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Ulrich Beck disuguaglianze globali, Sintesi del corso di Sociologia Politica

riassunto del breve saggio di Ulrich Beck sulle disuguaglianze globali

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 03/01/2018

kevin-jourdan
kevin-jourdan 🇮🇹

4.4

(7)

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Scarica Ulrich Beck disuguaglianze globali e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Politica solo su Docsity! L’ordine sociale premoderno si basava sull’assunto che le persone fossero diseguali per natura, secondo la volontà di Dio. Già Aristotele sosteneva una naturale disuguaglianza fra gli uomini, ma con l’illuminismo arrivò un cambio di prospettiva. Naturale divenne l’uguaglianza degli uomini, che porta con sé il principio che le disuguaglianze (non naturali) possono essere modificate e richiedono di essere giustificate. Questo principio non fu tuttavia sempre applicato, anzi nel corso della storia varie categorie sono state escluse a partire da quella di coloro che erano al di fuori della propria frontiera nazionale. La disuguaglianza può essere scissa innanzitutto in disuguaglianza sociale e diseguaglianza naturale, la prima con bisogno di giustificazione, la seconda (in quanto naturale) no. Questa contrapposizione tra natura e società deve essere superata secondo Beck, così come i confini dell’uguaglianza e disuguaglianza sociale, che le vedono racchiuse nel recinto dello stato nazionale, considerando che mutamento climatico e consumo delle risorse spostano il problema su scala globale. Capitolo 1: l’uguaglianza sociale diventa un’aspettativa su scala mondiale Prima tesi: le diseguaglianze sociali diventano un problema, materia di conflitto quando le norme e le aspettative di diritti umani si diffondono. Per comprendere l’incidenza politica delle disuguaglianze bisogna interrogarsi sulla storia dell’uguaglianza sociale Sul piano storico le diseguaglianze sociali assumono il carattere di scandalo politico relativamente tardi, all’inizio con linea di frontiera nazionale a fare da spartiacque: esse danno carattere politico alle disuguaglianze sociali (verso l’interno) e le producono, legittimano e stabilizzano all’esterno. Viene da chiedersi: cosa rende legittimo e stabile questo ordine globale della disuguaglianza? Beck risponde separando il principio di prestazione (che legittima la disuguaglianza nazionale) dal principio di stato nazionale (che legittima la disuguaglianza globale). Quest’ultimo fa sì che si guardi alle proprie disuguaglianze, ampliandole, non percependo le disuguaglianze che stanno altrove. Nell’ottica dello stato nazionale vengono prodotte norme di uguaglianza nazionali. Perciò ad esempio differenze di reddito per pari qualifica professionale tra persone di due nazioni diverse vengono considerate normalità, e acquistano forza sul piano politico solo se riferite all’orizzonte di una comune uguaglianza (ad esempio se parte di un’alleanza di Stati come l’UE). Si pone il problema che con la diffusione delle norme di uguaglianza nel mondo diventa poi difficile legittimare le disuguaglianze globali. Capitolo 2: critica del “nazionalismo metodologico”: la disuguaglianza sociale non può più essere intesa nel quadro dello stato nazionale Seconda tesi: la percezione della disuguaglianza sociale si basa su una visione generale che pone confini al contempo territoriali, politici, economico, sociali e culturali. In realtà però il mondo è sempre più interconnesso, e i confini continuano ad esistere ma non coesistono più. L’aumento di intrecci e interazioni al di là delle frontiere nazionali, impone la RI misurazione della disuguaglianza sociale. Abitudine della sociologia (che Beck rimprovera) è quella di assumere la prospettiva del “noi” nazionale presupponendo l’esclusione di chi è altro, non nazionale. Questo “nazionalismo metodologico” poggia sulla doppia congruenza tra i confini territoriali, politici, sociali e culturali, e tra prospettiva dell’attore e dell’osservatore sociologico. I confini continuano ad esistere ma non coesistono più, e per tanto necessario un cambio di prospettiva che porti la disuguaglianza ad accentuarsi oltre che nella cornice nazionale in quella trans-nazionale. Con lo Stato nazionale vi fu una sorta di matrimonio tra dominio e politica, che ora si conclude con un divorzio, e di conseguenza il dominio trasformato in potere diffuso senza che si prospetti oggi un equivalente dello stato-nazione sovrano. La posizione nel sistema della disuguaglianza sociale viene oggi determinata dalla possibilità/ opportunità di interazione e di mobilità aldilà delle frontiere. Si creano così nuove categorie di persone: i “transnazionalizzatori attivi” (elitès globali), i giovani che vivono inconsapevolmente in modo transnazionale e moltiplicano il loro capitale relazionale, e i migranti che utilizzano la globalizzazione come opportunità. Opposto troviamo il ceto medio globale che teme la retrocessione e la perdita del tenore di vita corrente, e punta al rafforzamento delle frontiere territoriali e all’accettazione dell’identità nazionale Capitolo 3: nel mutamento climatico si mescolano disuguaglianza sociale e naturale La disuguaglianza radicale prodotta dal mutamento climatico non viene considerata prodotto di decisioni sociali. Parlando di “violenza della natura” si compie una naturalizzazione dei rapporti di disuguaglianza e dominio, portando all’idea di una disuguaglianza naturale delle persone prodotta dalle catastrofi naturali. Ma la natura di per sé non è catastrofica, e gli eventi catastrofici rispecchiano la vulnerabilità sociale di determinati gruppi o paesi per via del clima. Tanto più sono marginali le opzioni economiche disponibili tanto è maggiore la vulnerabilità di un certo gruppo o popolazione. Il mutamento climatico può acuire o ridurre la vulnerabilità, anche considerando la nostra modernità caratterizzata dalla società industriale che dissipa le risorse ed è indifferente alla natura. Beck introduce il principio degli effetti collaterali che afferma che l’unità base della diseguaglianza naturale/sociale è costituita da coloro che sono colpiti sul piano esistenziale al di là delle frontiere degli stati nazionali dalle decisioni di altri soggetti di diversa nazionalità. Visto che il potenziale catastrofico da una popolazione colpisce “gli altri”, ne deriva un’irresponsabilità organizzata. Coloro che sono colpiti più duramente dal mutamento climatico sono lasciati a sé stessi dalla “naturalità” della loro condizione, frutto di una “legge della natura” non istituita dall’uomo, che legittima le disuguaglianze. Nel “destino naturale” sfortuna e colpa coincidono e sarebbe addirittura un sacrilegio intervenire da estranei in questa armonia. 4: cosa significa e come è possibile un rinnovamento delle scienze sociali? la RI misurazione delle diseguaglianze deve avvenire lungo tre coordinate. La sociologia della disuguaglianza sociale non può più prescindere dalla globalizzazione dell’uguaglianza sociale, non può più basarsi sulla premessa della distinzione tra nazionale e internazionale, ed infine non è più sostenibile la distinzione tra disuguaglianza sociale e naturale. Non esiste infatti una disuguaglianza naturale di fronte ai rischi naturali ma una disuguaglianza sociale intensificata fra privilegiati e non. Aprire dunque lo sguardo sulla forza esplosiva senza confini della disuguaglianza sociale nel XXI secolo. Il mutamento climatico è ambivalenza allo stato puro esso produce anche spinta cosmopolitica: quarta tesi: il mutamento climatico acuisce le diseguaglianze già presenti tra ricchi e poveri, centro e periferia, ma nello stesso tempo le cancella. Quanto è maggiore il pericolo planetario, tanto più è ridotta è la possibilità, per i più ricchi e i più potenti di sottrarsi ad esso. Il mutamento climatico è sia gerarchico che democratico. Se viene riconosciuto che il sistema nazionale delle disuguaglianze sociali è assediato da rischi globali, ecco che può nascere una prospettiva cosmopolita che avvicina le persone che si sentono parte di un mondo in pericolo. Il mutamento climatico quindi ha un carattere ambivalente perché oltre ad acuire le disuguaglianze porta con sé una spinta cosmopolita che può superare l’ottusità nazional statale. Il problema principale della sociologia oggi è che pone questioni sbagliate: quinta tesi: i punti principali delle teorie della società si riferiscono soprattutto alla stabilità e alla creazione dell’ordine e non al mutamento epocale e discontinuo nella società nella modernità Diverse sono state le teorie sulla società prodotte dai classici della sociologia. Marx sosteneva che il problema delle società nazionali dell’ottocento era la loro messa in dubbio provocata dai conflitti di classe. Weber invece criticava come il capitalismo industriale moderno per la sua distruttiva fame di risorse naturali. Da Weber, ma anche da altri studiosi quali Dewey, Durkheim o Simmel, si possono trarre idee per una sociologia del mutamento climatico. Bell e Parson sostenevano che i problemi delle risorse possono essere affrontati grazie a innovazioni tecnologiche e progressi economici. Luhmann infine cercò di sdrammatizzare una volta per tutte il problema delle classi. Con la loro uscita di scena questi autori non possono vedere come la globalizzazione, i rischi ambientali,
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