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Un vivaio di storia, Appunti di Storia Moderna

Riassunto del libro "Un vivaio di storia". Mancano i seguenti capitoli: VI, IX, XI, XII, XVII, XVIII e XIX

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 30/12/2021

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Scarica Un vivaio di storia e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! PRIMA PARTE. EGEMONIA IMPERIALE: IL 500 CAPITOLO 1: UNA GLOBALIZZAZIONE MONDO NUOVO Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, in seguito alle numerose spedizioni esplorative, utilizzano rispettivamente le espressioni “Otro Mundo” e “Mundus Novus” per descrivere il gigantesco continente sconosciuto. La scoperta dell’America ha un'importanza fondamentale per la genesi del mondo moderno e assume il ruolo di evento periodizzante della storia. Essa dà inizio al fenomeno dell’espansionismo europeo e della spartizione del globo. Le conquiste che seguirono la scoperta dell’America furono la rappresentazione pratica del primato dell'Europa sul resto del mondo. Pertanto si assiste ad una storia prettamente eurocentrica, che però va scritta cercando di calarsi nella mentalità e nella cultura dei protagonisti per comprendere al meglio le interazioni tra gli europei e il “Mondo Nuovo”. Per i contemporanei di Colombo, la scoperta significava al tempo stesso entrare in contatto con terre sconosciute, convertire al Cristianesimo popoli pagani, cercare tesori, avere l'opportunità di commerciare nuovi prodotti, ecc. A ciò va aggiunta la dimensione fantastica: sembrava di vivere nel mondo narrato nei romanzi cavallereschi e d'avventura. Anche il concetto di conquista era particolare, poiché non si conosceva altra forma di rapporto con civiltà sconosciute se non la signoria su terre e popoli ottenuta con le armi. Le conseguenze della conquista furono molteplici: sterminio della maggior parte della popolazione autoctona, epidemie, malattie virali, destrutturazione di culture, organizzazioni sociali e stili di vita indigeni, crolli demografici (Messico + da 20mIn a 2mIn di abitanti in poco più di un secolo), ecc. Il ciclo scoperte geografiche- conquiste- colonizzazione significò anche l’incontro tra culture diverse, scambio che però fu ineguale a causa della tendenza, da parte degli europei, di annullare le culture indigene. | tre continenti maggiormente investiti da tale ciclo erano: Africa, America e Asia. Dopo la fase delle esplorazioni marittime, che durò dal 1492 al 1519, iniziò la fase dell’esplorazione della parte interna del continente americano e del controllo delle regioni più ricche e popolose. Tale fase durò, più o meno, dal 1519 al 1540 e viene definita come fase eroica della conquista. Nel frattempo il contesto storico è cambiato, il traffico commerciale si sta spostando dal Mediterraneo all’Atlantico, oro e argento provenivano dalle miniere del Messico e del Perù, ecc. Tra cultura, scoperta e conquista il rapporto è molto stretto ed è di reciproco condizionamento. L'ESPANSIONE PORTOGHESE E SPAGNOLA Fin dal primo 400, Portogallo e Spagna presentano una molteplicità di fattori che spingono verso nuove esplorazioni transoceaniche, quali: economico-organizzativi, tecnologici e sviluppo della teoria e degli strumenti geografici. A metà del 15° secolo è pronta la base tecnologica per l'espansione portoghese: LA CARAVELLA. Essa era un'imbarcazione di piccole dimensioni, che poteva portare una maggiore quantità di provviste dato che richiedeva un equipaggiamento ridotto, poteva navigare più lontano dalle coste e poteva rimanere in mare più a lungo. Per quanto riguarda la base economico-organizzativa, il portogallo poteva contare sulla disponibilità di capitali dei mercati italiani. Anche in Spagna (Andalusia) sorgono fondazioni commerciali. Infine, per lo sviluppo della teoria e degli strumenti geografici, a metà del 400, viene rivista la mappa tolemaica del mondo, in cui era rappresentata, in maniera abbastanza accurata, l'Europa, la linea costiera dell’Africa del nord e dell'Arabia, l'Oceano Indiano ed una terra immaginaria parallela al Tropico del Capricorno. Tale mappa mostrava chiaramente che le navi potevano andare direttamente dall'Africa alle Indie. La Spagna, invece, possedeva LA BUSSOLA. Nella seconda metà del 400, quindi, i portoghesi hanno aperto la via per mare verso l'Oriente, circumnavigato l'Africa per raggiungere l'Oceano Indiano e l'Asia, al fine di controllare il traffico delle spezie. L'espansione portoghese rappresenta la sintesi di esplorazione e commercio che, nel corso di un secolo, ha consentito lo sfruttamento di enormi risorse, come: gli schiavi, l’oro della Guinea, l’avorio, il cotone, il pepe e lo zucchero. L'espansione portoghese, e gli strumenti usati per la conquista, pone molteplici problemi di natura giuridica, la cui soluzione getta le basi per la futura colonizzazione spagnola. Per giustificare la conquista delle terre e l’assoggettamento delle popolazioni africane, i giuristi inventarono la formula della TERRA NULLIUS, ovvero una terra non sottoposta a signoria, che permetteva ai portoghesi di imporsi per il principio di scoperta- occupazione. Tale principio avrà un'influenza enorme durante tutta la storia della colonizzazione. Fin dall'origine, l'impero coloniale portoghese in Africa mostrò due limiti che incisero sul suo sviluppo: l'incapacità, da parte dello Stato, di gestire le risorse commerciali e coloniali; la forte indipendenza dai mercanti stranieri (italiani, fiamminghi e tedeschi). L'espansione spagnola, precedente rispetto a Colombo, diede luogo all’occupazione castigliana delle isole Canarie. Essa fu l’inizio sia della Reconquista (guerra contro i mori), sia della creazione della Spagna moderna, che della conquista dell'America. La colonizzazione delle Canarie fu portata a termine tra il 1477 e il 1479, anno in cui fu siglato il trattato di Alcagovas tra Portogallo e Spagna (Spagna otteneva i diritti sulle canarie; Portogallo otteneva i diritti sulle altre isole dell’atlantico e sulle coste Africane a sud di capo di Bojador). Il motivo principale che portava all'occupazione dei territori era la FEDE > GUERRA CONTRO GLI INFEDELI. Verso la fine del 15° secolo sia il Portogallo che la Spagna avevano accumulato una considerevole esperienza nel campo delle spedizioni oltre mare: l'interesse del portogallo era orientato verso l’India, quello dei re cattolici di spagna spingeva verso la creazione di un impero euro-africano. (1494 accordo firmato dal pontefice — Bolla intercetetera) CRISTOFORO COLOMBO Nacque a Genova nel 1451, figlio di un artigiano tessile. Dal 1479 si stabilì in Portogallo. Il suo progetto era quello di raggiungere le Indie orientali, partendo dalle coste atlantiche dell'Europa. Tale progetto era basato sugli studi delle mappe medievali dei geografi arabi, sulle ricerche di Paolo Toscanelli, sui ritrovamenti di relitti di navi nell'Atlantico e su miti riguardanti terre sconosciute oltre oceano. Colombo presenta il suo progetto a Giovanni II, re del Portogallo, con esito negativo. Il re pensava che il progetto non avesse fondamenta e, inoltre, era troppo concentrato sulle strategie di espansione nel versante africano. Quindi Colombo si rivolge a Isabella di Castiglia e Ferdinando il Cattolico: il primo incontro dà esito negativo, il secondo positivo (nel 1491). Il 17 Aprile 1492 la capitolazione di Santa Fé concede a Colombo il titolo di ammiraglio, viceré e governatore delle terre eventualmente scoperte, ma rivendica allo Stato la legittimità della spedizione. La maggior parte dei soldi necessari alla spedizione vengono anticipati dal genovese Francesco Pinelli e da alcuni banchieri fiorentini: 17000 fiorini. Il 1492 coincide anche con il completamento della Reconquista. La prima spedizione viene effettuata con una caracca, chiamata Santa Maria e comandata da Colombo, e due caravelle, la Nifia e la Pinta, comandate da Alonso e Yafiez Pinzòn. La navigazione parte il 3 agosto; il 12 ottobre 1492 Colombo avvista terra. Crede di essere arrivato in Cina o in Giappone, in realtà si trovava a San Salvador, nelle Bahamas. La seconda spedizione è di più grandi proporzioni: 1500 uomini, 17 navi, obiettivo comune: oro. Molti uomini di Colombo sono conosciuti con il nome di HIDALGOS, ovvero cavalieri, senza titoli nobiliari, che avevano partecipato alla Reconquista; vi erano anche molti artigiani-contadini e pochi borghesi. Colombo torna dalla seconda spedizione con un piccolo gruppo di schiavi: delusione da parte della Corona e dei suoi stessi uomini. Ottiene l'autorizzazione per una terza spedizione. Parte, nel 1498, con sole 6 navi e approda al delta dell’Orinoco (America Meridionale). Torna con un bottino migliore: scoperta di nuove terre, oro, perle e altri preziosi. In altre spedizioni Colombo raggiunse il Messico, le coste dell’America Latina e Santo Domingo, dove però la sua amministrazione è in crisi a causa di disordini, violenze ed epidemie. Nel 1500 viene inviato in catene in Spagna con l'accusa di corruzione. Isabella lo libera e gli affida un’altra spedizione. Nel 1502 parte, costeggia l’Honduras, cerca di spingersi più a sud ma si arena. Quindi torna in spagna, dove nel 1506 muore, abbandonato da tutti. Bisognava però legittimare la conquista e definire/distinguere le conquiste portoghesi e quelle spagnole. Nel 1494, il trattato di Tordesillas definiva le zone di influenza spagnola e quelle di influenza portoghese: l'oceano, dal polo artico all’antartico, era diviso da una linea immaginaria, situata a 370 leghe a occidente dalle isole di Capo Verde; tutto ciò che si trovava alla sua destra (oriente) era di pertinenza portoghese, tutto ciò che si trovava a sinistra (occidente) era di pertinenza spagnola. Tale divisione viene considerata come una globalizzazione. DALLA SCOPERTA ALLA CONQUISTA Dopo l'avventura di Colombo ed il trattato di Tordesillas, vanno tracciandosi le grandi linee dell’espansione transoceanica. Nel 1497 Vasco da Gama parte e doppia il Capo di Buona Speranza, costeggia il Mozambico e l'Africa orientale musulmana, raggiunge Mombasa, Malindi e nel 1498 arriva a Calicut. Torna con un enorme carico di spezie, grazie a cui, per un certo periodo, il portogallo impose una seria ipoteca sul mercato, contrastando i veneziani. Tra il 1500 e il 1501 Pedro Alvares Cabral compie una seconda spedizione a Calicut e rasenta le coste del Brasile. Dopo un secondo viaggio di Vasco da Gama, il Portogallo entra nella politica indiana, nominando i primi governatori e conquista Goa e Malacca. Tra il 1519 e il 1522 Ferdinando Magellano, navigatore portoghese al servizio della Spagna, costeggia FRANCIA: Con la sconfitta di Carlo il Temerario (1477), la conquista della Borgogna e l'annessione della Provenza per mano di Luigi XI, si compie l'unificazione geopolitica della Francia. Il potere regale ha ancora alcune caratteristiche feudali: il re è a capo di una gerarchia di vassalli, conservando l’idea di un rapporto contrattuale con la nazione. Le province annesse godono di un sistema di rappresentanza autonomo. Però tutti i decreti legislativi vengono redatti in nome del re. Il sistema di governo è così comporto: al vertice c'è il consiglio del re, formato dai pari, dai grandi dignitari e dagli ufficiali della Corona. Sotto Francesco I, vi era il Consiglio degli Affari (un consiglio segreto e ristretto), che il re riuniva spesso e che deliberava su tutte le questioni presentate dal re stesso (politiche, amministrative, finanziarie, ecc.). Il consiglio del re si trasforma dal modello medievale, in cui i consiglieri erano legati al re da un rapporto personale ed esercitavano i loro poteri, pari alla regalità, nei distretti amministrativi, detti bailliages. Nel tempo, tali poteri subirono una specializzazione -> esattori, luogotenenti, generali, ecc. Questa specializzazione è una delle caratteristiche del rimodernamento del sistema amministrativo francese, insieme a: formazione di un corpo di funzionari e creazione di un ramo esecutivo dipendente dal sovrano. A ciò si contrappose una grande resistenza, che si manifestò poi negli Stati Generali, ovvero un'assemblea dei rappresentanti di tutta la comunità francese. Comunque i Parlamenti rimanevano gli organi che potevano rappresentare il più forte livello di resistenza e rappresentanza contro il re. Tale conflitto nasce dall'idea del re che concepiva la registrazione come una forma di pubblicazione, che poteva essere oggetto di osservazione solo da parte dei parlamentari in base alla loro competenza giuridica. Invece i parlamentari volevano esercitare un vero e proprio potere di valutazione degli atti firmati dal re. INGHILTERRA: A seguito della guerra delle due rose, grazie a Enrico VII Tudor, la monarchia inglese, comprendente anche il Galles e parte dell'Irlanda, riesce ad affermare la sua autorità. Enrico VII combatte i residui poteri feudatari istituendo la Camera Stellata, ovvero una specie di tribunale straordinario per le cause contro le famiglie feudali ribelli e cui vengono spesso confiscati i patrimoni. È, poi, con Enrico VIII che si ha una vera rivoluzione nel governo. Il centro dell’amministrazione è assunto dal Primo Segretario e dal Consiglio Privato; si afferma la supremazia dell'Ufficio dello Scacchiere; vengono aboliti i privilegi e le ineguaglianze costituzionali. Artefice di questi cambiamenti è Cromwell, che cerca di concentrare i poteri nello stato. Il sistema politico, invece, si fonda su un equilibrio tra le esigenze della monarchia centralizzata e interessi di vario genere. Il parlamento è diviso in due camere: La camera dei Lord (ereditaria), in cui vi era la grande nobiltà, e la camera dei Comuni (elettiva), in cui vi era la piccola nobiltà terriera, i ceti non nobili e i coltivatori diretti. Il parlamento ha funzione legislativa. Le contee si autogovernano. Inoltre si sviluppa la teoria dei due corpi del re: 1) Quello mortale, naturale, soggetto a malattie e vecchiaia; 2) Quello politico, incorruttibile, non soggetto a invecchiamento, malattie e morte. Questo secondo corpo passa da un re all’altro ed in esso si concentra l'essenza della sovranità. SPAGNA: In seguito alla Reconquista cristiana, che si completa nel 1492 con l'annessione del Regno di Granada, a Ferdinando e Isabella vengono conferiti i titoli di Reyes Catolicos. Anche in Spagna, nel corso del XVI secolo, si compie un processo di ristrutturazione amministrativa, fondato su una molteplicità di Consigli. | re cattolici ebbero un ruolo fondamentale nell’affermazione di uno stato moderno, infatti l’unità morale risiedeva proprio nella sovranità monarchica e nel ruolo carismatico dei re. RUSSIA: Ivan Ill fu l'artefice dell’unità della Russia, liberandola dai mongoli dell’Orda d'oro. La tendenza al controllo e alla centralizzazione statale attraversò la fase della sottomissione alla monarchia dei principi autonomi e dei boiari, mediante l'unificazione religiosa nel Cristianesimo ortodosso e la concezione che non vi fossero leggi al di sopra del sovrano. L'ideale politico di Ivan era un’autocrazia ortodossa di tipo patriarcale. Ma nella realtà lo zar doveva far fronte alle forti opposizioni da parte dell’antica nobiltà feudale, dei boiari, e ai problemi derivanti dalla vastità del suo territorio. A partire dalla metà del XVI secolo, nel sistema statale russo appare un nuovo organismo rappresentativo: gli ZEMSKIE SOBORY (rappresentati del clero, dei boiari, dei ceti mercantili, ecc.), scelti prima dallo zar e poi con sistema elettivo. Inoltre lo zar crea organismi rappresentativi locali e affida alla piccola nobiltà funzioni di amministrazione della giustizia e favorisce la creazione di autorità elette nelle province. Quindi il rafforzamento del potere centrale russo corrispose all’indebolimento di quello dell’aristocrazia boiara. GERMANIA: Lo sviluppo statale della Germania ha avuto luogo su due piani: 1) Quello dell'Impero: esso ha perso i tre requisiti medievali della sacralità, universalità e continuità. L'impero è affidato agli Asburgo e fra questi, Massimiliano | possiede, per antico diritto feudale, l’Austria e le Fiandre. Qui è evidente la debolezza del sistema politico. Da un lato i domini ereditari dei principi e le città libere sono coinvolti in un processo di formazione dello stato moderno, con sviluppo di nuovi istituti per l'esercizio del potere, come in Austria: la Cancelleria, il Consiglio per la Giustizia, La Camera per le Finanze. Dall'altro lato, l'impero non ha strumenti militari, finanziari e politici tali da applicare le decisioni del Reichstag, dell'assemblea degli elettori, dell’aristocrazia e delle città imperiali. Quindi l’imperatore ha uno scarso potere esecutivo sui territoriali e sulle terre libere della Germania. princi 2) Quello degli Stati territoriali (statuale): in quest'area il processo di formazione si presenta condizionato dal rapporto tra principe e ceti. La costituzione per ceti è una struttura dualistica: da un lato il Consiglio del Signore territoriale; dall'altro la Dieta, ovvero l'organismo rappresentante dei ceti delle città, del clero ecc. | ceti hanno ampi poteri che investono vari ambiti (finanziario, militare, giudiziario, ecc.). Nella prima fase della creazione dello Stato i ceti hanno appoggiato ed allo stesso tempo contenuto il potere del principe; nella seconda fase, invece, sono diventati partner indispensabili e spesso al pari del principe per la creazione stessa. L'IMPERO OTTOMANO: Nel 1453, con la conquista di Costantinopoli, inizia la seconda fase dell'espansione turca. In meno di un secolo conquistano: parte dei Balcani (Serbia e Bosnia), Kaffa, Crimea, si estendono verso Siria ed Egitto, Belgrado, Rodi, Buda e Vienna. A metà 500, con Solimano I, l'impero ottomano è il più potente al mondo; alla fine dello stesso secolo fondamenti interni del sistema sono: in declino. L'intera struttura imperiale funziona in ragione dell'espansione territoriale. | 1) Labase del dispotismo del sovrano ottomano è nel rapporto tra il sultano e le fonti di ricchezza del regno. Non vi è proprietà privata. Il sultano sfrutta come possedimenti imperiali personali tutte le fonti di ricchezza. 2) Visono due istituzioni parallele: l'istituzione di governo e quella religiosa musulmana. Nei paesi musulmani non vi è distinzione fra chiesa e stato. Il personale dell’amministrazione civile e militare è reclutato tra gli schiavi cristiani, che vengono formati ed educati alla religione musulmana. Diventare proprietà umana del sultano consentiva di essere prossimi alle leve di comando. Il controllo di questo sistema spettava agli ulema, potentissima casta sacerdotale musulmana. 3) Nell’impero ottomano non esiste il feudalesimo. | cavalieri ricevono terre dal sultano in cambio del servizio militare, ma essi non esercitano giurisdizioni né posso tramandare tali terre. 4) Lostato ottomano comprende diverse etnie, che sono libere di seguire leggi e costumi preesistenti. LA RIVOLUZIONE DEI PREZZI E LE DIVERSE VELOCITÀ DELLE ECONOMIE EUROPEE A metà del 500 il prezzo delle merci è nettamente aumentato rispetto al passato. L'espressione “rivoluzione dei prezzi” sono associati ad una delle conseguenze della scoperta del Nuovo Mondo, e quindi all’afflusso in Europa di grandi stock di metalli preziosi provenienti dall’atlantico. Essa era anche collegata alla crescita demografica che porta al mutamento del rapporto tra domanda e offerta dei beni. L'aumento di bocche da sfamare spinge ad allargare le aree coltivabili, a rivedere le pratiche di coltura ed applicare più capitali nell'economia agricola. La campagna è alla base di tutta la produzione, poiché circa l'80/90% della popolazione vive fuori dai grandi centri urbani. Tuttavia una parte della popolazione inizia a muoversi, facendo nascere e crescere nuove città, centri industriali, sedi di burocrazie, ecc. La prima voce nei consumi di questa massa di abitanti sono i CEREALI. Le regioni ad est dell'Elba, tra cui la Polonia, diventano i granai di molti paesi dell'Europa occidentale. In Inghilterra, Francia, Italia e Germania si sviluppa il fenomeno delle recinzioni (enclosures), per cui vengono abolite le terre comuni e si afferma la proprietà individuale della terra. Vengono anche introdotte nuove colture, tra cui la vite, il riso, il mais, ecc. Vi è anche la domanda di prodotti industriali: produzione di articoli siderurgici, metallurgici, attività mineraria, sfruttamento dei boschi, manifatture tessili, attività edilizia. A sollecitare tale domanda era il nuovo Stato, poiché vi era la necessità di armamenti per le nuove guerre internazionali e di produrre grandi opere edilizie soprattutto nelle grandi capitali. Inizia a svilupparsi anche l’organizzazione di grandi complessi industriali legati alla produzione di armamenti e all'estrazione di metalli. La figura che emerge è quella del mercante imprenditore e quella dell'operatore finanziario che utilizza gli strumenti offerti dal credito. Infatti, l’attività creditizia si intensifica a causa della complessità del commercio internazionale, dell’accelerazione dell’attività manifatturiera e della crescita delle esigenze finanziarie degli Stati. Il segreto dei banchieri sta nell'aver saputo ereditare la pratica mercantile dai propri antenati e nell’averla saputa applicare all'economia internazionale. Il modello ereditato è quello della compagnia commerciale, formata da una casa-madre, nel centro di residenza della famiglia di banchieri, e da tante succursali e filiali nei vari centri commerciali e finanziari. GERARCHIE SOCIALI E GERARCHIE DEL POTERE Tra il 400 e il 500, i settori da cui si trae ricchezza, prestigio e potere sono: terra, commercio, esercizio delle professioni civili e pubblica amministrazione. Quanto alla terra, prevale il sistema feudale. | circuiti del commercio sono molto differenziati tra loro: mercati locali, mercati regionali, mercati a lunga distanza, piccole fiere (in cui vigono ancora forme arcaiche di scambio) e fiere cambiarie internazionali (in cui gli uomini d'affari mobilitano risorse finanziarie mediante le tecniche bancarie più sofisticate -> lettera di cambio). Per quanto riguarda le professioni civili, bisogna ricordare che dal potere pubblico ai privati si fa sempre più ricorso alle competenze degli avvocati e dei giuristi, che hanno enorme potere negli Stati, in quanto rappresentano la più importante forma di mediazione tra lo stato e la società. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, invece, vi è il fenomeno della compravendita delle cariche, dato che il sistema d'accesso alle cariche pubbliche è ancora fondato su meccanismi di tipo feudale. Il modello della società del mondo moderno si presenta tripartito tra: Clero, aristocrazia e terzo stato. Il clero è il primo ordine, poiché basato sulla chiesa; poi vi è l’aristocrazia, che possiede gli antichi valori militari ed è formata da nobiltà di sangue ereditata nel tempo; infine, vi è il terzo stato, formato da coloro che non possono vantare alcuno status privilegiato. All’interno di ogni ordine si formano poi altre gerarchie. LA VITA CULTURALE E LA CIRCOLAZIONE DEL SAPERE La concezione di cultura corrisponde alla fusione e circolazione di valori e idee. Il rinascimento si identifica con le grandi opere della pittura, della scultura, dell’architettura e della scrittura. Infatti, tra la fine del 400 e l’inizio del 500, soprattutto a Venezia (dominante nel mercato letterario) sono stati stampati circa 500 libri. | temi trattati sono principalmente religiosi, letterari, politici e di diritto. Eventi editoriali, oltre ai classici, sono: “il principe” di Machiavelli, “l’orlando furioso” di Ariosto e l’“elogio della pazzia” di Erasmo da Rotterdam. Per quanto riguarda l’arte, invece, ricordiamo La Gioconda (1499) di Leonardo da Vinci, La Pietà (1501), il David (1504) e la decorazione della volta della Cappella Sistina di Michelangelo. Si andava formando la nuova identità dell’intellettuale: tutti gli artisti rivendicano autonomia e pari dignità, firmano le proprie opere, trattano a pari condizioni con i principi che finanziano le loro attività e vivono in una situazione cosmopolita. CAPITOLO 3: LA GUERRA MODERNA PER IL PREDOMINIO EUROPEO IL SISTEMA DEGLI STATI ITALIANI: DAL FRAGILE EQUILIBRIO ALLA CRISI POLITICA L'identità dell’Italia politica era stata stabilita dalla Pace di Lodi, nel 1454. Dato che non vi era possibilità di uno stato regionale prevalente rispetto agli altri, né quella di creare una confederazione repubblicana che unisse Venezia, Firenze, Genova e Milano, si scelse una POLITICA DELL’EQUILIBRIO. La libertà d’Italia però necessitava di una guardia attenta contro il rischio che poi quella libertà desse vita ad un vuoto politico, da cui poi sarebbero stati attratti gli altri popoli. Vi furono vari fattori che portarono alla crisi di fine secolo, tra cui: la morte di Lorenzo il Magnifico, la morte di Papa Innocenzo VIII, l’espansionismo della Francia ai confini della penisola italiana, ecc. Nonostante ciò, anche nella prima metà del 500 si continuò a perseguire il valore della libertà d’Italia, che, in questo caso, significò soprattutto preservare lo status quo, e quindi l'indipendenza, dei singoli stati. Nei primi decenni del 500 il predominio, da parte della Spagna, sull'Italia è il problema principale. Le poste in gioco erano 2: Milano e il Regno di Napoli. Il potere su Milano era l’unica via per impossessarsi di uno dei due Stati marinari (Genova) e di avere la certa disponibilità di tutta la produzione granaria dell’Italia meridionale. Il Regno di Napoli invece era ambito da Francia e Spagna per la sua posizione strategica nel mediterraneo e per le sue risorse finanziarie. Milano e Napoli erano considerati i punti deboli. Vi erano però anche dei punti forti, quali: il Ducato di Savoia, che aveva il suo fondamento nella dinastia sabauda, lo stato della Chiesa, che si fondava sul diritto divino, Firenze, che si basava su una grande tradizione politica cittadina, e Venezia, che invece stati tra il figlio Filippo Il e il fratello Ferdinando II. Nel 1557 Enrico Il perde il suo ultimo importante territorio italiano: il Piemonte. Nel 1559 viene firmata la pace di Cateau-Cambrésis, che viene vista come la vittoria della Spagna sulla Francia. L’ITALIA SPAGNOLA COME LABORATORIO POLITICO Le differenze nell'Italia del particolarismo sono profonde, soprattutto dopo la pace di Cateau-Cambrésis. La prima differenza fondamentale è quella tra Stati indipendenti, sovrani e Stati non indipendenti. La seconda è quella tra Stati a base cittadina (Venezia, Genova, Milano, ecc.) e Stati monarchici (Ducato di Savoia, Stato della Chiesa e Regno di Napoli). Gli stati a base cittadina sono caratterizzati da un sistema di governo oligarchico, fondato su consigli ristretti, con predominio della città dominante e dal precoce sviluppo di una rete di istituzioni amministrative. Gli Stati monarchici, invece, sono caratterizzati dalla forte presenza di sovranità, a volte dinastica, a volte pontificia, altre imperiale. CAPITOLO 4: LA DIVISIONE RELIGIOSA ORIGINI, SIGNIFICATI E VALORE DI UN MOVIMENTO EUROPEO La Riforma Protestante fu un movimento europeo che coinvolse la parte centro-settentrionale del Vecchio Continente, la parte orientale, Francia, Spagna e Italia. | promotori di tale movimento furono in maggioranza uomini di chiesa come: Martin Lutero, Huldrych Zwingli e Calvino. La Riforma fu un moto di reazione alla corruzione del clero, agli abusi ecclesiastici, al potere dei papi, al commercio delle indulgenze, ecc. La storiografia, invece, asserisce che i veri motivi fossero attribuibili ad una crisi religiosa. A scatenare tale crisi, furono principalmente la mancanza di chiarezza teologica e la confusione delle opinioni in materia di dogmi della fede e di morale. Non solo la teologia cattolica stava attraversando un periodo di crisi, l’Umanesimo, mediante l'esigenza di ritorno alle fonti, aveva colpito duramente l'autorità pontificia. Si sentiva la necessità di leggere in modo autentico le Sacre Scritture, simbolo di renovatio/reformatio > la crisi si poteva risolvere sia attraverso un ritorno alle fonti originali sia mediante una riforma morale, che aiutava ad adeguare i comportamenti ad una dottrina chiara e certa. Lutero cercò di fornire la risposta a questi due problemi mediante i tre capisaldi della sua dottrina: la giustificazione per fede, il valore della parola infallibile della Sacra Scrittura, e l'esaltazione di una religione interiore, che doveva avere come unico garante la comunità dei credenti. Ma questo violento movimento non avrebbe avuto speranze senza l'intreccio tra religione e politica. Proprio tale intreccio spiega il processo che portò alla formazione di diverse confessioni religiose e partiti religiosi. MARTIN LUTERO Nato nel 1483 in Turingia, dopo la formazione scolastica, vestì l'abito monacale nell'ordine degli agostiniani. Gli anni della formazione sono contrassegnati dagli studi e dall’insegnamento di teologia a Wittenberg, dal viaggio a Roma e da una ricerca sui problemi decisivi della fede, vissuta da lui con totale coinvolgimento individuale e con un forte contatto personale con la Bibbia. Il problema attorno a cui svolge i suoi studi il monaco è quello della giustizia di Dio. Lutero parte dalla premessa che la santità di Dio sia inaccessibile alla volontà/condizione umana, che è macchiata indelebilmente dal peccato originale. Di conseguenza, vi è un'assoluta dipendenza dell’uomo da Dio e tutte le opere buone compiute dall’uomo sono inutili. La soluzione proposta da Lutero è: l'uomo è peccatore nella realtà della sua vita quotidiana, ma, nella fede in Dio e nella speranza di potersi salvare, la sua volontà è annullata. Questo è, in sostanza, il principio di giustificazione mediante la fede, che si pone al cardine della dottrina luterana. Lutero riesce anche a fornire una dottrina per supportare l'opposizione alle indulgenze. Alberto di Brandeburgo, tra il 1513 e il 1514, possedeva 3 vescovadi (Magdeburgo, Magonza e Halberstadt). Questo era un gran cumulo di benefici ecclesiastici -> poteri e rendite. La Sede Apostolica si fa ben pagare per tali benefici e propone ad Alberto di estinguere il debito e guadagnare di più mediante la predicazione delle indulgenze, a favore della Basilica di San Pietro, per un periodo di 8 anni, nei territori del vescovo. Il ricavato della predicazione sarebbe stato diviso tra il papa ed Alberto. Quindi le indulgenze erano diventate merce di scambio. Johann Tetzel, predicatore domenicano, spiega a Magdeburgo le modalità per l'acquisto delle indulgenze: chi compra una lettera di indulgenza ha il diritto di confessare al sacerdote, durante la vecchiaia, i peccati la cui assoluzione spettava solo al papa. Non era necessario il pentimento. L'efficacia dell’indulgenza valeva anche sui defunti. Martin Lutero ascoltava in confessionale i peccati dei titolari delle lettere d’indulgenza e ebbe modo di conoscere tutti gli errori della predicazione di Tetzel. Su questo sfondo diviso, nasce nel 1517 la miscela esplosiva delle 95 tesi di Wittenberg. Questo evento fu considerato la genesi del movimento riformatore protestante. In esse l'immagine drammatica del cristianesimo fornisce la base per: affermare il principio di giustificazione per fede, sostenere che le indulgenze sono pericolose per chi le riceve, dato che inducono ad essere sicuri di sé ed a mettere in pericolo la salvezza, per incominciare a combattere la dottrina della mediazione ecclesiastica. Tra la fine del 1517 ed il 1518, le tesi vengono stampate in molte città d'Europa e la loro risonanza è enorme. Le opere luterane pubblicate a partire dal 1519 precisano ulteriormente il suo pensiero e contengono i cardini della Riforma Luterana: la fine della mediazione ecclesiastica e del sacerdozio universale. Non vi è più necessità di mediazione fra Dio e uomo, poiché la connessione è rappresentata dalla Chiesa invisibile, ovvero la comunità dei fedeli. Un altro cardine è la nuova dottrina dei sacramenti, fondata sull'importanza dei segni vi della grazia e che diventano fatti deci; per la salvezza del cristiano. Quella di Lutero è una religione interiore. L'uomo buono è il cristiano credente. Il primo intervento dell'istituzione ecclesiastica contro Lutero avvenne nel 1520: papa Leone X condanna Lutero con la Bolla Exsurge Dominae, con la minaccia di scomunica. Lutero brucia la bolla in piazza a Wittenberg, quindi nel gennaio dell’anno successivo, il papa emana la bolla Decet Romanum Pontificem, in cui scomunica Lutero. Intanto, però, la sua dottrina si diffonde in vaste aree della Germania: Norimberga, Costanza, Amburgo, ecc. Quindi l’intervento dell'autorità ecclesiastica risultava non più sufficiente, pertanto si rivolge all’autorità politica. Nella Dieta di Worms, in cui si sono riuniti Carlo V, l’inquisitore Alberto di Magonza e i nunzi pontefici, vi è un'alleanza tra potere secolare e potere ecclesiastico per la repressione del riformatore. Però il fine non viene raggiunto. Temendo per l'incolumità di Lutero, il suo protettore, Federico il Saggio, decide di sorvegliare il monaco nel viaggio da Worms a Wittenberg e di condurlo al sicuro nel castello di Wartburg, dove soggiornerà tra il 1521 e il 1522. Questo è un periodo importantissimo per Lutero, che si dà alla traduzione in tedesco del Nuovo Testamento. La bibbia in tedesco già esisteva, ma la novità stava nell’efficacia espressiva usata da Lutero. LE DUE ALTERNATIVE ALLA CRISI RELIGIOSA DEL CINQUECENTO. ERASMO E LUTERO Nel 1524 Erasmo da Rotterdam pubblica l’opera De libero arbitrio; l’anno successivo Lutero pubblica l’opera De servo arbitrio. Questo rappresentava la rottura tra i due più grandi spiriti religiosi del tempo e anche la diversità dei due modi di intendere il rapporto tra ragione e fede -> problema religioso centrale nell'Europa del 500. L'ideale di Erasmo consiste in un'originale fusione tra Umanesimo e Cristianesimo, ovvero tra l'ideale dell’humanitas della cultura e la morale cristiana, depurata da tutti iformalismi teologici e dagli ipocriti conformismi. Molte delle opere di Erasmo sono orientate verso questa direzione. Inizialmente i percorsi di Erasmo e Lutero sembrano presentare un obiettivo comune, e, anche se Lutero aveva mostrato antipatia nei confronti di Erasmo, avevano sempre trovato una sorta di compromesso. Nel 1525, proprio a causa dei due scritti, scoppia il conflitto tra i due. Il libero arbitrio di Erasmo è l'esaltazione della RELIGIONE NATURALE. | suoi fondamenti sono: l’unità e la pacificazione cristiana mediante la tolleranza; il dubbio sistematico come metodo intellettuale; la sottolineatura dell’aspetto contraddittorio della realtà; il primato della volontà dell’uomo nella sua capacità di fare del bene ed evitare il male; la semplicità di spirito. Il Servo Arbitrio di Lutero è l'esaltazione della RELIGIONE SOPRANNATURALE. | suoi fondamenti sono: l'assoluta certezza delle Sacre Scritture; la certezza della salvezza attraverso la fede; l'assoluta impotenza della volontà umana; la totale divergenza tra fede e ragione, che trova la sua massima espressione nella crocifissione. Quindi si configurano due vie alternative alla crisi religiosa: quella di Erasmo fondata su una religione ragionevole, ovvero sull'equilibrio tra grazia e volontà umana, quindi sulla libertà di scelta tra bene e male; quella di Lutero, fondata sulla distanza tra Dio e l’uomo, dove il primo è incondizionato, il secondo è completamente dipendente dal primo. RIFORMA E RIVOLUZIONE: LA GUERRA DEI CONTADINI Nel primo decennio del 500, la Germania è in fermento sotto vari punti di vista. Si tratta di un insieme di conflitti che però hanno un punto in comune: l'intreccio tra il rinnovamento religioso ed il programma di riforma politica. Un altro punto in comune era dato dai risultati di tali conflitti, ovvero il rafforzamento dei principati territoriali. La nobiltà germanica è molto gerarchizzata. La grande nobiltà ha accresciuto i propri poteri e le proprie giurisdizioni a discapito della piccola nobiltà e dei cavalieri. | leader dei cavalieri accentuano la rivolta contro la chiesa e sognano la formazione di una Germania imperiale fondata sulla forza politica dei cavalieri. Quindi, i cavalieri del medio e alto Reno si coalizzano contro l'arcivescovo di Treviri, ai loro occhi colpevole di essere la massima espressione dell'unione tra potere feudale ed ecclesiastico. Scatta subito la percezione del pericolo, quindi i principi dell’Assia e del Palatinato si schierano con l'arcivescovo, sconfiggendo i cavalieri. Più complessa, invece, è la guerra dei contadini. Fin dai primi anni 20, alcuni seguaci di Lutero, tra cui Carlostadio e Muntzer, hanno proposto di ritornare all’ideale evangelico dell’organizzazione comunitaria dei fedeli, quindi il modello della povertà ecclesiale. Su tali basi si formarono delle comunità di fedeli che parteciparono alle rivolte della Germania tra il 1524 e il 1525. Alla base di tali ribellioni vi era la situazione sociale nelle campagne tedesche, sulle quali gravavano: il potere signorile, il dominio della feudalità, i rapporti di servitù, gli abusi, ecc. | soggetti sociali sono: contadini, abitanti delle città soggette ai principi territoriali, cittadini esclusi dagli uffici e minatori. Gli obiettivi della rivolta erano: abbattere la struttura per ceti, formare una federazione di leghe su base corporativa, sottrarre prerogative politiche alla nobiltà ed espropriare ecclesiastici e religiosi. Qui è evidente l'insegnamento di Lutero, che è dovuto intervenire due volte. Col primo intervento, L'esortazione alla pace, il monaco cerca di mediare tra le due fazioni. Col secondo intervento, Contro le masnade rapaci e assassine dei contadini, Lutero si schiera contro i contadini. Si sentiva al centro di due diverse spinte: quella dei principi, nobili e borghesi che erano stati suoi seguaci nel conflitto con Roma; quella degli estremisti che rischiavano di compromettere tutto il successo del suo movimento. Dopo alcuni iniziali successi, i contadini vengono sconfitti, nel 1525, anno in cui la Riforma trionfa come movimento popolare. ZWINGLI Mentre in Germania vi era la Riforma dei principi, nella Confederazione svizzera vi era la Riforma delle comunità, promossa soprattutto da Zwingli. | capisaldi teologici della sua dottrina sono: l'opposizione al sacerdozio, al celibato, ai santi e alla messa come sacrificio; una religiosità puramente evangelica; una forte accentuazione dello spirito comunitario dei fedeli. Zwingli cerca sostegno per la sua riforma nelle istituzioni politiche cittadine. Nel 1522 il consiglio municipale di Zurigo gli istituisce un posto di predicatore, stipulando un'alleanza tra lui e le autorità locali, che avevano lo scopo di portare al successo la riforma. Proprio a Zurigo essa si presenta con molte particolarità: nel 1524 abolisce dalle chiese immagini e reliquie; nel 1525 abolisce la messa in latino; abolisce il servizio mercenario; istituisce il Tribunale matrimoniale e dei costumi. Zwingli, ben presto, si trova di fronte gli anabattisti, che esigevano una rigida disciplina comunitaria e una Chiesa libera da ogni rapporto con l'autorità civile. Zwingli deve quindi liberarsi di loro, perciò inizia a perseguitarli. Un altro problema con cui si interfaccia è proprio il rapporto con Lutero e i principi Luterani. Nascono subito divergenze di natura teologica. Tenta di coinvolgere i principi luterani in un disegno politico di unione asburgica > un'unica confederazione di Stati dalla Danimarca alla Svizzera, che trova supporto solo nel principe Filippo d'Assia. Nel 1531 Zwingli muore e poco dopo le autorità politiche zurighesi firmeranno la rinuncia a qualsiasi politica di alleanza con l'estero. CALVINO Jean Cauvin/Giovanni Calvino nei primi anni trenta, durante le persecuzioni di Francesco | contro i protestanti, si distacca totalmente dalla chiesa romana. Grazie ad un'esperienza a Ginevra, in cui incontrò Farel, iniziò ad elaborare il suo progetto: la nuova organizzazione della chiesa su basi politico-comunitarie. Tale modello appare caratterizzato dall'unione tra religione, politica e istituzioni locali. | fondamenti teologici erano: l'abolizione della mediazione ecclesiastica, la dottrina della predestinazione, la considerazione della chiesa in quanto comunità di santi e membra del corpo di cristo. Solo facendo parte della chiesa era possibile vedere e comprendere il disegno della provvidenza divina. La chiesa è un grande organismo che unisce il credente con Cristo, ed anche il potere politico fa parte di questo organismo. Per Calvino le opere dell’uomo sono fondamentali come segno della predestinazione. Quindi, tutta l’attività dell’uomo è impregnata di spirito religioso e viene vissuta come realizzazione della vocazione. La principale differenza tra Lutero e Calvino viene sintetizzata da Febvre: per Lutero CREDO ERGO SUM > l’identità cristiana è nella fede; per Calvino AGO ERGO CREDO -> l’identità del cristiano è nella corrispondenza delle sue opere all'elezione divina. Questa confessione religiosa ebbe molto successo, soprattutto tra i gruppi sociali urbani (artigiani, commercianti, ecc.) proprio grazie alla funzione positiva assegnata al lavoro produttivo e all'attività professionale vissuta con molto spirito religioso. CARLO V E IL PROTESTANTESIMO DELLA GERMANIA La questione protestante accompagna Carlo V per tutta la durata del suo impero. Si può suddividere in 4 fasi: prevedeva la religione come rapporto individuale con Dio. L'Italia non fu investita nella Riforma né si formarono comunità protestanti con un peso politico tale da compromettere la stabilità dello Stato moderno. Si svilupparono vari gruppi sensibili sia alla dottrina luterana che calvinista. I CONCETTI DI CONTRORIFORMA E RIFORMA CATTOLICA Il concetto di Controriforma ha un triplice significato: la repressione antiprotestante; il consolidamento dei dogmi e delle strutture ecclesiastiche; la riorganizzazione interna della Chiesa cattolica. Praticamente si tratta di una relazione a più livelli dei poteri che si opponevano al Protestantesimo. In primis, i re di Spagna che avevano bisogno della Chiesa per far rispettare il loro impero. Il secondo potere era la Chiesa, che necessitava di consolidare la gerarchia e di ripristinare la propria autorevolezza. Il terzo potere era quello rappresentato dai teologi, autorità importanti in materia di dogmi e Sacre Scritture. Infine, i Gesuiti, un nuovo Ordine religioso che costituì lo strumento principale della reazione cattolica alla riforma protestante. Mediante il concetto di Riforma Cattolica, il focus si sposta sul rinnovamento religioso che investe la Chiesa nel tardo 400 e si protrae fino al 600. L'ispirazione della riforma fu quella di agire prima sui fedeli e poi sulle strutture, pertanto si può parlare di reformatio INTERNO alla chiesa cattolica. La storiografia ha sottolineato la dipendenza dei concetti di Riforma Cattolica e Controriforma, poiché, oggi, per controriforma si intende il processo di cristallizzazione delle confessioni religiose, tra metà 500 e metà 600, e l'alleanza tra trono e altare nei paesi cattolici. IL CONCILIO DI TRENTO L'idea della convocazione di un concilio era positiva sia per Carlo V sia per i pontefici. Per Carlo V il rinvio della questione luterana all'assemblea ecumenica rispondeva all'esigenza di collegare la riforma della chiesa al sogno dell'impero universale. Per il papato, invece, il ricorso ad un concilio era visto come la definizione solenne di una riforma della disciplina e dei costumi. Fu il pontefice Paolo Ill Farnese che si rese conto della situazione critica che stava vivendo la Chiesa di Roma. L'esito della Dieta di Augusta aveva segnato la fine delle possibilità di conciliazione tra movimento protestante e movimento cattolico. Era stata anche sancita la divisione della Germania. Proprio a partire da questi eventi divenne più forte la necessità di un concilio, poiché Carlo V cercava di rinviare ad esso le decisioni riguardanti la questione di fede e religione, invece Papa Paolo Il lo convocava di continuo. Ad ognuna di queste convocazioni corrispose una congiuntura sempre più critica nel rapporto coi protestanti: nel 1537 i principi protestanti si rifiutarono di partecipare all'assemblea ecumenica; nel 1542 i principi della Lega di Smalcalda richiesero il riconoscimento della loro scelta religiosa. Inoltre l'apertura del concilio fu continuamente differita a causa della ripresa del conflitto franco- asburgico in Europa. Finalmente il concilio di aprì nel 1545 a Trento, luogo che conciliava sia le aspettative di Carlo V che quelle della chiesa, perché: Trento era in territorio italiano, ma apparteneva alla giurisdizione dell'impero spagnolo. Gli obiettivi del concilio erano 3: recuperare i territori protestanti, arginare l'eresia e riaffermare il primato papale nella chiesa riformata. Il primo obiettivo fu realizzato in parte, invece gli altri due pienamente. Il concilio di Trento arrivò anche ad alcune conclusioni importanti sia per la chiesa sia per l'unione tra potere civile e potere religioso. Esso operò su 4 livelli principali: l'ordinamento della materia dogmatica e sacramentale; l'affermazione decisa dalla giurisdizione ecclesiastica e l'allargamento della sua sfera d'influenza; la disciplina del clero; l’organizzazione delle forme della pietà e della religiosità popolare. Queste materie furono oggetto di numerosi interventi successivi da parte dei pontefici, infatti, da questo punto di vista, il concilio non si concluse nel 1563, ma fu un evento che si protrasse ben oltre nel tempo. LE ISTITUZIONI DELLA CONTRORIFORMA Le istituzioni della controriforma furono gli strumenti a disposizione della chiesa cattolica per prevenire e reprimere l’eresia sia in ambito culturale che sociale. Praticamente, a metà 500, il papa va affermando la sua doppia fisionomia: pontefice e sovrano. Alla funzione di prevenzione e repressione dell’eresia doveva assolvere, a partire dal 1542, la Congregazione del Santo Uffizio. La bolla promulgata da Papa Paolo Ill Farnese deputava alcuni cardinali a commissari e inquisitori per la custodia della fede e veniva data loro la piena giurisdizione contro laici ed ecclesiastici. Nella lotta contro l'eresia, l’Inquisizione romana dispiegò tutti i suoi poteri soprattutto quando fu comandata da Paolo IV Carafa, il quale utilizzò tutte le armi a disposizione. Fu particolarmente incisivo il suo intervento per il controllo sociale e culturale dell’ortodossia cattolica. Egli infatti istituì l’Indice dei libri proibiti, nel 1559. Esso distribuiva gli autori in 3 classi: quelli totalmente condannati; quelli condannati per una singola opera; quelli anonimi. In seguito a ciò ebbero inizio, in Italia, i roghi dei libri proibiti. GLI ORDINI RELIGIOSI E LA RICONQUISTA DELLE ANIME Il Concilio di Trento promosse numerosi provvedimenti per la riorganizzazione della Chiesa. In primis, fu riaffermata la sua struttura gerarchica: al vertice il papa; poi i vescovi, che avevano funzione di controllo dei fedeli e del corretto comportamento degli ecclesiastici; infine le parrocchie, guidate dal parroco, che era l'autorità dottrinaria e morale della comunità dei fedeli. Proprio per vigilare, fu richiesto ai vescovi di visitare con frequenza le parrocchie sotto la loro giurisdizione > visite pastorali. Un altro terreno di intervento del concilio fu quello della formazione del clero. Era, infatti, urgente educare ed istruire gli ecclesiastici per evitare deviazioni dall’ortodossia. C'era bisogno di un'istituzione che formasse il buon prete, ne accertasse la reale vocazione e ne stimolasse la consapevolezza della missione. A tale modello doveva rispondere l'istituzione dei SEMINARI. L'obiettivo più importante della Chiesa post-tridentina fu la riconquista delle anime; le milizie della controriforma furono gli Ordini religiosi. L'ordine religioso che meglio seppe interpretare lo spirito della Chiesa fu quello dei GESUITI. Il suo fondatore fu Ignazio di Loyola, un hidalgo appartenente alla nobiltà basca. L'ideale dei gesuiti era quella di combattere per Dio sotto la bandiera della Croce e servire unicamente Dio ed il pontefice romano, suo vicario interra. Per seguire questa regola, bisognava trasferire nel nuovo ordine, fondato nel 1534, lo schema della gerarchia militare, basato sulla subordinazione totale alla volontà del capo. Perciò Ignazio, ai 3 voti principali della professione monacale (povertà, castità e obbedienza), aggiunse un quarto voto: l'assoluta obbedienza al papa fino al sacrificio della vita. Il reclutamento dei gesuiti era molto severo e la loro formazione prevedeva: 2 anni di noviziato e quasi 10 di studi di teologia, filosofia, retorica, letteratura e scienze. Solo una piccola élite riusciva ad accedere ai vertici della compagnia. L'ordine inoltre aveva una struttura centralizzata: il padre generale sceglieva i padri provinciali ed era eletto dai superiori, ovvero i responsabili delle case della Compagnia, e da 2 rappresentanti per ogni provincia. | punti di riferimento di Ignazio furono la teologia medievale di San Tommaso, la Scolastica ed il metodo umanistico dell’analisi, dello studio e della ricostruzione dei testi, soprattutto delle Sacre Scritture. Quindi uno dei primi campi di intervento dei Gesuiti fu proprio quello dell’istruzione. Infatti i collegi dei gesuiti diventarono scuole in cui avveniva la formazione delle classi dirigenti delle città e degli Stati europei. Il secondo terreno d’intervento fu quello di ambito missionario. L'obiettivo principale della strategia missionaria gesuitica era quello di ridurre la distanza tra la religione dei semplici e quella dei dotti. La base per compiere tale opera era il catechismo, istituito da un Decreto del Concilio di Trento. CAPITOLO 5: IL SISTEMA IMPERIALE SPAGNOLO E GLI “STATI MEDIANI” FILIPPO Il E L'EGEMONIA SPAGNOLA IN EUROPA Dopo la pace di Augusta, nel 1555, Carlo divise i suoi domini ereditari in due parti. A Ferdinando d'Asburgo, suo fratello minore, dette l’Austria, il regno di Boemia e il regno di Ungheria. Dopo aver abdicato (nel 1556), lascia in favore del figlio, suo successore, Filippo II, la Spagna, i domini Italiani (Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna), la Franca Contea (circondata da Francia e stati germanici), i Paesi Bassi e i possedimenti americani. Nel 1558 Carlo V morì. Nella seconda metà del 500 la Spagna divenne la potenza principale in Europa, per vari motivi: era riuscita ad avere accesso a nuove fonti di ricchezza e a sfruttarle grazie alla scoperta del nuovo mondo; i suoi numerosi domini in Europa rendevano disponibili cospicui mezzi finanziari; ebbe un aumento demografico che, in concomitanza dell'aumento dei prezzi e dell’abbassamento del costo del lavoro, facevano sì che ci fosse più domanda e quindi più produzione; aveva una realtà politica abbastanza compatta; infine, poteva contare su un esercito ben attrezzato. Questi fattori ebbero un notevole peso nel momento in cui Filippo Il diventò re di Spagna. L'impero da lui ereditato era insidiato di numerosi pericoli: l’eterogeneità dei diversi regni; le differenze all’interno della stessa Spagna; il pericolo turco (il più grave). La storiografia riconosce 3 fasi nel regno di Filippo Il: 1) PRIMA FASE, compresa tra il 1559 e il 1565; 2) SECONDA FASE, compresa tra 1565 e il 1580; 3) TERZA FASE, compresa tra il 1581 e il 1598 (anno della sua morte). Prima del 1559 le ispirazioni politiche di Filippo Il sono ancora rivolte verso suo padre: una politica basata sulle strategie matrimoniali. Nel 1543 Filippo sposò Maria Emanuela di Portogallo, che morì due anni dopo. Nel 1554 sposò la regina inglese Maria Tudor. Entrambe le scelte erano state sostenute da Carlo, suo padre, in quanto la prima lo avrebbe aiutato nella difesa delle Indie e la seconda era di stampo utilitaristico senza un preciso scopo. Con la morte di Maria Tudor nel 1558, la situazione cambiava radicalmente poiché l'ascesa di Elisabetta comprometteva l'alleanza anglo-spagnola. Alla vigilia della pace di Cateau-Cambresis Filippo sposa la francese Elisabetta di Valois. Il 1559 è l’anno che segna il passaggio da un impero di base fiamminga (Carlo V) ad uno di base spagnola, fondato soprattutto sulle ricchezze provenienti dal nuovo mondo. Carlo V aveva lasciato a Filippo la Castiglia, un paese in forte espansione demografica e avente come risorsa più importante la lana, infatti metà della produzione nazionale veniva esportata verso le Fiandre e l’Italia. Nonostante ciò, a metà del 500, la Spagna era in una posizione di svantaggio nel mercato internazionale a causa del carattere corporativo della manifattura tessile, della mancanza di artigiani tessili specializzati e della bassa qualità dei prodotti. In sostanza, già nel passaggio da Carlo a Filippo si notavano i primi sintomi di squilibrio tra la potenza politica dell'impero e la crescita economica del paese. L’afflusso dei metalli preziosi provenienti dall'America contribuirono allo sviluppo della potenza politica spagnola, ma non sullo sviluppo economico, poiché: i mercanti-banchieri che controllavano tale flusso erano tutti stranieri (tedeschi, fiamminghi e genovesi); la finanza privata, mediante prestiti a breve termine con alti tassi d’interesse, imponeva alla finanza pubblica spagnola un rapporto sempre più stretto di dipendenza ed i protagonisti della finanza privata erano stranieri (genovesi); non vi era una politica economica in supporto allo sfruttamento delle miniere americane, all'incremento della popolazione ed all’ascesa dei prezzi. Inoltre l'industria laniera spagnola era transumante, perciò molto dannosa per il terreno arato -> la Spagna era uno dei più grandi importatori di grano. Tutte queste scelte contribuirono a creare squilibrio tra popolazione e risorse. La controriforma operata da Filippo fu motivata da esigenze di controllo religioso, politico e sociale. La spagna della controriforma fu anche un sistema di valori: al vertice il nesso “una sola religione un solo re” e la purezza della stirpe. Fu così che la società spagnola dovette vivere una seconda rottura della tradizione di tolleranza e convivenza. La prima l’aveva vissuta con la persecuzione, e conseguente espulsione, dei moriscos e conversos. PRIMA FASE Dopo il trattato di Cateau-Cambresis il sovrano non ha ancora un vasto e preciso disegno di politica internazionale. Ha però la percezione dei pericoli che incombono sul suo regno, ma deve fronteggiare il più grave: i turchi. Nel 1553, l'impero Ottomano si estendeva dal mar Rosso e dalle coste meridionali del Mediterraneo fino alle porte di Vienna. La forza di Solimano l il Magnifico restava nella potenza militare marittima e terrestre. Filippo Il decide di attaccare i turchi, perché così a guardia del Mediterraneo sarebbe rimasta solo la flotta spagnola e poiché l'impero ottomano stava vivendo una crisi interna. Però Filippo Il ignorava la consistenza della forza militare dei turchi, infatti nel 1560, a Gerba, la flotta spagnola fu battuta. Subito vi fu una ricostruzione navale e la Spagna riuscì a bloccare la flotta turca che stava assalendo Malta, nel 1565. Nonostante la ritirata da Malta, il pericolo turco non scompariva, infatti il sultano accelerava le costruzioni navali e alimentava la volontà di rivincita da parte del suo impero. SECONDA FASE A metà degli anni 60 del 500, Filippo Il venne richiamato nella parte nordeuropea dei suoi domini, poiché i Paesi Bassi erano in ebollizione. La diffusione del Calvinismo aveva incrinato la pace in questa zona ed aveva anche alimentato la nascita di una nuova cultura politica fra nobili, artigiani e mercanti, i quali avevano sviluppato sentimenti di nazionalismo e indipendenza dallo straniero che non aiutavano la dominazione spagnola. Inoltre si stavano creando varie falle nell’alleanza tra monarchia spagnola e aristocrazia dei paesi bassi. Il sovrano scelse quindi di reprimere l'insorgenza, mandando il Duca d'Alba a governare col pugno di ferro i Paesi Bassi. La repressione fu dura ed indiscriminata; segnò la fine dell'alleanza tra la monarchia spagnola e una parte dell’aristocrazia dei Pesi Bassi. Iniziò un conflitto tra le province settentrionali dei Pesi Bassi e la Spagna. La ribellione fu organizzata da Guglielmo d'Orange. Nel 1576 le province settentrionali si unirono a quelle meridionali in funzione antispagnola: tale unione viene sancita nella pacificazione di Gand. Tale unità però durò solo poco più di un anno, poiché gli interessi delle due società erano molto diversi. Facendo leva su questa divergenza, la Spagna cercò di recuperare il terreno perduto mandando Giovanni d'Austria nei Paesi Bassi. Questa strategia fu meglio attuata dal suo successore, Alessandro Farnese, che riuscì a recuperare la parte religiosa con un’altra chiesa, quella ANGLICANA. A metà 600 il panorama dei gruppi religiosi è molto ricco: cattolici, presbiteriani, puritani, quaccheri, ecc. All’inizio l’Inghilterra è un'isola sconosciuta, a metà 600 diventa una grande potenza marittima. All’inizio è un paese agricolo, con un'unica attività industriale: l'esportazione della lana; successivamente guadagnerà risorse importantissime, come il carbone, e avrà un apparato manifatturiero di un certo livello. Sul piano culturale, si potevano trovare astrologi, streghe, scienza moderna (Isaac Newton), ecc. Invece su quello politico-costituzionale, il primato passa nelle mani del Parlamento. Tutte queste trasformazioni avvennero nell’età di Filippo Il. L'Inghilterra aveva sconfitto la politica imperialista di Filippo ed il suo piano di sottomissione di 3 paesi. Nel primo cinquantennio del 500, l'Inghilterra era ancora una potenza di secondo rango, però, a paragone con gli altri paesi, essa gode di vari privilegi: a) LA POSIZIONE GEOGRAFICA: si affaccia sulla Manica, potendo così controllare le vie di collegamento tra i Paesi Bassi e la Spagna; b) IL RAPPORTO FRA POPOLAZIONE E RISORSE: esso è meno squilibrato rispetto alle altre nazioni. Se altrove l'aumento demografico, con conseguente aumento della domanda, e quindi dell'inflazione, creava crisi all’interno del paese, l'Inghilterra riuscì a contenerne la portata mediante un nuovo modello di produzione agricola. Qui, infatti, la terra era concepita come investimento di capitali, tant'è che ricordiamo il fenomeno delle recinzioni = privatizzazione delle terre, con conseguente formazione di classi nella gerarchia del ceto agricolo: yeomen, copyholders, gentry. c) LA TENDENZA ALL’IMPRENDITORIA: corrispondeva alla tendenza verso il rischio e l'avventura e coinvolse tutte le classi ricche, dotate di capitali, del Paese. | nobili iniziarono ad assumersi i rischi delle iniziative economiche. Le figure mercantili cambiarono, andando strutturando sempre meglio le loro attività. Elisabetta era figlia di Enrico VIII e Anna Bolena. La sua politica religiosa consolidò l'orientamento confessionale calvinista, mantenne l’organizzazione episcopale inglese e represse l’estremismo dei puritani, che si opponevano alle gerarchie vescovili anglicani. Praticamente tutta la politica religiosa della regina era collegata alla politica di consolidamento del potere unitario della monarchia. In ambito di politica estera Elisabetta operò un capolavoro: la politica di alleanza anglo-asburgica, poiché il nemico principale della corona britannica era la Francia, alleata con la Scozia. Tutta la macchina militare, politica ed economica inglese fu organizzata in vista di un preciso scopo: neutralizzare la spinta egemonica di Filippo Il e far entrare l'Inghilterra nelle grandi potenze europee. Anche la politica economica fu dettata da notevole lungimiranza: la regina dette un grande impulso alle attività economiche del paese, soprattutto le manifatture, promuovendo lo sviluppo del settore tessile. Furono creati incentivi per gli artigiani protestanti specializzati, sia indigeni che stranieri. L'età elisabettiana è l'epoca d'oro anche della pirateria, attività formalmente fuori legge, ma di fatto autorizzate dalla regina mediante lettere di corsa, che spiegavano i vantaggi ricavati dalle imprese corsare. Spesso si trattava di arrembaggi che avevano funzione militare, come quelli compiuti da Drake nello scontro con l’Invincibile Armata. Tra il 1557 e il 1580 Drake compì la seconda circumnavigazione del globo e pose le basi per il possesso inglese della California. Poi nel 1584 Raleigh fondò la prima colonia inglese in America settentrionale, chiamata VIRGINIA, in onore della verginità della Regina Elisabetta che aveva rifiutato ogni matrimonio. Quello di Elisabetta non fu un governo dispotico. La regina, nei momenti cruciali del suo regno, si atteneva alle regole di un gioco politico secondo cui, i provvedimenti di legge dovevano essere sottoposti ad entrambe le camere del Parlamento: quella dei Pari (dove erano rappresentati i Lord); quella dei Comuni (dove erano rappresentate le nobiltà delle contee). Il parlamento poi formulava il provvedimento sottoforma di statuto, ovvero legge scritta approvata da entrambe le camere. | meccanismi riguardanti le decisioni politiche e la sostanza del potere nel regno sono un po’ più complicati da individuare. La riforma dell’amministrazione, voluta da Enrico VIII, aveva dotato l'Inghilterra di organismi con funzioni finanziarie, di Cancelleria e di strutture di grande importanza politica (consiglio privato e primo segretario). Però non si formò mai una burocrazia centrale e periferica dello Stato, simile a quella francese. La burocrazia si formò partendo dal governo periferico/locale; questo era sotto il controllo della gentry, ovvero la nobiltà di contea. Quindi nell’intreccio tra corte, Parlamento e poteri locali avveniva la lotta. LA FRANCIA NELLE GUERRE DI RELIGIONE Il periodo tra la pace di Cateau-Cambresis (1559) e la pace di Vervins (1598) è molto importante per la storia della Francia. Dopo aver attraversato una pericolosa crisi riguardante l'autorità monarchica, la Francia, verso la fine del 500, si avviava verso l'attuazione dello Stato moderno, caratterizzato dal rafforzamento del potere centrale e della sovranità monarchica come principio unitario e garante della pace interna al territorio. Per capire gli eventi francesi dell'ultimo quarantennio del 500, bisogna tenere presenti alcune variabili: la crisi dinastica, dopo la morte di Enrico III di Vallois (nel 1559); la divisione religiosa del Paese tra ugonotti (calvinisti francesi) e cattolici; il collegamento tra lotta religiosa e lotta politica e la sua influenza sullo scontro per il potere; i condizionamenti internazionali, dovuti sia alle congiunture militari, sia alla politica matrimoniale; lo sviluppo di nuove teorie politiche, influenzate dalla guerra civile in Francia. Nel 1559 moriva Enrico II, lasciando 3 principi minorenni. Il maggiore, Francesco Il, aveva 15 anni e convolò a nozze con Maria Stuart, regina di Scozia, ma morì poco dopo. Quindi la reggenza passava alla vedova di Enrico II, Caterina de’ Medici. La regina doveva affrontare vari problemi: la crisi finanziaria, l'aumento del debito pubblico e la diffusione dell’eresia calvinista nel territorio. Il potere centrale era debole e doveva fare i conti con una forte nobiltà, divisa in due partiti che volevano conquistare il potere a corte. La divisione di questi partiti rispecchiava anche la divisione religiosa del regno. Il partito Cattolico, avente come leader Francesco di Guisa, in cui militavano i nobili delle regioni settentrionali legati a Maria Stuart; il partito Ugonotto, avente come leader Antonio di Borbone re di Navarra, in cui militavano i nobili delle regioni meridionali. Alla morte di Enrico II, il partito cattolico controllava la maggior parte delle cariche politiche più importanti del paese, da cui erano stati esclusi gli ugonotti. Caterina sceglie quindi una linea di mediazione, cercando di predisporre una serie di contrappesi. Da qui una serie di concessioni nei confronti degli ugonotti, svolte sia per opportunismo, sia per equilibrio politico + accusa di machiavellismo nei confronti della regina. Questa era l’unica via possibile in un paese attraversato da tensioni sociali, che coinvolgevano anche gli strati popolari a causa di carestie, aumenti dei prezzi, crisi di sussistenza, ecc. Tali tensioni assumevano anche connotati di conflitto religioso tra calvinisti e cattolici. A ciò fu ispirato il primo editto di San Germano, nel 1562, in cui la regina concedeva libertà di culto agli ugonotti, che però dovevano risiedere fuori dalle mura della città. Ovviamente, le reazioni cattoliche non si fecero attendere, e a Vassy furono massacrati circa 70 ugonotti. Proprio dalla Strage di Vassy del 1562 iniziano le guerre di religione. Nella prima fase Caterina cercò di bilanciare sempre le concessioni, infatti: consentì alla nobiltà di praticare la religione protestante solo nelle loro terre e limitò il culto riformato nelle città. Questo compromesso non soddisfaceva gli ugonotti, i quali iniziarono scontri violentissimi sia nelle campagne che nelle città. Quindi Caterina fu costretta a promulgare il secondo editto di San Germano, nel 1570, nettamente a favore degli ugonotti, in cui: venivano loro concesse varie piazzeforti, fortificazioni ed un porto munito di difese, La Rochelle. Questo editto era il risultato della politica di equilibrio della reggente e di elementi di varia natura. In primis, il contesto internazionale: i referenti esterni del partito cattolico erano venuti meno. La Spagna era alle prese coi Paesi Bassi e con la preparazione delle flotte contro i turchi. Maria Stuart era controllata dall'Inghilterra. La fazione ugonotta stava acquistando un forte ascendente in Francia, sia nella società che nel potere. L'editto fu anche il frutto di una nuova cultura politica; gli elementi di tale cultura confluiranno poi nel movimento intellettuale dei politiques, che predicava la pace religiosa, la riconciliazione nazionale; il rafforzamento del ruolo dello Stato sia a livello interno che internazionale. Dopo la vittoria cristiana a Lepanto, la congiuntura mutò sensibilmente. La Spagna Cristiana riprendeva prestigio; il papa e Filippo Il appoggiarono maggiormente il partito cristiano; Caterina sostenne i cattolici. Quindi, nella notte di San Bartolomeo, nel 1572, furono massacrati tutti gli esponenti degli ugonotti nelle sale del palazzo reale. Il massacro continuò anche i giorni successivi in tutta la Francia, pertanto la guerra si inaspriva. Divenne di portata internazionale, con Spagna a favore dei cattolici e Inghilterra a favore degli ugonotti. L’inasprimento della guerra era dovuto anche alla crisi dinastica in atto. Durante il regno del terzogenito di Caterina, Enrico III, le mire armate alla successione da parte di Enrico di Guisa ed Enrico di Borbone si facevano sempre più violente, provocando la cosiddetta guerra dei tre Enrichi. Vi furono due assassinii: quello di Enrico di Guisa per ordine del re; quello del re per mano di un frate domenicano. Così si risolse il problema della successione. Prima di morire, in realtà, Enrico Ill avrebbe desiderato come successore Enrico di Borbone, ad una condizione però: che si convertisse al cattolicesimo. Ciò avvenne nel 1593. Nel periodo tra la morte del re e la conversione del suo successore, la Francia aveva vissuto un periodo molto violento. La lega cattolica (alleanza fra spagnoli, il papa, i seguaci del partito cattolico e la regina di Scozia Maria Stuart) spadroneggiava, soprattutto a Parigi, dove vi fu un'invasione da parte di un'armata spagnola proveniente dai Paesi Bassi. L'occupazione straniera ed i soprusi del re fecero sparire la simpatia nei confronti del partito cattolico da parte dei parigini e degli abitanti delle altre zone francesi. La conversione di Enrico di Borbone fu un atto di pacificazione del paese che seguiva le direzioni auspicate dai politiques. Nel 1594 Enrico entra a Parigi e dopo 4 anni, col trattato di Vervins, la Spagna rinuncia alle pretese territoriali i Francia; vi è il riconoscimento del re nel ruolo di grande potenza. Fu importante anche l’editto di Nantes, promulgato da Enrico stesso nel 1598, grazie a cui avvenne la vera pacificazione della Francia e la prima vera tolleranza religiosa da parte di un sovrano. Esso prevedeva: libero culto per gli ugonotti; concessione agli ugonotti di alcune piazzeforti come Rochelle e Montpellier; la rappresentanza per loro nei Parlamenti; la libertà civile. Durante le forti guerre di religione in Francia erano nati anche due importanti principi riguardanti l'agire politico: quello del potere fondato su un patto tra governanti e governati; quello della revoca del patto, anche mediante l'assassinio del re. L’EUROPA ORIENTALE Alla fine del 500, anche l'Europa orientale era interessata nella fase di trasformazione dell’organizzazione politico- sociale. In Russia sotto Ivan IV il Terribile il rafforzamento dell’autorità centrale fu ottenuto dallo zar mediante l’indebolimento del potere della grande aristocrazia russa dei boiari. Ivan IV fece largo uso del sistema delle concessioni di terre a coloro che avevano servito il sovrano sia nelle campagne militari contro i Tartari, sia nella conquista del Caucaso, sia dell’Asia centrale, che della Siberia, creando così una piccola nobiltà di servizio. Ristrutturò anche il servizio militare creando la prima FANTERIA permanente, composta da moschettieri. Ammodernò il sistema amministrativo e fiscale. Invece, il sistema sociale ed economico dell'agricoltura russa, fondato sullo sfruttamento della servitù della gleba, non cambiò, anzi andò peggiorando. Le cause furono principalmente 3: lo spopolamento delle campagne, la crisi della forza-lavoro contadina e l'inflazione dei prezzi. Molti contadini vendevano sé stessi come schiavi per fuggire alla certa morte per fame. Tra il 1592 e il 1593 il successore di Ivan, Boris Godunov, decretò la proibizione di tutti gli spostamenti contadini. AI principio del 600 la Russia precipitava in una condizione di anarchia, rivolte sociali, usurpazione fra rivali e conflitti fra boiari. In Polonia invece le sorti del potere erano nelle mani dell’aristocrazia. La Polonia divenne una repubblica nobiliare, dove il re era un accessorio. L’aristocrazia feudale decretò la fine della monarchia ereditaria, rendendola elettiva. Affermò il principio del liberum veto: l'opposizione anche di un singolo aristocratico era in grado di bloccare qualsiasi decisione del sovrano. Inoltre l'aristocrazia polacca aveva il diritto di vita e di morte sulla servitù della gleba. L’ITALIA NELLA POLITICA DI POTENZA SPAGNOLA Il rapporto tra Spagna come potenza mondiale e la penisola italiana risulta più facilmente leggibile se guardato sotto il punto di vista della centralità del Mediterraneo. Esso rappresenta anche il punto di continuità nella successione da Ferdinando il Cattolico a Carlo Va Filippo Il. L'Italia aveva importanza strategica sia per contenere l'espansione francese e sia per far fronte al pericolo turco. Grazie alla pace di Cateau-Cambresis la Spagna potette impegnarsi maggiormente nella questione del mediterraneo. Le basi del potere sulla scena furono gettate da Carlo V, il quale gettò anche le basi per la pax hispanica, sancita dal 1559, che era leggibile come un insieme di vantaggi e costi da pagare per tutte le zone coinvolte. COSTI PER GLI STATI ITALIANI Il primo fu la dipendenza di quasi la metà del territorio italiano dalla Spagna; il drenaggio di risorse umane, economiche e fiscali dai territori italiani verso la Corona asburgica; la sostanziale subalternità degli italiani nei confronti della politica di potenza spagnola; la capillare diffusione su tutto il territorio italiano dello spirito, della prassi e dei comportamenti della Controriforma. VANTAGGI PER GLI STATI ITALIANI La protezione del territorio: dopo Cateau-Cambresis dominare l’Italia volle dire servirsi di essa contro i turchi; l’Italia non fu tagliata fuori dalla scena della grande politica; l’Italia fu integrata nel più vasto complesso politico di natura imperiale, coinvolgendo soprattutto i domini diretti della monarchia (Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna) -> aree in cui durante Filippo Il si consolidò l'egemonia spagnola. Tale egemonia consisteva in un sistema di rapporti politici, economici riconosciuti dalla giurisprudenza del tempo. In tal modo di determinò un compromesso tra la monarchia spagnola e la feudalità, fondato sul rispetto reciproco di obblighi e limiti e sul riconoscimento di prerogative. La tendenza all’accrescimento dei poteri coinvolse in particolare tre stati: il ducato sabaudo, il granducato di Toscana e lo Stato pontificio. DUCATO SABAUDO Nel ducato di Savoia, Emanuele Filiberto fu considerato uno dei primi sovrani in Europa ad imprimere un accrescimento assolutistico al suo ducato mediante il drastico ridimensionamento dei poteri delle assemblee rappresentative; la formazione di un esercito permanente; lo sviluppo di un solido apparato burocratico. Il controllo della materia finanziaria fu affidato alla Camera dei Conti; al vertice della giustizia c’era il Senato; in periferia i tribunali provinciali, con a capo un prefetto; il coordinamento delle aree tra centro e periferia fu dato all’intendente provinciale. Si sviluppò anche una più agile struttura di potere esecutivo che affiancò il sovrano nelle decisioni più importanti in ambito politico: i SEGRETARI DI STATO -> esteri, guerre e interni. Gran parte di queste cariche fu ricoperta dalla borghesia di diritto; alla nobiltà furono affidate le cariche militari, diplomatiche e provinciali. GRANDUCATO DI TOSCANA Cosimo | de’ Medici da un lato mostrò la volontà di costruire uno stato monarchico, dall'altro lato associò al potere personale le vecchie classi dominanti della repubblica, tra cui l'aristocrazia fiorentina. L’accentramento assolutistico si realizzò mediante la conservazione delle vecchie istituzioni repubblicane e lo sviluppo, parallelo, di nuove magistrature esecutive controllate dal granduca. STATO PONTIFICIO Qui la monarchia papale era sui generis. Il pontefice aveva un duplice ruolo: capo della chiesa cattolica e sovrano di uno stato temporale. Il primo ruolo gli dava un prestigio che tutte le potenze cattoliche erano obbligate a difendere ed esaltare; il secondo ruolo gli assegnava compiti molto simili a quelli degli altri sovrani, quindi: costruzione di uno stato centralizzato capace di rispondere alle domande di espansione dell’Italia centrale, la formazione di un esercito professionale, la formazione di un apparato burocratico, ecc. Vi furono notevoli interferenze tra i due ruoli, perché al primo erano legati tutti gli organismi di gestione del potere territoriale pontificio; al secondo erano legati organismi e funzioni extraterritoriali riguardanti la società, che però interferivano con la politica. La chiesa entrò prepotentemente nell’organizzazione dello stato pontificio; non si formò né un esercito né un corpo di ufficiali; l’Istituto della Nunziatura fu affidato ad ecclesiastici. Le repubbliche cittadine intrapresero una via diversa rispetto allo Stato moderno. REPUBBLICA DI VENEZIA La pienezza dei diritti politici fu riservata al Maggior Consiglio; l'assemblea del patriziato, che eleggeva il doge, aveva potere legislativo e nominava i magistrati; il Senato aveva poteri di natura legislativa, politica e amministrativa; il Consiglio dei Dieci aveva funzioni di alta corte di giustizia. L’aristocrazia, avendo conseguito il monopolio del potere, cercava di difendersi dalle destabilizzazioni interne ed esterne. REPUBBLICA DI GENOVA Il patriziato era il vero depositario della sovranità. Tra medioevo ed età moderna, erano le fazioni a regolare l’accesso dei singoli individui al potere ed a determinare l'alternanza delle famiglie che guidavano la repubblica. Nel 1528 vi fu un'importante riforma politica che imponeva un nuovo reclutamento della classe dirigente della repubblica tra tutte le famiglie iscritte nelle liste dei 28 Alberghi. | nuovi meccanismi prevedevano l’accesso paritetico dei 28 Alberghi al Consiglio Maggiore. Tale riforma fallì nel suo obiettivo di concordia ed iniziarono conflitti tra nobili vecchi e nobili nuovi. Nel 1576, le Leges Novae definirono l’unicità del corpo nobiliare e imposero regole abbastanza rigide per l’accesso alle cariche pubbliche: criterio di cooperazione. LA CONTRORIFORMA IN ITALIA L'età dell’egemonia spagnola fu per l’Italia il periodo in cui meglio si manifestarono tutti gli aspetti della Controriforma e della Riforma cattolica: reazione all’eresia protestante, scontro tra chiesa e cultura filosofico-scientifica, processi dell’Inquisizione, azione pastorale che favorì la fioritura di nuovi ordini religiosi, ecc. Lo stato sabaudo di Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele |, geograficamente vicino a Ginevra = calvinisti, era un baluardo contro l'eresia grazie all'attività dei gesuiti. A Milano, l'impronta della controriforma e della riforma cattolica fu data dall’arcivescovo Carlo Borromeo, che si impegnò sia nell'attività pastorale, sia nella fondazione di seminari che nella formazione del clero. Tutti i paesi accettarono la prerogativa della chiesa di esercitare in tribunali a essa sottoposti la giustizia in materia ecclesiastica. Però gli scontri erano inevitabili, benché venissero risanati secondo il principio del compromesso. Venezia era caratterizzata dalla grande autonomia da Roma e dal papa, diventando la meta dei sogni degli intellettuali anticonformisti. Quindi vi erano molteplici presupposti per lo scontro tra Venezia e il Papa. Nel 1606 fu nominato teologo e consultore di Stato in materia religiosa Paolo Sarpi; nello stesso anno fu eletto doge Leonardo Donato. Entrambi con scelte politiche antiromane. Quindi la chiesa si ribellò e Papa Paolo V scomunicò tutte le autorità civili veneziane. Inoltre minacciò l’interdetto > proibizioni di officiare atti religiosi in tutte le chiese della repubblica. L'apparato politico- amministrativo veneziano ed il clero si rifiutarono di obbedire all’interdetto e Gesuiti, Cappuccini e Teatini (che avevano invece obbedito) furono espulsi dallo stato. Il regno di Napoli seppe sviluppare una solida cultura giurisdizionalista e regalista, opponendosi all'estensione dei privilegi del clero, sanciti dal Concilio. Non riuscì, però, ad evitare l'Inquisizione romana e i processi del Sant'Uffizio. Tommaso Campanella promosse nel 1599 una rivolta in Calabria contro gli spagnoli > fallita e fu imprigionato. Giordano Bruno divenne il simbolo del libero pensiero + arso sul rogo nel 1600. CAPITOLO 7: CRISI E GUERRA MONDIALE UNA CRISI GENERALE Tra la fine del 500 e quella del 600 quasi tutte le aree europee furono investite da un processo di trasformazione storica, riconosciuto col nome di crisi generale del 600. Tale crisi riguardava le strutture agrarie, la contrazione demografica, il settore manufatturiero, industriale e commerciale, l'accelerazione del ciclo carestia-epidemia-carestia, gli effetti della guerra, il declino delle vecchie gerarchie ed il consolidamento delle nuove, ecc. Per quanto concerne l'evoluzione demografica del continente, nel 500, la popolazione europea passò da 80 a 100 milioni di abitanti. Nel 600 però vi fu una debole crescita demografica. Le cause erano varie: le guerre, soprattutto quella dei 30 anni; le epidemie; ecc. per quanto riguarda l'Agricoltura, all’inizio del 600, il suo secolare processo di espansione si interrompe. | segnali erano molteplici: i prezzi dei cereali diminuiscono; le superfici coltivate diminuiscono; il rapporto semente- prodotto diminuisce; si passa dalla cerealicoltura all'allevamento. Lo sviluppo della cerealicoltura era legato al rapporto tra estensione e domanda, agli alti prezzi di mercato ed al basso costo del lavoro. Inoltre era legato anche al favorevole andamento dei raccolti, a sua volta dipendente dal fattore climatico. Alla fine del 500 lo sviluppo della cerealicoltura fu bloccato da vari fattori, ad esempio il raffreddamento del clima europeo che durò fino a metà 600. Il costo del lavoro aumentò, le rese edi profitti diminuirono, la domanda si contrasse a causa dell’impoverimento delle economie agricole che erano fondate sulla monocoltura. La contrazione della domanda, però, era dovuta anche alla maggiore pressione economica e sociale dei ceti privilegiati, che tendevano ad allargare sempre di più la propria giurisdizione. Anche le manifatture, l'industria ed il commercio furono investiti dalla crisi. Riguardo l’organizzazione industriale del tempo, sappiamo che la tecnologia non era ad uno stadio evoluto, infatti l'energia di base era quella fornita dall'uomo, raramente era quella animale o idraulica. Furono introdotte delle innovazioni nei 3 settori più importanti dell'industria: industria estrattiva > pompe idrauliche; siderurgia > taglio meccanico, laminatoio e cesoiatrice; e manifattura tessile > mulini meccanici da filanda. Lo sviluppo industriale fu rallentato anche dall’organizzazione del lavoro, soprattutto nell'Europa mediterranea. Le corporazioni di arti e mestieri avevano perso il potere politico nel mediterraneo, ma mantenevano quello di controllo riguardante l’organizzazione economica mediante privilegi, monopoli e irri; di regole per l’accesso all'attività professionale. Le manifatture inglesi, invece, erano in grande ascesa, così come quelle dei Paesi Bassi, che erano stati capaci di diversificare le merci e di rispondere positivamente alla domanda di beni praticando prezzi accessibili. Il centro del commercio internazionale si era spostato dal Mediterraneo all’Atlantico: Ovest > Nord. Vi furono nuove gerarchie anche nel controllo del credito e della finanza. L'importanza del denaro crebbe tra 500 e 600. L’afflusso dei metalli preziosi dal Nuovo Mondo accrebbe il fabbisogno monetario dato che si intensificarono gli scambi. Tutti avevano bisogno di capitali. Ma il numerario (massa monetaria circolante) era scarso. Il sistema monetario era soggetto a continui sbandamenti. L’afflusso di oro e argento americano esaurì molte miniere e creò una crisi della manodopera indigena. Perciò il valore dell'oro impennò, le monete più pregiate si svilirono e si dovette ricorrere alla coniazione in rame, con il conseguente aumento dei prezzi. A causa della scarsità di moneta circolante si fece ricorso ad una moneta fiduciaria. Anche i processi sociali furono investiti dalla crisi. La corsa alla terra, all'occupazione degli uffici e dell'amministrazione statale, all'investimento nel debito pubblico, furono tendenze comuni a tutta l’area europea; però non determinarono effetti simili intutto il continente. Per esempio, mentre nell'Europa mediterranea si andavano riaffermando la feudalità e la giurisdizione baronale, in Inghilterra l’aristocrazia si trasformava profondamente. Infatti la vecchia aristocrazia mostrò una sorprendente prontezza a sviluppare nuove risorse sui propri possedimenti terrieri e ad assumere un ruolo importante nelle iniziative industriali, coloniali e commerciali. IL DECLINO DELL'IMPERO SPAGNOLO Alla fine del 500 l'impero spagnolo era ancora uno dei più temibili candidati alla conquista del mondo. La Spagna di Filippo IIl e Filippo IV era entrata in un periodo di declino del sistema imperiale. Stavano venendo meno la ricchezza e l’egemonia politica della Castiglia; il consenso dei Paesi sudditi del Re cattolico; la capacità del sistema di subordinare ad esso tutte le relazioni internazionali. Si parla di declino, e non di crisi, per sottolineare la durata non breve del processo. Durante il regno di Filippo IIl (1598-1621) si manifestarono i primi segnali di declino. La nazione fu investita da una crisi economica di vaste proporzioni > cattivi raccolti, peste, decadenza dei settori agricoli della Castiglia, con successivo spopolamento, ecc. un ulteriore colpo all'economia fu dato dall’espulsione dei moriscos. Questi erano musulmani convertiti al cristianesimo, che, da un lato costituivano un problema per il governo, poiché rappresentavano una minoranza etnica non integrata che provocava disordini e rivolte; dall'altro, però, rappresentava la spina dorsale dell’agricoltura e dell'artigianato spagnolo. Praticamente i moriscos funsero da capro espiatorio del declino. Durante il regno di Filippo Ill si produssero anche importanti mutamenti nel sistema politico spagnolo. Il suo centro fu costituito dalla figura del valido, una figura politica a metà tra il favorito del sovrano ed il primo ministro. | due più importanti validos furono: duca di Lerna -> Filippo III, conte-duca d’Olivares -> favorito di Filippo IV. La politica internazionale di Filippo IIl e del duca di Lerna fu caratterizzata da una linea pacifista, infatti: 1603 Pace con l'Inghilterra; 1609 tregua con le Province Unite di 12 anni. Sotto il regno di Filippo IV e del suo favorito si costruì un nuovo imperialismo internazionale e si costruì un maggiore coinvolgimento delle province nella vita economica, politica e militare della Spagna -> proposte per risolvere la crisi dell'impero. La politica estera di Filippo IV può essere suddivisa in 3 fasi: 1) Inizia con la fine della tregua d'Olanda, che segna la fine della pax hispanica di Filippo III. Tra il 1621 ed il 1627 Olivares costruisce un sistema di alleanze in funzione antiolandese, ottenendo un importante successo contro l’esercito delle province unite. Inoltre la spagna conquista la Valtellina. 2) Essaè compresa tra il 1627 ed il 1635. A trascinare la Spagna nell’ennesima impresa militare fu la questione della successione del Monferrato. Nel 1627 moriva il duca di Mantova. Di diritto, il suo successore avrebbe dovuto essere Carlo | di Gonzaga-Nevers (francese), ma Mantova sotto il controllo dei francesi era un pericolo per l’Italia spagnola. Quindi il governatore di Milano penetrò, nel 1628, con le sue truppe nel Monferrato. Olivares lo aiutò. La guerra di Mantova fu il più grave errore che Olivares potesse commettere in politica estera, poiché la Spagna non solo non ottenne nulla, ma manifestò aggressività imperialistica gratuita a tutte le potenze europee. La guerra di Mantova, inoltre, preparò il conflitto franco- spagnolo del 1635. Durante questi boemi a Vienna, alimentando così i sospetti della Dieta verso una totale annessione con l’Austria. | timori della Dieta erano però concentrati principalmente sull’erede imperiale Ferdinando di Stiria, il quale, una volta preso il potere, avrebbe imposto la controriforma a tutto l'impero germanico. AI momento di eleggere il successore nel 1617, la Lega cattolica riuscì a far eleggere Ferdinando. Allora la Dieta boema costituì nel 1618 un governo di emergenza. Nello stesso anno i due governatori cattolici venivano gettati dalla finestra dal castello di Rodolfo Il -> Defenestrazione di Vienna, che dava inizio alla guerra dei 30 anni. LA GUERRA DEI TRENT'ANNI: UN CONFLITTO MONDIALE Quella che è passata alla storia con il nome di guerra dei Trent'anni, a causa della sua durata dal 1618 al 1648, fu un conflitto dalle molteplici caratteristiche. Si scontrarono innanzitutto due civiltà, oltre che due credo religiosi, quello protestante e quello cattolico. Da un lato la Boemia, che difendeva la tolleranza religiosa, e dalla cui parte vi erano gli stati germanici dell’unione evangelica; dall'altro lato gli stati germanici della lega cattolica, insieme agli Asburgo d'Austria e alle forze imperiali, che tentava di restaurare l’unità dell’impero mediante l'unione tra trono e altare e mediante la distruzione dell’eresia protestante. Una seconda caratteristica della guerra fu l’internazionalizzazione del conflitto, che si verificò sia a causa del carattere religioso, sia perché proprio quel carattere era associato a fini politici, ovvero la lotta egemonica sul continente. Una terza caratteristica fu l'emergenza di nuovi protagonisti sulla scena politica europea, come: le potenze del nord, la Danimarca e la Svezia. Il conflitto fu una guerra di massa, la prima della storia moderna, poiché quasi 100 milioni di europei furono coinvolti. Proprio per questo i costi furono elevatissimi e regioni come la Pomerania o il Brandeburgo registrarono perdite umane pari al 65% della popolazione. La guerra si può dividere in 4 fasi: 1. FASE BOEMO-PALATINA (1618-1625) Dopo la defenestrazione di Praga, in Boemia fu nominato un governo provvisorio. L’arciduca Ferdinando richiese l'intervento armato delle forze imperiali, così nel 1618 l’esercito imperiale entrava in Boemia. AI suo fianco si schieravano Federico V, principe elettore del Palatino e capo dell’Unione evangelica, ed il duca di Savoia. Per reazione, scendeva in campo anche la Lega cattolica. Nell'agosto del 1619, Boemia, Lusazia, Slesia e Moravia eleggevano come nuovo sovrano Federico V. Nello stesso mese dello stesso anno, Ferdinando di Stiria veniva eletto imperatore col nome di Ferdinando Il. L'esercito dell'unione evangelica fu sconfitto da quello di Ferdinando Il nella battaglia della Montagna bianca. A Federico V furono sequestrati i beni e fu imposto l'esilio. | beni dei nobili protestanti furono trasferiti ai nobili cattolici. Nel 1622 fu riconquistato anche il Palatinato. Però, nel 1621 si riapriva la guerra tra Spagna e Province Unite. Inoltre si aprì un terzo fronte di guerra anche in Italia. Nel 1625 la Spagna intervenne a fianco dei cattolici della Valtellina contro i seguaci della riforma. 2. FASE DANESE (1625-1629) Dopo il successo degli Asburgo sull’esercito boemo-palatino, il conflitto iniziò ad allargarsi. L'espansionismo cattolico-asburgico aspirava alle potenze del Nord-Europa, in particolar modo alla Danimarca. Qui regnava Cristiano IV, che sognava di conseguire l'egemonia su tutta la penisola scandinava e sul Baltico -> progetto identico a quello della Svezia. Essendo appoggiato da Olanda, Inghilterra e Francia, Cristiano IV entrò in guerra a fianco dei protestanti contro l'impero. Ma Ferdinando Il affidò il comando delle truppe imperiali a Wallenstein, genio della strategia militare. Questo sconfisse le truppe protestanti, invase la Danimarca e la costrinse ad una pace umiliante, facendola fuori dal conflitto. Con la pace di Lubecca del 1629, Cristiano IV rinunciò ad ogni ingerenza dell'impero. L'imperatore, dal canto suo, emanò l’editto di Restituzione, secondo cui dovevano essere riconsegnati alla Chiesa cattolica tutti i beni confiscati a partire dal 1552. La fine di questa fase fu favorevole agli Asburgo d'Austria, che avevano imposto la loro autorità praticamente a tutte le regioni dell’Impero. 1. FASE SVEDESE (1630-1635) Nel 1592 il re di Polonia, Sigismondo Vasa, ereditò anche la corona di Svezia. Nel 1599, la Dieta svedese depose Sigismondo e gli successe lo zio, Carlo IX. Le sue mire espansionistiche verso la Polonia e la Danimarca non ebbero successo; si costituirono però le linee direttrici per l'affermazione della Svezia sia sul piano interno che internazionale -> ad opera del successore, Gustavo Adolfo. Molti sono i fattori che possono spiegare l’ascesa in tempi rapidi di un paese che al principio del 600 contava solo un 1mln di abitanti. La Svezia possedeva una fonte di ricchezza: le risorse minerarie. Ferro e rame furono in parte esportati ed in parte usati per l'armamento. Il secondo motivo del successo svedese fu il sistema di rapporti di produzione, che privilegiava la piccola proprietà contadina. Da questo ceto venivano reclutati i soldati. Il terzo motivo consisteva nell’abilità politica e amministrativa del re Gustavo Adolfo, che seppe creare un sistema di potere fondato sul rapporto privilegiato con l'aristocrazia e sul suo coinvolgimento nell’amministrazione dello stato. Il pericolo asburgico incontrava nel Baltico il baluardo della potenza svedese, che non avrebbe mai tollerato l'espansione in quel mare. Gustavo Adolfo, dopo essersi alleato con Richelieu, si spinse in Germania col suo esercito, occupò Monaco e sconfisse l’esercito imperiale. Non poté assaporare il frutto della vittoria inquanto morì proprio sul campo. La morte del sovrano disorientò le truppe svedesi, che furono sconfitte da quelle imperiali nel 1634 a Nordlingen. | principi protestanti li abbandonarono e firmarono, nel 1635, la pace di Praga. Gli stati germanici erano quindi di nuovo sotto l'egemonia asburgica. 2. FASE FRANCESE (1635-1648) A questo punto la Francia entrava direttamente in guerra. Le due parti in conflitto erano ora: Francia, Svezia e Olanda vs Spagna e Impero. Al trono imperiale era succeduto Ferdinando III e le fila della politica francese erano tirate da Richelieu. A Rocroy, Luigi di Borbone, principe di Condè e comandante delle truppe francesi, ottenne una brillante vittoria sugli spagnoli. Insieme agli svedesi, i francesi penetrarono in Sassonia, Boemia, Palatinato, Alsazia e Baviera. Nel 1644, iniziarono le trattative di pace a Osnabruck e Munster. AI princi io del 1648 gli spagnoli firmarono la pace separata con l'Olanda, riconoscendone l'indipendenza. La pace di Vestfalia, che pose fine alla guerra dei 30 anni, fu siglata nel 1648 solo da Impero, Francia e Svezia. La Spagna non firmò, perciò la sua guerra con la Francia continuò. La prima questione fu la pacificazione religiosa. Da un lato si confermò il principio del cuius regio eius religio; dall’altro si apportarono ad esso sensibili integrazioni. | principi potevano scegliere la religione del loro stato. I sudditi dovevano seguire la religione di famiglia, che doveva essere stata la stessa da almeno 25 anni. Chi non voleva seguire questa norma doveva lasciare il Paese, conservando il suo patrimonio. Questa normativa rappresentava un grande passo avanti rispetto al passato e consentiva la convivenza tra cattolici, luterani e calvinisti. Sul piano politico- territoriale il trattato di Vestfalia prevedeva: l'estensione dei territori francesi al Reno, incorporando i tre vescovadi di Metz, Toul e Verdun + l’Alsazia, senza Strasburgo. In Italia i francesi controllavano il Pinerolo e Casale Monferrato. La Svezia guadagnava in territorio germanico Brema e Verden, entrando a far parte della Dieta imperiale. Inoltre, estendeva la sua influenza alla Pomerania occidentale, acquisiva il primato sul Baltico e sul mare del Nord. Infine era riconosciuta solennemente l'indipendenza dell’Olanda. VERSO UN’EUROPA MULTIPOLARE: IL NUOVO QUADRO INTERNAZIONALE DOPO LE PACI DI VESTFALIA, PIRENEI E OLIVA La guerra tra Francia e Spagna continuò fino al 1659. Le sue sorti mutarono radicalmente dopo la battaglia delle Dune, nel 1658, grazie all'alleanza tra Francia e Inghilterra. Con la Pace dei Pirenei, del 1659, la Spagna cedeva all'Inghilterra Dunkerque e Giamaica; alla Francia parte delle Fiandre e dell’Artois, e nei Pirenei la Cerdagna e il Rossiglione. Il matrimonio tra Luigi XIV e Maria Teresa, figlia di Filippo IV, stabilì altri legami tra i 2 Paesi. La guerra proseguì nel Baltico tra il sovrano svedese Carlo X e la Danimarca. Nel 1660 la pace di Oliva concludeva il conflitto a spese della Polonia. Parte dei suoi territori vennero spartiti tra Svezia, Brandeburgo e Russia. La storiografia interpreta le tre paci (Vestfalia, Pirenei e Oliva) come il segno dell’indiscussa egemonia francese in Europa. CAPITOLO 8: CENTRO E PERIFERIA DELLA CIVILTÀ EUROPEA LA SOCIETÀ INGLESE DAI TUDOR AGLI STUART La vivacità economica, politica e culturale della società e la forza dell’assetto storico-costituzionale contribuirono alla formazione ed allo sviluppo dell’Inghilterra come grande potenza. Questi fattori garantirono il successo del processo rivoluzionario, che iniziò contro il governo degli Stuart nel 1640 e si concluse nel 1688 con l'affermazione della monarchia parlamentare costituzionale. Alla fine del regno di Elisabetta lo Stato inglese presentava alcune carenze: e PIANO FINANZIARIO: gran parte delle risorse provenivano dai beni della Chiesa incamerati dallo Stato post- Riforma; non esistevano monopoli pubblici culle attività economiche che potessero garantire entrate alla Corona; la ridotta burocrazia centrale comportava il ricorso al sistema di venalità degli uffici; il potere pubblico aveva una buona capacità impositiva sia nel prelievo che nel controllo fiscale. La spina dorsale dell'esercito era costituita dalle milizie locali. | nuovi tribunali regi dovevano convivere con i tribunali del diritto consuetudinario, che egemonizzavano la teoria e l'esercizio della giustizia. Era assente una burocrazia di governo locale. In pratica, con lo sviluppo della Riforma, si era stabilito un compromesso tacito tra Corona e Parlamento, secondo cui le classi rappresentate nelle Camere dei Comuni accettavano ed appoggiavano le scelte religiose e politiche del re, a condizione che si permettesse loro di governare le campagne e le città. Mediante tale compromesso, le gentry aumentarono la loro ricchezza, il loro potere economico, conquistarono il governo delle contee ed il controllo dei seggi alla Camera dei comuni. e CONTROLLO RELIGIOSI dottrinarie. Da qui deriva la massiccia diffusione di sette estremistiche protestanti (=puritani) e cattoliche. : Elisabetta lasciava in eredità ai suoi successori una chiesa ufficiale priva di basi Il punto di forza dello stato inglese stava nell’equilibrio trare e Parlamento e nella sua capacità di favorire mutamenti e trasformazioni sociali. Nel momento in cui questi due requisiti verranno meno, allora monarchia e parlamento forzeranno tale equilibrio e tali mutamenti, scatenando una rivoluzione. Il più importante mutamento che si ebbe sotto Elisabetta fu la trasformazione dell’aristocrazia. Le funzioni del ceto furono modificate, identificandosi nella ricchezza fondiaria, nel rapporto con la corte e nel ruolo di classe dirigente. La proprietà terriera rimase alla base della rappresentanza, ma nella vita politica inglese la Camera dei Comuni (che rappresentava la gentry e la media e piccola nobiltà) assume un peso sempre maggiore rispetto alla Camera dei Lord (che rappresentava le famiglie della grande aristocrazia dei Pari). Con la vendita delle terre e le recinzioni la gentry era cresciuta di numero e di forza. L'aumento del prodotto nazionale in agricoltura e manifattura (lana) provocò un processo di redistribuzione della ricchezzache moltiplicò le stratificazioni interne alla gentry. Il ceto degli esquires finì per comprendere tutti i gentiluomini di campagna, i principali possidenti dei villaggi e i possidenti di circoscrizioni con un reddito superiore alle 250 sterline. Alla gentry appartenevano anche i knights (cavalieri) e i baronetti. Elisabetta rimase nubile, quindi non lasciava eredi alla sua morte. Le succedeva Giacomo | Stuart, figlio di Maria Stuart, re di Scozia -> unione Inghilterra-Scozia. Il suo regno fu un'età di forti contrasti e lacerazioni, che investirono tutti gli ambiti della politica, creando così un distacco sempre più forte tra la società civile e la dinastia Stuart. AI modello della chiesa anglicana, fortemente sostenuto da Giacomo, si opponeva il modello del Puritanesimo; all’armamentario teologico e dottrinario della Chiesa di Elisabetta corrispondeva il forte ruolo assegnato ai vescovi anglicani, che acquistarono un potere enorme nel controllo della disciplina religiosa; alla Chiesa anglicana episcopalista si opponeva il movimento puritano. Questo movimento teorizzava: il ripristino del più ortodosso Calvinismo dottrinario, l'abolizione di ogni residuo cattolico, una società fondata sul primato dell'individuo, della sua religiosità e delle sue autonome scelte, e sul ruolo della comunità dei pastori e dei fedeli. Era inevitabile che un tale movimento fosse sia politico che religioso ed entrasse in conflitto con la monarchia. L'economia inglese nei primi anni del 600 era in espansione, ma la gestione statale dello sviluppo economico era carente. La corona aveva concesso monopoli e diritti di privativa anche sui generi di largo consumo, creando scontenti e divisioni interne al ceto dei mercanti. L’imposizione fiscale sulla rendita fondiaria creava scontri tra re e Parlamento. Anche in politica estera l'avvicinamento con la Spagna era fonte di preoccupazione per i sudditi inglesi. Il conflitto tra il parlamento e la corte era alimentato dalla corruzione e dal clientelismo del governo. Il suo centro era rappresentato dal favorito del re, George Villiers, duca di Buckingham. A lui ed al suo entourage facevano capo: la distribuzione delle privative, dei privilegi economici, la vendita di uffici, di titoli nobiliari, l’accesso al sistema delle prebende a corte. L'opposizione della camera dei comuni si diresse, quindi, contro il sistema di potere a corte. Gli ultimi anni del regno di Giacomo coincisero con la fase boemo-palatina della nordamericano. Esso rappresentava un atto di guerra contro l'Olanda, che effettivamente scaturì 3 guerre navali anglo-olandesi tra il 1652 e il 1674. Nel 1653 Cromwell sciolse il Lungo Parlamento a favore dell’insediamento di un'assemblea eletta dai capi dell'esercito, che però durò solo pochi mesi. Inoltre diventò lord protettore del Commonwealth. 3) TERZA FASE (1653-1658) In qualità di lord protettore, Cromwell aveva il potere di scegliere i nuovi membri del Consiglio di stato tra gli ufficiali dell’esercito. Questa era una vera dittatura militare. La stessa politica non valeva né tra i moderati dell’esercito, che difendevano la carta costituzionale del ‘53, né tra i realisti, che aspiravano al ritorno alla monarchia. La politica economica suscitava tensioni: il protettore aveva fatto ricorso a nuove imposizioni fiscali e aveva istituito l'imposta fondiaria. Anche la politica estera antispagnola non incontrava le volontà del ceto mercantile. Nel 1658 Cromwell morì, lasciando l'Inghilterra in una condizione di lacerazioni e contrasti. 4) QUARTA FASE (1658-1660) Questa fu la fase in cui si preparò la restaurazione. Il figlio di Cromwell, Richard, subentrò nella carica del padre ma non garantiva più la sicurezza dei ceti abbienti. Tra l’esercito riprese a diffondersi il movimento radicale. Perciò era necessaria la restaurazione di un ordine politico più solido. Nel 1660, un esercito con a comando George Monck marciò su Londra, senza incontrare resistenza, restituendo i poteri al Parlamento. Carlo Il Stuart rientrò così in Inghilterra -> restaurazione: monarchia, camera dei Lord e chiesa anglicana. LA RESTAURAZIONE DEGLI STUART DA CARLO Il A GIACOMO Il Durante il regno di Carlo Il Stuart l'istituzione monarchica ed il rapporto tra Chiesa anglicana e Stato erano stati restaurati, ma bisognava fare i conti con la Camera dei comuni e con le forme più moderne di organizzazione della vita e della lotta politica. Nacquero 2 schieramenti attorno a cui roteava la vita politica inglese: 1. TORIES->che credeva nel diritto divino dei re, nel principio dinastico e nella religione di stato anglicana; 2. WHIGS->che credeva nell’autorità del parlamento, nella libertà religiosa e in un diverso principio di rappresentanza politica. La tendenza del sovrano nell’instaurare l’assolutismo incontrava ostacoli nell’opposizione parlamentare. Fu importante la legge approvata nel 1679: l’Habeas corpus ad subjiciendum. Essa consisteva nell’abolizione del carcere preventivo, ma prevedeva l'arresto solo sulla base di motivi penalmente perseguibili e vietava qualsiasi forma di restrizione illegale della libertà. L'alleanza di Carlo Il con Luigi XIV preoccupava i britannici, perché risultava chiaro che la Francia avesse aiutato l’Inghilterra nella guerra contro l'Olanda solo per accrescere la propria potenza economica e politica. Dopo l’ultima guerra anglo-olandese il sistema di alleanze inglese cambiò: cresceva l'ostilità contro la Francia e si gettavano le basi per un'alleanza con l'Olanda. Il successore di Carlo II, Giacomo Il (FRATELLO), accentuò la rottura tra governo e parlamento. Egli cercò di rafforzare l’esercito con quadre cattolici e si circondò di intellettuali di prestigio per riaffermare il diritto divino dei re. Il suo modello era quello Francese di Luigi XIV. Però il partito whig era più forte del partito dei tories, perciò iniziò a rivendicare la libertà di stampa ed una partecipazione attiva alla vita politica. A segnare le sorti di Giacomo II fu la nascita di suo figlio, poiché così facendo si perdevano le speranze di ricostruire un impero con equilibrio costituzionale. LA GLORIOSA RIVOLUZIONE E LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI Un larghissimo schieramento di whigs e tories offrì la corona d’Inghilterra allo statolder d'Olanda Guglielmo Il d’Orange ed a sua moglie Maria Stuart, figlia di Giacomo II, entrambi protestanti. Nel 1688 un piccolo esercito olandese sbarcò sul suolo inglese senza incontrare resistenza. Sulla bandiera dell'esercito olandese appariva la scritta “pro religione et libertate”. La popolazione inglese fu entusiasta di accogliere Guglielmo, mentre Giacomo Il fuggì presso Luigi XIV. Il primo atto di Guglielmo fu, nel 1689, l'emanazione del Bill of Rights, che rappresentò la fine della monarchia assoluta e definì il nuovo equilibrio costituzionale inglese, fondato sulla limitazione dei poteri del re. La fonte della sovranità del re era nel Parlamento, organo che rappresentava la volontà della nazione. Questo fu l’esito della gloriosa rivoluzione, definita, appunto, gloriosa perché priva di guerra civile e massacri, bensì basata sulla riorganizzazione dell'assetto politico e religioso, secondo il principio del consenso. Negli anni 40 del 600 in Europa scoppiarono molte rivolte (Catalogna, Napoli, Sicilia, Francia) ma solo una rivoluzione ebbe successo. Vi è una differenza sostanziale tra il concetto di rivoluzione e quello di rivolta. La rivoluzione mira ad preesistenti; la rivolta rappresenta una crisi, su scala regionale e locale, un mutamento radicale degli equilibri pol! dell’assetto sociale e costituzionale che non viene intaccato nelle sue fondamenta e conserva, in altre parti del paese, la sua legittimità ed i suoi effetti. UN’ANOMALIA NELLO SCHEMA EUROPEO: L’OLANDA NEL 600 La civiltà olandese del 600 era vista come un'anomalia nello schema europeo. L'Olanda fu l’unico paese europeo a sottrarsi alla stagnazione economica generale; a sottrarsi dal dominio spagnolo; a trovare i mezzi per competere economicamente coi paesi più potenti; a consolidare le sue posizioni nel Baltico e nel Mediterraneo ed a costruire un sistema politico originale. Dopo la tregua dei 12 anni con la Spagna, i Paesi Bassi si trovarono divisi in: Province Unite e Paesi bassi meridionali. La divisione aveva varie nature: e Politica: le prov. Unite avevano costituito uno stato indipendente a regime repubblicano; i paesi bassi appartenevano alla corona spagnola, perciò rimanevano fedeli alla causa monarchica. e Religiosa: le prov. Unite erano protestanti; i paesi bassi erano luogo di diffusione gesuitica. e Economico-sociale: le prov. Unite erano una potenza marittima borghese con interessi commerciali; le produzioni dei paesi bassi erano egemonizzati dalla nobiltà. Il fattore più interessante delle Prov. Unite era il modello politico. Esso era uno stato repubblicano a struttura federativa. Organi federali erano gli Stati Generali, per la politica estera e la finanza, e il Consiglio di Stato, per affari minori. La sede della sovranità era negli Stati Provinciali, che nominavano lo statolder, il capo dello Stato. Altra carica importante della vita statale era quella del gran pensionario, che fungeva da consulente legale delle province. Le cariche pubbliche erano elettive. Il centro motore del paese era costituito dalla provincia d'Olanda, il cui cuore era Amsterdam e dove, nel 1611, vi era stata fondata la Borsa. L'Olanda stabiliva rapporti con paesi amici e nemici, dominando il commercio del Baltico. Nel 1602 fu creata la Compagnia delle Indie Orientali, ovvero un'associazione permanente fondata sia sul libero acquisto di azioni da parte dei cittadini, sia sulla concentrazione di capitali. Alla compagnia fu riconosciuto il monopolio del commercio olandese sui mari, oltre lo stretto di Magellano e il capo di Buona Speranza. Nel 1652 la Compagnia dette vita ad una fortificazione attorno al capo di Buona Speranza, iniziando la colonizzazione olandese del Sudafrica. Di più breve durata fu la Compagnia delle Indie Occidentali. La vera forza dell'Olanda era l'industria. Il paese importava materie prime e semilavorati ed esportava manufatti. La disponibilità di capitali che ne scaturiva ebbe esiti positivi sull'agricoltura: bonifiche di laghi, investimenti per l'ammodernamento delle tecnologie agricole. La pace con la Spagna (1648) significò per l'Olanda conquiste territoriali ed il riconoscimento della supremazia economica sui paesi bassi meridionali. Intorno al 1650 le prov. Unite possedevano un vasto impero commerciale. La compagnia delle Indie Orientali controllava il commercio mondiale delle spezie, aveva ottenuto il monopolio commerciale col Giappone, si era insediata a Giava, Formosa, Malacca, Ceylon e nelle isole Molucche. La compagnia delle Indie Occidentali invece aveva formato sull’isola di Manhattan la Nuova Amsterdam, occupata poi nel 1644 dagli inglesi e chiamata Nuova York. Dal 1636 al 1645 gli olandesi controllarono anche il commercio degli schiavi neri. Sul piano politico, dal 1653 al 1672, il regime repubblicano si consolida e viene sperimentata una nuova forma di governo senza statolder. Lo stato viene governato dal gran pensionario Jan de Witt, che rappresenta l’oligarchia di Amsterdam. | caratteri del suo governo sono: una maggiore autonomia delle diverse province e la tolleranza religiosa. Per quanto riguarda il conflitto anglo-olandese, sappiamo che nel punto iniziale della guerra c'è l'Inghilterra di Cromwell, invece al punto finale c'è il progetto di egemonia della Francia di Luigi XIV. La prima guerra anglo-olandese, dal 1652 al 1654, si combatté sulla base di due principi contrastanti: l’idea inglese del monopolio e della supremazia marittima; l’idea olandese della libertà dei mari. Tra la prima e la seconda guerra avvengono due importanti eventi sul piano internazionale: la pace dei Pirenei (che concede guadagni territoriali alla Francia e sancisce l’inferiorità della Spagna rispetto alla Francia) del 1659 e la restaurazione della monarchia in Inghilterra del 1660. | tentativi di alleanza Olanda-Inghilterra-Francia falliscono, ma viene siglata un'alleanza tra Francia e Olanda in funzione antinglese. Le trattative di pace che concludono la seconda guerra sono decisamente favorevoli all’Olanda. Segnano anche un rovesciamento di alleanze: Olanda-Inghilterra vs Francia. L’anomalia olandese fa paura alle grandi potenze: nel 1670 un accordo segreto firmato a Dover tra Inghilterra e Francia prevedeva un attacco congiunto contro l'Olanda. Due anni dopo, la Francia attaccò l'Olanda e quest’ultima guerra si concluse con la pace di Westminster, che riconobbe il fondamento dei principi liberistici propugnati dagli olandesi. Inoltre, l'alleanza Francia-Inghilterra trova opposizione anche nella City londinese e negli ambienti commerciali britannici, quindi si prepara un ulteriore rovesciamento di alleanze. Nel 1677 Maria, figlia di Giacomo Il, si sposò con Guglielmo Ill d'Orange; nel 1678 alleanza difensiva anglo- olandese; nel 1688 Guglielmo entrò a Londra coronando la gloriosa rivoluzione; nel 700 l'Inghilterra ascese al ruolo di prima potenza e la repubblica olandese smise di essere l'anomalia economica, sociale, politica e culturale europea. ASSOLUTISMO E ANTICO REGIME: UNA PROSPETTIVA EUROPEA Il concetto di assolutismo significava, letteralmente, che il re era sciolto dal vincolo delle leggi, poiché il re stesso rappresentava Dio, che era, a sua volta, la fonte delle leggi. La teoria del potere assoluto della monarchia nacque nella seconda metà del 500 e fu poi perfezionata durante il 600. | teorici ne sottolineavano alcuni limiti: quello imposto dalla legge divina, il dovere di rispettare gli ordinamenti, il patrimonio giuridico accumulato dal paese durante la sua storia. Questi motivi, insieme alla molteplicità di forze politiche e sociali organizzate, furono importanti per la non costituzione del dispotismo orientale. Il concetto di antico regime, invece, nacque durante la rivoluzione Francese e rappresentava tutto ciò che si opponeva alle conquiste della rivoluzione. Quindi si può affermare che l’assolutismo è l’evoluzione massima dello stato moderno. Nell’antico regime europeo sono distinguibili due vie estreme, opposte allo stato moderno: la via francese e la via polacca. La via francese tese a esaltare il ruolo della monarchia come centro rappresentante unitario del paese; la via polacca fu quella dell'anarchia e della frantumazione del potere centrale dello stato, dell’esaltazione dell’indipendenza del ceto nobiliare. Tra questi due estremi, la civiltà politica europea del 600/700 realizzò diverse soluzioni. Considerando l'intervallo di tempo tra la pace di Vestfalia (1648) e la pace di Ryswick (1697), in esso fu sancita la preponderanza della Francia. Ma durante ed oltre questo periodo furono visibili i segni dell'Europa multipolare. L'Inghilterra e l'Olanda costruirono un'alleanza; la pace di Oliva segnò un importante momento per l’ascesa della Prussia; la monarchia austriaca di Leopoldo | consolidò il suo ruolo internazionale e la Spagna continuò ad essere una realtà imperiale transoceanica. Proprio questi motivi posero le premesse per l'esplosione di nuovi grandi conflitti su scala mondiale. LUIGI XIV: LA VIA FRANCESE ALLO STATO MODERNO La Francia era una delle prime realtà demografiche in Europa: i sudditi erano circa 20 milioni. Il governo del territorio divenne, perciò, la questione più importante per il sovrano. Di quei 20 milioni di abitanti, 4/5 vivevano in campagna, ma nonostante ciò vi erano molte città di media grandezza (tra i 10.000 e i 50.000 abitanti). La diversi era formalizzata nel riconoscimento da parte del sovrano della distinzione tra: “territoriale” 1. Paysd'election -> che ricadevano sotto l’amministrazione giudiziaria e fiscale dello stato; 2. Pays d’état -> che erano rappresentati da Stati provinciali, i quali godevano di numerosi poteri e potevano contrattare con la Corona il carico fiscale. Il governo del territorio doveva, inoltre, fare i conti con i ceti dominanti della società francese, ovvero le nobiltà. Dell’antica nobiltà facevano parte i comandi militari, mentre della nobiltà moderna facevano parte tutti coloro che, per ricchezza e funzione, volevano essere potenti e rispettati. La monarchia di Luigi XIV incentivò la nobiltà di toga e d'ufficio e fu proprio questo incentivo nobiliare che costituì la spina dorsale della classe governativa francese del tempo. Nel governo del territorio un'attenzione particolare fu assegnata al rapporto tra centro e periferia. La figura dell’intendente provinciale costituì lo strumento più efficace di governo della periferia. La centralizzazione dello stato e delle sue pubbliche istituzioni dovevano, quindi, fare i conti con le diversità territoriali, giuridiche, sociali ecc. e con le condizioni non omogenee di fronte all’articolazione del potere pubblico, come il fisco. Ogni parlamento, ogni Corte sovrana era padrone della propria giurisprudenza. In materia penale e civile ogni parlamento fissava le norme da applicare, e ciò alla popolazione appariva perfettamente naturale. Ovviamente gli interessi dei parlamenti, soprattutto dei pays d’état, si scontravano col progetto monarchico unificatore del sistema giudiziario e con influenzato nel modello di politica interna da Luigi XIV. Carlo Emanuele Il adottò una politica mercantilistica, coinvolgendo l'aristocrazia ed i suoi capitali nella promozione di attività economiche. Lo stato pontificio non realizzò più una presenza significativa nella scena internazionale. Anche il ruolo di Venezia era in declino. Il Granducato di Toscana, in ambito di politica estera, fu dipendente dalla Francia. Milano, Napoli, la Sicilia e la Sardegna erano dipendenti dalla corona spagnola. A metà del 600 le pressioni francesi ai confini col Piemonte misero in pericolo le sorti del dominio spagnolo in Lombardia. Il trattato dei Pirenei del 1659 riportò la pace e la lontananza dei teatri di guerra in cui era coinvolta la Spagna rese possibile la ripresa dell'economia milanese. La monarchia spagnola favorì questo riequilibrio economico sia con una politica fiscale tendente a prelevare in maniera equa la ricchezza della campagna e quella della città e sia con una politica economica che promosse lo sviluppo del profitto imprenditoriale. La restaurazione della monarchia spagnola nel regno di Napoli avvenne nel segno di una svolta nel modo di governare. La depressione demografica post-peste, la crisi agraria del 1660-80, la contrazione che colpì il commercio meridionale, la pressione fiscale in aumento a causa delle guerre, non consentirono ai viceré di Napoli ed ai ceti dominanti di dar vita ad una politica riformatrice. Solo alla fine del 600 vi fu una lieve ripresa. Una rivolta scoppiata in Sicilia tra il 1674 ed il 1678 rischiò di mettere in dubbio il dominio spagnolo sull’isola. Messina, nel 1675, proclamò la sovranità di Luigi XIV. Nel 1678 la Spagna riuscì a sconfiggere il separatismo siciliano, reprimendolo duramente e ripristinando il dominio del baronaggio feudale e della chiesa sull’isola. La Sardegna, anch'essa governata da viceré spagnolo, visse alcune trasformazioni durante il 600. Lo sviluppo delle istituzioni amministrative del regno sardo rafforzò sia il ceto nobiliare e sia il ceto togato, che assunse la direzione degli affari pubblici. | PAESI SCANDINAVI Nel corso della guerra dei 30 anni la Svezia aveva raggiunto uno status internazionale: era la vincitrice del conflitto in terra tedesca. Con la pace di Vestfalia la Svezia aveva ottenuto al Pomerania occidentale, Brema, il controllo dei tre fiumi Elba, Oder e Weser. Ma la Danimarca controllava il traffico nel Sund ed il suo sistema di dazi. La prima guerra del nord scoppiò per il controllo del Baltico. Con la pace di Copenaghen la Svezia si impossessava delle province meridionali: Halland, Scania e Blekinge. | successi della politica estera svedese erano stati garantiti dalla sua forza militare, che derivava dalla grande disponibilità di ferro per l'armamento e dalla particolare composizione dell'esercito, formato da nobili e piccoli proprietari contadini. Quindi a fronte di un basso grado di commercializzazione dell'agricoltura c'era la ricchezza mineraria del paese, in particolar modo di ferro e rame. L’apice della produzione del rame in Svezia fu connesso al crollo della moneta d’argento in Castiglia. Sempre grazie alla ricchezza mineraria, la Svezia riuscì a stabilire un controllo sul mercato internazionale degli armamenti. A realizzare il modello assolutistico fu anche la personalità dei sovrani: Carlo XI promosse una redistribuzione della ricchezza agricola del Paese equilibrando, così, il rapporto tra i beni della Corona, quelli della nobiltà e quelli dei contadini. La svolta nel modello politico della Danimarca si ebbe nel 1665, quando Federico IIl trasformò la Corona da elettiva ad ereditaria, ridimensionando i poteridell’aristocrazia, dando nuovo impulso alle funzioni dello stato ed intervenendo sulla materia fiscale, mediante la redazione di un catasto delle proprietà fondiarie. LA VIA POLACCA La Polonia era una monarchia elettiva: la sua aristocrazia, per mantenere debole lo stato centrale, preferì avere prima un re francese, poi uno ungherese e infine la dinastia svedese dei Vasa. A metà del 600, la Polonia fu teatro di una guerra europea per il suo controllo. Ne uscì stremata e con perdite considerevoli. Essa era circondata da potenze in ascesa, infatti fallì la possibilità di dominare il Baltico e di diventare una potenza marittima, dato che la Prussia fu sottratta dal Brandeburgo; inoltre perse l’Ucraina orientale con le sue fertili terre; i turchi le sottrassero la Podolia. Oltre alla debolezza geopolitica vi era anche la strutturale anarchia politica: la norma dell’unanimità parlamentare (il liberum veto) poteva paralizzare lo stato. Negli ultimi anni del 600 il re soldato Giovanni Sobieski cercò di dare un ruolo internazionale al Paese, ma lo scambio con le altre potenze fu ineguale. Il progetto di monarchia ereditaria fallì: nel 1696 la nobiltà polacca rifiutò la successione del figlio di Sobieski, facendo ascendere al trono il principe Augusto Il Wettin di Sassonia, che era appoggiato dalla Russia. TERZA PARTE L SECO DELLA TRASFORMAZIONE CAPITOLO 10: GUERRE, ILLUMINISMO E RIFORME LE GUERRE EUROPEE Le guerre della prima metà del 500 erano state guerre per il predominio europeo ed i protagonisti erano stati principalmente: Francia e Spagna. La pace di Cateau-Cambresis aveva sancito la supremazia della Spagna sul continente europeo. L'egemonia internazionale di Filippo Il fu resa possibile anche dal fatto che gli altri stati europei stavano ancora vivendo una fase di formazione: la Francia era attraversata da guerre di religione; l’Inghilterra elisabettiana aveva problemi interni di consolidamento del potere sovrano; le formazioni politiche della Germania erano appena uscite da una condizione di dualismo dei poteri. Alla fine del secolo, lo scenario internazionale presentava i primi segnali di novità. Il pericolo turco si era allontanato dal Mediterraneo; si era rotta l'unione tra Paesi Bassi e Spagna -> nascita dell'Olanda; l'Inghilterra aveva bloccato l'ascesa spagnola; in Francia si erano concluse le guerre religiose; il centro economico e dei traffici era stato spostato dal Mediterraneo all’Atlantico. Il mutamento degli equilibri politici fu rappresentato dalla pace di Vestfalia. La guerra dei 30 anni era iniziata presentando una grande concentrazione di potere con l'alleanza tra gli Asburgo d'Austria e gli Asburgo di Spagna. Nella seconda metà del 600, l'Europa era ormai multipolare ed in essa giocavano un ruolo importantissimo: Inghilterra, Prussia, Russia e Austria. Questa multipolarità bloccava l'ascesa della Francia di Luigi XIV. Nasceva una nuova gerarchia, fondata sulle differenze tra piccoli Stati e grandi Stati. Il rapporto che esisteva tra questi seguiva, secondo alcuni scrittori francesi, la teoria dell'equilibrio. Tale equilibrio era connesso con l’unità etico-culturale dell'Europa. In quest'ottica, la guerra era l’extrema ratio per frenare il potente che voleva imporre il proprio dominio. Nella reazione ai tentativi egemonici di Luigi XIV ebbe un ruolo importante la difesa della concezione di vita europea come coesistenza e concorrenza di unità statali. Nella prima metà del 700, vi fu il primato della politica classica. | soggetti privilegiati erano le corti, ristrette élite che controllavano la diplomazia. Occasioni di conflitto erano i problemi dinastici, ovvero le questioni di successione al trono spagnolo, polacco, austriaco, inglese e si alcuni stati italiani. La rivalità tra stati era stata data anche da conflitti di interessi commerciali. Inoltre, un’altra peculiarità del periodo era il nesso stretto tra politica interna e politica estera. Dalla prima guerra di successione spagnola, che si concluse col trattato di Utrecht nel 1713, la Francia uscì isolata; Spagna, Olanda e Svezia si indebolirono; emersero Prussia, Russia e Austria; la Gran Bretagna di affermò potenza economica che aveva il controllo di Mediterraneo e Atlantico. La successione al trono polacco, del 1733, fece riaprire lo scontro tra Asburgo (Austria) e Borbone (Francia), che si concluse con la pace di Vienna nel 1738. Con la guerra di successione austriaca, 1740-1748, il quadro si complicò: la Francia tornò a sognare l'egemonia europea; l'Inghilterra si schierò con Olanda e Austria contro la Francia; la Prussia entrò in guerra contro l'Inghilterra per interessi commerciali. La pace di Aquisgrana, del 1748, chiuse solo la questione dell’assetto italiano, poiché la guerra ormai era diventata globale. La pace di Ryswick, del 1697, concluse la guerra della Lega d’Augusta, bloccando le mire espansionistiche di Luigi XIV (Francia). Quella guerra aveva avuto una coalizione antifrancese molto ampia: Spagna, Inghilterra, Olanda, Svezia, Austria e Stati minori. Dopo la morte senza eredi di Carlo Il (Spagna), nel 1700, lo scenario dei pretendenti al trono era questo: il testamento di Carlo designava erede universale Filippo d'Angiò (francese), che avrebbe assunto il nome di Filippo V. Però vi era nel testamento una clausola che vietava l'unione di Francia e Spagna. Allora si delinearono due schieramenti: la coalizione anglo-austro-olandese, in cui entrarono anche il Palatinato, l’Hannover e la Prussia; ed il blocco franco-spagnolo + duca di Savoia, re di Portogallo ed elettori di Colonia e Baviera. La guerra scoppiò nel 1702. Nel 1707 le truppe austriache invadevano Napoli e sancirono la fine della dominazione spagnola nel regno. Alla morte di Giuseppe | D’Asburgo, nel 1711, saliva al trono di Vienna il fratello, Carlo VI + egemonia degli Asburgo in Europa. Iniziarono le trattative di pace: Utrecht, nel 1713, e Rastadt, nel 1714. La vincitrice del conflitto fu l'Inghilterra, poiché conquistò possedimenti nell’America settentrionale e Gibilterra e Minorca nel mediterraneo. Filippo V fu riconosciuto re di Spagna. La Francia rinunciò ad ogni pretesa sulla Spagna. All’Austria fu attribuito il Belgio spagnolo. Cambiò anche la geografia politica italiana: Napoli, Milano, Sardegna e Stato dei Presidi passarono all'Austria; Vittorio Amedeo Il di Savoia ottenne il regno di Sicilia. L'elettore di Brandeburgo, Federico, fu eletto re di Prussia. Alla fine della guerra di successione furono poste le premesse per un nuovo equilibrio italiano. Si applicò il metodo delle barriere: stati cuscinetto come il Belgio (tra Francia e Olanda) e lo Stato sabaudo (tra Francia e Austria) avrebbero dovuto prevenire eventuali conflitti. Negli anni successivi alla guerra di successione spagnola, la dinastia asburgica ottenne successi sul fronte dei Balcani. Già con la pace di Carlowitz del 1699 l’Austria aveva sottratto territori agli ottomani. Con la pace di Passarowitz, del 1717, l’Austria conquistò la Serbia e parte della Valacchia. Il Baltico mutò le sorti dell’equilibrio: la Svezia, dopo la pace di Oliva del 1660, aveva conquistato l'egemonia del Baltico. La seconda guerra del nord, combattuta da Polonia, Danimarca e Russia contro la Svezia si concluse nel 1721. Con la pace di Nystadt la Svezia perse il ruolo di grande potenza e la Russia affermò la sua egemonia sul Baltico -> mercato panrusso. Nel 1671 in Russia vi fu una guerra contadina, sulla quale lo zar Pietro | fece leva per consolidare la base economica e sociale del potere centrale. Durante il primo quarto del 700 si verificò un progresso della produzione industriale. Nacquero nuove manifatture nei settori metallurgico e tessile e si sviluppò altrettanto la piccola produzione mercantile. Lo zar (Russia) favorì la formazione di una nobiltà di servizio e dette solidità all'ideologia assolutista. Nel Regolamento militare la forma statale russa venne definita come MONARCHIA ILLIMITATA. Per quanto concerneva la politica estera, Pietro il Grande (Russia) si occupò dei confini sicuri, dell’indipendenza nazionale e dell’egemonia nel Baltico. Nel 1703 aveva fondato San Pietroburgo, dove nel 1715 trasferì la capitale della Russia. 6 anni dopo, con la pace di Nystadt si concluse la seconda guerra del nord e Livonia, Estonia, Ingria e parte della Carelia divennero territori russi. Un'altra nuova potenza fu la Prussia. Federico | di Brandeburgo ne assunse il titolo di re nel 1701 (Prussia). Si dedicò alla politica protezionistica; allo sviluppo delle industrie e delle attività urbane; all'apertura delle frontiere nei confronti dei protestanti stranieri, che impiegò nelle officine per la lavorazione del ferro, del rame e dell’ottone -> ripresa attività artigianali; dette maggior efficienza allo Stato nell’ambito del prelievo fiscale; trasformò l’esercito in una corporazione, i cui membri furono leali servitori dello Stato di Hohenzollern. Il successore di Federico | (Prussia) fu Federico Guglielmo | (Prussia), il quale proseguì con la rivoluzione dall'alto. Il dispotismo degli Hohenzollern bloccò lo sviluppo di istituzioni rappresentative moderne e distrusse la forza politica dei ceti. Però dimostrò anche tratti di modernità: le tasse non erano appaltate e l'efficacia del prelievo statale fu superiore agli altri stati; l'efficienza e l'onestà dei funzionari prussiani divennero esemplari. Le città e le campagne vennero schiacciate dal peso degli junker, nobili dediti alle armi. La nobiltà restò la classe dominante e mantenne in servitù gran parte della popolazione. Dalla guerra della Lega d’Augusta alla guerra di successione polacca, le potenze dell'Europa occidentale (Inghilterra, Francia e Spagna) furono alle prese con problemi simili e con un passaggio da vecchi a nuovi equilibri economici, sociali e politici. Tutte e 3 furono assillate da questioni di successione, ma parteciparono a eventi bellici. In Francia prima la guerra della Lega d’Augusta, 1689-1697), poi quella di successione spagnola, 1702-1714. L'Inghilterra da Guglielmo Il d'Orange fino alla fine del regno di Giorgio | d'Hannover, quindi 1714- 1727, gettò le basi per uno sviluppo economico, sociale e commerciale che sarebbe proseguito per tutto il secolo. La Francia, tra la reggenza di Filippo d'Orleans e Luigi XV ritornò ad essere potenza egemone in Europa, riuscendo a costruirsi un'identità di potenza commerciale europea molto forte. Infine, la Spagna di Filippo V non fu più considerata in decadenza, bensì come una realtà che andò formandosi come entità politica nazionale e visse quindi tutti i problemi di questa fase. Per quanto riguarda l'evoluzione dei singoli stati: l'Inghilterra, nel 1701, grazie all’Act of Settlement aveva permesso al Parlamento di regolare la successione alla morte di Guglielmo III, escludendo gli eredi maschi e favorendo le femmine. Quindi dopo la morte di Guglielmo III (Inghilterra) sul trono inglese salì la figlia di Giacomo II (Inghilterra), Anna di Danimarca, che unificò Scozia e Inghilterra nel Regno Unito di Gran Bretagna. Alla morte di Anna (Inghilterra), il Parlamento attribuì la corona a Giorgio | della dinastia tedesca degli Hannover. Il regno che egli ereditava, nella seconda metà del 600, era mutato. Esso era stato interessato ad un processo di redistribuzione del reddito: gentry, mercanti, piccoli e medi proprietari costituivano il ceto dei produttori si metà della ricchezza del Paese. Si erano moltiplicati anche i centri manufatturieri: Bristol, Newcastle, York, ecc. Londra contava 500.000 abitanti, grazie ad un massiccio esodo dalla campagna alla città. La creazione della Banca d'Inghilterra nel 1694 e l'abolizione dello statuto monopolistico di aleune compagnie commerciali favorirono l'afflusso di capitali stranieri. Ad accelerare questo processo di accumulazione contribuì la penetrazione commerciale nell’Estremo Oriente e nell'Oceano Indiano. Proprio nei primi anni del regno di Giorgio | (Ing.) fu molto evidente il nesso tra politica interna e politica estera. Dopo la rivoluzione del 1688, vi fu una specie di divisione dei compiti, secondo cui: il Parlamento ed il governo si occupavano della politica interna e dell'economia; la Corona della politica militare ed estera. Il quadro si complicò a causa della dialettica dei partiti tory e whig. Essi, da un lato, condizionarono le scelte in politica estera della monarchia; dall’altro, furono condizionati dall'attività internazionale della corona. Furono i Whigs a sostenere nel parlamento gli interessi della monarchia contro le rivendicazioni dinastiche degli Stuart. Essi appoggiarono Giorgio | (ing.) nell’alleanza anglo-franco-olandese, stipulata tra il 1716 e il 1717. Il leader dei whigs fu Robert Walpole e resse la carica di primo Lord della Tesoreria e cancelliere della Scacchiera. La sua politica fu fondata su 3 capisaldi: politica estera non aggressiva; politica economica mercantilistica; Consiglio di Gabinetto. Alla successione al trono di Giorgio Il (Ing.) si continuarono a relazioni tra gli eventi. Da qui parte un itinerario teso a definire una teoria politica (=teoria delle forme di governo) ed una sociologia politica (=analisi del rapporto tra regimi e organizzazioni sociali). Una massima fondamentale dell’opera è “il potere freni il potere”. Essa si focalizza su due grandi modelli costituzionali: monarchia prima aristocratica e poi parlamentare; la repubblica presidenziale degli Stati Uniti d'America che realizzerà il bisogno di corpi intermedi idealizzato da Montesquieu. Nel 700 sono stati gettati anche i fondamenti della democrazia, grazie alle riflessioni di Jean- Jacques Rousseau. Nella sua opera più importante, Du contrat social, viene presentato un vecchio problema in termini nuovi: il contratto sociale che fonda la società civile. Per Rousseau tale contratto rappresenta uno stato felice. Per conciliare la necessità del contratto con la libertà e la felicità dell'individuo nello stato di natura, Rousseau sostiene che i diritti individuali sono totalmente alienati a favore della comunità che costituisce la base della società. Ci può essere solo una sovranità legittima, ovvero quella del corpo sociale, a cui appartiene l'esercizio del potere legislativo -> sovranità DEMOCRATICA. Anche diritto e giustizia sono coinvolti nell'indagine illuminista. La giustizia, tra il 600 e il 700, era fondata sull’accertamento del privilegio che fondava il diritto in sede di giudizio civile o penale. L'assenza di strumenti pubblici e di meccanismi obiettivi di certificazione creava diseguaglianze nella prassi giudiziaria. Il sistema processuale vigente non imponeva la motivazione delle sentenze; spesso i giudici che acquistavano la carica non erano competenti né morali; i controlli di legalità erano inesistenti. Gli illuministi lottarono contro gli arbitrii dei magistrati a favore di una legge uguale per tutti. Il trattato “Dei delitti e delle pene” di Beccaria denunciò tortura e pena di morte come strumenti giudiziari inumani e sostenne la giusta proporzionalità tra pena e reato. La pena doveva avere come fine ultimo il recupero del reo. Anche il diritto penale doveva diventare una scienza utile alla felicità dell’uomo, che nel frattempo non erano più sudditi ma cittadini. La tensione verso una scienza utile presiede anche nella nascita dell’economia politica. AI movimento della fisiocrazia spetta il merito di aver concepito le forme della produzione come leggi materiali, risultanti dalla necessità naturale di produrre. | fisiocratici stabilirono il principio secondo cui è produttivo solo quel lavoro che crea un plusvalore, ovvero il cui prodotto ha un valore superiore rispetto alla somma dei valori consumati durante la sua produzione. Il processo di trasformazione deve avvenire senza ostacoli e con poco costo, perciò si dà il via alla libera concorrenza e, con la creazione dell'agricoltura intensiva, alla totale libertà di commercio delle derrate agricole. La funzione equilibratrice è svolta dal mercato. Nell’agricoltura occorrono grandi investimenti di capitali per rendere la terra più produttiva -> i fisiocratici hanno come modello l'azienda proto-capitalistica. Le applicazioni di tali teorie però non dettero buoni risultati. In Francia il regime di alti prezzi colpì i ceti più deboli. A Napoli, Antonio Genovesi ricoprì la cattedra di economia istituita nel 1754. Al centro della sua riflessione troviamo agricoltura, produttività e sviluppo mercantile. Secondo Genovesi nel legame tra questi fattori si poteva trovare la soluzione all’arretratezza del Mezzogiorno. Questa arretratezza derivava dal governo, dalle leggi, dalle scienze e dal culto religioso. Il testo base della scienza economica moderna apparve in Inghilterra nel 1776 -> An inquiry into the nature and causes of wealth of nations. L'autore, Adam Smith, ha come riferimento la società inglese del suo tempo, che stava vivendo un periodo di Rivoluzione industriale e un intenso sviluppo delle forze produttive. Da un lato c'erano la proprietà fondiaria ed il capitale; dall'altro la forza produttiva del lavoro, trasformata in lavoro salariato. La teoria del valore di Smith è connessa al livello avanzato dei rapporti di produzione: il valore di scambio delle merci è basato sulla quantità del lavoro o sul tempo di lavoro in esse incorporato. La teoria dei prezzi tiene conto delle 3 classi naturali: salario dei lavoratori, profitto (=quantità addizionale di lavoro vivo per remunerare il capitale investito dagli imprenditori), la rendita fondiaria (=la parte di ciò che è raccolto o prodotto dal contadino lasciata al proprietario terriero). Profitto e rendita formano il plusvalore (=l’eccedenza del lavoro fornito e realizzato nella merce sul lavoro pagato). Per Smith il lavoro sociale crea valore. Il plusvalore è la parte del lavoro di cui si appropria colui che gestisce le condizioni del lavoro -> proprietario terriero. Smith inoltre distingue tra: lavoro produttivo, che crea beni materiali; lavoro improduttivo, che crea servizi. IL PARTITO DEGLI INTELLETTUALI E LA CIRCOLAZIONE DELLE IDEE Nacque un vero e proprio partito degli intellettuali, con caratteristiche simili nei vari paesi dell'Europa del 700. Le analogie che caratterizzarono gli illuministi europei furono principalmente 3: 1) Il sentimento di appartenenza alla stessa comunità, che nutrì gran parte dell’intellettual 2) La capacità di incidere, in quanto gruppo di pressione, nella formazione dell'opinione pubblica; illuminista del secolo; 3) La rivendicazione della funzione di classe dirigente. Ma sul rapporto tra cultura e politica, le posizioni dei philosophes e degli illuministi non furono omogenee e seguirono percorsi diversi. Sul terreno dell’organizzazione culturale l’Illuminismo produsse modelli innovativi, come l’Encyclopédie: un’opera in 17 volumi di testo e 11 di illustrazioni, pubblicata tra il 1751 e il 1772. La direzione fu affidata a Diderot e D’Alembert, ma parteciparono anche Montesquieu, Rousseau, Quesnay, d’Holbach, ecc. Gli scrittori capirono che per cambiare il modo di pensare della gente era meglio scrivere un dizionario di scienze, lettere e arti, in cui la cultura tecnica era collegata ai nuovi ideali dei philosophes. La diffusione dell’enciclopedia fu enorme -> 30.000 copie. Il 700 fu anche il secolo dello sviluppo dell'editoria, infatti: si perfezionarono le gazzette, che annunciavano notizie diplomatiche, militari e politiche; i giornali letterari diventarono il mezzo di comunicazione nella comunità dei letterati e contribuirono a diffondere il modello culturale multidisciplinare. | giornali italiani più famosi furono: La Frusta letteraria e Il Caffè, dei fratelli Verri e Beccaria. A questa cultura d'élite che diventava sempre più aperta, si contrapponeva la condizione culturale di massa che era pessima. A metà del 700, gli analfabeti erano tra il 70 e l'80% della popolazione. Gli illuministi infatti si posero anche il problema dell’alfabetizzazione e dell'istruzione di massa delle classi sociali, ma questi processi rimasero prevalentemente affidati alla Chiesa, alle parrocchie ed agli Ordini religiosi. LE FORME DELLO SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE Il 700 è un secolo di espansione economica. Il movimento di crescita riguardò sia la demografia che l'economia. La popolazione europea passò da 114 milioni a 180 milioni. Però bisogna osservare la qualità di questa evoluzione demografica. Il saldo attivo della popolazione fu dovuto a vari fattori: diminuzione della mortalità infantile; prolungamento della vita; emigrazione; controllo delle nascite; diminuzione della nuzialità e quindi della natalità. Inizia, in questo momento, quella che potremmo chiamare la storia cosciente della popolazione. Anche il quadro demografico è diverso nelle varie zone europee. In Inghilterra diminuì l’importanza delle crisi alimentari, quindi, quando il raccolto non raggiungeva quantitativi sufficienti, si faceva ricorso all'importazione, in modo che la popolazione potesse accedere facilmente al minimo vitale (nonostante l'aumento dei prezzi). Nella seconda metà del 700, diminuirono anche le epidemie, che erano un altro fattore di mortalità. L'agricoltura continuò ad occupare il primo posto nell'economia europea. Ma il 700 vide la coesistenza di aree ad agricoltura estensiva, dove l'aumento produttivo era ottenuto mediante l'aumento della superficie coltivata e l’intensificazione del lavoro contadino/servile, e ad agricoltura intensiva, dove si cercava di massimizzare la produzione della terra mediante coltivazione, irrigazione, introduzione di colture foraggiere, nuovi attrezzi, ecc. Anche guardando le rese agricole si poteva notare la diversa velocità di ciascuna agricoltura europea. Intorno alla metà del 700 le più alte rese agricole erano nei Paesi Bassi. Nello stesso periodo si sviluppava la tendenza a ottenere maggiore produttività dalla terra in diverse parti del continente, come Danimarca, Brandeburgo, Francia e Inghilterra. Le conseguenze di questa tendenza furono: redistribuzione della ricchezza e differenziazione sociale crescente. Ciò causò l'abolizione del feudalesimo. A spingere in alto i prezzi delle derrate agricole contribuì l'aumento della domanda, che si concentrava nelle città. Se in Inghilterra e nei Paesi Bassi l'investimento di capitali urbani nella terra era indice di uno scambio produttivo tra città e campagna, in altri paesi le città costituivano grandi mercati di consumo delle risorse prodotte dalla campagna. L'Europa del 700 fu l'Europa delle città, in particolare delle metropoli. Nel 1700 solo 2 città avevano più di 400.000 abitanti; nel 1800 diventarono 3: Londra, Parigi e Napoli. Proprio in queste grandi città si esercitò la capacità politica degli stati, mediante la promozione delle funzioni commerciali interne ed esterne; nella creazione di infrastrutture pubbliche e vie di comunicazione; nel controllo dell'incremento demografico e dell’articolazione sociale; nella soluzione dei problemi annonari scorte di cereali ed altre derrate alimentari) e di approvvigionamento; ecc. Le basi economiche della società cominciarono a mutare nel corso del 700 e gli illuministi ne fecero l'oggetto dei loro dibattiti. Ricchezza/potere divenne un binomio sempre più stringente. L’accumulazione del capitale favorì l’accentuazione del conflitto tra diritto di proprietà e privilegio del possesso. | valori del merito e dell’imprenditorialità/industriosità divennero un modello da far valere contro i parassitismi, le speculazioni e gli atteggiamenti improduttivi. Tuttavia il processo atto a disarticolare la società di antico regime non fu né lineare, né prevedibile nei suoi sviluppi, né definito. Non fu lineare perché non si attuò nel 700 un passaggio elementare da una società all'altra; non fu prevedibile perché le forze economiche, sociali ed intellettuali che si battevano per il nuovo non avevano le idee chiare sul tipo di società e sul modello di nuovi rapporti che avrebbero sostituito i vecchi; non fu definito nello scontro tra forze conservative e forze progressiste. Eppure si =relativi alle ebbero decisive trasformazioni all’interno degli ordini tradizionali della società. Ad esempio, nella distinzione tra nobiltà di spada e nobiltà di toga. La nobiltà di spada dell'Europa centro-orientale era ben diversa da quella dell'Europa mediterranea. Quella dell'Europa centro-orientale aveva poteri militari, economici e sociali rilevantissimi. In Francia, invece, essa era prevalentemente una nobiltà di corte, che aveva nelle sue mani le alte cariche militari, civili e religiose, ma i partecipanti all'esercizio del potere costituivano l'élite francese. Nel processo di trasformazione delle nobiltà, ebbe un ruolo fondamentale lo Stato: a Oriente creò la nobiltà di servizio, che aveva poteri illimitati sul piano economico e sociale; a Occidente, invece, si favorì una più accentuata dialettica interna al mondo nobiliare, promuovendo l'immissione di nuovi membri nell’aristocrazia. In quasi tutta Europa la nobiltà era una casta con valori e comportamenti, tranne in Inghilterra. Qui nel 700, si sviluppò una nobiltà imprenditoriale/mercantile e cresceva, nella società, il potere dei proprietari, dei mercanti, degli operatori d'affari e degli imprenditori non nobili. Le riforme dell’assolutismo illuminato L'età dell’assolutismo illuminato rappresentò lo sviluppo più maturo dei principi e delle funzioni dello stato moderno. La difficoltà nel conciliare assolutismo e illuminismo consistette nel fatto che il processo riformatore dovette far fronte ai limiti dell’antico regime e potette svilupparsi solo in compatibilità con esso. Gettò, inoltre, le basi per la crisi del vecchio ordine, ma non fu sufficiente per la sua totale trasformazione. Per raggiungere tale obiettivo ci fu bisogno della rivoluzione. Fu fatto un grande sforzo nel 700 per rendere più efficiente, esteso ed efficace l'esercizio del potere monarchico, mediante la specializzazione della pubblica amministrazione. In pratica il 700 rappresentò il passaggio da un sistema di governo in cui i ruoli di politica e amministrazione erano molto confusi, ad un nuovo modello di divisione di funzioni tra governo e burocrazia. Tale passaggio fu graduale e fu interno all’amministrazione, infatti a stessa parola “ministro” nacque come sinonimo di capo. Furono soprattutto le riforme dell’assolutismo illuminato a spingere verso un apparato amministrativo più efficiente e verso una più precisa distinzione di funzioni e poteri. Il nucleo dell'apparato amministrativo austriaco fu il Consiglio di Stato, composto da funzionari con compiti consultivi e diviso in settori specializzati: finanziario, commerciale e militare. Gli affari giudiziari furono affidati al nuovo tribunale supremo che aveva giurisdizione su tutto il territorio. Le riforme intervennero anche in materia fiscale. Le più importanti voci del fisco, nella prima metà del 700, erano: dazi sulle importazioni, monopoli, imposte indirette (=tasse sui consumi di prima necessità), imposte miste (=accise) e imposte dirette. Tutti gli stati ricorrevano all’imposizione indiretta poiché era di più facile riscossione, però era anche la più impopolare perché spesso colpiva i ceti produttivi più deboli, come gli artigiani. Le riforme fiscali, a metà 700, cercarono di fornire allo stato strumenti di certificazione un po’ più attendibili che potessero colpire, in maniera più equa, i sudditi, suddivisi per categorie sociali e professionali. Mediante la compilazione dei catasti si passò ad un sistema fiscale fondato su piani organici di accertamento della ricchezza immobiliare, valido per tutto il territorio statale. Sull’amministrazione della giustizia, nell'antico regime, avevano un grosso peso: la coesistenza di più giurisdizioni, tra cui la feudale, e la confusione nell’amministrazione tra sfera giudiziaria e sfera esecutiva. Tra l’altro l'ordinamento non era unificato. Su questo terreno le riforme dei sovrani furono limitate, però la codificazione del diritto, e la sua semplificazione, contribuirono a unificare l'ordinamento. Le giurisdizioni privilegiate non furono però abolite. Il 700 fu il secolo della scienza camerale, ovvero la scienza dell’amministrazione pubblica. Molti studiosi cercarono di elaborare una teoria delle scienze amministrative. In Austria e Germania furono istituite scuole e cattedre per lo studio dei problemi amministrativi. | principi della scienza camerale furono: il primato del governo monarchico; la felicità dello stato come scopo della politica; lo sviluppo ed il pieno utilizzo delle risorse per garantire la sicurezza del paese. PRUSSIA: con Federico Il la Prussia consolidava il ruolo di grande potenza, nel lasso di tempo che andava dalla pace di Vestfalia alla guerra di successione austriaca (1648-1740/48). A definire questo ruolo avevano concorso vari fattori: la frantumazione della politica tedesca; l'assenza di concorrenti tedeschi in grado di competere con le grandi monarchie europee; il rapporto fra la dinastia Hohenzollern e la formazione sociale prussiana dominata dagli junker. Vi era la necessità di costruire uno stato forte sul piano militare, in grado di difendersi dalla Svezia. Nel 1748, con la pace di Aquisgrana, Federico Il ottenne il riconoscimento dell'annessione della Slesia, ricca regione mineraria e industriale, che sottrasse all'Austria. Tra il 1756 ed il 1763 la Prussia fu impegnata nella guerra dei 7 anni, in cui impegnò moltissime energie finanziarie e militari e grazie a cui il sovrano si fece riconoscere lo status quo territoriale. Con la prima spartizione della Polonia, nel 1777, fu annessa la Prussia occidentale. Alla morte di Federico Il la superficie del territorio prussiano generazione di illuministi fu protagonista di una nuova collaborazione tra intellettuali e politica, che caratterizzò gli anni 70 e 80 del regno di Fernando IV di Borbone. Nel supremo consiglio delle finanze, del 1782, entrarono intellettuali, tipo Gaetano Filangieri e Giuseppe Palmieri. Ormai, nel Mezzogiorno, si avviava la crisi dell’antico regime. Lombardia: dopo la pace di Aquisgrana del 1748, la Lombardia rimase sotto il dominio austriaco. Durante il regno di Maria Teresa furono promosse alcune riforme: fu completato il nuovo catasto e il governo delle comunità fu affidato ai rappresentanti dei proprietari. L'amministrazione fu centralizzata e il personale fu reclutato in base al merito e alla preparazione tecnica; fu abolita la venalità delle cariche pubbliche. Furono però principalmente i 2 figli di Maria Teresa ad accelerare la riforma: Giuseppe (imperatore dal 1765 al 1790) e Pietro Leopoldo (imperatore dal 1790 al 1792). Giuseppe Il estese alla Lombardia il controllo dello Stato sulla Chiesa; la centralizzazione amministrativa e il governo delle province, affidato agli intendenti; gli interventi sul sistema educativo mediante l'istituzione di scuole elementari per il popolo, secondarie ed università per incentivare le discipline scientifiche; la promozione di istituzioni culturali come accademie, osservatorio astronomico e teatro alla Scala. Abolì il senato milanese. Toscana: anch'essa sotto dominio austriaco ed affidata al fratello di Giuseppe II, Pietro Leopoldo. Egli promosse due riforme di capitale importanza: 1) Allivellazione= concedeva ai mezzadri, in perpetuo, i terreni di proprietà dello stato in cambio di un canone annuo fisso e contenuto; 2) Nuovo codice penale del 1786= aboliva la pena di morte, il diritto di lesa maestà, la tortura, la confisca dei beni del condannato. | sudditi del granducato acquisirono diritti sul piano della libertà individuale ed economica, di cui non avevano mai goduto. La soppressione del tribunale del sant’uffizio portò a una maggiore tutela della libertà di coscienza. L'applicazione delle indicazioni di Beccaria abolì le limitazioni dei diritti del reo; la liberalizzazione della terra e del commercio favorì l’accumulazione di capitali, che giovò all'economia del territorio. DALLA GUERRA DEI 7 ANNI ALLA SPARTIZIONE DELLA POLONIA Le tensioni europee dopo la pace di Aquisgrana del 1748 non si erano sciolte. La Prussia era in fase espansionista, l’Austria voleva riprendersi la Slesia, la Russia cercava una più stabile egemonia nel Baltico, l’Inghilterra e la Francia erano in conflitto per l'egemonia coloniale. Il sistema dell'equilibrio entrava, dunque, in crisi. Nel 1756 scoppiava la guerra dei 7 anni (1756-1763) tra Francia e Inghilterra, combattuta su fronti europei, indiano e americano. Federico Il di Prussia si alleò con l’Inghilterra; la Francia invece si alleò con Austria e Russia. Si attuò un capovolgimento delle alleanze tradizionali. Questo conflitto mise in luce: il protagonismo militare della Prussia; la fragilità del sistema politico- militare della Francia, che perse molti possedimenti americani e postazioni indiane; la vocazione centroeuropea e balcanica dell'Austria; la supremazia marittima dell'Inghilterra. Nel 1762 Federico Il (Prussia) firmò la pace separata con lo zar Pietro III di Russia e, poi, nel 1763 con l’Austria, ottenendo la conferma dell’annessione della Slesia e l'unificazione territoriale dei domini Hohenzollern. La pace firmata a Parigi, nel 1763, tra Francia e Inghilterra estrometteva la Francia dall’America settentrionale e riconosceva l'espansione inglese in India. La conclusione della guerra dei 7 anni spostò, dunque, l’asse dell’equilibrio verso America, Asia e Africa. Alcuni anni dopo questo sistema di equilibrio entrò in crisi dall'interno. Per quasi 2 secoli, le potenze europee, a turno, avevano esercitato il protettorato sulla Polonia, entrando anche in conflitto tra loro per garantirsi il controllo del suo territorio. In sostanza la Polonia era sempre stata governata dall’esterno. Di fatto, furono 3 le potenze che, dopo Aquisgrana, ipotecarono il destino polacco: Russia, Prussia e Austria. Dopo la morte del principe imposto sul trono polacco da Russia, Prussia e Austria, Augusto III di Sassonia, Caterina Il di Russia e Federico Il di Prussia invasero la Polonia per imporre il loro candidato, Stanislao Poniatowski. Stanislao voleva attuare riforme tendenti a limitare il potere aristocratico, perciò era inevitabile lo scontro. Quindi la Russia inviò truppe sul territorio polacco e dopo 4 anni riuscirono a reprimere la ribellione dell’aristocrazia. Nel 1772 Russia, Prussia e Austria procedettero alla prima spartizione della Polonia, per cui: L'Austria acquistò la Galizia; la Russia acquistò gran parte della Bielorussia; la Prussia ottenne la parte occidentale della sua stessa nazione ed il controllo del litorale meridionale del Baltico. Questa prima spartizione fu un grave colpo per lo spirito illuminista: il mito di un possibile incontro tra intellettuali e politica si infrangeva nel manifesto con cui le 3 potenze cercavano di giustificare la spartizione. Nel 1792 i soldati di Caterina Il (Russia) invasero di nuovo la Polonia, poiché Stanislao stava cercando di trasformare la monarchia polacca da elettiva in ereditaria e di abolire il potere di veto dei magnati. Nel 1793 fu compiuta una seconda spartizione a favore di Russia e Prussia. Nel 1794 ci fu un'insurrezione nazionale, che fu violentemente repressa e nel 1795 si giunse a una terza spartizione. Con la prima spartizione la Polonia perse il 30% del suo territorio; con la seconda perse quanto restava dell'Ucraina, che andava alla Russia, e la Poznania, che andava alla Prussia; con la terza spartizione il paese scomparve del tutto. QUARTA PARTE: LE RIVOLUZIONI ATLANTICHE CAPITOLO 13: LA RIVOLUZIONE AMERICANA LE COLONIE INGLESI IN NORDAMERICA Nel 1620 i padri pellegrini, appartenenti ad una comunità puritana non ortodossa, intrapresero a bordo del Mayflower un viaggio che li portò nel Massachusetts, nella terra che si chiamò New England. Questo fu l’atto che fece nascere le colonie inglesi d’America e dette origine ad una nuova forma di colonizzazione. L’atto di nascita di queste colonie è legato alla concessione, da parte del sovrano, di statuti e monopoli a compagnie e gruppi e al patto tra i membri colonizzatori. | coloni però rivendicavano un corpus legislativo e istituzioni rappresentative autonomi. Queste furono quindi le basi gettate per l’autogoverno coloniale. Altri insediamenti nel 60 dettero vita a nuove colonie: il New Hampshire e il Connecticut, che col Massachusetts crearono nel 1643 la Confederazione delle Colonie Unite della Nuova Inghilterra, per difendersi dagli olandesi e dagli indiani. Nel 1664 una flotta inglese conquistò New Amsterdam, che fu ribattezzata New York, dal nome del duca di York. Nel 1681 costui concesse a William Penn i territori che presero il nome di Pennsylvania e il Delaware. Nel 1732, con la Georgia, le colonie inglesi in America diventarono 13. La causa immediata della creazione delle colonie furono le lotte politico-religiose in Inghilterra. | puritani, i coloni della Virginia e i quaccheri della Pennsylvania erano perseguitati e quindi costretti a fuggire. Arrivati in America trapiantarono lì modelli originali di vita comunitaria e di convivenza religiosa e sociale. AI motivo religioso, si aggiunse quello economico. La maggioranza di coloro che prendevano la via dell’America era attratta dalla speranza di migliorare la propria situazione economica. | poteri nelle colonie furono concentrati in governi locali autonomi. Le singole colonie si diedero ordinamenti, istituzioni, leggi e organismi rappresentativi accettati da tutti e riuscirono a vanificare i tentativi di centralizzazione e costituzione di una burocrazia imperiale, compiuti dall'Inghilterra. AI centro di tali ordinamenti vi era L'Assemblea Coloniale, sede della rappresentanza. Il criterio della rappresentanza, inoltre, era basato sull’autonomia e sul decentramento = diverso da quello del Parlamento inglese. | tratti caratteristici della colonizzazione americana non devono indurre a dimenticare il rapporto ideale e quello politico tra America e Inghilterra. | rapporti con la società civile inglese erano strettissimi. Il sentimento di appartenenza alla comunità imperiale era consolidato dalla difesa dai pericoli esterni. La fedeltà delle colonie alla madrepatria fu favorita dalla politica internazionale. Non esisteva un’autonoma e complessiva realtà americana. LO SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE Il 700 per le colonie inglesi d'America fu un'età di crescita demografica tumultuosa. Verso la fine del 700 le colonie ospitavano circa 4 milioni di abitanti. Ad alimentare la crescita demografica contribuì l'emigrazione europea, infatti tra il 1600 e il 1770 circa 750.000 persone si impiantarono sulle coste e sui confini che delimitavano il territorio da quello degli indiani. La spiegazione interna alle colonie fu data dall'elevata produttività dell'agricoltura. L'equilibrio fra popolazione e risorse fu raggiunto anche grazie alla suddivisione del territorio in 3 sezioni principali - Nord, Centro e Sud- in base alle quali venne divisa anche la produzione. La funzione economico-produttiva del sud (Virginia) si strutturò attorno alla piantagione di tabacco. La sezione del nord (New England ) era composta dalla piccola chiesa-comunità puritana che costituiva la base dell'economia, dell'ideologia e della società. | terreni erano divisi equamente fra diverse famiglie, che li coltivavano a rotazione. Il carattere fondamentale di questa sezione era la vitalità delle città: porti, cantieristica, pesca, distillerie, ecc. Tale vitalità contribuì ad accrescere le funzioni urbane ed a differenziare la struttura sociale, composta da: mercanti, professionisti, artigiani, ecc. AI centro vi è la sezione cerniera (New York, Pennsylvania, New Jersey e Delaware) che aveva una differenziazione più accentuata delle altre due sezioni. Avevano un sistema di agricoltura mista: cereali, frutta, verdura e allevamento. Questa sezione, inoltre, poteva contare sulla rete portuale di Filadelfia e New York. Perciò andò formandosi un ceto di commercianti e professionisti che, con i latifondisti, caratterizzano la società di questa zona. LE RADICI DEL CONFLITTO CON LA MADREPATRIA Nel corso dei 40 anni successivi al 1730 si accentuarono le ragioni che opponevano i coloni agli inglesi. | motivi del conflitto erano sia di natura economica che di natura politica. Per quanto riguarda il primo, vi era mancanza di autonomia nel sistema mercantilistico inglese, e questo pesava alle colonie che avevano decisamente rafforzato la loro struttura economica. Per quanto concerne il secondo motivo, quello di natura politica, Inghilterra e America si ispiravano ad un diverso princi della sovranit o di sovranità. Il pensiero politico delle colonie americane andava elaborando una diversa teoria limitata che, mediante la creazione di istituzioni a difesa del popolo, consentiva ai governati il controllo dei governanti. Gli eventi che contribuirono ad approfondire il solco tra colonie americane e madrepatria furono 3: il risveglio religioso in America tra 1730 e 1740; la guerra dei 7 anni; i provvedimenti fiscali presi dall'Inghilterra intorno al 1760. Il grande risveglio fu un’ondata di fermento religioso, avvenuto soprattutto nelle colonie del Nord e del Centro, che investì le colonie stesse con la speranza che l'America potesse creare una società giusta e che il suo popolo potesse portare a compimento la vittoria di Cristo sul demonio. La guerra dei 7 anni, invece, assunse il ruolo di guerra santa tra antipapisti e papisti. Gli anni successivi a tale guerra furono deludenti per i coloni, perché si avvertì sempre più forte la discrepanza tra la loro capacità di gestire la propria situazione interna e la frustrazione nell'essere in posizione subordinata rispetto all'impero. Da un lato, il sostegno militare della madrepatria era sempre meno indispensabile; dall’altro, l'Inghilterra intendeva far pagare ai coloni il conto della guerra dei 7 anni. A metà degli anni ‘60, era finito il processo di formazione di élite coloniali coscienti dei loro diritti e desiderosi di affermare la propria autonomia da Londra. Tale maturazione si era affermata anche nel lavoro svolto dalle assemblee legislative elettive (=CAMERE BASSE) presenti nelle colonie. Proprio nelle camere basse era andato affermandosi il principio di nessuna tassa senza rappresentanza. Qui si possono comprendere le reazioni dei coloni ai provvedimenti fiscali inglesi tra il 1763 e il 1768. Subito dopo la pace di Parigi, del 1763, il Parlamento inglese, con la Proclamation Line, bloccò l'avanzamento della frontiera verso Ovest ed il continuo pericolo di guerre contro gli indiani. Re Giorgio III, il suo ministero e il Parlamento richiesero un coinvolgimento maggiore delle colonie nelle spese imperiali. Tra il 1764 e il 1765 lo Sugar Act e lo Stamp Act tradussero le richieste inglesi in nuove imposte per le colonie, colpendo zucchero, caffè, vino e altri generi. Lo Stamp Act invece impose una tassa di bollo sui giornali e sugli atti legali. Le prime reazioni si ebbero in Virginia a causa di una crisi del tabacco. Pochi mesi dopo, i delegati di 9 colonie si riunirono a New York nel Consiglio dello Stamp Act, votarono una dichiarazione dei diritti e dei doveri dei coloni d'America e inviarono petizioni al re e al parlamento. Quindi nel 1766 lo Stamp Act fu revocato dal parlamento, in cambio della promulgazione del Declaratory Act, in cui si ribadiva che le colonie erano soggette all'autorità del parlamento. La questione fiscale perciò divenne questione costituzionale, ovvero concernente i poteri e l’organizzazione politica delle colonie. Nel 1767 il Parlamento inglese sospese l'assemblea di New York, che si era rifiutata di rifornire le truppe della madrepatria. Successivamente si organizzò un vasto schieramento di opposizione all'Inghilterra. LA GUERRA D'INDIPENDENZA Il 5 Marzo 1770 i soldati inglesi repressero sanguinariamente una rivolta scoppiata a Boston. Il Parlamento fu costretto ad abolire dazi e imposte, ma nel 1773 approvò il Tea Act, che concedeva alla compagnia delle Indie il monopolio di tutto il mercato del tè. Nello stesso anno i coloni, mascherati da indiani, salirono a bordo delle navi della compagnia e gettarono in mare le casse di te. L'episodio, chiamato Boston tea party, inaugurò una fase di scontro aperto tra madre patria e colonie. Le rappresaglie inglesi si espressero in una serie di leggi, chiamate intollerabili dai coloni, che sancivano un'ulteriore dipendenza delle colonie dal Parlamento inglese. Le leggi disposero la chiusura del porto di Boston fino al completo risarcimento dei danni causati alle navi della compagnia e l'abolizione delle autonomie del Massachusetts. La prima parte della rivoluzione da un lato presentava idee ed elaborazioni politiche prefiguranti il federalismo, dall'altro era ancora caratterizzata dal vincolo di fedeltà al sovrano inglese. L'ipotesi che avanzava era quella della creazione di un commonwealth britannico, fedele al re ma autonomo in tutte le sue componenti e nel complesso dei poteri politici 2. La fine dell'Antico regime si espresse in alcuni atti fondamentali come l'abolizione della feudalità e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, che distrussero il principio della società di ordini fondata sul sistema del privilegio; 3. La sovranità divenne espressione non di investitura divina, ma della volontà popolare; 4. La rivoluzione fece emergere i nuovi principi della partecipazione e della rappresentanza politica, in base ai quali ognuno è singolo detentore della sovranità collettiva; 5. modi, le forme e gli strumenti di espressione della sovranità divisero le forze impegnate nel processo rivoluzionario: il loro confronto e scontro è all'origine della dialettica politica tra le due grandi idee dell’800: l'idea liberale, individualista e fondata sulla restrizione del diritto al voto (suffragio), e l'idea democratica, solidarista è fondata sul suffragio esteso, tendenzialmente universale; 6. Nuovi valori della convivenza civile divennero la libertà, l'eguaglianza, e la fratellanza fra gli uomini, ma nella coscienza collettiva acquistarono rilievo anche il talento e il merito individuale. La rivoluzione si svolse in un tempo storico nel quale l'antico regime aveva già subito trasformazioni e crisi interne. Basti pensare alla complessità delle forze in gioco che procedettero per antagonismi, all'intreccio fra guerra, politica interna e politica internazionale, alla fuga del re nel 179, o alla forza di alcune personalità carismatiche come Robespierre è Napoleone. Tutti questi elementi non consentirono di attribuire un carattere predeterminato gli sviluppi della rivoluzione. Ma non è neppure possibile espungere uomini, eventi, periodi della sua evoluzione e parlare, ad esempio di due rivoluzioni ossia quella del '89, liberatrice, universale, figlia dell'illuminismo, e quella del '93-'94 dittatoriale, settaria, incubatrice del dispotismo di Napoleone Bonaparte. Va allora attentamente ricostruita la rivoluzione francese come processo e vanno colti precisamente i caratteri delle sue diverse fasi. Negli oltre due secoli che ci separano dalla rivoluzione sono stati infatti enucleati, fornendo ovviamente risposte diverse, tutti i suoi principi interrogativi, e le sue questioni chiave. Alcuni di questi punti chiave sono presenti in opere interpretative. L'inglese Edmund Burke, affermava la superiorità del regime monarchico costituzionale, realizzato si in Inghilterra attraverso la gloriosa rivoluzione senza rotture violente con il passato, sulle giornate dell’89 che avevano prodotto un trauma nella vita politica francese. In Francia la libertà è antica, mentre il dispotismo e moderno, sosteneva invece Madame De Stael circa 20 anni dopo: avevano fatto bene, quindi io mi dell'89 a ribellarsi contro il potere monarchico che era diventato oppressivo e aveva interrotto il patto tra sovrano e i sudditi. Ma proprio in quest'opera, emerge la differenza tra il buono della rivoluzione, rappresentato dall'influsso del secolo dei lumi sulle giornate dell’89, e il cattivo, rs, identificava nella cioè la violenza del terrore e il dispotismo di Napoleone, lontani dallo spirito illuministico. TI nazione Francia il vero soggetto dell'azione rivoluzionaria e giustificava, almeno parzialmente, l'estremismo popolare e il Terrore giacobino di fronte al tradimento della monarchia borbonica. Lo storico francese esaltava il ruolo della borghesia nazionale, che aveva saputo rendersi interprete della storia della patria e della nazione. Più complessa è invece la categoria che fa da sfondo all'Opera di Jules Michelet: quella di popolo. Emergono qui protagonisti diversi a incarnare il sentimento di nazione e il richiamo ai tre principi immortali della rivoluzione: libertà, uguaglianza, fraternità. Charles Alexis de Tocqueville, stabiliva una linea di continuità tra la Francia pre-rivoluzionaria e la Francia post- rivoluzionaria. Qualche anno prima aveva scritto che tutto ciò che la rivoluzione ne ha fatto, si sarebbe fatto senza di lei. Essa non è stata che è un processo violento e rapido con l'aiuto del quale lo stato politico è stato adattato allo stato sociale, i fatti alle idee e le leggi ai costumi. Nella seconda metà dell'Ottocento la storiografia fu impegnata a distinguere due rivoluzioni, ponendo come spartiacque il Terrore, esaltando il periodo dell'89 fino ai girondini, contrapponendo la personalità politica di Danton a quella di Robespierre. E proprio la morte di Danton concludeva la fase ascendente della rivoluzione per aprire le porte all'altra rivoluzione, luttuosa e feroce. Il XIX secolo si chiudeva con l'opera di Alphonse Aulard: qui la ricostruzione era più fedele al succedersi degli avvenimenti e si poneva soprattutto l'accento sulle conquiste politiche della rivoluzione che, da questo punto di vista cambiò tutto. | 3 nomi più importanti di questo orientamento storiografico sono Albert Mathiez, Georges Lefebvre, Albert Soboul. Pur con molte differenze interne, questi storici affermarono il carattere liberale e borghese della rivoluzione, ma sottolineano anche il sostegno popolare e contadino. In generale concepirono la rivoluzione secondo gli schemi marxisti della lotta di classe. Del resto già negli scritti di Marx, erano ben presenti tutti gli elementi di un'interpretazione classista della rivoluzione. In ogni caso, questa storia geografia contribuì, nelle sue espressioni migliori, ad approfondire analiticamente il ruolo delle diverse componenti sociali che parteciparono alla rivoluzione. La storiografia marxista più dogmatica, dottrinaria e meccanicista aveva concepito senza mediazioni, senza discusso, senza scarti la rivoluzione come l'avvento della società moderna, borghese e capitalistica. Nel secondo dopoguerra questo schema è stato messo in discussione. In particolare, Alfred Cobban in un celebre saggio sul mito della rivoluzione francese, ha contestato il carattere borghese della rivoluzione: non fu necessaria per spazzare via il feudalesimo, perché alla fine del '700 rimanevano in piedi solo pochi residui feudali, la borghesia aveva permeato di sé e trasformato anche la nobiltà. Altri storici, hanno presentato il processo rivoluzionario scisso in componenti diverse: da una parte, l'azione dell'élite nobili e borghesi, considerate non più antagoniste ma unite nello spirito e illuminista; dall'altra, la rivolta popolare radicale nelle forme nella proclamazione dell'eguaglianza, ma tradizionale e conservatrice nell'ispirazione. Nel 1978, Furet pubblica un'opera in cui demolisce la lettura del ventesimo secolo, teologica e tesa a trasformare un oggetto di studio in un oggetto di venerazione, e legge il processo rivoluzionario come atto di nascita della società democratica. In sostanza, l'89 può e deve ancora essere considerato come una rottura epocale e periodizzante della storia dell'Occidente europeo. CAPITOLO 15: LA PERIODIZZAZIONE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE TRASFORMAZIONI E CRISI NELL'ANTICO REGIME Sia la vita economica e sociale che quella politica della Francia furono interessate, nella seconda metà del 700, da alcune trasformazioni. Nel 1780 il paese contava circa 27 milioni di abitanti e, nello stesso anno, erano avvenuti mutamenti nell’assetto agricolo e in quello della distribuzione della proprietà terriera. Alla vigilia della Rivoluzione, meno di un terzo dei terreni era di proprietà del clero o della nobiltà. Il 30% dei terreni era posseduto da professionisti e ceti non nobili; il 40% da contadini coltivatori diretti. Nel periodo centrale del 700 era aumentata la produzione agricola grazie all'influenza positiva dei prezzi e del clima e grazia al miglioramento dell’alimentazione le crisi di mortalità si ridussero. La situazione della Francia agraria prima della rivoluzione vide la capitalizzazione della rendita fondiaria, la costituzione di una classe di grandi fittavoli ed una struttura feudale resistente. Il regime feudale cambiava da luogo a luogo. Ai vecchi signori vennero sostituiti i nuovi ricchi nobilitati e titolati; i diritti feudali e signorili gravavano sui contadini, già oppresso dalle decime ecclesiastiche e dalle imposte regie. Nonostante ciò la Francia riuscì ad espandersi e modernizzarsi durante il 700. Per esempio, dai tempi del Re Sole il volume del commercio con l'estero era aumentato del 200%, la flotta mercantile aveva 2341 navi nel 1788; le infrastrutture furono modernizzate, poiché il Corpo di Ingegneri di ponti e strade (costituito nel 1716) aveva aperto la sua scuola nel 1747. Quindi alla fine del secolo la Francia contava 40.000 km di strade da 12-20m di larghezza. Nonostante ciò la Francia arrivò più tardi, rispetto all'Inghilterra, alla Rivoluzione industriale per vari motivi: mancata integrazione tra agricoltura e industria; carattere prevalentemente artigianale delle attività manifatturiere; metodi arcaici di produzione industriale; assenza di un ruolo decisivo dello stato nell’introdurre una nuova organizzazione industriale e nell’incoraggiare nuovi modi di produzione; scarsi incentivi nell’investimento industriale; scarsa disponibilità di carbone. La coesistenza di arretratezza e sviluppo fu visibile anche nell’organizzazione dei ceti sociali. La casta della nobiltà era molto composita. Essa era formata da un vertice di 4000 famiglie, detto partito della corte; dalla massa della nobiltà di campagna; da tutti coloro che esercitavano cariche pubbliche con un titolo nobiliare; e da aristocratici poveri. La nobiltà risultava una casta chiusa che aveva accentuato i caratteri dell’ordine privilegiato. Lo 0,5% della popolazione francese apparteneva al clero. Il terzo stato era il prodotto della crescente articolazione politico-amministrativa, dell'espansione economica e delle trasformazioni avvenute in campagna ed in città. Ne facevano parte: uomini d'affari, banchieri, appaltatori d'imposta, pubblici funzionari, proprietari terrieri non nobili, avvocati, notai, medici ed ingegneri. Alla fine del 700, a Parigi, su una popolazione di 600.000 abitanti, un terzo della popolazione era costituito da lavoratori, artigiani e plebe povera. Gli appartenenti al terzo stato non avevano identità di classe, le loro aspirazioni erano dirette verso il feudo ed il titolo nobiliare. Le forme di investimento che preferivano erano: la terra, gli uffici, il debito pubblico e l'appalto delle imposte. Nello stato di crisi che condusse verso la Rivoluzione confluirono vari fattori: le tensioni interne alla società di ordini; il malcontento dei ceti popolari e dei contadini; l'influenza delle idee illuministiche; la complessiva arretratezza del sistema politico e la crisi politica e finanziaria della monarchia. Il regno di Luigi XV aveva avuto il suo periodo migliore durante il ministero di Fleury. Alla sua morte, Luigi XV assunse il governo del Paese, ma la monarchia fu fortemente influenzata sia dal conflitto fra partiti diversi a corte, sia dall’opposizione dei Parlamenti contro qualsiasi intervento del sovrano. Questa opposizione continuò fino al 1770, quando un colpo di stato, svolto da Maupeou, soppresse il parlamento di Parigi e gli altri parlamenti ostili alla politica del re, affidandone le giurisdizioni a Consigli di nomina regia. Luigi XVI, salito al trono nel 1774, reintegrò i parlamenti ma promosse una politica riformatrice, affidandone le direzioni a Turgot. Il suo piano di riforma prevedeva: libera circolazione delle merci, abolizione delle corporazioni, ridimensionamento dei diritti feudali nelle campagne, eliminazione del sistema dell'appalto delle imposte, istituzione di un'imposta fondiaria, riduzione di pensioni e appannaggi della nobiltà di corte e dell'alto clero. Era un progetto riformatore di ispirazione illuministica, perciò nobili, clero e Parlamenti indussero il re a cacciare Turgot. L'impegno della Francia nella guerra d'indipendenza americana contribuì a dissanguare le finanze pubbliche. Il successore di Turgot, Necker, fece ricorso ad un indebitamento pubblico e, nel 1781, pubblicò il bilancio dello stato. Il suo esperimento fallì, sia perché gli interessi sul debito pubblico superarono le entrate dello Stato, sia perché corte, nobiltà, clero, Parlamenti e operatori finanziari, a cui aveva sottratto gli appalti sulle imposte di consumo, si opposero. Dopo l'allontanamento di Necker, nel 1781, la monarchia doveva recuperare credito e fiducia, rafforzare il controllo regio e l'apparato assolutistico dello stato ed attuare una serie di riforme per salvare il sistema. Nel 1783 fu nominato ministro de Calonne, che propose una serie di misure per l’assestamento del bilancio statale, ad esempio: un'imposta fondiaria proporzionale alla rendita, provvedimenti di liberalizzazione del commercio, creazione di una banca nazionale su modello inglese, ecc. Per garantirsi l'alleanza dei vari ceti, Calonne pensò di convocare un'assemblea di notabili, formata da rappresentanti della nobiltà di sangue, di toga, magistrati, intendenti ed eletti delle città. Tutti si opposero alle sue misure e fu richiesta la convocazione degli stati generai. Nel 1788 il re trasferì a una corte di nomina regia la prerogativa del Parlamento di Parigi di registrare le leggi e attribuì a corti inferiori alcune competenze giudiziarie. Subito nobiltà e terzo stato reagirono riconvocando gli stati provinciali. Luigi XVI fece riformare anche la procedura penale, sopprimendo la tortura e limitando la pena di morte. Il sovrano fu poi costretto a richiamare Necker e a promettere la convocazione degli stati generali per il maggio 1789. GLI STATI GENERALI Necker cercò di non assumere nessuna iniziativa politica di rilievo fino alla convocazione degli stati generali. Il problema centrale della discussione era quello delle modalità di convocazione e di voto dell'assemblea. Nel 1788 il Parlamento di Parigi dichiarava che i 3 ordini dovevano riunirsi e votare separatamente. Necker, tramite convocazione degli stati generali, voleva sia ridimensionare il potere della nobiltà, sia favorire ilterzo stato senza mettersi alle sue dipendenze. La soluzione era quella di proporre un doppio numero di rappresentanti per il terzo stato e di usare la votazione per testa e non per ordine. | nobili non erano d'accordo, quindi inviarono al re una supplica. Il Consiglio del re accordò al terzo stato il raddoppio, quindi la nobiltà esplose causando la guerra civile. In tutta la Francia furono convocate assemblee per eleggere i deputati agli stati generali. Mediante registri di richieste, petizioni e denunce redatti nelle assemblee e presentati al sovrano, si possono dedurre i sentimenti comuni dei vari strati sociali così come i motivi dei conflitti tra ceti. Nobiltà e gruppi del terzo stato avevano alcuni valori comuni, quali: la devozione alla monarchia ma, al tempo stesso, il bisogno di sostituire il potere assoluto del re con il potere legislativo di una rappresentanza nazionale; la fine del dispotismo dei ministri e la limitazione del centralismo burocratico grazie allo sviluppo di autonomie regionali; ragionevole affermazione della libertà di stampa; tolleranza religiosa. Anche i motivi del conflitto sono altrettanto chiari: i ceti privilegiati volevano il mantenimento del sistema degli ordini, si opponevano al voto per testa e all’abolizione dei diritti signorili; il terzo stato, invece, rivendicava il voto per testa e sosteneva che la libertà corrispondesse all’uguaglianza di diritti. Gli stati generali si riunirono a Versailles nel 1789. Metà dei deputati era costituita da rappresentanti del terzo stato, l’altra metà dai rappresentanti di nobiltà e clero. Questi ultimi, inizialmente rifiutarono al proposta del terzo stato di riunirsi in un’unica assemblea, ma poi una mozione a favore dell’unicità dell’assemblea passò a maggioranza nel clero. Però l'assemblea non poté riunirsi perché il re fece trovare chiusa la sala dove si svolgevano le riunioni degli stati generali. Allora i delegati si riunirono nella sala destinata al gioco della dichiarava guerra all'Inghilterra, all’Olanda e alla Spagna. Per la Francia iniziavano i rovesci militari. Amarzo fu evacuato il Belgio. Il 4 aprile il generale Dumouriez si consegnò agli austriaci. Nello stesso mese la Francia perse tutte le terre conquistate sulla riva sinistra del Reno. L'altro pericolo per la rivoluzione fu costituito dalla crisi finanziaria, poiché il valore della moneta era crollato e le requisizioni di grano per l’approvvigionamento di truppe e popolazione avevano acuito il conflitto tra campagna e città. Proprio l'odio contro la città e l'obbligo di leva di massa scatenarono la guerra civile. A partire dal 10 marzo l’ovest contadino francese insorse. | suoi bersagli erano: la repubblica giacobina, la coscrizione obbligatoria e la città che depredava la campagna. | suoi valori positivi erano: il re, la chiesa dei preti refrattari e la difesa della piccola proprietà contadina. Nell'aprile 1793 la convenzione costituì un comitato di salute pubblica che aveva il compito di vigilare sul consiglio esecutivo e sui ministri affinché mettessero a punto misure urgenti: il maximum dei prezzi dei grani, un calmiere fissato da ciascun dipartimento e il corso forzoso degli assegnati. Un mese prima fu istituito un tribunale rivoluzionario per processi sommari ai sospetti. L'altra congiura che interessò la rivoluzione tra aprile e giugno 1793 fu l’inasprimento della lotta politica interna. Da un lato vi erano i girondini, l'ala moderata della convenzione; dall'altro, i montagnardi sostenuti dai sanculotti. | montagnardi ebbero il sopravvento. Ai primi di giugno una folla minacciosa circondò la sede della convenzione e costrinse i deputati ad approvare una mozione che prevedeva l'arresto di alcuni girondini. La guerra civile stava investendo anche la Bretagna, la Normandia e la Provenza, che si opponevano alla guida parigina della rivoluzione. A Parigi stessa si radicalizzava lo scontro sociale. A guidare i sanculotti vi erano i cordiglieri e gli arrabbiati. Il leader dei cordiglieri, Hébert, affermava posizioni antiparlamentari e chiedeva punizioni esemplari per aristocratici e ricchi borghesi. Sul fronte internazionale, nel 1793, gli austriaci avevano invaso la parte settentrionale della Francia. Ma la Francia non si avviò verso l'anarchia. La costituzione del 1793 rappresentò una grande novità: l'elezione a suffragio universale maschile con il sistema uninominale dell'assemblea legislativa. La preoccupazione di coloro che costituivano la convenzione era quella di contemperare istanze di democrazia parlamentare-rappresentativa con quelle di democrazia diretta e ciò è testimoniato dal fatto che, da un lato, tutto il potere legislativo era affidato ad un'unica assemblea, dall'altro, per l'approvazione di leggi importanti per la vita nazionale era previsto il referendum. Però la costituzione del 1793 non entrò mai in vigore. IL TERRORE (SETTEMBRE 1793-LUGLIO 1794) Nelle condizioni storiche francesi tra luglio 1793 e luglio 1794 si attuò un aumento del potere esecutivo con il suo slittamento verso la dittatura. Il primo passo fu il rimpasto del comitato di salute pubblica, da cui uscì Danton ed entrarono a farne parte esponenti montagnardi e dell'estrema sinistra, tra cui Robespierre. Il secondo passo fu il controllo del comitato su tutta la società e sui comitati di vigilanza. Il terzo passo fu l'organizzazione di una giustizia rivoluzionaria. Il 17 settembre 1793 la convenzione votò la legge dei sospetti, che imponeva a tutti i cittadini l'obbligo di un certificato di civismo. Questi erano i fondamenti di un regime di dittatura che prevedeva l’accentramento del potere nel comitato di salute pubblica, lo smantellamento dei club e delle società popolari ed il controllo rigido dell'economia e della politica da parte del governo rivoluzionario. Le giustificazioni di tale cambiamento erano: invasione straniera, guerra civile, complotti aristocratici e monarchici e cospirazioni dei traditori. Il motivo ispiratore era quello di salvare la nazione, la repubblica e la rivoluzione. Una più forte riforma agraria non fu sufficiente a fermare i sanculotti, che invasero la convenzione. Ma Robespierre riuscì a mutare gli obiettivi dei sanculotti, arruolandoli in un esercito rivoluzionario per la requisizione del grano nelle campagne e per l'osservanza di calmieri e accaparratori. Il bilancio della repressione vandeana fu tragico. L'armata cattolica e reale (l’esercito dei ribelli della Vandea) cercò di raggiungere la Manica ma fu massacrata dalle armate repubblicane e morirono circa 250.000 persone. Tra i meriti del Comitato di salute pubblica vi era la riorganizzazione dell'esercito, poiché la leva di massa portò l’esercito effettivo a circa 1mIn di uomini ed i successi militari non si fecero attendere. Dunkerque fu liberata e successivamente anche Strasburgo e Landau, assediate dagli austriaci. Alla fine del 1793 la dinamica del potere all’interno del comitato vedeva in ascesa Robespierre, ascesa favorita dall’assassinio di Marat, pugnalato dalla filogirondina Charlotte Corday. Ma nella convenzione Robespierre aveva nemici a destra e sinistra: gli arrabbiati e gli indulgenti con a capo Danton. Quest'ultimo si rese conto che la violenza doveva terminare e bisognava instaurare la pacificazione e la concordia nazionale. L'opposizione hébertista fu distrutta a marzo 1794 ed Hébert ed altri esponenti furono ghigliottinati su ordine di Robespierre e Saint-Just. Anche Danton fu ghigliottinato insieme a Desmoulins per aver preso le difese di alcuni esponenti indulgenti coinvolti in traffici illegali con la Compagnia delle Indie. Il comitato di salute pubblica era ormai interamente nelle mani di Robespierre che, con la legge del 10/06/1794 dichiarava il Grande Terrore -> la violenza come sistema di governo. Le vittime di questo periodo furono oltre 15.000. Robespierre seppe raccogliere le forze militari e lanciarle verso la vittoria di Fleurus contro gli eserciti stranieri. Questa vittoria fu importantissima perché consentì alle armate rivoluzionarie di entrare in Belgio, conquistare Bruxelles e occupare la Catalogna. Nel luglio 1794 un complotto, per mano di membri del comitato di salute pubblica ed esponenti della convenzione, condusse Robespierre all'arresto, insieme a Saint-Just ed alla successiva ghigliottina, che pose fine alla dittatura giacobina. TERMIDORO (1794-95) Nel mese di Termidoro (19/7-17/8) dell’anno Il della repubblica, finiva il periodo più intenso della Rivoluzione francese. Ma il passaggio dal governo monarchico a quello repubblicano era stato legittimato dalla politica e dai comportamenti della corte, così come favorito dal consenso di vaste aree sociali del paese e quasi imposto dall’identità fra sistema monarchico e antico regime. L’ulteriore passaggio, cioè da fondazione della democrazia politica e sociale a regime repubblicano, si sviluppò fra vari squilibri. Però non bisognava dimenticare il salvataggio della rivoluzione; la realizzazione dell'unità nazionale contro i nemici esterni; la vittoria di Fleurus che cambiò la posizione internazionale della Francia; l’evitata bancarotta; le ampie disposizioni atte ad abolire i privilegi feudali e la loro conseguente soppressione senza indennità che rappresentò il superamento dell’antico regime. La reazione francese dopo Termidoro e la caduta di Robespierre prese varie strade. Furono aboliti i tribunali speciali, eliminati gli strumenti della dittatura, evacuate le carceri, ecc. ma la caccia al giacobino alimentò ulteriori violenze e forme di terrore. L’11/11 1794 la Convenzione decise la chiusura dei club giacobini e cercò di limitare i mutamenti politico- istituzionali mediante la riduzione dei poteri del comitato di salute pubblica e la riammissione dei girondini alla convenzione. La nuova politica economica portò alla fine dell'economia regolata, alla liberalizzazione del commercio ed all’abolizione di tutti i calmieri. Tali provvedimenti, insieme alla crisi agraria, provocarono una rivolta popolare dei sanculotti parigini. La convenzione dichiarò lo stato d'assedio e i sanculotti furono privati dei leader. La costituzione dell’anno III, approvata dalla convenzione il 22/8 1795 sostituì un articolo con il principio che “l’uguaglianza consiste in ciò, che la legge è uguale per tutti”. Il suffragio universale venne abolito e ritornava ad essere a doppio grado: gli elettori designati dai cittadini attivi dovevano essere proprietari di un patrimonio dal reddito non inferiore a 200 giornate lavorative nei centri più grandi, nei centri più piccoli dovevano essere affittuari di un immobile o di un fondo rustico. Il Paese legale era pertanto costituito da circa 30.000 elettori che eleggevano un corpo legislativo di 750 membri. Tale corpo era diviso in due consigli: il consiglio dei cinquecento, che proponeva provvedimenti e votava le risoluzioni del secondo consiglio, il consiglio degli anziani, che doveva approvarle e trasformarle in leggi. Il governo fu affidato ad un direttorio di 5 membri, scelti dagli anziani in base ad un elenco fornito dai cinquecento. Esso durava in carica 5 anni e nominava i ministri che sarebbero stati dipendenti dallo stesso direttorio. | principi della proprietà privata e del liberismo economico furono solennemente sanciti nella nuova carta costituzionale. La costituzione fu approvata tramite plebiscito. Con la costituzione dell’anno IIl i termidoriani fecero valere i principi della separazione dei poteri, del ritorno alla democrazia rappresentativa e del primato della legge. IL PRIMO DIRETTORIO (1795-97) Le elezioni del 1795 furono favorevoli ai monarchici. Ma al Direttorio, cioè al potere esecutivo, riuscirono a imporre 5 personalità che avevano votato per la condanna a morte di Luigi XVI. A sinistra: Barras e Reubell. A destra Carnot, Letourneur, La Révelliere-Lépeaux, ecc. Sul piano interno l’esecutivo dovette affrontare un peggioramento della conflittualità sociale e politica. Nell'inverno del 1795-96 Babeuf e Buonarroti dettero vita a una congiura contro il Direttorio, detta congiura degli eguali. Buonarroti, seguace di Robespierre, era stato imprigionato e, in carcere, aveva conosciuto Babeuf, con il quale mise a punto il programma ideologico e politico della congiura degli eguali. La dottrina politico-sociale, detta babuvismo, prevedeva l'eguaglianza dei salari, l'abolizione della proprietà privata, il controllo completo sulla distribuzione del reddito, la soppressione dell'eredità e l'educazione comune. Inoltre predicava il comunismo dei beni. Sul piano pratico il babuvismo non sortì effetto poiché la congiura fu scoperta e Babeuf fu condannato a morte, invece Buonarroti fu deportato. Tra la fine del 1796 e l’inizio del 1797 la crisi finanziaria investiva la Francia. Il direttorio aveva sostituito gli assegnati con il mandato territoriale. La sua inflazione indusse a ritornare alla moneta metallica. Bancarotta e indebitamento dello stato crearono una condizione di dipendenza del direttorio dalla finanza privata e dai banchieri. Sul piano della politica internazionale, il direttorio ottenne discreti successi. Nel 1795 furono stipulati due trattati: Basilea, con la Prussia, che aveva riconosciuto il passaggio alla Francia della riva sinistra de Reno; dell'Aia, con l'Olanda, che aveva dovuto accettare l'occupazione francese del suo territorio e la sua trasformazione in repubblica democratica. La Spagna, che aveva aderito al trattato di Basilea, aveva dovuto cedere una parte di Santo Domingo alla Francia. Nei primi mesi del 1796 solo l’Inghilterra e l’Austria rimasero in armi. La guerra, per il Direttorio, era indispensabile per consolidare l’unità nazionale, per far valere il prestigio del nuovo regime e per bilanciare la crisi finanziaria. Così all’inizio del 1796 3 armate furono lanciate contro l’Austria: in Europa centrale, sul confine con la Svizzera e in Italia. L'armata d’Italia ebbe la meglio e riuscì a far spostare su questo fronte il centro della guerra. NAPOLEONE BONAPARTE E LA CAMPAGNA D’ITALIA Il comando dell’armata d'Italia fu affidato dal direttorio a Napoleone Bonaparte. Egli nacque nel 1796 ad Ajaccio e frequentò le scuole militari di Brienne e Parigi, conseguendo nel 1785 il grado di sottotenente d'artiglieria. Completò poi la sua preparazione militare in Corsica, dove fu costretto a provvedere alla sua famiglia a causa della morte del padre. Dapprima Napoleone aderì al movimento per l’indipendenza della Corsica, ma quando l'Assemblea costituente proclamò l'annessione della Corsica alla Francia, Napoleone si schierò con la fazione francese e giacobina. In Corsica scoppiò una guerra civile e l'isola fu occupata dagli inglesi. La famiglia Bonaparte si trasferì a Tolone, in Francia. Qui fu affidato a Napoleone il comando dell'artiglieria che liberò la città dall'assedio dei realisti appoggiati dagli inglesi. Quindi N. ottenne la promozione a generale di brigata. Le sue idee filogiacobine gli crearono seri problemi, infatti fu arrestato e processato dopo Termidoro. Una volta rimesso in libertà, fu trasferito al fronte della Vandea. Nel primo direttorio ascese al potere Barras, che lo volle come esperto militare e gli affidò la repressione degli ultimi focolai insurrezionali a Parigi. Quindi Bonaparte ottenne il grado di maggiore generale e il comando dell’armata dell'interno; successivamente il comando dell’armata d’Italia. Fu merito di N. il risanamento dei rapporti tra capi e masse militari, perché egli seppe unire i valori assegnati alla guerra con gli ideali rivoluzionari. Nel giro di un mese, N. piegò il regno di Sardegna, costringendo Vittorio Amedeo III a firmare l'armistizio di Cherasco, il 28/4/1796. 11 15/5 entrò a Milano, dove creò una municipalità di patrioti e costrinse il direttorio a rivedere i suoi piani: quest’ultimo non voleva conquistare la Lombardia, voleva solo spremerla finanziariamente e usarla come merce di scambio con l’Austria. La mancata offensiva di Moreau, permise agli austriaci di trasferire truppe in Italia e di lanciare contro Napoleone alcune spedizioni. L'assedio di Mantova fu rimandato, poiché la città capitolava. Quindi N. si spinse nei territri pontifici, dove Pio VI fu costretto a firmare la pace di Tolentino e a rinunciare a Bologna, Ferrara e alla Romagna. Nel 1797, N si spinse verso Vienna, tramite Udine. Firmò i preliminari di pace con l’Austria, per la quale Lombardia e Belgio venivano dati alla Francia e l’Austria riceveva parte del Veneto. La campagna d'Italia rappresentò una nuova forma di guerra: la guerra lampo, che fu frutto del genio del comandante, dello slancio dell'esercito rivoluzionario, delle innovazioni della teoria e della pratica bellica, ecc. Nel 1796 la Rivoluzione aveva creato un esercito di cittadini, in cui il merito ed il talento individuali erano premiatissimi. La campagna d’Italia rafforzò la posizione politica di Napoleone in Francia e così iniziava il suo percorso verso il potere. IL SECONDO DIRETTORIO (1797-99) Le vittorie dell’armata d’Italia fecero emergere Bonaparte come un grande vincitore. Dopo l'afflusso di risorse dai Paesi conquistati da Napoleone emersero motivi di tensione sociale, poiché il ritorno alla moneta metallica determinò una brusca deflazione. L'abbondanza dei raccolti del 1796-97 fece crollare il prezzo dei prodotti agricoli, il che fu motivo di frustrazione per i contadini e i piccoli proprietari. La destra monarchica era in ripresa, infatti le elezioni del 1797 la fecero trionfare. Furono i militari repubblicani a salvare la rivoluzione, ma il prezzo di tale salvataggio fu un colpo di stato. | realisti e i moderati avevano cercato di riorganizzare la guardia nazionale chiedendo la chiusura dei club costituzionali. Quindi furono i militari e Napoleone a soccorrere il Direttorio. Nella notte tra il 3 e il 4 settembre 1797 un'armata comandata da uno dei subordinati di Napoleone occupò Parigi, arrestò i capi realisti e uno dei membri del Direttorio. In una seduta dei consigli, con esclusiva partecipazione dei repubblicani, fu annullata l’elezione di 198 deputati e alcuni di loro furono condannati alla deportazione. Nel periodo del secondo direttorio furono messe in atto tutte le misure tipiche delle fasi successive ai colpi di stato: inasprimento delle leggi sui controrivoluzionari, censura e stampa sottoposta, per la riforma della legislazione civile. | risultati dei suoi lavori furono vagliati dal consiglio di stato. Nel marzo 1804 tutte le leggi furono raccolte nel codice civile, poi chiamato codice Napoleone, in cui il diritto era razionalizzato e i valori borghesi del 1789 trovarono applicazione nella vita giuridico- amministrativa. Il governo consolare di N. accentuò la componente autoritaria, mediante epurazioni di oppositori nel Tribunato e nel Corpo legislativo; premiazioni dei più fedeli; forte apparato poliziesco affidato a Fouché; abolizione della libertà di stampa e opinione per il successo del plebiscito che aveva lo scopo di trasformare il mandato decennale del primo console in vitalizio. Il 2/8/1802 il senato proclamò Napoleone primo console a vita. CAPITOLO 16: L'IMPERO NAPOLEONICO BONAPARTE IMPERATORE La costituzione dell’anno VIII aveva accentuato i poteri del primo console, riconoscendogli il diritto di designare il successore e di nominare i membri del legislativo. Napoleone rafforzò ulteriormente i suoi poteri e ridusse il ruolo di quelli che avevano eseguito con lui il colpo di stato del 18 Brumaio, riuscendo così a far valere la sua autorità sui nuovi senatori. L'epilogo della vicenda politico-istituzionale si ebbe dopo una congiura contro Napoleoni da parte di vandeani, ex giacobini e generali, tra cui Moreau e Pichegru. Bonaparte ebbe una reazione spietata: Moreau fu esiliato e Pichegru fu trovato morto in carcere. A sua volta, il duca di Enghien, accusato di essere a capo della congiura, fu fatto rapire all’estero e fucilato in patria. Quindi venne varata la Costituzione dell’anno XII, nel cui primo articolo era definita la nuova forma di governo: repubblica. La dignità imperiale era ereditaria e, in assenza di figli maschi, Napoleone poteva decretare il successore. L'ennesimo plebiscito approvò la proclamazione dell'impero e il 2/12/1804 Pio VII offrì la corona imperiale a Napoleone. | contenuti del giuramento fatto da Napoleone integravano nuovo e antico: un autocrate illuminato legittimava il suo potere davanti alla nazione con l'impegno di consolidare le principali conquiste della Rivoluzione, l'eguaglianza, la libertà e il diritto inalienabile della proprietà. La Francia napoleonica si presentava come uno stato in cui coesistevano uno schema monarchico- costituzionale e elementi di rinnovamento sociali e democratici. Nel periodo dell'impero nacque una nuova classe dirigente, ovvero la borghesia degli affari, della proprietà fondiaria, della politica e dell’amministrazione. Due pilastri istituzionali permettevano ai cittadini di acquisire gli elementi per la promozione sociale e l'affermazione nella società stessa: il codice civile e il nuovo sistema scolastico. Il codice civile aveva come basi: libertà civili e personali, laicità dello stato, libertà del lavoro e della proprietà. Perciò appariva importante la regolamentazione del possesso, quindi il cittadino veniva considerato come proprietario, e in quanto tale veniva protetto. Altro perno della società civile era la famiglia, che fu regolata con norme atte al recupero della figura paterna e alla definizione di leggi di successione. Il meccanismo di accesso al patrimonio familiare fu ampliato a tutti i figli, determinando mobilità di ricchezze ma anche frammentazione dei beni. Il cardine del sistema scolastico napoleonico fu rappresentato dai licei di stato in cui, previo pagamento di una retta, entravano i figli dei notabili. Una disciplina rigorosa su modello militare fu imposta anche alle università (Grandes écoles) alle quali si accedeva dopo una selezione. Accanto alle università, nacque la scuola politecnica, che consentiva il proseguimento degli studi nelle scuole di applicazione di tipo civile e militare. Era importante la formazione tecnica delle giovani leve, per creare una élite specializzata nella gestione dell’amministrazione pubblica. Riportare un principio d'ordine e di gerarchia nella polverizzazione della società e premiare la fedeltà al nuovo regime, erano i principi cardine dell’organizzazione sociale napoleonica. Egli costruì una corte imperiale, ristrutturò la Legion d’onore che fu trasformata in onorificenza. Creò la nobiltà imperiale, nel 1808, che servì a raggruppare notabili, militari, funzionari, arcivescovi, vescovi e senatori. La parte principale della nobiltà imperiale era comunque della borghesia. Il potere personale di Napoleone ebbe il consenso dei notabili, garantendo la scomparsa di opposizioni, e permise la soppressione del Tribunato, lo svuotamento del Corpo legislativo e quello del Senato. Dopo il 1807 i ministri furono scelti dall'imperatore. ALLA CONQUISTA DELL'EUROPA Un anno prima della proclamazione dell'impero, l’Inghilterra aveva riaperto il conflitto contro Napoleone, per la mancata stipula del trattato commerciale previsto dalla pace di Amiens e per la paura dell’espansionismo francese. Nel 1803 Napoleone aveva esteso il suo dominio in Toscana e nella confederazione elvetica. Nel 1805 N. pensò di attaccare l'Inghilterra, essendo alleato con la Spagna. Nello stesso anno la flotta franco-spagnola fu sconfitta a Trafalgar dagli inglesi e l'ammiraglio Nelson morì nello scontro. Nello stesso anno, l'Inghilterra di Pitt era diventata il punto di riferimento della terza coalizione antifrancese, a cui presero parte: Inghilterra, Russia, Austria, Svezia e Regno di Napoli. Ma al predominio per mare dell'Inghilterra corrispondeva il predominio via terra della Francia. L'esercito francese, oltre ad essere più grande, era meglio organizzato, più veloce negli spostamenti e capace di sfruttare l’effetto sorpresa. La vittoria francese di Ulm e quella di Austerlitz, il 2/12/1805, obbligarono l’Austria a trattare la pace (trattato di Presburgo) con cui si attuavano: la cessione dell’Istria, della Dalmazia e del Veneto al regno d’Italia; il Tirolo alla Baviera; pagamento di un indennizzo di guerra. Dopo Austerlitz, la Prussia si alleò con la Francia. Il 1806 segnò la conquista del Regno di Napoli da parte del generale Massena e il fratello maggiore di Napoleone, Giuseppe, fu incoronato re di Napoli. La nuova organizzazione politica della Germania con la formazione della Confederazione del Reno fu motivo di preoccupazione per le altre potenze, che diedero vita alla quarta coalizione antinapoleonica. La risposta dell’imperatore fu il blocco continentale. A fianco di Inghilterra, Russia e Svezia si pose anche la Prussia (perché N. voleva cedere l’Hannover all'Inghilterra in cambio di pace). Lo scontro militare non fu favorevole alla coalizione, infatti la Prussia fu sconfitta a Jena e ad Auerstàdt nell'ottobre 1806. Quindi Napoleone entrò a Berlino smembrando lo stato. Nacque il regno di Vestfalia retto dall'altro fratello di Napoleone, Girolamo. La guerra continuò contro la Russia, che fu battuta dai francesi a Eylau e a Friedland. Con la pace di Tilsit fu riconosciuto ufficialmente il regno di Vestfalia e fu creato il granducato di Varsavia, che fungeva da stato cuscinetto per un'eventuale ripresa di conflitto da parte della Russia. Napoleone ottenne anche un impegno dai russi: se l'Inghilterra avesse voluto proseguire il conflitto, piuttosto che stipulare la pace, la Russia avrebbe sostenuto la Francia. Dal 21/11/1806, col decreto di Berlino, entrò in vigore il blocco continentale che vietava qualsiasi traffico con l'Inghilterra. Il blocco fu perfezionato da altri 2 decreti: sarebbero state dichiarate nemiche le navi che avessero regolarmente commerciato con la GB. Gli effetti del blocco non furono quelli sperati, infatti il contrabbando riuscì a forzare pure i controlli più rigidi. Il blocco, inoltre, non si poteva applicare né ai paesi del nuovo mondo né all’Asia. Quindi lo stesso Napoleone fu costretto a concedere licenze per non compromettere il rapporto di import-export con l'Inghilterra e la commercializzazione di zucchero, caffè e cotone. Il blocco provocò la reazione del sentimento nazionale inglese contro la Francia. Spagna e Portogallo risentirono particolarmente di questo ristagno commerciale. Quindi Napoleone fece invadere il Portogallo da Junot, ma l’arrivo delle truppe inglesi in Portogallo fecero fuggire Junot. N. intervenne anche in Spagna, approfittando del contrasto tra l’imperatore Carlo IV e suo figlio. Infatti Carlo e il suo ministro Godoy erano schierati con la Francia, a differenza di Ferdinando. Napoleone spodestò entrambi e, il 10/5/1808, fece proclamare suo fratello Giuseppe re di Spagna. La Spagna reagì e iniziò un’estenuante guerriglia organizzata dalla nobiltà e dal clero. | francesi vennero sconfitti dagli insorti a Bailén e Napoleone dovette intervenire, poiché suo fratello aveva lasciato Madrid. Da entrambe le parti furono compiuti massacri e violente repressioni. Dalla rivolta spagnola partì l'impulso per la quinta coalizione antifrancese, della quale facevano parte: Austria e Inghilterra. La campagna di guerra si svolse nell’estate 1809. Napoleone sconfisse gli austriaci a Wagram, entrò a Vienna e impose la pace di Schònbrunn, con la quale l’Austria perdeva la Galizia settentrionale, la Carinzia e la Carniola; Fiume, Trieste, l’Istria e la Dalmazia furono separate dal regno d’Italia e annesse all'impero francese con il nome di Province Illiriche. Sulla scena europea, nella veste di cancelliere dell'Austria, si affacciava il principe di Metternich, che provvide a legare l’Austria alla Francia. Inoltre offrì in sposa a Napoleone una delle figlie di Francesco |, l’arciduchessa Maria Luisa. Napoleone, divorziato da Giuseppina, colse l'occasione per legare a sé la più famosa e antica dinastia europea, sposando una principessa dalla più alta nobiltà dinastica e legandosi alla sua famiglia. Il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa fu celebrato l’1/4/1810 a Saint-Cloud. Un anno dopo nacque l'erede: Napoleone Francesco Carlo, intitolato re di Roma. L’ITALIA NAPOLEONICA Nel 1802 la repubblica cisalpina diventò repubblica italiana. La presidenza fu assunta da Napoleone che ne lasciò la gestione a Francesco Melzi d’Eril. Questi introdusse: l’accentramento amministrativo, la coscrizione militare, la riorganizzazione del sistema delle scuole superiori, l'imposta fondiaria come cardine del siste impositivo, il consolidamento del debito pubblico, un concordato con la sede apostolica per riconoscere il cattolicesimo come religione si stato. Nel 1805 la repubblica italiana si trasformò in regno d’Italia e Napoleone fu incoronato re. Per quanto riguarda l’organizzazione dello stato e della società nel regno d’Italia, il Consiglio di stato, composto dai ministri, affiancava Melzi d'Eril nelle sue funzioni e aveva competenze consultive nelle problematiche politico-amministrative. Inoltre elaborava i progetti di legge. Un altro organo significativo era il Senato, che approvava i disegni di legge, presentava al re le istanze della società civile, controllava il rispetto dei diritti dei cittadini. La novità fu la struttura dei ministeri, che aveva varie competenze: affari interni ed esteri, guerra e marina, giustizia, finanze, tesoro e culto. L'insieme dei codici francesi posero le basi per uno sviluppo della società in senso individualistico e liberal-capitalistico. Anche il sistema giudiziario fu modificato, la figura del giudice di pace venne posta alla base di una strutta a piramide. Questi aveva competenze specifiche per vertenze civili, penali e commerciali di rilevanza marginale. Per cause di maggiore importanza la competenza spettava al tribunale di prima istanza. Il sistema era completato da corti di appello e corti di cassazione. Sul terreno finanziario, i criteri a cui dovevano sottostare le amministrazioni erano: contabilità ordinata, imposta fondiaria adeguata in base ai nuovi rilievi catastali. Questa imposta, generalmente gravante sui possidenti, fu attenuata dal generale aumento dei prezzi agricoli e dalla crescita della rendita fondiaria. Dei territori italiani non ancora francesi furono annessi al regno d’Italia: la Toscana, le Marche, il Lazio e l'Umbria. Il regno di Napoli, occupato nel 1806, divenne parte integrante dell'impero. Tutta l’Italia, tranne Sicilia e Sardegna, era napoleonica. Il rapporto tra possedimenti italiani e impero fu caratterizzato da un vincolo di dipendenza a cui i membri della dinastia napoleonica non potevano sottrarsi, infatti l'imperatore fu intollerante verso qualsiasi tentativo di autonomia. L’esecutività ed il rispetto di questo vincolo erano garantiti dal centralismo amministrativo. Cardini di questo sistema furono i funzionari di carriera: prefetti al Nord e intendenti a Napoli. Questi costituivano l'anello di congiunzione tra gli interessi della pubblica amministrazione e la società locale. Nel regno di Napoli si ebbero riscontri positivi poiché la centralizzazione amministrativa avviò il processo di modernizzazione istituzionale e di conseguenza fu adottato il nuovo ordinamento amministrativo, basato su organismi corporativi e censitari -> decurionati, consigli distrettuali e provinciali. Nel Mezzogiorno, la nuova società basata su gerarchia, disciplina, talento, merito e sviluppo tecnocratico consolidarono l’idea che il regime napoleonico avrebbe potuto produrre espansione economica e sviluppo sociale. Dopo l'occupazione militare delregno di Napoli, Giuseppe Bonaparte fu nominato re da Napoleone e si circondò di ministri francesi (Saliceti, Roederer) e ministri napoletani. La principale riforma promossa fu l’eversione della feudalità. A Giuseppe, successe Gioacchino Murat, con cui il regno assunse un carattere più nazionale. Creò un esercito locale di 60.000 uomini, si formarono una classe dirigente e un ceto di borghesia terriera e professionista grazie ai massicci trasferimenti di proprietà e grazie a un maggior impegno nell’amministrazione. LA CAMPAGNA DI RUSSIA Intorno al 1810 l'Impero napoleonico aveva raggiunto la massima espansione in Europa. Nell’Europa centro- settentrionale, l'impero germanico era stato riorganizzato. Nel 1806 si era costituita la confederazione del Reno. Dopo la sconfitta della Prussia, la Germania napoleonica si era arricchita di nuove formazioni politiche, come: regno di Sassonia e regno di Vestfalia, ma anche di stati di media grandezza, come Baviera, Baden, Wurttemberg, Assia e Nassau. Nel 1806 Francesco Il D’Asburgo-Lorena dichiarò la fine del sacro romano impero, dopo essersi dichiarato imperatore d’Austria col nome di Francesco |. Dopo il 1807, nell’area germanica, solo la monarchia austriaca e la Prussia erano indipendenti. La Prussia visse il disastro di Jena e le conseguenti perdite territoriali. Il sovrano prussiano e i suoi ministri promossero riforme importanti: la soppressione di tutte le forme di servitù terriera, la salvaguardia del diritto di proprietà, la ristrutturazione dell’amministrazione centrale e periferica. Tra il 1807 e il 1809 Napoleone costituì il granducato di Varsavia, che sarà poi trasformato in Polonia nel 1812. Altri stati vassalli della Francia furono: Confederazione elvetica, regno d'Olanda, Danimarca e Svezia. Una serie di cambiamenti nella geografia politica europea napoleonica nacque dal distacco dello zar Alessandro | dal blocco antinglese. Nel 1809 l’esercito russo aggredì la Svezia, sottraendole la Finlandia. L'atto generò in Napoleone il sospetto che Alessandro volesse continuare la tradizione espansionistica tipica degli zar. L’ostilità russa contro Napoleone era alimentata da motivazioni economiche, infatti la nobiltà mercantile non aveva mai tollerato il blocco continentale. Così in breve tempo la Francia divenne il bersaglio del popolo russo. Alessandro | nella primavera del 1812 si mosse sul terreno della diplomazia, trovando alleanza con la Svezia. L'imperatore francese concentrò tutto il suo potenziale militare a Dresda contro la Russia. Forze francesi, tedesche, polacche, lituane, italiane e svizzere componevano un esercito impressionante, con circa 700.000 uomini. | russi attuarono una tattica sorprendente: si ritirarono distruggendo e trasportando i raccolti nelle retrovie, lasciando le truppe napoleoniche senza rifornimenti ed in condizioni logistiche raccapriccianti. Questi, privi di rifornimenti ma spinti
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