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Una figlia di Iside Nawal El Saadawi, Dispense di Pedagogia

Riassunto COMPLETO del libro con introduzione contesto storico e culturale + vita dell’autrice e testo diviso in racconti

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 10/09/2023

giorgyinf0
giorgyinf0 🇮🇹

4.5

(6)

16 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Una figlia di Iside Nawal El Saadawi e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! lOMoARcPSD|4162540 Rivendicare i diritti femminili in un contesto islamico. Senza imitare il femminismo occidentale. "Femminismo" è un concetto capace di spiegare la strisciante consapevolezza delle donne di essere oppresse a causa del loro sesso, e che sia necessario intraprendere un percorso di lotta per modificare questo stato di cose. Molte tra le teoriche e le attiviste musulmane che lottano a favore dei diritti delle donne rigettano tale definizione. La prima a parlare di femminismo islamico è stata l'antropologa iraniana Afsaneh Najmabadi nel 1994. Spiegava che questo movimento si era sviluppato in Iran attorno alla rivista "Zanan" (Donne) fondata nel 1992. La rivista è stata chiusa nel 2008 dalla Repubblica Islamica Iraniana in seguito all'accusa di "presentare un'immagine negativa dell'iran, fare un'informazione moralmente dubbia, e compromettere la salute psichica e mentale dei suoi lettori" Oggi il femminismo islamico è in continua evoluzione. FEMMINISMO ISLAMICO • Movimento che, basandosi su una rilettura del Corano da una prospettiva femminile, afferma l'uguaglianza di genere e propone la riforma di leggi e istituzioni patriarcali in nome dell'Islam. Studiato il contesto storico in cui questi testi sono stati prodotti, interpretati ma anche con una sensibilità femminile. Per questo non sempre questa interpretazione è stata accettata da tutti. • È un movimento globale (si ritrova in vari paesi) e locale (risente delle lotte che devono essere portate avanti all’interno di alcuni contesti), diffuso in Oriente e in Occidente, emerso tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni '90 del Novecento • È un contributo essenziale alla riforma del pensiero islamico, intrappolato da secoli in chiusure dogmatiche à Il femminismo islamico vuole la riappropriazione del punto di vista femminile Per fare questo, attiviste e teologhe sono impegnate a: 1. Produrre nuove interpretazioni di testi sacri per svelare il messaggio di giustizia di genere 2. Contestare codici di legge basati su letture che avvalorano e istituiscono il patriarcato. La subordinazione femminile è il risultato di: • Esclusione delle donne dal processo esegetico (solo memorizzazione senza comprensione e interpretazione) • Esclusione delle donne dal processo di formazione della giurisprudenza islamica (le leggi statali non sono state fatte da donne, solo adesso cominciano ad avere avvocate, sono state escluse per molto tempo dsl processo di formazione delle leggi) • Occultamento del ruolo svolto dalle donne nella storia, specie durante il VII secolo d.C (prima fase dell'era islamica) al tempo di Maometto c’erano tante donne hanno avuto un ruolo importante (sono state anche sultane) in specie durante il VII sec d.c. ci sono state donne importanti anche di potere ma quel loro ruolo è stato occultato e dimenticato. Come reinterpretare la tradizione musulmana da una prospettiva di genere, per farlo le femministe usano: • jtihad, la ricerca indipendente sulle fonti religiose • tafsir, l'esegesi del Corano • Si concentrano sullo studio della vita del Profeta, delle sue mogli e delle donne che hanno ricoperto ruoli importanti nella storia dell'Islam • Si avvalgono dell'analisi storica e sociale (antropologia, letteratura) per comprendere il contesto storico in cui si è formata la tradizione e la giurisprudenza islamica è Rileggere nel XXI secolo il messaggio di liberazione insito nell'islam delle origini Secondo le femministe islamiche lOMoARcPSD|4162540 1. Maometto ha garantito alle donne pieni diritti di cittadinanza nella nuova comunità da lui fondata e ne ha sempre ascoltato la voce 2. L'avvento dell'islam ha apportato un miglioramento nelle condizioni di vita delle donne rispetto al periodo dell'età preislamica Non si mette in discussione il Corano ma LE INTERPRETAZIONI MASCHILISTE DEL CORANO. Non mettono in discussione la sacralità del Corano ma sono stati interpretati da ristrette élite maschili per affermare l'inferiorità e la sottomissione della donna, tradendo il messaggio islamico e l'insegnamento del profeta. Dentro questo movimento islamico ci sono varie posizioni = femminismi islamici al plurale e in progress. Il femminismo islamico non è un movimento omogeneo ma un contenitore di diverse posizioni, il cui scopo comune è l’affermazione dei diritti delle donne in chiave islamica • Femministe islamiche: impegnate nella riformulazione di un islam progressista capace di affermarsi all'interno di strutture di governo laiche (separazione tra stato e religione) • Femministe islamiste: sono coinvolte nella realizzazione di Stati islamici o Stati influenzati nelle loro istituzioni dalla religione (lottano in prima persona per uno stato islamico dove il Corano formuli anche le leggi civili e che queste leggi abbiano la loro influenza anche nella famiglia) Le condizioni delle donne musulmane cambiano da contesto a contesto (Nord America, Marocco a Malesia), e di conseguenza le battaglie di questo movimento si diversificano è Vogliono una riforma dall'interno, senza necessariamente accettare in toto i valori occidentali Il femminismo islamico si impegna a: • contestare tradizioni e costumi misogini delle società musulmane • scardinare gli stereotipi accidentali che vedono nell’Islam la principale causa della subordinazione femminile e del sottosviluppo del mondo islamico L'emancipazione femminile non è solo quella perseguita dalle donne occidentali (l’Occidente non ha capito le donne islamiche, vogliono scardinare gli stereotipi occidentali) FEMMINISMO POSTCOLONIALE Il movimento islamico si intreccia con il pensiero post coloniale: • Il pensiero femminista postcoloniale rigetta l'idea che l'uguaglianza di genere si ottenga necessariamente ricalcando valori e modelli occidentali. È necessario far riferimento alle condizioni delle donne in contesti nazionali specifici e alle differenze di ceto e di ambiente. • Le femministe islamiche sostengono che la discriminazione femminile non è da attribuire ai precetti islamici, ma a tradizioni e costumi sociali. La liberazione delle donne non si raggiunge attraverso la condanna generica dell'islam ma contrastando chi sostiene la subordinazione e appoggiando percorsi di emancipazione alternativi. Ragioni dell'affermarsi del femminismo islamico 1. Opposizione all'islamismo nelle sue forme più retrograde, oscurantiste e patriarcali 2. Critica all'Occidente e a un certo pensiero dell'universalismo del diritto, di cui il femminismo occidentale sarebbe una delle espressioni 3. Riaffermarsi della religione nella sfera pubblica e privata lOMoARcPSD|4162540 e statali di essere in combutta tra loro contro le donne. Gli islamisti mettono Nawal tra i condannati a morte. 1991 protesta contro la guerra del Golfo, Mubarak fa chiudere la sua organizzazione e la sua rivista Nuns. 1992 The innocence of the Devil novella in lingua araba ambientata in un ospedale psichiatrico Questa novella determina la rabbia degli islamisti. 1993 a gennaio parte in esilio per la Duke university con suo marito Hetata. 1993-1997 esilio in North Carolina. 1997 dopo aver visto uno spettacolo di burattini scritto inscenato dagli studenti che la vedeva protagonista (per ridicolizzarla), scrive in quattro giorni lo spettacolo teatrale God Resigns the summit meeting, dove mette in scena la sua rabbia verso i pretesti religiosi che deprivano le donne dei loro diritti, diritti che la vera religione garantirebbe. Questa opera teatrale crea un pandemonio e viene accusata di apostasia, propongono di distruggere tutti i suoi libri e di revocarle la nazionalità egiziana. 1999 Daughter of Isis autobiografia, come una femminista diventa maggiorenne. Anche se ha lasciato la carriera medica da 20 anni rappresenta la professione di letterata in termini medici. 2007 accusata di nuovo di apostasia con sua figlia, l'anno seguente vinse la causa intentata contro di lei e furono interdette le mutilazioni genitali femminili. 2010 riapre la sua organizzazione AWSA e nel 2013 partecipa alla primavera araba a Tahrir Square. Successivamente pubblica due libri su questa primavera araba, parlandone da due due punti di vista: da una parte della rivoluzione e dei rivoluzionari dall’altra. *novella/intervista (scritta in arabo) a FIRDAUS à donna condannata alla pena di morte che si racconta a Nawal. È stata condannata perché ha ucciso un uomo. Nawal la inconterà solo il giorno prima dell’esecuzione. Inizialmente l’aveva rifiutata, quando decide di parlare usa una voce tagliente e fredda , le dice di sedere a terra e di lasciarla parlare, così inizia il racconto da quando era bambina a quando ha ucciso un uomo. Fu una prostituta, ha ucciso un uomo suo magnaccia, che voleva guadagnare dai soldi che prendeva lei, lo uccise per esasperazione dopo l’ultimo sopruso da parte di esso, spinta dalla disperazione. Ha avuto il coraggio di uccidere chi gli stava strappando la libertà. È una donna orgogliosa, ha conosciuto molti uomini che le hanno dato solo il desiderio di alzare il braccio, ma sa di essere solo una prostituta d'alto borgo. ‘’Ho un diploma di scuola media’’: lo dice subito, pensa di poter riscattare la sua vita. Descrive la sua famiglia: Il padre era un contadino povero, permetteva che F. fosse abusata dallo zio, e la madre subiva le angherie del marito. È stata abusata fin da quando era piccola in famiglia.Della madre ricorda solo gli occhi che la seguivano ovunque, non ricorda il colore, ma lo sguardo che la sostenevano quando traballava con i primi passi. La madre verrà sostituita con un'altra donna che picchiava Firdaus e lei inizierà a fare tutti i compiti che faceva sua madre come lavare i piedi al padre. F. viene poi affidata ad uno zio che le permette di studiare e raggiungere il diploma di 3° media. Lo zio poi si sposa e la moglie lo convince a dare in sposa Firdaus ad un uomo, uno sceicco, molto più vecchio di lei ma ricco. Quest’uomo picchia Firdaus e la abusa sessualmente, così lei fugge di casa e incontra un altro uomo che la ascolta (per la prima volta si sente chiedere se ha fame), lei si lascia convincere da lui e dopo un po’ la chiude in casa, comincia a picchiarla e mandare gente in casa per abusarla. Scappa di nuovo: la strada è l’unico posto che la fa sentire libera è il suo rifugio. Incontra lOMoARcPSD|4162540 una prostituta, che le fa capire che diventare prostituta la farà diventare autonoma, valorizzerà il suo corpo e la sua personalità, così diventa prostituta di alto borgo. Si sente riuscita perché considera gli uomini inferiori a sé, in quanto decide lei a chi offrirsi, si sente libera e sa autodeterminarsi. Ad un certo punto uno dei suoi clienti le sembra un uomo sincero e si dà a lui, prova amore per lui, ma questo improvvisamente comincia a risponderle male e le dice di non valere niente perché prostituta, capisce che il suo lavoro non è degno di rispetto e anche quest’uomo era falso. Cerca di farsi un altro lavoro. Sul Nilo si avvicina un uomo con una macchina lussuosa che le promette protezione. Diventerà il suo magnaccia e pretenderà i suoi soldi. In un momento di ira, le estorce i soldi e lo ammazza. La novella è composta da due donne: intervistatrice e Firdaus che parlavano nella cella di una prigione. La narratrice funge da medium tra Firdaus e il lettore. Inizialmente F. non voleva parlare, pensa che scrivere la sua storia significa dare rappresentazioni che producono una realtà illusoria, preferirebbe consegnare la sua storia alla moralità. Ma successivamente autorizza la narratrice a scrivere, il permesso che dà è scatenato dal desiderio che la sua storia diventi di esempio ad altre donne e che la sua storia diventi un mezzo per usare gli strumenti del colonizzatore contro di lui, per writing back contro l'oppressore. Usare la scrittura per scrivere contro gli oppressori, per combatterli. La narratrice non giustifica l’uccisione, ma fa vedere a cosa sono ridotte le donne e con quale coraggio questa donna ha ucciso. È capace di identificarsi con lei senza necessariamente identificarsi con l'assassina e la prostituta. La narratrice si sente vicina e inferiore a lei perché quest'ultima ha raggiunto una certa indipendenza, in quanto è stata capace di alzare le sue mani per auto difendersi, cosa che la narratrice non ha la forza di fare. à F ha saputo suscitare il coraggio di sfidare e sconfiggere quelle forze che strappano alle persone il diritto di vivere e di amare, oltre che il diritto alla libertà. Firdaus è una donna senza una casa, senza una rete di supporto, in cerca della sua identità. Durante tutta la storia non riesce a trovare uno spazio a cui possa sentire di appartenere. La casa per lei rappresenta uno spazio oppressivo in cui non vuole tornare. La strada è l'unico spazio dove percepisce una specie di libertà. La vita fuori lo spazio domestico diventa liberante dal momento che lo sconosciuto può essere meglio della miseria sperimentale dentro casa. Dunque esce fuori da quello spazio tradizionale che è assegnato alle donne arabe. Si parla di un corpo abusato per molti aspetti: è stato esposto agli sguardi degli uomini e lo sguardo di compassione della madre. Critiche letterarie negative: • La critica araba vede male questo testo, non solo per la forma letteraria, ma anche per il contenuto. (la storia di F era vista come un caso isolato) • Le critiche occidentali sono più positive. La vedono a volte in modo isolato ed esagerano nelle enfatizzare l'originalità di questa autrice nella misura in cui conoscono poco il mondo arabo e non la contestualizzano abbastanza in esso. La distanza tra le critiche occidentali e quelle arabe favorisce la costruzione di Nawal come femminista perseguitata non apprezzata al mondo arabo che critica. lOMoARcPSD|4162540 UNA FIGLIA DI ISIDE La memoria e le parole sono le armi che Nawal El Saadawi utilizza per ribellarsi a una società in cui la nascita di una femmina equivale a una sventura. Una società in cui l’interpretazione del Corano è monopolio degli uomini, in cui le bambine subiscono la cliteridectomia, sono costrette a sposarsi in tenera età ed educate a servire gli uomini in silenzio. Una figlia di Iside è il racconto dell’infanzia e della gioventù della femminista più famosa nel mondo islamico. Una testimonianza appassionata. La storia di una emancipazione possibile. PREFAZIONE Il dono Le mie prime parole Fu la madre di Nawal ad insegnarle a leggere e scrivere, e scrisse come prima cosa il suo nome (che vuol dire “il dono”), poi il nome della madre Zaynab. Lei voleva bene più alla madre che al padre, e un giorno il padre separò il nome di Nawal da quello della madre dicendo che quella era la volontà di Dio, separando i loro nomi come a voler cancellare l’esistenza della madre. Così N. cominciò a pensare che Dio, il responsabile di questo misfatto, fosse ingiusto. Pensava che il corano l’avesse scritto Dio, ma la madre la smentì. Nella prefazione l’autrice si riferisce al suo passato, è difficile trasformare il passato in presente, il suo passato si potrà esprimere solo attraverso parole riportate su un pezzo di carta. Alcuni momenti della sua infanzia, più di altri sono vivi più che mai, un tutt’uno col suo presente e la sua vita da adulta. Quando era piccola pensava che l’influenza del padre fosse più significativa di quella della madre, ma quando cominciò a scrivere capì che sbagliava. In particolare, infatti, ricorda il rapporto con la madre, che avrebbe determinato il corso della sua vita; il suo pensiero e i suoi discorsi sono stati la colonna portante della sua formazione. ‘’Spingi Nawal nel fuoco e ne uscirà indenne’’: questo insegnamento le permise di affrontare i pericoli senza la paura nel cuore, è riuscita, così, a sfuggire più volte alla morte. A volte la madre cedeva nelle pressioni familiari, e in quelle occasioni le toccava affrontarla. Quando Nawal si ribellava, negli occhi di tutti si manifestava l’odio, tranne che in quelli della madre, anzi sembrava orgogliosa a vederla combattere le sue battaglie. Grazie a lei ha proseguito gli studi e si è iscritta a Medicina. La madre spinse tutte le sue figlie femmine a continuare gli studi fino al livello universitario, si occupava della casa da sola e non aveva bisogno che nessuna delle figlie diventasse una massaia. Ricorda il suo rapporto con la madre con felicità: mia madre ha reso felice la mia infanzia. Ma la sua infanzia, in realtà, non è sempre stata felice, tanto che a volte si gonfiava d’odio verso la sua famiglia. C’erano cose che le causavano dolore, ma dopo aver spazzato via questi pensieri, l’immagine della madre ritornava nitida: al massimo dello splendore, una donna piena d’orgoglio, una dea come Iside. Nawal dice che non sa da dove discendesse la forza della madre, il suo orgoglio, forse da una nonna o una lontana parente, una discendente di Iside o di sua madre Noot. Non era né un medico, né una scrittrice, non aveva un lavoro, un reddito personale né un posto dove vivere se non la casa del marito, ma avrebbe scelto di andarsene piuttosto che sacrificare l’orgoglio e il rispetto di sé stessa. lOMoARcPSD|4162540 2. IL GRIDO NELLA NOTTE Ricorda il giorno in cui è nata (racconto della nonna paterna) e la giovinezza della madre. Nawal aveva 62 anni ed erano passati trent’anni dalla morte della madre. Sembra ieri, ha un ricordo nitido della madre e dei loro ultimi momenti, si chiede quanto tempo dovesse essere passato perché ora fosse lei ad imboccarla e non viceversa. Lei, figlia femmina maggiore, la nutriva e la abbracciava, la teneva tra le braccia quando venne adagiata sul letto di morte. Stavolta fa scendere le lacrime, come non ha mai potuto fare. Ricorda la sua risata, non assomiglia a nessun’altra, risuonava per casa: un tintinnio nelle orecchie meraviglioso, come il gorgoglio d’acqua fresca e limpida in un catino di cristallo o argento puro. Nawal mentre scrive pensa a quanti anni siano passati, e sente ancora il cucchiaio in mano di quando la nutriva e la sua testa appoggiata al petto, il suo odore nelle narici. Della giovinezza della madre ricorda il futuro sposo: lei aveva 15 anni e lui 16 in più di lei. La sua memoria era celata, non gli aveva mai visto il viso ma di lì a poco si sarebbe trovata distesa sul letto tra le sue braccia, a farsi ingravidare, senza guardarlo e senza togliersi i vestiti. Anno dopo anno nell’oscurità della notte, la madre restò incinta dieci volte, senza mai provare piacere sessuale, tre maschi e sei femmine. Più di sessantadue anni la separano dal momento in cui uscì dalla vagina della madre per entrare nel mondo. In quella notte di ottobre il grido di una donna in travaglio attraversò la città. Al grido seguì un lungo silenzio come se lei e il bambino fossero morti. Dopo quel primo e unico urlo la testolina nera venì fuori, si bloccò di nuovo all’altezza del collo, ma i muscoli della vagina lo serrarono, così per salvarsi venì al mondo il più velocemente possibile. Le gambe erano serrate, ma tutti aspettavano di sapere quale benedizione vi si celasse all’interno. L’ostretrica era in prima linea: voleva essere la prima a emettere un roboante ‘’evviva’’ se gli occhi si fossero posati su un pene, se avesse colto l'organo sacro concesso da Allah solo agli uomini, oppure a chinare la testa e impostare uno sguardo tetro e solenne e ammutolirsi come un morto, se avesse scorto soltanto una fessura: l'infelice apertura della vagina maledetta sulla terra dai tempi di Eva la peccatrice. Dalla bocca della daya non risuonò a nessun ‘’evviva’’: era una femmina. Regnava il silenzio assolto, la madre non aprì gli occhi, come se volesse morire. Si rannicchiò in posizione fetale, non allungò le braccia per portare N. al seno o abbracciarla, la lasciò tremare in un panno accanto a lei. 3. DIO IN CIELO MARITO IN TERRA Nawal parla del suo cognome e quello della madre. Al-Saadawi era il nome del suo trisavolo originario dell’Abissinia, mentre il nonno si chiamava Habash, che aveva avuto in figlio Al-Sayed, il padre di Nawal. Il nome di Nawal divenne Nawal Al- Sayed Habash El Saadawi. Pur non avendolo mai visto, le era toccato in sorte il nome di Al-Saadawi, un nome che aveva fatto la sua comparsa sui suoi libri di storia, su riviste, copertine, romanzi ecc. Negli anni, invece, Habash scomparve dal suo certificato di nascita e dalla sua carta di identità, comparendo solo quando venne arrestata nel 1981 dal vecchio registro del Ministero dell’interno e delle autorità carcerarie. Il nome della madre invece scomparve per sempre, venne sepolto insieme a lei e sparì nella storia. Nawal non aveva mai portato il suo nome, perché secondo la legge di Dio e quella degli uomini i suoi figli erano proprietà del marito. Nawal ha combattuto sempre contro la storia e le falsificazioni nei lOMoARcPSD|4162540 registri ufficiali. Vorrebbe poter cancellare dal suo nome il nome del nonno, Al-Saadawi e sostituirlo con quello della madre, Zaynab. Poi parla della nonna paterna, la sua voce le risuona nelle orecchie. Inizia racconta un’usanza del suo villaggio: la ‘’notte dell’ingresso dentro la sposa’’. La prima notte di nozze il marito doveva picchiare la moglie perché lei assaggiasse il suo bastone ancor prima del cibo che le veniva concesso. In quel modo avrebbe capito che in cielo c’era Allah e in terra il marito, e che se non avesse ubbidito, avrebbe preso le botte. È Sittil Hajja (nonna paterna di N) a raccontarle la sua notte delle nozze, aveva 10 anni e non era sviluppata. Si stava tappando la bocca per reprimere le grida perché una sposa non doveva gridare. Nella prima gravidanza nacque il padre di Nawal e lei ringrazio Allah per averle dato un maschio. Ma la tragedia arrivò comunque dopo: partorendo 11 femmine (solo 5 sopravvissero). La nascita dell’undicesima figlia fu troppo per Habash e il dolore lo vinse. Sittil, visse per 18 anni con il marito prima che lui morisse, diventò vedova a 28 anni e giurò che nessun uomo l’avrebbe più toccata fino alla morte: li odiava tutti. Le femmine hanno sette vite come i gatti. I maschi, invece, non sono uguali a noi. Hanno un’anima leggera, che vola via facilmente e indossano portafortuna al collo. 4. SIA RINGRAZIATO DIO PER LE NOSTRE DISGRAZIE Parla di sua Nonna materna (Amna) e descrive la casa del nonno. Nawal non riesce a ricordare le caratteristiche somatiche della nonna Amna, tranne gli occhi; bulbi grigi e iride inesistente. Credeva fosse cieca, invece seguiva ogni cosa dalla sua postazione. Non parlava mai con nessuno e nessuno parlava con lei, tranne la figlia o il domestico. La nonna Amna aveva 44 anni, ma ne dimostrava 70. Aveva il corpo avvizzito, l’incarnato rugoso ormai esangue, un naso grande e adunco, le gambe gonfie, i lineamenti contratti, le palpebre gonfie e gli occhi di un grigio opaco, che assomigliavano a quelli di un cadavere. Lei se ne stava sul divano a bisbigliare i versi del Corano. Solo la campanella che segnava l’arrivo del marito riusciva a smuoverla: si alzava dal divano e andava incontro all’estraneo con cui divideva il letto da più di 35 anni. Nawal si chiedeva cosa fosse accaduto per perdere il nero degli occhi, poi capì che era stato colpa del nonno. Lei gli aveva dato 4 femmine e 2 maschi. Quando la sposò lei aveva 14 anni e lei diciotto in più, non avevano nulla in comune tranne il certificato di matrimonio. Parola odiata da tutti in quella famiglia. La nonna bisbigliava ogni tanto “sia lode a lui, perché solo lui va lodato per le sofferenze che ci toccano”. “Lui” era riferito a Dio, dal quale provenivano tutte le disgrazie in quella casa. Così N. a 6 anni imparò a memoria le parole Dio, Disgrazia e Matrimonio. La casa del nonno materno era una villa a due piani situata nel sobborgo di Al-Zeitoun, al Cairo. Intorno aveva un vasto giardino con aiuole di rose rosse, gialle e bianche e setose violette dal pensiero color porpora. E poi girasoli. Sopra il cancello del giardino, una campanella suonava forte ogni volta che si apriva o chiudeva la porta. Quando la zia Fahima ritornava da scuola, qualche momento animava la casa: i tacchi battevano per lOMoARcPSD|4162540 terra e la sua voce che s’alzava quando litigava con la sorella. Nawal aveva 6 anni ed era lì con la madre. Non faceva altro che contare i giorni per poter tornare a casa: odiavano quel posto. Compresa la madre, donna silenziosa che viveva nel suo mondo fatto di bisbigli, preghiere e lodi a Dio. 5. IN VOLO CON LE FARFALLE Parla della nascita del primo figlio maschio della madre (suo fratello) e della sua. Nove mesi dopo le nozze, la madre di N diede alla luce il primo figlio, maschio. La nonna disse che quel giorno le si erano aperte le porte del paradiso. Allah esaudì le preghiere di Sittil di avere il primo nipote maschio. Divenne la perla della famiglia del padre e la madre, descritto da tutti come un bambino delizioso. Dicevano avesse ereditato i tratti degli zii materni, ma la nonna non ne era felice desiderava che il suo primo nipote avesse quelli del padre, un maschio, e non quelli della madre, una donna. Voleva che si chiamasse Maometto come il profeta, ma i genitori lo chiamarono Tala’at, ma il padre sul certificato di nascita feve registrare entrambi i nomi. Un anno dopo nacque Nawal. Aveva la pelle bruna con sfumature rossastre e gl occhi neri, assomigliava invece al padre. La zia Rokaya pregava il cielo e Allah che si trasformasse in un maschio, così come la nonna. Nawal guardava al cielo e sperava che non avesse il potere di trasformarla in un maschio. Aveva sei anni e temeva davvero che avrebbe potuto trasformarla in un maschio come il fratello, a cui non voleva tanto bene come a sé stessa, perché la picchiava e le faceva i dispetti. N. non si era mai sentiva una bambina piccola, all’età di 6 anni già si sentiva adulta. La nonna Sittil diceva che il suo corpo si stava trasformando e che presto sarebbe arrivato uno sposo per lei, che stava sbocciando. Era più alta del fratello, e mentre a lui non piaceva andare a scuola, a lei piaceva, ma più di tutto le amava giocare con le compagne, correre nel cortile della scuola, saltare la corda, era libera come una farfalla. Aveva un sogno: volare con un paio d’ali, scappare da casa nei vasti spazi aperti dall’universo. Ma un peso più grande di lei la riportava sempre a terra, costringendola a tornare di pietra. Tornava a casa, nelle quattro mura. Tornava all’odiata cucina, dove conobbe l’umiliazione di essere donna. Né il padre né il fratello misero mai piede in cucina. Solo la scuola la salvava dalle mura domestiche e dalle fatiche della massaia: la mattina scappava di casa come un carcerato dalla prigione. 6. L’OMICIDIO DELLO SPOSO Nawal in particolare si sofferma su come lei e la sorella giocassero con le bambole. Da bambina si vergognava di essere povera e di avere una zia contadina, e faceva di tutto per nasconderla ai compagni di scuola. Ora si vergognava della vecchiaia e cercando di nascondere le vene in rilievo sulle mani come sua nonna Sittil. Aveva sessant’anni e faceva fatica a dirlo ad alta voce. Più di sua nonna Amna o si qualsiasi altra donna della famiglia, amava Sittil Hajja, ma la odiava anche quando diceva che un maschio valeva più di 15 femmine e che il destino delle donne fosse di lOMoARcPSD|4162540 Racconta della nonna paterna: Sittil Hajja faceva parte dei contadini che stavano meglio dei lavoratori a giornata. Era una contadina come le altre, ma aveva una forza innata. Tutti i soldi che riuscì a ricavare la nonna li diede per l’istruzione del padre: l’istruzione era il più grande dei doni. Dopo la morte del marito manteneva la sua forza innata lavorando la terra dall’alba al tramonto. Un giorno mentre lavorava nei campi le vennero le doglie, partorì e si tagliò nel campo il cordone ombelicale del figlio con la zappa, sotterrò la placenta e con le foglie di granturco si pulì dal sangue. Era forte, non doveva chiedere niente a nessuno. Un giorno il padre di Nawal rientrò a casa picchiato dalle guardie, Sittil uscì fuori e le picchiò di conseguenza. Il villaggio a quel punto parlò di lei come donna col fegato e cominciò a incutere timore, così diventò la persona verso cui tutti si rivolgevano in casi di necessità. 9. LA SERVA SCOMPARSA Nawal fa alcuni riferimenti alla sua infanzia ricordando la loro serva. Nawal sentiva raccontare molti annedoti su Sittil Hajja e sua madre. In realtà era una donna molto povera, ma a Nawal sembrava ricca. Ricorda il buonissimo pane che faceva e ricorda di non aver mai ha visto in vita sua palmi così grandi. All’età di 7 anni il padre di Nawal le insegnò a pregare e da lui cominciò a udire le storie dei profeti. Lei vagava con la fantasia insieme ai racconti del padre, gli occhi fissi al cielo. Per arrivare al mare lei e il fratello usavano una carrozza trainata da un cavallo. Quando N. vide il mare per la prima volta fu travolta da una gioia immensa e dal desiderio di ritornare tra le braccia dell’acqua azzurra, di rituffarsi tra le braccia della madre. Avevano una piccola cabina di legno sulla spiaggi di Al-Shatby dove si spogliavano e indossavano i costumi. La loro servetta non si toglieva mai il costume, sedeva sotto l’ombrellone e faceva la guardia alla sacca di cibo. La notte N dormiva nelle coperte calde sul letto, mentre lei (serva) sul pavimento. Sedeva in un angolo a mangiare avanzi, lavava i piatti. Un giorno N. si sedette vicino a lei sulla sabbia e cominciarono a giocare. Una mattina si alzarono e non videro più la loro serva, voleva raggiungere la madre e pensava che avrebbe potuto farlo passeggiando per tutta la spiaggia, ma in realtà così facendo sarebbe arrivata in Italia. Il guardacoste prima di sera la trovò che camminava lungo il bagnasciuga. Lei tornò e N. incontrando i suoi occhi vide solo disperazione. Un’altra mattina scomparve di nuovo e per mesi non si riuscì a trovare. 10. IL VILLAGGIO DEI DIPENDENTI DIMENTICATI Parla dell’esilio di suo padre: furono costretti a trasferirsi a Menouf. Così descrive il villaggio. Una mattina del 1938 Nawal vide i genitori che preparavano le valige, il governo trasferiva il padre da Alessandria a Menouf, un luogo introvabile anche sulle cartine. Il padre entrò nella lista nera dei ‘dipendenti dimenticati’. lOMoARcPSD|4162540 Menouf era un villaggio, una deprimente e silenziosa cittadina, dove vissero li dal ‘38 al ’48. Era un villaggio diverso da Kafr Tahla, non c’era il capo, ma il mamour, un ufficiale superiore di polizia. Non era né un villaggio, né una citta come il Cairo o Alessandria, ma una via di mezzo. Al padre gli diedero il titolo di ispettore bey e Nawal diventò la figlia dell’ispettore bay. In città c'era il distretto di polizia, la moschea, la Chiesa, la scuola e il tribunale, l'ufficio sanitario, la stazione ferroviaria, le cisterne dell'acqua, il quartiere ebraico, un orafo, la farmacia, la caffettiera, la drogheria, il negozio di liquori etc. Loro vivevano in una casa in cui si estendeva un prato molto lungo che poi affacciava su un cimitero. Nello stesso palazzo al 2° piano viveva al hajk Mahmoud, con la seconda moglie e 11 figli, un veditore di tessuti che si spostava con un’asina. Lui e l’asina erano uguali senza capelli e senza peli, pelle e ossa. Khadjia era sua figlia e andavano insieme alla scuola elementare, giocavano insieme e condividevano caramelle. Ricorda di quando per il ramadam le regalarono una moneta, che per lei valeva molto, era un disco di rame rosso con inciso sopra il ritratto del re. Dopo il Ramadam arrivava la Eid, la piccola festa, che lei preferiva al Ramadam, si mangiavano cibi più gustosi, non si ammazzavano agnelli e non c’erano sacrifici o prove divine. Durante la festa la loro casa si riempiva di parenti e ospiti e ricorda con piacere che anche Sittil Hajja faceva parte di queste feste e regalava loro delle monete, ai maschi due alle femmine uno: dio ci ha detto che una femmina vale la metà di un maschio. Questa ‘’ingiustizia’’ per Nawal si ripeteva anche quando il fratello scarso a scuola riceveva sempre più regali di lei, nonostante invece lei fosse più brava, e così per questo piangeva spesso. Fino a che non riusciva a smettere di porsi domande sulla giustizia, tanto da sentirsi in colpa per i pensieri che aveva. 11. DIO NASCOSTO DIETRO L’APPENDIABITI Parla di politica. Era il periodo del bolscevismo. Durante i giorni di festa Nawal non voleva che la madre la vedesse piangere. Ma un giorno fu proprio Nawal a sorprendere la mamma piangere, ma si asciugò subito gli occhi con un fazzoletto dicendole che in realtà non stava piangendo. N. sentiva che c’era qualcosa che le stava nascondendo. Magari dubitava anche lei della giustizia di Dio, si chiedeva perché privilegiasse sempre i maschi: Dio si nascondeva nell’oscurità, dietro l’appendiabiti o l’armadio. N. sentiva la sua presenza mentre dormiva quindi si metteva spesso a pregare sul tappeto. Quando Hajja la vedeva così diceva che ormai aveva raggiunto l’età della ragione, era arrivata a conoscere dio, era sbocciata e per questo Dio le avrebbe mandato uno sposo. La madre invece non pensava queste cose. Poi parla della scuola. A Menouf si trovavano le scuole elementari, alcuni istituti privati, una scuola media di arti e mestieri, una superiore per ragazzi, e collegi a pagamento. All’epoca tra i partiti politici e all’interno della compagine governativa infuriava la polemica sull’istruzione. Alcuni parlamentari erano contrari all’obbligo scolastico, Badraoui Ashour diceva che se i figli dei contadini fossero stati educati non sarebbero più riusciti a prendere in mano una zappa. Doss diceva che educare i figli di famiglie indigenti fosse socialmente pericoloso e avrebbe portato alla rivolta psicologica. Temevano che l’istruzione potesse aprire il cervello e quindi diventare poi una minaccia per il governo. Il padre di N, credeva nell’istruzione e la credeva importante sia per i maschi che per le femmine. lOMoARcPSD|4162540 Diversamente da Sittil Hajja che si preoccupò che i suoi figli andassero a scuola, ma non fece altrettanto per le 5 figlie femmine. Esse restarono al villaggio con lei, divennero contadine e sposarono dei contadini. Poi inizia a parlare di politica. Nel 1940 si iniziò a parlare di bolscevismo. Durante la Eid i parenti della madre e del padre si riunivano: i contadini della famiglia del padre sostenevano il partito Wadfista e il governo, gli altri sostenevano i pasha o i partiti di minoranza. Il padre non era membro di nessun partito, ritenendo che ognuno giocasse con i cittadini paventandosi un sistema democratico. 12. IL MINISTERO DELLA NAUSEAZIONE Nawal ricorda che nel 1940 frequentava la seconda elementare, e che il padre non avesse voluto iscriverla in nessuna delle scuole statali che supervisionava (ispettore Bey). Gli insegnanti erano ignoranti e severi. Questo nome deriva da una presa in giro del padre sul ministero dell’Istruzione: lo chiamava con un gioco di parole il Ministero della nauseazione, siccome gli insegnanti erano nauseabondi e non riuscivano a distinguere la prima lettera dell’alfabeto da una pannocchia di granoturco. Nei giorni della Eid gli insegnanti facevano giri di visite a presidi e ispettori scolastici, portando doni che in realtà erano una corruzione e spesso venivano promossi. Il padre di Nawal invece li cacciava via. A Menouf esisteva un’unica scuola elementare femminile, una scuola inglese. Con l’occupazione inglese nacquero molte scuole inglesi nel paese con riposo sabato e domenica, non il venerdì; insegnavano sia l’arabo e la sua religione che quella cristiana per i bambini copti ed ebraica per gli ebrei. La pioggia a Menouf era un frutto raro; c’era sole tutto l’anno e i contadini ringraziavano dio quando succedeva, mentre pregavano quando pioveva per far uscire il sole. Nella classe di Nawal c’erano molte bambine con raccomandazioni, come la figlia del capo di polizia o la figlia dell’ispettore sanitario che non ricevevano mai controlli o punizioni mentre quelle più povere erano sempre sottoposte a queste cose. Anche con lei in quanto figlia dell’ispettore aveva un occhio di riguardo. Ricorda poi la preside, miss Hamer, che entrava e usciva dalla classe, Nawal la vedeva come la persona più ricca del mondo, e si chiedeva se fosse Dio a decidere chi dovesse essere ricco e chi povero. Soprattutto la vedeva come una persona molto rigida e severa, che doveva avere tutto sotto controllo, persino le unghie tagliate delle alunne. Nawal amava l’inglese, ma più di tutti l’arabo, lingua di cui il padre introdusse la letteratura già a casa leggendogli spesso poesie arabe. Le fece amare la letteratura sin da bambina. Dalla scuola non imparò molto, l’insegnante di lingua e letteratura araba non le piaceva. lOMoARcPSD|4162540 Nawal sentiva spesso il suono di una voce. Quando la sentiva si domandava se quella voce scendesse dal cielo, le accarezzava l’orecchio per poi attraversarle tutto il corpo fino al cuore e alla testa. Le sembrava quasi far riferimento ad un fantasma generato nei suoi sogni. Il ragazzo che abitava sopra casa di N., cantava solo per lei e il cuore le batteva forte al ritmo delle sue dita sul liuto. Veniva a menouf durante le vacanze estive o la Eid. Nessun’altra voce le faceva lo stesso effetto, neanche la più bella dell’Egitto. Ricorda che giunse il giorno in cui lo vide in carne ed ossa, e non solo tramite la voce, davanti al cavalletto di legno in mezzo a un prato verde. Teneva il pennello in mano e lo muoveva sulla tela. Il suo prato era davanti casa di Nawal. Si chiamava Fathy. Indossava una gallabeya tutta infangata, aveva la pelle scura e gli occhi neri, le labbra sempre aperte in un sorriso. Si arrampicava spesso alla finestra di casa di Nawal e gli diceva che avevano dei bei mobili. Quando lo vide in piedi, laggiù, riuscì solo a restare immobile. Lui si girò e quando vide N. spalancò gli occhi come se la scoprisse per la prima volta. Lo guardava stupita: realizzava che era una persona non un fantasma. Ora sapeva anche il suo nome. Non poteva dirlo ad alta voce perché il cuore le batteva, il sangue le saliva in viso con delle guance rosso pomodoro. A 10 anni, prima che scoprisse cosa fosse la coscienza, era già consapevole che l’amore fosse proibito, sacrilegio, peccaminoso, harem. Eppure la radio trasmetteva solo canzoni d’amore e le persone accanto a lei le canticchiavano sempre. Un giorno Nawal chiede a Sittil Hajja se avesse mai saputo cosa significasse essere innamorati e lei le rispose di aver amato il Dio più alto e onnipotente e il profeta Maometto e i suoi figli. Ma lei faceva riferimento ad un altro tipo d’amore, quello cantato nelle canzoni d’amore alla radio: ‘’Qui non esiste la radio, né niente di simile a ciò che tu intendi per amore. Una ragazza qui raggiunge la pubertà, viene fatta sposare immediatamente.’’ Il primo amore di Nawal fu anche il primo segreto della sua vita. Nessuno venne mai a saperlo. Ad oggi non riesce a ricordare i suoi tratti, solo la luce dei suoi occhi, senza scoprire mai di che colore fossero. Quando si incontrarono gli disse solo due parole, “Benvenuta Nawal”. Il suo cuore non palpitò mai più così forte come allora. Dopo un mese Nawal e la famiglia andarono alle nozze della figlia di sua zia Baheya. Aveva dei sogni: fare l’insegnante per esempio. La casa di zia Baheya era una specie di antro, era stipata di uomini e donne, tutti contadini vestiti con tuniche lunghe e ampie che sapevano di polvere e sudore. Dietro i sorrisi riusciva a scorgere la tristezza e la cupezza che avvolge il ricordo della prima notte di nozze. Era tradizione che la sposa assaggiasse il bastone dello sposo prima di mangiare il cibo che lui aveva procacciato, quindi si rinchiudevano in una stanza e lui la picchiava, mentre tutti aspettavano fuori. Le urla della cugina rimasero impresse a Nawal. Poi sentì sua nonna dire che anche lo sposo di Nawal era pronto e stato scelto, quella notte lei non dormì. Da quella notte sono passati più di 50 anni ma la ricorda ancora. Si domandava cosa dovesse fare, ma quello che sapeva era che non dovesse arrendersi mai. lOMoARcPSD|4162540 16. IL CONTADINO CON I FAVORITI Nawal parla del suo primo promesso sposo e dell’incontro con Fathy (il suo primo amore). Il primo promesso sposo di Nawal era un contadino con i favoriti. Lei si immaginava già come la cugina ormai trasformata in una contadina con le piante dei piedi ruvide e graffiate che non sa più né leggere né scrivere. Ma questo uomo si volatilizzò ben presto e la zia Fatma parlando con questo ragazzo capì il perché. Nawal non era che una ragazza di città: non sapeva impastare, fare il pane, mungere; sapeva sì leggere e scrivere ma lui non se ne faceva niente non è che posso mangiare quello che legge o bere quello che scrive. Allora fu proprio il saper leggere e scrivere che la salvò da lui e da altri potenziali mariti, perché lei preferiva scrivere anziché cucinare, tenere il mestolo o il manico di scopa. La famiglia attendeva ancora, soprattutto la nonna guardandole il seno vide come fosse cresciuta e temeva addirittura che presto sarebbe stata troppo vecchia per poter avere figli. Nel frattempo lei non poteva più uscire per giocare con altri bambini perché ormai era cresciuta e si doveva occupare della casa. E nell’estate del 1942 passò l’esame di quinta elementare con ottimi voti, anche se il fratello fu bocciato e la tristezza regnava. Terrorizata dal diventare cieca per via degli spray alle mosche, e perché piangeva spesso. Nawal conobbe Ni’mattalah, ragazza cieca figlia di al Hajj mahomoudd, non capiva come fosse diventata cieca, ma immaginava per un errore nello spray delle mosche visto che in casa non avevano corrente. Un giorno mentre Nawal andò da lei per leggerle un libro, lei le disse che Fathy (il ragazzo di cui era innamorata) sarebbe arrivato l’indomani. Nawal si senti imbarazzata perché nessuno aveva scoperto nulla tranne la ragazza che non vedeva, e paragonò il suo potere ad una previsione del futuro. Così scappò da casa sua, senza guardare la ragazza negli occhi e raggiunse il suo letto. Era felice. La mattina successiva non riuscì ad alzarsi dal letto, aveva dolori in tutto il corpo per le mestruazioni e fu sopraffatta dal desiderio di nascondersi da tutti perché impura. Preferiva rimanere a letto piuttosto che scendere per lavare i piatti o strofinare il pavimento della cugina o del bagno. Nella stanza c’era una finestra con sbarre metalliche. Tra le sbarre a un certo punto entrò un raggio di sole simile a una melodia: era la voce di Fathy, benvenuta Nawal. Lei rispose, senza mai pronunciare il suo nome. Era lì davanti a lei, davanti alla sua finestra, e un attimo dopo se ne andò per la sua strada. Tutto ad un tratto la malattia sparì e si sentì in grado di fare qualsiasi cosa. Non riusciva a comprendere perché fosse cambiato tutto in un attimo. Dopo gli attimi di felicità torno alla triste realtà e tornò a letto. Ora non fingeva più di stare male, provava una malattia vera: simile a un dolore al cuore, al dispiacere, al senso di colpa o a tutte e tre le cose insieme. 17. ZIE, PRETENDENTI E ALTRE SANGUISUGHE Nawal ricorda il giorno in cui avrebbe incontrato lo sposo e del suo ‘’piano’’. Il giorno successivo splendeva il sole. In salone erano radunate le donne delle due famiglie al completo e bisbigliavano tra di loro, insieme ad alcuni ospiti. Ma Nawal capì che c’era qualcosa di diverso quel giorno. Probabilmente stavano tramando qualcosa. All’improvviso tra i bisbigli riuscì a sentire la parola “sposo” e la tristezza la invase perché riusciva a sentire solamente la voce di lOMoARcPSD|4162540 Fathy, fluttuante nelle sue orecchie. Sentiva al varco questa terribile minaccia. Alle sue spalle, tutti si stavano preparando a quel momento, tanto che avevano ritirato fuori il vecchio tappeto persiano della madre che la accompagnò dalla prima notte di nozze al giorno in cui morì. E i nuovi oggetti come: tazzine da caffè, bicchieri scintillanti, tovaglioli, tende. Quel giorno Tante Ni’ mat non prese parte alla battitura del tappeto, ma prese Nawal con forza insieme alla zia Rokaya e la portarono in bagno per raderla e toglierle tutti i peli di dosso. Lei si ribellava ma loro la tenevano più stretta. Quella notte fu molto lunga per lei, e poteva scegliere tra delle alternative: suicidarsi, urlare fingendo di avere un infarto o dare fuoco alla casa. Ma decise che la sua vita era troppo preziosa per sacrificarla. La mattina seguente si alzò dal letto obbediente. Le donne di casa, con il vestito nuovo in mano, le si affaccendarono tutte intorno, la attendevano al varco. Nawal si abbandono alle loro mani, alle dita che non smettevano di toccarla e si concesse a loro senza resistenza per poter mettere in atto il suo piano. Si fece anche sbiancare i denti, gli sistemarono i capelli, tanto che non si riconobbe più. Era pronta. Prima di entrare nella stanza si guardò allo specchio: la ragazza che vedeva era un’estranea con un abito di seta. Così si tolse il rossetto, si stropicciò i capelli e diede un morso alla melanzana per far annerire i denti. Lo sposo la vide appena entrò e quando si avvicinò cominciarono entrambi a starnutire, N. fece cadere il caffè a terra. Poi il tacco di una scarpa le si infilò nel buco del tappeto e cadde tutto il vassoio addosso al suo corteggiatore. Tra le conseguenze ci fu una serie di bastonate, ma a Nawal interessava solo che lo sposo si fosse dileguato. 18. UNA CUCINA PER MIA MADRE Nawal racconta della sua ‘’amicizia’’ con il fornello e quando comprò una cucina alla madre. Nel 1942 Nawal ottenne la licenza elementare. I suoi voti erano eccellenti, ma non notava l’entusiasmo di che le stava intorno. Le donne sussurravano: ‘’a cosa serve un diploma se è destinata al matrimonio?’’. Non poteva più uscire di casa. Nawal cominciò a vedere con tristezza gli altri bambini giocare nel parco, a soli 11 anni era già quasi chiamata zitella. La sua specializzazione era strofinare piastrelle e cucinare. Già dai 7 la madre inizò ad insegnarle ad accendere il fornello. Ma tra lei e il fornello permaneva un’inimicizia. A poco a poco si allenò e fece “amicizia” con il fornello (tarboush). Venne nominata SHATRA = cioè intelligente e capace, il termine definiva le ragazze brave in cucina, a lavare i panni, pulire i pavimenti e accendere il fornello senza rompere l’ago: la cosa la rendeva felice e triste allo stesso tempo. Nell’aprile del 1955 Nawal si laurea in medicina, e per la prima volta incassò uno stipendio mensile. Dice alla madre che la laurea è tutto merito suo, chiamandola mamma e usando toni affettuosi, che sono vietati nella loro cultura dopo essere stati svezzati. Ora aveva solo un’idea in testa: una cucina a butano con un forno e quattro bruciatori di una marca nota, era un regalo per la madre. La regalò alla madre disse che arrivava dal cielo per quanto era felice. La madre morì prima che Nawal fini di pagare le 36 rate della cucina. lOMoARcPSD|4162540 21. L’AMORE E UN INSOPPORTABILE GATTO Alla scuola Saneya Nawal, guardando una sua compagna, decise che non avrebbe più riso. Doveva contrarre i muscoli facciali e tenere la bocca chiusa per essere abbastanza seria, pensandoci bene infatti, non c’era nulla che andasse così bene da farla ridere. Ma non durò a lungo. Anche il fratello era come lei. Citando il fratello, poi racconta di un episodio accadutogli, quando un bambino lo colpì sul viso con una bottiglia. Gli lasciò una cicatrice, anche interiore. Da quel giorno, a dieci anni, il fratello divenne uomo e iniziò a ingoiare le lacrime. La zia alla morte del nonno sostituì il cane lupo con un gatto che amava più delle persone. Tra i due era nata una storia d’amore. Il gatto per Nawal era odioso, stava sempre addosso alla zia e quando lei non c’era diventava aggressivo e la attaccava. 22. LADRI D’ARTE Nawal racconta di un’avventura fatta con il fratello che sembrava pericolosa. Erano loro i ladri d’arte. Il fratello disse di aver affittato un carretto con il mulo per portare dentro tutte le fotografie. Nawal si ritrovò ad aiutarlo. Per due ore di fila trasportarono foto dalla rimessa al carretto e alla fine il fratello vi montò sopra accanto al conducente e legò tutto il carico impilato con le corde. Al carro era legato un asino. Erano pronti a partire, seduti dietro il prezioso bottino quando videro apparire Tante Fathima, come se la terra si fosse spalancata per farla uscire alla luce. Non riuscì a scorgere il carretto, ma vide l’asino, e dall’asino lo sguardo si spostò sul retro del mezzo e andò a cadere sulle cataste di foto impilate una sopra l’altra e poi si girò per entrare in casa. Lei fece in tempo a rigirarsi ma il carretto trainato dal mulo sparì velocemente portandosi dietro il suo padrone e Tante Fathima chiamò un falegname per chiudere la serratura della rimessa. 23. ZIE PAZZE E BAMBINI ABBANDONATI Nawal racconta dei bambini abbandonati nati senza padri. Nel corso del 1945 alla scuola Al-Saneya una donna delle pulizie partorì nelle latrine e la preside dichiarò lo stato d’emergenza e vietò a chiunque di lasciare l’edificio. Su ogni singola allieva della scuola adesso incombeva il sospetto di una gravidanza illegittima, per quanto la preside non fosse in grado di colpevolizzare nessuna. Il sospetto, infatti, rimase su tutte e la scuola si fece una brutta fama. Un giorno un ragazzo diede una gomitata al seno a Nawal mentre aspettava il tram e lei gli sbattè la cartella sulla testa. Differenza tra sefah e saffah: • Sefah indica un figlio nato senza padre, quindi illeggittimo • Saffah omicida Anche in casa sua successe un fatto simile: la serva Shalabeya era incinta, aveva 15 anni, ma la notte lOMoARcPSD|4162540 la Tante Fahima la chiudeva a chiave, come poteva essere incinta? Secondo Tante Ni’ma il colpevole poteva essere il garzone della lavanderia o il ragazzo della drogheria che lavorava lì vicino. Tante Fahima non era di questa idea, chi apparteneva alla servitù non era tanto spavaldo da approfittarsi della loro serva. C’era lo zampino di qualche vagabondo. La Tante Ni’mat voleva picchiare la serva ma Nawal la bloccò, senza colpirla, le strappò solo il bastone dalle mani. Nessuno era disposto a sposare la serva, perché tutti gli altri servi avevano già una moglie. Nawal piangeva per lei perché era solo una ragazzina come lei trasformata in vittima. A furia di bastonate Tante Ni’ si esaurì fisicamente. Tante Fahima non picchiava Shalabeya invece. Lei si sfogava a scuola. Sferzava con la bacchetta le dita aperte delle ragazze schierate in prima fila. Alla fine fu Fathima a cacciare di casa Shalabeya, e questo era molto più crudele di picchiarla con le bastonate. Non seppe mai la sua fine né cosa accadde al bambino. Un altro bambino abbandonato. Se non si riesce ad identificare il genitore di un bambino, questo è considerato illegittimo e dovrà essere punito per il peccato commesso dal padre. Col tempo nessuno chiese più di lei e in casa si tornò alla normalità. Le due zie erano molto diverse. • Tante fathima reprimeva i sentimenti, quando gli veniva voglia di piangere si pizzicava le guance per reprimere, si sposò con un matrimonio di fatto e ricevette una parte d’eredità, • L’altra zia Tante ni’mat invece non ricevette mai nulla in quanto separata. Era una donna molto sofferente, reprimeva anche lei le lacrime perché soffriva nel vedere una gravidanza che lei non aveva mai avuto. 24. LA CASA DELLA DESOLAZIONE Racconta della casa del nonno Shoukry. In quella casa abitata da tristezza e desolazione, trascorse un anno intero. Era la dimora della tristezza, dove gli occhi diventavano grigi cenere, la morte strappava alla vita una persona dietro l’altra e le lacrime si accumulavano fino a formare una cisti nella gola e nel petto. La tristezza di quella casa divenne una fonte d’ispirazione, risvegliando in lei una certa sensibilità artistica che la portò a scrivere. Nawal ricorda come sua zia Tante ni’mat gli volesse più bene di Tante Fathima e di come con lei ci fossero più momenti di tenerezza, tuttavia sottolinea come una volta che fu entrata in convento per le superiori non volle più tornare nemmeno a vedere quella casa, e ricorda di come quando chiedeva alla madre perché si fosse sposata lei rispondeva “per andare via da quella casa”. L’ultima persona che vide di quella famiglia fu proprio Tante Ni’mat che negli anni 50 la chiamò al telefono dopo esser diventata dottoressa. Lei la andò a trovare nella casa in cui viveva con il fratello, aveva una massa al seno. Prese il treno per tornare a casa e quella stazione la riportò a tanti ricordi. Si chiedeva come potesse essere sopravvissuta da bambina, in qualche modo sfuggita alla morte, imparando ad affrontarla da sola sin dalla nascita. Forse aveva sviluppato una sorta di immunità. lOMoARcPSD|4162540 Passò con merito il primo anno di superiore e ottenne una borsa di studio con molti obblighi di legge e quindi la rifiutò, le sembrava una forma di schiavitù. Il padre fu molto fiero di lei. à Quando andò alle superiori dormiva in convitto e aveva finalmente dimenticato gli orrori e le paure delle case dove viveva prima. 25. IL COMUNISTA SEGRETO Nawal era adolescente e racconta di quando viveva nel convitto della scuola femminile Al Cairo. Nel 1945 Nawal era adolescente. Non sprecava più le sue energie per combattere le battaglie in famiglia e nascondeva in lei una serie di sogni. Si presentò un altro pretendente, ma per la famiglia Nawal non aveva più bisogno del matrimonio, non come quelle ragazze oziose e remissive che aspettavano a casa il promesso sposo. Anche nella fantasia dei genitori era sparita l’immagine di lei con indosso l’abito da matrimonio. Era stato necessario un fratello fallito per farla diventare un oggetto di interesse. In quel periodo frequentava il terzo anno di superiori e viveva nel convitto della scuola femminile. Il posto pareva una prigione, ma nonostante tutto ringraziava per essersi liberata della pressione delle case in cui aveva vissuto. Anche se il posto le trasmetteva un senso di estraneità. Opposto al suo letto si trovava Samia, una ragazza piccola e magra. Lei era appassionata di storia, e politica. Mentre Nawal era appassionata di romanzi e racconti, ne leggeva di ogni tipo: la storia invece la annoiava, perché le lezioni nascondevano la vera storia. Il padre di Samia era nel Partito comunista, un partito segreto. Nawal non ne sapeva nulla così l’amica cominciò a passarle di nascosto un giornale sul partito comunista che lei leggeva nel bagno. La politica rimaneva un gioco senza regole e lei si interessò sempre di più all’arte e alla letteratura. Una volta consegnò un suo scritto a un professore come compito, ma lui gli mise 0 per motivi religiosi. Questa valutazione la sconvolse molto, vedeva lo zero come una condanna a morte, anche sui suoi sogni. Nelle vacanze estive la madre e il padre lo lessero e con gran stupore piacque anche al padre; Nawal si senti al settimo cielo. Le loro parole la sollevarono dal baratro del dubbio in cui era sprofondata e i genitori la spronarono a continuare. Nawal adorava la scuola e la vita di collegio che gli permetteva di stare fissa con le altre ragazze nei giorni liberi. La cosa che amava di più era scappare dal mondo e rifugiarsi in biblioteca a leggere e scrivere, amava correre, giocare a palla e a tennis, cantare e ballare nella sala musica. Il giovedì sera la superiora lasciava la scuola e lei rimaneva lì con le altre ragazze che non avevano nessuno al Cairo, tornava a casa solo durante le vacanze estive e nella vigilia della eid. Davanti a lei si stava aprendo un mondo, un mondo in cui viveva in comunità con le sue coetanee, le sue compagne erano la sua famiglia, e non aveva mai sperimentato una felicità simile. Una notte misero in scena la rappresentazione di un romanzo Un urlo nella notte, in cui inscenarono una gravidanza illegittima. Ma furono sorprese dalla sorvegliante. Il presupposto fondamentale era che fossimo vergini ignare delle questioni legate al sesso o alle gravidanze illegittime. Così la mattina dopo solo Nawal venne chiamta nell’ufficio della preside, che decise di espellerla dal convitto e concederle lOMoARcPSD|4162540 28. IL CORANO TRADITO Nawal racconta di quando ha letto tutto il Corano. Da lì abbandonò i dubbi dell’infanzia e divenne molto religiosa. Nel 1948 la scuola organizzò i consueti festeggiamenti per la Eid Al-Hajira e fu chiesto a Nawal di preparare un discorso. Decise di leggere il Corano dall’inizio alla fine. In testa cominciarono a frullarle un sacco di domande, e quando chiedeva qualcosa al padre le rispondeva sempre che era la saggezza di Dio. Più di ogni cosa si domandava: ‘’perché dio ignorava le donna […] perché dio si rivolgeva esclusivamente agli uomini e, quando c’era di mezzo una donna, lo faceva sempre attraverso l’uomo? Perché all’uomo spettava il doppio della donna?’’ Cominciò a soffrire di emicrania cronica. Non capiva il motivo, l’infermiera le disse che stava traboccando, che aveva raggiunto la pubertà, così le diede dell’aspirina e altre pasticche. I dolori aumentavano con le mestruazioni. Le insegnanti ripetevano che quando le donne erano mestruate, non potevano stare in preghiera di fronte a Dio né ripetere anche una sola parola del Corano o un detto del Profeta. Quindi Nawal aveva paura che nel giorno in cui avrebbe dovuto leggere il suo discorso avesse avuto le mestruazioni, temeva che questa ‘’offesa’’ la colpisse proprio in quel giorno particolare e si chiedeva come sarebbe potuta salire sul palco. In attesa del giorno lei continuava a commettere peccato: le dita impure si posavano sul Corano e sulle parole del profeta. Il giorno arrivò e ripetè il discorso davanti a tutti, che si concluse in un lungo applauso. A scuola ormai si era fatta un’ottima reputazione. La sua infanzia stava svanendo, iniziò con il passo sicuro del padre la discesa verso un credo assoluto, diventando un modello di pietà e virtù morali per le altre ragazze. Da bambina dubbiosa della giustizia di Dio si trasformò in una ragazza profondamente religiosa. La fede religiosa aveva cancellato le ultime vestigia del dubbio. Pregava regolarmente, osservava il digiuno nel mese del Ramadan, parlava in eloquente arabo classico e suffregava le sue opinioni con i versi del sacro Corano e i detti del profeta. 29. INGLESE BRITANNICO E ARABO SACRO Nawal ricorda i suoi giorni alla facoltà di medicina e il sacrificio dei genitori per permettersela. Riuscì a essere esentata dal pagamento delle tasse. Conseguì a pieni voti il diploma di scuola superiore, voleva iscriversi a Lettere e diventare una scrittrice, ma il padre la convinse ad iscriversi a Medicina. Amava la lingua araba, le lettere, il loro ritmo musicale, pensava che fosse stato Dio a crearla. L’arabo, in quanto opera di dio era una lingua divina. L’inglese era stato creato dagli esseri umani, dagli inglesi. Quando aprì per la prima volta i battenti, l’università accettava solo maschi. Dopo molti anni cominciò ad accettare anche femmine, nella seconda metà degli anni 30. L’istruzione promiscua era permessa esclusivamente all’asilo e all’università quindi per dieci anni non aveva avuto compagni maschi. Nel 1948 entrò all’università. Agli occhi di tutti era pericoloso per le ragazze essere così a contatto con i ragazzi, ma Nawal era lOMoARcPSD|4162540 diversa, e secondo la madre ne sarebbe uscita indenne. Nello stesso anno il padre venne trasferito da Menouf a Giza. All’epoca in Egitto stava prendendo potere l’opposizione politica e l’influenza che essa esercitava sugli avvenimenti. Dopo l’esposto che fece al ministero dell’istruzione, il padre ottenne una promozione e divenne ispettore capo dell’istruzione per la provincia di Giza. Riuscì ad affittare una casa a un piano circondata da un piccolo giardino in un’area residenziale tranquilla. Ogni giorno Nawal andava e tornava a piedi da casa all’università, un’ora di cammino. Quella strada era popolata di studenti, soprattutto maschi. Era raro per Nawal scorgere qualche femmina, ormai dei gruppi di ragazzi avevano cominciato ad aspettarla per salutarla. Le giungevano però anche commenti sarcastici sul suo modo di camminare o sulla sua statura. All’università incrociava spesso gli sguardi dei ragazzi che la fissavano. Cominciò a stringere amicizia con alcune studentesse. Si davano appuntamento alla caffetteria di Lettere, l’unico luogo frequentato dalle ragazze. Raramente si incoraggiavano le donne ad iscriversi a Facoltà scientifiche. à in arabo la parola Scienze è maschile e ha un suono maschile, mentre letteratura è femminile, suona simile ad adab che significa buone maniere educato docile. Le studentesse non partecipavano alle manifestazioni, soprattutto quelle che provenivano da medicina o scienze, si tenevano a distanza dalla politica dedicandosi solo allo studio. Nawal sapeva poco di politica, nonostante il padre se ne occupasse. Ma si buttava in mezzo alle manifestazioni perché si chiedeva se non dovesse essere una di quelle persone che doveva aprire gli occhi e ribellarsi. Tra il 1890 e il 1948 il termine “schiavitù” stava scomparendo dal dizionario arabo. Il potere degli schiavi stava crescendo e il movimento nazionale minacciava il governo al potere. Nel 1949 Nawal entrò per la prima volta nell’edificio principale della facoltà di Medicina, a seguito dell’anno propedeutico svolto alla facoltà di scienze a Giza. Nell’anno propedeutico aveva sezionato solo rane, scarafaggi o vespe. Sin da piccola non era stata capace di guardare un corpo morto, ma un giorno dovette prendere coraggio insieme ad altri studenti del primo e secondo anno, nell’aula di anatomia. I primi giorni che tagliava un corpo con il bisturi tremava. Smise di mangiare carne e le veniva la nausea ogni volta che vedeva galleggiare qualcosa nella zuppiera. Faceva fatica a mangiare ma poi l’appetito però le tornò più di prima. Lo stipendio del padre non era basso ma serviva per pagare la scuola a 9 figli. La sua facoltà era la più cara, ed anche i libri. Un giorno vedendo tremare la mano del padre quando gli aveva dato i soldi per la prima retta dell’università, Nawal capì che i genitori stavano facendo un enorme sacrificio per mantenerle gli studi. Le dispiaceva per il peso che dava ai genitori. Nawal riuscì a sentire un ragazzo che parlava di esenzioni per merito dal pagamento delle tasse universitarie. Lei era stata promossa con ottimi voti agli esami del diploma e quindi volle parlare con il preside. Riuscì con forza ad entrare nell’ufficio del preside di medicina, che alla fine gli firmò il foglio e la esentò dal pagare l’università. Fu un grande gioia in casa e i genitori furono molto felici dell’accaduto, tanto che anche in casa cominciarono a chiamarla dottoressa. Non dovendo pagare l’università, Nawal riusciva a permettersi le parti di corpo che il vigilante all’università vendeva di sottobanco, si comprò un teschio e la madre inizialmente fu terrorizzata dalla cosa. Inizialmente nessuno entrava più nella sua stanza, ma piano piano accettò la situazione e si dedicava anche alla lOMoARcPSD|4162540 sua pulizia. 30. IL NOME DI MARX Nawal racconta alcuni episodi accaduti nella sua facoltà, gli studenti, le colleghe, le amicizie e gli insegnanti. Davanti la stanza delle studentesse c’era un giardinetto in cui Nawal restava seduta a chiaccherare con altre studentesse. Racconta di come gli studenti più grandi s’innamoravano facilmente delle ragazze del primo anno. C’erano lettere nascoste nei quaderni o nel manuale di anatomia, che andavano e venivano portando con sé il profumo dell’amore. Di solito usavano la scusa di farsi prestare gli appunti delle lezioni. Era un continuo scambiarsi i libri, appunti e chiamarsi dottoresse. Nel 1951 entrarono al secondo anno di medicina senza sostenere esami che erano previsti solo alla fine dei primi due anni, erano piuttosto difficili. Per la festa dell’Hegira venne chiesto a Nawal di tenere un discorso. Di tutta la facoltà era l’unica studentessa donna a tenere discorsi nelle occasioni più svariate, che scrivesse racconti o articoli. Non aveva mai smesso di scrivere racconti e di tenere il diario, nei suoi sogni si vedeva più scrittrice che medico. La prima volta in cui vide il suo nome stampato fu sul giornale Studenti di Kasr Al-Aini. Il suo articolo nel giornale si chiamava “come vedo gli studenti di medicina”. A Nawal non piaceva l’aria della facoltà di medicina, perché vedeva studenti stanchi, con gli occhi gonfi e sembrava che la loro mente fosse solo occupata dal fantasma degli esami futuri, imparavano tutto a memoria e facevano a gare per il posto in prima fila in aula magna. Il giornale Al-Gam’i era edito da uno studente dell’ultimo anno, noto per essere comunista e voleva che Nawal scrivesse un racconto o articolo sulla scorsa manifestazione. Le sue colleghe rifiutavano tutto quanto fosse connesso alla politica e alle manifestazioni e avevano timore quando questo studente comunista entrava nell’aula di anatomia dove si trovavano loro. All’epoca ignorava ancora il significato della parola comunista, ma secondo le colleghe il comunismo era un’unione tra ateismo, eresia, corruzione e immoralità. La prima comunista con cui fece amicizia era Samia, da cui sentì per la prima volta nominare il nome di Marx, era ora che cominciasse a saperne qualcosa. Era il fondatore del comunismo. Racconta di alcuni studenti e colleghi e di alcuni dottori/insegnanti. Tra le sue colleghe, quella con cui aveva più confidenza era Safeya. Lei non si metteva il rossetto e le scarpe con i tacchi, e ogni giovedì giocavano a tennis o ping pong. Si univano a loro alcuni studenti maschi, compreso un loro compagno molto silenzioso e che non parlava di politica, anche se poi divenne un politico di professione. Un altro compagno invece, di nome Al-Menissi, non la guardava mai e non le parlava mai. Un giorno chiese un quaderno a Nawal per ricopiare una lezione che non aveva seguito, e il giorno dopo glielo restituì. Nawal trovò un bigliettino piegato con scritto “quando combatterò per il mio paese e per l’Islam avrò il tuo viso davanti agli occhi”. Da quel giorno, cominciò a sorriderle, e gli occhi ogni volta che la guardava gli si illuminavano. Ma si stringevano amicizie solo tra le persone dello stesso sesso, nulla di analogo poteva esistere tra un uomo e una donna. Anche le foto con le frasi venivano scambiate solo tra ragazze. Anche se un
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