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Una giornata di un opricnik, Dispense di Letteratura Russa

saggio su "Una giornata di un opricnik", Sorokin

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 31/07/2020

camilla-restelli
camilla-restelli 🇮🇹

4.6

(40)

46 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Una giornata di un opricnik e più Dispense in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! Den’ Opricnika di Vladimir Georgevič Sorokin Analisi e interpretazione In questa analisi cercherò di esplicitare le ragioni per le quali ritengo che l’opera di Sorokin La giornata di un Opricnik, rappresenti un opera postmoderna a tutti gli effetti, nella quale tutte le certezze sui valori, sull’etica, sulla realtà e sulla sessualità dell’uomo vengono sottilmente e abilmente distrutti per lasciare spazio al caos e all’incertezza. La crisi delle certezze viene perfettamente esplicitata della domanda posta dal nostro protagonista Andrej Danilovič Komjaga, membro di primo rango dell’opričnina, a Praskovj’a Mamontovna. La risposta della chiaroveggente sembra più emblematica della domanda . “Ho un ultima domanda. Non glie l’ho mai posta, oggi invece qualcosa mi spinge a provare. Mi faccio serio. Trovo il coraggio. <<Be’ che c’è ancora?>> spara a bruciapelo Praskovj’a. <<Della Russia? che ne sarà?>> Tace, mi guarda con attenzione. <<Niente… sarà>>.” (Sorokin, V. La giornata di un opričnik, 2006, p.104) Forse sul futuro la chiaroveggente non si vuole sbilanciare, starà al lettore riempire quel “niente” di significato. Certamente, da tale episodio, traspare la preoccupazione dell’autore per il ritorno ad un regime dispotico e per l’annientamento delle libertà. Sorokin infatti ambienta il ritorno dell’opričnina, amministrazione sotto il controllo diretto dello zar Ivan IV, nel 2027. Gli opričniki di Ivan IV saccheggiavano, incendiavano, torturavano e stupravano, è chiaro sin dal primo capitolo che gli opričniki del 2027 continuano sulla loro scia. Cambia solo il Sovrano e la tecnologia a loro disposizione. Tale preoccupazione si percepisce anche da come Sorokin affronta a più riprese il tema della censura e della restrizione della libertà d’espressione. Su un episodio in particolare vorrei porre attenzione: la visita di Komjaga alla sala concerti del Cremlino. “E’ una sala superlativa! In essa tutto è imponente, allestito alla perfezione per le feste di Stato, tutto corretto. Solo una cosa è sbagliata: sul palcoscenico di quella sala poderosa le azioni che avvengono non sono sempre corrette. L’attività sovversiva si infiltra anche qui. Be’ sta a noi mantenere l’ordine e distruggerla.” (Sorokin, V. La giornata di un opričnik, 2006,p.48) Finché sulla scena si propongono canti e numeri classici ben rodati conformi alle regole del sovrano, tutto è tranquillo. Questi hanno la funzione di rinforzare lo spirito russo degli spettatori, la fedeltà al Sovrano. Il fermento inizia a farsi sentire quando si deve giudicare un nuovo spettacolo: “Col cavolo!”. Il Terzo Gasdotto Occidentale che dalla grande Russia, passa il Muro Occidentale e arriva in Europa è stato chiuso, l’Europa è senza gas. Così un sabotatore-talpa dagli occhiali neri sbuca dalla terra e cerca di aprire il gasdotto ma un raggio sferzante balena dal muro e taglia a metà il sabotatore. Tre guardie di confine saltano giù dal muro e cantano: “Il grande tubo abbiam sbarrato per ordine del Sovrano. Ora i nemici hanno pensato Il gas di toglierci di mano. Gli abbiam detto forte NO!, la vista abbiam anche aguzzato: di gas russo già un bel po’ Europa-gas ci ha ben fregato. I cyberpunk si son fissati, al gelo, ovunque, sì, lo giuro come funghi avvelenati spuntan dritti accanto al Muro. Si fan sempre più sfacciati … Ma se è il gas quello che vogliono, be’, saranno accontentati ne otterranno finché muoiono! Una guardia apre la saracinesca, gli altri due si precipitano verso una estremità del gasdotto, ci appoggiano il sedere e scoreggiano. Le scoregge passano nel gasdotto con un suono minaccioso, scorrono per il muro e… da Occidente si alzano grida e lamenti.” (Sorokin, V. La giornata di un opričnik,2006, p.52) Sembra abbastanza chiaro che nella Russia immaginata (ma non troppo) da Sorokin, l’arte tornerà strumento di propagazione e rafforzamento di una ideologia approvata, sarà standardizzata e sottoposta allo stretto controllo della censura, come del resto lo era stata quello che provoca danni allo stato è il male che va estirpato alla radice. Bisogna chiedersi se Sorokin a sua volta creda in questo ideale di bene e male per lo Stato, o se invece sia ironia per affermare l’erroneità di tale concezione etica. L’ipotesi più probabile è sicuramente la seconda. Nel corso dello svolgimento della storia Andrej Danilovič Komiaga viene ritratto come esempio di mascolinità, testosterone puro che incarna gli ideali di lealtà e potenza. Ecco che però nel finale Sorokin ci sbalordisce con la descrizione del “cingolo”, un rito orgiastico omosessuale che coinvolge tutti i membri dell’opričnina. La banja, nella quale si svolge l’atto omosessuale, rappresenta in tutto il romanzo un luogo di perdizione dove droga e sesso sono routine. Gli organi genitali degli opričniki sono stati chirurgicamente modificati da medici cinesi, i loro testicoli assumono colori diversi, risplendenti nel buio della banja, in base al grado ricoperto nell’organizzazione. “Indescrivibile. Perché divino. Starsene abbandonati su morbidi lettini sdraiato dopo un coito fra opričniki è una gioia paradisiaca. La luce è accesa, ci sono secchielli con lo champagne sul pavimento,profumo di abete, il concerto per pianoforte e ochestra n.2 di Rachmaninov. Dopo un coito il nostro Batja ama ascoltare musica classica russa. Giaciamo estenuati. Le luci nei testicoli si stanno spegnendo. Beviamo in silenzio, riprendiamo fiato.” (Sorokin, V. La giornata di un opričnik,2006, p. 149) In questo modo La giornata di un opričnik si inserisce in continuità con le opere degli anni Settanta e Ottanta, nelle quali l’imitazione dei precetti del realismo socialista quasi convince il lettore, finché “qualcosa si incrina, si aprono falle e trappole che innescano la sovversione del testo, finché il caos sottostante non esplode con intensità e brutalità agghiaccianti[…]”(Caramitti, M. “Letteratura russa contemporanea – la scrittura come resistenza”, 2010, p 123). Gli ultimi tre capitoli del libro sono i più estremi, a cominciare dal “cingolo”, continuando con l’uccisione del conte Urusov -genero del Sovrano , caduto dalle sue grazie poiché amava fornicare durante gli incendi- e per finire col “trapanamento di gambe”-gioco che Batja ama fare dopo la neve e la vodka che consiste nel trapanarsi la carne e l’osso della gamba con un trapano dalla punta sottilissima in diamante, perde chi per primo si lascia sfuggire un gemito di dolore-. Il finale sorokiniano sgretola l’ultimo confine tra morale e immorale. Dopo questa breve analisi dovrebbe risultare chiaro che La giornata di un opričnik è un opera postmoderna utopica e antiutopica allo stesso tempo, che immagina un futuro possibile ma tuttavia indesiderabile, come solo il ritorno di un Ivan IV, lo zar più terribile di tutti i tempi, può esserlo. Vorrei concludere riportando le parole che Aleksej Nikonov usa per descrivere Sorokin alle sue letture pubbliche: “ Venne fuori per primo un ragazzo, all’apparenza un vero tipo russo, ma senza nobiltà nel viso. Ma che cos’è che leggeva! Bestiali omicidi, zozzerie invereconde, parolacce su parolacce. E leggeva, quella roba, in un modo così commovente, col groppo in gola, farabutto” (Caramitti, M. “Letteratura russa contemporanea – la scrittura come resistenza”, 2010, p.120).
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