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Umberto Saba e la sua poesia, Appunti di Italiano

Lavita e dell'opera di Umberto Saba, uno dei massimi poeti del Novecento italiano. Si analizza la sua poetica, caratterizzata da un realismo poetico che si identifica con la realtà esterna, e la sua fuga dall'io, cercando rifugio negli animali. Si descrive anche la sua opera più importante, il Canzoniere, che nonostante abbia temi simili a quelli dei Crepuscolari, si distingue per l'adesione alla realtà e la mancanza di ironia.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 26/04/2022

chiaraamancusoo
chiaraamancusoo 🇮🇹

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21 documenti

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Scarica Umberto Saba e la sua poesia e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! UMBERTO SABA Umberto Saba ha strette relazioni con Svevo ed è uno dei massimi poeti del Novecento italiano. Egli è un poeta anomalo ed originale rispetto ai tempi in cui scrive. La poesia del Novecento è di rottura e vuole superare i canoni classici del poetare. Saba, invece, va contro le tendenze. Egli non vuole sperimentare, ma si riallaccia alla tradizione. In un momento di forte sperimentalismo, in cui prevale la poesia breve, egli fa una poesia che ha quasi i caratteri della narrativa. Ma, pur riallacciandosi alla tradizione, risulta originale rispetto ai suoi tempi. Saba fa parte del Decadentismo, in quanto la sua opera nasce nei decenni che ricadono sotto questo termine. Tuttavia, è anche vero che non possiamo collocarlo in una delle tante correnti del Decadentismo, in quanto non è crepuscolare, futurista ecc., la sua non è una poesia etichettabile. Inoltre, egli ci ricorda molto Svevo, in quanto come lui è triestino, di origine ebraica e come lui ha avuto contatti con la psicoanalisi. Quindi, l’ambiente culturale è lo stesso di Svevo. Trieste è al confine della cultura italiana, tedesca, slava. Sia Svevo che Saba sono lontani dal gusto tipicamente italiano. Il poeta sostituisce il suo vero cognome con Saba, in quanto adottò il cognome della sua nutrice, che lo allevò per tre anni, a cui egli sarà sempre molto legato (il vero cognome era Poli, cognome per lui scomodo). Saba ebbe un’infanzia difficile. Suo padre abbandonò molto presto la sua famiglia e la madre lo educò in modo severo. Da tutto ciò, infatti, avrà origine la sua nevrosi e dovrà ricorrere alla psicoanalisi. L’educazione che ricevette per lui fu qualcosa di incomprensibile e soffocante e, per questo, sarà sempre tormentato. Egli era di origini ebraiche e ciò influì molto anche sulla sua vita e sulla sua opera. Come Svevo tentò la via della guarigione con la psicoanalisi, anche Saba tentò con tale scienza. Tuttavia, sarà un tentativo fallimentare. Da qui, quindi, possiamo comprendere la tendenza del poeta a fuggire dall’io. C’è il tentativo di “oggettivarsi” nelle cose, di identificarsi e confondersi con la natura, sperando di annullare o dimenticare quella coscienza che gli provoca dolore. La situazione psicologica del poeta, quindi, è la chiave per l’interpretazione della sua poesia. Importante è il suo realismo poetico, ovvero questo suo identificarsi in aspetti concreti della realtà. Molte delle sue poesie, infatti, sono descrittive o narrative e, anche se sembra una contraddizione, l’originalità di Saba è proprio in ciò. Egli mira all’imitazione della realtà esterna. Ed è quest’imitazione che fa parlare di “realismo poetico”. Ciò bisogna tenerlo presente, in quanto in lui c’è una frequente tendenza nell’accostare l’uomo agli animali, creando similitudini. Gli animali non hanno coscienza e noi li immaginiamo in una condizione di intimità e di armonia con la natura. IL CANZONIERE Il Canzoniere è una raccolta di liriche ed è la sua opera più importante (1921-1954). E’ composta da più di cento testi divisi in tre volumi. L’opera sembra ricordarci quella di Pascoli e dei Crepuscolari ma, nonostante ci siano i temi del rimpianto e della fanciullezza, non possiamo inserirlo in uno di questi movimenti. L’infanzia è il momento in cui l’individuo è in comunione con la natura e con gli affetti, ma non ha nulla a che vedere con il fanciullino di Pascoli. Questo perché in Saba c’è la consapevolezza che l’uomo, benchè aspiri a quell’età, non può raggiungere l’infanzia, in quanto c’è sato il distacco dovuto alla crescita e alla ragione. Dunque, non si può ritornare a sonare quell’età con una mente razionale ed adulta. Pascoli parlava del fanciullino, sempre uguale a se stesso. Ma questa è chiaramente una finzione. Invece, in Saba c’è l’adesione alla realtà. Saba non poteva, ad esempio, condividere il mito del super uomo di D’Annunzio, anch’esso una bugia che porta lontano dalle cose vere ed essenziali. Quindi, la poesia di Saba prende le distanze dal mito del fanciullino di Pascoli e dal mito dannunziano del superuomo. E, nonostante egli tratti i temi quotidiani, non lo si può paragonare ai crepuscolari, in quanto egli non ha l’atteggiamento ironico e distaccato nei confronti della realtà. In Saba, invece, c’è un atteggiamento di adesione alla realtà, anche se sofferto. Inoltre, è interessante il suo continuo paragonare gli uomini agli animali e alla città. Basti pensare alla poesia “Mia moglie”, in cui il poeta paragona la moglie a diversi animali. Ciò è dovuto al fatto che lui fu sempre tormentato dalle angosce interiori, dovute alla difficile infanzia. E mentre negli altri poeti c’è la fuga nell’io, in Saba c’è la fuga dall’io, da se stesso. Saba cerca rifugio da se stesso. L’io è coscienza e quest’ultima, quindi, aumenta il dolore. In lui c’è la tendenza ad uscire da questa situazione cercando di annullarsi negli animali, che hanno la fortuna di non essere consapevoli dello stato di sofferenza (cosa vicina al pensiero di Leopardi, in cui vediamo il gregge inconsapevole del dolore universale). Quindi, Saba, in fuga dal suo io, si rifugia negli animali. LA POESIA La poesia di Saba può apparire semplice e facilmente comprensibile, in quanto non è sperimentale come, ad esempio, quella dei futuristi. Tuttavia, tale semplicità non deve essere scambiata per banalità. Non è il frutto di un’inesperienza, ma è una semplicità voluta, una poesia che sappia parlare agli uomini, riuscendo a creare una poesia dal valore assoluto. POESIA “LA CAPRA” Uno dei tratti tipici della poetica di Saba consiste nella persistente presenza della natura e degli animali, che diventano protagonisti delle sue opere. In un’epoca in cui prevale un esasperato soggettivismo, in cui al centro c’è il rifugiarsi nell’io, in Saba tutto ciò non c’è, ma c’è addirittura una fuga dall’io, ovvero dalla propria vita interiore, da un mostro che terrorizza ed angoscia. Per comprendere tale aspetto, bisogna partire dagli elementi biografici e psicologici del poeta. La situazione psicologica del poeta, quindi, è la chiave per l’interpretazione della sua poesia. Ciò bisogna tenerlo presente, in quanto in lui c’è una frequente tendenza nell’accostare l’uomo agli animali, creando similitudini. Gli animali non hanno coscienza e noi li immaginiamo in una condizione di intimità e di armonia con la natura. Gli animali possono conoscere il dolore fisico, ma non hanno coscienza del male. E questa è una po’la stessa concezione che ha Leopardi della natura. Anche Saba sembra volersi identificare con la non-coscienza di questi animali e degli oggetti. La tematica di fondo appare la celebrazione del quotidiano, della vita di tutti i giorni. E se questa è la tematica di fondo, noi troviamo un lessico semplice, un tono colloquiale, una struttura didattica non complessa. Dunque, è una poesia di facile comprensibilità, ma tale accessibilità non bisogna scambiarla per banalità. Nella poesia “La capra” c’è l’accostamento dell’uomo ad una capra dal “volto semitico”. Questo perché la capra ha una barbetta e gli ebrei hanno l’abitudine di portare questa barbetta che, agli occhi del poeta, li fa assomigliare ad una capra. Ciò che accomuna l’uomo e la capra è il dolore.
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