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Una storia europea, dalla fine del Medioevo ai giorni nostri, Sintesi del corso di Storia Moderna

Mario Rosa, Marcello Verga (riassunto)

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 14/05/2020

marteen7
marteen7 🇮🇹

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Scarica Una storia europea, dalla fine del Medioevo ai giorni nostri e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Mario Rosa, Marcello Verga - Una storia europea (dalla fine del Medioevo ai giorni nostri) 1.1. Dagli imperi agli Stati 1.1 Occidente e Oriente: gli inizi di una lunga storia Il processo di integrazione politica e economica (metà anni 50 del XX sec) all'interno dello spazio geografico chiamato Europa (attualmente comprende 27 stati) trova i suoi tratti iniziali nella divisione della cristianità in un cristianesimo occidentale, di obbedienza romana, e in un cristianesimo orientale, che riconosceva il patriarcato di Costantinopoli; nell'affermazione del dominio ottomano; nella formazione di quei valori che porteranno all'identificazione di popoli e nazioni. A partire dal V secolo è possibile distinguere nello spazio europeo due aree differenti: Europa bizantina (permanere delle strutture dell'impero romano, cultura ellenistica, pensiero classico e chiesa romana significamente soggetta al potere politico) e Europa della cristianità romana (dove le strutture di popoli barbari trovano adattamento e convivenza con il diritto romano e dove i poteri ecclesiastici si mostrano capaci di contendere ai poteri laici il controllo dei territori). In queste regioni occidentali la vita politica è caratterizzata dalla debolezza di un'idea imperiale (presenza di goti, longobardi, franchi, normanni) e nel rapporto contrastato tra il potere politico e quello ecclesiastico – pretesa papale di affermare e far riconoscere a tutti, attraverso la cerimonia dell'incoronazione, la supremazia papale. Questa pretesa e le forti compromissioni del potere ecclesiastico nel governo temporale suscitarono all'interno della Chiesa occidentale spinte per una riforma spirituale (catari; domenicani, francescani). Ciò che caratterizzò l'Occidente fu anche la feudalità (=organizzarsi di un sistema di poteri territoriali delegati dal sovrano a signori locali) creando una fitta maglia di gerarchie e giurisdizioni che danno l'immagine di un'area caratterizzata da poteri territoriali fortemente segmentati + giurisdizioni laiche e ecclesiastiche. In questa rete trovarono spazio le realtà cittadine, che si imposero per la loro ricchezza, la loro capacità di crescita economica e demografica e per i loro specifici ordinamenti politici. Al contrario l'impero bizantino fu colpito dall'espansione islamica (Africa nord e Anatolia) e poi dall'affermarsi dell'impero ottomano. Fu anche condizionato da un difficile rapporto con i regni dell'Europa occidentale e con la chiesa di Roma, con la quale nel 1054 visse lo “Scisma d'Oriente”(per la rivendicazione del primato universale tra il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario e il papa romano Leone IX). Oltre a questo, il contrasto con i bulgari e i russi indebolì le strutture statali, determinando lo sgretolarsi delle strutture finanziarie e militari dell'impero + la conquista di Costantinopoli da parte dei crociati (1204) che diede vita all'Impero Latino d'Oriente, diviso in stati feudali affidati ai capi dei crociati. 1.2 La crisi dei poteri universali in Occidente Nelle regioni dell'Europa occidentale è dalle trasformazioni dei due grandi poteri della cristianità medievale (Impero e Papato) che presero avvio i processi di formazione politica e sociale che hanno caratterizzato i primi secoli dell'età moderna. Fallito il disegno di ciascuno dei due poteri di prevalere sull'altro, si delineò nel XIV sec una fase di incerti equilibri. È però con Carlo IV che l'impero sembra abbandonare il disegno universalistico, concentrando la propria presenza nell'europa centrale. A sua volta il papato strinse nuovi rapporti con l'impero, ma si trovò a scontrarsi con il regno di Francia dove si svilupparono contrasti intorno alla tassazione dei beni ecclesiastici, introdotta da Filippo il Bello, che culminarono con l'emanazione del 1302 della bolla papale Unam Sanctm da parte di Bonifacio VIII – con la quale si rivendicava apertamente il potere universale della chiesa e il diritto del pontefice di intervenire sulle disposizioni del re di Francia; a cui la Francia rispose con il trasferimento della sede papale ad Avignone 1309-1376). Il periodo avignonese segnò nonostante tutto una fase di riorganizzazione delle strutture della chiesa romana e dell'elaborazione di veri e propri concordati che faciliteranno la definizione del potere ecclesiastico e di quello pontificio, rafforzandone la reciproca legittimazione. Il definitivo ritorno del papa a Roma segnò una profonda crisi, sfociata nello “Scisma d'Occidente”/ “Grande scisma” segnato dalla divisione della chiesa in due obbedienze, dal momento che una parte della chiesa occhidentale continuò ad eleggere e a riconoscere, accanto ai papi residenti a Roma anche quelli residenti ad Avignone. Due concili per mettere fine a questa divisione: concilio di Costanza (1411-18) che segnò la fine dello scisma con il riconoscimento delle tesi conciliariste e il concilio di Basilea (1431-38) che lasciava al pontefice larghi spazi di autorità. In questo contesto si vanno delineando spazi ecclesiastici che assumono in qualche modo specifiche funzioni “nazionali”: Chiesa gallicana, Chiesa inglese, Chiesa boema, Chiese della penisola iberica, Chiese italiane. L'emergere di chiese protonazionali trova elementi di rafforzamento nei processi di riorganizzazione dei poteri territoriali, che si definiscono attraverso le guerre che segnano la fine del XIV e gran parte del XV: la Guerra dei Cento Anni (1337-1453) che oppose la Francia e l'Inghilterra in una contesa che finì con la quasi totale espulsione dell'Inghilterra del suolo francese. Queste spinte all'accorpamento territoriale sotto uno stesso potere si sostanziano con la formazione di strutture amministrative capaci di tener insieme territori ciascuno dei quali è dotato di statuti e privilegi. Come le lunghe vicende della Reconquista che iniziarono nel X sec e si conclusero nel 1492 con la conquista di Granada e segnano la definizione di un dominio territoriale castigliano e aragonese (matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona -> successo dei cristiani sui mori e espulsione degli ebrei o la loro conversione) 1.3 Dall'Europa bizantina all'impero ottomano: le vicende dell'Europa balcanica Negli stessi secoli l'Europa bizantina segue percorsi differenti: per l'indebolimento militare dell'impero e per lo sfaldarsi della capacità di governo. Nel 1453 la caduta di Costantinopoli segnava formalmente la caduta dell'impero bizantino che ormai era ridotto solo a un modesto territorio, ma il processo di espansione dell'impero ottomano ebbe il suo culmine con l'assedio che Solimano I pose nel 1529 a Vienna. Tutte le regioni conquistate, abitate da popolazioni cristiane, furono divise in feudi militari, attribuiti a pascià con compiti amministrativi e militari. Tra Quattro e Cinquecento si venne a stabilire una linea di confine che separò nettamente per un lungo arco di tempo l'Europa degli stati cristiani dalle regioni sottoposte all'impero ottomano. Solo nel 1717 la conquista di Belgrado a opera di Eugenio di Savoia a capo delle truppe asburgiche avrebbe segnato un primo e significativo arrettramento della dominazione turca in Europa centrale e balcanica. In ogni caso, rapporti diplomatici, politici e anche culturali furono sempre attivi tra impero ottomano e molti stati dell'Europa occidentale. Il Mediterraneo fu un confine liquido, continuamente attraversato da navi, merci, uomini, informazioni. 1.4 Percorsi diversi. Gli stati nell'Europa della prima età moderna In Europa occidentale e centrale tra fine XV e inizio XVII le grandi trasformazioni degli equilibri politici determinarono il consolidarsi di ampi complessi politico-territoriali sotto un unico potere e dotati di efficaci reti di amministrazione e controllo delle risorse (l'Inghilterra dei Tudor, Francia dei Valois, Spagna dei Re Cattolici e poi degli Asburgo, Russia dei Romanov). Nelle regioni occidentali e centrali dell'Europa e nella Russia in età moderna sono le monarchie a rappresentare il carattere più evidente del quadro politico- istituzionale: questi sono stati che hanno attraversato un lungo e non lineare processo di formazione, costutuitesi a partire da un processo di espansione dovuto a legami dinastico-matrimoniali (le aristocrazie dei grandi stati monarchici europei costituiscono un ceto assai diversificato al proprio interno che, accanto a famiglie di antica origine feudale, accoglie rappresentati delle élite economiche e sociali cittadine e i vertici dei nuovi apparati burocratici) o a conquiste di guerra (allargamenti territoriali e indebolimento delle aristocrazie di origine feudale) – concezione patrimonialistica dello stato e del governo. In questo processo anche il ruolo della Chiesa risulta rilevante: essa concorreva al prelievo fiscale, necessario al mantenimento degli eserciti e al rafforzamento del potere sovrano. Strumento principale dell'espansione dei poteri sovrani fu la creazione di un corpo di “ufficiali” al servizio del sovrano – un processo che passò anche attraverso la diffusione e cofidicazione di un'intensa pratica di vendita delle cariche. Gli “ufficiali” erano legati dalla fedeltà al sovrano, non avevano ancora compiti ben definiti ma si ponevano al servizio del sovrano in cambio di gratificazioni economiche, privilegi o assegnazioni di feudi/pensioni. Inoltre i sovrano dovettero tener conto, nella composizione dei loro consigli/organi di governo dello Stato, dell'esistenza di reti di patronato e di gerarchie radicate localmente capaci di controllare il territorio e le sue risorse umane e economiche. Ebbero un ruolo rilevante nel consolidarsi di nuove realtà statali che si costruirono sulla distruzione dei capacità di imporsi alle preesistenti credenze ma mantenne al proprio interno valori e culti autoctoni. Contemporaneamente si consolidavano strutture di governo e amministrazione delle colonie, nel 1503 si creò a Siviglia la Casa de la Contrataciòn che controllava il traffico commerciale con le colonie e il flusso dei metalli (oro, argento) dalle colonie al porto andaluso. Nel 1524 l'istituzione a Madrid del Consiglio delle Indie diede vita a un organo centrale di governo delle colonie. L'importanzione d'argento aveva superato quella dell'oro ed era diventata più rilevante dopo la scoperta nell'attuale Bolivia delle miniere di Potosì che divennero il principale centro d'estrazione dell'argento e vi fu istituita la Casa de la Moneda con il compito di amministrare l'estrazione del minerale e la sua lavorazione. L'afflusso dell'argento americano è spesso indicato come una delle cause della "rivoluzione dei prezzi" cioè dell'aumento dei prezzi dei generi di maggior consumo nei primi anni del 500. Una delle più gravi conseguenze della conquista spagnola fu il vero e proprio genocidio delle popolazioni native, una delle più spaventose catastrofi demografiche di tutti i tempi (Messico: da 25 mln a 2,5 mln). La conquista mandò in frantumi le civiltà che incontrò, a causa sia del pesante sfruttamento cui gli indios furono sottoposti, sia delle malattie prima sconosciute e diffuse dai nuovi arrivati (vaiolo, morbillo, tifo), sia della crisi complessiva del loro sistema sociale. Seconda metà del 500 Francia e Inghilterra patrocinarono alcune spedizioni alla ricerca di un passaggio a nord-ovest del nuovo continente verso le Indie. Tra queste quella di Giovanni Caboto del 1497 che si spinse a Terranova e poi del figlio 1509 (per conto dell'Inghilterra). Poi quella di Giovanni da Verrazzano nel 1524 per conto della Francia. Esse però non realizzarono insediamenti significativi. Solo nei primi anni del Seicento un gruppo di coloni francesi, guidato da Samuel Champlain, si stabilì in Acadia, l'attuale Nuova Scozia, nucleo iniziale della nuova Francia e nel 1608 venne fondata Québec. Si trattava comunque di iniziative private che dagli anni venti (nei quali si costituì la Compagnia della Nuova Francia) furono sottoposte al controllo della monarchia francese. Sempre in questi anni si rafforzò la presenza francese nelle Antille dove si rafforzò la produzione della canna da zucchero grazie a manodopera di schiavi africani. Le vicende del colonialismo inglese sono caratterizzate dalle "guerre di corsa" combattute da sir Francis Drake (1577-1580) contro le colonie spagnole d'America e dall'assalto al porto spagnolo di Cadice. Nel 1585 sir Walter Raleigh fondò la colonia della Virginia (in onore della regina Elisabetta). Nel 1606 si avrà la costituzione di due compagnie commerciali, una di Plymouth e l'altra di Londra. Intorno anni 20, diffusione di un'emigrazione di dissenters religiosi (coloro che non si piegavano alla Chiesa anglicana). Un primo gruppo, quello dei "padri pellegrini"diede vita alla città di New Plymouth (1620). Negli stessi anni gruppi di dissidenti di ispirazione calvinista all'interno della Chiesa anglicana si stabilirono dell'attuale Massachusetts dove fondarono Boston. In questi territori si diede vita a piantagioni di tabacco, la manodopera fu affidata a coloni bianchi che provenivano dalle file di contadini poveri, disposti ad accettare per 5 anni una condizione servile, per poi diventare piccoli proprietari ma in Virginia la crescita della produzione/consumo del tabacco condusse all'impiego di manodopera schiava africana. La Virginia assunse rapidamente un profilo aristocratico ancorato a una profonda adesione a valori morali e religiosi, rese obbligatoria l'osservanza del Prayer Book, il testo ufficiale della Chiesa anglicana imposto da Elisabetta. Parte del coloni della Virginia finirono per costituire un territorio autonomo, il Maryland concesso da Carlo II a Lord Baltimore. Inoltre gruppi di dissidenti delle chiese congregaliste avevano fondato il Rhode Island e il New Hampshire. Negli stessi anni venti e trenta del Seicento forte presenza olandese organizzata intorno alla fortezza e al porto di Nuova Amsterdam, centro della Compagnia olandese delle Indie Orientali. 1664 guerra anglo- olandese per preminenza commerciale, gli inglesei conquistarono l'intero territorio olandese. Pace nel 1674 riconosceva all'inghilterra il possesso di Nuova Amsterdam (New York). Se nella prima metà del secolo il formarsi di colonie inglesi era spesso legato a fenomeni di emigrazione per motivi religiosi, nella seconda metà del secolo, negli anni della restaurazione Stuart, molte colonie ebbero origine da atti di concessione regia (New Jersey, Pennsylvania-> concessione fatta da Carlo II al quacchero William Penn). L'espansione del dominio inglese non si realizzò tuttavia senza una forte opposizione da parte delle popolazioni indigene. 1675-76 guerra indiana che aveva messo in pericolo le prime colonie della Nuova Inghilterra. L'esito fu la realizzazione di un maggior controllo sui territori e popolazioni da parte della madrepatria che impose l'applicazione degli Acts of Trade e le competenze di un Board of Trade and Plantations che doveva esercitare il controllo sui traffici e le produzioni dei territori. Ripresa di interesse della monarchia francese per i possessi coloniali, in America del Nord l'esploratore La Salle intitolò a Luigi XIV la Lousiana nel 1682 e nel 1697 la Francia strappò alla Spagna il possesso di Haiti dove fu fondata una Compagnia francese delle Indie Orientali. Differente è la storia delle colonie olandesi, la prima espansione coloniale olandese sembrò effetto della crescita economica del Seicento e della grande flotta mercantile che da sola superava tutte le altre flotte europee -> incisiva presenza commerciale e finanziaria dal Baltico al Mediterraneo, all'oceano Atlantico, a quello Indiano. Già nel 1595 navi olandesi occuparono isole dell'indonesia dove si producevano spezie, tagliando fuori la base portoghese di Goa. Fu creata la Compagnia olandese delle Indie Orientali costituita come una compagnia per azioni e dette un forte impulso all'organizzazione del "sistema" coloniale olandese con la fondazione di Batavia, nell'isola di Giava e altri insediamenti. Gli olandesi assunsero il controllo del Golfo Persico e del capo di Buona Speranza (portoghesi). Furono gli unici ad avviare relazioni commerciali, limitate, col Giappone. Solo dagli anni trenta dei Seicento cominciò l'espansione olandese in America: a sud, nel Brasile; a nord intorno al porto di Nuova Amsterdam, poi ceduto agli inglesi. Al contrario in Oriente, solo nel Settecento, dopo la r.f. L'impero coloniale olandese fu occupato dagli inglesi. La pace di Utrecht (1713) e poi quella di Parigi (1763) segnarono il riconoscimento della supremazia inglese nel Mediterraneo e in Europa e il consolidarsi dell'impero britannico in America e Asia. Gli inglesi controllavano l?india, a esclusione di Ceylon (in mano olandese). Fu allora fondata una serie di insediamenti fortificati lungo le coste indiane: Surar, Bombay etc. XVIII sec, nel corso della guerra dei Sette anni, si estese il controllo inglese sul Bengala. Le clausole di carattere economico e commerciale del trattato di pace di Utrecht, con il riconoscimento dell'asiento, cioè del diritto di monopolio della Compagnia inglese dei mari del Sud dell'importazione di schiavi dall'Africa nelle colonie spagnole d'America, e del cosiddetto "vascello di permissione" cioè del diritto di inviare una nave all'anno nelle colonie spagnole per la commercializzazione di prodotti inglesi, sancirono la rottura ufficiale del monopolio spagnolo e l'ingresso di merci e mercanti inglesi in un'area che si rivelò fondamentale per l'avviò del "commercio triangolare inglese" (-> sistema di rapporti commerciali che gli inglesi dal primo Settecento instaurarono tra l'Europa, l'Africa e l'America). I commerci inglesi fornivano alle popolazioni delle coste africane prodotti inglesi o di altri paesi europei in cambio di schiavi che erano destinati al mercato americano, dove erano scambiati con prodotti coloniali (zucchero, tabacco), materie prime e metalli preziosi, poi importati in Europa. Le scoperte geografiche e il colonialismo ebbero un peso determinante sulla coscienza degli europei. La prima grande questione fu l'evangelizzazione delle popolazioni indigene. Il problema di fondo fu quello del riconoscimento o meno della loro "umanità" in quanto vi era la concezione religiosa che identificava l'umanità col mondo europeo e orientale. Erano popolazioni la cui esistenza non entrava nello schema delle tre grandi famiglie umane dei figli di Abramo – dibattito se queste popolazioni avessero o no un'anima e se fossero o no macchiate dal peccato originale. Dibattito per il quale fu dato vita a un'apposita commisione di teologi e giuristi che Carlo V riunì a Valladolid nel 1530: fu necessaria una bolla di papa Paolo III per stabilire che gli indigeni avessero l'anima e quindi fossero uomini da convertire. La conquista spagnola ha distrutto anche le testimonianze stesse delle culture precolombiane, rendendo difficile la conoscenza diretta, non mediata dai filtri dei missionari e dei conquistatori spagnoli, della cultura e dei sistemi politici e sociali. La strategia missionaria impose la conoscenza diretta delle lingue indigene che furono utilizzate nell'opera di conversione e catechesi. L'interesse diretto da parte di gruppi religiosi, in particolare di gesuiti, alla raccolta, trasmissione e traduzione in spagnolo di testi e memorie di riti e culti tradizionali indigeni, alimentò nella cultura europea l'interesse per le culture americane (Storia naturale delle Indie del gesuita José de Acosta). In queste opere si svilupparono i temi del "buon selvaggio" e dell'inserimento delle popolazioni americane nello schema generale dell'"incivilimento" dell'umanità. Temi che trovarono nel Settecento un momento assai alto di elaborazione e di diffusione ad opera della cultura illuministica, quando nell'ambito di una discussione sull'idea di civiltà si vide nel "buon selvaggio" l'unico vero portatore di valori di felicità naturale non corrotti dall'incivilimento. Nel 1799 a Parigi nacqua la "Società degli osservatori dell'uomo": uno dei momenti fondanti della moderna antropologia. Anche la letteratura di viaggio contribuì alla scoperta e conoscenza dell'altro, in particolare nel Settecento che i viaggi nei territori extraeuropei rappresentano un tema di straordinario interesse e successo tra il lettori (relazioni di James Cook, articoli geografici dei numerosi dizionari enciclopedici. La Persia, l'India, la Cina e più tardi la civiltà giapponese, arrivarono a rappresentare per la cultura occidentale un altro modello possibile e realistico di civiltà. Dalla scoperta della diversità si passò alla teorizzazione e mitizzazione di un diverso sistema politico e di organizzazione sociale che troverà in Voltaire, soprattutto in riferimento alla Cina, l'immagine esemplare di uno stato razionale e tollerante, detto dalla saggezza filosofica dei mandarini e dall'autorità di un sovrano imparziale. Nei confronti del mondo orientale la cultura europea era chiamata a misurarsi con civiltà millenarie e raffinate. Per entrare in contatto con loro, la civiltà europea, elaborò forme di sincretismo e di mimetisto soprattutto sul piano religioso e dell'attività missionaria (es. I gesuiti in Cina con la formalizzazione dei "riti cinesi" cioè con il riconoscimento da parte dei missionari di cerimonie tipiche della tradizione confuciana). Nei confronti del Giappone però qualsiasi tentativo di confronto e di penetrazione europea incontrò la forte reazione dell'impero giapponese, che chiuse i propri confini fino alla metà dell'Ottocento. La civiltà occidentale però guardò con diffidenza le società che correvano dai Balcani al Caucaso: in particolare i tartari e le popolazioni ai confini tra Europa e Asia che richiamarono dapprima l'attenzione infastidita di una cultura illuministica razionale e pacifista, che riscopriva ai propri margini l'esistenza di realtà barbariche e violente, e poi sollecitarono una riflessione più attenta sulla realtà dei "barbari" e una conoscenza più puntuale di questi territori/popolazioni. Il confronto tra l'Europa e le altre realtà fuori dal continente diedero luogo a processi che sono stati definiti di acculturazione animale e vegetale -> i nuovi legami tra l'Europa e gli altri continenti trasformato gli ambienti e i quadri naturali delle colture, favorendo lo scambio di prodotti vegetali e animali da un continente all'altro e modificando i paesaggi, le economie, le abitudini e i gusti alimentari. Noti sono gli scambi tra Vecchio e Nuovo mondo: mais, pomodoro, cacao, patata, fagiolini, tabacco, tacchino, caffè, canna da zucchero. Ma anche con l'Asia: spezie, baco da seta, tè. Importante fu anche il ruolo che Asia e Australia ebbero nella diffusione per tutta l'Europa di specie botaniche come tulipano, camelia, gelsomino, eucalipto, salice piangente. La monarchia spagnola per tutti i secoli XVI-XVIII non seppe trovare nei suoi immensi possessi coloniali l'opportunità per una crescita significativa della propria economia e l'invio di ingenti quantità di metalli preziosi alla madrepatria servì piuttosto al alimentare le spese della monarchia e a finanziare guerre (rivolta delle Fiandre, guerre di religione, guerra dei Trent'anni e guerra di successione al trono spagnolo del primo Settecento) e a sostenere l'ingente debito pubblico. Al di là di questi aspetti, il possedimento di colonie diede ai sovrani mezzi finanziari tali da renderli meno dipendenti dalle entrate che provenivano dalle tassazioni delle madrepatrie (spesso soggette a contestazioni). 1.6 Il sistema europeo degli stati tra XVI e XVIII secolo XVI-XVIII affermarsi di un sistema di stati, modelli di organizzazione politica e amministrativa, cultura politica dai tratti comuni. Importante è anche lo sconvolgimento degli equilibri europei dalla frattura religiosa del primo Cinquecento nella cristianità occidentale sia per l'istituziononalizzazione di nuove Chiese sia per lo scontro tra cattolici e protestanti. Perido che si caratterizza per le guerre di religione in Francia (dal 1559), per le rivolte dei domini asburgici delle Fiandre, per la guerra dei Trent'anni (1618-48) che coinvolse larga parte degli Stati europei (Francia, Spagna, Danimarca, Svezia, Italia. Causarono il fenomeno della cosiddetta "rivoluzione dei prezzi" cinquecentesca, un rialzo dei prezzi che investì larga parte delle economie europee. Ci fu una profonda crisi finanziaria, testimoniata dalle bancarotte, in coincidenza con momenti difficili per la politica spagnola: fine delle guerre di religione in Francia e del conflitto con l'Inghilterra, la tregua con i rivoltosi dei Paesi Bassi, la guerra dei Trent'anni, le rivolte in Catalogna, Portogallo etc. Le bancherotte finirono per essere lo strumento di una politica finanziaria che aveva trovato nella dichiarazione di fallimento una forma di alleggerimento del debito pubblico e di regolazione dei rapporti con alcuni gruppi della finanza internazionale (genovesi) che trovarono a corte una possibilità di promozione e legittimazione sociale. Corte che fu organizzata da Filippo II a Madrid. Vicino al sovrano: il valido (il ministro favorito del sovrano) che esprimeva l'articolazione dei gruppi di potere dell'aristocrazia castigliana e delle loro alleanze con le aristocrazie e i ceti di governo degli altri domini della monarchia. A rendere coesa la società spagnola furono i valori della limpieza de sangre cioè la rivendicazione di una genealogia cristiana delle famiglie, non contaminata da sangue ebraico. Nella spagna di Filippo IV si cercò di ridefinire gli assetti politici e istituzionali in particolare grazia al conte-duca di Olivares che si impegnò in una opera di riforma della monarchia al fine di una maggiore integrazione politica delle forza disperse e tra loro assai differenti. Progetto che fallì a causa delle resistenze politiche interne alla corte di Filippo IV e alle fazioni di governo del re + la difficile situazione militare e le rivolte degli anni quaranta in Portogallo, Catalogna, Napoli e Sicilia. La definitiva accettazione dell'indipendenza delle Sette Province Unite (1648) e la pace dei Pirenei (1659) chiudeva la guerra della Spagna con la Francia, avevano segnato la conclusione di un processo di ridimensionamento della forza monarchica. Territori della monarchi asburgica e Sacro romano impero -> furono teatro di uno scontro politico-religioso di dimensioni europee e di un processo di redifinizione degli assetti politico-istituzionali. Processo che si svolse dalla dieta di Augusta del 1530 (sconfitta del disegno imperiale di Carlo V di unificazione religiosa dell'Impero), alla pacificazione di Augusta nel 1555 (che regolava una convivenza tra principi cattolici e protestanti), alle paci di Vestfalia del 1648 (riduzione autorità imperiale, legittimità delle 3 confessioni e riconoscimento di autonomia dell'impero). Una fase cruciale nel Sacro Romano impero e dei territori asburgici (Alta e Bassa Austria, Tirolo, Carinzia, Ungheria) fu la guerra dei Trent'anni. Le paci di Vestfalia segnarono la definizione degli assetti politici del'impero. Si riconobbe la divisione della Germania in cattolica (vicino agli Asburgo) e luterana/calvinista (vicino alla Francia e alla Svezia) e assunse un ruolo definitivo la dieta che riuniva a Ratisbona i rappresentanti degli stati e delle città del Sacro Romano Impero. La casa d'Austra riuscì a realizzare una sostanziale uniformità religiosa e un forte controllo politico. Elementi caratterizzanti della tenuta degli Asburgo furono la volontà di stringere forti legami di solidarietà con le principali famiglie delle aristocrazie dei diversi territori asburgici, uniti ora da una comune appartenenza alla Chiesa cattolica. Anni ottanta del Seicento alcune per dinastie tedesche (i principi elettori del Palatinato renano e della Sassonia) si aprì una delicata questione di successione. L'appoggio dato dagli Asburgo all'affermazione dei rami cattolici di tali dinastie spostò a loro vantaggio gli equilibri dell'Impero. In particolare la politica di Leopoldo I d'Asburgo che riuscì a rovesciare il fronte coi turchi, a contrastare l'espansione di Luigi XIV, a stringere alleanza con l'Inghilterra e a espandere il proprio dominio verso i Balcani e il Mediterraneo. Dopo la vittoria sui turchi del 1683 Vienna divenne la grande capitale amministrativa e politica della monarchia: residenza della corte imperiale, dei consigli, dei tribunali e centro di richiamo delle aristocrazie dei territori asburgici. Europa orientale -> l'impero russo trovò nelle lotte contro i turchi e i mongoli elementi di coesione e identità, anche se nel Settecento con Pietro il Grande e Caterina II si innescò un processo di "occidentalizzazione" delle strutture politiche e istituzionali. Importante fu nel XVI secolo il regno di Ivan IV il Terribile (1533-84) che portò a compimento la conquista degli antichi canati di Kazan e Astrakan. Fu il primo tra i principi di Moscovia a farsi incoronare zar delle Russie nel 1547. Suo principale obiettivo fu la riduzione del potere dei boiardi, cioè quei nobili proprietari terrieri che avevano nella Duma l'organo principale della difesa dei loro privilegi. Contro di loro Ivan promosse una nuova assemblea contrapposta alla Duma, il reclutamento di un corpo militare, sottratto all'autorità dei boiardi, e una riforma dell'amministrazione dello Stato che riservava allo zar il governo delle regioni della Russia centrale. Provvedimenti attuati da Ivan con forte vigore ed energia (da qui appellativo il Terribile), regno che sembrò seguire le linee della costruzione dell'assolutismo occidentale. Alla morte di Ivan IV ci fu un'indebolimento della monarchia che consentì ai re di Polonia, della dinastia Vasa (Sigismondo III e Ladislao VII), l'occupazione di Mosca e la loro incoronazione come zar. La crisi dopo la morte di Ivan IV è nota come l'"età dei torbidi" e trovò sbocco con l'ascesa al trono di Michele Romanov nel 1613 (capostipite della dinastia che regnò in Russia fino al 1917). I tre zar Romanov del Seicento (Michele, Alessio e Pietro I il Grande) fu bloccata l'espansione della Polonia e della Svezia e si consolidò il potere degli zar nei confronti della nobiltà in particolare si accentuarono i poteri di controllo e di intervento sulle strutture politiche e istituzionali. Forti furono le pressioni dello zar sulla Chiesa ortodossa che fu attraversata anche dallo scisma dei cosiddetti "vecchi credenti" in risposta alle novità liturgiche introdotte dal patriarca Nikon. La setta dei vecchi credenti si opporrà a ogni innovazione politica e culturale sostenuta dalla dinastia. Michele riprese l'espansione russa nel territorio di Smolensk e conquistò anche l'Ucraina. La Russia divenne la grande potenza dell'Euroa orientale in opposizione con la Svezia che in quegli stessi decenni attraversava un difficile periodo di politica interna a causa del carattere elettivo della monarchia. Polonia -> il regno polacco-lituano costiva il più vasto stato europeo (dal Baltico al mar Nero, Livonia, Ucraina e Russia Bianca). Qui il potere dell'aristocrazia terriera conobbe un rafforzamento: nel 1505 i sovrani cedettero il Sejm (assemblea dei nobili) il potere legislativo e nel 1572 con la scomparsa di Sigismondo (ultimo della dinastia Jagellone) la stessa assemblea elesse il nuovo sovrano Enrico di Valois (poi Enrico III re di Francia) che approvò gli Articuli Henriciani che riconoscevano alla nobiltà autonomia politica, il diritto di eleggere il sovrano e la libertà di culto per i non cattolici. Con Sigismondo III Vasa (re di Polonia e di Svezia) si attuò una decisa opera di ricattolicizzazione della Polonia e della sua nobiltà, limitando il pluralismo religioso caratterizzato dalla diffusione della confessione luterana, calvinista ma anche degli anabattisti e antitrinitari. La Polonia del Seicento sarà il nuovo baluardo della cattolicità anche contro la Chiesa ortodossa sempre più legata agli zar. Nel 1572 ci fu una svolta istituzionale che pose al centro degli assetti politico-istituzionali l'assemblea dei nobili composta da magnati, proprietari di feudi e una rappresentanza della piccola nobiltà. Il diritto di elezione del sovrano divenne però strumento di corruzione e contrattazione. Repubblica delle Sette Province Unite -> nata dalla rivolta contro la monarchia di Filippo II, trovò le sue ragioni di forza nella capacità dei ceti di governo della repubblica di percorrere la strada di una rapida crescita economica. Infatti l'Olanda seicentesca conquistò una posizione di netta supremazia sulla scena dei commerci extraeuropei grazie all'espansione dei traffici e dei possessi coloniali della Compagnia delle Indie Orientali e in particolare nell'arcipelago indonesiano dove la presenza olandese colpiva gli interessi dell'Impeo portoghese. La compagnia fu fondata nel 1602, la Borsa nel 1608 che diventerà il centro finanziario ed economico, punto di riferimento dell'attività dei mercanti. A guidare questa fase di importante sviluppo economico e sociale fu il Gran Pensionario Jan de Witt, interprete degli interessi della grande borghesia cittadina, una borghesia "pacifista". Le Province Unite cercarono sempre la pace con gli altri territori, anche a costo della cessione (1667) della colonia nordamericana di Nuova Amsterdam. Gli olandesi però dovettero far fronte a una minaccia d'invasione da parte della Francia di Luigi XIV e ricorsero all'apertura delle dighe e a un'abile manovra diplomatica che staccò la Francia dal suo alleato inglese. Le ricorrenti minacce francesi determinarono una svolta negli equilibri politici interni della repubblica, favorendo il successe (a sfavore di Witt)di un partito "militarista", più deciso nella difesa degli interessi olandesi, che si organizzò intorno alla figura di Guglielmo III d'Orange, capitano generale della repubblica. Jan de Witt fu ucciso durante una rivolta popolare che dette un indirizzo apertamente antifrancese alla politica olandese, stringendo rapporti con l'Inghilterra. Sposò Maria Stuart, figlia di Giacomo II, inserendosi nel contrasto tra chi sosteneva la continuità di una monarchia "anglicana" (garante degli equilibri costituzionali e del ruolo del Parlamento) e chi, come lo stesso Giacomo II, perseguiva una politica di restaurazione cattolica e di rafforzamento del potere sovrano sul modello di Luigi XIV. La vittoria del Parlamento inglese comportò il passaggio dell'Orange sul trono inglese in nome del Bill of Rights. In questi ultimi decenni del Seicento l'Olanda rappresentò un'alternativa politica al modello assolutistico, era un'isola di tolleranza tra uomini di fedi e culture diverse e proprio in questo contesto trovò maggior sviluppo il pensiero critico e razionalistico. Inghilterra -> (dalla morte della regina Elisabetta Tudor, 1603, all'insediamento sul trono inglese di Giorgio I di Hannover, 1714), periodo più significativo pieno di trasformazioni politiche e sociali. Alla morte di Elisabetta salì al trono Giacomo I Stuart della famiglia reale scozzese che sanzionò l'unione personale dei due regni che solo nel 1707, con la regina Anna, si unificarono nel Regno Unito. La successione di Giacomo I segnò un mutamento delle linee politiche di governo. I regni di Giacomo I e del figlio Carlo I furono orientati verso un governo assolutistico. Ci fu un riavvicinamento alla Spagna e alla Francia, anche se nel 1627 le truppe inglesi guidate dal favorito del re, il duca di Buckingham, si impegnarono a fianco degli ugonotti francesi. I sovrani Stuart furono contro il ruolo politico del Parlamento e gli strati sociali (gentry, mercanti) che erano rappresentanti nella Camera dei Comuni, attuarono una gestione diretta degli affari di governo; la corte come centro del potere e di definizione degli indirizzi politici; il ruolo determinante di un "favorito" (analogie col valido spagnolo e il cardinale-ministro francese); promozione di un'aristocrazia che traeva il propio status dall'acquisto di titoli nobiliari messi in vendita per far fronte alle esigenze della corona. Sbocco rivoluzionario del 1640; "cause della rivoluzione": sicuramente gli sviluppi del dibattito religioso sotto i primi due re Stuart. La Chiesa anglicana vide il rafforzarsi al proprio interno di tendenze e motivi di dissenso. Dalla Scozia si diffuse in Inghilterra il calvinismo, che andava contro a una Chiesa anglicana che era diventata uno strumento politico nelle mani del sovrano, e conquistò i ceti sociali economicamente più attivi. Oggetto di continue repressioni politiche e religiose, il radicalismo religioso di un'ondata di emigranti per motivi religiosi ovvero i "padri pellegrini" che nel 1620 lasciarono l'Inghilterra per fondare nel Massachusetts la prima colonia nel Nuovo Mondo. Ma altre "sette" si svilupparono in questi primi decenni del Seicento come i livellatori e i quaccheri. Molti contrasti anche nella politica interna degli Stuart. Giacomo I convocò ripetutamente il Parlamento per reperire nuove entrate ma esso rispose solo parzialmente alle richieste del sovrano, anzi, le sessioni in Parlamento divvenero occasioni per critiche e accuse alla politica del re e del suo favorito. La situazione divenne più difficile con Carlo I Stuart (1625-49) quando si fece più forte l'opposizione del Parlamento che negò al re il diritto di riscuotere direttamente i dazi doganali sull'importazione del vino e si oppose all'introduzione di nuove tasse fondiarie. Dopo un altro scontro nel 1629 fu presentata e approvata la Petition of Rights che richiedeva la salvaguardia delle libertà personali dell'arbitrio del governo e il risetto delle tradizionali procedure parlamentari per l'imposizione e l'esazione di nuove tasse. Ma Carlo I sciolse nel 1629 il Parlamento, governando senza più convocarlo fino al 1640. Si avvalse solo del Consiglio privato, del tribunale della Camera stellata, dell'Alta commisione della Chiesa anglicana e di alcuni favoriti contro i quali vi era un'estesa opposizione a causa delle misure fiscali (ship money -> tassa sui traffici marittimi). Opposizione anche per quanto riguarda la politica ecclesiastica che puntò a un rafforzamento del potere della Chiesa anglicana. Nel 1638 rivolta della Chiesa scozzese presbiteriana, che privilegiava un'organizzazione e una disciplina modellate sulla struttura comunitaria calvinista. Carlo I si trovò obbligato a convocare il Parlamento (il cosiddetto "Corto Parlamento") per reperire fondi necessari alla guerra contro gli scozzesi ma con la vittoria di quest'ultimi il sovrano fu costretto a convocare (sempre nel 1640) il cosiddetto "Lungo Parlamento". Al suo interno si manifestò una forte opposizione alla politica di Carlo e con l'appoggio della Camera dei Lord si decise nel 1641 l'arresto dei suoi favoriti e l'abolizione delle novità "assolutistiche". Con la rivolta cattolica in Irlanda a fine 1641 si aprì una nuova questione: quella del comando dell'esercito che doveva reprimere l'insurrezione e se dovesse essere affidato al sovrano o al Parlamento. Nel 1642 scoppiò una guerra civile tra un esercito regio (cavalieri di estrazione nobiliare) e un esercito parlamentare, il New Model Army, organizzato da Oliver Cromwell. Prevalse quest'ultimo e il sovrano si arrese agli scozzesi. Si aprì una fase politica in cui fu abolita ogni forma di controllo della stampa e della diffusione delle opinioni. Prime forme di organizzazione di dibattito politoco e di propaganda che coinvolse strati assai ampi della società. Nacquero anche organizzazioni politiche popolari e determinante fu il ruolo della predicazione religiosa della Chiesa calvinista e presbiteriana scozzese. Il re nel 1647 fuggì presso gli scozzesi e si riaccese la guerra civile in cui vinsero di nuovo le forze parlamentari e si affermò la leadership di Cromwell che si adoperò per la condanna di Carlo I che venne decapitato nel 1649. Nello stesso anno fu soppressa la camera dei Lord e fu proclamato il Commonwealth, cioè l'unione di Inghilterra, Scozia e Irlanda in un unico sistema politico. Soluzione che non pose fine alle divisioni, né alle rivolte e alle opposizioni di scozzesi e irlandesi che avevano riconosciuto come loro legittimo sovrano il figlio di Carlo I, Carlo II Stuart. Cromwell si impegnò a sedare la ribellione attraverso una spietata azione miliare e una repressione anticattolica. Nel 1653 quello che restava del Parlamento apertosi nel 1640 fu sciolto e sostituito da un'assemblea i cui membri furono nominati dai capi dell'esercito. Sciolta anch'essa, nello stesso anno Cromwell prese il titolo di Lord Protettore del Commonwealth, il cui compito era nominare i membri del Consiglio di Stato, plasmare i nuovi assetti istituzionali. Furono reintrodotti forti limiti alla libertà di espressione e di stampa + repressioni e persecuzioni nei confronti dei dissidenti religiosi. Morto Cromwell gli succedette il figlio Richard ma non riuscì a mantenere il controllo delle forze che avevano sostenuto il padre. Si aprì quindi una crisi e fu richiamato nel 1660 Carlo II Stuart che riconobbe il ruolo politico del Parlamento e concesse la libertà religiosa. Centrale, negli anni della restaurazione Stuart, il ruolo politico del Parlamento diviso in due schieramenti: i tories, vicini agli interessi dei ceti agrari e sostenitori del potere sovrano e i whigs, fautori di un ruolo politico più attivo del Parlamento e aperti a forme di tolleranza. In questi decenni (tra la prima rivoluzione del 1640 e la "gloriosa rivoluzione" 1688-89) si svilupparono le più celebri teorizzazioni della cultura politica dell'età moderna (Hobbes e Locke). Morte di Carlo II, nuove tensioni tra la dinastia e il Parlamento. Salì al trono Giacomo II (1685-1689), fratello di Carlo, cattolico sposato con la cattolica Maria Beatrice d'Este. Egli promulgò una nuova Dichiarazione d'Indulgenza che abrogava le disposizione del Test Act (voluto dal Parlamento, obbligo per i servitori della corona di giurare fedeltà alla Chiesa anglicana). Ciò suscitò la forte reazione dei vescovi anglicani e del Parlamento. In questa situazione il Parlamento si mantenimento delle tradizioni ortodosse russe. Dopo qualche decennio lo zar Pietro I avviò una nuova riforma della Chiesa russa per eliminare/contenere i poteri del patriarca infatti dopo la morte di Adrian nel 1700 lo zar non elesse un successore ma solo un luogotenente del patriarca fino all'elimininazione della figura e all'elezione di un collegio di natura burocratica, il Sacro Sinodo. Si compiva un processo simile a quello riscontrato tra XVI e XVII sec nei paesi nei quali la Riforma religiosa concise con la costituzione di Chiese "nazionali" e con il controllo del sovrano su di esse. Lo stesso zar Pietro fu riconosciuto dalla Chiesa come vescovo dei vescovi. Ulteriore accentuazione nel XVIII sec con Caterina II che ottenne dal sultano il riconoscimento del protettorato russo sugli ortodossi dell'impero ottomano. Nelle regioni ortodosse sottomesse dall'impero ottomano la nascita di Chiese indipendenti dal patriarcato portò nel XIX sec alla crescita di fermenti di indipendenza nazionale dall'impero ottomano e alla crisi politica di questo. 2.2 Europa cattolica/protestante Inizio Cinquecento la cristianità legata a Roma viene segnata da una frattura mai più sanata. Già a fine Quattrocento si erano sviluppate tendenze di riforma delle istituzioni ecclesiastiche e della spiritualità cristiana, a causa della corruzione della Curia romana. Tendeze che si svilupparono anche all'interno di quest'ultima. Il concilio V Lateranense del 1513 fu occasione per il manifestarsi di queste tensioni che non trovarono soluzioni da parte del pontefice Leone X (Giovanni de Medici). Un ruolo fondamentale ebbe l'opera di Erasmo da Rotterdam che sembrò impersonare due elementi centrali della nuova cultura religiosa del primo Cinquecento: la critica alle pratiche tradizionali di culto e agli intrecci mondani della Chiesa (Elogio alla follia) e la preoccupazione di dare vita a un cristianesimo ispirato alla lezione evangelica e a un profondo intento morale. In questo clima l'avviò della riforma di Martin Lutero, monaco agostiniano, professore di teologia all'università di Wuttenberg, che sentiva in maniera drammatica il problema della salvezza (si ispirava alla lettera di san Paolo ai Romani). In un viaggio a Roma poté constatare la decadenza della Curia romana, e l'occasione di una vendita di indulgenze in Germania da papa Leone X per finanziare la costruzione della basilica di S. Pietro, fecero scattare una denuncia delle pratiche religiose della Curia, esposta in 95 tesi pubblicate nel 1517 dove anzitutto si respingeva l'autorità del pontefice nell'estensione delle indulgenze alle anime dei defunti. Il pontefice e la Chiesa non avevano autorità sul Purgatorio perché la salvezza era una questione individuale. Il suo pensiero trovò molta risonanza in Germania ma la Chiesa di Roma lo condannò come eretico e dopo essere bandito come eretico dalla Dieta di Worms trovò rifugio presso il suo sovrano Federico il Saggio di Sassonia. Tradusse l'Antico e il Nuovo Testamento dando così vita al primo capolavoro della tradizione letteraria tedesca. Si dedicò all'organizzazione del suo movimento grazie anche all'appoggio di principi e città favorevoli ai nuovi indirizzi religiosi che alla Dieta di Spira del 1529 protestarono contro la decisione della maggioranza e dell'imperatore Carlo V di proibire ogni innovazione religiosa ispirata a Lutero (da qui "protestantesimo", nome dato a tutte le chiese e movimenti nati dalla Riforma del 1517). Nel 1530 alla Dieta di Augusta il movimento luterano presentò ad opera di Filippo Melantone (umanista tedesco seguace di Lutero) un testo organico della nuova fede, noto come Confessio Augustana. Lutero precisò e chiarì i suoi orientamenti nella Dieta di Worms del 1546 dai quali si sviluppò la Chiesa luterana, le cui strutture si consolidarono in una vasta area della Germania trovando riscontro tra i principi tedeschi e i patriziati che attuarono una secolarizzazione dei beni ecclesiastici. Il modello della chiesa tedesca riformata trovò conferme in molte aree europee nelle quali si istituirono chiese nazionali ispirate alla riforma luterana (Danimarca, Svezia, Inghilterra dei Tudor). In altre aree l'adesione alla Riforma fu opera di singoli predicatori come Calvino a Ginevra. In queste aree si configurò un conflitto non solo tra cattolici e riformatu ma anche tra differenti interpretazioni della Riforma (Calvino vs. Zwigli). 1555 pace di Augusta (atto di Carlo V): lasciava ai principi e ai governi delle città libere la scelta della confessione ufficiale sulla base del principio del cujus regio ejus religio e sul rispetto di un accordo in base al quale le secolarizzazioni delle proprietà ecclesiastiche cattoliche effettuate dai protestanti prima del 1552 sarebbero state legittime. Coloro che non avessero aderito alla confessione del proprio principe esilio o perdita dei loro beni. Pace che non pose fine alle contrapposizioni religiose in particolare tra cattolici e calvinisti. Il calvinismo da Ginevra si era diffuso in Francia, Germania nord-occidentale, Paesi Bassi, Scozia, Boemia e si presentava come un modello di Chiesa fortemente coeso dal punto di vista dell'organizzazione della comunità ecclesiale e dall'adesione a una forte ortodossia. La diffusione del calvinismo portò fratture e crisi religiose e politiche. In Francia l'incapacità della corona di mediare tra la maggioranza cattolica e una forte minoranza calvinista (ugonotti) aprì un quarantennio di guerre civile che si concluse con l'ascesa al trono di Enrico IV di Borbone convertitosi al cattolicesimo e l'emanazione dell'editto di Nante (1598). Nei Paesi Bassi la diffusione del calvinismo portò alla formazione delle Sette Province Unite e al loro riconoscimento nel 1648 nel contesto delle paci di Vestfalia. In Inghilterra nel 1534 con l'Atto di supremazia di Enrico VIII prese vita la Chiesa anglicana sotto il controllo diretto del sovrano che soppresse gli ordini religiosi e sotto i successori Enrico IV e Elisabetta I furono cancellati alcuni elementi della dottrina cattolica. Si consolidò in particolare con Elisabetta (1558- 1603). La repressione contro i cattolici si tradusse in un antipapismo, alimentato, fino al XIX sec, dall'esclusione dei cattolici dalla vita pubblica e politica del regno. Nel 1605 i cattolici tentarono di far saltare per aria il Parlamento (congiura delle polveri). In Scozia e in Inghilterra la diffusione del calvinismo portò a scontri con la chiesa istituzionale. In Scozia la rivolta di John Knox allontanò la regina Maria Stuart; in Inghilterra i puritani – corrente interna alla chiesa anglicana di orientamento calvinista – furono i protagonisti della prima rivoluzione 1640-49, dell'abolizione della monarchi Stuart e della proclamazione del Commonwealth. La restaurazione Stuart del 1660 e l'avvio della monarchia parlamentare (Maria e Gugliemo d'Orange) ristabilirono la preminenza della Chiesa anglicana. La Chiesa romana si impegnò in un'opera di ridefinizione dottrinale e di riorganizzazione disciplinare. Il Papato decise di affrontare questioni dottrinali da tempo dibattute sulla grazia, sulla lettura personale dei testi sacri, sui sacramenti, ruolo del sacerdozio, contro le pressioni di Carlo V per l'apertura di un concilio che risolvesse le questioni sollevate dai riformatori. Ma la Curia romana mantenne una chiusura nei confronti della Riforma. 1545 si aprì il concilio di Trento che si concluse nel 1563 con la promulgazione nel 64 della Professio Fidei Tridentina con Pio IV che fu lo strumento principale insiema all'Inquisizione Romana dell'ortodossia nei confronti degli eretici. I decreti tridentini ribadirono le basi della dottrina cattolica (salvezza, sette sacramenti, in particolare quelli della penitenza, eucarestia e sacerdozio). Particolare attenzione al sacramento del matrimonio. Per i protestanti il matrimonio non era più un sacramento ma un contratto sociale e morale rilevante in quanto fondamento del nucleo familiare (abolizione celibato ecclesiastico). La Controriforma portò a un nuovo modello di matrimonio definito nel decreto Tametsi del concilio di Trento. Prima del concilio il matrimonio era un contratto tra due persone dietro le quali forte era il peso delle rispettive famiglie, l'aspetto religioso accompagnava solo. Dopo il concilio di Trento fu l'istituzione ecclesiastica a governare rigidamente tutte le fasi del matrimonio. Ciò portò a un mutamento della vita sociale, alla validità dei cosiddetti matrimoni clandestini, che facevano a meno del consenso delle famiglie di appartenenza. Questo punto sarà al centro di forti contrasti tra Chiesa e potere politico. L'applicazione dei decreti conciliari e gli interventi dell'Inquisizione nell'Europa cattolica dipesero dal consenso e dall'appoggio che a questi vollero dare ai singoli stati. Consenso e appoggio non erano scontati in quanto sancivano una capacità di intervento del Papato sulle Chiese e sulle gerarchie locali mai riconosciuta o solo tollerata fino a quel momento. Molte resistenze alle misure di riorganizzazione che colpivano i tradizionali poteri di controllo e di interveto dell'autorità politica sui modi e sulla presenza della Chiesa nelle istituzioni e nella società. Solo nel 1614 i decreti tridentini furono accettati in Francia. Anche nella Repubblica di Venezia e in Spagna (e nei suoi domini italiani) l'accettazione dei decreti tridentini passò attraverso delle trattative che salvaguardavano le prerogative regie e le funzioni di controllo sulle istituzioni ecclesiastiche. Anche in Toscana trattative tra i Medici e il Papato, con il risultato finale di contribuire al consolidamento del nuovo stato. In queste vicende appare centrale la volontà dei poteri pubblici e dei sovrani tra XV e XVI sec di disporre di possessi al cui interno vi fosse una omogeneità confessionale. Solo a specifiche condizioni era concessa una limitata libertà di culto alle minoranze religiose (per gli ebrei già da tempo erano stati codificati sistemi di regole). Chi non intese aderire alla confessione del principe furono costretti o all'abiura o all'esilio. Nei domini degli Asburgo tra Cinque/Seicento l'opera di ricattolicizzazione (cappuccini/gesuiti) comportò l'esilio di nobili e di chi aveva aderito al luteranesimo e la loro vittoria in Boemia (Montagna Bianca 1620) determinò l'eliminazione fisica o esilio o conversione al cattolicesimo dei nobili e calvinisti. In Francia l'editto di Nantes del 1598, revocato nel 1685 quando migliai di ugonotti lasciarono il paese per rifugiarsi in Olanda, Inghilterra mentre coloro che rimasero in Francia rimasero senza alcun diritto di culto fino all'editto di tolleranza (1787). In Spagna la Reconquista aveva portato all'espulsione degli ebrei. Qui il Tribunale dell'Inquisizione era legato al potere sovrano e fu essenziale per la difesa dell'ortodossia cattolica e per l'eliminazione sul territorio dei non cristiani: ebrei, islamici, falsi convertiti. In Italia la decisione della Curia di rompere ogni dialogo con la Riforma e la svolta tridentina rappresentarono la chiusura di uno scontro religioso che si era espresso anche nell'organizzazione di Chiese vicine alle posizioni di Zwingli e di Calvino (Lucca, Siena, Venezia, Ferrara, Modena), si erano diffuse forme clandestine di predicazione e di propaganda di ispirazione riformata. A Ferrara fiorirono grazie all'appoggio di personaggi appartenenti alla dinastia regnante come la calvinista Renata di Francia, moglie di Ercole II d'Este che ospitò lo stesso Calvino. A Lucca invece numerose famiglie preferirono emigrare a Ginevra piuttosto che conformarsi all'ortodossia cattolica. A Vicenza forte presenza di anabattisti. Un'altra parte rimasta in Italia si chiuse nell'accettazione della disciplina romana e nella dissimulazione delle proprie convinzioni religiose adottando un atteggiamento "nicodemico" (termine utilizzato in senso dispregiativo da Calvino ricavato dal nome del fariseo Nicodemo che andò a visitare Gesù di notte e in segreto divenne suo discepolo). Nei paesi della Riforma il consolidarsi delle Chiese "nazionali" provocò a sua volta i propri "eretici" cioè riformati che manifestavano orientamenti differenti e spesso più radicali nei confronti delle Chiese istituzionali. In Inghilterra la Chiesa anglicana si trovò a contrastare una forte presenza calvinista. Un gruppo di puritani cercarono rifugio in America fondando New Plymouth e Boston. Ma si diffusero altre sette radicali dissidenti come i quaccheri guidati da George Fox. L'Atto di tolleranza del 1689 dopo la vittoria del Parlamento sugli Stuart riconobbe la legittimità delle sette dissidenti dalla Chiesa anglicana ma non la libertà religiosa per i cattolici. Nella Germania luterana alla Riforma si ispirarono i promotori della guerra dei contadini che espressero in 12 articoli le loro richiese di rinnovamento religioso e sociale ma furono sconfitti dalle truppe dei principi territoriali. Presenti anche gli anabattisti che praticavano la pratica del battesimo per gli adulti. Movimento che fu schiacciato nel 1535 a Munster dove aveva dato vita a un esperimento politico e religioso basato sulla comunità dei beni e la poligamia. Si disperse poi nei Paesi Bassi, nell'America sett, in Inghilterra, Polonia. Solo in alcune aree si sperimentarono forme di convivenza tra fedi religiose differenti. La pace di Augusta del 1555 non risolse i conflitti religiosi tra cattolici e protestanti, troppe tensioni e il Papato voleva riconquistare i suoi antichi fedeli. Inoltre si ebbero le guerre di religione in Francia, la rivolta antispagnola nei Paesi Bassi, le vicende scozzesi. Nel 1618 gli orientamenti cattolici di Ferdinando II d'Asburgo provocarono la rivolta della nobiltà boema di confessione calvinista che aveva nel 1609 la Lettera di Maestà dell'imperatore Mattia per il libero esercizio del culto. Contro gli Asburgo si mobilitò la Lega evangelica guidata dal calvinista Federico V, principe Elettore del Palatinato insieme ai principi protestanti dell'Impero. Mentre Ferdinando d'Asburgo aveva l'appoggio della Spagna e del Papato. Questa è la fase iniziale della guerra dei Trent'anni (1618-48) che successivamente coinvolse Danimarca, Svezia, Francia. Le ragione andavano oltre le dispute religiose. Le clausole delle paci di Vestfalia relative alle confessioni religiose nell'Impero riconoscevano la professione cattolica, luterana e calvinista e dichiaravano legittime le secolarizzazione dei beni ecclesiastici cattolici effettuate dai protestanti fino al 1624 + riconosciuto il possesso dei beni di coloro che non avessero voluto seguire la confessione dominante nel proprio stato o città ad eccezione dei territori degli Asburgo e del Palatinato renano (fede ammessa solo cattolica). Ultima guerra combattuta per motivi religiosi. Altre novità sul piano culturale, politico e sociale a fine Seicento. Nel campo cattolico il giansenismo che si richiamava alla Chiesa primitiva e alla dottrina di Sant'Agostino che rappresentò il punto di partenza di un processo di riflessione e dibattito sui temi dottrinari della grazie e del libero arbitrio ma anche sul ruolo di vescovi/parroci. In particolare le proposte di Ludovico Antonio Muratori rappresentarono un'istanza di riforma culturale, religiosa, morale, rivendicando la responsabilità morale e civile del clero e dei fedeli. Proposta accolta con interesse da parte del papa Benedetto XIV ma poi respinta dalla Chiesa quando più duro si fece lo scontro tra questa e le politiche giurisdizionalistiche di molti sovrani cattolici: Carlo III di Borbone di Spagna, Giuseppe II d'Asburgo e suo fratello Pietro Leopoldo granduca di Toscana. In questi stati le Metà Cinquecento, dopo le tensioni religiose, in Europa emerge una cultura politca volta alla "stabilizzazione" e "conservazione" degli equilibri politici e religiosi. Questa fu l'ispirazione di fondo deilla "ragion di Stato" che mirò a definire e giustificare gli strumenti e i fini del potere e a comporre i conflitti e le tensioni che potessero emergere all'interno di ogni stato. Non a caso i teorici della "ragion di Stato" (Giovanni Botero) davano sostegno all'assolutismo dei principi e dell'ortodossia religiosa. Riflessioni sulla politica e sulla società ma anche di difficoltà di esprimere liberamente le proprie scelte religiose e culturali e di diffusione di atteggiamenti di dissimulazione sul piano religioso, politico e culturale, con l'adesione formale alle ragioni del principe, alla cultura – consapevolezza dell'irriducibilità di una dimensione interiore di libertà culturale. Queste linee di riflessione alimentarono un filone culturale il "libertinismo". In Italia e Francia, libertini come Naudé o La Mothe Le Vayer, le cui affermazioni di scetticismo rappresentarono una rottura con gli orientamenti politici e religiosi dominanti. In questo contesto si pongono anche le basi della moderna critica filologica, applicata anche ai testi sacri, critica delle fonti e delle interpretazioni della sotira. Studiosi di diversa collocazione politica e religiosa si sentirono legati da una comune appartenenza alla "repubblica delle lettere", da un continuo scambio di informazioni erudite e di idee. Per quanto riguarda i rapporti tra gli stati emerge una prima definizione di un diritto internazionale al quale avrebbero dovuto attenersi i nuovi stati europei, usciti dalle guerre del XV e XVI sec. Ugo Grozio (De jure belli ac pacis, 1625), negli anni della guerra dei Trent'anni, sollevò il tema della razionalità di norme generali che dettassero i comportamenti di uno Stato verso un altro. Dalle teorizzazioni di Grozio, Hobbes, Locke, il tema centrale fu il tentativo di trovare un fondamento storico e razionale allo Stato nella ricostruzione dell'origine della società. A partire dalla teorizzazione di uno stato di natura (che sia pacifico come nel mito dell'età dell'oro o che sia lo stato dell'homo homini lupus di Hobbes) si identificò in una convenzione l'origine del patto politico che dà luogo allo Stato. Fu una visione che servì a sorreggere sia l'esaltazione dell'assolutismo sovrano (Hobbes) sia la teorizzazione di un potere costituzionale (Locke). Queste idee del giusnaturalismo avranno origine e larga diffusione nelle aree protestati dell'Europa seicentesca, mentre nei paesi cattolici la diffusione delle opere fu contrastata. Si affermò la convinzione che oggetto dell'azione dell'autorità sovrana dovessero essere settori sempre più ampi della vita sociale: sanità, istruzione, cultura (prima riservati ai poteri ecclesiastici). Il "benessere", la "pubblica felicità", la buona "polizia dei costumi"- fini dello Stato che avrebbe dovuto perseguire con leggi e regolamenti. Uso assai diffuso di termini come "Stato di polizia" e "pubblica felicità" che rimandano a una visione della società e a una cultura politica che si nutrirono della volontà di costruire un nuovo rapporto tra politica e cultura. "Polizia" esprimeva una volontà di regolamentazione e progettazione di una società più efficiente e "sicura". Alla polizia spettavano i compiti di assicurare l'igiene, l'illuminazione delle città, controllo dei traffici ma anche organizzazione delle scuole, controllo dei membri del corpo sociale, crescita del grado di "civiltà". La "pubblica felicità" rappresentò invece una sorta di idea-forza, capace di unificare tendenze assai diverse tra di loro. Con Ludovico Antonio Muratori, metà Settecento, la "pubblica felicià" rappresentava una sorta di ideale religioso che doveva pervadere l'azione del sovrano e guidare le riforme emanate per il bene di tutti i sudditi. Nella seconda metà del secolo invece la "pubblica felicità" si identificò con la "felicità" del "maggior numero possibile" cioè il benessere materiale e morale del maggior numero possibile di individui non di una società indistinta. Questa mutazione è indicativa di un cambiamento del modo di pensare la società - abbandono di una visione olistica e di una una sua lettura come insieme di corpi ma scoperta della centralità dell'"individuo" che si connota per il suo carattere sociale e le sue passioni. Si afferma un'antropologia basata sull'analisi dei comportamenti personali e sociali (temi che hanno centri di produzione e diffusione in Europa centrale, occidentale ma penetrarono anche nei paesi del Nord [Svezia] ma anche in Polonia, Ungheria [biblioteche aristocratiche, testi degli illuministi francesi]). Europa settecentesca – affermarsi di una cultura e di un linguaggio nuovi dell'economia e delle sue "leggi". Già nel Cinque/Seicento grande attenzione rivolta ai meccanismi e alle basi teoriche dell'economia: dalla riflessione della "rivoluzione dei prezzi", alle cause e manifestazioni delle crisi economiche. Si andò sviluppando una riflessione più ampia dell'analisi economica: studiosi come Malestroit (Le paradoxes sur le faicr des monnayes), Jean Bodin, Bernardo Davanzati (Lezione della moneta), Montchrètien (Traicté de l'economie politique) – apparse per la prima volta l'espressione "economia politica". Fino alla definizione in Francia, negli anni del ministero di Colbert, del mercantilismo (orientamento di politica economica). Si riconobbe nel Settecento una sorta di autonomia dell'economia: compito dell'autorità sovrana non è quello di intervenire, turbandone le leggi e i meccanismi ma di assecondare la naturale ricerca del soddisfacimento del proprio interesse, cioè nel benessere della maggior parte possibile dei componenti della società. Come nella "favola delle api" di Bernard Mendeville secondo la quale il soddisfacimento delle passioni private è esso stesso una "pubblica virtù", nella misura in cui assicura la crescita complessiva della società. Rottura della visione tradizionale dei compiti e degli interventi dello Stato nella regolamentazione dell'economia – crescita complessiva della produzione e della ricchezza del paese. Oggetto di importanti discussioni fu la fissazione del tasso legale di interesse e di cambio della moneta, la regolamentazione del sistema di credito e di circolazione dei capitali. Allo Stato competeva ora l'eliminazione di vincoli corporativi e regolamenti restrittivi del commercio interno e internazionale e di vincoli legislativi al libero godimento e commercio della proprietà – "autonomia" degli interessi economici. Nella politica Settecentesca linee che saranno destinate a grande fortuna nella cultura dell'Otto/Novecento. In Montesquieu (Spirito delle leggi, 1748) attenzione ruvolta a un'analisi comparata delle costituzioni europee e alla teorizzazione di un sistema politico moderato nel quale è fondamentale il ruolo di un'aristocrazia ereditaria e l'adozione di una dividione dei poteri: esecutivo, legislativo, giudiziario. In Rousseau centrale è l'individuo con le sue passioni pensato e realizzato come parte del tutto. Il carattere naturale dell'individuo e delle passioni e gli elementi democratici insiti nel pensiero di Rousseau acquistano valore all'interno di questa visione totalizzante della società – testimonianza di una sensibilità nuova che si nutre di un sentimento di estraneitò e di opposizione agli ideali di "felicità" e "socievolezza" che ispiravano la cultura illuministica. Riflessione che approdò sa un lato alla delineazione di una civiltà europea dai tratti comuni, dall'altro alla definizione di una geografia dei popoli costruita sui caratteri nazionali. Europa orientale e regioni sottomesse all'impero ottomano – impegno rivolto alla codificazione di lingue letterarie nazionali come elemento essenziale di riconoscimento identitario. 3.3 Culture e nazioni nell'Europa orientale e balcanica Europa orientale e balcanica produzioni e dibattiti culturali intorno al XIX sec – riconoscimento di culture nazionali ciascuna legittimata dalla storia e dal carattere proprio della nazione // esito di processi diversi da quelli che ci furono in europa occ anzitutto perchè nell'Europa ortodossa e nelle regioni balcaniche soggette all'impero ottomano, solo tra XVIII e XIX sec si assistette alla definizione di lingue letterarie "nazionali". Il processo di una codificazione di una lingua letteraria coincise con l'apertura e l'appropriazione di motivi culturali occidentali. Nel 1710 Pietro I di Russia introdusse l'alfabeto civile che segna lo stacco dallo slavo- ecclesiastico. Processo di occidentalizzazione della cultura e società russa soprattutto sotto Caterina II. Esito più rilevante di questa apertura alla cultura occidentale nel 1790 il Viaggio da Pietroburgo a Mosca di Radiscev che traspose alla realtà russa le idee di diritto e di giustizia sociale , denunciando gli orrori della servitù della gleba. Paesi balcanici soggetti all'impero ottomano, elemento in comune nella formazione di una cultura nazionale: il lento affermarsi e consolidarsi di lingue letterarie che si staccano dallo slavo e dal greco liturgico. In Romania già a metà del XVI sec il ricorso di una lingua volgare, processo di divaricazione culturale: Transilvania, religione della cultura latina e di fede cattolica; la Moldavia e la Valacchia rivolte verso l'area e la cultura greca. Esito di questi processi fu una forte laicizzazione della cultura. Scuola latinista in Transilvania: accentuato interesse per le origini latine del popolo rumeno e della sua lingua. Bulgaria: letteratura religiosa, influenzata da Bisanzio e scritta nel bulgaro paleo-slavo, si accompagnò all'uso di una lingua parlata che solo nella seconda metà del XVIII sec venne trovò le sue espressioni letterarie di buon livello grazie al processo di codificazione linguistica che si protrasse fino al riconoscimento con il congresso di Berlino del 1878 dell'indipendenza della Bulgaria. La Croazia nella prima età moderna legata alla cultura veneziana; la Serbia dopo la conquista ottomana processo di decadimento culturare. Solo a partire dalla fine del XVIII sec la fioritura di una letteratura volta a esaltare i carattero slavo della nazione serba. In Croazia invece le aspirazioni a una letteratura nazionale trovarono le basi nella rivendicazoine di un'identità e una cultura croata nell'opposizione alla politica di Giuseppe II Asburgo e nel malcontento per l'annessione al regno di Ungheria. Movimento dell'Illirismo che rivendicava l'origine illirica dei croati. 3.4 Tra i lumi e il romanticismo: dal cosmopolitismo all'Europa delle nazioni Metà XVIII il centro della riflessione della grande cultura europea furono il concetto e significato di "civiltà" come valore fondante dell'identità europea, di una società caratterizzata da alto livello di educazione e raffinatezza di costumi e dall'adozione di modelli sociali e politici comuni. Tale concetto di civiltà si era forgiato nei centri forti della produzione intellettuale dell'Europa occidentale che da un lato riconosceva l'origine germanica e nordica di molti istituti e costumi europei e dall'altro si confrontava con il tema dell'identificazione e delimitazione delle proprie frontiere a oriente, verso quei territori dove popolazioni come i tartari o i cosacchi portate all'attenzione dell'opinione europea dall'emergere di importanti crisi politico-militari: rivolta di Pugacev, conflitto russo-turco etc. Il confronto con queste popolazioni e la riscoperta del passato non romano del continente incisero col configurarsi dell'idea di "civiltà". Essa concorse all'emergere di un clima culturale chiamato romanticismo. Clima che trovava ispirazione nella riscoperta di un "gusto gotico" e nella rielaborazione di miti e leggende del mondo germanico e nordico. Uomini di cultura, governo, nobiltà e ceti dirigenti "illuminati" si riconoscono in uno stesso sentirsi europei, nella condivisione di ideali e stili di vita e in un cosmopolitismo che si ritrova nella centralità della civiltà europea. Si definirono in questo contesto élite che ebbero in comune letture, modi di vita e forme di socialità (es. Logge massoniche) legate da una reciproca frequentazione personale e famigliare, favorita dalla moda dei viaggi. Consolidarsi dell'uso della lingua francese come lingua dello scambio intellettuale. Il tema del costituzionalismo assunse un rilievo particolare. Nell'Europa continentale la "costituzione" rimandava anzitutto al rispetto delle cosiddette "leggi fondamentali", leggi e consuetidini non scritte che sanzionavano l'origine pattizia della sovranità e il ruolo di mediazione delle aristocrazie feudali e dei patriziati cittadini. Il costituzionalismo settecentesco mostra da un lato l'affermazione di principi protoliberali, di limitazione della sfera della sovranità e del suo esercizio; dall'altro una difesa dei privilegi di governo e degli strumenti di intervento pervasivo del potere sovrano. Questo secondo punto fu al centro di dibattiti e scontri politici: territori della monarchia asburgica, Francia di Luigi XV, Brandeburgo-Prussia, Corsica. Il tema della costituzione si intreccerà con un'altra nuova realtà: la nazione, intesa come realtà profonda di un paese e del suo popolo. Gli anni e le esperienze dell'impero napoleonico rappresentano uno snodo essenziale per la comprensione dell'emergere di questa nuova idea e realtà di nazione. 4. Rivoluzioni atlantiche, costituzionalismo e nazione in Europa tra XVIII e XIX sec 4.1 Rivoluzione americana Avvio della rivoluzione americana va inserito in un duplice scenario: il contesto delle colonie inglesi del Nord America (con le loro origini, tradizioni religiose, esaltazione del colono, contadino, soldato capace di difendere la propria terra) e i rapporti tra queste colonie, i loro ceti dirigenti e l'Inghilterra. America del Nord il possesso coloniale inglese si era consolidato a partire della seconda metà del Seicento dopo la vittoria sui coloni olandesi e sugli indiani. Settecento sviluppo economico e demografico, maggiore articolazione sociale, crescita di città e gruppi dirigenti. Dopo la guerra dei Sette anni Lord Granville (ministro degli esteri inglese) cercò di scaricare sui coloni il peso del mantenimento militare dell'esercito imperiale introducendo nuove imposte: Sugar Act (1764), Stamp Act (1765) che imponeva una marca da bollo sugli atti legali , commerciali e su titti i giornali. Opposizione da parte dei coloni che portò all'affermazione del principio, come si legge nella Dichiarazione del Congresso dei delegati di nove colonie riunite a New York (1765) che è illecito il fatto che siano imposte tasse agli inglesi senza il loro consenso per mezzo di rappresentanti. Il Parlamento inglese riaffermò la condizione di sudditanza delle colonie nei confronti della "Corona imperiale" e del "Parlamento della Gran Bretagna" ribadendo il diritto di imporre tasse (Declaratory Act). La tensione si manifestò nel boicottaggio delle merci inglesi come nel 1773 in un'azione dimostrativa contro il diritto della Compagnia delle Indie Orientali di vendere direttamente il tè nelle colonie americane (Boston Tea Party). 1774, Filadelfia, primo congresso continentale in cui fu approvata la Dichiarazione dei diritti delle colonie in alle province in una "rivolta federalista" che nell'estate del 1793 avrebbe appoggiato i girondini. In questo contesto che la Convenzione approvò una nuova costituzione. La Dichiarazione dei diritti che precede il nuovo testo costituzionale approvato il 24 giugno 1793, accanto alle libertà individuali affermava anche il diritto al lavoro, all'assistenza e all'istruzione; diritto di resistenza a ogni potere tirannico ma anche il diritto- dovere all'insurrezione; si confermava il suffragio universale maschile e si introduceva il sistema uninominale; si ammetteva il ricorso al referendum popolare per l'approvazione dello stesso testo costituzionale e delle leggi più importanti. Estate del 1793 tensione politica critica, questione della rivolta federalista di Marsiglia, Lione e di Tolone, paura del "complotto aristocratico" e difficoltà economiche. Comitato di salute pubblica e di sicurezza generale imposero una severa politica di epurazione di tutti gli organi di governo e dell'amministrazione. Avvio di un regime del Terrore che colpì tutti coloro accusati di essere nemici della rivoluzione. Contribuì al Terrore anche il movimento di scristianizzazione -> campagna contro le riforme religiose e di culto cattolico tradizionale. Intento di proporre una religiosità rivoluzionaria incentrata sull'Essere Supremo e sui valori della Rivoluzione; abolizione del calendario gregoriano-romano, adozione di un calendario decadario che divideva l'anno in 12 mesi di 30 giorni, ogni mese in 3 decadi. Nomi dei mesi si ispiravano al ciclo agrario o a fenomeni naturali (floreale, pratile, nevoso etc). Il decimo giorno sostituiva la domenica (feste civiche). Volontà di imprimere la consapevolezza che la rivoluzione dovesse rappresentare una rottura epocale, inizio di una nuova era. Distruzione simboli di culto e delle pratiche religiose cattoliche; trasformazione delle chiese in templi rivoluzionari. Il Comitato di salute pubblica concentrò su di sè tutto il potere e al suo interno si rafforzarono le posizioni di Robespierre e Saint-Just. Il decreto del 10 giugno del 1794 diede avvio al Grande Terrore, pena di morte a tutti gli avversari della rivoluzione e dei sanculotti ma la decisione di Roberspierre di non cercare alcun accordo con gli avversari e di attaccarli portò alla messa in stato di accusa e all'arresto dello stesso Roberspierre, Saint-Just e Couthon che furono ghigliottinati. Nuova fase della rivoluzione chiamata Termidoro. Principale preoccupazione dei termidoriani: abbattere il regime del Terrore e stabilizzare il regime repubblicano. Le istituzioni del Terrore giacobino vennero soppresse e vennero riaperte molte chiese. Furono avviati i lavori di una nuova costituzione approvata il 22 agosto 1795. Alla Dichiarazione dei diritti fu aggiunta una Dichiarazione dei doveri in cui veniva sanzionato l'abbandono di alcuni punti tra i quali quello del diritto-dovere all'insurrezione e ribadito il valore della proprietà. Riaffermazione del principio di uguaglianza civile; suffragio su base censitaria. Il potere esecutivo affidato a un Direttorio di 5 membri che avevano la responsabilità della sicurezza interna e esterna, della politica militare, nomina dei ministri. Forte amministazione dipartimentale e municipale. La costituzione fu approvata da un plebiscito popolare, a suffragio universale maschile. Contro di essa i realisti che insorsero assediando la Convenzione ma si riuscì a reprimere l'insurrezione con l'aiuto di alcuni generali tra i quali Napoleone Bonaparte. I risultati delle elezioni portarono all'affermazione di forze monarchiche e moderate. Ancora viva la presenza di un movimento giacobino che obbligata il Direttorio a una politica oscillante tra la repressione dei fautori di una restaurazione monarchica e i sostenitori di un radicalismo giacobino. Le elezioni del 1797 segnarono una crescita della destra realista. Il Direttorio si rivolse allora a Bonaparte che si prestò a servire prove documentare del tradimento dei generali realisti; e a Hoche che mise a disposizione truppe per occupare Parigi il 4 settembre 1797. Dopo il colpo di stato si procedette alla chiusura della stampa d'opposizione e alla rimessa in vigore dei decreti contro i preti "refrattari" e gli emigrati. Ma il risultato fu quello di consegnare le sorti del paese a Bonaparte. 4.3 L'impero napoleonico: cesarismo e nuova Europa Figura di Napoleone emerge dopo la riconquista di Tolone (rivolta federalista) nel 1793 e ottenuto il comando dell'artiglieria dell'armata d'Italia (Joséphine de Beauharnais) strinse rapporti con Barras, membro del Direttorio che gli affidò la repressione dell'insurrezione realista. 1796: Bonaparte entrò in Piemonte, sconfisse l'esercito sabaudo e costrinse re Vittorio Amedeo III a stipulare l'armistizio di Cherasco e il trattato di Parigi. Sconfitto l'esercito austriaco instaurò una municipalità democratica a Milano poi occupò Bologna, Ferrara e la Romagna + spedizione Livorno. La presenza francese dette forza, ai gruppi che in Italia avevano fatto propri i principi della rivoluzione, di costituire nuove municipalità e istituzioni repubblicane (Modena, Reggio Emilia). 1797 Bonaparte obbligava il papa Pio VI a firmare la pace di Tolentino -> papa cede alla Francia Avignone e il contado venassino e rinuncia alle legazioni di Bologna, Ferrara e Romagna dove intanto si era costituita la Repubblica cispadana. B. costringe l'Austria al trattato di Leoben (1797) che sanzionava la nuova situazione politica dell'Italia. Le sue scelte politiche furono in costrasto con le istruzioni del Direttorio, per quest'ultimo l'Italia doveva servire come strumento di scambio. In molte città della Terraferma veneziana si erano formate municipalità democratiche disfacendo la repubblica aristocratica di Venezia. Al posto dell'antica Repubblica di Genova sorse la Repubblica Ligure. Nel maggio 1797 Bonaparte creò la Repubblica cisalpina che univa i territori dello Stato di Mialno, ex ducati estensi di Modena e Reggio, ex legazioni pontificie e ex province venete di Bergamo, Brescia, Crema e Valtellina. 18 ottobre 1797 -> trattato di Campoformio con gli Asburgo: la Repubblica di Venezia veniva assegnata agli Asburgo in cambio dell'accettazione della nuova situazione italiana e della rinuncia al possesso dei Paesi Bassi. 1799 Piemone viene annesso alla Francia, la corte sabauda si rifugia in Sardegna. A Roma nel 1798 i francesi promuovevano la costituzione della Repubblica romana. A Napoli, le truppe francesi costringevano i sovrani a fuggire in Sicialia e nel febbraio 1799 proclamavano la Repubblica napoletana. Stesso anno fu occupato il granducato di Toscana e in poco meno di 3 anni tutta la penisola, ad eccezione della Sicilia passò sotto il controllo diretto della Francia (rinnovamento istituzioni politiche e sociali). Rapporti con la Chiesa: proclamazione della Repubblica romana, complessità applicazione negli stati della penisola della politica ecclesiastica della Costituzione civile del clero e quella del Direttorio sul clero refrattario e sulla Chiesa costituzionale. Napoleone consentì una serie di interventi legislativi sulla vendita dei beni ecclesiastici e sui processi di laicizzazione della società ma mirò anche a intese con i vescovi e il clero sottoponendoli a un controllo politico. La maggior parte del clero aveva posizioni conservatrici e controrivoluzionarie (complotto massonico-illuministico). Si arrivò a uno scontro con Napoleone in cui vinsero le forze controrivoluzionarie + la ripresa dell'offensiva austro-russa portò alla cacciata dei francesi dalla penisola e alla restaurazione delle precedenti dinastie mentre Bonaparte era impegnato nella spedizione in Egitto (paese dal fascino esotico che colpiva il gusto dell'epoca). Il ribaltamento della situazione in Italia mise in difficoltà il Direttorio – crescita di esponenti neogiacobini e di una destra realista. 1799 parte del Direttorio cominciò a preparare un colpo di stato militare per bloccare le opposizioni. Ritorno improvviso di Napoleone nell'ottobre 1799: scioglimento dei Consigli legislativi che avevano abrogato la costituzione del 1795, consegnarono i poteri a una commissione consolare di tre membri (Bonaparte, Sieyès e Roger Ducos). Nuovo testo costituzionale entrato in vigore a Natale 1799 poi sottoposto a febbraio 1800 a un plebiscito. Si apriva con una generica riaffermazione dei principi fondamentali di libertà. Il suffragio universale maschile si esprimeva in modo limitato attraverso la formazione di liste sempre più ristrette dalle quali il governo sceglieva i membri delle amministrazioni locali e dipartimentali, mentre un Senato avrebbe pescato da esse i membri del Tribunato e il Corpo legislativo. Napoleone fu eletto primo console: difesa della Francia, riorganizzazione dei poteri. Significativa fu l'istituzione di una nuova figura di raccordo tra il centro e le amministrazioni locali: un prefetto a capo di ogni dipartimento come rappresentante dell'autorità centrale. Istituito un apparato di polizia: strumento di controllo e di repressione dei crimini, opinioni e avversari politici. Struttura di governo accentrata che creava un rapporto diretto tra i vertici del potere e la realtà amministrativa, il canale di comunicazione era quello dell'amministrazione pubblica. Modello di relazioni di potere che diventerà canone di riferimento di ogni riflessione sullo Stato Moderno – rete burocratuca, esaltazione delle funzioni di un apparato amministrativo (soluzione dei rapporti e dei conflitti tra cittadini e stato). L'istituzione del prefetto rappresentò una rottura con la monarchia d'antico regime. Svolta autoritaria ma difendeva alcuni importanti principi affermati nella società francese nata dalla rivoluzione: eguaglianza dei cittadini, legittimazione della proprietà e della ricchezza come unici elementi di selezione della classe dirigente e il riconoscimento del talento personale come via di ascesa sociale e politica. Il codice civile approvato nel 1804 sanzionava l'eguaglianza giuridica e dava stabilità alla società francese, alla proprietà, a un'idea di famiglia basata sulla concezione del matrimonio come contratto e si riconosceva anche uno spazio di autonomia giuridica alla donna. Il codice divile fu esteso agli stati nati dall'espansione napoleonica e fu documento di base di tutta la codificazione civilista dell'Europa continentale ottocentesca. 1801 l'Austria firma la pace di Lunéville che riconosceva alla Francia il possesso della riva sx del Reno e sanzionava la situazione italiana. Marzo 1802 la pace di Amiens con l'Inghilterra: restituzione alla Francia delle sue colonie e il ritorno di Malta ai cavalieri dell'Ordine gerosolimitano e dell'Egitto sotto la sovranità turca. Tra le due paci si colloca il concordato con la Santa Sede e col nuovo pontefice Pio VII. Concordato che riconosceva la religione cattolica come religione della "grande maggioranza" dei francesi e assicurava il mantenimento degli ecclesiastici a spese pubbliche. In cambio il papa si impegnò a ottenere dimissioni di tutti i vescovi in carica, costituzionali e refrattari e a non rivendicare i beni ecclesiastici venduti come beni nazionali. Così Napoleone consolidò il suo ruolo di pacificatore all'interno e di garante di un nuovo ordine europeo. Si indette anche un plebiscito sull'opportunità di dare carattere vitalizio alla carica di console e di riconoscere al primo console la prerogativa di indicare il secondo e il terzo. La scoperta di una congiura contro Napo nel 1804 fu l'occasione per incoronare Napoleone imperatore dei Francesi e per riconoscere la dignità imperiale ereditaria di maschio in maschio. 2 dicembre 1804 Pio VII consegna la corona imperiale a Napoleone che se la pose sul capo (Notre-Dame). In precedenza Napoleone nel 1803 aveva ottenuto la nomina di mediatore della Confederazione elvetica e aveva strappato alla Dieta del Sacro romano impero l'impegno a una riorganizzazione dello stesso. Gli stati più piccoli (città livere, feudi, principati ecclesiastici) erano sottoposti agli stati di maggiore estensione e di maggior peso poltico: in tal modo gli statu del Sacro romano impero si riducevano da 350 a 40. questo determinò la fine del SRI dichiarata formalmente nel 1806 da Francesco II. Inghilterra, Austria, Russia, Svezia e regno di Napoli costituirono una coalizione antifrancese. Napoleone vinse gli eserciti austro-russi e costrinse l'Austria alla pace di Presburgo. Per maggior protezione e salvaguardia del confine orientale della Francia Napoleone appoggiò la creazione di una Confederazione del Reno alleata della Francia. In contrapposizione la Prussia di Federico Guglielmo III dava vita con la Russia a una coalizione antifrancese. Sconfitte le truppe prussiane a Jena Napoleone costrinse poi lo zar Alessandro I alla pace di Tilst a danno della Prussia. L'interno quadro politico dell'Europa centrale presentava caratteri nuovi: sul piano della geografia politica e assetti istituzionali ma anche sul piano di valori culturali e politici spesso di ispirazione conservatrice che portò alla rivendicazione di specificità nazionali/patriottismo. Peggiorati i rapporti con la Russia per la politica espansionistica di Alessandro I nei Balcani e per il riavvicinamento della Russia all'Inghilterra, Napoleone avviò nel 1812 una spedizione per occupare la Russia con un esercito di 700.000 uomini. Sconfitto l'esercito russo entrò a Mosca ma per problemi di mantenimento dell'esercito la spedizione fu un disastro. Nuova coalizione antifrancese – lasciò l'esercito a Eugenio de Beauharnais, figlio di Josephine e vicerè d'Italia. Napoleone mise in piedi un nuovo esercito con un milione di soldati ma fu sconfitto a Lipsia il 19 ottobre 1813 e di nuovo a Parigi nell'1814. Il 3 aprile il Senato proclamò la decandenza dell'imperatore; il 6 aprile a Fontainebleau firmò la propria abdicazione mentre il Senato chiamava l'erede legittimo dell'antica dinastia borbonica ad assumere il titolo di re di Francia (Luigi XVIII) che emanò una propria costituzione. Napoleone fu esiliato nell'isola d'Elba ---> forte malessere economico e sociale. Marzo 1815, lasciò l'isola. 20 marzo rientrò a Parigi e concesse una costituzione che ripristinava il suffragio universale ma dava ai sostenitori il privilegio dell'ereditarietà della carica. Sottoposta a plebiscito fu approvata. Le potenze vincitrici di Lipsia rifiutarono qualsiasi trattativa e formarono una nuova coalizione che il 18 giugno sconfisse l'esercito di Napoleone a Waterloo. Esilio a Sant'Elena. 4.4 La nascita di un nuovo ordine europeo I valori della rivoluzione francese ebbere larga eco nelle regione dell'Europa centro-orientale e balcanica. Nelle aree dove l'esperienza francese fu più diretta: nuove costituzioni politiche e fermentazione di nuove aspirazioni; nella altre regioni europee il patriottismo e i valori costituzionali di venarono di toni e caratteri autoritari, nobiliari e cetuali. La restaurazione dei regimi europei prenapoleonici suscitò molte opposizioni anche se i principi non intendevano eliminare le novità introdotte sul piano della legislazione civile e dell'organizzazione della Regioni della Romania: diffusione di idee di nazione e indipendenza si legava con la lotta contro la dominazione ottomana e la difesa della Chiesa ortodossa. Valacchia 1821 rivolta antiottomana che pose fine al regime fanariota con il ritorno di principi nazionali in Valacchia e in Moldavia anche se vi era una forte presenza dell'impero zarista. 1848 nuovi moti rivoluzionari in Valacchia, Moldavia e Transilvania, tutti repressi. Ma negli anni cinquanta i due principati di Valacchia e Moldavia riconoscevano nel 1859 uno stesso sovrano Alexandru Ioan Cuza costituendo l'Unione dei Principati Romeni mentre in Transilvania il nazionalismo ungherese contrastava le aspirazioni della maggioranza romena. Successivamente Bucarest divenne capitale dell'Unione e nel 72 si costituiva una Chiesa ortodossa romena autocefala riconosciuta poi dal patriarcato di Costantinopoli. Risorgimento italiano: svolta rappresentata dai moti del 1848 (Palermo, Milano, Venezia, Roma) determinante furono le correnti democratiche e radicali dai seguaci di Mazzini che aveva delineato un progetto di repubblica italiana unita. Sollevazioni innescate dalla richiesta di una costituzione e avevano presto posto il tema dell'indipendenza dei territori soggetti agli Asburgo (Lombardo-Veneto) e di una sistemazione politica della penisola. Due posizioni si fronteggiavano: una soluzione "federale" che puntava a una confederazione di stati italiani capace di liberarsi dalla presenza austriaca, sotto la presidenza del papa; e un progetto unitario repubblicano. Il fallimento della prima guerra di indipendenza contro l'Austria, sostenuta soprattutto dal Piemonte, da corpi di spedizione volontari condussero il movimento risorgimentale italiano a ripensare i modi e gli strumenti di una possibile indipendenza. Il regno di Sardegna si era dimostrato il solo stato italiano decisamente impegnato nella lotta contro l'Austria e nel rispetto del regime costituzionale configurato dallo Statuto albertino. Anni del governo di Camillo Benso conte di Cavour (1825-61) il regno di Sardegna divenne il punto di richiamo di larghi settori del movimento liberale e unitario che sempre più si distaccava dalle posizioni mazziniane (etc. Carlo Pisacane che suscitò una rivoluzione nell'Italia meridionale 1857). Cavour favorì un regime liberale che aveva nel Parlamento un organo fondamentale. Provvedimenti legislativi contro i privilegi ecclesiastici, per un più moderno sistema scolastico. La Sardegna aveva un ruolo egemone nel panorama italiano favorito anche dallo sviluppo economico e sociale del Piemonte, che con Cavour prese a seguire una politica liberista e di modernizzazione del paese. Anche la politica estera di Cavour contribuì a rinsaldare il regno di Vittorio Emanuele II, in particolare la sua strategia tesa a internazionalizzare la questione italiana, ma mai Cavour perseguì un progetto di unità di Italia ma mirava piuttosto a un allargamento del dominio sabaudo sui territori austriaci dell'Italia settentrionale e la realizzazione di accordi tra questo nuovo regno dei Savoia, gli stati dell'Italia centrale e il regno meridionale. Centrali gli accordi di Plombières con Napoleone III che si impegnava a aiutare il regno di Sardegna qualora fosse attaccato dall'Austria, in cambio avrebbe ottenuto Nizza e la Savoia. La dichiarazione di guerra da parte dell'Austria al regno di Sardegna portò alla seconda guerra d'indipendenza (1859) con la partecipazione dell'esercito francese accanto a quello sardo in alcune battaglie per la conquista della Lombardia. Insorgevano Firenze, Modena, Parma e le Legazioni papali dell'Italia centrale, Marche e Umbria con l'obiettivo di aderire al regno di Sardegna poi sanzionato con una serie di plebisciti. L'Armistizio di Villafranca del 6 luglio 1859 con l'Austria di Francesco Giuseppe segnò la fine della guerra -> voluto da Napoleone III perché spaventato per un possibile attacco prussiano sul Reno e per una rivolta antipapale su Roma. L'Austria cedeva la Lombardia alla Francia che la passava a Vittorio Emanuele II. Cavour si dimise per protesta e decise di utilizzare, a vantaggio della soluzione sabauda, il disegno mazziniano di una spediziona insurrezionale nel sud d'Italia allo scopo di portare a compimento l'unità nazionale. Prime vittorie in Sicilia della spedizione di mille patrioti sotto la guida di Giuseppe Garibaldi (5 maggio 1860), sconfitto l'esercito borbonico risalirono a Napoli. Un esercito sardo occupava allora l'Umbria e le Marche e aTeano il 26 ottobre 1860 Garibaldi salutava in Vittorio Emanuele II il primo re d'Italia. Il 17 marzo 1861 il primo Parlamento nazionale italiano, riunito a Torino, eletto a suffragio ristretto censitario sulla base delle leggi elettorali piemontesi, proclavama Vittorio Emanuele II re d'Italia " per grazia di Dio e per volontà della Nazione". Si compiva così il Risorgimento della nazione italiana che aveva alla base l'idea della necessità e inevitabilità del riconoscimento statale di una identità nazionale italiana. Metteva insieme regioni ta loro profondamente diverse per tradizioni, equilibri sociali e storia politica. Si apriva però una questione "cattolica" per tutto il XX sec. Negli stessi anni l'unificazione tedesca. La Prussia si pose alla testa di un processo di unificazione che si realizzò sotto l'egida degli Hohenzollern. La rivendicazione di una costituzione si intrecciò con le aspirazioni all'unificazione territoriale rese più complicate dallo scontro delle due prospettive politiche tedesche una a favore di una Grande Germania (con la presenza dell'Austria), l'altra a sostegno di una Piccola Germania senza l'Austria. 1848-49 formazione di una nuova Confederazione tedesca affidata all'arciduca Giovanni d'Asburgo ma incapacità di varare sia una costituzione confederale che un progetto comune di unificazione. In Prussia la svolta fu segnata dall'ascesa al trono di Guglielmo I (1861) favorevole a un sistema politico dominato dai militari e dagli interessi della grande aristocrazia fondiaria. Col nuovo cancelliere Bismark: rafforzamento dell'esercito, politica di espansione territoriale: contro la Danimarca, l'Austria (un guerra che vide accanto alla Prussia la presenza del nuovo regno d'Italia – veneto dall'Austria all'Italia), la Francia (per la conquista dell'Alsazia e della Lorena settentrionale). Guerra che segnò la fine dell'impero di Napoleone III e l'avvio della terza repubblica francese. A Versailler Guglielmo I fu incoronato imperatore di Germania. Si delineava così l'unificazione politica della nazione tedesca che si nutriva non di spiriti liberali ma di una volontà militarista ed espansionista che riconosceva il proprio principio motore nella Prussia autoritaria di Guglielmo I. Il secondo Reich nasceva nell'esaltazione dell'eroe Arminio, il vincitore delle legioni romane di Augusto, e della figura di Lutero. 5.2 Nell'America meridionale: la fine dei vecchi imperi coloniali America meridionale fine degli imperi coloniali spagnoli e portoghesi: primi processi di decolonizzazione che riguarderanno nel XX sec altri imperi coloniali. Invasione della penisola iberica nel 1808 da parte dei francesi. In Brasile arriva il re e la corte, fuggiti da Lisbona che segnò l'avvio di un "regno del Brasile" che godrà di indipendenza dalla madrepatria dopo la restaurazione in Portogallo della dinastia. L'impero spagnolo era diviso in 4 viceregni: la Nuova Spagna (America centrale), la Nuova Granada (attuali Venezuela e Colombia), Perù (anche gli attuali Cile e Bolivia), Rio della Plata (Argentina). L'occupazione francese della Spagna provocò l'inizio di un movimento di indipendenza di queste regioni; nel 1810 prima sollevazione antispagnola della Nuova Granada con la proclamazione nel 1811 dell'indipendenza della Repubblica del Venezuela. A sostenere questo moto che dal Venezuela si estese agli altri domini coloniali spagnoli furono gli interessi e le aspirazioni dei ceti dominanti locali creoli – esponenti di famiglie di origine spagnola, nati in colonia – sulla base delle idee di Simòn Bolivar (il Libertador) che nel suo Manifesto di Cartagena illustrava i principi del moto indipendentistico: lotta al dominio spagnolo, repubblicanesimo, federazione degli stati latino-americani sotto un forte governo. Su queste basi combatté in Colombia e in Perù con l'appoggio di José de San Martìn che liberò l'Argentina, il Cile e parte del Perù. Moti indipendentistici anche in Messico, nel 1821 si proclamò l'indipendenza dando vita a un impero del messico dovenuto nel 1823 Repubblica federale. I nuovi stati dell'America centrale e meridionale furono travolti dall'esplosione di egoismi regionali e dalle almbizioni delle élite creole e dei capi militari. A metà secolo il Brasile attaccò l'Argentina e poi il Paraguay. Il Messico invece dopo alcuni anni di guerra civile contro il presidente progressista Benito Juarez, fu terreno di intervento militare di truppe inglesi, francesi e spagnole che imposero la costituzione di un nuovo impero del Messico affidato all'arciduca Massimiliano d'Asburgo. Soluzione effimera in quando Juarez riprese il potere. 5.3 Stati nazionali e imperi multinazionali Aspirazioni nazionali e nazionalistiche in Europa e America meridionale convissero nel XIX sec con la continuità/consolidarsi di imperi multinazionali/coloniali. Lo stesso Regno Unito di Gran Bretagna fu sia un grande impero coloniale ma anche uno stato multinazionale anche se l'Irlanda costituì fino al XX sec una delle grandi questioni politiche del governo britannico. La questione nazionale irlandese si coniugava strettamente con lo scontro religioso tra gli irlandesi cattolici e i conquistatori inglesi anglicani. L'emancipazione dei cattolici non spense però le rivendicazioni nazionali della maggioranza degli irlandesi, che trovò nel partito nazionalista la propria voce per una larga autonomia. Inoltre presenza di anglicani nella provincia dell'Ulster che si organizzarono nel partito unionista per ostacolare la rivendicazione nazionale irlandese. Solo dopo la prima guerra mondiale fu proclamanto lo stato irlandese associato all'impero britannico e solo nel 1949 il riconoscimento della Repubblica d'Irlanda. Esempio di impero multinazionale: impero asburgico. I domini asburgici caratterizzatu (dal XVI sex) da un sistema di governo capace di adattare un grado significativo di centralizzazione della decisione politica e dell'amministrazione delle province rispettando le prerogative e le istituzioni delle specifiche realtà territoriali -> alleanza e fedeltà dei ceti dominanti dei singoli territori: condizioni per la tenuta. Estinzione nel 1700 del ramo soagnolo degli Asburgo, la vittoria dei Borbone nella successione spagnola, la difficile guerra per la successione austriaca e l'ascesa al trono viennese di Maria Teresa nel 1740 avevano coinciso con l'espansione verso i Balcani a danno dell'impero ottomano e con una ripresa dell'autorevolezza della carica imperiale. Solo le guerre napoleoiche e le sconfitte subite misero gli Asburgo nella condinzione di rinunciare al titolo imperiale. Il nuovo impero d'Austria comprendeva i domini ereditari di casa Asburgo, la Boemia e l'Ungheria. Territori attraversati da forti aspirazioni nazionali. Anche i possedimenti degli Asburgo nei Balcani rivendicarono il rispetto delle loro specificità nazionali come l'appartenenza alla Chiesa ortodossa e i processi di codificazione delle loro lingue. Rivoluzioni del 1848 di Vienne e Budapest, la crisi politica e miliatere non disgregarono la realtà dell'impero d'Austria. Solo la sconfitta politica e militare subita in Italia (1859-61) e contro il regno di Prussia determinarono le condizioni per una riorganizzazione degli assetti politici con il riconoscimento del dualismo austro-ungarico come asse portante dell'impero che nel 1867 prese il nome di impero austro-ungarico. Boemia, Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia Erzegovina: province controllate dagli Asburgo, sempre più forti aspirazioni nazionali e indipendentistiche. Rivendicazioni nazionali, divisione religiose tra cattolici e ortodossi e tra musulmani e cristiani, minacciarono la tenuta e l'efficienza della politica della monarchia fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Nell'impero zarista la vittoria su Napoleone fece emergere un nazionalismo russo basato sull'esaltazione di uno spirito nazionale cui si richiamarono anche gli espoenti del moto decambrista del 1825. il patriottismo russo finì per acuire i rapporti con le nazionalità e le minoranze all'interno dell'impero: polacchi, bielorussi, ucraini e minoranza ebraica (provvedimenti repressivi). In particolare i polacchi che fino a fine Settecento furono un regno indipendente con una propria con una propria elite dominante, poi fu spartito. Negli anni delle vittorie napoleoniche molti esponenti dell'élite polacca arruolati nella Grande Armée che invase la Russia nel 1812; e in Polonia erano scoppiate, tra gli anni 30/40, due rivolte antirusse. La politica zarista rispose con l'esaltazione di un panslavismo attivo nei Balcani in funzione antiasburgica e antiottomana. L'impero ottomano subì tra XVIII e XIX un continuo arretramento. Gli Asburgo avevano ripreso il possesso del regno di Ungheria e i russi lo sbocco sul mar Nero. L'impresa egiziana di Napoleone aveva costretto i sultani ad avvire i programmi di riforme politiche nei primi anni del XIX sec + fase di rivolte dei serbi. Nel congresso di Berlino del 1878 le principali potenze euroee sancirono, sotto l'influenza di Bismarck un accordo per un equilibrio che avrebbe dovuto reggere alla prova di altre occasioni di scontro nel contesto europeo, sempre più centrale per le sorti delle potenze euroee, delle conquiste coloniali in Asia e Africa. Occasione per il congresso fu la guerra russo-turca del 1877-78 con la quale l'impero zarista consolidò il suo dominio nella penisola balcanica. Il congresso ridimensionò e divise la Bulgaria (che due anni prima aveva ottenuto l'indipendenza), riconobbe l'indipendenza del Montenegro, della Romania e della Serbia. Alla base di questi accordi la convergenza tra Austria, Russia e Inghilterra per un nuovo equilibrio nell'Europa sud- orientale a danno dell'impero ottomano. L'Austria otteneva il riconoscimento dell'occupazione della Bosnia; la Grecia ebbe la promessa di un futuro ampliamento territoriale così come l'Italia in nord Africa (con la rinuncia al Trentino) mentre la Francia puntava all'occupazione della Tunisia. Dopo l'ascesa della Prussia e la proclamazione del Reich (1870) l'Europa sembrò trovare un sostanziale equilibrio reso precario però dalle tensioni nell'Europa balcanica e nel Mediterraneo ottomano. Dalle tensioni franco-italiane per l'occupazione francese della Tunisia all'occupazione italiana della Libia e delle isole del Dodecanaso nell'Egeo; alle guerre balcaniche 1912-13 che segnarono la fine della presenza ottomana dei Balcani + contrasti in Bulgaria. In questo contesto le rivendicazioni nazionali degli armeni, compresi nei territori ottomani, e il manifestarsi di una nuova coscienza nazionale turca che trovò i suoi leader nel movimento dei Giovani Turchi, sostenitori di profonde riforme costituzionali. Nel 1907 si riuniva a Parigi un congresso di tutti i movimenti rivoluzioari turchi (tra questi anche una rappresentanza della nazione armena). Nel 1908 una rivoluzione guidata dal movimento dei giovani turchi imponeva la restaurazione di una costituzione che il sultano aveva approvato nel 1876. le sconfitte dell'impero ottomano nella prima guerra balcanica e nella guerra con l'Italia (1912) -> fine del potere del sultano e affermazione di un nazionalismo turco il cui movimento massacrò gli armeni e si schierò allo scoppio della guerra modniale a fianco degli imperi centrali contro la Russia (protrettice delle comunità slave ortodosse e degli armeni). Fine guerra mondiale: affermazione di una politica di pulizia etnica, espulse le minoranze greche mentre quella armena e curda non ebbero riconoscimento. Nel 1900 l'impero era già il quarto produttore mondiale di ghisa e il primo paese per l'estrazione del petrolio. Differenze tra le regioni dell'area centro-orientale e sud-orientale. Nel XIX sec la popolazione europea conobbe un significativo incremento. Nel Regno Unito la popolazione crebbe di 3 volte e mezzo, la Francia al contrario conobbe incrementi inferiori alla media europea, mentre l'Italia da 18 mln a più di 31. Notevolissima anche la crescita demografica in Russia. Alla base di ciò un calo della mortalità, soprattutto in area scandinava e in altre aree socialmente assai sviluppate; miglioramenti dell'alimentazione e delle condizioni igieniche, sviluppo della medicina e dei sistemi di assistenza sanitaria. L'esperienza demografica europea del XIX sec fu caratterizzata da 2 processi: l'urbanizzazione di masse provenienti dall campagne e l'emigrazione dalle campagne e dalle aree urbane più povere verso le regioni europee più ricche o verso le Americhe. A fine secolo l'Europa era il continente delle grandi capitali, delle affollate reti industriali, rete fitta di città e insediamenti ma anche profonde differenze: tra un'Europa industrializzata in misura avanzata (Inghilterra, Belgio, Francia, Germania, Olanda), un'Europa nella quale si andava avviando un processo di industrializzazione (Italia, aree della monarchia austro-ungarica), un'Europa scandinava economicamente sviluppata ma poco popolata, un'Europa meridionale e mediterranea economicamente arretrata (Spagna, Portogallo), un'Europa orientale e sud-orientale caratterizzata da un'economia agricola tradizionale e bassa presenza di insediamenti industriali. 6.2 Europa borghese: città, cultura, valori Europa largamente omogenea nei valori, nei comportamenti, nei costumi sociali. La città europea è la città borghese, dei quartieri residenziali (quelli delle nuove periferie, delle ville dove si insediano le borghesie), dei quartieri artigiani e dei quartieri operai; viali, passeggiate, giardini pubblici, aree di svago e socializzazione, grandi magazzini, piazze, monumenti, trasporti pubblici, musei, teatri, sale da concerto. Città della produzione e dei consumi culturali: case editrici, giornali quotidiani, università, accademie, società scientifiche, salotti di lettura, biblioteche aperte al pubblico -> aumento di lettori e quindi di persone alfabetizzate. Alla fine del secolo XIX i censimenti e le inchieste condotte in molti stati rilevano una percentuale assai alta di alfabetizzati. Ciò era legato ai processi di scolarizzazione e all'introduzione dell'obbligo di frequenza delle scuole elementari. L'insegnamento superiore era invece affidato ad accademie o università che seguirono percorsi di riforme organizzative e di professionalizzazione comuni, ad eccezione della Gran Bretagna dove la formazione delle élite rimase affidata a scuole e a colleges fortemente selettivi per la provenienza sociale. Definizione e sviluppo ulteriore delle discipline e di istituzionalizzazione di nuovi settoru della conoscenza: economia politica, statistica (strumento di controllo e di governo dei processi economici e sociali), sociologia (scienza dei comportamenti collettivi), sviluppo delle scienze matematiche, fisiche e mediche. Secolo della storia: cioè della professionalizzazione della scrittura e dell'insegnamento della storia che privilegiano nazione e lo stato. Una nazione che si definisce come comunità che si riconosce in una lingua comune, in una tradizione letteraria e in una storia che trova le sue origini in un passato lontano. 6.2 Ideologie e movimenti politici XIX consolidarsi di alcune ideologie capaci di mobilitare larghe masse di uomini e donne: liberalismo, patriottismo e nazionalismo, socialismo. Liberalismo e socialismo per quanto riguarda teorie economiche e sociali contrapposte e in rappresentanza di ceti sociali differenti. Patriottismo e nazionalismo aspiravano a disegnare uno spazio politico privo di contrasti e proiettato verso un nemico esterno. Liberalismo e socialismo univano l'analisi dei processi economici a una visione dell'assetto politico e sociale. Tema della libertà e l'analisi dei processi produttivi erano legati al tema della rappresentanza. Nell'Europa della Restaurazione le costituzioni concesse dai sovrani/moti popolari furono occasione per dare ulteriore risposta ai temi della rappresentanza e dei diritti individuali. Liberismo: basato sulla separazione dei poteri e sul rispetto di larghe libertà personali. L'adozione di questo modello istutizionale da molti stati europei + dibattiti intorno ai temi della rappresentanza sollevarono la questione della definizione del corpo elettorale e della sua apertura alle donne. In Inghilterra (1832) il governo whig guidato da Charles Gray aveva promosso un allargamento limitato del corpo elettorale (da 500 000 a 750 000) e una riforma delle circoscrizioni elettorali a vantaggio dei villaggi spopolati e controllati dalle aristocrazie locali. Contro il sistema elettorale un movimento di protesta, il movimento cartista (dalla Carta del Popolo redatta da Lovett e Place) che rivendicava il suffragio universale maschile, il voto segreto, il rinnovo annuale del Parlamento, l'indennità per i deputati, la costituzione di collegi elettorali numericamente uguali – petizione firmata da 3 milioni di inglesi poi bocciata dal Parlamento. Solo nel 1897 si avviò un'estensione del diritto di voto a tutti gli iscritti al ruolo delle imposte nei centri urbani e fu garantito il voto segreto. In Francia la rivoluzione del 1848 affermò il suffragio universale maschile. In Italia il secolo XIX fu quello del suffragio censitario. Con la riforma del 1882 ammise all'elettorato i cittadini maschi che avessero superato l'esame del corso elementare obbligatorio. 1912: suffragio universale maschile. Per quanto riguarda il diritto di voto alle donne: la questione fu aprta già negli anni della rivoluzione francese grazie ai testi di Condorcet e Olympe de Gouges. Si affrontatono i temi dell'uguaglianza tra uomini e donne, delle discriminazioni sociali, culturali e politiche delle donne. Fu nell'Inghilterra della seconda metà del XIX sec che la questione dei suffragio femminile fu al centro di un forte dibattito politico e approdò alla costituzione, nel 1887, della National Union of Women's suffrage fondata da Millicent Fawcett e nel 1903 alla costituzione della Women's Social and Political Union. Già a fine secolo in alcuni paesi era stato riconosciuto il diritto delle donne al voto: Nuova Zelanda, Australia, Finlandia. Nella maggior parte dei paesi eurpei solo nel Xx sec le donne ebbero il diritto al voto mentre alla fine della seconda guerra mondiale: Italia, Francia, Olanda; Svizzera e Portogallo anni 70. Nell'Europa del XIX sec furono dunque i temi legati alla costituzione e alla rappresentanza a sollecitare la cultura politica: movimenti per le costituzioni liberali, le rivoluzioni del 1848 che espressero riforme e istanze di riforma liberale e forti rivendicazioni di indipendenza "nazionale". In molte regioni europee (Belgio, Polonia, Ungheria, Italia) rivendicazioni di ordine politico volte all'instaurazione di regimi liberali rappresentativi si unirono a rivendicazioni di carattere nazionale. A motivi di opposizione sociale, ispirati alle teorie socialiste, che già dal primo Ottocento avevano posto la questione del diritto alla vita e al lavoro dei nuovi ceti produttori – i "proletari"- e di una diversa organizzazione sociale. In questi movimenti accenti religiosi radicali o utopistici ma anche consolidarsi di organizzazioni di difesa degli interessi di gruppi di lavoratori, sempre più rilevante fu il ruolo di gruppi di intellettuali e di operai che vollero basare le rivendicazioni sociali su un'analisi "scientifica" e critica dell'economia e della società ("capitalistica"). Febbraio 1848 la pubblicazione in molte lingue del Manifesto del partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels secondo i quali la storia di ogni società esistita fino a questo momento è storia di lotte e classi -> su questo principio si svolgeva un'analisi stringente degli assetti economico-sociali e politici vigenti e della necessità della rivoluzione dei proletari. La lotta del proletariato contro la borghesia è lotta nazionale. Nel Manifesto si riconosceva l'Associazione internazionale dei lavoratori di Londra cui aderirono delegazioni operaie francesi e inglesi (Prima Internazionale). Al suo interno varie correnti ideologiche: anarchici, repubblicani di ispirazione mazziniana e gruppi vicini alle posizioni di Marx. Rivoluzione della Comune di Parigi del 1871: rivendicazioni politici e sociali che portarono alla riduzione dell'orario giornaliero di lavoro, forme di proprietà collettiva dei mezzi di produzione, consegna delle fabbriche e dei laboratori inattivi ad associazioni operaie. Stroncata da una repressione del governo della nuova e terza repubblica francese. Nel 1872 si sciolse la Prima Internazionale e prese avvio l'organizzazione di gruppi socialisti. Tra anni 70 e 90 dell'Ottocento: numerosi partiti socialisti: partito socialdemocratico tedesco, partito operaio belga, partito socialista bulgaro etc. Nonostante le differenze il movimento socialista seppe fin sa subuto fare proprio il tema dell'allargamento del suffragio. Nel 1889 si costituiva a Parigi la cosiddetta Seconda Internazionale alla quale parteciparono delegati di ben 32 paesi. Fine Ottocento si scontravano quindi movimenti liberali e quelli di ispirazione socialista. Questi ultimi tra fine Ottocento e inizio XX -> stagione di crescita organizzativa e di consensi anche dai ceti borghesi, movimenti e partiti liberali e conservatori. In questo contesto le ideologie nazionaliste e imperialiste introdussero nuovi elementi di attrazione per larghe fasce della società e soprattutto in quella parte/movimenti di stampo conservatore e liberale ma anche in misura rilevante negli strati popolari e nei partiti socialisti. In questo contesto i movimenti liberali e conservatori mettevano in gioco fino a perderli quei caratteri progressisti che si erano identificati nel principio di nazionalità, libertà civili, dello stato di diritto, nelle campagne di stampa e di opinione a favore dell'abolizione della tratta degli schiavi, per la difesa dei valori umanitari e per una convivenza pacifica di stati nazionali. In particolare negli stati che si lanciarono nell'espansione coloniale la cultura e gli orientamenti delle classi dirigernti assunsero caratteri conservatori e autoritari. La nazione colonizzatrice era pensata come un corpo unitario teso alle conquiste e non poteva essere attraversato e indebolito da fratture interne. Contro questi "pericoli" -> politiche autoritarie: Francia, Inghilterra, Italia, Reich tedesco. Per le politiche conservatrici fu chiarissima la vicenda dell'impero tedesco. Il cancelliere Bismarck, appoggiandosi al partito cattolico di centro, promosse nel 1878 dure misure di repressione del movimento socialista e un'ampia legislazione di assistenza sociale (assicuraizioni contro le malattie/infortuni, assistenza per la vecchiaia) secondo una linea di conservatorismo e paternalismo sociale che trovò riscontro anche in altri paesi europei. Queste politiche non riuscirono in Germania a fermare la crescita elettoriale del partito socialista che fu comunque pesantemente ridimensionato nel 1907. In questo contesto l'ulteriore sviluppo dell'amministrazione e l'allargamento delle competenze degli stati e dell'intervento pubblico nell'economia, nuove opportunità per l'attuazine di politiche conservatrici nella regolazione dei rapporti sociali -> matrici ideologiche: militarismo, nazionalismo, imperialismo. 7. Chiese e religione 7.1 Cattolici e protestanti Nell'Europa cattolica a sollevare l'opposizione della Chiesa e delle opinioni cattoliche furono le premesse razionalistiche delle idee liberali e degli orientamenti a favore delle libertà personali e della separazione tra sfera politica e religiosa (non furono quindi le rivendicazioni nazionali, tranne nel caso italiano nel quale il processo di unificazione nazionale si realizzò sulla sconfitta dello Stato della Chiesa). La Chiesa cattolica ribadiva il principio dell'autorità papale (sancita come dogma della Chiesa nel concilio Vaticano I nel 1870); necessità di un rigido controllo delle gerarchie sulla morale e sulla cultura; intransigenza verso ogni orientamento che potesse minacciare la compattezza della Chiesa (es. La condanna nel 1907 del modernismo, la corrente del cattolicesimo aperta al dialogo con le scienze) e la riaffermazione di una teologia ispirata alle opere di san Tommaso imposta con l'enciclica Aeterni Patris 1879. Vicinanza tra Chiesa e orientamenti conservatori sulla base di una visione "aristocratica della società e dell'esercizio del potere ma anche una politica di assistenza sociale nella quale la Chiesa rivendicò un autonomo spazio di intervento sulla spinta dell'enciclica di Leone XIII Rerum Novarum 1891. XIX sec all'interno della Chiesa: creazione e sviluppo di nuove congregazioni maschili e soprattutto femminili (femminilizzazione della pratica e delle devozioni cattoliche). Concordati (come quello con la Francia di Napoleone 1801, Austria 1855) disegnarono nuovi rapporti con gli stati europei – collaborazione/concorrenza con i poteri laici: insegnamento, assistenza, carità, politica familiare, diritto matrimoniale con l'opposizione dei cattolici al divorzio. Questa forte presenza della Chiesa cattolica nella società europea si espresse anche attraverso forme di associazionismo cattolico e organizzazioni di varia natura indicato come "laicato" cattolico. In special modo in molti paesi nacquero "partiti" cattolici (Germania, Austria-Ungheria, Italia) che si richiamavano ai valori di solidarietà e di carità cristiani, a una visione interclassista della società e opposizione ideologica e politica ai partiti/movimenti socialisti. Un forte elemento di coesione tra le scelte della gerarchia, le iniziative del laicato e le masse di credenti fu la valenza politica di alcuni culti come quello del Sacro Cuore di Gesù, le devozioni mariniane come il culto dell'Immacolata Concezione, culti nazionali e di santi patroni che doveva arrestare i processi di secolarizzazione della società contemporanea. Europa protestante, fine Settecento inizio XIX sec, processo generale di "risveglio" del sentimento religioso in risposta alla secolarizzazione e alla laicizzazione delle società industriali e alle trasformazioni politiche e culturali che avevano seguito la rivoluzione francese e le politiche napoleoniche – bisogno di ritrovare nell'interiorità di ciascuno i valori ispiratori dell'agire morale e sociale. Corrente di rinnovata spiritualità che si intreccio in Germania con la cultura romantica e la filosofia idealista (Hegel) e nella rivendicazione dell'immanenza del creatore nel mondo finiva per attenuare gli aspetti dogmatici e dottrinali del cristianesimo – affievolirsi delle controversie tra diverse confessioni protestanti -> conversione di protestanti socialisti alla guerra e delle tensioni sociali nelle fabbriche delle città e nelle campagne, episodi di insubordinazione e di diserzione degli eserciti combattenti – in Italia con la radicalizzazione della dirigenza del Partito socialista italiano e con continui movimenti di sciopero nel "biennio rosso" 1919-1920 fino alla costituzione nel 1921 del Partito comunista d'Italia. In Russia fortissime tensioni sociali, crisi economica innescata dalla guerra e dalle sue conseguenze sulla vita civile dei singoli paesi, clima civile e culturale sconvolto dall'esperienza della guerra e degli effetti che questa aveva segnato negli animi – tema di riflessione per una stagione intellettuale europea: da Freud a Spengler. In Russia la guerra aveva mostrato la debolezza dell'impero zarista: nel 1917 una serie di manifestazioni popolari contro il carovita e la crisi politica portarono all'abdicazione dello zar Nicola II. Crisi: scontro tra un governo democratico socialista e una minoranza rivoluzionaria – i bolscevichi – che trovarono la loro forza nella parola d'ordine "tutti i poteri ai soviet" cioè nel riconoscimento della centralità politica e istituzionale di comitati di operai, contadini e soldati rivoluzionari. Il 7 novembre 1917 i bolscevichi presero il potere dando vita a un governo rivoluzionario che decretava il controllo sociale delle risorse economiche, l'esproprio senza indennizzo della proprietà fondiaria e negoziati di pace con la Germania, l'Austria-Ungheria che porteranno nel 1918 alla pace di Brest-Litovsk. All'interno della Russia si aprì una guerra civile tra i bolscevichi (Armata Rossa) e un fronte assai vario di oppositori e dei loro eserciti aiutati anche da altri paesi. Vittoria del regime bolscevico guidato da Lenin impose nel 1923 la bolscevizzazione della vita pubblica russa e la subordinazione dei partiti comunisti europei alle direttive e agli interessi della nuova Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e al partito bolscevico. Dopo la morte di Lenin gli successe Stalin nel 1925 che eliminò i suoi avversari interni imponendo (1937) epurazioni e eliminazione fisica dei principali quadri del partito e dell'Armata Rossa – regime del "terrore" staliniano – costruzione di un regime totalitario, imposizione di una politica economica rigida e controllata dal centro attraverso la definizione dei piani quinquennali di sviluppo, collettivizzazione forzata dell'agricoltura. Per quanto riguarda le relazioni internazionali Stalin cercò una stabilità politica che portò l'URSS a intrecciare rapporti diplomatici con altri stati europei – Italia fascista – e all'adesione alla Società delle Nazione, all'intesa con la Germania di Hitler per la spartizione delle regioni del Baltico e della Polonia. Negli altri paesi europei le tensioni rivoluzionarie del dopoguerra furono represse – Germania, Ungheria – e si affermarono forze moderate e reazionarie. In Italia il dopoguerra fu attraversato da tensioni e scontri di ordine sociale e politico – "vittoria mutilata" per il mancato riconoscimento di Fiume e della Dalmazia: sentimento di frustrazione e di delusione tra i nazionalisti + stato di agitazione dei ceti contadini, di coloro che avevano combattuto nella speranza di ricevere a fine guerra della terre in proprietà e le rivendicazioni salariali degli operai delle fabbriche e di quanti, al ritorno della guerra non trovarono più il posto di lavoro. Da questo contesto prese forza il movimento fascista guidato da Benito Mussolini che da esponente del socialismo rivoluzionario italiano di primo Novecento era approdato a posizioni interventiste durante 1914- 15 e poi ad programma politico d'ordine e ad azioni violente di repressione delle forze politiche e sindacali di ispirazione socialista e comunista. Ottobre 1922 "marcia su Roma" – presa al potere da parte del fascismo, con l'appoggio delle forze liberali e cattoliche. Con l'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti (1924) -> instaurazione di un regime dittatoriale: arresto dei principali esponenti dell'opposizione, controllo del governo sulla stampa e, con le leggi "fascistissime" del 1926, l'abolizione delle istituzioni liberali e rappresentative e dei partiti e dei sindacati. Modello corporativo di governo dell'economia e della società italiana. 1929 concordato con la Santa Sede che chiudeva la "questione romana" aperta nel 1870 con la conquista di Roma da parte del regno d'Italia e la fine del potere temporale pontificio. La soluzione italiana della crisi del dopoguerra rappresentò un modello per altri paesi che vissero tensioni sociali/politiche simili – regimi personali, colpi di stato. In Germania l'armistizio con le potenze dell'Intesa (1919) coincise con l'abdicazione dell'imperatore Guglielmo II e la proclamazione della repubblica con una nuova costituzione varata a Weimar nel luglio del 1919 di impianto democratico. Crisi economica e sociale tedesca (dovuta alle contribuzioni finanziarie imposte dalle potenze vincitrici e dalla cessione alla Francia di bacini minerari), debolezza dei partiti politici nel trovare una stabilità di governo, malcontento dovuto alla sconfitta = crisi del sistema politico e rinnovata forza dei tradizionali ceti di potere finanziario e industriale. 1925 fu eletto alla presidenza della repubblica il vecchio maresciallo Hindenburg, espressione di forze militariste, nazionaliste e revansciste. 1930 regime di potere personale a scapito delle istituzioni parlamentari e democratiche mentre nel paese crescevano la forza e il prestigio del movimento nazionalsocialista di Adolf Hitler che predicava una dura repressione dei movimenti democratici e socialisti in nome della difesa della nazione e del popolo tedesco. Eletto cancelliere nel 1933 emanò le leggi per la difesa del popolo tedesco mettendo in opera i principi antidemocratici, razzisti e antiebraici che aveva teorizzato nel suo Mein Kampf. In Spagna colpo di stato e instaurazione di un regime personale da parte di Miguel Primo de Rivera (1923- 1930). Il ritorno al regime democratico consentì la vittoria dei partiti repubblicani e socialisti nelle elezioni municipali del 31 che segnarono la fine della monarchia e l'instaurazione della repubblica. Le riforme economiche e politiche portarono all'opposizione delle forze di destra, della Chiesa e dei militari – guerra civile spagnola con la vittoria nel 1939 del generale Franco. 9.3 L'Europa e le Europe Dopoguerra: 12 milioni di caduti in guerra + grave epidemia di influenza spagnola; presenza quotidiana di giovani feriti e mutilati di guerra; difficoltà economiche; odi nazionalistici tra i popoli europei, alimentati dalle celebrazioni dei caduti ai quali i paesi dedicarono monumenti e iniziative. Le conseguenze di trattati di pace non accettati dalle opinioni pubbliche di diversi paesi che si sentivano ingiustamente colpiti nelle loro aspirazioni nazionali. Nelle opinioni colte europee: sentimento che la guerra aveva segnato la perdita della centralità dell'Europa nel contesto mondiale a vantaggio degli Stati Uniti il cui intervento nel conflitto e nella pace di Versailles aveva pesato nella definizione della nuova realtà europea. Larga circolazione di scritti sul "tramonto" dell'Occidente, sulla "crisi" della civiltà europea, sulla fine della "grande illusione", nostalgia per la scomparsa dell'impero asburgico. Revisione profonda dell'idea di Europa e della sua civiltà e della sua storia. Necessità di ripensare lo "spazio" europeo e le sue articolazioni e divisioni interne. La sconfitta degli imperi degli Hohenzollern e degli Asburgo e dell'impero ottomano + le vicende della Russia sovietica = necessità di definire la nuova carta europea, difficili temi dell'individuazione delle identità politico-nazionali che i trattati di pace stavano disegnando. Le opere politiche e storiche avevano condotto al riconoscimento internazionale della Repubblica cecoslovacca mentre gli esiti della guerra creavano le condizioni per la rinascita della Polonia e il riconoscimento delle nazioni storiche nelle regioni dell'Europa centrale dell'Europa balcanica. Concezione che la nuova carta dell'Europa dovesse essere una carta delle nazionalità quindi di stati nazionali – difficoltà per quanto riguarda i territori soggetti all'impero asburgico, tedesco, russo e ottomano. Si distingueva però un'Europa occidentale e un'Europa orientale (da Berlino a Mosca) che appariva in bilico tra civiltà e barbarie, regione di transizione tra Europa vera e l'Asia. Confine assai mobile. Già nel corso dell'Ottoceno emerse l'idea di tre Europe: Europa occidentale, latina; Europa orientale, la Russia; Europa centrale, Mitteleuropea. E se la Russia specialmente dopo la rivoluzione del 1917 confermava la propria appartenenza a un'area culturalmente e politicamente definita il problema era la definizione di quelle regioni a ovest della Russia sovietica e ad est dell'Europa germanica e latina. Parte d'Europa abitata prevalentemente da slavi con forti e intensi contatti con i latini occidentali, i tedeschi e gli asiatici. Gli esiti del conflitto mondiale segnavano la necessità di definire in qualche modo quest'area. Lo storico francese Lucien Febvre nel 1944 scriveva che per molti intellettuali europei degli anni tra le due guerre l'idea d'Europa e della sua civiltà fu una sorta di rifugio, alla quale si rivolgevano, dopo Versailles, quegli uomini di cultura che volevano trovare una difesa contro i drammi della guerrra mondiale e dei suoi esiti. L'Europa come ricerca intellettuale e morale della "casa comune"; come valore e spazio di conservazione della civiltà, di convivenza tra popoli; un'Europa della fede cristiana, delle istituzioni liberali e rappresentative, del capitalismo, di un ordine sociale ispirato a un conservatorismo illuminato: idea che si opponeva alla Russia bolscevica, atea e comunista e al fascimo/nazismo. La crisi del 1929 e le soluzioni acuirono le differenze tra un modello liberale e capitalistico e il modello socialista dell'Unione Sovietica. 9.4 L'Europa divisa: 1945 Tensioni tra gli stati della nuova Europa, avvent al potere del nazismo in Germania 1933 e l'affermazione del regime nazionalsocialista: forte elemento di instabilità. La richiesta della revisione dei confini di Versailles; la rivendicazione dell'unità di tutti i tedeschi in un solo stato; la politica di riarmo; la conclamata supremazia della razza ariana e le misure razziste contro gli ebrei; l'intervento militare a fianco del fascismo italiano nella guerra civile spagnola – crisi degli assetti europei. L'occupazione tedesca della Renania nel 1936, l'annessione dell'Austra e dei Sudeti e infine dopo la firma del patto russo-tedesco, la decisione di occupare i territori tedeschi assegnati alla Polonia da Versailles -> venir meno dell'equilibrio europeo. L'avvio delle operazioni militari in Polonia provocò la dichiarazione di guerra alla Germania da parte della Francia e della GB. La seconda guerra mondiale interessò davvero tutto lo scenario mondiale (Asia, Americhe) e fu protratta fino al 1945. Prima fase: serie di rapide vittorie delle truppe tedesche (Polonia, Francia, espansione verso i Balcani – anche a sostegno dell'alleato italiano in Grecia). In questa fase Hitler ruppe il patto con Stalin e invase la Russia nel 1945 + ingresso in guerra del Giappone, a fianco della Germania e dell'Italia, che a sostegno della sua politica espansionistica decise di distruggere la flotta degli Stati Uniti a Pearl Harbor determinando l'intervento in guerra degli USA a fianco della GB. Inverno del 1942: rovesciamento delle sorti di guerra – l'arresto dell'avanzata tedesca in Russia dopo la battaglia di Leningrado e inizio dell'avanzata sovietica verso l'Europa centrale che si concluse con la conquista di Berlino nel 1945 + prime vittorie americane sul Giappone nel Pacifico e l'avanzata inglese e americana in nord Africa dove la presenza italiana e tedesca fu annientata. 1943 sbarco anglo-americano in Sicilia determinò il crollo del regime fascista e l'armistizione dell'Italia. Aprile 1945 pose fine all'occupazione tedesca dell'Italia centro-settentrionale. Intanto nel giugno del 1944 sbarco in Normandia delle truppe alleate e da lì avevano iniziato l'avanzata verso la Germania che nel 1945 sarà occupata dalle trippe sovietiche da oriente e dalle truppe angloamericane e della Francia libera da occidente. Fine della guerra: agosto 1945 – il Giappone si arrendeva all'esercito americano che aveva fatto ricorso alle armi atomiche con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. L'esito della guerra fu segnato dal ruolo determinante degli USA e da una realtà europea fatta di distruzioni, genocidio ebraico, tutto metteva a nudo la debolezza degli stati europei anche di quelli usciti vincitori. La nuova carta politica europea fu disegnata dall'accordo tra le due nuove superpotenze: USA e URSS. Con la conferenza di Yalta del febbraio del 1945 tra americani, inglesi e russi l'Europa diventava un'area sorvegliata e dipendente dalla forza militare e politica di due potenze – Europa comunque lacerata dalle conseguenze economiche e sociali della guerra, faticosa ricostruzione + fermenti di indipendenza di molti territori coloniali, le cui élite politiche trovarono nelle condizioni della guerra nuovi elementi per sostenere la fine dell'imperialismo coloniale. Alla fine della guerra gli Stati Uniti si fecero parte attiva nella nuova organizzazione – le Nazioni Unite – per assicurare l'ordine internazionale, imponendo i valori di autodeterminazione, di democrazia e di indipendenza nazionale. La divisione della Germania in due parti – una Germania orientale sotto il controllo dell'URSS (Repubblica Democratica Tedesca), una Germania occidentale (Repubblica Federale Tedesca) legata agli Stati Uniti. L'acuirsi delle differenze fino all'aperto contrasto tra gli interessi americani e sovietici portò all'inizio della guerra fredda (1946-1991), epoca che comportò la divisione dell'Europa in due blocchi: un blocco occidentale e uno orientale separati a partire dal 1946 da quella che il ministro inglese Churchill definì cortina di ferro e si trasformò nel 1960 in un vero e propio muro che tagliava a metà la città di Berlino. Le due europe erano divise tra ordinamenti politici, sociali, economici, ideologici contrapposti: l'Europa del capitalismo e delle istituzioni liberali democratiche, delle libertà personali, e l'Europa dei regimi socialisti, della dittatura dei partiti comunisti, dell'ateismo di stato. Divisione che su consolidò negli anni 40 con la costituzione di 2 strutture politico-militari: la NATO e il patto di Varsavia. Alla fine della guerra fredda, col crollo dell'impero sovietico, ci fu un processo di marginalizzazione della realtà europea nel contesto mondiale e soprattutto sul piano della presenza coloniale. Tra gli anni quaranta e gli anni settanta la GB, la Francia, la Spagna, il Portogallo, il Belgio hanno dovuto accettare l'indipendenza della gran parte dei loro domini coloniali – decolonizzazione. 9.5 Dall'Europa cristiana e liberale all'Unione Europea La cortina di ferro segnò il dividersi dell'Europa in due aree: l'Europa occidentale che si definiva per il suo sentirsi ed essere l'erede di quella storia e civiltà che avevano le loro radici nel cristianesimo, nell'incontro tra Germani e Romani, nell'elaborazione dei valori liberali e di un sistema economico capitalistico; un'Europa orientale che proclamava e voleva incarnare un'ideologia e una cultura politica che miravano al rovesciamento e ai valori di quella storia. La cortina di ferro era quindi il drammatico concretizzarsi di una cortina che Voltaire e tutta la cultura europea del Settecento avevano creato a parole e avevano inciso nella mentalità e nell'immaginazione degli
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