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Umberto Saba: Biografia e Poesia - La Vita e l'Opera di Umberto Saba, Sintesi del corso di Italiano

Biografia di Umberto Saba, poeta italiano nato a Trieste nel 1883. la sua infanzia difficile, la sua collocazione intellettuale, la sua produzione poetica e la sua vita personale, inclusa la sua relazione con la famiglia, la psicologia e la poesia. Saba è noto per il suo uso del termine 'assassino' per descrivere la figura del padre abbandonato, e il documento esplora le ragioni dietro questo epiteto.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 15/06/2022

gerardina-spada
gerardina-spada 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Umberto Saba: Biografia e Poesia - La Vita e l'Opera di Umberto Saba e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! Umberto Saba nasce a Trieste il 9 marzo 1883. Il cognome Saba è uno pseudonimo, che il poeta assume dal 1911; il suo vero nome era Umberto Poli. Egli ebbe la cittadinanza italiana per via del padre, Ugo Edoardo Poli discendente da una nobile famiglia veneziana; la madre invece, Felicia Rachele apparteneva a una famiglia ebrea di piccoli commercianti. Ma quando ebbe il figlio, era già stata abbandonata dal marito, insofferente dei legami familiari. Il bambino viene affidato così a una balia, una contadina slovena che, avendo perso il proprio figlio, riserva su di lui il suo affetto e tenerezza, finché la madre, austera e severa, lo reclama presso di sé. La scelta dello pseudonimo potrebbe essere un omaggio alle origini materne (saba in ebraico significa nonno) o alla nutrice (Peppa Sabaz). Saba trascorre un’infanzia difficile e malinconica, che rievocherà nelle poesie intitolate il Piccolo Berto. Frequenta le scuole con scarso profitto e interrompe gli studi alla quarta ginnasiale, decidendo di continuare da autodidatta. La sola forma di compensazione e di sfogo gli è offerta della poesia, che inizia ben presto a coltivare. L'Amore per Leopardi viene contrastato dalla madre che cerca di fargli leggere uno scrittore costruttivo e impegnato come Parini, per combattere la sua tendenza troppo pessimistica. La formazione letteraria matura via via sui testi di Dante e Petrarca, Ariosto e Tasso, Foscolo e Manzoni, fino ai contemporanei Pascoli e D’Annunzio. Un soggiorno di studio fra il 1905 e il 1906 a Firenze, dove tornerà nel 1911, non lo coinvolge nella battaglia per il rinnovamento letterario che i giovani intellettuali della città stavano avviando. Difficili risulteranno i rapporti con “La Voce” che rifiuta di pubblicargli il saggio Quello che resta da fare ai poeti. Come Svevo, anche Saba, sia pure in misura diversa e meno clamorosa, sconta la sua collocazione di intellettuale periferico, piú legato alle radici profonde della cultura mitteleuropea che agli atteggiamenti di quella nazionale. È un isolamento che persisterà anche nei decenni successivi, per lo scarso interesse dalla critica fra le due guerre. Tra il 1907 e 1908 compie a Salerno il servizio di Leva, che si rifletterà nei Versi militari. Tornato a Trieste sposa Carolina Woelfler. Saba abita a Montebello, alla periferia di Trieste, dove scrive le poesie di casa e campagna, a cui seguiranno quelle di Trieste e una donna. Nel 1911 pubblica la prima raccolta delle Poesie e l’anno successivo Con i miei occhi. Dopo aver partecipato al primo conflitto mondiale Saba apre a Trieste una libreria antiquaria, che costituirà , insieme con la poesia, l’occupazione di tutta la sua vita. Nel 1921 esce il primo Canzoniere, in cui Saba raccoglie la sua precedente produzione poetica; sotto questo titolo verranno comprese anche le poesie dei decenni successivi. Sofferente di disturbi nervosi, nel 1928 intraprende una cura con un allievo di Freud, il Trentino Edoardo Weiss. Si accosta così direttamente alla psicoanalisi, che gli offre strumenti raffinati per smascherare l intimo vero e approfondire quella chiarezza psicologica. Colpito dalle leggi razziali, per la sua origine ebraica, lascia l’Italia per recarsi a Parigi; allo scoppio della guardia nel 1939, è a Roma, dove Ungaretti cerca di proteggerlo; durante l’occupazione nazista, vive nascosto a Firenze, ospite di Montale. La tiepida accoglienza che la critica aveva riservato alla sua opera induce Sava a farsi interprete di se stesso, scrivendo la Storia e cronistoria del Canzoniere, dove egli afferma la consapevolezza del proprio valore e dà indicazioni che riguardano i significati delle sue poesie. Nel 1946 Saba aveva ricevuto il premio Viareggio, a cui seguirà nel 1953, il premio dell’Accademia dei Lincei e nello stesso anno, l’Università di Roma gli conferisce la laurea in Lettere honoris causa. Gli ultimi anni sono resi difficili dalle crisi depressive e dalla malattia della moglie che muore nel 1956; Saba la seguirà 9 mesi dopo, il 25 agosto 1957 a Gorizia. Nel 1964, esce il volume complessivo delle Prose, che comprende le opere pubblicate in precedenza: in particolare Scorciatoie e raccontini e Ricordi-Racconti. IL CANZONIERE Per comprendere il significato del Canzoniere è utile osservare la struttura della raccolta. L’edizione definitiva dell’opera risulta divisa in sezioni, che sono a loro volta raggruppate in 3 volumi in ordine cronologico che si riferiscono ai momenti dell’esistenza dell’autore, giovinezza, maturità e vecchiaia. Saba pone in primo piano l’elemento autobiografico della sua poesia, ricondotta a particolari situazioni e momenti esistenziali. Per il Canzoniere si può quindi parlare di un’opera unitaria in quanto narra la storia di una vita. Questi due aspetti, il suo carattere unitario e il fatto che si tratti in qualche modo di una “biografia”, sono fondamentali per comprendere il significato del Canzoniere e hanno spinto Saba stesso a definire l’opera un romanzo. Alcuni componimenti successivi sono collegati non solo dal punto di vista tematico, ma addirittura sintatticamente, come prosecuzione di un discorso già avviato. In storia e cronistoria del Canzoniere, parlando di se in terza persona, Saba si è espresso, con lucida chiarezza: il Canzoniere è il libro di poesia più facile e difficile di quanti sono usciti nella prima metà del secolo; Saba riconosce fra le singole parti della sua opera una continuità che non può essere spezzata senza danno dell’insieme; tutto insomma nel Canzoniere, il bene e il male, si tiene, e spesso quel bene è condizionato da quel male. Il Canzoniere è la storia di una vita, povera di avvenimenti esterni; ricca a volte di moto e risonanze interne. condizione e il segno della sua originalità . La crisi della parola che investe la poesia novecentesca, non trova terreno propizio in Saba, che adopera senza timori il termine casalingo e familiare. Non solo, ma insieme con il linguaggio della quotidianità, Saba riprende le convinzioni che appartengono al patrimonio poetico del passato e che proprio per questo sono divenuti ormai semplici e chiare. Negli anni delle avanguardie, Saba non esita ad adottare gli schemi poetici del passato, come la metrica regolare e l’uso delle rime, attribuendo loro una particolare importanza e funzione. La poetica dell’ ermetismo gli rimarrà estranea, nel rifiuto di un espressione difficile e dell’analogia come tramite di un rapporto allusivo con la realtà. Le cose nominate da Saba vivono in un’atmosfera naturale, che si propone di cogliere stati d'animo e impressioni senza rinunciare alla ricerca di significati più profondi. Pur pulsando nel cuore del 900, la sua poesia è stata definita come espressione di una linea antinovecentista, in quanto rifiuta le piú vistose e spericolate innovazioni della ricerca poetica del proprio tempo. La poesia di Saba è sempre sostenuta da una chiarezza espressiva che usa modi semplici e immediati, con un lessico povero e comune. Il rischio della banalità è consapevolmente accettato, per la scommessa di riuscire a ottenere effetti poetici, a far nascere cioè la poesia, anche dagli elementi più scontati del discorso. MIO PADRE È STATO PER ME L ASSASSINO Mio padre è stato per me “l’assassino” è stata composta da Umberto Saba e viene pubblicata nel 1924 nella raccolta Autobiografia, in cui il poeta racconta la storia della sua infanzia per cercare di fare chiarezza sull’origine dei propri conflitti, confluita poi nel Canzoniere. La poesia descrive il suo rapporto con il padre, segnato da una lunga assenza ma anche da un’inattesa e sincera pacificazione. Mio padre è stato per me “l’assassino” (il mascalzone) fino ai miei vent’anni, quando l’ho conosciuto. Allora ho visto che egli era innocente come un bambino e che il mio dono (l’animo sensibile e il talento per la poesia) l’ho ricevuto da lui. Aveva gli occhi azzurrini come me e, benché povero, un sorriso dolce e astuto. Andò sempre peregrinando in diversi luoghi; più di una donna l’ha amato e nutrito. Egli era gioioso e di spirito leggero; mia madre, al contrario, avvertiva su di sé tutti i pesi della vita. Egli le sfuggì di mano come un pallone. (Mia madre) Mi ammoniva dicendo: “Non somigliare a tuo padre. Ed io più tardi lo compresi con la mia riflessione: erano due razze differenti, da sempre in lotta. Mio padre è stato per me “l’assassino” è un testo poetico contenuto nella sezione Autobiografia del Canzoniere di Umberto Saba. Nella raccolta Autobiografia, pubblicata per la prima volta nel 1924, il poeta si immerge nel proprio vissuto esistenziale ricavandone alcune tematiche (l’infanzia e la giovinezza, gli affetti, i momenti di crescita e di scoperta insieme agli episodi di vita quotidiana) che ritorneranno a più riprese anche nelle raccolte successive. Saba ripercorre le tappe essenziali della propria esistenza, insieme alle figure familiari che l’hanno segnata in modo indelebile, anche sulla scorta dei suoi studi di psicoanalisi e delle teorie di Freud sull’inconscio e lo sviluppo infantile. Il poeta, assumendo la prospettiva freudiana, decide di sondare gli abissi del proprio passato e di riportare a galla mediante la forma conciliatoria della poesia i suoi traumi più profondi, in un incessante esercizio di autoconfessione. Il titolo della lirica nonché il primo verso rimandano proprio a Freud, che aveva analizzato il problematico rapporto tra padre e figlio in gran parte delle sue opere più celebri. Tuttavia l’epiteto cruento del titolo (“l’assassino”) non è frutto dell’inconscio del poeta né fa riferimento ad alcunché di reale: è la madre di Saba, Felicita Rachele Cohen, ad apostrofare in questo modo il marito Ugo Edoardo Poli, che l’aveva abbandonata quando il piccolo Umberto non era ancora nato. Così per tutta l’infanzia e l’adolescenza il poeta può apprendere informazioni sul padre, attraverso lo sguardo sofferente e distorto della madre, che accusa l’uomo di aver “ucciso” il tentativo di formare una famiglia. Soltanto a vent’anni, quando Saba avrà modo di conoscere di persona il padre, l’immagine a tinte fosche dipintagli dalla madre si rivelerà menzognera e il padre gli si mostrerà nel suo vero volto, con i pregi e i difetti di qualunque essere umano. Saba scorge ben presto inaspettate affinità fra lui e il padre, che vengono elencate nelle due quartine del sonetto: si tratta di somiglianze di tipo fisico come gli occhi azzurri e il sorriso al tempo stesso dolce e astuto, ma anche di profonde analogie caratteriali, in particolare l’animo sensibile e l’inclinazione verso la poesia, o lo spirito irrequieto che ha indotto il padre a spostarsi di continuo, amando più donne e incominciando più volte a mettere su famiglia, senza mai portare a termine il proposito iniziale. Descrivere il padre anche nelle sue debolezze permette a Saba di colmare il grande vuoto di un’assenza con il ritratto di un uomo concreto, autentico, tangibile in tutte le sue contraddizioni. Nelle due terzine Saba, dopo aver raggiunto una sincera pacificazione con il padre, prova a rintracciare le ragioni di quel repentino abbandono e, con un’analisi lucida ed essenziale, prende coscienza dell’insormontabile distanza caratteriale che lo separava dalla madre. La leggerezza e l’allegria di lui si scontravano di continuo con il temperamento grave, votato al tragico, di lei, così che nessuno dei due avrebbe potuto mitigare delle differenze tanto sostanziali: proprio la leggerezza del padre lo condusse lontano dalla madre, come se un pallone le fosse sfuggito dalle mani. Al dodicesimo verso il poeta riporta nuovamente una frase della madre, il severo monito a non somigliare al padre, un imperativo che in passato non aveva mai inteso fino in fondo e che soltanto ora è in grado di comprendere intimamente. Saba giunge al punto di “giustificare” il comportamento del padre, liberandolo dalla colpa che gli aveva imputato in passato, poiché, empaticamente, percepisce che egli ha agito secondo la propria natura, incline a godere della vita nella sua contingenza e ad allontanare le responsabilità. Non avrebbe potuto fare altrimenti, così come la madre non avrebbe potuto fare a meno di provare tanto astio nei suoi confronti: sono come destinati a trovarsi l’uno contro l’altra – sia per temperamento che per modi di vivere, costumi, educazione – e, proprio come due combattenti in «antica tenzone», il loro conflitto diventa agli occhi del poeta una lotta attiva e perpetua.
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