambiguità delle istituzioni europee e l'incoerenza dei governi di alcuni paesi come Francia e Germania, che nonostante avessero votato a favore dell'apertura dei negoziati, hanno iniziato a sollevare nuove questioni, facendosi sempre più fautori di una partnership privilegiata, hanno certamente deluso le aspettative di Ankara, gettando ombra sulle sue effettive possibilità (i risultati raggiunti non sono stati sempre premiati), comportando dunque un (inevitabile) rallentamento del ritmo delle riforme ed un aumento della percentuale di turchi euro-scettici. Ma è significativo il processo di evoluzione che ha subito la Turchia dopo il suo terzo ed ultimo, e certamente più duraturo colpo di stato militare avvenuto nel 1980 e che ha successivamente portato alla costituzione del 18 ottobre 1982, che corrisponde proprio all'attuale costituzione, più volte emendata, grazie proprio all'impulso conferitole dall'attribuzione dello status di candidato da parte dell'Unione dal 1999 e con una notevole accelerazione nella fase antecedente all'avvio ufficiale dei negoziati, ma che ancora oggi fortemente autoritaria, a causa dell'impronta militare fornitale dall'esercito che, certamente poco democraticamente aveva spinto alla sua elaborazione. MA ANDIAMO PER ORDINE IN MANIERA SCHEMATICA. La costituzione del 1982 prevedeva (particolari salienti): 1 Ritorno al monocameralismo--> affidando l'esclusività del potere legislativo alla Grande Assemblea Nazionale Turca, composta da 550 deputati eletti ogni 5 anni con un sistema proporzionale corretto da una soglia di sbarramento particolarmente severa del 10%. 2 Rafforzamento dell’esecutivo--> il cui potere è concentrato prevalentemente nella persona del Presidente della Repubblica, nominato dal Parlamento a maggioranza di due terzi per sette anni e non rieleggibile. A costui, infatti, definito ―rappresentante dell‘integrità della Repubblica di Turchia e della nazione turca, (art. 104 c. 1) è delegato il controllo sull‘applicazione della Costituzione e il funzionamento armonioso degli organi dello stato. Si occupa infatti di convocare la GANT, promulgare le leggi o reinviarle al Parlamento, sottomettere gli emendamenti costituzionali a referendum, inviare petizioni alla Corte Costituzionale per l‘annullamento di ogni atto legislativo contrario ai principi della costituzione, decide di indire nuove elezioni (art. 104 a) nelle circostanze previste dal successivo art. 116. Oltre dunque all'evidente controllo presidenziale del parlamento, si sottolinea il suo potere di nomina dei membri del governo, detiene il potere di dichiarare la legge marziale o lo stato d'emergenza, concedere la grazia e designare gli esponenti del Consiglio Superiore dell'Educazione, i Rettori delle Università ed i membri del Consiglio di Sorveglianza dello Stato; a lui era demandata inoltre la scelta dei componenti della Corte Costituzionale, di un quarto dei membri del Consiglio di Stato del Procuratore Capo della Corte suprema, nonché dei membri dei Tribunali militari di ordine superiore. Questi ultimi poteri di nomina e, quindi, di controllo delle alte magistrature, sono competenza esclusiva del Presidente che, invece, per esercitare la maggior parte delle altre prerogative, deve ricorrere alla collaborazione del Governo per la controfirma dei ministri, stante la sua irresponsabilità (art. 105). 1 Istituzione di tribunali speciali denominati Corti di Sicurezza dello Stato--> o anche Consiglio di Sicurezza Nazionale, composto, nonostante le recenti modifiche costituzionali, da molti esponenti delle forze armate. Il suo potere si traduce in concreto nella possibilità di inviare raccomandazioni a tutti gli organi dello stato su questioni ritenute di vitale importanza per il paese. Negli intenti originali del testo costituzionale funge da ultimo baluardo alla tenuta laica delle istituzioni dello stato. Evidente è dunque la forte componente militare di cui la costituzione è intrisa, con criteri e modalità tipiche dello statalismo e dell'autoritarismo che poco conciliano con un Paese che intende professarsi moderno. 2 Regime di limitazioni delle libertà e dei diritti fondamentali : • lo Stato non si basa sui diritti dell'uomo ma si dichiara rispettoso di questi. (art. 2) • Si ammette la limitazione o la compressione per legge di un diritto fondamentale al fine di preservare taluni valori: integrità indivisibile dello Stato, sovranità nazionale, repubblica, sicurezza nazionale, ordine, sicurezza ed interessi pubblici, buoni costumi, salute pubblica, motivi particolari. (art. 13) • e' vietato l'esercizio dei diritti o delle libertà fondamentali “allo scopo di recare offesa all'integrità indivisibile dello stato, mettendone in pericolo la sua esistenza. (art.14) DAL 1987 AL 2004 sono state effettuate delle MODIFICHE ALLA COSTITUZIONE, passando così dal COSTITUZIONALISMO DI SICUREZZA --> alla RESTAURAZIONE DELLE STATO DI DIRITTO, attraverso il ripristino delle garanzie fondamentali e l'adeguamento agli standard europei, modificando gli articoli sopra citati, sopprimendo enunciati vaghi che permettevano la limitazione arbitraria dei diritti fondamentali e stabilendo la garanzia di tre criteri validi al livello europeo: essenza dei diritti e delle libertà, esigenza di un ordinamento sociale, democratico e di una repubblica laica, il principio di proporzionalità. LA COSTITUZIONE è STATA A Più RIPRESE MODIFICATA NEGLI ANNI, NONOSTANTE IL PERICOLOSO RALLENTAMENTO NEGLI ULTIMI ANNI DELLE RIFORME CON CONSEGUENTE ALLENTAMENTE DEI RAPPORTI CON L'UE, Nel 2010 il Parlamento Europeo si dichiara preoccupato per la “lentezza dei progressi nelle riforme”, con particolare attenzione alla mancanza di dialogo fra i partiti politici turchi, al deterioramento della libertà di stampa ed altri diritti fondamentali, l'auto-censura dei media nazionali e dei siti d'informazione, la situazione delle donne, l'aumento dei delitti d'onore, matrimoni forzati e la mancanza di protezione delle minoranze. A questi si aggiungono i limitati progressi raggiunti dal dialogo tra il governo e le comunità religiose, incluse quelle cristiane. Si ritiene dunque necessaria una “riforma costituzionale globale” per trasformare la Turchia in una vera democrazia La stesura di un NUOVO TESTO COSTITUZIONALE, affinchè venga redatta una CARTA SU BASE CIVILE NON MILITARE è uno dei principali obiettivi del partito islamico moderato al potere dal 2002: l'AKP, con a capo il leader Erdogan, impegnandosi molto contro i tentativi di intromissione dell'esercito, garante dei valori kemalisti della laicità dello stato. I QUESTIONE ARMENA: Si riferisce al massacro subito dalla popolazione armena negli anni 1915-16 ad opera dei turchi, supponendo un'alleanza tra cristiani armeni e la Russia, allora nemica ottomana. Il governo turco continua a rifiutare il riconoscimento del genocidio, considerandolo un episodio all'interno di una guerra civile durante la quale anche molti turchi hanno perso la vita, e questo è causa di forte tensione con l'Unione Europea, in particolar modo a causa della forte opposizione francese. Quest'ultima infatti, certamente vittima di grandi flussi migratori armeni, ma allo stesso tempo innegabilmente vicina a scadenze elettorali che renderebbero preziosi determinati voti, si è schierata con determinazione contro il negazionismo del genocidio, varando proprio quest'anno un disegno di legge che condanna chiunque lo neghi pubblicamente. Dura è infatti stata la risposta di una Turchia che, sempre più forte e sicura di sè, anche alla luce della proposta avanzata nel 2005 da Erdogan di rivalutare i “fatti del 1915” attraverso la consultazione di archivi turchi, armeni e di altri paesi e che ha visto invece il rifiuto del presidente armeno, ha congelato tutti gli incontri di carattere politico, economico e militare con la Francia. E questa continua oggi a portare avanti la sua posizione intransigente, condotta da Sarkosy e riconfermata dalla neo-presidenza all'Eliseo con Hollande, che continua a spingere per le revisione completa dell'approccio europeo nei confronti di Ankara, prospettando un certamente meno impegnativo “rapporto privilegiato”, piuttosto che la piena integrazione. I QUESTIONE CURDA Parliamo di un conflitto politico culturale nato alla fine della prima guerra mondiale con la dissoluzione dell'impero ottomano, e la divisione della regione del kurdistan tra Turchia, Iran, Iraq, Siria e Armenia, nonostante la sua specificità linguistica, culturale e territoriale. I problemi tra il governo turco e la minoranza curda presente sul territorio e non, sono sempre stati un tema centrale nella politica di Ankara, in particolar modo a causa della pesante guerriglia portata avanti da braccio armato curdo del PKK. Del resto è forte la repressione militare economica e culturale che subiscono queste popolazioni, la cui esistenza come etnia è avvenuta da parte dei turchi solo nel 1991. Certamente le pressioni europee hanno portato all'apertura di un maggiore dialogo, seppur discontinuo, ma ancora oggi le riforme da loro effettuate sono state minime e certamente per loro, che rivendicano l'indipendenza e che solo nel 2004 hanno rinunciato al separatismo, insufficienti. Un popolo i cui diritti elementari vengono calpestati, al quale è stata vietata la possibilità di esprimersi pubblicamente in curdo (e si tenga presente proprio il fatto che la lingua è il modo più naturale per mantenere viva la propria identità e cultura), i cui villaggi sono stati distrutti, con milioni d sfollati, detenuti politici, sindaci ed attivisti in carcere, al quale solo recentissimamente è stata consentita la trasmissione in televisione di un canale curdo, per poche ore al giorno e sotto attentissimo controllo, le cui violazioni vengono duramente condannate dall'Unione Europea, la quale vincola Ankara al riconoscimento dei loro diritti per l'ingresso nell'Unione e che oggi si manifesta certamente delusa per la lentezza con cui questo si sta realizzando. Negli ultimi tempi la situazione si sta facendo ancora più complicata, considerando l'aggravarsi della situazione siriana, ed i continui attacchi dei ribelli proprio a partire dal confine ad ovest. Erdogan alle ultime elezioni aveva promesso una nuova costituzione basata sulla fratellanza, la pace e la solidarietà, con particolare attenzione alla sicurezza ed alla libertà individuale, e più nello specifico con riferimento al diritto al giusto processo, la libertà d'espressione e di associazione. La questione è certamente oggi un banco di prova per valutare sia la maturità interna della Turchia, che la sua proiezione esterna come leader regionale, ma gli effetti dell'apertura non sono stati certamente dirompenti. I QUESTIONE CIPRIOTA E' certamente uno dei maggiori ostacoli all'ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Una questione che va avanti già dalla dominazione coloniale britannica e che negli anni si è andata certamente complicando, portandola ad una situazione di tensione e guerra effettiva tra la comunità greco-cipriota (maggioritaria) e quella turco-cipriota (minoritaria), con l'inevitabile intervento dei governi di Atene ed Ankara, considerando il desiderio della parte sud dell'isola di unirsi ai primi e la volontà di separatismo della parte nord. L'ingresso della Grecia e della Turchia nella NATO nel 1952 e l'indipendenza di Cipro nel 1960, non hanno certamente stemperato la situazione, che vide l'acuirsi di violenze a tal punto da richiedere l'intervento di una missione ONU nel 1964. La questione andò avanti con notevoli peggioramenti e nel 2004, in vista dell'apertura dei negoziati con l'UE, questa chiese alla Turchia di riconoscere la parte greca di cipro in modo ufficiale, a maggior ragione alla luce del suo ingresso nell'unione nel maggio 2004, e di smilitarizzare la parte nord dell'isola, occupata militarmente dal 1974 (anno in cui i turchi avevano invaso Cipro al fine di contrastare il colpo di stato greco-cipriota). Naturalmente la Turchia si rifiutò di fare ciò, come si è allo stesso tempo rifiutata di riconoscere l'attuale presidenza cipriota per il semestre che è iniziato da luglio di quest'anno, alla quale si è fortemente opposta, minacciando di congelare ogni tipo di relazione con l'UE per il tempo relativo a questa presidenza. Come promesso è infatti avvenuto, e sono forti le proteste degli ultimi giorni a causa del “progress report” pubblicato dall'Unione lo scorso 10 ottobre, nel quale ha segnalato forti preoccupazioni nei confronti della Turchia e dei temi ancora irrisolti (libertà di stampa, lunghe detenzioni preventive, questione curda e cipriota), focalizzandosi in particolar modo sulla questione di Cipro, accusando la Turchia di non aver mantenuto le promesse di una normalizzazione dei rapporti con questa, rimproverandone la rigidità di fronte alla sua presidenza del consiglio. Naturalmente il ministro degli affari europei turco Bagis, ha manifestato apertamente la delusione davanti ad un report evidentemente viziato dal lobbismo cipriota, tenendo ridondate le critiche e dispiaciuto per il mancato riconoscimento dei progressi portati avanti. Trovare una soluzione duratura per l'isola oggi è certamente una questione prioritaria e vede da una parte la Repubblica di Cipro, riconosciuta internazionalmente e membro a tutti gli effetti, e dall'altra l'autoproclamata Repubblica Turca di Cipro Nord che occupa la parte settentrionale dell'isola, riconosciuta esclusivamente dal governo di Ankara, che spinge al suo riconoscimento internazionale, e che continua ad affermare l'autonomia e la legittima sovranità di questa repubblica federata, e di non riconoscere la Rep. Di Cipro come stato che esercita la sovranità su tutta l'isola e quindi di voler estendere gli effetti del Protocollo Europeo di Ankara (29/07/2005), relativo alla libera circolazione delle merci ed alla eliminazione delle restrizioni per i mezzi di trasporto. Riconoscere però tutti i membri dell'unione, è condizione necessaria all'ingresso. Una situazione che sembra destinata a rimanere teatro di lunghi scontri politici tra le parti, e che non è altro che l'ennesimo tassello di un mosaico ben più ampio, dei problemi che impediscono un dialogo sereno tra Ankara e Bruxelles.
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