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tutti gli appunti di sociologia generale + riassunto libri, Appunti di Sociologia

appunti di tutte le lezioni di sociologia generale e riassunto libo "sociologia generale" ("teorie, metodo, concetti" III edizione) e della monografia "aggiungi un selfie a tavola" ("il cibo nell'era dei food porn media") di Luisa Stagi e Sebastiano Benasso (in aggiunta ad una spiegazione da parte di Sebastiano Benasso)

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 05/05/2023

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Scarica tutti gli appunti di sociologia generale + riassunto libri e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! LEZIONE di sociologia generale 28/02/2023 Compiti scritti si basano solo sul manuale (sono due, si può prendere fino a 26 totale), orale integrativo sulla monografia. Primo pezzo 4 aprile, si fa in aula su aulaweb, 3 domande massimo 700 parole, massimo 4 punti per domanda. 9 maggio secondo pezzo. Orale 15 maggio su monografia “aggiungi un selfie a tavola” (orale non può penalizzare il voto, può solo confermare o migliorare). Ieri utilizzate 3 tracce (esame 20/03/2023): le prospettive positiviste della prima sociologia, uno sguardo critico; il consenso l’egemonia ed il conflitto; la mobilità sociale. Usare teorie, esemplificazione, applicazione ai nostri giorni. Prove intermedia dura due ore, tre tracce aperte, massimo 700 parole a risposta, per ogni risposta massimo 4 punti, più un punto bonus, totale massimo 13 punti quindi; stesso schema della seconda patte, arrivando fino a 26, poi integrato dall’orale sulla monografia che può aggiungere fino a 5 punti. Si lavora sui propri pc, su aulaweb o su word (se non si ha il computer o il tablet si usa un protocollo che bisogna portare da casa). La sociologia studia le interazioni e le relazioni dei gruppi sociali ; Essa si occupa di ciò che è giusto e cosa è sbagliato. Perché esista una società deve esistere il collettivo. L’introduzione del daspo urbano (il daspo è la misura per allontanare le persone ritenute pericolose per l’ambiente dello stadio durante le partite; è stato successivamente aggiunto quello urbano, per uso improprio del suolo pubblico: un esempio sono i barboni che dormivano nelle stazioni) risulta in contemporanea all’arrivo della sociologia. Una società che si dota di questo strumento è una società molto diseguale. Il principio che sta alla base di questo strumento è il decoro della società (il decoro è più importante della differenza tra vantaggio e svantaggio delle persone). Siamo sempre più in una società che penalizza le persone o le famiglie per la malasorte proprie come scelte individuali sbagliate. Lo Stato fa un passo indietro, non è lui colpevole dei costi, ma sono le persone che devono trovare le scelte migliori, è colpa delle persone se non ce la fanno. Le persone hanno bisogno di consulenze, di altri che stanno più in alto e regolano, ovvero gli esperti. Di solito chi si deve sistemare è di classe inferiore a chi dà i consigli (che è di classe sociale molto superiore). Le persone devono dimostrare di essere meritevoli di redenzione. La parola merito, portata dal nuovo governo, è un tema dominante della società che in questa prospettiva è meritevole di essere ricca e colpevole di essere povera . Le diseguaglianze possono essere anche in base al potere o al genere, oltre che ai soldi ed alla classe sociale. Quanto deve essere coperto o scoperto il corpo femminile dipende dallo sguardo maschile ad esempio. Il potere patriarcale è quello principale della società. Anche comportamenti istintivi come la postura e che si danno per scontati sono intrisi dalle differenze di genere (ad esempio sull’autobus le donne occupano meno spazio degli uomini, non per la massa, ma perché spontaneamente pensano di dover occupare poco spazio). Socializzazione è un termine importante in sociologia, è il processo attraverso il quale i membri nuovi delle società diventano membri funzionali; il processo per cui si tramandano i valori e le regole che caratterizzano la società (ad esempio anche la prossemica è dettata dalla società, gli spazi che occupano le persone e quelli che mettono tra un individuo e un altro). Le gerarchie diventano anche morali (ad esempio accettiamo maggiormente vedere crescere polli in gabbia per essere mangiati, rispetto al vedere lo stesso trattamento con i cani). La sociologia è una scienza empirica, che serve a stimolare e sviluppare riflessività, a guardare il mondo di cui si fa esperienza con una prospettiva critica. Essa può essere applicata a tanti ambiti della nostra vita (seppur le cose più vicine non le vediamo perché sono famigliari; non riusciamo infatti ad essere sempre sociologi, mentre siamo sempre attori sociali. Fossimo sempre sociologi, rivedessimo sempre ciò che ci sta intorno, non faremmo nulla). Neumann sostiene che le persone che partecipano alla società devono avere molta fiducia che le regole che ci sono vengano date da tutti per scontato. Inoltre sostiene che si prendano per buoni i saperi degli esperti, almeno su alcune aree della vita. Vi sono poi le credenze che cambiano i modi di vedere le cose, però questo è l’unico modo per stare nella società, chi prova a non aderire viene solitamente allontanato. 1 Il rapporto tra individui e società si può vedere anche tra individui e struttura sociale. Si vedono le routine che sono influenzate dalle strutture sociali, confermate dai comportamenti individuali e rialimentate dalla struttura sociale alla quale siamo socializzata; è una circolarità, ciò assolve ad una delle due esigenze più importanti della società, ovvero dare continuità, essere prevedibile; fosse l’unica esigenza però saremmo in società statiche. Per questo motivo l’altra esigenza è il cambiare (alcuni dicono evolvere, ma con questo termine sembra che ci si riferisca a cambiamenti che siano sempre positivi, in qualcosa di meglio, ma non essenso sempre così il termine non è propriamente corretto). I cambiamenti possono essere portati collettivamente o individualmente, comportandosi al di là della struttura sociale; in sociologia esso è detto agency.2 L’agency crea mutamenti, è la capacità/possibilità di agire al di là dei condizionamenti strutturali. LEZIONE 2/03/2022 La relazione tra individuo e società è circolare e si esprime nella struttura sociale e con l’azione individuale. Vi è una circolarità perfetta che però può essere interrotta. La dimensione dell’agency è quella in cui avvengono i cambiamenti, ha a che fare con il mutare alcune strutture a cui si è stati socializzati nel quotidiano (socializzazione non vuol dire conoscere persone ma è il processo che si innesca dalle primissime interazioni sociali che abbiamo). La sociologia è uno studio sistematico delle relazioni tra individuo e società (sistematico= studio che si effettua attraverso procedure di carattere scientifico). La sociologia è una scienza empirica, studia ed esplora la società e la realtà tramite metodi di ricerca (varie tipologie). Weber, uno dei padri della sociologia, sostiene che è una scienza sempre in divenire (si distanzia dai sociologi precedenti che sono più positivisti). Right Mills, uno dei primi sociologi, dice che la sociologia si basa sull’immaginazione sociologica; questo perché tutti sono dotati di un’immaginazione sociologica. Mills con questo termine indica la capacità di cogliere le relazioni tra le proprie biografie e il contesto storico, culturale e sociale; la relazione tra la scelta 1 Vedi film “Captain fantastic” o “into the wild”. 2 Un esempio è Rosa Parks, una donna nera che nel ’58 non si alzò e non diede il posto a sedere sul bus ad un signore bianco (cosa che ai tempi bisognava fare per legge), così innescò una serie di rivolte per rivendicare il diritto dei neri. Un altro esempio risale al ’68 durante le olimpiadi: Carlos (ed un altro) fecero un gesto sul podio: misero il guanto delle pantere nere, così si chiuse la loro carriera sportiva, in quanto era un contenuto politico (e le olimpiadi fingevano di non voler aver contenuti politici). Inoltre avevano la giacca aperta per simboleggiare la classe operaia e le scarpe slacciate per simboleggiare i neri. Un ennesimo esempio è rappresentato nel ’69 con i moti di Ston Won Hill, locale di sex workers trans (vi era una legge sull’avere almeno 3 capi tipici del proprio genere di nascita). religione al centro) come l’infanzia; successivamente vi era lo stadio metafisico (retto dalla filosofia, che per lui però presentava un eccessivo idealismo) visto come l’ adolescenza (in quanto l’idealismo di quel periodo gli ricordava l’immaginazione che hanno i ragazzi in quell’età, la loro tendenza a pensare tramite concetti generali non verificabili empiricamente) ed infine la società in cui lui vive (positivista, retta dalla scienza) come l’età adulta. Sulla scia di Comte arrivò successivamente Spencer, il quale sosteneva che la sociologia potesse essere studiata come un organismo vivente, un sistema di parti interdipendenti (ha una prospettiva macrosociologica). Nella sua prospettiva le parti di società che cambiano dal punto di vista funzionale vengono dismesse, ciò vuol dire che questa evoluzione debba essere lasciata libera di svilupparsi, soprattutto sul campo economico (anche la società deve essere regolata dal meccanismo “sopravvive il più forte”). Spencer non tira fuori dal nulla l’idea di società come unioni di parti indipendenti, ma le riprende parzialmente da Hobbs (lui diceva “homo homini lupo”).4  prospettiva etnocentrica : assunzione che la propria cultura sia meglio delle altre, le quali vengono svilite da questa concezione. MARX: Marx, muore in povertà, viene esiliato a Londra e nel 1867 scrive “il capitale” (a Londra). Egli parte da un’idea plausibile: cercava di spiegare il modello economico che reggeva la società e così spiegò come funzionava il capitalismo (in cui si avevano i mezzi commerciali propri, vi era una negoziazione impari sul salario, gran parte della società che aveva come unica ricchezza la propria forza lavoro ed il plus valore era sempre a vantaggio dei capitalisti). Nella prospettiva di Marx questa condizione era destinata ad esplodere, pensava che ci sarebbe stata una rivoluzione tra capitalisti e proletari che avrebbe ribaltato quel sistema di potere opprimente. Non sarebbe più esistita, per lui, la proprietà privata, ma tutto sarebbe appartenuto a tutti e così non ci sarebbero più state disuguaglianze (egli ha però sottostimato i differenziali di potere e la capacità del capitalismo di assorbire e depotenziare il conflitto e le forze che lo mettono in discussione). LEZIONE 7/03/2023 Si possono dividere due gruppi di autori sociologici, in base a ciò che pensano sia la struttura sociale. Marx e Durkheim condividono una prospettiva che vedono tutte le cose della natura come conseguenza del sociale. Da Durkheim nasce il funzionalismo. Weber sostiene l’opposto; secondo lui è la cultura a determinare la struttura sociale. Oggi si crede che vi sia una circolarità, non si crede plausibile un’unica causa che porta ad unico effetto. MARX: Secondo Marx la cultura è un riflesso della struttura sociale. La sua prospettiva è detta materialismo storico, per cui tutto ciò che è nella storia (a suo parere) è una sovrastruttura che si forma dalla struttura. La struttura fondamentale nel materialismo storico è il principio economico (che regge la società). In questa struttura sono i mezzi di produzione a determinare tutte le altre sovrastrutture. Secondo Marx se si vuole capire un periodo storico e la società in un periodo storco si devono analizzare i rapporti economici e di produzione, soltanto così si può successivamente capire ciò che pensano le 4 Un esempio più attuale di darwinismo sociale è “squid games”, in cui vince il più scaltro persone. La coscienza di una società, di un periodo storico, è l’espressione di una matrice dei rapporti economici di chi li regolano (che sono necessariamente quelli di chi ha più potere e quindi ha più presa sul mondo: chi ha potere decide quali sono i valori dominanti di una cultura, agisce sulla dimensione culturale e il suo potere diventa universalità e giustizia, quella che Gramsci definirà egemonia). Vi sono molti lavori nella scuola di Francoforte sulla base di questa prospettiva (la quale è composta da studiosi di origine ebraica che negli anni ‘20/’30 si trasferirono negli Stati Uniti, un esempio ne è Adorno). In quel periodo si voleva indagare come si può ammaestra la massa, partendo da coloro che hanno potere. L’industria culturale è quella in cui chi ha potere costruisce i valori. In questa prospettiva si mettono in dubbio le spinte sul credere che se si può consumare si ha potere (ai tempi si credeva che consumare fosse una forma di partecipazione ed integrazione alla società). Consumo e tempo libero servono come strategie di mascheramento delle diseguaglianze.  Si crea ambiguità tra il nostro desiderio di essere produttori e consumatori.  La nostra vita è continuamente incentivata e condizionata dalle pubblicità.  Marx dice che il capitalismo riesce a creare valore anche dalle critiche che riceve, le assume. EMILE DURKHEIM: Durkheim è di una generazione successiva a Marx; egli ha inoltre una posizione privilegiata, discende da una famiglia di rabbini, ma è agnostico, però gli interessa la religione in quanto la vede come un fattore di integrazione alla società. Egli vive la fase della terza Repubblica Francese, instabile dal punto di vista politico perché continua a passare da spinte verso la repubblica ad altre di ritorno indietro. Egli si chiede come sia possibile che la società in un periodo così instabile rimanga unita. Durkheim scrisse la prima opera in cui si descrive la sociologia come una scienza empirica che attraversa il mondo, “le regole del metodo sociologico”. Egli inoltre ebbe la prima cattedra di sociologia esistente al mondo. Secondo Durkheim la cultura si riflette sulla struttura; la società, secondo lui, è retta dalla coscienza collettiva, valori culturali condivisi, grazie ai quali la società determina vari livelli di solidarietà sociale. Durkheim analizza ed esamina diverse forme di solidarietà sociali, soprattutto nel passaggio dalle società premoderne a quelle a lui contemporanee. Egli sostiene che le società medioevali davano luogo a comunità molto strette perché, data la lentezza del cambiamento sociale in quell’epoca, le persone facevano esperienze quotidiane molto assimilabili, inoltre la vita era simile anche tra generazioni; questo tipo di società dava luogo ad un tipo di società che egli definì meccanica, che da un lato integra e unisce molto, ma dall’altro lascia poco spazio, stringe molto. Essa si genera a partire dalla condivisione di un’identità comune, dovuta ad esperienze comuni. Il mondo venne poi stravolto a livello strutturale, poiché cambiò il lavoro. La capitalista divisione del lavoro comporta il fatto che tutti si specializzino in alcune parti del processo produttivo, ognuno fa un piccolo pezzo che collabora nel prodotto finale. Ogni parte della società è quindi interdipendente all’altra e comporta il fatto che ognuno faccia esperienze diverse e che vi sia un’interdipendenza reciproca. Questo tipo di legame viene detto solidità organica, è meno stringente di quella meccanica. Durkheim scrisse anche “il suicidio”, argomento sul quale fece uno studio (limite studio= non poter parlare con la persona che si è suicidata, in quanto è morta). In quest’opera fece emergere quali sono i caratteri culturali e sociali che portano al suicidio. Ad esempio egli capì che nelle culture Cattoliche ci si suicida di meno che nelle religioni protestanti; questo perché la cultura cattolica è più unita, mentre quella protestante è più individualizzata. Vide anche che si suicidano di più le persone che non sono in una relazione di coppia stabile. Egli individuò 4 forme di suicidio: 1 egoistico, a causa di scarsa integrazione sociale; 2 altruistico, eccesso di integrazione (così la persona non distingue del tutto la propria vita da quella del corpo sociale: ne è un esempio il kamikaze); 3 fatalista, suicidio che parte dal fatto di considerare la condizione di disagio vissuta nel presente come una condiziona non modificabile; 4 anomico. L’anomia per l’autore è una caratteristica della società, una carenza o latenza di valori che indirizzano le scelte delle persone. Un esempio di società anomica è quella del dopoguerra, che si deve riassestare. Questa latenza/smarrimento può portare ad un maggior numero di suicidi; l’anomia si può riferire sia ai cambiamenti strutturali sia ai periodi che può attraversare una persona. A partire dal pensiero di Durkheim nasce la scuola struttural-funzionalista (o funzionalismo). La società in questa prospettiva ha bisogno di organi che riproducano le norme, per cui si istituisce la famiglia; quest’ultima, insieme ad altre istituzioni, aiuta a socializzare i nuovi arrivati (da qua deriva il termine “famiglia disfunzionale”: questo termine si riferisce alle famiglie quando non assolvono a questo compito).5 MAX WEBER: Weber sostiene che sia la cultura a influenzare la struttura. Weber, come Durkheim, è di classe privilegiata e anche lui si concentra nei cambiamenti avvenuti dalle società passate a quella moderna. Egli nella sua opera, “l’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, scrisse che il capitalismo si è sviluppato nel ‘900 a nord Europa, luogo in cui vi è la religione protestante, calvinista. Ciò, secondo lui, era dovuto al fatto che la religione cattolica sostiene che la povertà sia un dono che viene ricompensato nella visione ultraterrena, mentre la religione calvinista sostiene che la vita ultraterrena è predeterminata e non c’è modo di modificare questa cosa; questa seconda visione crea spazio culturale in quanto la ricchezza sembra essere indice di un premio della vita ultraterrena. Il protestante deve quindi accumunare ricchezze senza usarle in modo edonistico (puritani calvinisti = accumulare ricchezza e non usarla). In questo religione si crede anche alla vocazione: ognuno alla nascita ha una vocazione e si deve capire qual è; una volta capita qual è la propria vocazione si è chiamati dalla divinità a compierla, per cui bisogna svolgerla al meglio possibile (=fare al meglio il proprio lavoro, che rappresenta la propria vocazione). Questa visione ribalta la struttura e sovrastruttura marxista (qua è come se la cultura fosse la struttura e la società fosse la sovrastruttura della struttura). La società di Weber è detta sociologia comprendente perché si basa sulla comprensione dell’azione sociale ed individuale. Egli esamina l’azione sociale in base alle motivazioni che la spingono ad attuarsi (azione sociale = azione intenzionale, dotata di un significato condiviso, razionalizzata da chi la compie, spinta/rivolta ad altri, dotata di significati). - Azione sociale tradizionale: mossa da costume, usanza, tradizione (“si fa così perché si è sempre fatto così”); - Azione sociale affettiva: mossa dal sentimento, l’emozione, è quella meno razionale; 5 Esempio di famiglia disfunzionale= “shamless” si conferma ciò che si pensa, seppur si possa pensare a qualcosa di falso. Questo avviene per fare stare più tempo le persone su internet; - Norme: rappresentano una traduzione/una materializzazione dei valori dominanti della società; in esse sono comprese le norme informali, ovvero quelle che regolano i contesti di dimensioni esoteriche (in senso di pochi), seppur non siano scritte, in modo tale da proteggere le comunità; - Linguaggio: permette di descrivere le cose (se le cose non si possono definire, descrivere o vedere è come se non ci fossero). Il linguaggio influenza la struttura cognitiva. Tra le sotto-dimensioni di cultura si trova il concetto di ideologia, ovvero l’insieme di significati che aiuta a spiegare il mondo e che dà valutazioni morali (aiuta a stabilire ciò che è giusto e cos’è sbagliato). Nelle società vi è sempre un’ideologia dominante, ovvero quella dei gruppi che hanno più potere e che filtra di più nel senso comune (ciò che le persone pensano). Per Gramsci un’egemonia ha sempre una funzione primaria, di legittimare, cerare consensi in quel momento. Le sub-culture si distanziano dalla cultura dominante, rispetto alcuni ideali, questo permette loro di poter convivere pacificamente con la cultura dominante; infine vi sono le contro-culture, che non solo fanno parte delle sub-culture, ma che hanno anche un antagonismo verso le culture dominanti, per cui cercano di cambiare la cultura egemone. Si è visto così che convivono divere tipologie di culture nella società; inoltre esse si possono dividere in una cultura alta (che non è detto sia quella dominante), una popolare (che si può definire “dal basso”, una di quelle più diffuse in tutti gli strati della società, ad eccezione di quelli di élite) ed infine quella di massa (che è una mercificazione della cultura popolare). Nella sociologia è importante ragionare sulle relazioni reciproche delle diverse tipologia di cultura, piuttosto che gerarchizzarla. C’è una scuola di sociologia a Birmingham, che inaugurò le proprie ricerche a partire dalla cultura popolare di una generazione di giovani; grazie ai suoi ricercatori, che stanno nella Centre for Contemporary Cultural Studies (CCCS), vengono considerate tutte le dimensioni che prima non veniva studiate, in quanto apparentemente banali. Negli anni ’50, in Inghilterra, si è iniziato a studiare il tempo libero nei giovani (che nella classe popolare/operaia precedente non esisteva). Questi studiosi erano particolarmente interessati ai giovani della working class perché da un lato vivevano contesti diversi dai propri genitori e dall’altro erano scollegati anche rispetto ai propri coetanei borghesi (i quali, a differenza loro, avevano grandi capacità di spesa). Essi si crearono dei propri contesti (ad esempio lo stadio e le sale da ballo) in modo tale da riuscire a tenersi al riparo dal consumismo (che divora i loro pari) ed allo stesso tempo allontanarsi dagli stili dei propri genitori. Le sottoculture giovanili diventarono lampanti dal punto di vista simbolico, tanto che gli studiosi del CCCS le definirono “spettacolari”. In questa fase si creò resistenza dal punto di vista simbolico, tramite queste loro sottoculture. Le prime sottoculture sulle quali le CCCS si concentrarono furono i MOD (ovvero i modernisti). I CCCS cercarono di interpretare i segni del MOD e videro che essi cercavano di distanziarsi dal futuro esprimendolo con ciò che potevano (e che costasse poco), ad esempio tramite i capelli. La loro affascinazione della dolce vita Italiana, si tradusse tramite lo stile come con la lambretta che poi si cercò di personalizzare con più oggetti possibili. Il parca ad esempio, era una giacca-simbolo tipica dei MOD, ispirata ai rude boys Giamaicani. Quest’ultimi si vestivano con righe rigorose e sentivano musica ska. I MOD, i quali avevano questa tensione verso il futuro, erano nemici dei rockers, che avevano invece uno sguardo retro-orientato, ascoltavano la musica di Elvis Preston e pensavano all’America. Avevano un grande ciuffo per mostrare che potevano curarsi, a differenza dei loro genitori che lavorando sempre in azienda avevano la testa rasata.8 Successivamente vi erano gli Skinned, che nacquero come movimento anti-fascista (oggi sono visti come di estrema destra), che usavano abbigliamenti strettamente da operai. Dal punto di vista musicale, evolsero il punk, aumentando il ritmo e le battute, prendendo il nome di hard rock. Infine vi furono i Punk, coloro che mostravano più evidentemente il proprio stile, soprattutto tramite propri capelli. Egli ruppero con il futuro e con il progresso, il loro motto era infatti: “no future”; per loro si doveva vivere in un presente eterno, il quale era marcio, ma si voleva stare nel putridume (infatti punk vuol dire marcio). Nella CCCS si partiva dalle sottoculture, con una prospettiva funzionalista, dalla definizione di Gordon, per poi concentrarsi sui suoi simboli e sulla resistenza messa in atto. Phil Cohen, della CCCS, sosteneva che il non essere operai non essendo neanche ancora borghesi creava un bisogno di capire chi si fosse, di distinguersi ma allo stesso tempo di appartenenza. Secondo la CCCS si usava per questo motivo lo stile come unità di analisi delle sottoculture giovanili (in senso di abbigliamento, gergo, vestititi, capelli). Il fatto che uno stile venga compreso solo da poche persone stringe la comunità al suo interno e la distanzia da quelle esterne; è come se fosse una fonte per costruire degli ideali immaginari condivisi nella propria cerchia: crea l’identità sociale, la parte del sé che riflette ciò che si vuole che la società pensi di sé. Stanley Cohen sosteneva che l’attenzione dall’alto verso queste sottoculture era inevitabile e che creava panico morale (=“dove ci porteranno questi giovani”), in quanto le sottoculture venivano viste come capi espiatori. Per questo motivo la stampa scrisse moltissimo a riguardo di esse. Il punk trasgrediva i rapporti routinarie tra la culture materiale (significante) e quella immateriale (significato), come mostrato nel libro “Sottocultura, il fascino di uno stile innaturale” del 1979 di Hebdige. Secondo la sua prospettiva, i punk attraverso una sorta di “bricolage” usavano gli oggetti in modi diversi, smentendo “la falsa ovvietà della pratica quotidiana”. Ciò è simbolicamente importante, in quanto ci si appropria dei simboli di altre ideologie e li si ribaltano (usandoli in modo diverso), nella prospettiva “fai ciò che hai”. Le culture e le sottoculture nel tempo iniziarono sempre più a mischiarsi.9 Tutta questa guerriglia di sottofondo (quale le idee di trasgredire i significati dei simboli e l’uso degli oggetti) dava fastidio alla cultura dominante, alla quale non bastava più produrre soltanto panico morale. Per questo motivo bisognò riuscire ad accettarla e ad assimilarla. Gli stili iniziarono a non dare più così nell’occhio, un po' perché si diffusero (come diceva Clark: le persone si abituano), un po' perché vi fu un processo di defusione: come i punk prendevano i simboli della cultura dominante cambiandone il significato, allo stesso modo quest’ultima iniziò a riusare i loro simboli svuotandoli, facendo perdere la loro potenza. Questi processi di diffusione e defusione fecero in modo tale che chi stava dentro alle sottoculture si sentisse svuotato, ad esempio i punk iniziarono a dire “il punk è morto”; ciò veniva detto da chi stava dentro alle varie sottoculture, perché si sentiva proprietario di un sapere giusto che a suo parere era stato svilito. Questo avviene quando uno stile non si sente più autentico.  Slide 25 minuto 35:19 (blocco 3 (cultura e culture): nelle periferie nasce il fenomeno del punk. I punk avevano disponibilità per fare viaggi a Londra e 8 Film “Padre feglia” 9 Film “mister rocket” comprare dischi; molti venivano arrestati e perquisiti. Il Ribellismo veniva sempre nella stessa area. Per scena punk si parla di una scena allargata che includeva la “no wave”, il dark, gli skinned. Tutti iniziarono ad auto produrre delle riviste, le “fanzine”. Ve ne era una chiamata “fame” che coinvolgeva varie persone che creava fumetti (non tipiche di quei tempi). Le fanzine volevano rappresentare un trend di unione, una sorta di mediazione tra le presenze politiche e la vita del quartiere ed il punk. Le fanzine divennero uno strumento anche di chi non era mai andato a scuola, per cui fu uno strumento molto diretto di comunicazione, alcune con tentativi politici (formative politicamente), altre di informazione musicale piuttosto che per pubblicità. Esse si diffusero fino a diventare una sotto-cultura dominante ed arrivare anche in libreria, alla Callusca ed altre meno note dalla società. In quegli anni si stava dividendo la città di Milano in: Milano da bere (ovvero la gente che si faceva di eroina) e Milano per bene (che passavano dall’industria al settore terziario). Si stava quindi creando una spaccatura fortissima tra il vissuto quotidiano e l’immaginario delle persone, per cui si chiusero le fabbriche, le persone non sapevano più da che parte stare; per questo motivo i punk, che erano visti come “strani” riuscivano a rimanere in questa spaccatura. I sociologi iniziarono ad intervistare i punk, che li iniziarono a vedere come antagonisti; questa rivalità diede l’unione a tutte le tribù della città, per scagliarsi contro ad essi (in altre città ciò non sarebbe potuto avvenire, in quanto questo cambiamento dall’industria ci fu soltanto a Milano). Non si aveva una forza organizzativa sufficiente per riuscire a bloccare tutto (“alla vecchia maniera”), per cui si decise spontaneamente di presentarsi al discorso di una mattina dei sociologi in cui presentavano la loro ricerca (sui giovani) e di tagliarsi il petto e pulirsi dal sangue con dei fogli che poi diedero alle persone lì presenti(anziché spaccare tutto, perché erano soltanto in 3).  I Punx avevano abbigliamenti meno provocatori rispetto ai punk inglesi, ma provenivano anche loro dalle fasce più povere e disagiate della popolazione  Occuparono il teatro di miele (5 maggio 1984, sgombrata da 12 blindate dalla polizia), volevano liberarsi dal “virus”  Il giornale 16 maggio del 1984: “sfrattati all’alba dalla polizia i punk abusivi di via Correggio 18 (abitata da 40 abusivi punk e tossicomani), con continui soprusi dettavano legge nel quartiere”. LEZIONE 16/03/2023 La struttura sociale è l’insieme dei modelli di routine di comportamento che garantiscono alla società forme di riproduzione e stabilità. La struttura è composta dai modelli che si imprimono all’individuo il quale ne ha bisogno per creare prevedibilità nella sua vita quotidiana. L’individuo è influenzato dai modelli e agendo li influenza, ricreandoli a sua volta; è un circolo virtuoso/vizioso (che si può vedere come limitante o in modo positivo). Questo procedimento però non rimane strettamente circolare perché con l’agency si ha la capacità e possibilità di agire al di fuori di quella circolarità, è il mutamento sociale. L’agency ha a che fare con l’agire nel micro-sociale, è il mettere in atto azioni che non si adeguino totalmente alle azioni routinarie attese. Tutti hanno diverse possibilità di agency. 10 I margini dell’agency sono interamente (o almeno parzialmente) limitati dalla struttura di possibilità che si hanno o che si incontrano (come le possibilità economiche o il tipo di esperienze che si fanno). 10 “skam italia” è un format Norvegese, significa “vergogna”; in ogni stagione c’è un protagonista diverso in cui egli deve cercare di superare un problema legato alla vergogna di dover superare una qualche caratteristica che diverge dalla norma. Questa serie mostra come tutti possono superare la vergogna da una particolare condizione: tutti devono trovare qualcosa per superare un vincolo sociale (manifestata spontaneamente dalla vergogna: si arrossisce per modelli sociali e culturali). Per resistere alla forza della vergogna sul limitare e conformare le proprie risorse, dice il senso comune); dai media ciò viene quindi ripreso dalla politica, deriva da ciò la legge bossi-fini (per la quale si considera illegale/criminale chi è migrante senza permesso, ad esempio chi viene con i barconi). La paura era “gli stranieri sono criminali, stanno arrivando, ne dobbiamo avere paura”. La tautologia è un processo che si auto-conferma, autolegittima. Il pensiero egemonico ha il potere di criminalizzare i pensieri alternativi. Nel senso comune non viene considerata la voce del senso comune. Da Weber in poi si disse che il potere è accettato se è considerata legittima la persona ad esercitarlo; se la persona che esercita potere è considerata tale, in genere le persone non si oppongono. Esistono diverse tipologie di autorità: - Tradizionale: confermata dalla tradizione, basata sulla continuità (ne è un esempio l’autorità politica medioevale, la quale era nobiliare, per successione); questa tipologia di autorità era in genere conformata dalla religione che la sacralizzava; - Razionale-legale: legittimata da normative, ovvero leggi che dovrebbero creare procedure trasparenti ed egualitarie, per le quali il potere dovrebbe essere assegnato tramite elezioni; questa tipologia di autorità è sempre più diffusa; - Di carattere carismatico: sono forme di fedeltà nate dal riconoscere la leadership di qualcuno; è quella su cui di solito si basano i movimenti totalitari. È difficilmente (se non impossibile) da trasferire, per cui servono forme coercitive che obblighino il consenso, in mancanza di leader che invece lo attira (il consenso). Con Foucault (filosofo francese) cambiò prospettiva: a lui non interessava né localizzare il potere (ragionare su chi ne avesse di più o di meno) perché a suo parere era più importante concentrarsi su come il potere ha la capacità di impadronirsi della vita. La sua prospettiva è anche chiamata biopolitica. Per lui bisogna smettere di pensare al sovrano e di cercare la gerarchia del potere (di capire chi è in alto o chi ha più o meno potere), ma bisogna considerare il funzionamento del potere come una rete, un insieme di azioni su azioni, ciò aiuta a capire come il potere agisca (anche quando è invisibile). Noi, intesi come società democratica sappiamo di essere liberi, eppure le nostre vite sono continuamente modellate dal potere; ciò significa che quando si agisce il potere su qualcuno (il quale di conseguenza lo subisce passivamente) non si tratta di potere, ma di forza. Pe lui il potere è quando un’azione influenza il campo di azioni possibili sugli altri soggetti. Questo è il motivo per cui il potere deve lasciare molta libertà: perché funzioni il potere deve esistere un margine di libertà, per creare un’influenza di azioni. In questa prospettiva l’individuo non ha potere diretto, ma è influenzato dal potere (dal quale viene plasmato soprattutto a partire dal proprio corpo). Noi non esercitiamo potere, ma ci muoviamo nella rete di potere e conoscenze, oltre ad essere prodotti da questo potere. Non esiste più un potere centrale come il re, ma c’è oggi una rete capillare divisa in tutti gli ambiti della vita (prospettiva capillare). L’idea del potere sui corpi, nella nostra società, è mostrata dal fatto che il proprio corpo indica per noi se siamo bravi cittadini o meno: il corpo deve essere sano e performante, se non è adeguato non va bene, in quanto un copro sbagliato è dovuto a scelte sbagliate, a performance non corrette; la persona, con il corpo ritenuto sbagliato viene allora colpevolizzata. Il potere, nella sua microfisica, si è diffuso nella società poiché ha risposto a due urgenze: da un lato vi era l’urgenza di capire come si può gestire un numero ristretto di individui nello spazio chiuso e dall’altro il problema di gestire una grande popolazion in un territorio molto vasto (di gestire la libertà mantenendo il controllo). - Per il primo caso è evidente come il potere si doti di tecniche di disciplina, a partire dal modello ideale di prigione, che si diffondono in tutte le forme di dimensione collettiva (a livello di meso- sociale). Foucault fece una prigione teorica, Potticon, che prevedeva che al centro ci fosse una torre dalla quale si potevano controllare tutti i detenuti, i quali stavano nelle celle. I detenuti non vedevano così dove guardasse chi aveva il potere/il controllo, per cui non sapendo quando fossero controllati, pensando si esserlo sempre, si autocontrollavano maggiormente. Da questa idea di controllo permanente questa torre metaforica si diffuse in tante situazioni sociali poiché il dubbio di essere controllati disciplina, esso agisce anche sull’uso e sulla scansione che si fa con il proprio tempo e con il proprio corpo in contesti pubblici. - Quando il potere deve invece regolare la libertà altrui si serve di una serie di dispositivi: le tecnologie del potere sono quelle che “dalla prigione passano alla fabbrica”, ma che poi istituiscono i regimi di verità, perché per Foucault il potere è sempre conoscenza/ produce saperi che normalizzano e organizzano la vita, creando verità. Quando un regime è efficace nel suo imporsi lo si percepisce come naturale, ne sono esempi la scienza e la fede, che collaborano ad un regime di verità che ostracizza i tentativi di romperla (di rompere quella verità).  Foucault sostiene inoltre che il folle è colui che rompe lo schema e che per questo viene marginalizzato. Queste fonti di sapere inducono per lui ad accettare spontaneamente e gioiosamente la verità; esse adeguano il sé, legittimato da ciò che il sapere dice di fare. Il potere agisce, ad esempio, sulle questioni di scelte riproduttive, della fertilità e della mortalità. Le tecnologie del sé (come la continua autovalutazione) spingono verso l’autoregolazione: nessuno ci obbliga ad adattarci, ma lo facciamo da quanto siamo inseriti in questa rete. Promuovere ciò è strategico nella società neoliberale.  Questa prospettiva/dinamica Foucault la chiama Governamentalità; il termine è una crasi tra la parola “governo” e “mentalità”. LEZIONE 21/03/2023 Il fatto che la società sia strutturata comporta il fatto che ci siano delle diseguaglianze. Gli strati sono omogenei internamente ed eterogenei tra loro, perciò si hanno diversi posizionamenti e, di conseguenza, diversi status (per cui anche diversi livelli di prestigio). Lo status ascritto è quello che si eredita dal contesto in cui si nasce; nelle società complesse, in cui il mutamento non è del tutto bloccato (sembra sempre retoricamente alla portata di tutti attraverso le scelte educative), potenzialmente si può cambiare status (nelle società meritocratiche; seppur lo status ascritto continui spesso ad incidere, si dice che non è così). In realtà le condizioni di partenza spesso creano forti vincoli sia sul piano materiale che simbolico, per cui seppur sia possibile, è difficile cambiare. Un antropologo Australiano scrisse “capacità di aspirare” sulla base delle sue ricerche nelle grandi metropoli Indiane. Egli elaborò una teoria che sosteneva che anche solo immaginare prospettive di vita migliori di quelle vissute nel quotidiano è culturalmente determinato (se si hanno esperienze solo in determinati contesti, nei quali non è permesso guardare oltre, è più difficile pensarci; se è la stessa condizione di partenza a limitare ciò a cui si ispira, il cambiamento è limitato; per questo motivo l’istruzione dovrebbe allargare le aspirazioni di base). Il produrre mutamento sui ruoli ha a che fare con il potere: quando si ha più potere si ha un maggior margine di interpretazione dei ruoli, quando se ne ha meno bisogna attenersi al ruolo codificato. La disuguaglianza è prodotta dalla diversa distribuzione di risorse; la società è attraversata da diseguaglianze differenti in base alle forme di organizzazione ed alle stratificazioni. Ciò perché tutte le istituzioni sono stratificate sulla base di dimensioni ritenute rilevanti per la società (ad esempio possono essere stratificate per l’economia, il genere, la dimensione dell’etnia/cultura di appartenenza). La stratificazione non comporta soltanto l’essere raggruppati in gruppi omogenei all’interno ed eterogenei tra loro, ma anche l’avere diversi livelli di potere e quindi diverse possibilità di accedere a risorse o di intervenire sulla realtà/sul pensiero dominante. A prescindere dalle forme e dalle complessità delle forme di stratificazione, per capire come le società con forti disuguaglianze, continuino a funzionare ed a riprodursi, bisogna considerare che una stratificazione è sempre organizzata in forma di sistema di stratificazione. Ciò significa che ci sono una serie di norme che partono dalla stratificazione e distribuiscono in maniera non egualitaria le risorse. Deve esservi sempre un’idea dominante che legittimi la stratificazione poiché, se tutte le persone vedessero la stratificazione come sbagliata si creerebbero conflitti tali da far saltare la stratificazione stessa. Si è in una società che tende ad eliminare il conflitto sociale e la dimensione collettiva della critica al sistema di diseguaglianze alle quali si è inseriti. Si aderisce alle rappresentazioni, a quei sistemi di visioni che sostengono in maniera tautologica la visione dominante, “questo è lo stato delle cose, è il modo naturale in cui devono andare le cose”. Questo fa in modo che lo sguardo critico non si rivolga al sistema, ma alle scelte individuali sbagliate. Si può credere alla meritocrazia come un sistema di giustificazione del sistema di disuguaglianze della società.  In ottica funzionalista l’aspirazione massima della società è quella del mantenimento dell’ordine. La diseguaglianze esistono da sempre, da quando le società sono diventate stanziali, con il passaggio delle persone da cacciatrici a contadine (poiché con l’agricoltura si crea qualcosa oltre all’essenziale, un surplus). Da quel momento le società omogenee si stratificarono, chi aveva un surplus otteneva potere sugli altri. Da quel momento, l’idea di avere società totalmente egualitarie fallì (a partire dal tentativo di applicare una società di tipo socialista, in quanto si voleva cercare di gestire la società in modo tale che fosse egualitaria, ma che per farlo servissero delle burocrazie). Sistemi di stratificazioni molto bloccati (ascrittivi) e forme di modifica o di emancipazioni si sono alternati nel tempo e nelle diverse società. La massima forma di status ascritto è rappresentata dalla schiavitù, in base alla quale alcune persone erano possedute da altre. Intorno all’800 si creò una forma di legittimazione ideologica della schiavitù (che era ormai vista come passata), con l’idea di razza (si era in pieno positivismo, quando Linneo aveva classificato gli esseri viventi; questa tipologia di classificazione fu poi però applicata anche alle “razze umane”). Quest’idea legittimò che alcune razze umane potessero essere schiave di altre (quest’idea fu diffusa da chi aveva potere nella gerarchia; era un’auto-conferma della propria superiorità).  Il patriarcato ha attribuito al pater famiglias il sostegno della società. Un altro esempio di sistema di stratificazione è quello delle caste Indiane (si rimaneva nella casta in cui si era nati; quest’ideologia era sostenuta dall’idea religiosa, che riteneva che la posizione in cui si nasceva dipendesse da ciò che si aveva fatto nelle vite precedenti. Il sistema delle caste oggigiorno non è più in uso, ma vi sono ancora degli echi relativi al loro onore). - Modello mediterraneo, Spagna/Italia/Grecia: vi sono tutele universalistiche corporative, ma perché possa funzionare l’azione dello Stato, deve essere sussidiata dalla famiglia e dalle aree del no-profit, ovvero il terzo settore. - Modello liberale, Stati Uniti: lo Stato non è il protagonista del Welfare, ma lo sono il mercato ed il terzo settore, il che vuol dire che i servizi sono privatizzati. La svolta neoliberale: attorno agli anni ‘80 ci furono cambiamenti strutturali del mercato che produssero fenomeni quali la globalizzazione. Si ebbe così la prova del fatto che fosse necessario avere un cambio di paradigma; questo cambiamento venne visto come una necessità di cambiare il rapporto tra Stato e mercato a livello Keynesiano (prima lo Stato bloccava il mercato, ora gli è funzionale; lo Stato crea riforme che producano profitto al mercato). La produzione si spostò così ad un nuovo tipo di soggetto, quello neoliberale; si creò un nuova tipologia di soggettività: la persona, a partire dalla sfera personale, è interamente responsabile delle proprie scelte, è l’imprenditore di sé stesso, agisce su sé stesso visto come risorsa umano, è così responsabilizzato che si occupa da solo della proprio spendibilità. L’individuo da Foucault, è responsabile di come agisce sulle proprie scelte, a partire dal proprio fisico: lo Stato prevede che le persone si controllino, per cui chi non lo fa è visto come “non buon cittadino”. Con la crasi tra la parola “governo” e “mentalità” (“governamentalità”) si vedono i valori dominanti e le scelte che fanno le persone. La cittadinanza in questa nuova prospettiva non è più in diritto, ma è qualcosa che va meritato. Ci sono inoltre enormi differenze sulle potenzialità di acquisto tra i diversi Stati del mondo (tra primo e terzo mondo ci sono differenze che però non sono dovute al livello di sviluppo). ESECITAZIONE SU AULAWEB SU BASE VOLONTARIA: vedere e trascrittura di un documento di circa due pagine di un episodio di Black Mirror per creare metafore con nostra società: fare una parte descrittiva delle vicende e una parte interpretativa. Bisogna fare una conclusione in cui si spiega cosa crea collegamenti con la nostra società. Se si fa si carica su aulaweb ma bisogna avvisare il professore di averlo caricato tramite email. FINE PROGRAMMA PER PRIMA PARTE ESAME: argomenti capitoli parte uno (1-2) eccetto capitolo 3, parte due (4-5) eccetto capitolo 6, parte tre solo capitolo 9. LEZIONE 13/04/2023 Prima parte per secondo compitino: Livello micro-sociale dei gruppi L’interazionismo simbolico: gli studiosi di questa prospettiva (usano l’etnometodologia) considerano l’interazione faccia a faccia l’unità minima con la quale si crea la società (per loro non esiste società senza la continua ripetizione dei modelli di comportamento tramite le interazioni faccia a faccia). Si acquisisce competenza nei ruoli attesi, nei modelli di comportamento, attraverso le interazioni. Le aspettative di ruolo sono codificate culturalmente ma i ruoli possono anche essere interpretati soggettivamente. L’etnografo, ovvero il ricercatore sociale che sta nel campo, deve comportarsi come un alieno, non deve dare per nulla scontato, deve snaturalizzare tutto. Per interagire si deve partire dalla condivisione del linguaggio, ciò non vuol dire necessariamente parlare la stessa lingua, infatti si possono creare linguaggi specifici che connotano gruppi quali sottoculture che si distanziano dalla cultura dominante. Le sottoculture spesso creano linguaggi che non vengono capiti dall’esterno.16 Spesso le nuove parole nascono dal basso e vengono nel tempo comprese da tutti come processo di assimilazioni; da quando la nuova parola viene compresa da tutti perde il suo uso. Non si tratta solo di parlare lo stesso linguaggio, ma spesso quando si ha una vicinanza/prossimità di linguaggio si condividono anche visioni del mondo, modi comuni di interpretare la realtà. La dimensione dell’intersoggettività è quella che a partire da condivisioni di linguaggio le persone interpretano nello stesso modo la realtà, quindi le emozioni le credenze ed i valori, Essa può portare a rafforzamenti di visioni stereotipate. Più ci si muove in una dimensione intersoggettiva che conferma ciò che si crede meno si tenderà a cambiare le proprie credenze. La componente dell’intersoggettività è la base del teorema di Thomas (se le persone credono che una cosa sia vera, lo diventerà). L’identità è composta da una parte che viene condivisa con gli altri, ma secondo Cooley e Mead tramite le interazioni si sviluppa anche un senso del sé, ovvero una parte di interiorità (inoltre l’identità si costruisce con le parti del sé che si vuol e condividere). Gli interazionisti simbolici (in particolare Goffman) ritengono che non esista un particolare sé originario, si concentrano infatti sulle diverse maschere che ci si mette addosso. Berger e Luckmann, interazionisti simbolici, negli anni ’60 scrissero “la realtà come costruzione sociale” in cui sostennero che esiste solo la realtà creata dall’interazione. Questa visione è opposta a quella funzionalista di Durkheim, il quale sostiene l’esistenza di fatti sociali che preesistono rispetto agli stessi individui che li useranno (egli mette in evidenza componenti di oggettività, che prescindono la visione soggettiva e che preesistono rispetto agli agenti sociali). Berger e Luckmann previdero tre fasi per la costruzione della realtà sociale: 1- Esternalizzazione: le persone si legano, creano relazioni significative: si crea il legame; 2- Oggettivazione: si da per scontato il legame: il legame diventa invisibile; 3- Interiorizzazione: la cultura interviene a consolidare i modelli di comportamento oggettivizzati: la cultura ci dice che valore ha il legame. Questo vale sia per la dimensioni micro (di cui ne è un esempio l’amicizia), meso (come le organizzazioni) e macro (ad esempio il governo). Tutto ciò non può prescindere dai gruppi sociali, a partire dallo status (le posizioni occupate dall’individuo, possono essere raggruppate nello status set). Il fatto di avere diversi ruoli può portare a conflitti tra i diversi ruoli che le persone devono svolgere; si possono creare inoltre conflitti anche intraruoli.  Maschera: 17 Goffman sostiene che sotto alle machere non ci sia niente. Egli nel ‘59 scrisse “la vita quotidiana come rappresentazione”, in cui usò l’approccio drammaturgico: in quest’opera egli sosteneva che ogni volta che le persone interagiscono nella vita quotidiana è come se usassero un copione.18 Ci sono ruoli più formali in cui il margine di interpretazione soggettiva è più limitata e altri meno in cui si può interpretare maggiormente. Quindi la possibilità di variare dal copione dipende dal contesto e dallo status. 16 Nel contesto della sottocultura hiphop si sta diffondendo l’uso dell’io contra, una traslazione in italiano della berlier francese, in cui si invertono le sillabe. 17 Video pubblicità: uno tutto disegnato (pelle autentica non tatuata; pelle artificio = tatuata; lui ribalta questi due concetti). 18 I Breaching expiriments giocavano sul violare questi copioni. L’age norms sono le norme legate all’età, che non sono scritte ma che tutti hanno implicitamente (ad esempio per le donne dopo una certa età si chiede quando fanno figli; oppure si sente spesso dire che “quel vecchio si veste da giovane”; a certe persone è però tollerato che facciano cose non tipiche della propria età, ne sono un esempio i rockettari, grazie al loro status/potere/capitali simbolici). Goffman aggiunge inoltre che è necessario un pubblico perché la dinamica drammaturgica funzioni. Il pubblico è rilevante perché il modo di usare il copione è uno strumento per controllare l’immagine che gli altri hanno di noi, si cercano di influenzare i pensieri altrui su di noi. Per questo motivo è fondamentale la dimensione pubblica e la relazione con il pubblico. Esistono due dimensioni, il palcoscenico ed il retroscena (in cui si può cambiare maschera). Quando si vede, anche parzialmente, il retroscena si rompono le aspettative19.20 Le reti sociali sono quell’insieme di legami che uniscono persone tra loro (esse erano studiate anche prima dell’invenzione dei social network, i quali cercano di creare reti e di materializzarle). La sociologia studia i legami significativi tra le persone tramite i network analisis, distinguendo i livelli di significatività di alcuni legami; questa tecnica presenta però il limite di non riuscire a rappresentare i dislivelli di potere che si hanno con le persone della propria rete di potere. Da ciò si sono create diverse teorie, come quella dei 6 gradi di separazioni (teoria che sostiene che ci siano 6 gradi di separazioni che dividono le persone, che tramite 6 passaggi si possa conoscere qualsiasi persona nel mondo). Bisogna considerare che le persone, nel costruire le proprie reti di persone, tendono all’endogamia sociale (la logica con cui tendiamo a costruire le reti, relazioni significative, per un senso di famigliarità, somiglianza; questo crea un possibile problema di stereotipi e conferme di credenze: ne è un esempio il filter bubble dei social, ovvero gli algoritmi che continuano a mostrare alle persone ciò a cui credono). Il gruppo sociale è un insieme di persone che interagisce abitualmente ed è consapevole del proprio status. Nei gruppi sociali si possono distinguere gruppi primari e secondari. In quelli primari i legami sono molto significativi ed hanno connotazioni affettive ed emotive molto alte (stanno più nel retroscena, hanno più possibilità di interpretare soggettivamente) mentre nei secondari si tende ad agire per portare a termine compiti specifici. La famiglia è il primo agente di socializzazione con il quale si interagisce, rappresenta il contesto con cui si creano le norme di base del vivere nella società. Le famiglie hanno diverse funzioni, inoltre esse sono istituzioni che mutano nella forma e nei compiti che hanno nella società. - Tendenze globali riguardo all’istituzione famiglia: si tende a ridurre il numero medio dei componenti, ma si aggregano e sgregolano maggiormente; la scelta libera del partner è più diffusa; il matrimonio dura meno; sono più frequenti le coppie non eterosessuali riconosciute. Un importante gruppo secondario è l’organizzazione: un gruppo che si aggrega per lo svolgimento di un particolare compito e che ha una struttura formale (si passa dalle microimprese, alle multinazionali; più cresce il numero di persone dell’organizzazione più servono norme formali per gestirle). Quando Weber parlò della gabbia di acciaio (sociale) spiegò che, a suo parere, le organizzazioni tendono ad estendersi e ciò si riflette sulla razionalizzazione e la depersonalizzazione della società. Questo avveniva in primo luogo a causa della burocrazia, secondo lui, in quanto sosteneva che fosse un’organizzazione con particolari caratteristiche: - I ruoli sono definiti, specifici e non sovrapponibili; 19 Il film “perfetti sconosciuti” gioca su questa rottura. 20 Visione di un video in inglese che spiega che per Goffman non c’è un volto sotto la maschera ma solo diverse maschere; si guardano le diverse performance. vennero fatti in Europa, per cui essa, a causa di un atteggiamento etnocentrico inconsapevole, portò alla supremazia di una sola categoria di uomo). Linneo divide l’homo sapiens in 4 specie ordinate gerarchicamente in termini di attitudini, capacità, comportamenti (Europeanus, Americanus, Asiaticus, Africanus)24. La categorizzazione della specie umana trovò la sua massima esposizione nell’800 quando Joseph-Arthur de Gobineau, divise tre razze: bianca, nera e gialla. Anche in questa prospettiva era presente una forma di etnocentrismo ed eurocentrismo, per cui divenne una tautologia, un’idea che si autoconfermava. Quest’idea si legittimò in questo momento, ma è che ritornò più volte nel tempo (ad esempio ci furono divisioni successive in sottocategorie anche tra i bianchi, che portarono alla supremazia della razza ariana ed a discriminazioni). Tutto questo promosse la diffusione dell’essenzialismo razziale, ovvero un’ideologia secondo la quale esisterebbero differenze naturali e immutabili tra le razze, tali da separarle (si prendeva una caratteristica, la si generalizzava e la si riscriveva come qualcosa che comportasse delle differenze). Ciò si intersecava con un sentimento di paura verso le persone considerate diverse (la non conformità fisica era ed è spesso preoccupante, genera paura; per cui la persona considerata diversa veniva allontanata dalla comunità la quale andava protetta. Questo portò a profezie che si autoavveravano: se si pensa che una persona sia criminale, la società la esclude, per cui ella deve per forza usare tecniche criminali per sopravvivere. In questo modo lo stereotipo crea una perfetta circolarità). Nel 1896 Lombroso scrisse l’”uomo delinquente” dimostrando in modo pseudoscientifico, che in base alla conformazione dei crani delle persone alcuni, per la loro conformazione, portavano ad avere maggiori probabilità di diventare criminali. Lombroso aveva osservato che i principali criminali avevano determinate caratteristiche fisiologiche, ma aveva invertito causa ed effetto in quanto non erano le caratteristiche fisiche delle persone a renderle criminali, ma il fatto che la società rispondesse loro in maniera diversa a causa di quelle caratteristiche. Una delle conseguenze più rilevanti di questa divisione in categorie fu la creazione di gruppi minoritari; i gruppi minoritari sono in svantaggio ed hanno meno potere del gruppo maggioritario. Le persone appartenenti ai gruppi minoritari hanno caratteristiche fisiche immediatamente visibili (il termine gruppo minoritario non significa che le persone che ne fanno parte siano minori numericamente rispetto a quelle dei gruppi maggioritari). Nella relazione tra gruppi di minoranza e maggioranza intervengono le dimensioni del pregiudizio e dello stereotipo, per cui sfociano in processi di discriminazione. Ciò spiega molto dei processi di esclusione delle minoranze. I gruppi maggioritari e minoritari devono interagire perché convivono nella società seppur con diversi livelli di potere. Esistono diverse tipologie di interazione: - Pluralista: la relazione in questo modello è basata sul mantenere alti livelli di autonomia e parità di condizioni (ne è un esempio la Svizzera); - Ibridazione: la cultura è un prodotto di una fusione abbastanza bilanciata tra i due gruppi (ad esempio i Messicani che nascono dalla fusione tra i nativi ed i conquistatori); - Assimilazione: la cultura maggioritaria conforma al proprio modello quella minoritaria (ad esempio negli Stati Uniti, almeno come tentativi). A Questo punto Bauman parla di prospettiva antropofagica, ovvero “un gruppo mangia l’altro”; - Segregazione: vi è una serie di dispositivi fisici e politici che dividono il gruppo minoritario. Strategia che Bauman chiama antropogenica, si basa sull’allontanare l’altro (ne è un esempio Tramp che voleva creare un muro in Messico); - Genocidio: forma più estrema, una parte della società si organizza per uccidere un’altra parte. A questi modelli i gruppi minoritari possono mettere in atto diverse strategie: 24 Periodo colonialismo - Ritiro: allontanandosi, cercando condizioni migliori in altri contesti (ad esempio la comunità nera negli Stati Uniti di inizio ‘900 che si sono spostati da sud a nord: si usava la metafora della locomotiva sotterranea; aiutare i neri a cercare nuove condizioni spostandosi a nord, era pericoloso sia se si era neri che bianchi). Un’altra strategia è la diaspora ebraica, le persone pur disperdendosi nel mondo hanno dovuto mantenere l’origine comune. - Integrazione: Franz Fanon, psichiatra, scrive “pelle nera, maschere bianche”, parla di meccanismi di sbiancamento, cercare di essere sempre più bianchi, ad esempio lisciando capelli, cercare partner più chiari in modo tale che i figli siano più chiari; - Adozione di un codice diverso; - Strategie di resistenza in cui si rivendica la propria autonomia, si passa spesso da conflitti (esempio black panter). Etnocentrismo si accompagna ad atteggiamenti xenofobi, in quanto si crede che la propria cultura sia migliore, per cui si avrà paura di chi non appartiene alla propria cultura. L’unico modo per superare la paura è il relativismo culturale, ovvero l’atteggiamento per il quale una cultura diversa viene interpretata applicando le sue categorie (e non quelle della cultura di appartenenza di chi interpreta). Un possibile effetto di un’applicazione di relativismo culturale è la creazione di una popolazione multiculturale. Esso è un approccio virtuoso sulla carta, ma ha una serie di problematiche relativi a grandi temi che entrano in contrasto (ad esempio la laicità dello stato e teocrazie, due modelli di Stato che difficilmente possono convivere). La politica entra in questa dinamica: le politiche possono potenzialmente creare discriminazione e ciò viene di solito fatto come “protezione dell’identità nazionale”, ad esempio concedendo il diritto di cittadinanza solo alle persone che hanno legami di sangue con chi ce la ha già (ius sanguinis), altri parlano di ius soli (se nasci qua hai questo diritto) e la sinistra aveva provato a introdurre il ius scholae (se hai studiato qua, sulla base della tua socializzazione puoi essere considerato di questa cittadinanza). La tendenza all’endogamia si allaccia al senso di famigliarità, produce una socializzazione al sospetto rispetto a chi viene da fuori. Decimazione più latamente economico riguarda anche la competizione per le risorse (esempio, lotta tra poveri, più cresce lo svantaggio, più aumentano le istanze del cercare un gruppo colpevole, capro espiatorio, discriminazioni). I conflitti etnici che si generano quando ci sono competizioni nel mercato del lavoro per effetto di “dividi e tempera” ciò avvantaggia chi vende lavoro e non chi offre forza lavoro (prospettiva split-labor). Ciò è creato dal fatto che i popoli migrano, la migrazione è una caratteristica dei popoli, è grazie ad essa che le culture entrano in contatto (seppur oggi, con il “mondo connesso”, si possa entrare ugualmente in contatto), ciò è quindi motore di cambiamento. Con la globalizzazione sono nati fattori push e pull, essi hanno a che fare con conflitti e guerre (ad esempio, i conflitti etnici sono pull). Le migrazioni hanno anche a che fare con i cambiamenti climatici poiché alcune parti del mondo non sono più abitabili. La meta desiderata di chi si sposta ha a che fare con fattori di attrazione, quali politiche favorevoli per far entrare le persone, mercato di lavoro, pace. Chi subisce l’immigrazione, usa diversi modelli: - Storico: dare la cittadinanza a tutti per avere forza lavoro (come era stato fatto dagli Stati Uniti); - Selettivo (Francia): viene favorita l’immigrazione proveniente da alcuni paesi specifici (ad esempio dalle ex-colonie), poiché considerate come più simili; - Dei lavoratori ospiti: accesso temporaneo degli immigrati, per esigenze contingenti legate alla produzione (ad esempio il Belgio nel dopoguerra); - Della chiusura crescente (Italia): vengono fatti degli investimenti sull’integrazione dei migranti già presenti sul territorio, ma si usano misure restrittive verso i nuovi ingressi (vieni chiamato a lavorare, ma sei considerato irregolare e ne sei considerato colpevole). Esistono diverse tipologie di diaspore (diaspora = la popolazione abbandona il proprio paese d’origine disperdendosi nel mondo ma mantenendo legami comunitari e identità): di vittime, imperiale, di lavoratori e di commercianti. Anche gli Italiani sono stati considerati migranti (sono stati presi in giro ad esempio dagli Americani quando erano immigrati in America; negli anni ‘60/’70 verso Belgio o verso triangolo industriale, Genova-Milano- Torino). Dopo il crollo del blocco sovietico l’Italia ha ricevuto immigrazione da persone dell’est Europa (coe ricorda l’analisi di quegli anni di Alessandro Del Lago, in cui spiega che la tautologia paura si basava sulla paura dell’invasione da parte degli Albanesi e dei Rumeni). Vi è una tendenza a sovrastimare le caratteristiche, ad esempio la persona straniera è vista come chi non ci assomiglia ed è percepita molto presente (viene sovrastimato il numero di immigrati); la maggior parte degli stranieri invece proviene dall’Europa (percepiti come meno presenti, in quanto più simili) ed in totale la percentuali di immigrati è bassa.  Video: spiega come l’idea di identità nazionale sia sempre una costruzione e mostra il sentimento che esprimevano le persone che nel video iniziali avevano fatto il test di DNA. LEZIONE 20/04/2023 La dimensione dei media e dei consumi: i media sono gli agenti socializzanti più pervasivi. Essi sono attori del mercato e collaborano alla costruzione della cultura consumistica, agiscono nella cultura consumistica producendo desiderio.  Lo zombie inquadra la caratteristica dei consumatori, con gli slogan produci consuma crepa, in cui lo zombie non produce e non crepa più, ma consuma. “Le rappresentazioni mediali della figura dello zombie” di Federico Boni è un libro che parla degli imperativi consumistici. Ci sono oggi anche film su uomini zombie annichiliti dai telefoni. Gli zombie celebrano la dimensione del consumo. Gli attori sociali iniziano ad esistere come attori del consumo: una delle prime voci pubbliche, istituzionali, che si rivolge ai bambini, intesi come come collettivo e come target di mercato, sono le pubblicità. I media sono i processi tecnologici che mediano diverse forme di comunicazione ma anche le organizzazioni che producono e questi tipi di comunicazione e gestiscono tali processi. I mass media (che nascono prima di internet) mostrano una comunicazione con una grande estensione, una grande rete capillare che raggiunge un vasto pubblico: è la comunicazione che riguarda la radio, la televisione, che non distingueva diverse Oggi si può ragionare ugualmente su come si comporta il cinema Statunitense rispetto al mondo Arabo, in particolare dall’11 settembre in poi25. Per controbilanciare la stereotipia sul proprio mondo, localmente si crea un cinema che difenda un’autodefinizione del cinema su sé stessi, la parte araba infatti fa film per mostrare com’è in realtà il loro mondo. Esistono dei circuiti di mercato locale che noi (Occidentali, Europei) non vediamo poiché non ci arrivano, ma che dal punto di vista del mercato e della produzione, muovono tantissime risorse ed hanno una grande diffusione, in particolare vi sono due grandi industrie di cinema: Bollywood (l’Hollywood Indiana) ed il Nollywood (quella Nigeriana), che producono tantissimo cinema e profitto, ma che hanno canali di circolazione più locali. Nel modello italiano, durante l’epopea berlusconiana, negli anni ’80 egli aggiunge canali alla tv e propone un nuovo modello di narrazione, commerciale, privata (oltre alla radio). La televisione pubblica aveva inizialmente anche idee pedagogiche, mentre quella privata si liberò da questa finalità e si basò sull’intrattenimento, con una certa rappresentazione del corpo femminile (drive in, era il primo canale nato; era un serale, in cui vi erano ragazze molto provocanti). La diffusione ed il successo di questo tipo di prodotto collabora sulle visioni dominanti e Berlusconi creò così un’identificazione in sé (nell’immaginario comune) di maschio molto attivo nelle relazioni sessuali, oltre che attraverso al suo grande successo nel campo sportivo (ed esempio il suo Milan); per questo motivo una parte di società ha prodotto identificazione in lui, le persone vedevano i suoi successi come i propri. La televisione attraverso le fiction, con i reality show, iniziò a tirare all’interno dei programmi, la vita delle persone. Venne così vista come espressione dei valori di una classe che si impongono su un’altra. Questi programmi prevedono che qualcuno debba migliorare qualche aspetto particolare della propria vita (come ci si veste, dimagrire, modificare la casa), introducendo l’idea che qualcuno stia sbagliando qualcosa nella propria vita. La persona che sbaglia in genere si denuncia all’esperto (l’imprenditore morale che incarna una competenza scientifica) per cambiare, il quale arriva e redime chi si è candidato al cambiamento. Si può notare che l’imprenditore morale è quasi sempre di classe borghese e che chi si candida al cambiamento è di classe inferiore, quindi questi tipi di programmi rassicurano l’audience borghese perché ricordano che c’è una parte di società che fa sempre peggio e che attraverso la propria benevolenza (ed il loro merito di persistenza) la si aiuta. Si rinforza così l’idea che chi ha esiti negativi della propria vita è perché non si è impegnato abbastanza, in quanto nella prospettiva neoliberale si crede che le persone se vogliono qualcosa e si impegnano ne avranno il merito; in questo modo vengono offuscate ed opacizzate le strutture di diseguaglianze. La compensazione delle risorse deve essere fatta a livello individuale. Esistono diverse teorizzazioni tra contenuto del messaggio e dell’audience, ci sono tre teorie principali: - Teoria dell’ago ipodermico: è la più estrema, in cui si crede che i media incarnino i valori del pubblico passivo che riceve informazioni, ne è un esempio lo zombie. Questa visione è un po' troppo meccanica perché non tratta la relazione tra media e pubblico. - Agenda setting: è la teoria più plausibile, la quale mostra che a seconda del momento alcuni temi diventano invisibili per poi tornare nuovamente; ne è un esempio la tautologia della paura di Alessandro dal Lago. - Teoria della coltivazione: essa ribalta la prospettiva della post-verità. Siamo talmente bombardati dai contenuti mediali che tendiamo a sospendere il senso critico che li accettiamo come veri. La teoria della post-verità, che è successiva a quest’ultima, sostiene il suo opposto: siamo coscienti che abbiamo perso la capacità di verificare le fonti (essendo bombardati dai flussi, non sappiamo più quali comunicazioni siano vere, per cui tendiamo a diffidare da tutte). Baudrillard, filosofo francese, all’inizio degli anni ’80 parla di iper-realtà, sostenendo che nella contemporaneità le rappresentazioni mediatiche tenderanno sono destinate a sostituire sempre di più il 25 Filme “homeland” le persone arabe o sono collaborazioniste degli stati uniti o sono terroristi, le società sono annichilite dalle teocrazie, senza possibilità di pensieri alternativi. mondo reale, perché attraverso l’evoluzione tecnologica dei media, essi stessi sono sempre più capaci di costruire prodotti che sono “più visibili del visibile, più udibili dell’udibile”, estremizzano la fruizione che si può fare attraverso i sensi e ciò comporta una forma di confusione tra ciò che è rappresentato e ciò che è reale26. Ne è un esempio l’ASMR, il quale aumenta la capacità immersiva di chi ne fruisce attraverso i sensi, poiché ciò dovrebbe provocare a livello cerebrale delle forme di soddisfazione e di piacere (si amplificano le quantità ed i rumori, in modo tale che ci si immerga in maniera molto pornografica rispetto ad esempio al cibo; si esaspera ciò che si può vedere ed udire). I media sono sia attori fondamentali del mercato che agenti di socializzazione, in grado di infondere specifici valori, stili di vita e visioni del mondo che, dal punto di vista del discorso pubblicitario, hanno la capacità di costruire un immaginario di desiderio e di consumo specifico (poiché i media sono attori del mercato che devono generare profitto). Essi creano desiderio di consumo tramite ad esempio alcuni marchi usati come sfondo o meno nei video che i media stessi mostrano tramite la pubblicità occulta, il marketing virale,… La sfera del consumo e gli stili di vita che si costruiscono con determinati consumi costruiscono sempre più una dimensione identitaria, cosa si consuma mostra chi si è e che livello scoiale si ha. Secondo la teoria della frammentazione si è sempre meno definiti tramite classe, genere ed etnia, ma sempre più definiti da ciò che si consuma (seppur in realtà sia una prospettiva estrema perché è ancora molto presente la struttura sociale). Thorstein Veblen a fine ‘800 parlò dei consumi vistosi od ostentativi: come essi siano in grado di confermare che determinate cose se le può permettere solo una certa parte elitaria della società. I consumi mostrano di far parte di un gruppo elitario della società sia come tempo che a livello economico, contro la parte borghese del mondo che si stava sviluppando e arricchendo, ma che non aveva tempo per dedicarsi all’ozio vistoso. Simmel, sociologo tedesco, teorizza lo sgocciolamento verticale, tramite cui mostra come alcune pratiche culturali diventano di moda; in base a questa teoria i gruppi al vertice della scala sociale si connotano per determinati tipi di consumo. Questi stili sgocciolano sempre più fino alla fine della piramide, per cui queste tendenze elitarie si democratizzano sempre più, diventando sempre più accessibili. Durante questo processo di sgocciolamento, più diventa accessibile quel bene più chi sta al vertice ne perde interesse, dovendo quindi cambiare oggetto di desiderio, in modo tale da tenere la propria distinzione. Si vede così il diffondersi della moda dall’alto verso il basso. Può succedere anche il contrario, dal basso si può diffondere qualcosa verso l’alto, ma non ai tempi di Simmel. Bourdieu nel 1979 scrisse “la distinzione” (il cui sottotitolo, “critica sociale del gusto”) in cui mostrò, attraverso la distinzione tra ciò che è considerato di buono e di cattivo gusto, i diversi habitus che si riflettono a determinare i cosiddetti consumi distintivi. I gusti distinguono i gruppi sociali che li mettono in atto e quelli che non possono (per capitali economici, simbolici o culturali). La diffusione della cultura consumistica: Marx aveva avvisato che la cultura consumistica si sarebbe diffusa come compensazione dell’alienazione diffusa con il capitalismo industriale. L’alienazione si trova nel passaggio alla società industriale: si sono prodotte differenze nelle città, nelle società e nei lavoratori che, nel processo di iperspecializzazione del lavoro, furono allontanati dai loro bisogni elementari e persero il collegamento tra il proprio lavoro ed i bisogni elementari; inoltre la ripetitività e la parcellizzazione così estrema fece annichilire la loro creatività e la loro libertà; le persone si incastrarono in una catena di montaggio e abbandonarono la propria creatività. Inoltre come ulteriore forma di alienazione la parcellizzazione della catena di montaggio portò all’allontanamento tra i lavoratori a livello relazionale. In senso complessivo l’alienazione è l’essere allontanati dal lavoro e dal prodotto; ciò crea un vuoto 26 Film “Truman show”, in cui una persona scopre di vivere in una fiction esistenziale, un’infelicità che può essere sfogata in maniera frustante tramite il consumo. Tutto ciò, come fenomeno della società in senso complessiva, per Marx crea il feticismo della merce: le persone non si interrogano sui costi economici e di forza lavoro che stanno nei processi produttivi quando acquistano le merci. È questo che il consumo equo e solidale cerca di sovvertire, esso cerca di ricordare come si è creato il prodotto che si sta acquistando. Se il consumo diventa sempre più fondamentale come costruzione identitaria, il mercato comprendendolo usa i valori considerati fondamentali. Sono sempre più diffuse i “washing”, per cui alcuni brand ed alcuni attori del mercato lavano la propria immagine pubblica usando valori che sembrano utili per la costruzione identitaria. LEZIONE 27/04/2023 La devianza: non esistono atti devianti di per sé, ma la devianza è sempre relativa, il che vuol dire che nello spazio, nel tempo e nelle culture cambia ciò che è considerato deviante. Ad esempio il tatuaggio spesso era associato a parti della società criminali. Tendenzialmente la mafia giapponese, yakuza, era associata ad alcune forme di tatuaggi, che andavano fino a metà braccio e metà gamba massimo in modo tale che potessero essere nascosti dalla sfera pubblica, ad esempio indossando i kimoni. Oppure, soprattutto nei carceri russi, venivano fatti tatuaggi specifici creati usando valori, molto espressivi seppur comprensibili solo da chi è stato socializzato a codificare quel linguaggio. Erano delle narrazione molto strutturate e dettagliate incomprensibili a chi non ne conosceva i codici. Tipicamente il tatuaggio era ricondotto alle culture delle persone che navigavano, da esse deriva la convinzione che i tatuaggi devono essere sempre dispari e che sennò porta sfortuna (perché se ne faceva uno quando si partiva, uno quando si arrivava e uno quando si tornava, se erano pari voleva dire che non si era tornati, per cui si era morti). L’esposizione di corpi sempre più tatuati nei talk show, i quali mostravano le donne e gli uomini medi, influenzò la diffusione dei tatuaggi. Oggi non può essere considerato deviante una persona che si fa tatuaggi. È considerato però deviante chi si tatua la faccia e le mani come fanno i trapper (ad esempio Young Signorino che partì a tatuarsi proprio dal viso). L’idea del tatuaggio sul viso è un tentativo di trasgredire ancora con il tatuaggio, il quale è oggi assimilato dal mainstream. Il parkour rappresenta una forma di trasgressione della routine consolidata degli spazi pubblici. Esso nasce nelle banlieue francesi, che dal punto di vista architettonico sono molto cementate, senza spazi verdi, molto razionalizzati. Per il dolore che nasce da questi spazi così cementati, dei ragazzi senza risorse, crearono il parkour (per dare agli spazi un nuovo significato); il parkour è la capacità di inventarsi nuove spazialità dello spazio pubblico. Questa pratica è oggetto di sguardi molto preoccupati (i ragazzi spesso dovevano giustificare il proprio gesto, spesso erano guardati con preoccupazione per la paura che si potessero far del male o perché si pensava che si allenassero per svaligiare le case). Il tentativo di portare il parkour dentro le palestre cercava di togliergli valore, si cercava di sportivizzarlo e commercializzarlo, ma ciò allontanava dal significato originario di emancipazione e presa di parola su cosa sia lo spazio pubblico. Altri comportamenti devianti, che invece prima erano considerati legittimi e ora no, sono ad esempio alcune vecchie culture pop, il fumare in spazi pubblici o in gravidanza o andare in moto senza casco. Inoltre, ad esempio, sembra strano sentire parlare di rap da donne, soprattutto quando esse scrivono testi espliciti sulla sessualità (ad esempio “fumo bianco” di Chadia Rodriguez). dell’industrializzazione in Polonia (si volevano indagare i cambiamenti strutturali e demografici che stavano producendo sia in America che in polonia delle forme di anomia). Per studiare ciò gli autori misero un annuncio sul giornale chiedendo di condividere lo scambio di lettere che essi avevano con la propria madrepatria. Sulla base di queste lettere private che circolavano tra la Polonia ed i migranti a Chicago, gli autori riuscirono a fare un documentario che utilizzarono come se fosse stata una ricerca, in quanto era un patrimonio di informazioni estremamente ricco. “La personalità autoritaria” → Adorno (della scuola di Francoforte) e colleghi → gli ebrei si spostarono negli Stati Uniti, in cui vi era la paura che le idee fasciste si potessero diffondere anche tra gli ebrei degli Stati Uniti. Adorno e colleghi legarono questo aspetto all’autoritarismo sociale ai quali venivano esposti giovani e bambini. Fecero un’indagine molto estesa attraverso la quale dimostrarono che i bambini che avevano subito un’educazione particolarmente rigida, tendevano a sviluppare atteggiamenti conformi rispetto al pensiero dominante: questo poteva essere un fattore che, nel momento in cui si diffondono ideologie razziste, poteva favorire l’adesione alle idee naziste. Per ottenere questi dati gli autori utilizzarono un survey applicando tattiche sia di natura psicoanalitica, sia una serie di scale di misurazione dei gradi di atteggiamento antisemiti ed etnocentrici. I risultati di queste indagini derivano dall’analisi statistica. È in espansione la net-nografia ovvero l’etnografia (che prevede che i ricercatori stiano in campo) che si concentra sempre più sullo studio dei network digitale. Oggi la netnografia e la ricerca sui big data sono i mezzi di indagine più utilizzati. Esistono due metodi di ricerca sociale ovvero: - Quantitativo: che misura, la realtà va interrogata per ricavare dati, vi è un’idea di astrazione di ricerca; - Qualitativo: che interpreta, vi è una relazione tra i soggetti che partecipano alla ricerca. Vi sono processi di co-costruzione di significati. Esistono dei fattori comuni, vi è uno schema circolare (ogni fase influenza quella successiva ed è influenzata da quella precedente): ogni ricerca parte da un problema e viene elaborato un disegno di ricerca che orienta il modo in cui essa stessa deve essere indagata (il fenomeno psicologico non può risolversi empiricamente), è in questa fase in cui si scelgono i metodi e gli strumenti per risolvere la domanda di ricerca iniziale (è sempre meglio mischiare i metodi, quantitativi e qualitativi, si parla in questi casi di mixed-methods). Definiti quali sono i metodi di analisi si raccolgono i dati (si somministrano i questionari o si osserva o si sta sul campo,… in base al metodo scelto) se si usa un metodo quantitativo o informazioni se si usa il qualitativo. Questo insieme di dati/informazioni grezzi/e deve essere analizzato (i quantitativi si organizzano nella matrice di dati, ovvero una matrice tabellare che riporta i dati in modo tale che si possano poi analizzare, si presentano sotto forma di numeri; anche i qualitativi devono essere organizzati, non basta la sbobinatura dell’intervista, ma bisogna dividerli per macro-temi di riferimento in modo tale da poi vedere i temi trasversali). Una volta codificate le informazioni e organizzati i dati in matrice bisogna analizzarli e riportarli alla domanda che ha aperto la fase di campo, empirica, che ha mosso la domanda di ricerca: non è detto che i risultati confermino ciò che il gruppo di ricerca si aspettava, ma ciò non vuol dire che la ricerca sia stata svolta in maniera sbagliata. La sociologia nasce in positivo, ha bisogno di strumenti che verifichino empiricamente il sapere che costruisce. Il metodo scientifico prevede che la teoria sia invalidata da una analisi. È importante distinguere la dimensione epistemologica da quella metodologica, la prima deriva dal greco episteme, che significa conoscenza certa, infatti l’epistemologia è quella pratica del pensiero che si interroga sul campo di una disciplina, dice qual è l’oggetto che una scienza studia; la metodologia invece dice quali sono gli strumenti che una scienza può usare per questo oggetto. Il metodo deve essere sistematico, ovvero deve mantenere delle forme di coerenze e rigidità nella sua applicazione in modo tale che permetta di ripetere le verifiche empiriche e di confrontare i risultati. Ciò può seguire due diversi approcci: deduttivo, ovvero dal generale al particolare, che prevede che la teorizzazione precede la ricerca, è l’approccio più vicino all’obbiettivo di formulare leggi generali di funzionamento della società (espressione del pensiero razionalista); oppure si può ribaltare l’approccio usando una prospettiva induttiva che parte dalla dimensione empirica, dal particolare per andare al generale e costruirvi teorie (espressione del pensiero empirista). Vi sono stati fin da subito diverse scuole in base all’utilizzo dei diversi metodi ed approcci: si possono dividere due assi principali: - Positivista e neopositivista: parte dall’idea di sociologia come scienza, “se si vuole legittimare la sociologia bisogna cercare di stare nei metodi delle scienze naturali”, da qua si sviluppa la scuola struttural-funzionalista. Si applica soprattutto il metodo quantitativo; - Ermeneutica: nasce come scienza dell’interpretazione dei testi sacri, poi si sviluppa seppur mantenga una dimensione interpretativa. Essa non mira a scoprire leggi di funzionamento universali ma si basa sulla ricerca di costruzione di significati che gli attori sociali danno al mondo ed alle loro interazioni. Alcune aspetti fondamentali delle diverse scuole: - Positivista (è la visione dei primi sociologi come Comte, Spencer e Durkheim): si ha fiducia nel metodo scientifico come massimo mezzo del progresso sociale, ciò vale anche per la sociologia che per i positivisti dovrebbe dotarsi sempre più di tecniche per la scoperte della verità. Dal punto di vista ontologico (che cos’è la realtà) si parla di realismo ingenuo (la realtà esiste oggettivamente e noi la possiamo conoscere grazie ai nostri sensi). Dal punto di vista epistemologico la realtà è considerata conoscibile dall’uomo e preesiste dall’osservatore, per cui l’oggetto di osservazione non è influenzata dall’osservatore. I metodi per studiare la realtà oggettiva e preesistente dall’osservatore sono gli esperimenti, con un approccio induttivo; si ha una visione nomotetica della scienza, è l’ambizione di scoprire leggi universali (essa si oppone all’approccio idiografico che anziché cercare leggi universali cerca di spiegare i fenomeni in maniera contestuali). In questa prospettiva le leggi non sono frutto del processo di riflessione del ricercatore, ma sono considerate come naturali nei rapporti di causa ed effetto. Particolarmente rilevante per questa scuola è ciò che dice Durkheim, perché sia ne “le regole del metodo sociologico” sia nel “suicidio” sostiene che la società non può essere ricondotta a scelte soggettive di carattere biologico, ma che la struttura esiste a prescindere dagli individui che la compongono, la società è un meccanismo a sé stante dagli atteggiamenti degli individui, sta sopra ad essi seppur sia necessario che gli individui vi partecipino. Egli, come Marx, sostiene che bisogna analizzare la struttura, ovvero che la causa è la struttura ed il comportamento è l’effetto (ciò sarà ribaltato da Weber). Per Durkheim quindi ci sono delle componenti oggettive (modi di pensare, visioni) che sono cristallizzati nel tempo e agiscono influenzando il comportamento delle persone; il suo approccio è olistico (cioè prescinde dall’analisi dei comportamenti dei singoli individui ma si concentra sul funzionamento generale, da qua nasce poi la scuola funzionalista). Se i fatti sociali sono il fulcro dell’analisi sociologica, da studiare in maniera oggettiva, bisogna limitarne i contorni. Ciò per Durkheim è fondamentale perché per lui la sociologia ha problematiche di interpretazioni del senso comune: per distinguere la sociologia dal senso comune essa deve usare un linguaggio specifico e tecnico. È inoltre sempre più importante che la comunità scientifica si organizzi in modo che la sociologia possa progredire sempre più per scoprire sempre meglio il funzionamento della società; si crede nella “one best way”, ovvero se non si è ancora scoperto il funzionamento della società, si scoprirà (oggi si sa che non è detto). A partire da questa prospettiva positivista si sviluppa un approccio che sfuma il realismo ingenuo, ovvero il neopositivismo. - Neopositivista (gli studiosi del circolo di Vienna contribuiscono a questa svolta): la realtà è sempre considerata conoscibile ma attraverso la logica umana, non preesiste più rispetto alle abilità riflessive del ricercatore; dal punto di vista epistemologico il processo scientifico arriva alla realtà per approssimazioni, le leggi si contestualizzano e si mettono in un range di probabilità , per cui si valorizza il dibattito tra gli studiosi; questa tipologia di realismo è chiamato fisico/critico. La società scientifica mantiene valida una teoria finché questa non viene confutata. Questo approccio, che ha tra i suoi esponenti i più noti funzionalisti americani (quali Parsons e Merton) è il più noto fino agli anni ’60 (ed è molto usata nella sociologia americana ma anche europea). Merton è lo studioso con più impatto sul metodo in questa scuola, egli si preoccupa che le teorie costruite dalla sociologia abbiano il rischio di essere confuse con quelle costruite al di fuori da essa, che non sono verificate (è fondamentale separare la scienza dalla non scienza, dove scienza è una teorizzazione verificata tramite applicazione di metodi). Per Merton bisogna rinunciare alla costruzione di teorie che danno spiegazioni universali per dare spiegazioni più contestualizzate in modo tale che siano empiricamente più verificabili; piuttosto che prendere una teoria generale e quindi difficile da spiegare, si vanno a cercare delle spiegazioni più parziali e ridotte ma più verificabili; questa tipologia di teorie è detta: teorie di medio raggio. Merton mette anche in discussione l’approccio lineare tra causa ed effetto: egli parla di ambivalenza sociologica, in base alla quale causa ed effetto si possono ribaltare infatti vi sono funzioni, manifeste (dichiarate) e quelle latenti (effetti non intenzionali, non dichiarate). - Ermeneutica: la realtà non è oggettiva, non esiste a prescindere dagli attori sociali, ma è costruita dagli attori, dal pensiero umano, dalle interazioni; non esiste realtà senza l’attore che la osserva. Le interpretazioni dipendono dal contesto, vanno relativizzate. Dal punto di vista epistemologico ciò comporta che il soggetto osservante e l’oggetto osservato si influenzino reciprocamente e l’influenza che si genera non è mai oggettiva, perché dipende dal contesto storico-sociale e dai valori (sia di chi osserva che i di chi è osservato). Si deve sviluppare una prospettiva di empatia, cioè di comprensione del punto di vista altrui. Questo approccio/filone, nasce a partire dal pensiero di Weber, secondo il quale è la cultura a influenzare la struttura, per cui bisogna prima capire i valori delle persone per riuscire a studiare la struttura, in contrapposizione alla teoria del riflesso di Marx. Weber sostiene che la sociologia e le scienze sociali sono scienze storiche , si occupano di studiare la società nel suo divenire; la società è sempre in mutamento e la storia è un processo aperto, costruito dagli attori sociali, per cui non si può dire che direzione prenderà (per Marx invece la storia tende ad un risultato, ovvero la rivoluzione socialista). Ciò comporta che nella scienze sociali si inseguano sempre dei fenomeni in mutamento, non raggiungendoli mai totalmente dal punto di vista della comprensione; si cristallizzare la storia partendo dal fatto che la realtà sarà sempre un passo avanti alla scienza che cerca di interpretarla. Weber si occupa della presunta neutralità del ricercatore e sostiene che quando il ricercatore scegli il problema di ricerca lo fa applicando una visione sul mondo e ciò non si può annullare o raggirare, si applicheranno sempre i propri valori, le proprie preferenze o interessi. Però, una volta presa consapevolezza di ciò e definito il problema di ricerca (considerando che il problema di ricerca è soggettivo), bisogna cercare di essere rigorosi, cercare di applicare il metodo in maniera più scrupolosa possibile, ed essere avalutativi (l’avalutatività è la capacità dello scienziato sociale di tenere in considerazione i propri valori nello scegliere cosa osservare e da che punto di vista, per poi effettuare in modo rigoroso e indipendente da essi il percorso di ricerca). si bloccano si possano usare queste parole per chiedere di approfondire un determinato aspetto o concetto che è stato solo accennato). L’intervista deve essere il meno direttiva possibile, bisogna usare il più possibile le parole dell’intervistato; bisogna inoltre presentare le parole chiave in ordine cronologico, per avere la possibilità di coprire l’intero racconto e non avere buchi (ovviamente l’intervista risulta essere più dispendiosa sia dal punto di vista del tempo che della preparazione dell’intervistatore). L’intervista:  È un’interazione tra due soggetti;  L’intervistato reagisce a stimoli (verbali e non verbali, intenzionali e non intenzionali);  Costruisce narrazioni (raccolte in vario modo: tramite appunti, registrazione,...);  Da esse l’intervistatore trae informazioni (c’è un processo di elaborazione delle narrazioni raccolte, le quali non parlano da sole; esse non avvengono unicamente in tempo reale). Elementi chiave dell’intervista:  Contatto personale (di tipo secondario);  Dialogo ed interazione;  Processo di comunicazione verbale e non verbale – l’intervistatore manifesta interesse ed attenzione cercando di contenere il giudizio;  Gestione degli appunti in relazione ai rilanci. STORIE DI VITA: danno più spazio in assoluto a chi si racconta, rispondono a quello che Wright Mill definiva la necessità di immaginazione sociologica; esse danno molto materiale su ciò che si deposita dalle esperienze di vita delle persone e quanto di ciò sia legato alla struttura sociale ed ai suoi fenomeni. Esse richiedono molta attenzione (per diverse ore); si lascia parlare a ruota libera le persone, seppur si abbia una sorta di traccia, la quale viene usata dall’intervistatore solo per cercare di prevedere di cosa potrà andare a parlare la persona (sta in sottofondo, serve per andare ad indagare tutte le aree di interesse, ma non si ha una struttura rigida da seguire). In generale negli strumenti qualitativi è molto importante la vicinanza o la lontananza dell’habitus tra chi intervista e chi è intervistato: più e lontano meglio è, in quanto in questo modo l’intervistatore da meno per scontate alcune affermazioni. La questione della prossimità spiega che bisogna cercare di non sovrapporre il proprio pensiero/valori/credenze sulla persona solo perché deriva da un luogo sociale vicino a sé (se l’habitus tra l’intervistatore e l’intervistato è in comune si rischia che sia dato tutto per ovvio e si tende a problematicizzare meno i fenomeni; bisogna quindi stare attenti a non sovrapporre le proprie visioni a quelle degli intervistati). Bisogna inoltre cercare di de-colonizzare lo sguardo del ricercatore per evitare il rischio di un populismo metodologico: si usa la coproduzione ed utilizzo; si fa partecipare una persona facente parte del gruppo in esame per poter avere una conoscenza più completa del problema e del gruppo stesso in esame, in modo tale da non influenzare i dati con la propria visione. Le scienze sociali emancipatorie accorpano diversi ricercatori e ricercatrici che vogliono produrre emancipazione (e non solo conoscenza) nelle persone che si incontrano nel corso dello studio della conoscenza (si pongono l’obbiettivo di emancipare le persone che partecipano alle ricerche oltre che di raccogliere i dati su di esse); si parla a coloro che non fanno parte dell’ambito accademico degli argomenti. LEZIONE 2/05/2023 Si parla di generazioni e rapporti intergenerazionali soprattutto in relazione a due dimensione: sostenibilità ambientale e risorse finanziarie.  Canzone “tran tran” di Sfera Ebbasta: la specifica relazione tra rap e trap (vecchia e nuova generazioni); distanza culturale tra linguaggio degli adulti (che non conoscono i codici giovanili e quindi li screditano) ed il pubblico di giovani che hanno un linguaggio comune e una vicinanza di esperienze che porta ad una maggior comprensione (“no hablo tu lìngua, ma sicuro piaccio a tua figlia”). La distanza culturale è spesso vista in negativo dalle generazioni precedenti. Il tema dell’equità ed ingiustizia tra generazioni è oggi fondamentale rispetto al tema intergenerazionale. Il tema della giustizia e della diseguaglianza intergenerazionale è recente: il progresso che ha seguito la rivoluzione industriale per diversi decenni portava a miglioramenti (aumentavano il PIL e le scoperte mediche ad esempio); si erano create modalità ascendenti rispetto alle generazioni precedenti e ciò ha fatto sì che il problema della giustizia intergenerazionale non fosse importante in quanto le generazioni successive tendevano a vivere meglio delle precedenti (a parte per le guerre). Le crisi capitalistiche, come quella del ’29, quella petrolifera degli anni ’70 e quella del 2008, hanno portato ad una sempre maggiore riflessione sull’equità. Oggi la questione della giustizia intergenerazionale si declina intorno due dimensione: 1) La sostenibilità ambientale (e quindi l’utilizzo delle risorse). Essa diventa una questione intergenerazionale quando la comunità scientifica elabora il concetto di carbon budget: gli scienziati si resero conto che c’è una soglia di emissione della CO2 oltre alla quale si produce innalzamento nella temperatura del globo, soglia oltre alla quale si creano danni irreversibili all’ecosistema mondiale. Con la conferenza di Parigi del 2015 si è capito che basta un grado e mezzo sopra la temperatura preindustriale per produrre danni (fino a prima si pensava servissero 2 gradi). Gli interessi del mercato e della produzione hanno contribuito a offuscare questi temi sull’opinione pubblica, oggi però si è ben informati su questi temi per cui le nuove generazioni si organizzano per sensibilizzare questo tema, ne sono un esempio gli attivisti di Fridays for future, chiamati di “ultima generazione”. 2) L’altro tema riguarda le risorse di tipo finanziario, in particolare il sistema pensionistico; vi sono anche dei fattori non controllabili come l’allungamento della vita media. Ciò è accentuato particolarmente nel contesto Italiano, in cui le persone andavano in pensione molto presto per cui se vivevano a lungo continuavano ad essere mantenute; questo è il motivo per cui si avevano sempre meno risorse. Vi è inoltre il problema del carico pubblico che viene sempre lasciato a chi viene dopo. Tutte queste dinamiche possono mostrare diversi livelli di potere tra generazioni: potere di carattere decisionale (ad esempio sul debito pubblico) e di carattere economico (quanto gli ambiti al vertice siano accessibili ai giovani). Pensando alle dimensioni del welfare, in particolare al modello mediterraneo (che mostra l’importanza della famiglia) si può vedere che il potere è in mano alle persone più adulte perché lo Stato non riesce a ricompensare i dislivelli. La mobilità intergenerazionali è molto limitata in termini di ascesa positiva quando le risorse famigliari sono così determinanti. Cosa si intende per generazioni in sociologia? “Generazione” è un concetto elaborato in un testo pubblicato nel 1928 da Mannheim: egli fece un parallelo con ciò che sosteneva Marx sulla classe sociale. Marx distingueva la classe in sé da quella per sé. La classe in sé è quell’insieme di persone che sono accumunate dalla stessa posizione nella classe sociale, per cui hanno esperienze di vita simili (perché dipendono dalla struttura economica); il fatto di vivere esperienze simili non comporta lo sviluppo di una coscienza di classe (ovvero non comporta il riconoscimento della condizione comune e quindi l’organizzazione per sviluppare proteste); è il caso della classe proletaria. Quando la classe in sé prende consapevolezza diventa per sé. Mannheim spiega che esistono delle coorti anagrafiche di persone che sono nate nello stesso periodo e che sulla base di questa comunanza sono esposte ad un insieme di esperienze. Questo però porta solo alla formazione di una generazione in sé. La generazione per sé, che quindi si distingue dalle altre generazioni, diventa tale quando quell’insieme di esperienze che le persone condividono si presentano eventi storici traumatici (per trauma si intendono eventi storici particolarmente dirompenti per la continuazione della struttura; forme profonde di mutamento che creano discontinuità con ciò che è successo fino a quel momento, ad esempio la situazione bellica). Quando la classe in sé prende consapevolezza di questi eventi porta al riconoscersi diverse dalle altre, ciò succede per le generazioni giovani perché Mannheim segue il concetto di stratificazione della conoscenza. Se si è ancora in formazione l’impatto dell’evento traumatico è più profondo e porta alla creazione di senso di comune appartenenza di una generazione (mentre questi eventi se avvengono da adulti le opinioni sono strutturate per cui non si modificano, mentre da giovani influenzano maggiormente). Per distinguere dal linguaggio comune e giornalistico bisogna distinguere generazione da coorte anagrafica, per la quale si intende un insieme di individui che sperimentano lo stesso evento a partire dalla stessa nascita (sono le leve). Mannheim quando parla della generazione per sé (che sviluppa consapevolezza e senso di appartenenza) sostiene che si creino forme diverse di visioni del mondo e di valori, per cui all’interno della stessa generazione si possono creare dei sottogruppi che condividono valori diversi tra loro, almeno in parte, e condividono programmi di idee e mutamenti che vanno in direzioni diverse tra loro (ciò è detta unità generazionale). A partire da questa proposta di Mannheim il mondo e le generazioni cambiano, cambia la comune esposizione di eventi traumatici nella società globalizzata perché gli eventi si condividono sempre più, ma in maniera localizzata. In tempi più recenti Edmunds e Turner parlarono di generazioni globali, sostenendo che condividono (su scala globale) l’esposizione al rischio e all’incertezza, così come l’iper-responsabilizzazione individuale in merito agli “esiti” delle proprie scelte. Le generazioni giovani vivono in una condizione di incertezza e precarietà, soprattutto per quanto riguarda il lavoro, si ha maggiore apertura per le possibilità e maggiore responsabilità sugli esiti delle scelte. Inoltre per spiegare le dinamiche tra le generazioni i due autori presero il concetto di Bourdieu sui campi sociali. Secondo Bourdieu la società intera è organizzata in diversi campi sociali, ovvero dei sotto-ambiti della vita sociale in cui diversi attori sociali interagiscono in maniera anche conflittuale per accaparrarsi le risorse (che possono essere materiali o simboliche, come il prestigio, la visibilità). I due autori dicono che anche la differenzae tra generazioni può essere letta con il campo: le generazioni competono per influenzare la struttura sociale a loro vantaggio. Questa dinamica produrrebbe alternanza di generazioni più capaci di provocare cambiamento sociale e quelle successive più passive delle scelte delle generazioni precedenti. L’ordine generazionale è un termine coniato dalla sociologia dell’infanzia, in cui mostra che la comunità adulta riesce a definire il valore dei bambini. Il potere di definizione della realtà ha importanti ricadute su ciò che le persone fanno. Il fatto che in Italia la vecchia generazione abbia maggiore potere di definire la realtà, porta ad un maggiore disequilibrio. La destandardizzazione biografica, è un processo che riguarda i modi e le possibilità che le persone hanno di programmare i propri percorsi biografici/di vita. Le soglie di transizione all’età adulta, ovvero i passaggi tramite i quali le persone diventavano adulti rispetto a ciò che socialmente ci si aspetta dagli adulti erano Il ruolo di genere è il modo in cui si mette in scena il nostro modo di fare gli uomini e fare le donne. Ciò si fa in maniera lineare, la maggior parte delle persone è cis-gender (dal latino “cis”): le persone nascono di un sesso, la cultura ha delle aspettative su quel genere e le persone si sentono in quel genere. Non per tutte le persone succede ciò, alcune persone non si identificano con il genere assegnato e mettono in atto dei processi di transizione (che non portano necessariamente ad una rettifica chirurgica del loro sesso), rivendicano di non sentirsi parte del sesso di partenza, ma a volte nemmeno nel sesso dicotomicamente opposto; esse vogliono mostrare che c’è un continuum tra i due sessi, (queste persone sono dette transgender). L’idea comune è che le persone che transitano da un genere all’altro lo fanno per l’orientamento sessuale, ma in realtà ciò non è in relazione agli orientamenti ma alle aspettative culturali (uno magari nasce uomo, si sente donna ed è innamorato delle donne). Quando si parla invece di transessuali si tratta di persone che oltre ad identificarsi con un genere diverso, completano la transizione in maniera ormonale (il passaggio da uomo a donna è chiamato M to f, mentre il contrario è detto F to M). In Italia fino al 2015 soltanto le persone che cambiavano sesso potevano modificare il proprio nome sui documenti, ciò significava che potevano farlo soltanto i transessuali (e non i transgender). Questo era dovuto al fatto che la disforia di genere (incapacità di riconoscersi con il sesso assegnato) uscì dal manuale diagnostico statistico, per cui non equivaleva più all’avere una patologia mentale, ma combaciava soltanto come un disturbo dal punto di vista sessuale (ci fu una demedicalizzazione). In Italia nel ’79 nacque il MIT, un importante movimento sull’identità trasgender30. Oggi si riflette spesso sul linguaggio inclusivo, poiché ciò ha valenza politica, per mostrare che esistono anche altre sessualità; questo è dovuto al fatto che la lingua evolve. Un altro filone emergente sugli studi di genere sono i man study, ovvero gli studi sulla mascolinità, nati negli anni ’80. Il fatto che siano così recenti mostra che sia sempre stato maschile il potere di definizione ed appannaggio della realtà, talmente tanto da poter non mettere in discussione la mascolinità. Sono importanti soprattutto gli studi di Connell, la quale sostiene che storicamente ci sia un approccio di reciproca influenza su come vengono costruite le identità di genere e che ciò produca differenti ordini di genere nell’ambito organizzato delle pratiche umane e delle relazioni sociali che definiscono le forme della maschilità e della femminilità (prospettiva relazionale). L’ordine di genere secondo tale studiosa si costruisce attraverso tre dimensioni: - Lavoro: che dallo specifico ambito professionale si estende alla vita pubblica (mettendo il ruolo di cura alle donne e lasciando la vita più professionale agli uomini). Il lavoro si intreccia alla seconda dimensione (il potere); - Potere: si intreccia alla terza dimensione (catessi); - Catessi: ha a che fare con i rapporti intimi, affettivi, sessuali. Attraverso questo processo secondo Connell si producono dei modelli si sessualità egemoni, dominanti, che spiegano come “essere maschi” nella maniera corretta, che sono complementari alle forme di femminilità enfatizzata. Da ciò nascono stili di mascolinità e femminilità subordinata (questa differenza è spesso motivo di stigma, esclusione, stereotipizzazione; ne sono degli esempi quelli che vengono denominati “effemminati”). 30 Serie netflix “pose” racconta la comunità trans in America; altro film: “Paris is burning”, idea di famiglie elettive, le persone espulse dalla propria famiglia e ne creano una loro nelle house, ovvero circoli di persone che prendevano sotto braccio i bambini cacciati. Questo è un sistema di stratificazione, per cui serve un’ideologia che legittimi ciò, in questo caso essa è rappresentata dal sessismo, la quale crea una gerarchia tra i sessi. La messa in discussione del ruolo maschile nella società muove parecchie reazioni di diverse forme, che vengono raccontate da Kimmel come espressioni del maschio bianco arrabbiato (“angry white man”), in quanto si sente messo in discussione. Il mutamento sociale ha precarizzato il senso maschile. “Angry white man” cerca di frenare anche i movimenti reazionari (mensphere). La prospettiva di Judith Butler, riprende l’approccio di Goffman (il quale sosteneva che non vi è un sé interiore), sostenendo che non si nasce con un genere, ma che ci si adegua ad un genere o all’altro (detta performatività di genere) e chi non riesce ad adeguarcisi subisce la stigmatizzazione. Una maschilità non adeguata viene vista come “persone che disperdono potere” (per questo l’omosessualità maschile è visto in maniera peggiore di quella femminile). La stratificazione di genere deriva a quando la società iniziò a produrre un surplus; ci sono diverse teorie sul perché il potere si sia subito accentrato nelle mani maschili, generalmente si pensa che ciò sia dovuto al ruolo riproduttivo delle donne. La stratificazione si sente sul fatto che le donne con le stesse qualifiche e posizioni degli uomini tendono ad avere stipendi minori e che i congedi sono più usati dalle donne perché si pensa che loro debbano avere un doppio lavoro (ovvero sistemare casa). Tutto il quadro culturale incide sulle questioni di violenza di genere perché culturalmente tutte queste divisioni sull’essere uomo o donna e cosa si possa fare o meno, ha reso più naturalizzata la violenza da uomo a donna (vi erano molte attenuanti fino all’81, ad esempio esisteva il delitto d’onore). Esistono diverse forme di violenza, ne è un esempio lo stupro di guerra (esistente ancora oggi per annichilire le società invase).  Sveva Magaraggia ha scritto “relazioni brutali”, un libro sulla cultura mainstream e sulla cultura pop, in cui sostiene che in esse si naturalizzino certe forme di violenza di genere. La sfera della sessualità: i comportamenti sessuali sono gestiti in maniera diversa nelle diverse culture, si normalizzano diversamente. L’unico tabù che esiste, ed è sempre esisto in tutte le culture, è l’incesto (in quanto esso serva per preservare la specie e per l’endogamia). Queer era l’etichetta attribuita alle persone “non conformi”; il termine deriva dal tedesco (“quer”) e significava “trasversale” ed “obliquo”. Il termine aveva quindi una valenza negativa, ma le persone stigmatizzate si appropriarono dell’etichetta e ora la usano in maniera orgogliosa. Foucault nella sua opera “storia della sessualità” sostenne che il legare in maniera così stretta l’identità sessuale all’orientamento deriva dall’800, quando il pensiero scientifico ha iniziato a categorizzare il modello prevalente (da cui deriva l’etichettare le tipologie diverse). Ciò è molto usato oggi per identificarsi. La teoria queer si costruisce a partire degli orientamenti sessuali. Al di là delle categorizzazioni, si può vedere che le persone nel corso della vita (con le diverse esperienze) si possono muovere da un orientamento ad un altro). Le nuove generazioni sono più fluide in questo aspetto, si concedono maggiormente di spostarsi tra le diverse categorie. Engels (colui che collaborò con Marx alla scrittura “il capitale”) vedeva la costruzione dei ruoli di maschile e femminile come una presa tramite la quale la borghesia voleva definire la realtà. Parsons (funzionalista degli anni ’40 negli Stati Uniti), mostrò come servisse dare alle donne compiti di cura e ruoli strumentali agli uomini, per mantenere l’ordine sociale. A partire da ciò i movimenti femministi costruirono la critica; si può suddividere il pensiero del movimento femminista in tre ondate principali: - La prima tra ‘800 e ‘900 in Inghilterra, detto delle suffragette, le quali rivendicavano leggi meno discriminatorie, l’accesso all’educazione ed il voto (oltre a forme di controllo delle nascite per liberare il corpo femminile dai doveri). - La seconda ondata fu tra gli anni 70’ ed ’80, si concentrò sulla critica delle aspettative della riproduzione e spingeva verso la liberazione dei costumi sessuali; qua si spinse verso al pensiero della differenza, ovvero una prospettiva che finisce per essenzializzare (si parte dalla critica all’essenzializzazione dei ruoli maschili e femminili, ma si finisce per essenzializzare quello femminile, creando forme di divisione; le attiviste si divisero tra coloro che volevano difendere anche i trans e le terf, ovvero le “arcilesbiche”, che si opponevano al riconoscimento della soggettività trans perché lo vedevano come forma di appropriazione da parte della società maschile delle componenti femminili). - La terza ondata di femminismo fu più concentrato sull’emancipazione; esso è più capace di superare il binarismo dei generi e cerca di aprirsi, di essere più inclusivo verso gli approcci intersezionali, secondo cui bisogna riconoscere l’unicità dell’esperienza di ciascuna persona così come delle possibili discriminazioni e forme di esclusione che subisce. LEZIONE 5/05/2023 Spiegazione/riassunto monografia: “aggiungi un selfie a tavola”. La scrittura del libro deriva da una serie di domande sulla sempre più diffusa e pervasiva presenza del cibo nella quotidianità e soprattutto a livello mediale. Si è sempre contornati da discorsi sul cibo. A partire da questa constatazione si è chiesto come mai video sul mukbang (i quali calano in maniera pornografica dentro la dimensione di persone che mangiano grandi quantità di cibo amplificando le quantità di cibo ed i rumori con apparecchiature apposta) siano così diffusi . Oltre a chiedersi la motivazione della diffusione del mukbang ci si è chiesto come mai anche diversi politici, con diversi interessi valoriali, si siano tanto interessati al cibo. C’è una prospettiva da superare: il discorso politico usa il cibo per mostrare prossimità in modo tale si crei vicinanza con il pubblico. La politica si appropria del cibo per attirare visibilità. Vanno di moda anche le food challenge; l’aspetto significativo del cibo è quello di attirare visibilità. - Risposte alle precedenti domande: La nostra società è astromaniaca: vi è una mania per la dimensione del cibo che si costruisce da una contraddizione culturale nella quale siamo tutti inseriti. Il corpo magro è misura di buona cittadinanza; c’è una forte spinta cultura che sollecita e ricorda continuamente che bisogna controllare i propri consumi; allo stesso tempo c’è una spinta opposta, derivante dai media e dal pubblico, che spinge verso il consumo (anche del cibo). Ciò crea una contraddizione: da un lato ci viene detto di consumare e dall’altro di controllare i nostri consumi (per le ripercussioni che hanno sui nostri corpi). Ciò era già stato detto negli anni ’90 da Bauman, il quale spiegava che nella post-modernità sono presenti contraddizioni (egli, ad esempio, disse che se entriamo in libreria i libri più venduti sono libri di cucina e di dieta). Il carico di dover cercare forme di equilibrio a queste contraddizioni è personale. Quanto più cresce la dinamica di autocontrollo tanto più il senso della regola/della norma quanto più crescono i desideri di sublimazione e di sospensione. Questo si vede tra le forme di quaresima e di carnevale per quanto riguarda il cibo. Alcune pratiche di foodporn assumono una pratica carnevalesca, chi fa mukbang mangia enorme quantità di cibo. Tutte le tecnologie che spingono verso l’ASMR contribuiscono a dare l’illusione di star trasgredendo il retroscena, riprendendo Goffman, e questo aumenta il valore simbolico. Il mukbang è una pratica che nasce in Corea e prevede che (nonostante la frenesia della vita quotidiana) si riesca sempre a condividere il cibo sedendosi tutti insieme a tavola. Ciò si diffuse successivamente con la pandemia, per poi si estremizzarsi fino al diventare un “mangiare enormi quantità di cibo” per poi contestualizzarsi sulla tipologia di cibo. Le diverse tipologie di mukbang (sia per la tipologia di cibo mangiata, sia per il corpo magro o grasso della persona che svolge tale attività) ha diversi effetti sull’audience, quali la bulimia (in quanto c’è un implicito riferimento a disturbi alimentari). Si sono inoltre diffusi video in cui viene spiegato come mangiare sano, controllare il proprio corpo e fare palestra, avendo comunque dei giorni di strappo alla regola (detti cheat day); la protagonista del video si mostra e si pesa ad inizio giornata, poi mangia tutto ciò di cui ha voglia, infine calcola le calorie assunte e mostra l’aumento della pancia ed i chili aggiunti a fine giornata. Ella mostra che va bene trasgredire la regola basta che sia una cosa temporanea. Ciò lo diceva anche Durkheim: egli sosteneva che andasse bene trasgredire le regole finché succedesse in maniera temporanea, in modo tale da rinforzare le regole stesse. Nel terzo e nel quarto capitolo del libro si torna a pensare alle pratiche del foodporn in base alla politica, anche informale (ovvero quella del basso, la quale ha a che fare con la costruzione identitaria delle persone). La cultura nazionale si lega in maniera indissolubile all’identità nazionale. Ciò che si ritiene buono o disgustoso dipende dalla cultura, dalle prime socializzazioni; il gusto si imprime in maniera così forte, così profonda che nel corso della vita, anche provando altri sapori, è difficile cambiare gusto (è come l’accento della propria lingua madre). Nella cultura italiana la posizione gastrozionalista difende gli elementi della cultura nazionale, per cui se qualcuno viola il nostro cibo porta ad aggressività. In senso comune ciò che si diffonde è una invenzione che si mantiene stabile. Il potere di individuare alcune aspetti del passato, riconosciuti come tradizionali, diventano immutabili; è un processo che viene fatto da chi ha più potere di definizione della realtà. Gli antropologi per ricostruire il passato spesso usano i ricettari, tramite cui vedono (attraverso l’evolvere delle ricette) i contratti tra le diverse culture. Quando si parla di cibo si parla spesso di autentico o tradizionale. La prospettiva gastronalista si rinforza con questo legame tra determinate preparazioni di ingredienti e il luogo in cui devono essere preparate, ovvero del terroir (che trova forme di formalizzazione nel mercato con le etichette di origine controllata). Per spingere particolarmente in questo senso la dimensione del terroir, diventa spesso “terroirismo” da quanto è stringente questo legame. Questo ha a che fare con il sentimento di gastropanico nato dal fatto che nel mondo globale si possa accedere a diverse forme di cucina anche lontane. La globalizzazione permette ibridazioni di cucina ed il poter provare diversi gusti, ma dall’altro lato si ha paura che la propria tradizione alimentare possa essere contaminata o contraffatta da altre culture (che ci possa essere uno svilimento della nostra tradizione). A protezione formale e simbolica di ciò, intervenne anche l’UNESCO quando si inventò la dieta mediterranea. La dieta mediterranea rappresenta il primo elemento di patrimonio immateriale certificato dell’UNESCO. Essa viene costruita campionando diverse cucine locali (che non possono essere rappresentative di tutti i modi di fare cucina) su specifici modi di fare i prodotti e sui diversi aspetti di convivialità. È un processo dall’alto al basso. Ci sono movimenti che si declinano su diverse scale, anche dal basso verso l’alto, che contribuiscono alla narrazione del cibo.  La tesi più accreditata è che la carbonara sia nata nel secondo dopoguerra quando vennero gli Americani, per cui venne usato il bacon e le uova liofilizzate unite alla cacio e pepe romana. Il cibo, in particolare nel discorso politico, può essere usato come pretesto per esprimere diversi atteggiamento ed orientamenti valoriali. In Italia ciò assume un lato di relazione tra politica formale, tavola e convivialità, che accompagna la storia Italiana dal secondo dopoguerra; da quel periodo si vede che durante i pranzi e le cene i politici si mettono d’accordo (ad esempio la pace delle sardine è stata stipulata tramite negoziazioni durante una cena in cui si sono consumate delle sardine). Sembra che serva una componente più informale per negoziare gli accordi. Essendo così legato il patrimonio alimentare con l’italianità, il discorso del cibo aiuta a parlare dei discorsi populisti, sovrapopulisti e sovranisti. I gruppi maggioritari definiscono ciò che si può e che non si può mangiare, inoltre decidono cosa si può o meno escludere. I meme che riguardano il cibo sono un altro elemento che si presta molto a questa tipologia di argomenti.
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