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Una passione pericolosa - C. Stefanachi, Appunti di Relazioni Internazionali

Riassunto schematico del saggio "Una passione pericolosa. Il prestigio nella politica estera dell'Italia (1871-1942)", Scholé, 2023.

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 28/02/2024

Michele-Festa-2001
Michele-Festa-2001 🇮🇹

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Scarica Una passione pericolosa - C. Stefanachi e più Appunti in PDF di Relazioni Internazionali solo su Docsity! Una passione pericolosa, Il prestigio nella politica estera dell'Italia (1871-1942) C. Stefanachi Abbreviazioni nel testo: GP = Grande potenza, Grandi potenze PE = Politica estera  / => = di conseguenza + = a questo si aggiunge… Es. = esempio cd. = cosiddett* RI = Relazioni internazionali (disciplina) WW1 / WW2 = Prima / Seconda guerra mondiale. GB = Gran Bretagna Fr = Francia SdN = Società delle Nazioni  ≠  Status = ruolo PE retta da [cognome ministro degli Esteri] INTRODUZIONE Dicotomia nella PE italiana: sentimento di “orgogliosa grandezza” (derivante da glorie di un tempo lontano) vs delusione per il divario sociale, economico e militare gigantesco con le altre GP. Nel 1866 l’Italia prende il suo posto al tavolo delle GP con il desiderio/ambizione di poter tornare grande, mitica, con un ruolo primario perché lo era già stata in passato (le “superbe ruine” di Roma lo testimoniano). Da qui nasce il termine Ri-sorgimento = sorgere di nuovo. Ma l’Italia unita sviluppa subito anche una grande suscettibilità / permalosità  sa di non essere all’altezza delle altre nazioni e le difficoltà/sconfitte incontrate durante le guerre d’indipendenza ne sono la dimostrazione  Coesistono fame di prestigio e fame di riscatto dalle sconfitte passate. Nell’arena internazionale non basta essere forti e capaci, ma è necessario anche che gli altri ci reputino => necessario riconoscimento altrui per tradurre le proprie forze e capacità in reale influenza politica e non lasciarle altrimenti inoperose. NB: A volte il prestigio è più importante delle reali capacità. Es. Se una GP è reputata essere molto forte militarmente, non è necessario che essa imponga con la forza militare le sue volontà poiché, nella maggior parte dei casi, basta la minaccia del suo uso della forza per fare da deterrente o per persuadere gli altri stati a compiacerla. Es.2. Ecco perché gli stati tengono tanto al cerimoniale diplomatico e alle precedenze, ecco perché a volte s’intestardiscono e rimangono fermi sulle loro decisioni => per reputazione. 1 Il prestigio può diventare anche una ragione per muovere guerra, uno strumento di politica internazionale per gli Stati cd. revisionisti. Morgenthau e Carr consideravano il prestigio come strumentale per raggiungere e mettere al sicuro gli obiettivi primari dello Stato. Il prof. Stefanachi è però rivolto di più alle prospettive di Hobbes e Rousseau. Ovvero: Stati come estensione dei gruppi sociali (a loro volta estensione degli esseri umani), che hanno costante bisogno di conferme da parte degli altri, hanno bisogno di essere visti e reputati forti (o temuti).  Prestigio come vanitoso “istinto” (Hobbes) o inaggirabile “bisogno” (Rousseau). Rousseau chiaramente non lo chiama prestigio, lo chiama amor di sé. Esso spinge e vincola gli uomini all’azione non meno del loro bisogno di comfort e sicurezza.  Prestigio non come mero strumento (come lo intendono Morgenthau e Carr), ma come fine esso stesso. Il caso italiano viene qui utilizzato per spiegare questo: prestigio come fine e non (solo) come mezzo. Caso italiano: costante tensione tra sicurezza e prestigio: accontentarsi o osare? Sicurezza: bisogno dato dalla consapevolezza delle fragilità e dei divari socio-economici. vs Prestigio: bisogno di conferme allo status di GP, rafforzato nel caso italiano da un passato glorioso Risultato di questa tensione = “passione pericolosa” – quella del prestigio – che ha talvolta portato l’Italia a fare ‘salti mortali’ in PE, fino all’autodistruzione nel 1940. Teorie RI hanno visione limitata: Esse definiscono gli Stati revisionisti = Stati che ritengono il proprio prestigio inferiore a quello che meritano sulla base delle risorse che hanno. Fonte di insoddisfazione? incongruenza tra capacità e Stato, incongruenza che non necessariamente esiste. Il caso dell’Italia è diverso = Stato che sa di non avere le capacità per essere una GP ma ciononostante vuole sembrarlo lo stesso, perché ritiene comunque di meritare lo status di GP (per glorie passate). Fonte di insoddisfazione? delusione per il non riuscire a guadagnarsi il rispetto delle altre potenze e quindi il ruolo di GP, ambito per via di un amor proprio esasperato/ingrossato dalla gloria del passato. 2 *cd. Teoria della crescita differenziale del potere. Tendenzialmente la percezione di cambia più lentamente rispetto alle capacità. => è probabile che uno Stato che ha visto aumentare notevolmente le sue capacità, si veda riconosciuto dagli altri Stati un incremento di status / venga reputato più forte dagli altri Stati piuttosto tardivamente (es. Cina di oggi). => secondo le Teorie RI della guerra egemonica, ad un certo punto emergerà una potenza sfidante (con capacità > status riconosciutole) e si scatenerà una guerra egemonica/generale come evento chiarificatore, cioè che chiarisca a tutti i players quali sono i nuovi rapporti forza  dopo la guerra, diventa chiaro a tutti chi ha capacità e prestigio da superpotenza e chi invece no ed è quindi costretto a soccombere. La potenza sfidante emergente, che è revisionista dell’ordine internazionale, avrà tutto l’interesse a scatenare una guerra chiarificatrice per dare prova delle sue nuove capacità e ottenere così il prestigio che ritiene di meritare. Anni ’80, Waltz ha ristrutturato il metodo delle RI appoggiato da tutti – neoliberali compresi, depurandolo da preconcetti antropologici (come l’homo homini lupus hobbesiano: uomo cattivo per natura in contesto anarchico) e ponendo il focus sulle teorie sistemiche… La critica di Stefanachi: così facendo, però, Waltz ha eclissato / offuscato le teorie individuali e quelle relative alla natura umana delle RI => ignora il ruolo del prestigio nella PE. Hobbes: prestigio come elemento fondamentale (nella vita dell’uomo), capace di scatenare le guerre più furiose per i motivi più futili (un commento, un insulto, uno sguardo o sorriso sbagliato vengono percepiti come una sfida pubblica al proprio intelletto => percepita dal soggetto come una diminuzione di status / prestigio). Talvolta gli uomini superano o ignorano la naturale paura della morte proprio perché affamati di gloria e prestigio => prestigio come movente dell’azione umana. Rousseau distingue ® Amor di sé: naturale istinto all’autoconservazione / sopravvivenza e ad esaudire i bisogni primari (fame, sonno, riproduzione) ® Amor proprio: artificioso, sentimento “sociale”, nasce al momento dell’inserimento dell’uomo nella società. Spinge l’uomo a tener conto più di sé che degli altri in una società => lo spinge a commettere mali agli altri. Vivendo in società, si inizia a cercare l’ammirazione altrui e conferme in tanti bisogni “mediati dall’opinione sociale”  Competitività / inimicizia che nasce dalla competizione per aggiudicarsi beni (materiali o simbolici) a) necessari ad aumentare il prestigio ma che sono scarsi e desiderati da tutti; b) che richiedono esclusività di chi li possiede (ricerca del superfluo da parte dei ricchi pur di essere unici e al solo fine di aumentare il loro prestigio). 5  In una condizione di abbondanza di risorse, cesserebbe la conflittualità tra uomini per accaparrarsi beni materiali, ma non cesserebbe la fame di prestigio => guerra infinita. Todorov fa notare che: l’uomo non entra in società in un dato momento, ci nasce => fame di gloria e di stima (amor proprio rousseauiano) nasce insieme all’amor di sé (spirito di autoconservazione) => bisogno di riconoscimento altrui nasce insieme ai bisogni primari. Herder (rielabora Gehlein): bisogni primari (amor di sé), durante la lunga infanzia umana, sono soddisfatti dal nucleo familiare / sociale => dipendenza sociale dalla stima altrui come istinto vitale [vedi sopra*, teoria dell’infante indifeso] Rousseau: => predisposizione / natura sociale dell’uomo lo spinge a vedere il disinteresse altrui come un fallimento personale e potrebbe spingerlo a fare di tutto – anche morire – pur di riguadagnare le attenzioni e la stima dei suoi simili… perché in quest’ottica, stima altrui è anch’essa un sistema di autoconservazione primordiale. Essendo gli Stati (all’epoca di Rousseau, i regni) retti in ultima istanza da singoli uomini (i sovrani), la ricerca di stima altrui e di prestigio da parte degli uomini si riflette per estensione anche agli Stati, che sono anch’essi parte di una comunità “sociale” internazionale.  Prestigio come causa di un dato modo di agire in PE. II^ PARTE – Una passione pericolosa: storia della PE italiana (1870-1941) Una passione pericolosa Problemi di sicurezza del neonato Regno d’Italia:  Grandi potenze lungo i confini alpini - Francia ex protettrice tradita, ora ostile per la Breccia di Porta Pia - Austria-Ungheria [da ora solo Austria] “nemico naturale” con inespugnabili roccaforti nel Brennero  Coste basse e numerose città costiere difficili da difendere, impossibile impedire sbarchi delle flotte delle principali potenze europee, onnipresenti nel Mediterraneo dopo apertura canale di Suez (1869);  Fratture sociali, culturali, economiche fra regioni e precario “senso del noi”;  Papa ostile => potenze europee cattoliche (Austria, Francia) avrebbero pretesto per intervenire;  1° decennio di vita del Regno: PE di cautela, evitare avventatezze e ostilità straniere per la sicurezza nazionale  “timidezza” sulla scena internazionale  Calo di prestigio e ammissione di non essere una GP (non lo era mai stata).  Discrasia / Tensione sicurezza-prestigio  obiettivi divergenti. 1861-76, Destra Storica al governo: prudenza 6 PE retta dal ministro Visconti Venosta  politica del raccoglimento (Italia deve concentrarsi su sé stessa, rafforzarsi internamente), indipendenza diplomatica / non allineamento (“amici di tutti, alleati di nessuno"), politica del Concerto europeo.  Smorzare gli animi di Parigi per evitare vendetta francese  Evitare convergenza dei cattolici europei => farsi amica l’Austria e rinunciare per il momento a Trentino e Trieste, sperando in una futura cessione derivante dalla probabile nuova proiezione di Vienna verso i Balcani  Tenersi buona la Prussia, ora potenza + forte sul continente  Favorire l’equilibrio continentale ed evitare destabilizzazioni (politica del Concerto) Per la Destra Storica mantenere l’indipendenza diplomatica significava beneficiare dello status di GP, mentre allearsi ad un’altra potenza avrebbe significato – viste le fragilità italiane – ricercarne la protezione e ammettere la subalternità italiana => sarebbe stata ammissione di non essere una GP. Neutralità italiana nella guerra franco-prussiana (1870) aveva rappresentato per la Destra il superamento della “prova di maturità” del Regno d’Italia, che per la prima volta non era vassallo della Francia ed anzi era stato capace di decidere da solo della sua condotta di PE. “Agire come una Grande potenza, ma in modo coerente con la sicurezza, che dalla pace generale dipende direttamente” (Stefanachi) Paradossalmente, sono state proprie la questione romana e le vicende col Papa, tanto temute dal governo italiano, a fare dell’Italia una GP, perché tutte le cancellerie europee (che devono tenere conto dei capricci dei vasti bacini di elettori cattolici) hanno capito che bisogna monitorare ciò che avviene lì.  Italia sotto i riflettori deve fare di tutto per evitare una guerra continentale alla quale a) non potrebbe partecipare per via delle limitate capacità => ammissione di non essere GP b) se partecipasse, metterebbe a repentaglio la sua sicurezza Ma se la guerra generale fosse inevitabile… come preservare il prestigio di GP dell’Italia in caso di neutralità? come preservare la sicurezza dell’Italia in caso di intervento? Al Congresso di Berlino (1878, per rimediare a trattato russo-ottomano di Santo Stefano), nonostante la possibilità di fare pressioni per ottenere Trentino (che rimarrà austriaco) e Tunisia (che andrà alla Francia), ministro degli Esteri italiano Corti – prosecutore di Visconti Venosta – non avanza richieste  politica delle “mani nette” (= vuote). Governo Depretis  politica della “mano libera”. 7  Difficoltà nelle operazioni  Diffidenza (o addirittura risentimento) degli alleati dell’una e dell’altra fazione  Isolamento  1917: Russia implode nella rivoluzione, Austria si rivitalizza e sposta truppe dal fronte orientale a quello sul confine italiano  tragica Disfatta di Caporetto rivela quanto l’Italia abbia bisogno (= dipenda) dagli alleati anglofrancesi. Il fatto che l’Italia non riesca a dare la spallata definitiva all’ultima tra le GP europee è un durissimo colpo al prestigio e al sentimento nazionale italiano. Anzi traumatico: l’Italia è inferiore all’ultima tra le GP – l’Austria. Un’Austria che oltretutto era già piegata dalla guerra da più di 3 anni, si stava disgregando internamente e aveva già chiesto l’armistizio! 1918: vince l’Italia Risorgimentale, che riesce a completare l’unificazione nazionale aggiudicandosi il Trentino, ma perde miseramente l’“Italia della volontà di prestigio”. Come se non bastasse l’orgoglio ferito, le promesse del Patto di Londra vengono disattese. Il Presidente americano Wilson, sopraggiunto come elemento determinante della vittoria anglofrancese (posto che l’Italia non è riuscita minimamente ad aggiudicarsi), non ne vuole sapere e agli impegni presi dai fratricidi europei preferisce i suoi “14 punti”. Inglesi e francesi ne sono più che contenti. L’Italia viene lasciata ai margini, esclusa dalle trattative e dal ridisegno del mondo. Tutto questo intensifica la convinzione diffusa della “vittoria mutilata” italiana. Lo storico Enrico Di Rienzo: “Non fu un semplice mito, la vittoria fu davvero mutilata”, ma non tanto per i limitatissimi compensi territoriali, quanto piuttosto per il fatto che l’Italia non è stata trattata da pari dagli alleati, che invece sono ricorsi a ogni ipocrisia pur di lasciare gli italiani a bocca asciutta . Quali ipocrisie? Tra i 14 punti, veniva impugnato con ostinazione il principio di nazionalità e autodeterminazione dei popoli per impedire agli italiani di colonizzare i Balcani o le isole turche o l’entroterra turco (Smirne, preferendo cederla alla Grecia) o ancora non riconoscendole in seno alla SdN alcun mandato di protezione su alcun territorio in Medio Oriente o in Africa; mentre lo stesso non si poteva dire per inglesi e francesi, ai quali vennero fatte concessioni “a destra e a manca” senza troppo badare al sopracitato principio di nazionalità.  Frustrata / rinnegata l’ambizione italiana a vedersi riconosciuta come GP . Questa bruciante umiliazione sarà una delle cause certe che portò al potere Mussolini nel 1922. La PE fascista, priva di un vero e proprio piano di azione, sarà spregiudicata proprio nel tentativo di riguadagnare lo status perduto. Renzo De Felice e Arianna Rota: prestigio fu un’ossessione che rimase costante durante tutto il Ventennio fascista, che per questo sarà costellato di ripetute “prove di forza” e caratterizzato da esibizionismo muscolare e revisionismo. 1925: Patto di Locarno. Italia riacquisisce posizione di parità tra i grandi. Mussolini promuove la creazione di un Direttorio a “quattro (GB, Francia, Germania nazista e Italia) tra le principali potenze europee, entro il quale l’Italia avrebbe svolto la prestigiosa funzione di mediatrice tra vincitori e sconfitti della WW1 – chi meglio di lei? La vincitrice “mutilata”, la migliore amica della Germania… Mussolini era l’unico, forse, ad avere ancora un’ascendente su Hitler, era l’unico a poter mediare. 10  ma proposta di Direttorio viene bocciata da GB e Francia. In questa fase si sperimenta comunque un ritorno alla “politica del Concerto europeo”, in cui l’Italia – forse per la prima volta – è un’indiscussa protagonista (es. nella Conferenza di Monaco 1938). Attivismo anche della SdN, il cui egualitarismo tra nazioni però cozza con l’ideale di balance of power tra le principali potenze europee . Ma l’Italia aveva le risorse per fare l’“ago della bilancia”? Inglesi e francesi ignoravano gli avvertimenti di Mussolini e ancor più i suoi desideri revisionistici.  Italia si avvicinava sempre più alla Germania per fare pressioni a Fr e GB. Mussolini era convinto di poter mitigare le manie di grandezza di Hitler e al tempo stesso strumentalizzarle nelle sue relazioni con gli anglofrancesi, in modo da intimorirli e ottenere da loro concessioni che avrebbero incrementato il prestigio italiano; ma così ha sottovalutato “la radicalità e l’ingovernabilità” delle ambizioni naziste (Stefanachi). 1936: Invasione italiana dell’Abissinia => isolamento internazionale => instaurato l’Asse Roma-Berlino, che originariamente per Mussolini non doveva essere il preludio di un’alleanza offensiva né incentivare una dinamica di 2 blocchi contrapposti. Visto che gli inglesi rimangono “sordi” alle richieste italiane, Mussolini – convinto che sia improbabile una guerra continentale di lì a pochi anni – spinge sull’acceleratore per persuadere (o ricattare) un’ultima volta gli anglofrancesi => 1939: firmato Patto d’Acciaio con Hitler  Previsioni sbagliate: a settembre Hitler invade la Polonia.  Scoppia la WW2. Mussolini è consapevole dell’arretratezza italiana, specie dopo che ha investito tantissimo – più del necessario – conquistare l’Etiopia con una vittoria gloriosa e indiscutibile e annullare così l’imbarazzo delle sconfitte di Dogali, Massaua e Adua di decenni prima.  Dichiara la non-belligeranza ≠ neutralità! L’Italia si schiera a fianco della Germania ma adotta questo escamotage per procrastinare l’ingresso in guerra. Paura di perdere status di GP + voglia di emulare Hitler perseguendo un’autonoma “guerra parallela” per incrementare prestigio => 1940: l’Italia entra in guerra ancora impreparata, ossessionata dal prestigio, timorosa (come durante la WW1) di perdere la sua occasione di dimostrare a tutti che è una GP.  In conclusione: a determinare la PE fascista (e, in generale, italiana dal 1870) sono…  Ossessione del prestigio (senso di superiorità per la gloria passata) + costante senso di inferiorità (alimentato dall’imbarazzo per le ripetute sconfitte) + estrema suscettibilità / permalosità + amor proprio / orgoglio ferito dagli alleati (vittoria mutilata) 11 = “una passione pericolosa” III^ PARTE - Attuale ‘stato dell’arte’ delle RI riguardo il prestigio Aspetti della politica di prestigio dell’Italia e teoria delle Relazioni Internazionali David Singer e Melvin Small nel 1966 hanno stilato una graduatoria delle principali potenze in base allo status internazionale che veniva loro riconosciuto, basata su numero, prestigio (degli ambasciatori) e livello delle missioni diplomatiche accreditate. L’Italia, dopo l’Unità, ha sempre ricoperto una posizione molto lusinghiera (tra il 3° e 6° posto) e. sempre cooptata – dati alla mano – dal Concerto delle GP europee. Anche se trattata come potenza minore, di sicuro in termini di prestigio si posizionava ben al di sopra delle sue reali capacità economiche. E quindi come si spiega l’insoddisfazione italiana? Fame insaziabile di prestigio o c’è una ratio più profonda? La risposta sta nel fatto che riconoscimento formale ≠ riconoscimento effettivo. Potenze europee invitavano l’Italia più per cortesia e come potenza ‘associata’. Bismarck e Moltke concordavano nel sostenere che “gli italiani hanno appetito ma denti deboli”. Più tardi, von Bülow, ancorché con tono comprensivo e amichevole, definì l’Italia all’interno della Triplice come una “moglie [che] fa giri di valzer con altri uomini” => diffidenza europea. L’Italia scopre amaramente (“una doccia fredda”) l’indifferenza/disprezzo europei tra il 1878 e il 1881, subito dopo il Congresso di Berlino (che preservò l’Impero Ottomano e ridimensionò le conquiste russe). Dopo il Congresso, tutte le GP ottennero qualcosa mentre lei – che non aveva avanzato pretese per non rimanere isolata o (peggio) inimicarsele – era rimasta a “bocca asciutta”…  La Francia si prende la Tunisia (“schiaffo di Tunisi” 1881), calpestando le ambizioni coloniali italiane  il Regno Unito si affrettò a occupare l'Egitto  Austria-Ungheria ottenne il protettorato sulla Bosnia-Erzegovina  La Russia ottenne influenza sulla Bulgaria e sulle regioni del Mar Nero. Poi di nuovo, nel luglio 1914, il Concerto delle cancellerie europee comincia a suonare in un ‘botta e risposta’ di telegrammi che discutono della guerra imminente; ma l’Italia ancora una volta è lasciata in disparte, a conferma di essere una potenza ‘associata’ a mero titolo di cortesia . La formula di PE dell’Italia post-unitaria può essere così riassunta (titoletti usati da Stefanachi stesso):  Grande, anche se non potente  “Azione morale”, “interessi europei”  Grandi come i nostri padri  Esserci, non restare spettatori (1914)  Senza più vivere d’accatto sulle civiltà altrui e all’ombra di grandi popoli fattori della storia  Essere forti per diventare grandi 12 - elemento riparatore dell’orgoglio nazionale ferito (dalle sconfitte di Custoza e Lissa, poi Caporetto e via discorrendo)  Guerra come esperienza dimostrativa, formativa e fortificante . Ma in entrambe le guerre mondiali, l’Italia ha ottenuto effetti opposti a quelli sperati. Giovanni Papini critica chi vede la guerra “come barbaro avanzo di trapassati feroci”, ovvero chi la vede, con accezione negativa, come un rimasuglio primordiale e bestiale dell’uomo, come rimanere immobili o addirittura fare un passo indietro nell’evoluzione. Egli invece la definisce la “massima rivelatrice di infiacchiti, come mezzo rapido ed eroico di potenza e ricchezza”. Condivide Corradini: guerra non come barbara violenza , bensì “ordine morale” e “metodo di redenzione nazionale”  se guerra promette di generare forza / fortificare gli animi, può avere senso andare in guerra perché fa maturare in un popolo capacità ancora inespresse che saranno ancora più rafforzative del riconoscimento internazionale => gloria e prestigio come fondamenta dello status di GP. CONCLUSIONI Prestigio come movente formidabile dell’azione politica, addirittura in grado di convincere i leader a mettere repentaglio la sicurezza del loro paese. Fukuyama e Mearsheimer sono d’accordo nel sostenere la necessità (della scienza politica e delle RI) di riportare il focus sull’uomo e sull’ antropologia politica . Dalla Teoria della politica internazionale di Waltz, l’approccio delle RI ha dato una priorità quasi assoluta alle teorie sistemiche. È però necessario sviluppare anche nuove teorie più focalizzate sullo status, e migliori teorie dell’animo umano e delle sue influenze nell’azione politica (e in PE). Non bisogna fermarsi alle teorie cd. di “prima immagine”, vincolate al binomio anarchia- geopolitica. Mearsheimer è il primo che ritorna sui suoi passi: la sua opera più degna di nota, The Tragedy of Great Power Politics (2001), pienamente inquadrata nella scuola realista, aveva totalmente trascurato il tema del prestigio. Riaggiusta però il tiro con La grande illusione. Perché la democrazia liberale non può cambiare il mondo (2019), in cui pone al centro la natura umana e politica => natura sociale dell’uomo, richiamo alla teoria dell’infante indifeso*. Il prestigio può essere un fattore più che valido anche per studiare l’attuale contesto internazionale di crisi dell’ordine liberale. Molti attori emergenti o ormai emersi sembrano sfidare l’egemonia degli USA al fine di veder riconosciuto il loro prestigio, viste le loro aumentate capacità. Cina in primis, le cui assonanze con le ambizioni di prestigio dell’Italia post-unitaria e fascista sono molteplici: o un grande e glorioso passato imperiale da rievocare + un passato più recente da dimenticare (il “Secolo delle umiliazioni”) => orgoglio ferito. + un forte desiderio di riscatto nazionale. Con la differenza sostanziale che la Cina nuove, imponenti capacità le ha ottenute eccome, tali da concorrere con la prima potenza mondiale. 15 Anche la Russia: o vecchio splendore da civiltà eurasiatica, primo popolo a intraprendere la rivoluzione socialista e a instaurare il comunismo, quello che ha salvato l’Europa da Hitler battendolo sul campo e infine la gloria da superpotenza sovietica e concorrente diretto agli USA + umiliazione della dissoluzione dell’URSS e fuga dei suoi satelliti = perdita di status  orgoglio ferito. A differenza della Cina, però, la Russia non ha nuove capacità da farsi riconoscere… come non le aveva l’Italia. D’altro canto, ciò non ha impedito a quest’ultima di perseguire sempre e comunque lo status di GP. E lo stesso sta facendo Putin. Nota a margine: attori non sono razionali e tutti devono interfacciarsi col prestigio: ► i ricchi perseguono ulteriore ricchezza e cose futili per prestigio ► i poveri soffrono per l’indigenza, ma anche per la loro invisibilità (= assenza di prestigio). 16
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