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Un vivaio di storia di Aurelio Musi, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto storia moderna, dalla scoperta dell'America alla prima rivoluzione industriale

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 21/11/2023

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Scarica Un vivaio di storia di Aurelio Musi e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! L’ ETA’ MODERNA CAP. 1: IL SOGNO DELL’IMPERO, LA REALTA’ DI MONARCHIE E REPUBBLICHE L’analisi delle vicende storiche dell’Europa all’inizio della prima età moderna non può prescindere da una attenta valutazione dei principali attori politici e dai quadri di riferimento ideali in cui si muovono. Occorre partire dal ruolo dell’impero e dall’idea della monarchia universale per comprendere una situazione politico/territoriale complessa. All’inizio del XVI secolo, Carlo V d’Asburgo, in seguito a varie eredità, riunisce sotto di se un enorme insieme di possedimenti (domini d’Asburgo – attuale Austria -, Franca Contea, Paesi Bassi, Castiglia, Aragona, regno di Sicilia Napoli e Sardegna, gran parte dell’attuale Germania e Boemia), sembra quindi realizzarsi la rinascita del Sacro Romano Impero in cui l’imperatore rappresentava un onnipotente esecutore della volontà divina in terra. Già nei secoli precedenti l’impero romano era stato considerato un modello da imitare; Carlo Magno, con l’appoggio di Leone III, tra il’VIII e IX secolo, aveva tentato di far rinasce quell’antica istituzione universale. Carlo V, quale nuovo Carlo Magno, possiede teoricamente risorse economiche e forze in grado di far rinascere quel progetto, ma ben presto la complessità politica europea dimostra che quel sogno è irrealizzabile. Alla morte di Carlo V il regno viene diviso fra il figlio; a Filippo II: Castiglia ed Aragona, al fratello Ferdinando: Austria, Boemia ed Ungheria. E con questa divisione muore il progetto di un unico impero cristiano europeo. 1.1. LE NUOVE MONARCHIE... All’inizio dell’età moderna le monarchie dispiegano la loro autorità su territori di ampie dimensioni attraverso strutture burocratiche incaricate del controllo della vita civile e religiosa, dell’amministrazione della giustizia e della riscossione delle tasse. Precedentemente i sovrani erano visti come severi detentori della virtù della giustizia che, a somiglianza di Dio, punivano e premiavano raddrizzando torti e ricompensando meriti, unica autorità terrena in grado di riportare un’armonia sociale. Tra i Quattro e Cinquecento i sovrani aumentano le loro capacità di controllo di vasti possedimenti territoriali con conseguante aumento della capacità di prelievo fiscale. Con queste maggiori entrate le corone riescono a finanziare apparati burocratici stabili e soprattutto eserciti e flotte sempre più potenti. Questo accresciuto potere dei sovrani permetterà loro di liberarsi di ogni struttura di potere che li minacci; si pensi ai feudatari che erano abituati a considerarsi «quasi pari al re» , o alle città autonome che si autogovernavano e pretendevano una sostanziale indipendenza. Il secondo effetto della crescita del potere del re fu quello di considerare la propria sovranità come direttamente voluta da Dio e quindi non riconoscendo più alcun potere temporale come superiore al suo, né la teorica supremazia imperiale, né quella spirituale del papato. I sovrani pretesero un ruolo decisivo nella nomina di vescovi e abati, sino a giungere alla separazione dalla Chiesa di Roma – Riforma. Protestante.- Inoltre l’irrobustimento delle monarchie si legano con il primo formarsi di identità protonazionale contribuendo alla nascita e sviluppo di tradizioni/costumi comuni. Lo storico svizzero Jacob Burckhardt afferma che i processi di accentramento politico delle «nuove» monarchie hanno le loro radici nella cultura rinascimentale. Nel novecento agli storici la creazione di un entità superiore quale la monarchia è parsa il presupposto necessario per l’affermarsi di un progressivo principio di tendenziale uguaglianza dei sudditi. Tuttavia, in tempi più recenti si è affermato che le varie esperienze monarchiche europee – a parte la Francia – non hanno portato ad un superamento dei particolarismi amministrativi, culturale e politici in quanto i vari sovrani si limitarono ad accumulare vari possedimenti e territori senza portare ad un’effettiva fusione delle varie unità politiche, giuridiche ed amministrative. Lo storico inglese J. Elliott parla a questo proposito di «monarchie composite». La prima e più importante monarchia sulla scena europea è quella di Francia, erede del regno franco e retta dalla monarchia dei Valois che nella lunga guerra contro l’Inghilterra – guerra dei Cent’anni 1337/1453 - riuscì a cementare l’unità del regno nella difesa dalle pretese di dominio inglese. Il re Luigi XI di Valois (1451/83) proseguirà questo processo di aggregazione annettendo al regno di Francia le regioni dell’Angiò e della Provenza. Infine suo figlio, Carlo VIII (1483/98) completerà questo processo di espansione sposando Anna di Bretagna, erede di quel territorio. Questo processo di aggregazione e sostenuto da un rafforzamento dell’esercito, dall’imposizione di nuove tasse, da un crescente controllo sulla Chiesa francese e dalla creazione di una amministrazione e di apparati giudiziari stabili ed efficienti. I successori di Carlo VIII, nella prima metà del 1500, si trovarono ad operare in un contesto internazionale mutato dovendo agire per limitare la potenza degli Asburgo. In Inghilterra, dopo la sconfitta nella guerra dei Cent’anni, vi furono una serie di conflitti intestini fra le casate contrapposte degli York e dei Lancaster che si contendeva il diritto alla successione al trono inglese,- guerra delle Due Rose 1455/85. Soltanto con Enrico VII, (1485/1509) erede dei Lancaster e marito di Anna di York, la monarchia inglese ritrova la sua capacità di azione politica riorganizzando il sistema fiscale, istituendo un tribunale di diretta dipendenza era anche la sede della massima autorità spirituale del mondo cristiano: il papa. Chi avesse dominato la penisola Alla fine del Quattrocento l’Italia risulta divisa in numerosi stati medio/piccoli, incapaci di assoggettarne altri, ma capaci di opporsi ad essere assorbiti dagli altri. -Il ducato di Savoia, la repubblica di Genova, il ducato di Milano, la repubblica di Venezia, la signoria di Firenze, lo Stato della Chiesa, il Regno di Napoli. - Con la pace di Lodi (1454) i maggiori stati della penisola aveva siglato un accordo che mirava al rispetto del principio di equilibrio, dello status quo esistente. Nondimeno nel 1494, il re di Francia, Carlo VIII, scende in Italia con l’intento di acquisire il regno di Napoli che egli rivendica in quanto erede della estinta casata degli Angiò. Nel 1495 Napoli viene occupata senza che vi sia alcuna resistenza contro il potente esercito francese, successivamente il pontefice Alessandro VI promuove un’alleanza antifrancese Venezia/Milano/Imperatore/Re cattolici- che costringe Carlo VIII a ritirarsi. La spedizione francese evidenza comunque l’instabilità e debolezza della realtà italiana dovuti ai contrasti fra i potentati locali accentuata anche dallo spregiudicato papa Alessandro VI il quale mira ad istituire nella Stato della Chiesa una vera e propria dinastia a favore del figlio Cesare. A Firenze intanto dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, il potere dei Medici viene rovesciato da una rivolta di impronta repubblicana. Successivamente Girolamo Savonarola, predicando un ritorno allo spirito del vangelo e alla purificazione dai peccati della Chiesa corrotta, riesce ad influenzare il governo repubblicano della città spingendola ad allearsi con la Francia. Alessandro VI scomunica Savonarola che privo di appoggi viene condannato al rogo nel 1498. In un secondo tempo, nel 1512, le forze ispano- pontifice travolgono la repubblica fiorentina e ristabiliscono la signoria dei Medici. Nel 1499, il nuovo re di Francia, Luigi XII, si accorda con Ferdinando il Cattolico per spartirsi il Regno di Napoli; ma poi scoppia di nuovo la guerra fra i due che viene vinta dagli spagnoli. Intanto il papa Giulio II tenta di salvaguardare il potere temporale della Santa Sede minacciato dalla repubblica di Venezia in Romagna; dapprima con l’imperatore Massimiliano e Ferdinando il Cattolico da vita alla lega di Cambrai, ma poi con la cosiddetta Lega Santa costituisce una alleanza per scacciare i francesi dell’Italia. Nel 1513 Luigi XII è costretto ad abbandonare la penisola. Nel 1515, il nuovo re francese, Francesco I, torna in Italia per conquistare Milano; con il trattato di Noyon, Milano viene assegnato alla Francia e Napoli alla Spagna. Nel 1521 Carlo d’Asburgo, divenuto imperatore con il nome d Carlo V, muove nuovamente guerra alla Francia sconfiggendola nella battaglia di Pavia, 1525, il re francese, Francesco I, rinuncia ad ogni pretesa sull’Italia. A questo punto papa Clemente VII (1523/34) opera un rovesciamento delle alleanze e da vita ad una lega anti ispanica con Francia/Venezia/Milano /Genova/Firenze. L’esercito di Carlo V torna in Italia e riesce ad occupare Roma; i suoi mercenari tedeschi -lanzichenecchi- saccheggiano la città eterna. L’orrore e lo sconcerto per il sacco di Roma alimenta ansie apocalittiche e di fatto suggella l’egemonia spagnola sull’Italia. Ma il conflitto franco-asburgico per il controllo della penisola non è ancora concluso – nuove campagne militari nel 1535-37 e 1542/44. – solo nel 1559 i francesi vengono definitivamente espulsi dall’Italia che finisce sotto l’egemonia politica spagnola. 1.4. IL SOGNO INFRANTO Solo nel 1530, con la trionfale incoronazione da parte di Clemente VII, Carlo V, eletto imperatore nel 1519, ottiene il decisivo riconoscimento del suo ruolo solo grazie alla potenza dei suoi eserciti temuti in tutta Europa. Egli era riuscito a farsi nominare elargendo ai grandi elettori una somma maggiore di quella di Francesco. Ma governare su così vasti ed eterogenei territori risulta un’impresa molto ardua. In Spagna la sua ascesa suscita timori e resistenze e viene contrastata sino a dar vita ad una divisione politica che degenera in una guerra civile vinta però dai lealisti. A questo punto Carlo V sembra in grado di dar vita ad un impero europeo che si richiami al modello della Roma imperiale e all’impero carolingio medioevale. Tuttavia diversi fattori minano alla base questo sogno. - Il primo: l’espansionismo ottomano nel mediterraneo che grazie all’abile ed intraprendente sultano Solimano II porta le truppe mussulmane all’assedio di Vienna 1529, e a conquistare Rodi nel 1522. Le truppe di Carlo V, pur ottenendo significative vittorie contro gli ottomani e contro i corsari arabi loro alleati, non riescono mai a raggiungere successi decisivi. Di fatto Solimano II non viene mai definitivamente sconfitto. - Il secondo: le continue guerre contro la Francia, il vero bastione contro cui si infrange il sogno di egemonia continentale degli Asburgo. - il terzo: la nascita a la diffusione della Riforma protestante in Germania che da vita ad una dura conflittualità religiosa e politica in ampi territori del suo impero. Anche l’ipotesi di proseguire nel suo progetto - instaurare un ordine imperiale europeo –affidando al proprio figlio, Filippo, unico erede, l’insieme dei propri domini, viene osteggiata da suo fratello Ferdinando che pretende la successione. Il regno viene diviso fra il figlio; a Filippo II: Castiglia ed Aragona, Paesi Bassi, domini italiani; mentre al fratello Ferdinando: Austria, Boemia ed Ungheria. E con questa divisione muore il progetto di un unico impero europeo. CAP. 2: ORDINI, CETI E FORME DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA Alle soglie dell’età moderna, nell’Europa cristiana l’universo naturale è ritenuto essere preordinato e predisposto da Dio per la salvezza dell’uomo. L’universo è un insieme che funziona entro un disegno divino, di conseguenza la società deve essere organizzata gerarchicamente in parti che disposte in un preciso ruolo creano l’equilibrio dell’insieme. Vi sono tre gruppi chiaramente distinti: - gli oratores, quelli che pregano, il clero; - i bellatores, quelli che combattono, i guerrieri; - i laboratores, quelli che lavorano, tutti gli altri. Queste tre funzioni sociali sono complementari e gerarchicamente il ruolo principale spetta al clero i cui membri vengono selezionati tra i membri degli altri ordini. La funzione del clero – garantire alla comunità la benevolenza divina – è considerate la più importante, di conseguenza gli ecclesiastici devono godere degli onori sociali principali. Il clero è perciò nella società europea di antico regime il primo ordine o primo stato. Siccome il clero – il primo stato - gestisce istituzioni educative, sanitarie ed assistenziali, consiglia e guidi le coscienze di politici e sovrani, si troverà presente nelle principali nelle istituzioni politiche rappresentative dei vari ceti. Anche i guerrieri svolgono una funzione vitale, quella di proteggere, mediante le armi, le vite ed i beni di tutti. Pure i guerrieri devono essere mantenuti ed anche ad essi vanno riservati particolari onori. Diversamente dal clero, i guerrieri sono un gruppo sociale che si riproduce e quindi perpetua i propri beni e privilegi. Esiste quindi una barriera, non invalicabile ma tangibile, tra loro e gli altri. 2.1. NOBILI Anche la nobiltà affianca ben presto all’originale proprio ruolo militare, compiti di direzione politico/amministrativa. Si tratta di una delega da parte del sovrano di funzioni di governo ai vari feudatari. Tale delega finisce per diventare perpetua ed il potere del sovrano si riduce di molto perché i vari feudi si trasmettono in via ereditaria e l’eventualità di confisca del feudo dal parte del sovrano è molto remota. Si afferma nell’universo mobiliare una scala gerarchica: principi/duchi/marchesi/conti. Di fatto l’universo nobiliare non è mai stato completamente a disposizione del potere del re. I re possono concede titoli o crearne dei nuovi, mai i vari nobili rivendicano una discendenza comune con il re dagli antichi conquistatori barbari – il sovrano è solo un primus inter pares -. Si è tanto più nobili quanto più la discendenza è antica ed acclarata; contemporaneamente nasce non soltanto dalla concessione, ma anche dall’esercizio concreto del potere signorile e questo spesso sfugge al potere del re. L’ordine nobiliare nella società europea occidentale non è stato un gruppo sociale chiuso ed impermeabile. Nobili si nasce, ma lo si può anche diventare sia attraverso il servizio della corona in alte cariche politiche/amministrative o in campo militare, sia attraverso la ricchezza – a partire dal XVI secolo i sovrani prolunghino anche per mesi. Viste queste difficoltà di gestione il re tende a convocarle solo in caso di necessità. 2.5. I DUE CORPI DEL RE Durante le assemblee il sovrano usa stare seduto sul trono per sottolineare la sua superiorità in quanto designato da Dio a governare il regno. Anche in assenza del re, il trono rimane, vuoto, a legittimare il proprio potere superiore, che essendo legato a Dio, può giustamente essere tramandato ai suoi successori. Di fatto il re è l’incarnazione della respublica, ; cioè l’incarnazione della cosa pubblica. L’innalzamento sacrale della monarchia regnante ha lo scopo preciso di allontanare lo spettro della monarchia elettiva – un re eletto da rappresentanti di nobili e magnati -; il sistema elettivo esisteva solo per l’imperatore e per il papa. Il regno del sovrano viene inteso come parte di una missione affidatagli direttamente da Dio, e la sua sovranità è ammantata da tratti soprannaturali: credenza che i re guarivano con tocco della mano. Teoria della monarchia sacrale: sdoppiamento della figura del sovrano, ad imitazione delle due nature di Cristo,: - una figura umana: corpo fisico e mortale del re; - una figura spirituale: corpo immateriale ed immortale che cinge tutto il suo regno. Questo secondo corpo abbraccia e raccoglie, con continuità, in se la comunità politica. CAP. 3 LA SCOPERTA DELL’AMERICA E GLI IMPERI COLONIALI 3.1. COMMERCI EXTRAEUROPEI, ROTTE ATLANTICHE E TECNICHE DELLA NAVIGAZIONE Nel corso del XV secolo l’intensificarsi dei traffici marittimi - navigazione di tipo costiero - favorisce lo sviluppo di alcune città iberiche affacciate sull’oceano atlantico: Cadice, Lisbona. Mentre dalla penisola iberica e dalla Francia si raggiunge Londra, Bruges ed Anversa. Barcellona diventa un importante snodo commerciale del mediterraneo; anche Genova e Venezia percorrono rotte costiere atlantiche. Già da anni i navigatori genovesi e catalani hanno cercato di circumnavigare l’Africa per sottrarsi ai controlli dei veneziani ed alle tensioni politiche fra i regni mussulmani. I mercanti arabi dell’Africa settentrionale gestiscono il commercio dell’oro dalle miniere del Senegal e del Niger verso l’Europa. Tra il 1346e 1341 navigatori genovesi al servizio della corona portoghese scoprono le Canarie. Di rivelante importanza sono sia lo sviluppo delle tecniche navali, - per affrontare le onde dell’atlantico occorrono navi più grosse e con un sistema di vele più complesso-; sia degli strumenti di navigazione – la bussola per individuare il nord e l’astrolabio per misurare, attraverso triangolazioni e calcoli, in cui si trovano le navi la latitudine. Anche la cartografia - partendo da mappe rudimentali e poco attendibili- si sviluppa notevolmente. 3.2. ALLA CONQUISTA DELL’ORIENTE: IL PORTOGALLO FRA ‘400 E ‘500 In Portogallo, nella seconda metà del Trecento, la dinastia degli Aviz favorisce l’ascesa dei ceti mercantili a danno dell’aristocrazia feudale. Il principe Enrico il Navigatore investe molto in attività marittime commerciali e esplorative. Nel 1415 i portoghesi occupano Ceuta, in Africa settentrionale, di fronte a Gibilterra. Vengono poi colonizzate le isole di Madera, Azzorre e Porto Santo. Successivamente le navi portoghesi si spingono più a sud approdando alle isole di Capo Verde, Sierra Leone e nel golfo di Guinea, fondando nuove basi commerciali costiere. Queste esperienze nautiche e geografiche permetteranno a Bartolomeo Diaz (1487) di doppiare il Capo di Buona Speranza. Nel 1497 Vasco de Gama, raggiunge l’India. Ma i commercio delle mercanzie indiane rimane comunque problematico a causa del monopolio che i mercanti arabo/mussulmani continuano ad esercitare sulle regione. Per imporre i loro commerci e fondare basi commerciali, i portoghesi finiscono con l’entrare in guerra con i sovrani locali riuscendo a controllare le rotte commerciali. Il sultanato d’Egitto cerca di tutelare gli interessi dei mercanti arabi ma negli scontri militari i portoghesi riescono a sconfiggerlo arrivando ad imporre un monopolio delle spezie che vengono da essi vendute a prezzi inferiori. Con l’importante porto di Malacca i portoghesi si affacciano sul Mar della Cina insediandosi a Macao (1557). Nel 1570 la corona portoghese fonda la Casa da India che gestisce in monopolio ogni commercio tra Asia ed Europa. Ma nel 1520, l’alleanza di Venezia con il nascente impero ottomano, riesce infine a forzare il monopoli dei portoghesi. 3.3. SCOPERTA E SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE DEL NUOVO MONDO Mentre le navi portoghesi costeggiano l’Africa, la regina Isabella di Castiglia finanzia la spedizione di Colombo per arrivare in Cina navigando verso occidente. Il 12 ottobre 1492 le navi spagnole approdano all’isola di San Salvador, credendo di essere giunti a Cipango (Giappone) ne prendendo possesso in nome della regina spagnola Tra la corona portoghese quella casigliana sorse il problema della delimitazione dei rispettivi diritti. Nel 1493, papa Alessandro VI stabilisce una linea di demarcazione, poi rinegoziata nel 1494, che porta ad una spartizione dei territori scoperti. Solo con Amerigo Vespucci ( 1501) prende corpo l’idea che le terre scoperte da Colombo sia un vero e proprio Nuovo Mondo. Nel 1519 Magellano, dopo due anni di navigazione, riesce nell’impresa di circumnavigare per la prima volta il mondo. Intanto nelle terre scoperte da Colombo inizia un disumano sfruttamento delle popolazioni indigene - per la brama dell’oro – che porterà ad una progressiva estinzione delle popolazioni autoctone ed al successivo sviluppo del commercio degli schiavi, tale commercio raggiungerà le dimensioni di una vera e propria tratta nel XVIII sec. Nel Nuovo Mondo gli europei entreranno in contatto con popolazioni diverse e diversamente sviluppate ed organizzate ma nessuna capace di resistere a conquistatori Vengono annientati l’impero azteco in Messico e quello Inca in Perù che inizialmente non si oppongono a questi nuovi venuti credendoli portatori di una nuova vita. Gli europei annientano le popolazioni indigene non solo grazie alle armi da fuoco ed all’uso dei cavalli che solo loro possedevano, ma anche perché tali popolazioni sono prive di difese immunitarie alle nuove malattie arrivate dall’Europa. La colonizzazione del Brasile da parte dei portoghesi inizierà solo dopo il 1530; dapprima la corona portoghese istituisce feudi concessi all’aristocrazia lusitana; solo successivamente decide di riacquistare il controllo diretto con un governatore generale. 3.4. LA NASCITA DELLA SOCIETA’ COLONIALE AMERICANA Prima conseguenza della conquista è la distruzione dell’universo religioso e culturale delle popolazioni americane. La distruzione dei templi e delle divinità locali operata dai conquistatori comporta non solo l’azzeramento delle credenze religiose, ma anche un vero e proprio trauma psicologico per la perdita dei tradizionali punti di riferimento religiosi, culturale e mentali. Successivamente sarà la Chiesa ad estirpare le loro credenze tradizionali imponendo i valori religiosi e culturali degli europei. Nella cosi detta lotta all’idolatria i primi missionari si comportano con uno zelo fanatico dagli esiti disastrosi: stravolgimento dei valori e della mentalità indigena. A fronte di religiosi che giustificano i massacri degli indigeni vi è pero chi, come Bartolome de las Casas, primo sacerdote ordinato in America, che conduce una battaglia a favore dei diritti umani degli indios e contro il loro sfruttamento. Ma le denuncie di Casas rimangono inascoltate perché cozzano contro i cospicui interessi economici dei conquistatori. Superata la fase di esplorazione ha inizio il consolidamento della corona castigliana; gli indios vengono raggruppati con forza in villaggi e si procede alla vendita dei loro terreni ai nuovi coloni. Il lavoro forzato degli indigeni viene utilizzato nelle fattorie dove si alleva bestiame e si coltiva banane, tabacco, caffè, canna da zucchero. Il pagamento delle tasse, basato prima in prestazioni di lavoro o fornitura di prodotti, viene forzatamente monetizzato, obbligando gli indios ad adeguarsi. Nel medioevo, la centralità della figura di Dio aveva portato all’ideale ascetico, alla vita contemplativa, alla rinuncia dei beni, al distacco dalle passioni. L’esempio dei classici sottolineava invece l’importanza dell’individuo e delle sue azioni nel mondo per il raggiungimento della gloria. La cultura umanistica elabora un nuovo ideale; mettendo in risalto la dimensione pubblica, politica e sociale dell’individuo. L’uomo con il contatto dei propri simili, svolgendo le sue attività politiche/militari/ culturali, sviluppa le qualità della propria natura, diventa artefice del proprio destino. Leonardo da Vinci (1452/1519) – pittore/scultore/architetto/ingegnere/scrittore - uno dei maggiori protagonisti dell’epoca rinascimentale, è l’esempio di questo nuovo ideale. Egli nutre grande fiducia nelle capacità dell’uomo ed è spinto da una curiosità insaziabile verso ogni aspetto della realtà che lo circonda; per lui l’uomo deve perseguire la conoscenza attraverso l’osservazione diretta della natura. Nel mondo rinascimentale l’artista conquista rispetto e prestigio all’interno della società. Precedentemente, il professare un’arte manuale era considerato avvilente. A partire dal XVI secolo si afferma il concetto che l’artista debba lavorare in solitudine seguendo la propria espirazione, il suo lavoro assume un alto valore intellettuale. Ai giovani promettenti apprendisti, oltre ai rudimenti dell’arte a cui vuole dedicarsi, viene impartita una educazione umanistica e liberale. Agli artisti serve anche maggior qualificazione per realizzare le grandi opere desiderate. Grande esempi di artisti rinascimentali:- Filippo Brunelleschi (1377/1446) , - architetto, ingegnere, scultore; --Michelangelo Buonarroti (1475/1564) – pittore, scultore,architetto, ingegnere, poeta. 4.4. LA POLITICA COME SCIENZA: MACHIAVELLI E GUICCIARDINI Il quadro politico del rinascimento italiano è caratterizza da notevoli tensioni e conflitti; grande il contrasto tra valori politici dell’antichità e realtà contemporanea. Nicolò Machiavelli (1469/1527), medita sugli scritti storici dell’antichità classica riflettendo sulle modalità che consentono ai governati di conquistare e conservare uno Stato. Fondamentale è lo studio del passato perché può fornire soluzioni ai problemi che si presentano. Tutte le forme di Stato vanno incontro a processi di trasformazione decadimento; Monarchia/Tirannia - Aristocrazia/Oligarchia - Democrazia/Demagogia. Il Principe (1513: per giungere al potere si deve essere furbi come una volpe e spietato come un leone; per Machiavelli esemplare è la figura di Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI, che dopo essersi ricavato, con astuzia e spietatezza, un’ampia signoria territoriale, non riesce a consolidarla alla morte del padre Alessandro VI. Anche Francesco Guicciardini elabora le sue opere –I Ricordi e Storia d’italia - partendo da esperienze personali ed esaminando le azioni dei governanti coetanei. 4.5. L’ARTE DEL VIVERE I centri di cultura Rinascimentale sono le corti principesche: Visconti/Sforza a Milano, Este a Ferrara, Gonzaga a Mantova, Medici a Firenze, Montefeltro a Urbino. Diversi pontefici sono i committenti delle opere d’arte del, XV e XVI secolo. La figura umana a cui aspirare per ottenere i favori dei vari signori è il cortigiano. Il Cortigiano, libro di successo di Baldassarre Castiglione suggerisce agli uomini di lettere il modo di comportarsi alla corte di un principe, ed agli aristocratici che frequentano le corti l’esempio ideale dei comportamenti da tenere in pubblico. Galateo, libro di Giovanni Della Casa dello stesso periodo, detta le buone maniere. 4.6. LA NATURA E I SAPERI <<OCCULTI>> Nella visione cristiano medioevale la natura è semplicemente la raffigurazione della potenza e della volontà di Dio da ammirare nella sue bellezza, mentre gli eventi straordinari – terremoti, siccità, inondazioni – sono i segno dell’ira di Dio. Con l’Umanesimo la natura viene vista come soggetto relativamente autonomo, dotato di proprie regole da studiare ed indagare e questo avviene dopo la riscoperta di testi filosofici e scientifici classici. Però, gli stessi intellettuali dediti alla riscoperta della cultura classica a volte visti quali figure precorritrici delle novità scientifiche seicentesche, sono anche affascinati da dottrine e idee occulte ed esoteriche quali la magia, l’alchimia - virtù magiche, terapeutiche, spirituali -,. Figure quali Paracelso (1493/1541), Cardano (1501/76), Della Porta (1535/1615) sono chiari esempi della singolare mescolanza di cultura e magia - alchemica ed interessi scientifici. Anche la qabbalah – dottrina mistica ebraica interessa e Pico della Mirandola – notevole figura intellettuale dell’epoca – giunge a parlare di vera e di falsa astrologia. Queste teorie si scontrano spesso con la rigida posizione della Chiesa. CAP. 5: SOLO LA GRAZIA SALVA: LA RIFORMA PROTESTANTE Durante la prima metà del XVI secolo si diffondono in Europa idee cristiane sulla religione e sulla vita diverse da quelle insegnate dalla Chiesa cattolica. Già precedentemente la Chiesa aveva dovuto affrontare sostenitori di idee contrarie a quelle ufficiali, ma aveva bollato queste persone come eretici, che dopo essere state definite nemici della fede venivano di norma sterminati con la forza. Le nuove idee cristiane sottolineano che l’insegnamento di Cristo propone un’etica della donazione e del sacrificio molto lontana dalla pratica della Chiesa interessata all’accumulazione di beni materiali e di potere. Nasce il richiamo ad una riforma della Chiesa per farla ritornare alla spiritualità tipica delle origini. Erasmo da Rotterdam, con suo testo: L’elogio della pazzia (1509), critica la ricchezza smodata della Chiesa ed i potere temporale del pontefice. Nonostante questa sua aspra critica del papato, Erasmo rimase cattolico. Quando nel 1517, Martin Lutero (1483/1546), diffonde 95 tesi teologiche sospette di eresia nessuno della Curia si allarma particolarmente perche si ritiene di poter farlo ravvedere, o farlo condannare dalla Santa Inquisizione. 5.1. LE 95 TESI CHE SCONVOLSERO IL MONDO Ma le tesi diffuse da Lutero, in breve tempo, sconvolgono il mondo cattolico distruggendo per sempre l’unità della Chiesa. Le sue idee porteranno ad una profonda spaccatura fra Chiesa cattolica e protestanti. La riflessione teologica di Lutero confronta il messaggio di Cristo con il sapere ufficiale tramandato dalla tradizione ecclesiale. Egli asserisce che nelle Sacre Scritture viene affermato che l’unica salvezza per l’uomo discende dalla grazia di Dio che dona al singolo la vita eterna, stando alle Sacre scritture la Chiesa non svolge alcun ruolo ed il papa non è nominato. Per Lutero l’opera di mediazione tra l’uomo e Dio che la Chiesa pretende di esercitare è del tutto inutile, se non addirittura dannosa. Il tradizionale insegnamento cattolico affermava che solo attraverso la Chiesa potevano veder accompagnata la loro anima verso il Paradiso, il più delle volte dopo un lento passaggio in Purgatorio dove i peccati venivano scontati ed annullati. Il Purgatorio era considerato una prigione provvisoria per ridurre la pena bisognava, non solo svolgere opere di carità, ma anche fare offerte in denaro alla Chiesa. I Papi incominciarono a vendere indulgenze per annullare i propri peccati ed ottenere uno sconto di pena per i defunti. Nel 1517, Leone X, per rastrellare ancora più denaro, bandisce un’indulgenza plenaria, ed il tutto assume i tratti di una vera e propria compravendita. La posizione luterana che solo la grazia salva porta ad affermare che solo la fede autentica sottrae l’uomo alla schiavitù del peccato originale; le indulgenze sono quindi un’impostura: esse significano spacciare un credito che non si possiede e fare mercimonio di un bene divino, la grazia. La critica radicale di Lutero mette in discussione il ruolo stesso della Chiesa, è una vera è propria rivoluzione nella Chiesa. 5.2. NASCITA DEL MOVIMENTO PROTESTANTE Grazie alla stampa gli scritti di Lutero hanno una sorprendente circolazione in Germania. La straordinari diffusione delle idee luterane evidenzia il fatto che esse interpretano bisogni largamente diffusi nella società del tempo, un desiderio di critica ed esigenze di mutamento rispetto all’ordinamento sociale ed ecclesiale. Vi è una profonda necessità di rinnovamento degli ordinamenti ecclesiali, inoltre il rapporto diretto fra Dio e l’uomo, proprio della teologia luterana, è un passo importante verso una religiosità popolare più comprensibile, meno magico/misterica. In secondo luogo alcuni sovrani trovano nelle idee luterane la possibilità di ridurre l’influenza della Chiesa non solo in campo religioso, ma anche politico e mirano, attraverso il controllo delle strutture ecclesiastiche , ad impadronirsi decisione presa dall’alto, dal sovrano, per ragioni politiche ed economiche. La sfera religiosa diventa un ambito aperto allo scontro politico. CAP. 6: LA FRONTIERA MEDITERRANEA E L’IMPERO OTTOMANO 6.1. L’IMPERO OTTOMANO Alla metà del Cinquecento la grande espansione ottomana nel mediterraneo, cominciata nel 1453 con la conquista di Costantinopoli, può dirsi conclusa. Grazie a Maometto II, Bayezid II e Solimano il Magnifico il dominio dei sultani si estende dal Marocco alla Persia. L’impero ottomano è una potenza sia territorialmente, sia politicamente. La società cristiana guarda con paura alla Potenza del sultano di Istanbul ed ai corsari nord-africani, suoi tributari, autori di scorrerie sulle coste italiane/iberiche. Alla base della potenza ottomana vi è una efficace organizzazione amministrativa e militare; a capo di un impero vastissimo ed abitato da popolazioni diverse, unite sola dalla fede mussulmana, vi è il sultano che ha un potere assoluto. Il Gran Consiglio – il governo – è presieduto dal gran visir, - scelto personalmente dal sultano-, e composto da funzionari che dirigono i singolo settori del governo e controllano i governatori delle varie provincie. Nell’esercito spiccano, oltre ad una potente flotta, anche i giannizzeri, speciali corpi di fanteria fedeli in modo assoluto al sultano. La religione ufficiale è quella mussulmana-sunnita; la base del diritto è costituita dal Corano, il mufti di Istanbul , la più alta autorità religiosa. Nondimeno nell’impero vige una grande tolleranza religiosa. Pur avendo trasformato diverse chiese in moschee, i mussulmani non hanno interesse a far convertire chi professa una fede diversa, ne intendo cancellare le diversità - lingua, tradizioni – delle varie popolazioni che essi governano. La popolazione è divisa in due gruppi; una costituita da chi è al servizio del sultano: militari, autorità civili e religiose esentati dalle imposte; l’altra dai contadini, artigiani, mercanti che sono obbligati al pagare le tasse. 6.2. LA MONARCHIA CATTOLICA DI FILIPPO 2 Con la morte di Carlo V, i suo impero è diviso fra il fratello, Ferdinando, a cui vanno, oltre la Boemia e l’Ungheria, i territori dell’area austriaca; ed il figlio Filippo II: Castiglia, Aragona, Paesi Bassi, Contea Franca, Stato di Milano, regno di Napoli e quello di Sicilia. Gli unici elementi comuni della monarchia composita di Filippo sono la sua persona e la religione Cattolica. Prioritaria è la lotta all’eresia protestante che è portata avanti dal tribunale dell’Inquisizione spagnola (1478) – un inquisitore generale, affiancato da un consiglio, di fatto controlla le coscienze e il comportamento dei sudditi. L’inquisizione spagnola opera in modo crudele e la sua estensione in Italia viene duramente osteggiata dalle autorità locali. Nel 1516, Filippo II stabilisce la sua corte a Madrid da dove comanda i suoi territori con grande circospezione - rey prudente -.Alla penisola italiana egli assegna il ruolo di suo bastione nello scacchiere mediterraneo. In Italia continuano ad esistere numerosi piccoli stati che conservano una propria autonomia: Repubbliche di Genova e di Venezia, ducati di Savoia, di Mantova, di Parma Piacenza, di Modena, Stato Vaticano. – L’Italia si presenta come una sorta di sistema di Stati che riconoscono il loro legittimo sovrano in Filippo II, ma che conservano una propria autonomia istituzionale e sociale. 6.3. L’AZIONE DI FILIPPO 2 NEL MEDITERRANEO A partire dal 1560 Filippo II cerca di fermare l’espansione dei mussulmani nel Mediterraneo sferrando un attacco contro la pirateria araba dell’Africa del nord, l’esito di questa sua azione militare è però limitato nel tempo. Nel 1571, l’impero ottomano si annette l’isola di Cipro, possedimento della repubblica veneziana e importante snodo commerciale e strategico. La Santa Sede vede nell’avanzata ottomana una minaccia mortale all’esistenza stessa della religione cattolica e papa Pio V si fa promotore di una crociata contro «il pericolo turco». Inizialmente, Filippo II, impegnato a sedare una rivolta nelle Fiandre ed una vera e propria insurrezione dei moriscos, - discendenti delle popolazioni di fede mussulmana costretti a convertirsi al cristianesimo -, nei territori di Granada, appare renitente all’appello del papa. Solo nel 1571 prende vita la Lega Santa a cui aderiscono: Filippo II, le repubbliche di Venezia e di Genova, i ducati di Savoia e di Toscana, Malta, ma non la Francia. 6.4. GUERRA E GUERRIGLIA: LE GRANDI BATTAGLIE E LE PICCOLE SCORRERIE Il 7 ottobre 1571, a Lepanto, la flotta cattolica ottiene una importante vittoria contro quella ottomana; ma questa vittoria non viene sfruttata perche la Lega Santa si dissolve a causa di dissensi tra Venezia e la Spagna, che hanno diversi interessi strategici. Venezia conclude una pace separata con gli ottomani per garantirsi la sicurezza dei propri commerci, le forze asburgiche concentrano i propri sforzi sulla riconquista di Tunisi. L’evento di Lepanto non costituisce l’evento epocale propagandato dal mondo cattolico, - come già era successo con la vittoria dei franchi sugli arabi a Poitiers nel VIII secolo,- . la perdita della flotta fu un duro colpo per gli ottomani, ma l’esaurimento del conflitto nel Mediteranno fu essenzialmente dovuto al riaccendersi della guerra fra impero ottomano e la Persia. Filippo II e Selim III siglano una tregua (1581) perché entrambi sono costretti a spostare i loro eserciti su altri teatri bellici. Il mediterraneo torna ad essere il mare dei commerci; che continuano però ad essere minacciati da una pirateria endemica sia da parte dei saraceni ai danni delle navi cristiane, sia anche da parte dell’ordine di Malta e di Santo Stefano che giustificano le loro azioni come risposta agli attacchi subiti. Da entrambe le parti, oltre ad impossessarsi delle merci, i vincitori riducono i vinti in schiavi che utilizzano sulle loro galere. CAP. 7: LA CHIESA IN ARMI: L’EUROPA DELLA CONTRORIFORMA 7.1. IL CONCILIO DI TRENTO Una delle vie per risolvere il problema protestante sarebbe stata la convocazione di un concilio ecumenico, la riunione straordinaria di tutti i vescovi eletti dalle singole comunità, l’unica istanza in grado di porre rimedio alla frattura della cristianità. Ma né Leone X, né Clemente VII, nonostante la richiesta di Carlo V, si muovono in questa direzione, soprattutto per la decisa opposizione degli ambienti curiali, preoccupati di essere i primi bersagli delle istanze riformatrici. Solo papa Paolo III convoca il concilio, prima a Mantova, poi a Trento (1544). La vicinanza di Trento ai paesi di lingua tedesca costituisce un segnale di apertura verso il mondo protestante. Con il concilio il Papa vuole imporre l’autorità della Chiesa ed intraprendere la lotta contro gli eretici; l’ imperatore punta ad una soluzione di compromesso che gli consenta di salvaguardare la sua autorità in Germania. Ma vi è anche chi spera in una vera ricucitura della frattura della Chiesa. A causa delle complicata situazione politica, il Concilio si svolge senza continuità, lentamente. Il concilio si apre sotto lo stretto controllo del Papa che, in contrasto con Carlo V, è contrario a qualunque concessione ai protestanti. A causa di guerre tra il Papa e l’imperatore il concilio viene più volte sospeso; di fatto la maggioranza dell’’episcopato italiano non vuole rinunciare ai propri privilegi tradizionali legati alla carica di vescovi che permette grandi entrate e carriere politiche. Sul piano dottrinale sono riconfermati: i sette sacramenti, l’esistenza del Purgatorio, il culto dei santi e delle reliquie, la capacità della Chiesa di ridurre le pene ultraterrene tramite le indulgenze. In seguito viene diffuso un nuovo catechismo che, con una ristrutturazione delle Chiesa stessa, avvia una sorta di ricristallizzazione del mondo cattolico che si chiude in difesa delle proprie idee. La struttura della Chiesa viene ricondotta strettamente sotto il controllo dell’autorità papale. Alla sua conclusione il concilio di Trento si dimostrerà essere stato un’assise esclusivamente cattolica volta a riformare per rafforzare le strutture della Chiesa di Roma. Questa imponente reazione della Chiesa cattolica alla Riforma protestante, denominata Controriforma, influirà enormemente sulla fisionomia dell’Europa nei secoli successivi. 7.2. APPARATI E PRATICHE REPRESSIVI Con una bolla papale, nel 1542, Paolo III riorganizza il tribunale dell’inquisizione, istituzione medievale, per la lotta all’eresia in tutta la cristianità. Una vera e propria rete di tribunali per la repressione dell’eresia ed il controllo dei comportamenti opera in tutta l’Italia ed eccezione della Sul piano politico, la regina favorisce i commerci attraverso lo sviluppo della marineria e della flotta militare; cresce l’ostilità nei confronti della potenza spagnola; si sviluppa la guerra di corsa. -Sir Francis Drake, pratica una fiorente/sistematica azione di pirateria ai danni dei galeoni spagnoli- L’Inghilterra diventa campione dell’antispagnolismo e dell’anticattolicesimo finanziando ogni movimento di rivolta contro la monarchia di Filippo II, come nei Paesi Bassi. Quando nel 1587 Elisabetta fa decapitare Maria di Stuart, Filippo II decide di invadere l’Inghilterra ed invia la sua grande flotta -Invincibile Armata- che però, in parte distrutta da una burrasca, viene poi battuta dalle navi inglesi ed olandesi. A questo punto i cattolici inglesi diventano sempre più una minoranza mal sopportata, ad eccezione dell’Irlanda, dove rimangono ancora maggioranza. 8.3. LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA Dopo essere stata estromessa dalla corona asburgica dall’Italia (1559), la Francia entra in una grave crisi politica. Dopo la morte di Enrico II, la corona viene retta dalla vedova Caterina de’ Medici per conto dei figlio: Francesco II (1559/60) e poi Carlo IX (1560/74). Il principale problema di Caterina è la diffusione dei calvinisti/ugonotti che si concentrano in alcune città del sud –Lione/La Rochelle- ed in aree del Centro/Nord dove raccolgono adesioni fra artigiani, professionisti e nobiltà come i Borbone. I protestanti cercano di sostituire la regina con Luigi I Borbone principe di Condé; Caterina non si schiera mai completamente a favore delle due parti in contesa - cattolici/ugonotti- nel tentativo di difendere l’autorità della sua corona sempre più debole. Nel 1567, la contesa sfocia in una vera guerra civile che si concluderà con l’ammissione al Consiglio di Stato di una dei capi ugonotti, Gaspard de Cologny. Ma la crescente influenza di Cologny spinge Caterina ad cercare di farlo uccidere e poi ad eliminare in un sol colpo lo stato maggiore della nobiltà ugonotta - notte di San Bartolomeo/23 agosto-; nei giorni seguenti i cattolici intransigenti uccidono nelle varie provincie più di 12.000 ugonotti dando inizio alla fase più violenta della guerra civile religiosa con un’estrema radicalizzazione dello scontro. La Lega cattolica, vero e proprio partito politico/religioso, inizia un lungo e sanguinoso scontro contro i Borbone perché pretendendo entrambi di designare il successore alla corona. Dopo alterne vicende, nel 1593 sale al trono Enrico di Borbone che, di fronte ad un paese profondamente spaccato ed in guerra con la Spagna, finisce per rinnegare il calvinismo e di aderire al cristianesimo. Anche il papa Clemente VIII, concede il perdono ad Enrico IV. «Parigi val bene una messa.». Gli ugonotti ottengono comunque libertà di coscienza e di culto in luoghi prestabiliti. Conclusa la lunga fase di lotte religiose Enrico IV può dedicarsi a ripristinare la sua autorità e a risanare le disastrose finanze della Francia; ma nonostante il suo buon operato a favore del suo paese egli rimane, per gli oltranzisti cattolici, un eretico convertitosi per ragioni opportunistiche e verrà assassinato nel 1610 da un estremista cattolico. 8.4. MONARCOMACHI E <<POLITIQUES>> Durante il periodo delle guerre di religione due sovrani francesi vengono assassinati. Una pratica estrema di lotta politica dovuta alla contrapposizione della spaccatura tra cattolici e protestanti. Cade l’idea della sacralità dei sovrani considerati come rappresentati di Dio in terra, anzi un sovrano nemico della vera fede viene ritenuto un pericolo e può essere combattuto ed ucciso. Si afferma il tema della liceità dell’uccisione di un sovrano eretico; dottrine «monarcomache». Si tratta del recupero della teoria politica greco romana della tirannia: la monarchia tende naturalmente a degenerare in regime tirannico; Cesare finisce per trasformarsi in Nerone. I primi ad elaborare queste idee sono gli ugonotti francesi; si deve obbedienza al sovrano solo se è un re di grazia e di giustizia. Egli deve mettere d’accordo le diverse parti del suo regno, ma se si schiera con una delle parti, cessa di essere re e diventa un tiranno a cui non si deve obbedienza. Successivamente queste tesi vengono teorizzate da entrambi le parti in lotta, cattolici/protestanti. Queste idee minano il fondamento sacro dell’autorità regia, il ruolo di rappresentate di Cristo. Conseguentemente, in Francia, si elabora un teoria politica che consente di sottrarre l’autorità sovrana allo scontro religioso; i portatori di queste idee vengono definiti politiques . Loro sostengono un rafforzamento dell’autorità regia e della concessione di una certa libertà di culto come unico rimedio alla divisione religiosa. Nel 1576, Jean Bodin sostiene la sovranità unitaria, indivisibile e perpetua dello Stato, conseguentemente al principe detentore della sovranità spetta la pienezza del potere legislativo senza alcun vincolo. Si apre così la strada alla teorizzazione del potere «assoluto» del re; non è ammesso il diritto di resistenza, ne di reazione contro i sovrani. La radicalizzazione promossa dallo scontro religioso tende a spingere sia il papa, che i capi delle sette protestanti a pretendere di intervenire nelle questioni religiose degli Stati. -Santa Sede contro repub. di Venezia: problema del patrimonio ecclesiastico nel territorio della repubblica veneziana. CAP. 9: LA RIVOLTA DEI PAESI BASSI E LA NASCITA DELLE PROVINCE UNITE 9.1. UN’AREA FIORENTE TRA CRESCITA E CRISI Prima dell’ascesa di Carlo al trono i Paesi Bassi sono terre fiorenti e popolate; una agricoltura ricca si accompagna ad un florido artigianato tessile. Il fulcro della ricchezza risiede nelle Fiandre e Anversa importante piazza commerciale e finanziaria. Dopo l’Italia, i Paesi Bassi sono un centro nevralgico dello sviluppo europeo non solo economica, ma anche culturale: -pittura fiamminga e realistica –Rembrandt, Bruegel; pensatori e teologi quali Erasmo da Rotterdam - L’inserimento nella monarchia di Carlo V giova grandemente ai Paesi Bassi; sviluppo delle industrie tessili di Liegi e di Bruges, Borsa commerciale e finanziari di Anversa. Però a partire dalle seconda metà del Cinquecento cresce la concorrenza inglese sia nel tessile, sia nei commerci internazionali; pure gli olandesi aumentano la concorrenza dei traffici marini. Anche su piano politico sorgono difficoltà perché ogni provincia ha proprie leggi e ordinamenti. Ulteriore elemento di tensione è dato dai problemi religiosi perché la normativa contro i protestanti era stata inasprita e la persecuzione contro i luterani e gli anabattisti era stata brutale. 9.2. LE RAGIONI DEL CONFLITTO CON LA SPAGNA Negli anni sessanta il calvinismo penetra in questi territori facendo breccia nei settori artigianali, fra i mercanti e gli uomini d’affari delle città. Contemporaneamente la guerra commerciale con l’Inghilterra crea sacche di disoccupazione e di malcontento popolare. Anche le relazioni tra la corte di Filippo II e l’aristocrazia locale, che chiede una diminuzione delle imposte, diventano critiche. Infine, Filippo II rifiuta di mitigare la repressione dell’eresia calvinista. La crisi esplode. 9.3. REPRESSIONE E RIVOLTA Nel 1565 l’opposizione alla politica religiosa della corona si fa intensa. Un gruppo della nobiltà minore chiede l’espulsione dai Paesi Bassi dell’Inquisizione e di rivedere la politica religiosa. Margherita di Parma, governatrice in nome dell’imperatore, cede e con un editto invita le autorità ad una minor rigidità ad attuare la repressione, con conseguente aumento dei calvinisti. Le tensioni sociali si fa preoccupante; i calvinisti attaccano le chiese cattoliche. Alla corte spagnole prevale la linea dura dei falchi che chiedono l’invio di un esercito guidato dal duca d’Alba per una dura repressione. Il duca d’Alba agendo duramente proprio contro la classe dirigente locale alla quale si appoggiava Margherita per ottenere il consenso al proprio governo; Margherita si dimette ed il duca diventa il governatore generale. Il governo di Alba è rimasto tristemente famoso per la violenza della repressione: vengono eseguite oltre mille sentenze capitali, molte anche fra la nobiltà locale. Inoltre per il mantenimento del suo esercito il duca impone nuove tasse che fa crescere l’opposizione. Si giunge alla ribellione aperta motivata con il diritto alla resistenza al sovrano che compie azioni tiranniche. Guglielmo d’Orange, detto il Taciturno, costituisce un punto di contatto tra calvinisti olandesi e ugonotti francesi, diventando poi il punto di riferimento di una rivoluzione condotta in nome della difesa della libertà costituzionale e religiosa. 9.4. LA NASCITA DELLE PROVINCE UNITE L’incapacità del duca di Alba a sconfiggere i ribelli, «i pezzenti del mare», spinge resistenza da parte della popolazione e dei ceti privilegiati, vi sono difficoltà anche nel riuscire ad accertare la vera ricchezza I governi -monarchici o repubblicani- appaltano le riscossione delle imposte a compagnie bancarie. Contemporaneamente i sovrani ricorrono all’indebitamento a breve; i banchieri senesi e fiorentini sono specializzati nel trasferire il denaro nelle regioni scelte dai clienti. Gli interessi sono elevati. In Germania e nelle Fiandre nasce il debito consolidato: emissione di titoli pubblici con rendita fissa – 7/10% - sottoscritto da mercanti, imprenditori, enti ecclesiastici, aristocratici; gli interessi provengono da tasse le quali gravano sulle spalle dei ceti umili che vivono di salari. In Italia, Genova, Venezia, Firenze sono i primi comuni ad istituzionalizzare questo debito pubblico La corona di Castiglia, Carlo V e suo figlio Filippo II, ricorrono massicciamente a gruppi bancari tedeschi/genovesi/portoghesi- che forniscono denaro ai suoi eserciti nei luoghi desiderati. Vista l’enorme somma raggiunta -8 milioni di ducati- dal debito della sua corona, nel 1557, Filippo II converte in modo forzoso il debito in titoli pubblici al 5%; a causa della crescita continua del debito questa operazione verrà più volte ripetuta sino ad arrivare alla sospensione dei pagamenti Anche in Francia l’indebitamento della corona è in continuo aumento e viene finanziato con titoli pubblici i cui interessi gravano sul gettito delle imposte sui consumi. Ma anche in Francia si finisce col consolidare il debito, sospendere i pagamenti e Enrico IV -1599- cancella d’autorità i debiti. Solo lo Stato della Chiesa, caso atipico, pur consolidando il suo debito, riesce a mantenere la fiducia degli investitori continuando a pagare regolarmente gli interessi. Altro modo per finanziare le loro esigenze usato dai sovrani è la vendita di incarichi militari, amministrativi e finanziari al miglior offerente; l’acquirente ottiene la remunerazione e i diritti legati a quell’incarico. In Francia, nel 1604, sotto Enrico IV, queste vendite crescono sempre più e nel caso di uffici tradizionalmente appannaggio di nobili, l’acquisto conferisce anche titolo di nobiltà. Questo tipo di nobiltà –noblesse de robe- rimane distinta dalla nobiltà militare o di spada. 10.5. IL COMMERCIO DEL DENARO La venalità degli uffici, l’attività creditizie con prestiti ai monarchi, e gli appalti delle imposte ottenuti in cambio, consentono a molti finanzieri di acquistare feudi e titoli nobiliari. I finanzieri, grazie alla credibilità e capacità, raccolgono denaro liquido da molti soggetti, e poi lo trasferiscono laddove sia richiesto. Con un accordo, chi versa una determinata somma di denaro ad un banchiere ottiene l’impegno –lettera di cambio- a farsi pagare tale somma nella moneta della località straniera da lui indicata da parte di un altro banchiere. In questo modo si evita il trasporto materiale del denaro contante lungo itinerari allora assai pericolosi in tutta Europa. Sin dal Quattrocento grandi compagnie bancarie – i Medici a Firenze, i Fugger ad Augusta – hanno creato una rete di agenzie in tutt’Europa. Grazie a Fugger Carlo d’Asburgo riesce a «comprarsi» il titolo di Sacro Romano Imperatore - 1519-. Le lettere di cambio dei vari banchieri vengono scambiate in apposite fiere quali quella di Lione prima, poi di Genova –dove operano i banchieri Centurione, Pallavicino, Grimaldi – che danno vita anche la fiera di Besancon in Francia. Successivamente però il ruolo dei banchieri genovesi diminuisce per la loro esposizione nei confronti delle corone sempre più indebitate ed a rischio di insolvenza. 10.6. LA QUESTIONE DEI PREZZI L’afflusso di metalli preziosi americani nella seconda metà del Cinquecento è un fatto rilevante per la storia dell’economia europea. Dapprima si tratta di oro, poi a partire dal 1570, soprattutto di argento che viene estratto in ricchi giacimenti del Perù e del Messico. Dalla Castiglia l’oro e l’argento americano defluiscono verso altre aree dell’europea per poter importare manufatti da inviare nelle colonie e per finanziare la politica e gli eserciti di Carlo V e dei suoi successori. Alla grande diffusione dell’argento americano in Europa viene attribuito il deprezzamento della moneta e l’aumento dei prezzi soprattutto del grano e altri cereali; una «rivoluzione dei prezzi». Ma una più attenta analisi mette in evidenza che la tendenza inflazionistica in Europa era già in atto prima della scoperta dell’America ed era da ricondurre alla crescita demografica che aumentava la richiesta di derrate agricole. L’afflusso di metalli preziosi accentuò solo la crescita dell’inflazione. Sono soprattutto i salariati a subire gli effetti più pesanti degli aumenti dei prezzi; braccianti agricoli, operai manifatturieri ed edili. Sono colpiti anche i proprietari fondiari che hanno stipulato contratti di enfiteusi, affitto perpetuo o a lunghissima scadenza, non potendo rinegoziare i canoni. Ad essere avvantaggiati sono i commercianti e gli imprenditori manifatturieri i quali posso contare su una notevole disponibilità di manodopera a basso costo, e contemporaneamente possono aumentare i prezzi di merci e prodotti che essi vendono. Anche i proprietari fondiari che hanno affittato le loro terre con contratti a breve scadenza possono aumentare gli affitti ad ogni scadenza. CAP. 11: L’AFFERMAZIONE DEL BAROCCO 11.1. INGEGNO E MERAVIGLIA L’etimologia della parola «barocco» è controversa; secondo alcuni definisce una figura atipica del sillogismo aristotelico, secondo altri deriva dalla parola portoghese barocco, che indica una perla difettosa, dalla forma irregolare. In entrambi i casi col termine barocco si può intendere una strutturale infrazione a regole date. L’irregolarità, la ricerca dell’insolito, la volontà di stupire sono i tratti che definiscono il gusto barocco che si diffonde in Europa fra il 1580 e il 1680. Il barocco non investe solo le arti visive, la letteratura e la musica, ma anche la religiosità, la politica, il costume. Quasi per reazione alle forme di controllo e coercizione che la Chiesa contro- riformista e gli Stati esercitano sugli individui, gli artisti cercano l’originalità. La loro ricerca di quanto è trasgressivo, capriccioso, strano, alternativo, è tollerato e a volte incoraggiato, in ambito artistico e letterario, sia dai sovrani e dall’aristocrazia, sia dalla Chiesa cattolica, soggetti che sono soliti combattere ogni tentativo di eversione in campo religioso, politico, filosofico e scientifico. Grazie al suo ingegno l’artista deve avvicinare oggetti fra loro distanti ed inconciliabili, creando nessi inediti che li apparentino. L’obbiettivo dell’artista è quello di stupire chi fruisce della sua opera. Gianbattista Marino (1569/1625) «... è del poeta il fin la meraviglia...». Il dovere dell’artista è di proporre, utilizzando materiali rari/pregiati, è creando paragoni inconsueti recepiti solo da chi ha una cultura raffinata ed esclusiva, di creare l’effetto della meraviglia nello spettatore. Gli artisti elaborano un linguaggio iniziatico e misterioso, costellato di simboli ed emblemi. La Chiesa controriformista cerca di operare un controllo sulla produzione artistica con la censura. Paradossalmente, mentre si sviluppa un movimento culturale che sembra rifiutate ogni regola, cresce il tentativo di arginare e ricondurre entro certi limiti le libertà artistiche che si diffondono. Questo governo delle arti evidenzia come in un’epoca in cui vengono messi in discussioni valori religiosi/politici/scientifici/filosofici ritenuti intangibili via sia bisogno di nuovi punti di riferimento. 11.2. LO SPETTACOLO DEL MONDO L’intervento del potere politico nella sfera della cultura è finalizzato ad ottenere il consenso dei sudditi. Per questo, pontefici e sovrani, quando si tratta di arricchire le proprie collezioni personali si mostrano estremamente raffinati;, mentre, quando l’opera è destinata alla fruizione pubblica, prediligono oggetti artistici che impressionino per la loro magnificenza. Il teatro, in particolare è il frutto dell’armonica sinergia fra molteplici arti: pittura, scultura, letteratura, musica. La spettacolarità del teatro diviene un elemento anche della vita pubblica. Nel Rinascimento lo spettacolo teatrale era una festa riservata alle corti signorili, nell’epoca barocca festeggiamenti e celebrazioni si svolgono nelle strade e nelle piazze coinvolgendo l’intera società. Non solo rappresentazioni teatrali, ma processioni, cortei, giostre, tornei,. Persino gli autos da fé. L’intera città diviene teatro dove si svolge l’azione spettacolare. In questo periodo molte città vedono modificata la loro struttura ai fini di modellare lo spazio in modo da migliorare la resa visiva delle feste pubbliche. Roma è la città dove l’intervento strutturale/decorativo di gusto barocco è maggiormente deciso. La Chiesa cerca di affascinare quanti vi giungono per attuare la propria propaganda e contrastare la diffusione di idee protestanti. Fra i Cinquecento e Seicento anche le monarchie europee organizzano in maniera pubblica e rituale i distinti momenti della vita del sovrano, non solo sostenuta dalla Chiesa. Galileo à molto considerato dagli altri studiosi per le sue scoperte astronomiche che però si scontrano con l’interpretazione ufficiale della Bibbia da parte della Chiesa. Nel 1616 l’Inquisizione condanna le teorie copernicane in quanto contrarie alla verità bibliche, anche Galileo è ammonito. Egli cerca di convincere gli studiosi della fondatezza delle sue teorie, però senza riuscirci. Nel 1633, viene processato dall’Inquisizione e condannato alla pubblica abiura, ritrattazione dell’eliocentrismo, e alla carcerazione a vita che sconterà presso Firenze; dove peraltro continuerà la sua opera di ricerca e scrittura gettando le fondamenta di una scienza del moto. 12.3. UNA NUOVA MEDICINA Anche in campo medico, tra Cinque e Seicento, si registrano scoperte che modificano l’idea del corpo umano che si è sviluppata nella cultura europea. Partendo dalla rilettura dei testi del greco Galeno (129/201), Andrea Vesalio (1514/64) docente dell’università di Padova, elabora un testo che attraverso le tavole allegate, dimostra di voler studiare direttamente i corpi, senza pregiudizi. Anche Girolamo Fabrici (1533/1619), combinando lezioni teoriche con ricerca pratica, crea il primo teatro anatomico nel quale si operano le dissezione dei cadaveri sotto gli occhi degli studenti. Fabrici si concentra sulle valvole venose che fanno affluire il sangue venoso al muscolo cardiaco. Un suo studente inglese, William Harvey si dedica allo studio del cuore giungendo ad illustrare i meccanismi delle circolazione, e la centralità del cuore nel sistema circolatorio. Harvey compie una serrata opera di sperimentazione attraverso la dissezione dei cadaveri e la vivisezione di animali. 12.4. L’UNIVERSO COME MACCHINA Le esperienze compiute in campo fisico, astronomico e medico concorrono alla nascita del «meccanicismo»; una concezione del mondo contraria sia all’aristotelismo, sia al naturalismo. Thomas Hobbes, Martin Mersenne, Pierre Gassendi, sono i principali intellettuali secondo i quali la conoscenza delle leggi del moto è sufficiente a spiegare l’intero universo. L’universo è composto da corpi che si muovono continuamente, conoscere le leggi matematiche del moto consente di far comprendere nella sua realtà la struttura cosmologica. Il filosofo Cartesio (1596/1650) afferma che il mondo naturale è composto essenzialmente da materia in movimento, l’universo è uno spazio dove i corpi si urtano in un continuo movimento di traslazione; le sue idee non derivano dall’osservazione delle realtà, ma da una deduzione logica. Egli invita lo scienziato a chiedersi come i corpi danno vita agli avvenimenti in natura e non perché. L’universo è un’enorme macchina i cui ingranaggi sono tutti ugualmente importanti e necessari. Il pensiero meccanicistico conduce al materialismo di Hobbes per il quale i concetti morali di bene e male non derivano dai comandamenti divini, ma dal movimenti dei corpuscoli materiali che incontrandosi col corpo umano generano le passioni del piacere (bene) e del dolore (male). Il vero punto di svolta nel pensiero filosofico/politico europeo è dato dall’opera di Isaac Newton (1642/1727): per lui non è importante studiare la causa ultima del moto, ma analizzare il modo in cui una forza opera e descriverla in termini di legge matematica. Egli giunge ad elaborare e dimostrare la legge di gravitazione universale. A questo punto l’universo può essere concepito come del tutto indipendente dall’ordine divino; solo la perfezione dell’universo prova l’esistenza di Dio. 12.5. I LUOGHI DEL SAPERE: UNIVERSALITA’ E ACCADEMIE Sin dal basso Medioevo l’università è il principale luogo di trasmissione dell’alta cultura. Nel cinquecento il loro numero cresce; le principali sono:Bologna/Padova/Parigi/Oxford/Salamanca Si studia Diritto, Filosofia, Medicina; la lingua di comunicazione del sapere resta il latino. Gli studenti devono apprendere mnemonicamente conoscenze, spesso obsolete, nozionistiche. L’università non è un luogo di ricerca, i docenti stessi spesso non lo amano,considerandolo un posto dove ci si guadagna da vivere; anche Galileo, docente all’università di Padova, conduce altrove i suoi studi e le sue ricerche private sull’eliocentrismo. Il luogo del vero confronto intellettuale è l’accademia, una struttura informale dove si incontrano periodicamente appassionati di una determinata disciplina per discutere di singole questioni. In Italia: Accademia dei Lincei, a cui si affilia anche Galileo; Accademia del Cimento; Accademia degli Investiganti a Napoli. Questi sodalizi però sono a volte minati dagli attacchi dell’Inquisizione. In Francia: Academie Royale des Sciences, fondata per volere di Luigi XIV, nel 1666, i cui componenti percepiscono un salario dalla corona per dedicarsi alla sperimentazione delle scienze. In Inghilterra : Royal Society of London , fondata come sodalizio privato nel 1660. CAP. 13: TRA GUERRA E RIVOLTA: LA CRISI POLITICA DI META’ SEICENTO Durante gli anni Quaranta del XVII secolo un terremoto politico investe le grandi monarchie europee. In Spagna, Filippo IV mentre torna alla guerra contro le Province Unite, per la mai risolta crisi nei Paesi Bassi; scoppia la ribellione della Catalogna e Portogallo che vogliono la secessione; nel 1647 esplodono ribellioni a Palermo, Sicilia e poi a Napoli dove viene proclamata la repubblica. In Francia, Anna d’Austria, reggente per conto del futuro Luigi XIV, si trova a fronteggiare una rivolta, chiamata Fronda, cappeggiata dal parlamento di Parigi che vuole allontanare il primo ministro il cardinale Giulio Mazzarino. Ne deriverà una lunga e pericolosa guerra civile. In Inghilterra, Carlo I che governa dispoticamente introducendo nuove tasse si scontra con il Parlamento, una rivolta che porterà alla decapitazione del sovrano a alla repubblica inglese. Tutte questi crisi, che si risolveranno con esiti diversi, presentano però tratti comuni. 13.1. LO SCENARIO: LA GUERRA DEI TRENT’ANNI A partire dagli anni Sessanta, i Sacro Romano impero è attraversato da profondi conflitti religiosi. La controffensiva del cattolicesimo, è guidata dalla Compagnia di Gesù nella formazione spirituale. Mentre nella Germania centro- settentrionale la nobiltà è in maggioranza luterana, nella parte meridionale rimane/ritorna cattolica - Baviera, Austria . Anche il calvinismo crea nuova instabilità. All’’iniziale liberta di confessione religiosa, vista l’aggressiva intransigenza dei gesuiti, i principi e le città luterano/calviniste costituiscono la lega Unione evangelica, sotto Federico IV del Palatinato. Anche i principi cattolici danno vita alla Lega cattolica, sotto la guida di Massimiliano di Baviera. La tensione è alimentata anche dal fatto che l’imperatore Mattia d’Asburgo, privo di eredi, designa successore Ferdinando di Stiria, cattolico intransigente. Alla morte di Mattia, i boemi rifiutano di riconosce Ferdinando come loro sovrano ed eleggono Federico V, capo dell’ Unione evangelica. Però, nel 1620, le truppe imperiali e quelle della Lega cattolica sconfiggono i boemi, impongono il cattolicesimo con saccheggi, confische, rieducazione forzata invadendo il Palatinato. Successivamente l’egemonia cattolica, che preoccupa le potenze europee protestanti, viene attaccata sia in Germania, sia in Italia settentrionale. Ma l’affermazione delle truppe asburgiche portano ad un mutamento degli equilibri religiosi nell’impero; Ferdinando II (1619/37) ordina ai principi protestanti di restituire i beni ecclesiastici confiscati cercando di accrescere il suo potere. Sebbene l’imperatore rinunci poi alla restituzione dei beni da parte dei principi protestanti, sembra che gli Asburgo abbiano di fatto vinto la partita dell’egemonia politica europea. A questo punto è la Francia che decide di intervenire con le armi a sostegno dei rivali dell’impero. Con l’intervento della Francia, in un conflitto che dura dal 1618, gli equilibri militari mutano a sfavore degli Asburgo. Si giunge alla pace di Vestfalia -1648- che sancisce il tramonto del disegno egemonico degli Asburgo. La Spagna è costretta a firmare la pace con le Province Unite. Inoltre vengono riconosciute come Stati regionale la Confederazione svizzera e la Svezia. Successivamente la pace con la Francia, - Pirenei 1659- ridimensiona ulteriormente il ruolo di Madrid nella competizione per l’egemonia europea. Inizia il periodo del predominio continentale francese a cui si sottraggono sole le potenze navali e commerciali: Inghilterra e Province Unite. 13.2. MINISTRI-FAVORITI La crisi politica di metà Seicento è conseguenza della lunga guerra e della divisione religiosa. disprezzo frondeurs, quelli che scagliano pietre con la fionda; essi però vanno orgogliosi di questo epidoto perché richiama l’immagine biblica di Davide che uccide Golia. Mazzarino, fuggito da Parigi nel 1648, invia l’esercito contro i rivoltosi della capitale; ne deriva una lunga e sanguinosa guerra civile, tutti coloro che hanno subito il regime straordinario si oppongono. Alla fine, la maggior potenza finanziaria di Mazzarino, unita all’incapacità dei rivoluzionari di ottenere la convocazione degli Stati Generali, portano alla conclusione della rivolta (1653). Resta, in un paese devastato, la lezione che l’uso del potere arbitrario esercitato da una autorità ritenuta illegittima ha un preciso limite, oltre il quale provoca inevitabilmente la rivolta dei sudditi. CAP. 14: LA RIVOLUZIONE INGLESE Nel 1603, alla morte di Elisabetta I, si estingue la dinasti dei Tudor; la corona passa al nipote Giacomo Stuart (1566/1625) re di Scozia. Giacomo - IV di Scozia e I d’Inghilterra - era figlio di Maria Stuart - la regina cattolica di Scozia fatta imprigionare e poi giustiziare da Elisabetta I. Giacomo si trova a governare sia sulla Scozia, - paese convertito al calvinismo, dedito all’allevamento e governato dal una forte nobiltà, da un Parlamento e dalla chiesa calvinista - ;sia sull’Inghilterra, - paese con una ricca agricoltura, un artigianato attivo e un commercio marittimo in espansione, governato da un Parlamento in cui la camera dei Lord rappresenta la nobiltà e l’alto clero; la camera dei Comuni il resto della popolazione; la religione è anglicana. -la situazione religiosa ed ecclesiastica è particolarmente complessa: Elisabetta I aveva cercato di non radicalizzare le differenza tra anglicani e cattolici ancora molto presenti in Irlanda, in cui nella regioni del nord -Ulster - si erano insidiate comunità presbiteriane; come in Scozia il calvinisti. 14.1. L’INGHILTERRA DI GIACOMO I STUART Introdurre un’uniformità religiosa appare un dovere imprescindibile perché la compresenza di diverse fedi potrebbe condurre alla sedizione ed alla distruzione dei regni - Inghilterra e Scozia. -. Di fatto Giacomo I, pur cercando di aumentare il suo controllo nel campo religioso, evita di aprire gravi contenziosi su questo terreno tollerando la coesistenza di religioni diverse, anche la cattolica. Anche il progetto di fondere la due corone, unendone le istituzioni, viene respinto dal Parlamento. Innegabile la profonda differenza tra il mondo scozzese e la grande metropoli di Londra; il re stesso e la sua corte di giovani dediti alla caccia ed ai bagordi suscita diffidenza nell’aristocrazia inglese; solo la riconferma di Robert Cecil, ministro prediletto di Elisabetta, è una garanzia per l’aristocrazia Pure in Inghilterra si impone lo stile suntuoso e economicamente caro delle altre corti europee. Le entrate finanziare della corona sono: rendite di terre regie, tariffe doganali, proventi feudali. Solo in caso di guerra il Parlamento può autorizzare nuove tasse. Ma sia l’inflazione, sia la propensione alle spese di Giacomo rendono le entrate statali insufficienti. Si ricorre alla vendita di uffici e di titoli nobiliari, riuscendo però a sanare solo parzialmente la grave situazione finanziaria. Il sovrano è obbligato chiede nuove tasse al Parlamento, sempre molto restio a concederle. Sotto Elisabetta, l’Inghilterra era stata il principale alfiere della lotta antiasburgica e il sostenitore della resistenza anticattolica in tutt’Europa. Giacomo I preferisce il ruolo di mediatore e pacificatore La Francia, pur rimanendo in paese cattolico, uscita dalle guerre di religione appariva più tollerante. Contemporaneamente in Francia con la stabilizzazione politica, risorge lo spirito di rivalità nei confronti con la Spagna; questo atteggiamento e ben visto da Giacomo che spera di sfruttarlo Il Parlamento inglese è però più propenso ad un netto impegno anticattolico in politica estera. La posizione attendista del sovrano inglese nella guerra dei Trent’anni in cui i protestanti, guidati da Federico V del Palatinato, vengono sconfitti dall’imperatore Ferdinando II e dalla Lega cattolica, risulta incomprensibile; proprio mentre la Spagna riprende la guerra contro le Provincie Unite. I calvinisti inglesi - i puritani - tornano ad intensificare la loro campagna anticattolica. Anche il matrimonio dell’erede Carlo con Enrichetta Maria, sorella del re di Francia, e la conseguente concessione della libertà di culto cattolico a Londra per la corte della regina, introduce un elemento di scarsa sintonia con gli umori della Nazione espressi dal Parlamento inglese. 14.2. UNA STELLA FISSA: BUCKINGHAM La fulminea scesa a corte dei George Villiers (1592/1628), - nobile minore e uno dei più ricchi signori d’Inghilterra, divenuto duca di Buckingham suscitò diffusa avversione fra gli aristocratici. Dotato di indubbie qualità, Villiers era riuscito, grazie alla sua posizione privilegiata nell’entourage del sovrano, a raggiungere una posizione di primato sul piano politico. L’emergere anche in Inghilterra di un sistema cortigiano dominato da un’unica fazione dominante, come già succedeva nelle altre corti europee, deve tener conto di una particolarità inglese: il controllo della corte non garantisce automaticamente quello del Parlamento. Alla morte di Giacomo I, e con la successione di Carlo sul trono inglese, (1625) cade anche la speranza di un’alleanza con la Francia in funzione antispagnola con la pace firmata da francesi. La prospettiva di un trionfo cattolico si sovrappone alle avvezione per lo strapotere di Buckingham. Il Parlamento è favorevole ad una guerra navale che colpisca la Spagna nelle sue ricche colonie. Carlo I scioglie il parlamento che era entrato in aperto contrasto con Buckingham il quale impone un prestito ai sudditi abbienti; la Camera dei Comuni richiede al re -in cambio dei sussidi richiesti - di firmare una Petition of right, che proibisca per il futuro nuove tassazioni da essa non autorizzate. Il successivo assassinio di Buckingham, accolto con manifestazioni di gioia, aggrava la situazione. Il sovrano decide di prendere in mano la situazione e torna a sciogliere il Parlamento (1629). 14.3. LA MONARCHIA PERSONALE CARLO 1 Durante gli undici anni di governo diretto da parte di Carlo I (1629/40), si verifica un progressivo scollamento fra la corte (the Court) e il paese (the Country). Il re, non volendo convocare il Parlamento, ricorre a banchieri/mercanti per finanziarsi concedendo privilegi e monopoli commerciali, e imponendo anche ai sudditi imposte e dazi e reprimendo duramente ogni dissenso. In campo religioso, il sovrano appoggia l’arminianesimo - versione moderata del protestantesimo - tentando la via della mediazione nel complicato puzzle religioso dei suoi regni; ma questo provoca una reazione da parte dei gruppi puritani che porta alcune sette ad emigrare in America del Nord. In politica estera -guerra dei Trent’anni -, la posizione defilata se non filo spagnola di Carlo I, che rovescia il tradizionale appoggio alle Province Unite ed ai principi protestanti tedeschi crea disorientamento e timori nella corte inglese,rimarcati dall’arrivo di Maria de Medici -regina madre-. Anche le Chiese d’Irlanda e di Scozia si ribellano al tentativo del re di uniformarle all’anglicanesimo: Di fronte all’aperta ribellione della Chiesa presbiteriana Scozzese, Carlo I arriva ad inviare una spedizione militare che viene però sconfitta, il re è obbligato a recedere. Nel 1640, Carlo I è, suo malgrado, obbligato a convocare il Parlamento per finanziare la guerra. 14.4. UNA GUERRA CIVILE Appena convocato il Parlamento chiede di discutere prima sulle proprie rimostranze alle corona e solo dopo delle richieste finanziare per la guerra agli scozzesi. E così, dopo appena tre settimane, il sovrano decide di licenziare il Parlamento (Short Parlament) e far arrestare alcuni componenti. Le trattative con gli scozzesi si complicano poiché essi pretendono un elevato risarcimento finanziario per i loro costi di guerra. Carlo I è costretto a riconvocare il Parlamento che di fatto non si sarebbe più fatto sciogliere (Long Parlament). L’azione del Parlamento ha il sostegno popolare. Viene chiesto al re di firmare un decreto di colpevolezza per tradimento contro il conte di Strafford suo primo ministro; sotto la pressione dell’opinione pubblica londinese Carlo I cede, finendo col firmare la condanna a morte di Strafford che verrà decapitato nel 1641. Successivamente il Parlamento ribadisce l’incostituzionalità ed illegalità di ogni tassazione senza consenso parlamentare ed ordina lo smantellamento di tutto l’apparato di governo volto alla repressione. 15.2. I PROBLEMI DEL MONDO RURALE Per analizzare la stagnazione/diminuzione della popolazione nel Seicento bisogna partire dalle vicende dell’agricoltura europea. Secondo l’economista inglese Robert Malthus (1766/1834), la scarsità dei raccolti è da imputare all’arretratezza delle conoscenze tecniche e alla scarsezza di terra di buone qualità; si estendeva l’estensione dei terreni coltivati, ma si trattava di terre povere. Secondo altri studiosi bisogna piuttosto guardare ad altri fattori di natura sociale e culturale come la polarizzazione della ricchezza, la sua concentrazione nelle mani di alcuni gruppi sociali. Le popolazioni urbane e rurali costrette a spendere per alimentarsi buona parte del loro reddito a causa dell’inflazione che ha fatto lievitare il prezzo delle derrate agricole. In campagna alla diminuzione dei redditi reali si aggiunge un aumento dei canoni di affitto dei terreni. Ad arricchirsi sono i medi e grandi proprietari terrieri i quali però non investono per aumentare la produzione. I ceti aristocratici, preoccupati di salvaguardare la propria preminenza sociali, cercano di mantenere integri i loro patrimoni; - fedecommesso: stabilisce la linea successoria, con divieto di vendita - I nobili sono più impegnati ad edificare palazzi e chiese e a costituire doti per le figlie. La scarsa diversificazione delle colture;- la diversità avrebbe potuto produrre una compensazione tra colture colpite da eventi atmosferici e altre meno colpite - e la riduzione dell’allevamento che diminuisce la disponibilità di concime per i campi impoveriscono il suolo = meno raccolto. Inoltre, il raffreddamento del clima iniziato alla fine del Cinquecento, e che si protrarrà sino a metà dell’Ottocento, - una piccola era glaciale - rende più frequenti le cattive annate agricole. Le rese agricole restano stazionarie o diminuiscono per tutto il Seicento. Si innesca un circolo vizioso: caduta della domanda / diminuzione dei prezzi delle derrate invendute, si torna anche all’allevamento, i pascoli, i boschi ed anche i terreni incolti aumentano. 15.3. LA NASCITA DI UNA NUOVA GERARCHIA NELLA PRODUZIONE MANIFATTURIERA Nel Seicento si verificano mutamenti negli equilibri economici europei: non tutte le regioni reagiscono allo stesso modo alle crisi causata dalla diminuzione di domanda. In alcune regioni vi è un vero e proprio tracollo produttivo: industrie tessili della Castiglia e della Catalogna a causa della concorrenza inglese e italiana. In territori dei Paesi Bassi ci si specializza in fabbricazione di tessuti di buona qualità e nella produzione del lino. L’Inghilterra accresce notevolmente le proprie esportazioni di manufatti di lana colpendo notevolmente la produzione tessile dell’Italia. La diminuzione del reddito di chi poteva comprare le stoffe di alta qualità italiane restringe la domanda che si sposta verso stoffe di bassa qualità e prezzo contenuto. Si rafforzano i produttori che riescono a diminuire i costi, specie quello della manodopera, -magari a scapito della qualità - Le manifatture italiane, che producevano stoffe di qualità, perdono competitività e diminuiscono. I pubblici poteri impongono misure protettive per salvaguardare le produzioni locali. 15.4. VERSO NUOVI EQUILIBRI NEGLI SCAMBI COMMERCIALI Lo sviluppo delle manifatture inglesi e olandesi, e la crisi di quelle fiamminghe ed italiane ridisegna la gerarchia economia europea, non con un tracollo improvviso, ma con una progressiva perdita di un primato produttivo e commerciale. Elemento importante di questo mutamento è il quadro demografico; nell’Europa nord-occidentale cresce sia la popolazione, sia l’urbanizzazione; mentre nell’area mediterranea calano entrambi questi dati portando ad una contrazione della domanda urbana delle derrate agricole e conseguente a minor commerci. Venezia perde al sua centralità anche nel commercio delle spezie con il Levante; olandesi ed inglesi cominciano a circumnavigare l’Africa, violando il monopolio dei portoghesi, importano dall’Asia. La guerra dei Trent’anni, bloccando il flusso di merci, da il via alla lento declino di Venezia. Anche Genova subisce gli effetti della stagnazione dei commerci mediterranei. Solo Livorno, grazie a sgravi fiscali, diventa un centro commerciale di olandesi, inglesi, francesi, che conquistano l’egemonia dei traffici mediterranei. Le esportazioni italiane sono sempre più rappresentate da derrate agricole e da materie prime , non più da manufatti. In questo periodo assume particolare importanza l’esportazione di seta grezza o semilavorata legata al largo sviluppo della gelsicoltura e di alcuni centri manifatturieri, non più urbani, ma operanti nelle campagne. CAP. 16: IL MODELLO DI SOCIETA’ OLANDESE E INGLESE Tra il 1566 ed il 1648, la monarchia Asburgo di Spagna viene tenuta in scacco dalla rivolta dei Paesi Bassi; la vittoriosa resistenza delle Province Unite rappresenta una sconfitta delle ambizioni egemoniche europee degli Asburgo, confermando anche l’impossibilità di imporre la restaurazione del cattolicesimo. Nelle Province Unite, l’organizzazione dei poteri pubblici è basata sulla compartecipazione alle decisioni politiche dei vari corpi rappresentativi degli Stati provinciali. Questo nuova repubblica non si basa sul modello di quelle tradizionali - Genova Venezia -, ma su quello più radicale delle cittadine protestanti e delle confederazioni ad esse legate - Ginevra -. I lunghi decenni di guerra antispagnola, consolida un sentimento antidispotico, ed il desiderio di libertà di coscienza, a cui si affianca il principio della tolleranza religiosa. In Inghilterra, la nascita della repubblica, seguita alla guerra civile che ha contrapposto la monarchia degli Stuart al Parlamento, è il primo caso in cui il sistema repubblicano si instaura per via violenta - decapitazione di Carlo I in nome della volontà del popolo - in un grande paese europ. Malgrado l’esperimento repubblicano inglese venga presto interrotto con la restaurazione degli Stuart, produce una consolidata e diffusa opposizione all’incremento dei poteri della corona, sottolineando la necessità di un nuovo equilibrio tra i poteri che salvaguardi i diritti fondamentali. Al contrario, in Francia il modello statuale punta al rafforzamento delle prerogative regie, all’imposizione di un modello religioso cattolico, all’accentramento amministrativo con nuove tasse. 16.1. DUE POTERI La «nuova» repubblica inglese - Commonwealth - e la «vecchia» repubblica delle Province Unite, presentano tratti in comune. Entrambe accanto ad un organo rappresentativo - Parlamento / Stati generali -, va emergendo un potere esecutivo fondato sulla forza militare. Nelle Province Unite il legame Stati generali/forza militare ha origine nella lunga guerra contro la corona spagnola. La compresenza di questi due poteri esprime tendenze differenti:- religiose ( protestanti moderati /puritani); - geografiche ( Olanda/altre province); - radicamenti sociali (nobiltà rurale/plebe urbana Tuttavia è la forza del modello, pur richiamandosi all’esempio monarchico, sottolinea la vitalità e la capacità della repubblica di garantire una partecipazione politica estrae al sistema monarchico.Una dialettica simile si manifesta, nella seconda meta del Seicento, anche in Inghilterra. Nel 1653, viene eletto un nuovo parlamento, «Parlamento dei Santi», in cui esponenti radicali si stringono attorno a Oliver Cromwell e lo eleggono Lord protettore della repubblica. Però l’equilibrio tra Parlamento e potere esecutivo/militare, del nuovo regime risulta precario. La carica di Lord protettore, legata alla personalità carismatica di Cromwell, mancava di una vera legittimità; alla morte di Cromwell (1658), il tentativo di trasferirla al figlio Richard ebbe breve durata. Nel 1660 viene ripristinato il parlamento sciolto nel 1653 e si apre la trattativa con la corona inglese: Carlo II torna sul trono. Questo compromesso porta alla restaurazione della monarchia, della camera dei Lord, e della Chiesa anglicana, ma garantisce anche la sopravvivenza di molte conquiste repubblicane. Rimane in vigore parte della legislazione del 1641/42; ma soprattutto il Parlamento vede riconosciuto il proprio ruolo di garanzia e di controllo, nonché la competenza in materia fiscale. Sul piano religioso, con l’Atto di uniformità, si cerca di riportare omogeneità di culto entro la Chiesa d’Inghilterra; si approvano leggi contro sette radicali, che restringono la libertà religiosa. L’idea di un ‘unica Chiesa inglese, che raccolga tutti i sudditi, è comunque ormai tramontata. 16.2. I PUNTI DI FORZA DI UN’ECONOMIA ALL’AVANGUARDIA A partire dal 1600 la crescita economica delle Province Unite è notevole. La repubblica diviene la maggior potenza marittima e commerciale, alla borsa di Amsterdam vengono valutati i prodotti che giungono da tutti gli scali mondiali. Il territorio delle Province Unite comprende il delta di tre importanti fiumi dell’Europa nord-occidentale - Schelda -Mosa Reno - arterie di comunicazioni e Anche la piccola repubblica finisce coll’adeguarsi alla politica protezionistica europea. In ultimo, la politica espansionistica del re di Francia Luigi XIV verso i Paesi Bassi spagnoli, spinge le Provincie Unite ad allearsi con Svezia ed Inghilterra (1668). Quando la Francia invade la Repubblica esplodono rivolte contro il governo, un terremoto politico interno. 16.6. GENTILUOMINI, MERCANTI E SCIENZIATI La struttura sociale inglese si presenta, alla metà del XVII secolo, più complessa di quella olandese. Al vertice una articolata nobiltà - titolati, cavalieri, scudieri - divide una ricchezza che permette loro di dedicare il tempo allo svago o al servizio della comunità; nella campagne proprietari non nobili e piccoli proprietari terrieri, poi i lavoratori agricoli ed i servi. Nella città, Londra, comunità mercantili, uomini di professione ed un complesso e combattivo universo artigianale. Nel tardo Seicento incomincia a delinearsi una distinzione di interessi terrieri e rurali e quelli commerciali ed urbani. La vendita delle terre della Chiesa anglicana e dei possedimenti della corona aveva dato vita ad una disponibilità fondiaria che finì per favorire il ceto dei possidenti medio - alti, danneggiando invece i piccoli proprietari e affittuari. Inoltre una pesante tassazione sulla terra svolge un ruolo di selezione dell’investimento terriero a favore delle terre ben coltivate. Con l’espansione navale cresce la ricchezza di chi ha interessi commerciali e manifatturieri. Cresce l’importanza dei porti e delle comunità mercantili di Londra, Glasgow, Bristol, Liverpool. I proprietari terrieri chiedono di spostare la tassazione sulle nuove ricchezze mobili. Il ventennio rivoluzionario 1640/60, costituisce per la società inglese uno spartiacque: la rottura degli schemi autoritari e delle rigidità sociali. L’affermarsi della lingua inglese al posto di quella latina, contribuisce all’ampliamento della possibilità di lettura, anche grazie alle gazzette, - giornali Anni di libera sperimentazione creano un clima positivo nei confronti di cambiamenti e novità. Si giunge a rifondare le basi della convivenza civile; con Thomas Hobbes, lo Stato perde il suo fondamento di diritto divino per rivelarsi un prodotto umano, un male necessario. Esso si fonda sul monopolio della forza che i cittadini cedono all’autorità in cambio della difesa delle proprie persone e dei propri beni. L’assolutismo trova così giustificazione razionali, mentre perde il suo fondamento di legittimità sacrale. CAP. 17: LA MONARCHIA DI LUIGI 14 Alla morte del cardinale Mazzarino, (1661), Luigi XIV - Re Sole - dichiara di voler governare direttamente; finisce il governo tramite un ministro fiduciario dotato di pieni poteri. La decisione del sovrano francese sarà imitata da tutte le principali monarchie perché i regimi a fazione unica, quella che governa in nome del re di cui gode la fiducia, metteva a rischio la monarchia stessa. Nel mezzo secolo in cui regna Luigi XIV, viene forgiato un sistema di governo in cui si evidenzia la potenza assoluta della volontà sovrana, sistema di potere che verrà poi chiamato «assolutismo». La scelta di Re Sole di governare direttamente è solo una delle novità introdotte dal sovrano. 17.1. UN RE DI GUERRA Al centro della politica di Luigi XIV sta il disegno di sostituire all’egemonia asburgica sull’Europa quella francese ergendosi a difensore della fede cattolica per legittimare questa azione politica . A tale disegno, articolato e complesso, il Re Sole si dedicherà con tenacia per decenni. Primo passo è la creazione, da parte del ministro della guerra F. Le Tellier, di un esercito stabile e ben armato da usare sia contro il nemico esterno, sia contro eventuali ribellioni di sudditi francesi. Prospettando la pacificazione interna e l’espansione militare esterna, Luigi XIV riesce ad ottenere il consenso dei ceti dirigenti del paese. Tale politica però causa un sempre più gravoso carico fiscale sulla popolazione francese. La prima direttrice della politica espansiva francese è quella verso est e verso nord-est. Il sovrano francese rivendica il diritto di successione al trono asburgico sia in quanto figlio di Anna d’Asburgo - sorella di Filippo IV- sia per aver sposato Maria Teresa, - figlia di Filippo IV -. Alla morte di Filippo IV d’Asburgo (1665), la reggenza passa a Marianna d’Austria madre di Carlo II ancora bambino; Luigi XIV cerca di approfittare di questo momento di incertezza e divisione interna alla monarchia spagnola facendo occupare dalle proprie truppe i Paesi Bassi spagnoli e la Franca Contea. Le Province Unite però non accettano l’espansione francese preferendo appoggiare la corona spagnola; nasce un’alleanza con Inghilterra e Svezia che costringe il Re Sole alla pace di Aquisgrana (1668) in cui ottiene solo alcuni territori delle Fiandre. L’espansionismo francese da vita ad una reazione internazionale; a difesa delle Province Unite intervengono l’impero e la corona spagnola. Alla fine la Francia ottiene la Franca Contea, la l’integrità territoriale delle Province Unite è salvaguardata. Nel 1680/83, Re Sole annette al suo regno Alsazia e Strasburgo. Solo l’assedio delle truppe ottomane a Vienna sospende questa politica di annessione; però nel 1684 la flotta francese bombarda Genova - che sosteneva finanziariamente la corona spagnola - per convincerla ad accettare la protezione francese in funzione anti spagnola. Nel 1685, si forma un’alleanza antifrancese: la Lega di Augusta, a cui aderiscono: l’Impero, la monarchia spagnola, la Svezia, le Province Unite, l’Inghilterra e il ducato di Savoia. Dopo una lunga guerra la Francia deve cedere i territori annessi/ e conquistati, mantenendo solo Strasburgo. Nel 1700, alla morte di Carlo II d’Asburgo Luigi XIV cercherà di imporre al trono spagnolo il nipote Filippo Borbone duca d’Angiò - Filippo V (1700/46) -. La politica di espansione francese con le conseguenti guerre, aggrava la situazione del debito finanziario dello stato a cui si cerca di porre rimedio riorganizzando il sistema di riscossione delle imposte e aumentandole contemporaneamente; tuttavia l’indebitamento statale non diminuisce. Jean-Baptiste Colbert (1619/83), controllore generale delle finanze, - periodo del colbertismo - sostiene la pratica mercantilistica concedendo monopoli ai privati per rafforzare settori ritenuti strategici per l’economia; tassa i costosi prodotti lavorati provenienti dall’estero, nel contempo riduce i dazi doganali sulle materi prime importante per favorire le lavorazioni interne. Con questa sua politica protezionistica egli vuole scoraggiare l’acquisto di prodotti esteri; a tal fine sostiene anche la creazione di numerose manifatture interne che portino al Francia all’autosufficienza. Ma spesso queste manifatture hanno vita stentata e non corrispondono alle aspettative di Colbert, le uniche manifatture che prosperano producono armamenti per l’esercito e materiale per la marina. Il settore navale è fortemente sostenuto perché solo la creazione di una marina in grado di competere con quella inglese e olandese può imporre la Francia nei traffici internazionali. Nel 1664, vengono costituite la Compagnia delle Indie Orientali e quella delle Indie Occidentali che ottengono il monopolio dei commerci nelle rispettive zone di competenza. Queste compagnie sono autorizzate dal sovrano a concludere accordi diplomatici ed azioni militari. A differenza però delle altre simili compagnie europee formate esclusivamente da mercanti, fra gli azionisti di quelle francesi ci sono il sovrano, membri della famiglia reale, ministri, aristocratici, cortigiani. Sono in sostanza sotto il diretto controllo della corona francese. 17.2. IL CONTROLLO DEL SACRO Luigi XIV si propone come un re guerriero circonfuso da un’aura di vittoria; ma Re Sole vuole anche essere un re cattolico la cui azione è volta a restaurare una identificazione tra potere politico e potere religioso, aspirando a diventare, nei fatti, il capo della Chiesa francese. Riscoprire la tradizione sacra dei sovrani di Francia, significa restituire al trono una fonte di legittimazione. Questa sua posizione, non accettare alcuna subordinazione al papato, provoca durissimi contrasti con la Curia papale. Nel 1681, convoca un sinodo gallico che approva i Quattro articoli:  -  il sovrano e i governanti laici non sono soggetti all’autorità ecclesiastica negli affari temporali;  -  la superiorità dei concili sui pontefici, - come era stato stabilito del Concilio di Costanza - ;  -  il sovrano deve esercitare la sua autorità in conformità delle tradizioni galliche;  -  le decisioni del Papa possono esser considerate definitive solo se approvata dalla Chiesa tutta. contro conformisti, puritani e quaccheri, -ma non contro i cattolici - ; - si sancisce l’intangibilità della proprietà privata e l’inammissibilità di un esercito permanente in tempo di pace. Il sovrano mantiene: - il diritto di veto sulle leggi approvate dal Parlamento, controbilanciata dall’approvazione del bilancio di Stato da parte del Parlamento; - la direzione della politica estera e la nomina dei ministri, che sono però soggetti al giudizio politico del Parlamento. Il Parlamento con l’Act of settlement (1701) esclude i cattolici dalla successione dinastica. Alla morte di Guglielmo sale al trono Anna, altra figlia di Giacomo II, poi il trono passa agli Hannover. Guglielmo I di Hannover, (1660/1727) si trova ad affrontare nel 1715, l’insurrezione della Scozia che contesta l’incorporazione/fusione del 1707 con l’Inghilterra; l’aristocrazia ha ottenuto solo una rappresentanza minoritaria nel Parlamento di Londra - 16 posti fra i lord, 45 nella camera bassa - Inizia un lungo periodo di predominio dei Whig nel Parlamento inglese dove i raggruppamenti politici, antenati dei moderni partiti, si contendono l’egemonia. Giorgio I, tedesco estraneo alla politica inglese, delega largamente il potere esecutivo ai ministri scelti tra i Whig; il più importante è Robert Walpole (1675/1745); egli diventa il solo contatto fra il sovrano e gli altri ministri riscendo così ad influire fortemente sulle decisioni del consiglio. Nasce in questo modo la figura del primo ministro che non è solo amico personale e fiduciario del sovrano ma anche capo della maggioranza parlamentare da cui deve ottenere la fiducia per poter governare. Ora il re regna, ma non governa: è garante delle istituzioni e simbolo dell’identità nazionale. Durante il XVIII secolo Whig e Tory cominciano ad alternarsi al governo; i Whig appoggiati dai ceti più dinamici, i Tory dall’aristocrazia fondiaria più tradizionale; tutto questo in un sistema elettorale ancora molto imperfetto - vota solo che ha un reddito, manca proporzionalità elettori/eletti. Comincia a prendere vita la dialettica parlamentare moderna: una maggioranza che governa -in accordo con il sovrano- attraverso il primo ministro ed il suo governo; una minoranza che esercita una funzione di controllo; l’accettazione da parte di tutti delle regole del gioco. I membri del partito contrario non sono più nemici, ma soltanto avversari con cui competere per governare. 18.3. IL FASCINO DEL MODELLO INGLESE Contro la giustificazione razionale dell’assolutismo elaborata da Hobbes nel 1688/89, John Locke nel 1690 contrappone uno Stato con poteri limitati, che deve innanzi tutto garantire i diritti fondamentali dell’individuo: libertà di stampa, di parola, di religione; diritto alla proprietà ed eguaglianza di tutti di fronte alla legge. La ribellione contro l’assolutismo è giustificata e per evitare questo occorre che i poteri siano separati - legislativo, esecutivo, giudiziario - e posti in mani diverse che si contrappongano e si bilancino a vicenda. Anche la religione non sfugge a questa ondata razionalistica e la Bibbia stessa viene sottoposta ad una nuova severa analisi che porta ad accettarne delle parti, a criticarne o rifiutarne delle altre. Nel XVIII secolo, il Regno Unito, unico Stato in cui esista una simile dialettica politica, diventa uno Stato a cui guardare con ammirazione, sia per il suo sistema di poteri divisi, sia per le libertà garantite, sia per la rappresentatività bicamerale. Quando, nel Regno Unito, al particolare sistema politico si unirà anche il fascino della grande potenza commerciale, marittima e militare, l’anglomania dilagherà in Europa. Nel continente sono sempre più in disuso le antiche istituzioni rappresentative dei ceti, la pressione dell’opinione pubblica incomincia a farsi sentire attraverso i libri, le gazzette; mentre la discussione politica avviene in luoghi informali quali i caffè ed i salotti in cui si confrontano le opinioni di gruppi sociali Prendono vita anche società segrete tra cui si distingue la Massoneria, - nata a Londra nel 1717 - che si richiama alla tradizione delle corporazioni di mestieri del Medioevo. Si tratta di una associazione di eletti dello spirito, che rifiuta discriminazioni di nascita, si ispira ad idee di pace, fratellanza, tolleranza e pratica una mutua solidarietà tra i propri membri. Risulta divisa in varie sette con ideologie diverse, ma accumunate da rituali di stampo religioso. La massoneria si diffonde ampiamente in tutta l’Europa con l’apertura di varie logge; poi raggiunge l’America. Dove non esiste la libertà di stampa e di associazione la sua attività si svolge nascostamente, venendo a volte tollerata, a volte repressa e qualche volta utilizzata dalle autorità per i suoi fini. CAP. 19: I NUOVI ASPETTI POLITICI EUROPEI NELLA 1° META’ DEL ‘700 Il XVIII secolo si apre con una lunga e quasi interrotta serie di conflitti politici. Lo scopo non era più quello di difendere «la vera fede», ma mantenere l’equilibrio fra i diversi attori politici europei. Queste guerre rispondono all’esigenza di mantenere o stabilire interessi territoriali e dinastici. Nel teatro continentale la presenza della Francia va a sostituire quella della Spagna, che non è più la potenza di riferimento, ma un paese in declino sociale e politico, il grande malato dell’Europa. Appaiono anche altre aggressive potenze: Inghilterra, Province Unite, Russia, Svezia, Prussia. L’instabilità politica di quegli anni è alimentata anche dal conflitto tra il principio di legittimità dinastica, della potenza assoluta, e le resistenza dei poteri territoriali. Da un lato i sovrani tendono ad intervenire maggiormente sui propri complessi dinastici, sulle forme istituzionali; dall’altro i vari territori esigono che vengano rispettate le proprie esigenze e prerogative. L’idea che un sovrano, anche se non nato in quello Stato, deve rispettare le tradizioni, i costumi le tradizioni del territorio. 19.1. LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA Essendo Carlo II d’Asburgo privo di discendenza vengono siglati accorti per la spartizione del suo regno tra gli Asburgo d’Austria e la Francia di Luigi XIV. Ad Inghilterra e Province Unite interessano i mercati delle colonie americane della Spagna. Quando però, nel 1700, Carlo II designa proprio erede Filippo d’Angiò, - Filippo V di Spagna, nipote di Luigi XIV, si realizza un asse franco-spagnolo; contro questo schieramento Leopoldo I d’Asburgo, che rivendica la corona di Spagna, convince Inghilterra e Province Unite a formare con lui una coalizione a cui aderiranno anche Prussia, Portogallo, ducato di Savoia e principi tedeschi. Le operazione belliche, iniziate nel 1702, volgono a favore dello schieramento antifrancese. In Catalogna scoppia una ribellione contro Filippo V; in Italia gli austriaci sconfiggono le truppe franco- spagnole; la flotta inglese occupa Gibilterra. Quando però muore Giuseppe I , -1711- e sale al trono Carlo VI , candidato anche al trono spagnolo, la coalizione che combatte i Borbone si sfalda perché molti sono contrari al ruolo egemone che Carlo VI potrebbe assumere in Europa. Con i trattati di Utrecht e di Rastadt -1713/14- , la Spagna, e le sue colonie americane, viene assegnata a Filippo V Borbone che si impegna a non riunire i territori spagnoli alla corona francese, l’Inghilterra ottiene Gibilterra, importanti territori nell’America settentrionale - Terranova, Nuova Scozia, Canada - oltre al lucroso asiento : appalto del commercio degli schiavi nelle Americhe. All’impero austriaco vanno i Paesi Bassi meridionali, il regno di Napoli, il regno di Sardegna, lo stato di Milano; inizia il periodo dell’egemonia austriaco in Italia, finisce quella spagnola. Il duca di Savoia ottiene il regno di Sicilia, e può quindi ora fregiarsi del titolo regio. Ma questa radicale nuova spartizione dell’Europa, viene poco dopo rimessa in discussione; Filippo V tenta la riconquista dell’Italia, cercando di occupare sardigna e Sicilia. Una violenta reazione internazionale stronca questo tentativo spagnolo e tutto viene riconfermato; tranne l’assegnazione della Sardegna - più vicina al Piemonte e quindi più difendibile- ai Savoia che cedono la Sicilia. 19.2. UNIONI E CONQUISTE Il caso della rivolta in Catalogna mostra bene come esistano possibilità di resistenza dei territori; d’altra parte in uno Stato conquistato con la forza, il principe dispone di una maggior libertà di intervento perché il così detto diritto di conquista lo esime dal rispettare i privilegi e i contratti stipulati dai suoi predecessori. Tutto può essere rinegoziato premiando chi lo ha sostenuto. In Spagna, Filippo V avvia un processo di unificazione politico amministrativa delle corone di Castiglia e d’Aragona riducendo il grado di autonomia dei due singoli regni cattolici; questo favorirà il sorgere di due schieramenti: l’uno che sostiene il modello di Stato centralizzato, - élites castigliane - l’altro - gruppi dirigenti provinciali - che cerca di tutelare le autonomia locali. Anche in Inghilterra, Anna Stuart avvia un processo di integrazione di Scozia e Inghilterra, dall’unione dei due regni nascerà la Gran Bretagna. Di fatto si tratterà di una annessione della Scozia che perderà la propria autonomia Spagna risentono del declino delle rispettive corone nella scena politica europea. Nel 1662, i portoghesi cedono agli inglesi l’importante basa indiana di Bombay -come dote alla principessa lusitana che sposa Carlo II Stuart -; però riprendono il controllo del Brasile cominciando a colonizzarlo ed a sfruttarne gli ampi spazi coltivando la canna da zucchero. Per lavorare queste ampie piantagioni si ricorre all’importazione degli schiavi dall’Africa. Successivamente vengono scoperti grandi giacimenti d’oro (1697) e di diamanti (1729) spostando verso sud - Rio de Janeiro - l’asse economico della colonia e causando un afflusso sempre più numeroso di coloni - alla fine del Settecento risiedono in Brasile 2 milioni di portoghesi, tanti quanti vivono nella madrepatria. L’oro e le derrate agricole brasiliane alimentano i traffici con la Gran Bretagna, - maggior alleato politico, ma anche principale partner commerciale -, da cui giungono tessuti, manufatti, grano. L’impero coloniale della Spagna si concentra in America centrale e meridionale dove continua il monopolio dei traffici con quelle sue terre. Di fatto le grandi distanze con il Nuovo Mondo e gli attacchi corsari dei nemici inglesi corrodono questo monopolio spagnolo. A questo si aggiunge l’incapacità delle manifatture spagnole a soddisfare la domanda di prodotti delle sue colonie. Si sviluppa il contrabbando dei mercanti olandesi, francesi ed inglesi che inviano prodotti europei. Per quanto riguarda la tratta degli schiavi africani verso le sue colonie la Spagna ricorre ad una sorta di appalto con monopolio, -«l’asiento de negros » - che nel 1700 viene aggiudicato alla Francia. Il trattato di Utrecht (1713) attribuisce però alla Gran Bretagna l’esclusiva della fornitura degli schiavi africani alle colonie spagnole ed un primo permesso di inviare anche carichi di merci inglesi. A poco a poco la Gran Bretagna espande la sua influenza commerciale sulle colonie americane. 20.2. LA GRAN BRETAGNA ALLA CONQUISTA DELL’IMPERO Nel corso del XVIII secolo l’Inghilterra diventa la prima potenza commerciale del globo. Grazie allo sviluppo dell’industria navale e al formarsi di una potente marina le compagnie commerciali inglesi tolgono agli olandesi il primato nell’intermediazione e commercio conto terzi. Anche la Francia conosce una notevole crescita dei traffici commerciali, soppiantando gli olandesi nei traffici con le Americhe; ma subisce la supremazia navale e commerciale della Gran Bretagna. Inizialmente, in Gran Bretagna, nel ventennio 1721/42, la classe dirigente dei Wigh, guidata da Walpole, ritiene che la politica economia britannica sia meglio tutelata dalla pace e si astiene dai conflitti politici continentali. Successivamente, sotto la guida di William Pitt il governo ritiene di doversi impegnare nella difesa e nell’espansione dei possedimenti coloniali. Nella guerra dei sette anni(1756/63) la Gran Bretagna si allea con la Prussia contro Francia, Austria e Russia. Per gli inglesi si tratta di sconfiggere la concorrenza francese nell’espansione coloniale in America e India. I francesi, alleati con tribù indigene locali, si sono spesso scontrati con gli inglesi per il controllo dei territori canadesi. Dopo una serie di alterne vicende le truppe inglesi conquistano importanti roccaforti francesi - Quebec, Montreal -; si giunge alla pace di Parigi (1763) che assegna alla Gran Bretagna sia il Canada e i territori a est del Mississippi, sia la Florida, sottratta alla Spagna. Il continente americano è diventato un importante mercato per le merci europee essendo aumentata la domanda di manufatti da parte di una popolazione in continua crescita - emigrati e schiavi -. Grazie al commercio di tessuti di cotone e lino provenienti dall’India, la Gran Bretagna assume una incontrastata posizione di primo piano nei traffici marittimi fra le varie colonie del mondo. Di fatto, le compagnie commerciali britanniche pagano le merci acquistate con merci provenienti da altri territori; un sistema di scambi multilaterali con ben quattro continenti, ma che ha il proprio cuore finanziario a Londra. I manufatti di cotone provengono dall’India; gli schiavi, l’avorio e l’oro dall’Africa; zucchero, legnami, tabacco e cotone grezzo dalle Americhe; seta, the, caffè e spezie dall’Estremo Oriente, tutte queste merci vengono commercializzate in tutto il mondo da Londra. Va sottolineato il particolare ruolo del commercio degli schiavi dall’Africa orientale alle varie colonie europee nel continente americano: tra il 1701 e il 1800, vengono comprati e commercializzati in America oltre 6 milioni di schiavi per opera di mercanti europei. Le compagnie britanniche occupano il primo posto nella classifica del commercio degli schiavi; solo nel 1808, il Parlamento di Londra decreterà l’abolizione di questa tratta nelle colonie inglesi, aprendo una campagna internazionale a tale scopo. 20.3. NUOVE EGEMONIE E NUOVI COMMERCI CON L’ASIA Nel tardo Seicento e nel Settecento i rapporti coi mercati asiatici conoscono significativi cambiamenti. In primo luogo si riduce il valore delle importazioni di spezie ed aumenta quello dei manufatti tessili - cotone indiano / seta cinese -; il cotone viene scoperto dalla moda europea, anche i piantatori delle colonie del Centro/Sud America richiedono di tessuti leggeri ed economici. Il principale produttore di manufatti di cotone è il Bengala - India nord/orientale- dove sono sorte basi commerciali inglesi e francesi. Nel 1690 viene fondata a Calcutta l’agenzia EIC che di fatto controlla l’esportazione dei tessuti indiani verso l’Europa con accordi coi mediatori locali. L’invasione del mercato britannico di tessuti di cotone a basso prezzo fa si che vengano adottati provvedimenti a favore delle manifatture inglesi col risultato di aumentare la produzione interna di tessuti di bassa qualità, ma con prezzi competitivi, che vengono riesportati in Europa ed in America. Conseguentemente cresce l’importazione di cotone grezzo da lavorare in Inghilterra. Altro importante prodotto che i mercanti britannici introducono in Europa è il the cinese. Si inizia a pagare questo prodotto con una merce illegale assai richiesta sul mercato cinese: l’oppio. Grazie alla produzione di quest’ultimo in Bengala, regione dove hanno instaurato ottimi rapporti, gli inglesi riescono ad assumere il controllo del redditizio commercio del the dalla Cina. I manufatti tessili e il the favoriscono lo spostamento delle attività della compagnia inglese sulla costa orientale dell’India: sede principale Calcutta da dove inizia una progressiva penetrazione nella vita politica indiana per tutelare i consistenti interessi commerciali. Nel 1744, la rivalità economica tra Francia e Gran Bretagna si trasforma in scontro aperto nel quale sono coinvolti anche i principi indiani; gli accordi finali mirano a rendere neutrali tutti i territori al di la del Capo di Buona Speranza. Di fatto però la supremazia navale inglese rimane incontrastata. Anche nel corso della guerra dei Sette anni, le forze britanniche sconfiggono quelle francesi. Il trattato di pace afferma l’egemonia britannica in India con il controllo dei territori del Bengala. La Compagnia francese delle Indi orientali comincia a declinare; sarà soppressa nel 1790. Gli inglesi assumono il monopolio del salnitro necessario per la fabbricare la polvere da sparo che finiscono per pagare con merci europee di cui loro stessi fissano i prezzi con enormi guadagni. Giungono infine a fornire prestiti in denaro ai principi indiani e ad assumere il controllo della riscossione delle imposte e dell’amministrazione delle finanze di territori sempre più vasti. L’intermediazione dei mercanti indiani viene superata con una trattativa diretta coi produttori; inoltre avendo ottenuto il controllo sulle entrate pubbliche del ricco Bengala possono servirsi dell’attivo di bilancio per acquistare the e seta in Cina e coprire le proprie spese amministrative. Dal 1757 al 1780, Londra preleva in Bengala e trasferisce in Inghilterra oltre 38 milioni di sterline. Nel 1773 il Parlamento inglese, viste le rimostranze contro il monopolio commerciale della EIC, nomina il primo governatore generale del Bengala arrivando poi a porre la compagnia sotto il controllo politico, finanziario e militare delle autorità di Londra abolendo infine il monopolio stesso. 20.4. RUOLO DEL MEDITERRANEO NELLA NUOVA DIVISIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO Nel corso del XVIII secolo il Mediterraneo cessa di essere l’area commerciale più intensa e profittevole. I traffici dell’Atlantico sono diventati più importanti e sono comparse nuove mercanzie Inoltre alcuni paesi come l’Italia e la Spagna, sino ad allora all’avanguardia nella produzione manifatturiera, hanno visto declinare le proprie attività economiche ed hanno perduto il controllo della commercializzazione dei loro prodotti. Ora sono le flotte olandesi, inglesi e francesi che dominano gli scambi nel bacino del mediterraneo. Solo le correnti coltivazione ha il vantaggio di adattarsi a condizioni diverse: in alcune regioni viene utilizzato per l’autoconsumo dei produttori permettendo a questi di vendere il grano più ricercato; il mais diventa la base alimentare della popolazione contadina e di quella più povera delle città. Più lenta è l’introduzione della patata, dapprima considera solo una curiosità botanica, poi utilizzata come mangime per l’allevamento degli animali, e solo nell’Ottocento coltivata intensamente. Anche altri alimenti coloniali -cacao, caffè, the, - incominciano ad essere consumati in Europa. Cresce anche il consumo di alimenti europei: burro, olio, carne e pesce: soprattutto arringhe e merluzzo pescati nell’Oceano Atlantico che, -baccalà o stoccafisso-, arriva a nuove regioni europee. 21.4. LE FORME DELLA PRODUZIONE MANIFATTURIERA Gli studiosi individuano tre forme di produzione manifatturiera presenti sin dal basso Medioevo: 1) produzione domestica: manufatti destinati all’autoconsumo familiare; nelle campagne;. 2) produzione artigianale: lavoratori specializzati producono oggetti destinati alla vendita; questo tipo di produzione che richiede investimenti di capitali per l’acquisto di materi prime, di attrezzi , si svolge nelle città dove esistite la possibilità di commercializzare questi beni. Esistono diversi livelli di questo tipo di produzione: dai piccoli artigiani - fabbri/calzolai - alle grandi officine con salariati. A volte la produzione artigianale evolve in lavorazioni a domicilio: un mercante imprenditore, che ha provveduto ad acquistare la materia prima, gestisce le varie fasi di lavorazione non in una sua struttura, ma nella case dei lavoratori stipendiati , vendendo alla fine del ciclo produttivo la merce. Inizialmente questo tipo di produzione è urbana, successivamente si sviluppa anche nelle campagne dove i contadini possono dedicarsi a questa attività nei periodi di minor occupazione nel lavoro dei campi, riuscendo così ad integrare i loro magri redditi. In alcune regioni europee questo tipo di produzione finisce col divenire l’attività principale delle popolazione. Alcuni studiosi a proposito di questo evento parlano di un fenomeno di proto industrializzazione che avrebbe preparato la rivoluzione industriale addestrando i lavoratori all’ attività manifatturiera. L’argomento è discusso perché alcune di queste area cadranno in crisi con la rivoluzione industriale 3) produzione accentrata: la manodopera salariata si concentra in un solo luogo sotto un’unica direzione. Si tratta del settore edilizio, cantieristico, estrattivo o di complessi procedimenti produttiv Spesso questo tipo di produzione sono promosse dal potere politico per produrre navi o armamenti. CAP. 22: FAMIGLIA, GENERE, INDIVIDUO La prima area di socialità di un individuo è costituita dalla famiglia. Con il termine famiglia si può intendere sia: - gruppo di persone che risiedono sotto lo stesso tetto; sia: - gruppo di persone legate da relazioni di parentele, anche se non vivono insieme. La famiglia è il luogo dove si strutturano le prime differenze dell’identità individuale. L’identità sessuale, maschi o femmine, è inserita in un contesto culturale che porta a ruoli diversi e in parte contrapposti. Queste due identità diverse, identità di genere, sono alla base di ruoli sociali distinti. Inoltre la famiglia riproduce i valori gerarchici che fondano le strutture sociali. In essa si trovano insieme individui adulti già formati e bambini/adolescenti da formare alla vita sociale. Attraverso il processo chiamato educativo, ragazze e ragazzi apprendono le regole fondamentali del gioco sociale Contemporaneamente essi imparano le differenze legate al loro esser maschi o femmine. Le varie Chiese hanno svolto un controllo sulle norme fondamentali di comportamento delle famiglie. 22.1. CONVIVENTI E PARENTI Le forme di famiglia, intese come forme di co-residenza, sono varie;  -  nucleare: una copia con figli;  -  allargata: “ “ “ “ + uno o più famigliari (nipote / zio / ecc.);  -  multipla: coppia di nonni + famiglia di uno dei figli; oppure nuclei familiari di due fratelli, (frequente dove un patrimonio indiviso, come un gregge, richiede la collaborazione di entrambi). Nell’Ottocento la famiglia tradizionale europea era quella allargata e patriarcale -figura dominante: maschio adulto anziano -; successivamente la famiglia evolve verso quella di tipo nucleare. Secondo alcune teorie, con l’inizio dell’industrializzazione viene meno la necessità tipica della società contadina di un grande gruppo famigliare convivente disciplinato da regole precise e adibito all’attività agricole. Conseguentemente il modello di famiglia varia col variare dei contesti culturali. Anche le forme di famiglia, intesa come gruppi di parenti, varia passando da una struttura parentale strettamente coesa, ad una struttura più semplificata debolmente legata a reti parentali esterne. Tra le famiglie nobili esisteva la consuetudine di coltivare il mito delle origini famigliari antiche. Questa passione per le origini famigliari - accertate o inventate - spiega la supremazia assegnata a ciò che dura nel tempo (fermezza, stabilità, valore di Dio) rispetto a ciò che muta nel tempo (volubilità, fragilità, deviazione da un ordine stabilito). La centralità del matrimonio, soprattutto per le famiglie nobili, è legato al fatto che con esso si tendeva ad affermare una relazione di alleanza, da rinsaldare o creare, con un’altra famiglia. 22.2. UOMINI E DONNE ALL’ALTARE Il matrimonio, che in epoca precristiana era un semplice contratto privato, nella società europea occidentale d’antico regime diventa un sacramento; per questo la Chiesa ha esercitato per secoli un’influenza decisiva sulla vita famigliare. Ha imposto un modello preciso di matrimonio, monogamico, eterosessuale, indissolubile; ha proibito unioni fra parenti troppo vicini (zio/nipote); ha difeso la libertà di sposarsi liberamente, ma anche senza il consenso della famiglia. La libertà di scelta del coniuge incontrò molte resistenze perché precedentemente si tendeva a matrimoni con amici, vicini conosciuti per tutelare il patrimonio e le alleanze nel tempo. Se sul principio di libertà della scelta del coniuge la Chiesa si urta con le tradizioni precedenti, sull’ordine gerarchico e sui ruoli sociali all’interno della famiglia la Chiesa rinsalda antichi principi. Il ruolo decisivo del padre, il capo di casa; l’ubbidienza dei figli, la subordinazione femminile. Ai maschi le attività lavorative rilevanti; alle donne l’educazione dei figli, la cura della casa e lavori secondari. Il tradizionale dominio maschile è però mitigato dalla possibilità per la donna di ereditare (in mancanza di figli maschi), e di esercitare attraverso le doti di un ruolo patrimoniale. 22.3. LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA Uno degli elementi che ha mutato, durante il XVIII secolo, gli assetti della famiglia in Europa è la modificazione degli equilibri demografici. La popolazione dell’antico regime era: giovane e segnata da alti livelli di mortalità e natalità. Nel Settecento iniziano a rarefarsi (maggior capacità di difendersi da morbi, sistemi di limitazione dei contagi) le grandi epidemie che periodicamente abbassavano i livelli della popolazione; contemporaneamente si riduce la mortalità infantile. La diminuzione dei livelli di mortalità si traduce in un netto aumento demografico. Successivamente però diminuiscono anche i livelli di natalità e la popolazione tende a stabilizzarsi. Un regime a bassa pressione demografica ( bassi livelli di natalità e di mortalità) si sostituisce al precedente ad altra pressione demografica ( alti livelli di natalità e di mortalità); questo permette alle famiglie di accumulare capitali e di metterli a disposizione dei propri membri. Grazie anche alle nuove conoscenze e tecniche agricole. 22.4. L’INDIVIDUALISMO AFFETTIVO Nelle aree protestanti la religione tende ad attribuire all’individuo la responsabilità delle proprie scelte accentuando la libertà di scelta del coniuge. Si fa strada un universo femminile autonomi ed al di fuori delle vecchie cerchie cortigiane. Il matrimonio tende ad essere vissuto sempre più come una scelta individuale svincolata da strategie familiari e dalla precettistica ecclesiastica. CAP. 23: IL MONDO AL LUME DELLA RAGIONE Il Settecento europeo appare segnato da un fermento intellettuale nuovo e dirompente a cui viene dato il nome di Illuminismo; dove prima imperavano le tenebre della superstizione, dell’ignoranza, del fanatismo ideologico occorre introdurre il lume della ragione. Si viene imponendo una diversa atmosfera intellettuale; più libera, ostile al sapere concezionale, al dogmatismo clericale; nemica del principio di autorità. Questo mutamento prende il via in Inghilterra e nelle Province Unite dove esiste una relativa tolleranza religiosa, si incoraggiano la ricerca scientifica, il dibattito fra tesi diverse e si esercitare un’influenza sulle scelte dei governi , che si batte in ogni parte del continente per il progresso civile. Lo stesso Voltaire diventa per alcuni anni il consigliere di Federico II di Prussia; poi, disilluso da Federico II, si ritira a Ginevra dove, oltre a celebri romanzi, scrive due opere storiche fondamentali: Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni, - ricostruzione della storia europea da Carlo Magno a Carlo V d’Asburgo -, e Il secolo di Luigi XIV - storia della Francia dall’avvento di Luigi XIII alla morte di Re Sole -. In questi testi Voltaire non si sofferma solo sugli avvenimenti bellici e vicende dinastiche, ma cerca di analizzare i fenomeni sociali complessi per coglierne i tratti essenziali. Includendo anche vicende extraeuropee. Vengono illustrati i vizi del fanatismo religioso, dell’intolleranza ideologica per indicare la strada di un futuro migliore. Il secolo di Luigi XIV appare a Voltaire un’epoca di splendore nazionale con realizzazione culturali ed artistiche, progresso economico e civile, stabilizzazione politica. Delineando gli splendori del secolo passato, appaiono più evidenti i mali presenti, e cioè la povertà materiale e morale della nazione. 23.3. L’ <<ENCYCLOPÉDIE>> L’Illuminismo appare come un movimento intellettuale coeso grazie al fatto che un gruppo di philosophes riesce nella difficile impresa di raccogliere il nuovo sapere in un’opera a stampa aperta al contributo dei più originali pensatori del tempo. Il filosofo/scrittore Denis Diderot (1713/84), e il matematico Jean-Baptiste Le Rond (1717/83) sono gli ideatori dell’Encyclopédie, progenitrice delle moderne enciclopedie, che raccoglie subito un grande consenso arrivando ad una tiratura per l’epoca elevatissima: oltre 4.000 copie. Un’impresa editoriale senza precedenti:- 60.000 voci distribuite in 17 volumi e 11 tavole illustrate -, che può giovarsi del lavoro di opere antecedenti quali il Dizionario filosofico di Voltaire . La pubblicazione di quest’opera, iniziata nel 1751, subisce interruzioni a causa di attacchi e condanne dal mondo conservatore e clericale; solo nel 1772 la gigantesca impresa è compiuta. Caratteristica saliente dell’Encyclopédie è l’attenzione riservata alla scienza ed alle tecniche; alla luce della ragione il pensiero scientifico-matemat. porta alla scoperta delle leggi che regolano la vita Nel XVIII secolo vi è una veloce crescita delle discipline scientifiche: - classificazioni delle specie vegetali e animali - analisi dei microorganismi - ricerche chimiche e per riconoscere e riprodurre le correnti elettriche - accumulazione dell’elettricità, pila - Franklin / Galvani / Volta - . La fiducia nelle capacità delle ragione si estende anche all’analisi del mondo umano: sensismo - ricondurre la conoscenza umana ai dati dei sensi -; materialismo - visione di tipo meccanicistico della natura e dell’umanità, escludendo i principi dogmatici, come l’esistenza dell’anima o di Dio. Questo nuovo tipo di impostazioni filosofiche sono estese anche alla comprensione dei fenomeni sociali, con conseguenze di enorme rilievo sulla percezione della società. 23.4. LA NATURA DEL VINCOLO SOCIALE Buona parte dello sforzo intellettuale dei cosiddetti illuministi è diretta a fondare su basi nuove la visione della società. Esclusa l’impostazione di tipo metafisico - l’organizzazione sociale dipende dalla volontà divina. - si cerca di stabilire su presupposti diversi la morale collettiva. Per gli utilitaristi , l’uomo va guardato per quello che è e non per quello che dovrebbe essere, le sue azioni sono mosse dal desiderio di massimizzare il proprio utile e il proprio piacere. Questo desiderio non va demonizzato, ma indirizzato a vantaggio del bene collettivo. La realtà sociale va studiata alla luce di leggi e regole che determinano il comportamento umano. Per François Quesnay (1694/1774) anche l’economia va studiata come una formazione naturale dotata di proprie leggi. Solo dalla natura deriva il valore delle merci e non dalla loro trasformazione e commercializzazione; le derrate agricole devono poter circolare liberamente, deve esserci la maggior libertà d’azione possibile; «laissez faire, laissez passer »lasciare fare, lasciare passare . Così in cosiddetti fisiocratici espongono la prima dottrina economica dichiaratamente liberalista; per loro l’unica leva legittima in mano al governo è quella fiscale: la rendita terriera va tassata. Successivamente per Adam Smith (1723/90) - il padre dell’economia politica moderna - coniuga il pensiero dei fisiocratici con quello utilitaristico che vede nell’egoismo la base del benessere sociale. Secondo Smith, ciò ch rende utile collettivamente le azioni egoistiche degli individui è l’esistenza del mercato, la «mano invisibile» che regola, ordina e distribuisce la ricchezza. Però a differenza dei fisiocratici egli ritiene che il valore delle merci sia frutto del lavoro umano - attività artigianali, industriali, commerciali -. Per lui quanto più si lascia il mercato libero di esprimere l’efficienza del suo meccanismo, tanto più si rende possibile accrescere la ricchezza della nazione. Però, mentre per Smith la divisione sociale del lavoro, la ripartizione di mansioni specifiche nelle nascenti fabbriche, costituisce la chiave di volta del progresso umano; per il pensatore ginevrino Jean-Jacques Rousseau (1728/78) questa divisione è un grave arretramento della condizione di felicità dell’uomo. Da questa degenerazione, iniziata con l’instaurarsi della proprietà privata, era derivata la diseguaglianza sociale. Nel Contratto Sociale (1762) Rousseau tratteggia una repubblica ideale basata su un contratto sociale stretto fra gli individui che ne fanno parte. Questo contratto non si base su presupposti utilitaristici, ma sulla condivisione di uno stesso comune sentire che consente il superamento delle singole volontà individuali, giungendo alla nascita di una unica volontà generale. Merito di Giuseppe Beccaria (1837/94) -Dei delitti e delle pene - l’aver evidenziato il carattere inumano di pratiche giudiziarie quali la tortura e pena di morte. Per lui la pena non deve essere una vendetta sociale, ma deve essere indirizzata tanto all’espiazione, quanto al recupero del reo. CAP. 24: IL DISPOTISMO RIFORMATORE Nella seconda metà del XVIII secolo si registra una tendenza dei sovrani a modificare gli assetti giuridici, economici e politico-sociali dei loro regni. Questa riforma delle regole amministrative ed economiche rappresenta una novità. Per secoli il sovrano è stato il difensore degli equilibri stabiliti, a lui è stata riconosciuta una funzione restaurativa, non riformatrice, intervenendo per ripristinare l’antico ordinamento voluto da Dio che la corruzione della vita sociale ha guastato. La nuova tendenza riformatrice mira a migliorare l’efficienza della macchina statale a fini bellici. Per ingrandire i propri domini a spese delle dinastia concorrenti occorrono forti eserciti che, essendo formati da mercenari, comportano notevoli spese; da qui l’esigenza di nuovi introiti fiscali. Bisogna quindi: vincere la resistenza dei popoli ottenendo l’assenso delle assemblee rappresentative a nuove tassazioni; eliminare esenzioni concesse negli ani precedenti a città e regioni privilegiate. Vista la difficoltà ad ottenere il consenso delle assemblee a nuove tasse i sovrani iniziarono a governare senza convocare i vari tipi di rappresentanza dei sudditi. Essi cercano di aumentare le imposte legittime, di ridurre le esenzioni, e di ottimizzare i redditi dei loro patrimoni personali. In questo periodo prendono il via gli studi di quelle che oggi sono la scienza delle finanze e scienza dell’amministrazione che si connettono con la politica economica, fiscale e monetaria. Nel corso del Seicento cresce la consapevolezza che la potenza politica e militare è legata alla forza economica degli Stati: derrate alimentari sufficienti a sfamare i sudditi, attività manifatturiere e commerciali in crescita capaci di attrarre investimenti anche dall’estero, aumento della popolazione. 24.1. IL RUOLO CRESCENTE DELLA SFERA PUBBLICA Le rivoluzioni di metà Seicento danno il via ad un dibattito sulle questioni fondamentali della vita pubblica;- in particolare al ruolo della Chiesa e della religione-, anche in strati sociali diversi dai gruppi dirigenti. Successivamente vi sarà però un ridimensionamento di questa tendenza di apertura. La diffusione delle gazzette - progenitori dei giornali - aumenta; questi fogli raccontano i principali avvenimenti politici/bellici/ carattere sociale, dando il via ad una riflessione sui difetti della società. Anche i sovrani, che sempre più tendono ad usare una podestà straordinaria, si trovano obbligati a spiegare ai propri sudditi come mai utilizzino una prerogativa così speciale. In mancanza di tali chiarimenti essi potrebbero apparire come tiranni. Il loro operare non è solo più giustificato dalla presunzione che sia Dio a volerli sul trono, ma anche dalla necessità di darsi da fare per il bene della comunità, per alleviare le sofferenze degli oppressi e dei poveri. Si apre una contraddizione fra queste nuove dottrine volte a legittimare il fondamento della sovranità e il concetto di diritto divino. Inizia anche un’analisi dei risultati ottenuti dalle politiche dei Paesi stranieri confrontandoli. Nasce anche la figura dell’intellettuale come consigliere del principe. Concorrono a dar forma a questa nuova figura personaggi di diversi ceti: Viene istituita un’imposta fondiaria unica valida per tutti i sudditi, ma questo provvedimento scatena l’opposizione dei ceti aristocratici per cui Leopoldo II, successore di Giuseppe II, annulla tali riforme e ripristina la situazione precedente. 24.5. LA SOPPRESSIONE DELLA COMPAGNIA DI GESU’ Uno dei terreni sui quali si misura la capacità dei sovrani di attuare decisi interventi di riforma è quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. Acquistano peso gli interventi del potere politico: gestione dei beni ecclesiastici, nomina ai vescovadi, formazione e controllo degli ordini religiosi. Di grande rilievo è la vicenda della Compagnia di Gesù - argine della Chiesa cattolica contro le idee protestanti; - i gesuiti - diventati ricchissimi grazie a lasciti testamentari - erano divenuti strumento dell’intromissione del papato negli affari di Stato sia perché culturalmente influenti, sia per la benevolenza di sovrani di cui erano diventati consiglieri spirituali. I gesuiti, alle strette dipendenza del pontefice, divengono il bersaglio delle polemiche illuministiche e delle politiche riformatrici. La prima espulsione dei gesuiti si verifica in Portogallo nel 1759, dove il sovrano punta sia alle ricchezza fondiarie di quest’ordine religioso, sia a ridimensionare il ruolo di clero e di nobili. Il provvedimento portoghese viene imitato in Francia (1764), in Spagna, a Napoli, Sicilia, Parma. L’accusa principale indirizzata alla Compagnia, e che può essere estesa a qualunque componente del clero, è quella di essere portatrice di un a doppia fedeltà politica: al papa ed al sovrano. Nel 1773, papa Clemente XIV decide lo scioglimento della Compagnia di Gesù; solo in alcune città della Svizzera, e in Prussia i gesuiti ottengono la protezione di Federico I, I sovrano illuminista. 24.6. LE RIFORME IN ITALIA Sotto Maria Teresa e Giuseppe II, la Lombardia austriaca diventa un laboratorio per la sperimentazione delle nuove politiche pubbliche. Nel 1760, prende il via il catasto geometrico che mette a disposizione del governo non sola una mappatura della proprietà fondiaria - presupposto per una equa distribuzione del carico fiscale -, ma anche uno strumento conoscitivo del territorio indispensabile per attuare interventi di riqualificazione agraria, costruzione e regolazione di canali. Nel 1765, viene istituita la «giunta economale» per le materie ecclesiastiche che produce limitazioni e smantellamento delle esenzioni fiscali dei beni della Chiesa. Anche in Toscana, sotto la guida del granduca Pietro Leopoldo, fratello minore di Giuseppe II, si avviano riforme economiche e giuridiche. Per primo in Europa viene abbandonata la politica protezionistica e si da avvio al libero scambio mercantile, viene liberalizzato il commercio di grani. Poi si sopprimono le corporazioni delle arti e dei mestieri; si incentiva la diffusione della piccola proprietà terriera per favorire lo sviluppo agricolo della Toscana ( questa riforma fallirà perché i grandi proprietari terrieri si accaparrano gli appezzamenti messi all’asta). Importante anche la riforma del codice penale ispirate alla idee di Cesare Beccaria, abolizione della pena di morte e tortura. Si giunge sino a promuovere la redazione di un progetto di una Costituzione che prevede l’istituzione di una assemblea legislativa - formata su base rappresentativa - senza il cui consenso il sovrano non è in grado di governare. Tale Costituzione non verrà attuata. Per altri Stati italiani le cose si sviluppano diversamente: - nel regno di Sardegna si attuano politiche di stampo mercantilistico; nel regni di Napoli e Sicilia, gli interventi riformatori al fine di limitare il potere nobiliare ed ecclesiastico, incontrano enormi resistenze e producono quindi scarsi risultati. CAP. 25: LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA La rivolta delle colonie americane contro il dominio britannico (1775/83), da cui nacquero gli Stati Uniti d’America, è un evento centrale della storia mondiale. Come già era successo nei Paesi Bassi che si ribellarono alla corona spagnola dando vita alle Province Unite, una popolazione conduce una guerra vincente per l’autodeterminazione scegliendo poi il proprio sistema di governo. Questa rivolta si basa su principi repubblicani, sull’idea che l’origine della sovranità risieda nel popolo. L’assetto politico/istituzionale che deriva dal questa rivoluzione è di stampo liberal-democratico. Una Costituzione scritta (1787/89) riconosce una serie di diritti individuali ed afferma il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, regolando anche l’equilibrio fra i vari Stati nati dalle ex colonie in un nuovo governo federale di tipo presidenziale. Questo assetto socio-politico è molto diverso da quelli degli Stati settecenteschi europei dove primeggiano monarchie, ceti e privilegi, retaggi feudali, assenza di libertà. Agli osservatori europei in questa nuova società la ricchezza è molto più livellata, la giustizia meglio distribuita, le libertà individuali garantite. Da questa rivoluzione nascerà una nazione che assumerà un ruolo di primo piano sulla scena mondiale. 25.1. IL MONDO COLONIALE NORD-AMERICANO In America settentrionale la penetrazione inglese comporta la creazione di una serie di basi commerciali lungo la costa atlantica per scambi con le popolazioni indigene. Questi insediamenti sono formati da artigiani e commercianti a cui si aggiungono deportati ed indesiderati in madrepatria. Una popolazione giovane in costante crescita spinta dal desiderio di benessere. Le colonie americane sono una società meno portata ad attribuire valore alle tradizioni e gerarchie. Gli abitanti sono accomunati dal professare un credo riformista di tipo calvinista che ritiene inadeguata la Chiesa anglicana considerata troppo vicina all’aborrito papato romano. Nelle città prevalgono comportamenti più liberi, nelle campagne le comunità religiose controllano la vita. Le colonie godono di ampi margini di autonomia amministrativa, incentrati sulle assemblee rappresentative elettive; il controllo del governo inglese è di natura economica. Le colonie sono obbligate a commerciare con la madrepatria la quale assoggetta le diverse merci a tassazione varie. I governatori, inviati dalla corona, nelle varie colonie adottando una pragmatica politica di compromesso con le assemblee rappresentative degli abitanti ,evitando scontri. 25.2. NIENTE TASSE SENZA RAPPRESENTANZA: LE RAGIONI DI UN CONFLITTO All’origine dei dissidi fra le colonie e la Gran Bretagna vi sono contrastanti interessi economici e fiscali. Oltre a tassare le merci il governo di Londra pone dei vincoli allo sviluppo economico delle colonie; la disparità di trattamento fra le imprese della madrepatria e quelle coloniali alimenta il malcontento dei coloni. Un altro punto di contrasto è di natura politica: la partecipazione popolare alle scelte governative e i limiti del potere sovrano. Mentre nella madrepatria chi paga le tasse può eleggere proprie rappresentati in Parlamento, questo diritto e negato ai coloni americani; inoltre nelle colonie possono essere imposte misura di natura giuridica/ fiscale senza contattare l’assemblee Vittoriosa nella guerra dei Sette anni, la Gran Bretagna si trova a governare su territori molto estesi, ma le colonie sono consapevoli di avere interessi propri, a volte distinti da quelli della madrepatria. Il governo di Londra, volendosi rifare degli enormi costi della guerra appena vinta, vara una serie di provvedimenti miranti ad esercitare un maggior controllo economico su quei vasti territori. Oltre ad un accresciuto prelievo fiscale, Londra introduce un’apposita tassa - Stamp Act - per finanziare i costi amministrativi in America. Il fatto che questa tassa - votata dal Parlamento inglese in cui i coloni non sono rappresentati - sia stata imposta senza approvazione delle assemblee locali viene considerato un atto di dispotismo che attacca la libertà e la proprietà dei sudditi. Alcune assemblee coloniali dichiarano illegali le tasse imposte senza il loro consenso. Si reclama un netto legame tra cittadinanza e pagamento delle imposte: - no taxation without rapresentation -; niente tassazione senza rappresentanza. Negli anni 1760/70, esplodono tensioni per nuove imposizioni fiscali nelle colonie. Inoltre nel 1773, il governo britannico assegna il monopolio del commercio del tè nelle colonie americane alla Compagnia inglese delle indie orientali. Contro questa nuova imposizione scoppia la protesta nel porto di Boston che viene ricordata come Boston Tea Party , un gruppo di coloni gettano in mare il carico di tè di una nave della Compagnia. 25.3. LA GUERRA D’INDIPENDENZA La reazione di Londra è durissima; il porto di Boston viene chiuso e un governatore assume ampi poteri. Nel 1774, una nuova legge - Quebec Act - istituisce nell’ex colonia francese un governo senza rappresentanza legale, procedure giudiziarie senza la giuria e libertà di culto ai cattolici. La risposta dei coloni fu la convocazione di un congresso dei rappresentati delle tredici colonie a Philadelphia che assunse una linea moderata e di conciliazione cercando un compromesso. Re Giorgio III decide però di reagire con la forza a quella che considera una ribellione. All’indomani della crisi del 1774/75 - una carestia produce una serie di rivolte popolari «guerra delle farine» -, si ripresento il problema del debito pubblico aggravato dalle spese dovuto all’appoggio alle colonie americane nella guerra contro la Gran Bretagna. Per cercare di ottenere consenso alla sua politica di risanamento il responsabile delle finanze Jacques Necker rende pubblico il disastrato bilancio statale con l’unico risultato di essere costretto a dimettersi. Il Paese si divide: da un lato vi è chi punta ad una trasformazione delle monarchia in senso costituzionale; dall’altro i conservatori della nobiltà e del clero cercano di avvantaggiarsi dall’indebolimento della monarchia. Per superare questa situazione di stallo il sovrano nel 1788 decide di convocare gli Stati Generali, unica istituzione in grado di autorizzare nuove tasse. Gli Stati generali francesi sono divisi in tre ordini o Stati: la nobiltà; il clero; il cosiddetto Terzo Stato, che rappresenta la stragrande maggioranza della popolazione. La nomina dei vari rappresentati avviene tra difficoltà e discussioni anche perché erano 175 anni che non avveniva. Altro motivo di forte discussione e la modalità di voto degli Stati generali: ciascun ordine, dopo una votazione interna, esprime un solo voto (voto per ordine); oppure ciascun deputato degli Stati generali, prescindendo dall’ordine di appartenenza, esprime un singolo voto (voto per testa) ? Adottando il voto per testa, avrebbe prevalso l’opinione della maggioranza del Terzo Stato a cui si sarebbero aggiunte le minoranze delle nobiltà e del clero; accettando il voto per ordine avrebbero vinto gli orientamenti filo assolutistici dei conservatori prevalenti nei primi due Stati. L’atteggiamento ondivago del debole e inetto Luigi XVI che concede il raddoppio dei rappresentati del Terzo stato ma non il voto per testa - atto che vanifica il precedente, quasi una beffa - aggravano una situazione già potenzialmente esplosiva. Riunitisi a Versailles nel maggio 1789, gli Stati generali non riescono a risolvere il problema delle modalità di votazione; nel mese di giugno il Terzo stato si proclama Assemblea nazionale, ossia rappresentanza della nazione. Luigi XVI risponde ordinando di sbarrare le sale dove si tengono le seduta; i deputati del Terzo Stato si riuniscono allora nell’attiguo salone della pallacorda e giurano di non sciogliersi sino a quando non saranno riusciti a dare alla Francia una Costituzione. Il ricongiungimento delle minoranze della nobiltà e del clero all’Assemblea costringe Luigi XVI a riconoscere la trasformazione degli Stati generali in Assemblea nazionale costituente. Lo scontro tra i due schieramenti pare evitato. 26.3. L’IRRUZIONE DELLA PIAZZA (1789-91) Nei giorni successivi alla nascita dell’Assemblea nazionale truppe militari furono ammassate dal sovrano attorno a Parigi nel tentativo di stroncare il nascente regime rappresentativo. Il 14 luglio 1789, il popolo della capitale insorse attaccando la Bastiglia, odiato carcere, simbolo del dispotismo. Si manifesta così quello che sarà uno degli aspetti più caratteristici della rivoluzione: il protagonismo popolare. Le discussioni dell’Assemblea vengono rese pubbliche e ampie quote delle popolazione prendono, per la prima volta, parte alle vicende politiche. Il confronto si radicalizza, gli esponenti della nobiltà reazionaria fuggono da Parigi -conte Artois -; il sovrano, tentennante ed incerto, è accusato di voler stroncare il nascente regime costituzionale. A Parigi si insedia un nuovo governo municipale, espressione del movimento rivoluzionario, dotato di una milizia armata, - la guardia nazionale - guidata dal marchese La Fayette , eroe riv. Americana Nelle campagne i contadini per sventare la reazione aristocratica, assaltano castelli bruciando archivi e documentazione relativi ai diritti signorili, distruggono tutti i simboli del potere feudale. L’Assemblea nazionale, sotto la spinta degli avvenimenti, proclama l’abolizione del potere feudale. Le decisioni dell’Assemblea nazionale sono condizionate da ciò che succede nel paese e viceversa, l’azione delle masse popolari, spesso violenta, diventa il terzo soggetto politico - sempre più autonomo - che si affianca all’assemblea ed alla corte. A Parigi questo movimento popolare è rappresent Mentre l’Assemblea, a livello legislativo, smonta le fondamenta dell’antico regime cercando di dar vita ad un nuovo regime costituzionale, la corte rimane tentata di dar vita ad un colpo di Stato militare per ritornare all’antico regime. Il 29 agosto 1789, viene proclamata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che - analogamente alla dichiarazione dei diritti della rivoluzione americana- riconosce come naturali e imprescrittibili i diritti individuali - libertà/proprietà/sicurezza/ uguaglianza di tutti i cittadini e diritto alla resistenza all’oppressione -. Nell’ottobre del 1789, la piazza interviene duramente, più volte, per difendere la rivoluzione e accelerare il mutamento istituzionale; il popolo marcia si Versailles costringendo poi il sovrano e l’Assemblea nazionale a trasferirsi a Parigi. Successivamente l’Assemblea, che aveva sin a quel momento operato in un clima di sostanziale concordia, comincia a dividersi su proposte di più drastiche riforme riguardanti il ruolo del sovrano nella nuova costituzione e il provvedimento della confisca dei beni del clero per risanare la grave situazione finanziaria dello Stato; si vorrebbe anche dar vita ad una Chiesa nazionale francese. Altri aristocratici e religiosi che decidono di non prestare il giuramento richiesto dal nuovo regime vanno ad ingrossare le file degli oppositori all’estero. Anche Luigi XVI, sentendosi sotto scacco, decide di abbandonare la Francia per ritornarvi in armi. Nel giugno 1791 fugge da Parigi, ma viene intercettato e ricondotto nella capitale con la sua famiglia. Nonostante questo l’Assemblea nazionale decide il mantenimento della forma di governo monarchico- costituzionale. Il 17 luglio una manifestazione repubblicana presso Campo di Marte viene brutalmente repressa nel sangue. Nel mese di settembre viene proclamata la Costituzione; la Francia diventa una monarchia costituzionale: al sovrano spetta il potere esecutivo attraverso la nomina dei ministri, il potere legislativo tocca a una Camera eletta con sistema elettorale a doppia livello: gli aventi diritto al voto -maschi adulti che pagano le tasse- eleggono dei rappresentati ai quali spetta di designare i deputati. 26.4. LA PRIMA REPUBBLICA (1792-94) I primi due anni della rivoluzione videro importanti mutamenti del sistema politico segnati da eventi tumultuosi. Il sovrano si vede sempre più isolato e spera in un intervento delle potenze straniere; il fratello del re, conte di Artois, cerca di convincere l’imperatore Leopoldo II ed il re di Prussia, Federico Guglielmo II, ad intervenire per soffocare la rivoluzione e ripristinare l’antico regime. In Francia l’Assemblea legislativa è dominata dal gruppo politico delle nobiltà liberale detto dai «giacobini» -così chiamati perché si riuniscono in un ex convento dei frati giacobini - . I giacobini assumono via via posizioni più rigide arrivando all’emarginazione dei più moderati guidati da La Fayette i quali danno vita al gruppo dei foglianti - si riuniscono in un ex monastero dei foglianti . Accade così che in una Assemblea in cui vi è una maggiorana di orientamento moderato, sono le componenti repubblicane guidate dai deputati girondini, provenienti dalla Gironda, ad emergere. Nell’aprile del 1792, l’assemblea dichiara guerra la nuovo imperatore Francesco II d’Asburgo sperando di rafforzare il nuovo regime. Ma gli eserciti imperiale e prussiano invadono la Francia, la rivoluzione sembra sul punto di essere spazzata via. A questo punto ancora una volta è la piazza a determinare una accelerazione al processo rivoluzionario; la folla assale il palazzo reale costringendo l’Assemblea ad ordinare la deposizione e l’arreso di Luigi XVI accusato di tradimento Un Comitato esecutivo guidato da Danton, chiede una nuova assemblea - chiamata Convenzione - con il compito di dare alla Francia una nuova costituzione repubblicana. Vengono emarginati i componenti originari del gruppo che ha dato vita alla rivoluzione ed emergono Robespierre, leader dei giacobini e Brissot capo dei girondini. Questo nuovo gruppo dirigente riesce a galvanizzare il paese riorganizzando l’esercito, fronteggiando la penuria alimentare, confiscando i beni degli emigrati. Contemporaneamente. in un clima di enormi tensioni, vengono istituiti dei tribunali straordinari per processare quelli che si crede abbiano tramato o tramino contro la rivoluzione. Anche grazie alla leva obbligatoria di massa l’esercito francese sconfigge gli imperiali/prussiani. La Convenzione proclama la prima Repubblica Francese, settembre 1792; poi condanna Luigi XVI a morte. Il sovrano verrà giustiziato il 21 gennaio 1793. 26.5. LA GUERRA CIVILE E IL <<TERRORE>> (1793-94) La morte di Luigi XVI spinge le potenze europee a formare una vasta coalizione antifrancese. Sardegna. Si decide un attacco a nord contro le forze dell’impero e di invadere il Piemonte per minacciare la Lombardia. Mentre l’armata che muove su Reno viene costretta a ripiegare, la spedizione inviata in Italia, sotto la guida di Napoleone Bonaparte, ottiene una serie di successi straordinari (1796). Lo stato di Sardegna si arrende, viene invasa la Lombardia e alcuni territori dello Stato della Chiesa. Con la pace di Campoformio (1797), i francesi ottengono la sovranità sui Paesi Bassi, la Lombardia, Nizza e Savoia; l’impero austriaco ottiene la repubblica di Venezia, che perde la sua indipendenza. Buona parte degli italiani appoggia gli ideali repubblicani francesi. Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia danno vita alla repubblica Cispadana - primo tricolore italiano -, poi con la Lombardia nasce la repubblica Cisalpina; in Liguria nasce la repubblica ligure. Nel 1798, sotto i colpi dell’invasione francese, nasce la repubblica romana e poi la repubblica partenopea; Ferdinando IV di Borbone si rifugia in Sicilia protetto dalla flotta britannica. Solo più la Gran Bretagna si oppone alla Francia repubblicana e il Direttorio decide di inviare in Egitto le armate di napoleone nel tentativo di ostacolare gli inglesi nei loro commerci. Bonaparte sconfigge gli egiziani nella battaglia delle Piramidi (1798), ma la flotta francese viene annientata dall’ammiraglio inglese Horatio Nelson. Napoleone decide di ritornare in Francia (1799). Sul piano interno il Direttorio, sconfitto dai monarchici nelle elezioni del 1797, con un colpo di Stato annulla i risultati delle elezioni ed epurando i filo monarchici. Mentre nelle campagne il banditismo è ormai fuori controllo, il quadro politico rimane instabile perché nelle nuove elezioni del 1798 vincono i giacobini. Il Direttorio annulla le elezioni con un nuovo colpo di Stato. A questo punto, l’abate Sieyes, famoso protagonista della prima Assemblea nazionale, in accorto Bonaparte organizza un nuovo colpo di Stato; dopo aver sciolto il Direttorio, Sieyes, Bonaparte e Ducos si autoproclamano consoli della repubblica cercando di dare stabilità alla Francia garantendo l’ordine pubblico. Di fatto però il potere esecutivo è nelle mani di Bonaparte che controllando l’esercito ha la forza delle armi. Una nuova costituzione, detta dell’anno VIII, assegna il controllo delle due assemblee legislative al triunvirato dei consoli. Napoleone, con la carica di primo console, ossia di capo dello Stato, si assicura un sostanziale predominio. 27.2. DAL CONSOLATO ALL’IMPERO La decisone di affidare le sorti della repubblica ad «un uomo forte» è dovuta: - all’incapacità del Direttorio a «terminare la rivoluzione» e ad assicurare la stabilità politica; - all’emergenza bellica creatasi con la formazione della seconda coalizione antifrancese - Gran Bretagna/Russia/Prussia/ecc Tra il 1788/89, in Italia vengono abbattute le varie repubbliche costitute sul modello francese. Napoleone decide di varcare nuovamente le Alpi; a Marengo (1800) infligge una dura sconfitta alle forze sarde ed imperiali. La Russia abbandona ala coalizione; si firma la pace con le altre nazioni. Sul piano interno il nuovo regime sigla un concordato con la Santa Sete che riconosce la repubblica francese in cambio dell’affermazione del cattolicesimo come religione della maggioranza dei francesi; il papato ristabilisce il controllo sulla Chiesa francese con autorità finanziare/amministrat. Avendo consolidato la propria posizione, nel 1802 Napoleone si fa proclamare primo console a vita, primo passo per la trasformazione del consolato in monarchia. Nel maggio 1804, viene approvata la costituzione dell’anno XII, che trasforma la carica di primo console in quella, ereditaria, di imperatore dei francesi, il tutto sancito da un plebiscito. Il 2 dicembre 1804, Pio VII, nella cattedrale di Notre Dame di Parigi, consacra Napoleone imperatore porgendogli la corona che egli stesso si pone sul capo. Per legittimare la nuova situazione vengono creati nuovi titoli nobiliari assegnati a militari e funzionari fedeli all’imperatore. Napoleone procede anche al riordino: - della finanza pubblica coniando una nuova moneta, il franco d’argento, garantita dalla Banca di Francia; del sistema giudiziario ( controllo da parte del governo sui giudici, reazione dei tribunali d’appello Nel 1804 viene promulgato il Codice civile, che riassume molte delle conquiste della rivoluzione (libertà individuale, laicità dello Stato, uguaglianza di fronte alla legge, abolizione del feudalismo). Rassicurati i gruppi dirigenti del paese sul rispetto assoluto del diritto di proprietà, Napoleone rafforza gli apparati di sicurezza creando una potente polizia che si dedica sia alla tutela dell’ordine pubblico per dare sicurezza alle attività economiche e commerciali, sia alla repressione di ogni forma di dissenso, anche grazie ad un’efficace censura. 27.3. LA MONARCHIA AMMINISTRATIVA Napoleone realizza per la prima volta nella storia europea il regime di un uomo che fonda il proprio potere sul controllo dell’esercito preoccupandosi nel contempo di legittimare il proprio ruolo tramite il consenso, espresso con il plebiscito, della maggioranza della popolazione. Gli storici hanno chiamato questo periodo cesarismo con riferimento alla dittatura imposta a Roma da Giulio Cesare che aveva imposto anch’egli fine all’esperienza di un regime repubblicano. Napoleone rappresenta per i francesi una normalizzazione che promette di conservare parte delle conquiste della rivoluzione. Si realizza una rottura dei diritti e privilegi dell’antico regime. Il perno del mutamento introdotto da Napoleone è la riforma amministrativa, la macchina statale viene impostata in modo strettamente gerarchico e piramidale. L’intero territorio francese, diviso in dipartimenti, viene controllato attraverso la nomina governativa di amministratori, prefetti, sotto prefetti con funzioni di controllo e direzione di tutti gli aspetti della vita collettiva. Lo Stato tende ad avere un ruolo sempre più incisivo producendo in questo modo un miglioramento nelle condizioni sanitarie, istruzione, efficienza amministrativa e finanze statali; contemporaneamente la società e sottoposto ad un potere centrale che ricorre ad un serrato controllo poliziesco militare. Prende il via la formazione di personale addestrato a lavorare nelle nuove strutture pubbliche, personale in cui cresce la consapevolezza del proprio ruolo al servizio delle Stato. Si afferma il principio di fedeltà al ruolo ed agli obblighi che comporta il far parte delle strutture pubbliche. Queste nuove regole di organizzazione dello Stato verrà chiamata «monarchia amministrativa». La quantità delle direttive emanate è notevole perché si ritiene che una legge scritta e pubblica possa impedire la rinascita di poteri particolari e di privilegi; in realtà essendo troppe le norme da rispettare i burocrati hanno un notevole spazio di manovra nell’eseguire prima una o un’altra norma Sono i burocrati i veri protagonisti della monarchia amministrativa, che verrà esportata dai francesi come modello di gestione della cosa pubblica, a conferma dei principi egualitari della rivoluzione. A questo fine Napoleone riforma il sistema dell’istruzione superiore; le grandi scuole pubbliche d’eccellenza diverranno vere fucine di quadri per l’amministrazione pubblica, militare e civile. 27.4. L’EGEMONIA FRANCESE IN EUROPA E LE SUE CONSEGUENZE Nel 1805, la Gran Bretagna, preoccupata per la forza del nuovo regime napoleonico, promuove una terza coalizione antifrancese: Impero austriaco, Russia, Svezia, Regno di Napoli. L’ammiraglio britannico Nelson, a Trafalgar, sgomina la flotta francese, ma l’armata napoleonica, a Austerlitz, sconfigge l’esercito austro-russo. Con il successivo trattato di pace l’Austria cede Veneto, Dalmazia e Istria al neonato regno d’Italia il cui sovrano è Napoleone. Bonaparte ridisegna la cartina europea creando una serie di Stati satellite della Francia sui quali insedia propri congiunti: Regno d’Olanda al fratello Luigi Bonaparte; Regno di Napoli al fratello Giuseppe; in Germania viene istituita la confederazione del Regno che riunisce Stati satelliti della Francia. In un nuovo scontro, gli eserciti prussiano e russo sono ancora una volta sconfitti da Napoleone che crea il Regno di Vestfalia affidandolo al fratello Girolamo. Solo l’Inghilterra resiste e Napoleone, impossibilitato ad invaderla, decide di isolarla economicamente per distruggere la sua principale fonte di potenza economica: i commerci. Francia ed i suoi Stati satellite decretano un blocco commerciale, ma questo isolamento mercantile non risulta efficace sia perché è difficilmente applicabile visto il grande contrabbando di merci inglesi, sia perché l’economia francese non è in grado di sostituire la produzione britannica. Nel 1809, Napoleone occupa lo Stato Pontificio e deporta Pio VII - che lo scomunica - a Savona, dopo un tentativo di invadere la Spagna, viene spodesto il re di Spagna e sul trono sale Giuseppe Bonaparte, sostituito nel regno di Napoli da Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte. Dopo la sconfitta di una quinta coalizione antifrancese, Napoleone impone all’Austria la perdita di numerosi territori che verrà sancita con il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria. Nel 1811 nasce Napoleone Francesco, l’erede al trono francese. Con l’affermazione dell’egemonia francese si diffondono in Europa dei nuovi principi politici, modelli amministrativi e giuridici, modelli culturali, tutti diversi da quelli tradizionali. ovunque si voglia e chi investe i capitali impone che la produzione sia concentrata dove vi è maggior convenienza economica. Anche le vie di comunicazione sono migliorate; inizia il trasporto su rotaie che si rafforza man mano che vengono perfezionate le varie applicazioni del motore a vapore; contemporaneamente i canali che collegano i diversi fiumi navigabili vengono ampliati e moltiplicati arrivando a costituire una fitta ragnatela che permette di raggiungere località prima isolate e difficilmente raggiungibili. La trasformazione nella struttura della produzione industriale determina un importante cambiamento nel paesaggio e nelle gerarchie urbane. Sorgono nuove popolose città laddove vi erano solo piccoli villaggi (Birmingham, Liverpool, Manchester), una struttura urbana caratterizzata dall’assenza di continuità rispetto al passato. Le città industriali sfuggono al controllo politico e sociale dell’aristocrazia terriera, nascono contrasti fra aristocratici e borghesi relativamente al mutato peso elettorale delle varie regioni: zone rurali semi spopolate, città sempre più popolose. Nelle periferie delle città industriali fabbriche a capannoni si affiancano a caseggiati fatiscenti, - gli slum -, dove alloggiano le famiglie degli operai; i quartieri centrali, abitati dalla nuova ricca borghesia industriale, si abbelliscono proprio grazie alle industrie circostanti. 28.3. LA NASCITA DELLA SOCIETA’ INDUSTRIALE I mutamenti delle strutture produttive in Inghilterra del primo Ottocento coinvolgono anche l’insieme delle gerarchie dei valori e dei rapporti sociali. I nuovi centri manifatturieri nascono e si dilatano grazie alla forte migrazione interna dalle aree rurali del paese. L’elevata concentrazione della forza lavoro in correlazione ai nuovi ritmi produttivi, cambiano le abitudini, la mentalità e gli stessi modi di vita della nuova popolazione urbana. Si tratta di un fenomeno che si accentuerà nella seconda metà dell’Ottocento. Accanto ad un personale qualificato - proveniente dall’artigianato - e dotato di stabilità sociale e lavorativa, vi sono operai privi di preparazione -ex contadini - ed infine donne e bambini sfruttati. Più si scendono i gradini di questa gerarchia interna della classe operaia peggiori diventano le condizioni di lavoro. I lavoratori privi di qualifica, le donne e i bambini non hanno alcuna forza contrattuale, passano fino a quindici/sedici ore al giorno nelle fabbriche. Soltanto nel 1831 una legislazione statale vieta di impiegare nelle fabbriche ragazzi di età inferiore ai 9 anni ed introduce il tetto di dodici ore di lavoro giornaliero per i minori di 18 anni. Anche la manodopera qualificata è minacciata dall’introduzione di macchinari sempre più efficienti che determinano un risparmio di forza lavoro con conseguente disoccupazione. I sempre più numerosi disoccupati vedono nella meccanizzazione il loro nemico; da qui divampano azioni terroristiche e sommosse popolari volte alla distruzione di macchine e fabbriche. Questo fenomeno noto come luddismo - si dice sia stato Ned Ludd il primo operaio a distruggere un telaio meccanico- è però privo di caratteristiche unitarie. In alcune regione si protesta per la disoccupazione, in altre per le dure condizioni di lavoro. In ogni caso le autorità non esitano ad utilizzare l’esercito per reprimere a schiacciare ogni tipo di protesta. Si giunge a vietare qualunque forma di organizzazione e rivendicazione operaia; lo sciopero è rigorosamente vietato. Nell’agosto 1819 un raduno di operai presso Manchester viene disperso dalla cavalleria che uccide 11 operai e ne ferisce 500. Ad ogni modo, in questi anni, sorgono le prime associazioni di mutuo soccorso per far fronte alla durezza ed ai rischi delle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie. Nel 1824 viene autorizzata dalle autorità la creazione delle Trade Unions, le prime associazioni operaie, organizzazioni metà strada fra associazioni di mutuo soccorso e i futuri sindacati moderati. CAP. 29: RESTAURARE L’ANTICO REGIME Dopo la caduta dell’impero napoleonico le grandi potenze vincitrici - Gran Bretagna, Russia, Austria, Prussia - si trovano di fronte a una serie di importanti questioni politiche. - Come evitare che la Francia torni a minacciare gli equilibri politici europei ?. I vincitori, sulla base del principio della legittimità dinastica, tendono a ridisegna la mappa politica del continente. - Come conciliare il concetto, largamente diffusosi durante l’età napoleonica, della legittimazione popolare del potere sovrano con il principio teorico della legittimazione divina del potere politico ?. I vincitori pensano di poter riportare il mondo politico e sociale europeo a come era prima della rivoluzione. La rivoluzione è stato il male che a sconquassato le tradizionali gerarchie sociali; il bene risiede nell’antica formula che pone a fondamento dei troni e della stabilità sociale la volontà divina. Il Congresso di Vienna, giustamente famoso, è l’espressione di questo progetto di restaurazione. 29.1. IL CONGRESSO DI VIENNA Tra il novembre 1814 e il giugno 1815, il Congresso di Vienna - a cui partecipano i rappresentati di tutti i paesi europei - provvede a ridefinire gli assetti politici europei. Anche la Francia è rappresentata dall’abile vescovo, Charles Maurice Talleyrand (1754/1838); questo abile politico e diplomatico era stato prima deputato agli Stati Generali (1789), poi membro dell’Assemblea Nazionale, quindi ministro degli Esteri di Napoleone ed infine artefice della sua abdicazione e fautore del ritorno dei Borbone. Talleyrand riesce a convincere le potenze vincitrici a non penalizzare eccessivamente la Franciasul piano territoriale; questo per stabilizzare la situazione e evitare contraccolpi di tipo rivoluzionario e repubblicano. La Francia di Luigi XVIII torna ai confini precedenti al 1792; l’Austria aggrega Lombardo/Veneto e ne assume il controllo. Al Regno di Sardegna viene restituita la Savoia e dati i territori della repubblica di Genova. Il granducato di Toscana agli Asburgo - Lorena; il ducato di Parma e Piacenza viene assegnato a Maria Luisa, moglie di Napoleone e figlia dell’imperatore d’Austria. Viene ripristinato la Stato Pontificio. Unificati i regni di Napoli e Sicilia creando il regno delle Due Sicilie sotto Ferdinando I. La Prussia acquisisce parte della Sassonia, Pomerania svedese, Vestfalia, Colina, Treviri. La Russia si annette la Galizia e la Finlandia, e parte del regno di Polonia. La Gran Bretagna l’sola di Malta, possedimenti coloniali francese ed olandesi: Tobago, isole Mauritius, Guyana, Ceylon. In Spagna e Portogallo tornano sui troni le rispettive dinastie: Borbone e Braganza. Infine, sotto la regia del cancelliere austriaco Metterenich, prende vita la Santa Alleanza, formata da Russia, Austria, Prussia, al fine di impedire ogni tentativo di sovvertimento dell’ordine stabilito. 29.2. IL NUOVO DISPOTISMO REAZIONARIO... Il dispotismo monarchico postrivoluzionario è diverso dall’assolutismo dispotico settecentesco, che cercava di legittimare i propri interventi riformatori attraverso la retorica della felicità dei popoli mirando ad ottenere un certo consenso dell’opinione pubblica. Dopo il 1815, i sovrani si richiamano al valori tradizionali, soprattutto religiosi, per rassicurare tutti coloro che erano stati spaventati dalla rivoluzione. In questo la Chiesa cattolica svolge un importante ruolo di supporto; «un’alleanza fra il trono e l’altare», una convergenza di interessi, perché la rivoluzione aveva sconvolto entrambi. Comunque la rivoluzione ha influenzato ogni forma di discorso politico e forme organizzative. La restaurazione non fu però un mero e semplice ritorno al passato; nella tradizionale visione aristocratica la nobiltà francese era la miglior rappresentanza della Francia, con la rivoluzione la nobiltà si trasforma in una parte politica, esattamente nella controparte della rivoluzione contro la trasparenza delle idee rivoluzionarie di un popolo deciso a difendere la sua libertà. Al contempo, il passato, e la storia sono ripensati mediante i nuovi strumenti intellettuali che la rivoluzione ha elaborato e diffuso in Europa, soprattutto grazie al nuovo concetto di popolo-nazione. 29.3. ... E I SUOI NEMICI Il diffondersi del clima poliziesco, di repressione e censura in Europa, favorisce la nascita e la diffusione delle società segrete. Il modello è quello della Massoneria le cui regole vincolano i soci a particolari rituali e specifici comportamenti. La Massoneria era assai popolare tra le classi colte, amanti della speculazione filosofica e contrarie ad alcune posizioni della Chiesa Cattolica, per questo era stata scomunicata nel 1738. Dopo la rivoluzione i Valacchia, e la totale indipendenza della Grecia di cui nel 1832 viene fatto re Ottone I, figlio del sovrano di Baviera. 30.3. I MOTI ITALIANI Anche in Italia il tema della libertà e dell’indipendenza, impressi delle società segrete, sono molto diffusi nei ceti borghesi e nei quadri dell’amministrazione. Nel 1820, nel regno di Napoli, il generale Pepe, inviato a reprimere una rivolta popolare si schiera con essa e marcia su Napoli costringendo il re a concedere una costituzione sul modello spagnolo. Anche in Sicilia viene chiesto di ripristinare la costituzione liberale del 1812. Ferdinando I chiede l’intervento della Santa Alleanza; con l’intervento militare austriaco il governo costituzionale viene sconfitto, abrogata la costituzione, avviata una dura repressione, i liberali sopravvissuti fuggono. A Torino un gruppo di liberali, uomini politici e militari, si schiera con l’erede al trovo, Carlo Alberto di Savoia, che, a differenza del sovrano regnante, Vittorio Emanuele I, pare propenso a concedere una costituzione. Quando Carlo Alberto appare indeciso nell’appoggiare questo movimento l’insurrezione scoppia nel marzo 1821 propagandosi anche ad altre città del regno. Il sovrano abdica in favore del fratello Carlo Felice, - che si trova a Modena - ma il reggente, Carlo Alberto, concede la costituzione; Carlo Felice sconfessa immediata mente l’operato del nipote e chiede l’intervento della Santa Alleanza Ancora una volta un governo costituzionale viene sconfitto dalle forze austriache, a Novara. Nel Lombardo - Veneto la Carboneria ha progettato un’insurrezione, ma la tempestiva azione preventiva della polizia austriaca porta all’arresto dei capi del movimento rivoluzionario. Silvio Pellico, Gian Domenico Romagnosi, Federico Confalonieri, sono condannati al carcere duro e imprigionati nella fortezza moldava dello Spielberg, simbolo del brutale regime austriaco. 30.4. L’INSURREZIONE DECABRISTA IN RUSSIA Anche in Russia sono sorte società segrete; le principali sono la Società del Nord - liberal/costituzionale -, e la Società del Sud - repubblicana -. Nel dicembre del 1825, alcuni ufficiali della Società del Nord chiedono al nuovo Zar Nicola I di concedere la costituzione; a causa però della loro indecisione, gli insorti vengono sconfitti dale forze fedeli allo zar. I capi dei congiurati, detti decabristi (da dekabr = dicembre), vengono giustiziati o mandati ai lavori forzati in Siberia. Oltre alla costituzione, un tema molto urgente da affrontare in Russia è rappresentato dalla proprietà fondiaria imprigionata in un sistema feudale. Ad ogni richiesta di ammodernamento Nicola I continua a rispondere con una dura repressione. 30.5. LA RIVOLUZIONE ORLÉANISTA IN FRANCIA In Francia, nel 1824, con l’ascesa al trono di Carlo X, capo dell’ schieramento filo assolutistico, si verifica un’ulteriore svolta in senso reazionario/clericale: si istituisce un fondo per risarcire i nobili delle confische subite durante la rivoluzione, vengono ristabilite le congregazioni abolite. Però nell’opinione pubblica continuano a diffondersi idee liberali, l’affermazione dei liberali nelle elezioni del 1824 convince Carlo X ad accettare la formazione di un governo liberale moderato. Il parlamento non accetta però l’imposizione da parte del re a capo del governo di Polignac, uno dei maggiori esponenti degli ultras, e suo uomo di fiducia. Il sovrano decide di appoggiare un colpo di stato da parte di Polignac. Nel 1830, Carlo X promulga una nuova legge che limita la libertà di stampa e di voto, di fronte a questo dispotismo insorgono i gruppi di opposizione (liberali, bonapartisti, repubblicani) che, appoggiati dal popolo di Parigi, costringono il sovrano alla fuga. Al fine di evitare una soluzione di tipo repubblicano - democratico, i fautori di una monarchia costituzionale offrono la corona a Luigi Filippo d’Orleans. Luigi Filippo viene proclamato dal Parlamento: «re dei francesi per volontà della nazione». Il nuovo sovrano modifica in senso liberale la costituzione del 1814: il re è sottoposto a controllo parlamentare, viene sancito principio di libertà di stampa, ridimensionata la Camera dei pari -. Con gli eventi parigini del 1830 il periodo detto della restaurazione può dirsi ufficialmente concluso. La rivoluzione è tornata prepotentemente alla ribalta.
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