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UNDERSTANDING CONSUMER BEHAVIOUR mod. 1, Appunti di Comportamento del Consumatore

Appunti del corso di Understanding Consumer Behaviour mod. 1 integrati con le slide e il testo "Le decisioni del consumatore" - Proff. Busacca e Chizzoli

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 03/01/2023

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Scarica UNDERSTANDING CONSUMER BEHAVIOUR mod. 1 e più Appunti in PDF di Comportamento del Consumatore solo su Docsity! Appunti di Ludovica Sanfilippo UNDERSTANDING CONSUMER BEHAVIOUR 1 CENTRALITÁ del CONSUMATORE L’analisi del consumatore è fondamentale per le decisioni di marketing, infatti permette di creare valore e quindi ottenere un vantaggio competitivo. Le decisioni strategiche hanno un orizzonte di lungo periodo e sono difficilmente reversibili, oltrechè impegnative in termini di risorse. Le decisioni strategiche riguardano diversi ambiti. ● Definizione del territorio competitivo (terreno di azione dell’impresa) deve considerare Cosa → fa riferimento ai bisogni che un’impresa soddisfa (elemento che dipende dall’analisi del consumatore) Come → fa riferimento alle tecnologie (modalità) impiegate per rispondere ai bisogni Chi → fa riferimento ai clienti che vengono serviti (elemento legato all’analisi del consumatore) ● Definizione degli ambiti competitivi Ambito competitivo verticale → è un’impresa che si focalizza sui diversi bisogni di uno stesso segmento, è un’azienda specialista di segmento e compete con altre imprese che fanno lo stesso ma anche con imprese che soddisfano i bisogni di più segmenti (ambito competitivo orizzontale). L’orientamento al valore è l’unica garanzia di un’impresa per capire con chi è in concorrenza. Gli ambiti competitivi si classificano anche in - settoriali (diretti) - intersettoriali → soddisfano lo stesso bisogno per lo stesso segmento ma in modi diversi es. mazzo di fiori e cioccolati, compagnie aeree e ferroviarie, ma anche gioielli e viaggi (a seconda delle preferenze del consumatore e del bisogno che vogliono soddisfare) ● Definizione dell’opportunità di crescita La via maestra per crescere è lanciare nuovi prodotti e per farlo si deve studiare il consumatore, poi si può entrare in nuovi segmenti di mercato (es. Toyota che ha introdotto Lexus per entrare nel luxury), si può entrare in nuovi canali, si possono convertire i consumatori es. attraverso miglioramenti del prodotto, si possono inventare nuove occasioni d’uso (es. l’aceto è un prodotto versatile). ● Segmentazione, targeting e posizionamento (posizione occupata da un brand nella mente dei consumatori) sono tre decisioni chiave che il marketing deve prendere e che dipendono dal consumatore. ● L’analisi del consumatore è fondamentale anche per sviluppare le risorse intangibili di marketing, ovvero quelle immateriali basate sulla fiducia e quelle basate sulla conoscenza. Appunti di Ludovica Sanfilippo PROCESSO DECISIONALE Secondo il marketing, la creazione del valore economico si basa sulla corretta gestione del ciclo che collega il valore per il cliente a quello dell’impresa. Questo implica che: - i flussi di reddito e di cassa dell’impresa derivano dalla presenza di clienti disposti ad acquistare i prodotti offerti - infatti nella prospettiva dei clienti le imprese esistono proprio per produrre beni e/o servizi - e l’obiettivo di un’impresa è generare un valore superiore per i clienti. Il processo decisionale del consumatore può essere sia molto semplice sia molto complesso. La complessità del processo decisionale è influenzata da diversi fattori. 1. Caratteristiche del prodotto acquistato che riguardano - la frequenza di utilizzo (ricorrente, saltuario o speciale) - il valore unitario che si riflette sul rischio percepito dal cliente - il grado di complessità che si riflette sulla trasparenza dell’offerta - i rapporti di complementarità con altri beni - la tipologia di bene (bene fiducia, bene ricerca per cui il rischio è minimizzato o un bene experience valutabile sono una volta sperimentato es. merendina). 2. Novità del problema decisionale (sia in termini di categoria sia in termini di brand): se sono noti sia categoria sia brand il riacquisto è invariato (c’è una minima complessità); se sono nuovi sia categoria sia brand si tratta di un nuovo acquisto (c’è complessità massima); se uno è nuovo e l’altro noto si tratta di un riacquisto modificato, stessa cosa se la categoria è nota ma il brand è nuovo. 3. Il grado di coinvolgimento psicologico del consumatore rispetto al prodotto → più è alto il coinvolgimento più è approfondito il processo decisionale. Dipende dal livello di interesse per il prodotto e dal grado di rischio percepito che dipende dalle conseguenze negative in caso di errore della scelta. Il rischio può essere fisico (es. cibo scaduto), funzionale (es. strumento che non funziona), psicosociale (es. sbaglio abito, come vengo giudicato), economico-finanziario. Il grado di coinvolgimento psicologico del consumatore dipende anche dal contesto d’uso e dalla visibilità sociale, che tendono ad aumentare l’importanza dell’interesse e del rischio percepito es. se ho un ospite importante a cena, la scelta del vino diventa importante. 4. Complessità tecnologica Appunti di Ludovica Sanfilippo Consumer Insight Experts STRUMENTI e TECNICHE di RACCOLTA DATI Per le ricerche qualitative con pochi utenti poco coinvolti si utilizzano: netnografia, social media monitoring,… Per le ricerche qualitative con pochi utenti molto coinvolti si utilizzano: ricerche sui blog, test di usabilità del prodotto,… Per le ricerche quantitative con tanti utenti poco coinvolti si utilizzano: l’analisi dei comportamenti di navigazione,… Per le ricerche quantitative con tanti utenti molto coinvolti si utilizzano: sondaggi sul web,… La CATENA MEZZI-FINI La catena mezzi-fini è uno strumento di analisi ideato da psicologi cognitivi per ricostruire il memory network del consumatore, di fatto rappresenta la struttura di preferenza verso una marca. Questo memory network si articola in tre livelli di astrazione ciascuno dei quali è propedeutico al successivo e si articola in due sottolivelli. 1) Il primo livello, quello più concreto, è quello delle caratteristiche del prodotto, ovvero gli attributi del prodotto che possono essere - tangibili → ovvero misurabili, quantificabili - intangibili → non misurabili 2) La motivazione del perché sono importanti gli attributi porta a ragionare sulle loro conseguenze, ovvero i benefici degli attributi, che possono essere - funzionali → legati alla performance del prodotto, quindi con alta concretezza - psicosociali → legati alla considerazione sociale, al sé, quindi con bassa concretezza. Appunti di Ludovica Sanfilippo I benefici si distinguono anche tra - espliciti → se i consumatori li rivelano e - impliciti → se i consumatori faticano a rivelarli, li danno per scontati o non li conoscono. 3) Il livello più astratto della catena è quello dei valori condivisi, che possono essere - strumentali → orientano i comportamenti dei consumatori, quindi sono utili per raggiungere i valori terminali - terminali → ovvero i valori desiderabili. Spostandosi dagli attributi ai valori il livello di astrazione è crescente e quando la motivazione all’acquisto chiama in causa un collegamento che arriva fino ai valori il consumatore ha una relazione con la marca che va oltre il prodotto. Questa catena si ricostruisce con il metodo di intervista “laddering”, ovvero un processo per scalare in cui al consumatore si chiede il perché di quanto ha detto. Ci sono diversi tipi di laddering: - diretto → esplicita la marca e si cerca di capire quali siano i motivi per la preferenza verso quella marca - comparativo → si chiede di comparare delle marche (3) che vengono in mente, poi di indicare la preferita e darne la motivazione - proiettivo → si utilizza per prodotti delicati, dove si tocca una sfera intima del consumatore, infatti sono interviste guidate da psicologi - contestuale → si fa immaginare un contesto specifico - negativo → ragiona sugli svantaggi quindi serve ad esempio per capire perché non si compra un certo prodotto L’area tra gli attributi e i benefici è quella della product knowledge, della conoscenza del prodotto; mentre l’area tra i benefici e i valori è quella della self knowledge, della conoscenza del sé. MATRICE dei BENEFICI La matrice dei benefici è uno strumento di cui le aziende possono servirsi per capire il proprio margine di manovra nel momento in cui vogliono indirizzare i consumatori sulle caratteristiche del prodotto ma anche su ciò che il prodotto fa. CONVINZIONI Sulla base delle proprie conoscenze e percezioni, l’individuo sviluppa le proprie convinzioni circa un prodotto e le organizza in strutture cognitive es. catena mezzi-fini. Nel marketing, le convinzioni si classificano facendo riferimento alle relazioni tra attributi e benefici, tra prodotti e attributi e tra prodotti e benefici. Appunti di Ludovica Sanfilippo A1) convinzioni attributo-beneficio → es. pasta ruvida – presa del sugo A2) convinzioni prodotto/marca-attributo A3) convinzioni prodotto/marca-beneficio B1) convinzioni descrittive → sapendo una cosa di un prodotto se ne può dedurre un’altra oggettiva B2) convinzioni inferenziali → convinzioni soggettive che comprendono anche gli stereotipi negativi Da questo consegue una riclassificazione dei profili di offerta in tre fondamentali raggruppamenti: • L’insieme evocato → composto da un ristretto numero di marche considerate potenzialmente come in grado di fornire i benefici ricercati • L’insieme inerte → composto dalle marche nei confronti delle quali il soggetto non ha ancora sviluppato precise convinzioni • L’insieme negativo → composto dalle marche ritenute dal soggetto non idonee all’appagamento delle proprie esigenze. STRUTTURE COGNITIVE La struttura cognitiva è un insieme organizzato (e relativamente stabile) di convinzioni, concernenti le molteplici caratteristiche dell’offerta e i benefici di varia natura connessi alle caratteristiche. Per analizzare le strutture cognitive è importante capire - la centralità percettiva della convinzione (frecce in e out) → dipende dal numero totale di legami della convinzione, più ci sono legami più la convinzione è centrale - elasticità percettiva → indica la misura in cui una convinzione risponde a uno stimolo esterno che la raggiunge. La più elastica è quella con meno legami. Una convinzione se è molto elastica si muove tanto ma ha poco leverage percettivo - leverage percettivo (numero di frecce out)→ misura l’impatto sulle altre convinzioni. Tanto più una convinzione è centrale, tanti più legami ha con le altre, tanto più ha leverage (quindi agisce per cambiare tutte le altre convinzioni) e tanto meno è elastica. Se si è deboli su tanti attributi si deve lavorare sull’attributo a maggiore leverage, perché cambiando quello si cambiano anche tutti gli altri. Invece, se la debolezza riguarda un singolo attributo ci si deve concentrare sull’elasticità. Alta elasticità (tutti link) implica bassa centralità Alta centralità non implica alto leverage Alto leverage implica alta centralità Appunti di Ludovica Sanfilippo Gli ATTEGGIAMENTI Gli atteggiamenti sono disposizioni psicologiche nei confronti dell’offerta sottoposta a valutazione. Nascono dall’interazione tra i criteri di scelta, le convinzioni, la sfera valoriale e la sfera emotiva del cliente. Si formano nella fase pre e post acquisto. L’atteggiamento pre acquisto si traduce in un’aspettativa che deve essere confermata dall’atteggiamento post acquisto. Se manca questa conferma il consumatore è insoddisfatto e deve rivedere i propri criteri di scelta, convinzioni,… Gli atteggiamenti verso un determinato prodotto o brand possono essere scomposti in tre componenti principali che devono essere in equilibrio: - cognitiva (cosa penso di quel prodotto); - affettiva (cosa provo per quel prodotto); - conativa (quali sono le mie intenzioni comportamentali con riferimento a quel prodotto). Le principali aree di indagine degli atteggiamenti del cliente si riferiscono all’analisi: - della loro stabilità (v. teoria della dissonanza cognitiva e teoria dell’equilibrio); - delle funzioni che essi svolgono a livello psicologico e sociale (funzione strumentale, di autodifesa, comunicativa e cognitiva) - dei metodi utilizzabili per la loro misurazione. Il CONSUMO: modello di Holt Holt si è concentrato sul processo di consumo e ha deciso di studiare alcuni consumatori (i tifosi di baseball) con una ricerca etnografica. Da questa ricerca sono emerse le attività che guidano i consumi. 1) Attività di predisposizione → non prevede ancora il consumo, ma la raccolta di informazioni (scanning) e la loro interpretazione (enacting) 2) Attività di condivisione → prevede l’interazione con gli altri e l’assimilazione delle regole che guidano il consumo di quel prodotto 3) Attività di realizzazione → si ha quando il consumatore usa il prodotto e ne estrae il valore, attraversp attività di produzione, personalizzazione e apprezzamento Appunti di Ludovica Sanfilippo Secondo Holt, queste attività hanno un’articolazione particolare a seconda di come si vive il processo di consumo. ● Nel processo di consumo autotelico, ovvero autoriferito, il consumatore trae valore e piacere dall’attività in sé es. giocare a golf. Se il processo è autotelico il consumatore è molto focalizzato sul prodotto, valuta in base ai propri schemi, è interessato a scambiare e assimilare regole relative al prodotto ed è molto autoreferenziale, self focused nella valutazione. ● Nel processo di consumo strumentale, l’attività di consumo serve per conseguire un altro obiettivo es. conoscere persone, concludere affari,… Se il processo è strumentale il consumatore è molto focalizzato sul contesto, gli schemi sono condivisi, gli interessano molto le regole sociali e l’impatto sugli altri. PROCESSI DI CONSUMO e TIPOLOGIE DI VALORE Consumo autotelico es. frequentare la palestra perché appassionato di sport Consumo strumentale es. frequentare la palestra perché interessato al contesto sociale Appunti di Ludovica Sanfilippo PROSPECT THEORY La Prospect Theory dice come avvengono le scelte contravvenendo ad alcuni principi di razionalità che sono spesso alla base dei modelli e delle teorie economiche. È un modello volto a integrare la Teoria dell’utilità attesa e a descrivere in modo più accurato le scelte reali delle persone. Un prospetto è una combinazione di tutti i possibili esiti di un’alternativa e delle probabilità legate a questi possibili esiti. Per comprendere la valutazione dei prospetti gli autori ricorrono a due funzioni. ● La funzione delle probabilità mette in relazione la probabilità oggettiva di accadimento con la probabilità soggettiva percepita dal soggetto. Infatti: - le probabilità più basse sono sopravvalutate (gli esiti poco probabili sono sopravvalutati rispetto alla certezza che non si verifichino) - le probabilità medio/alte sono sottovalutate (gli esiti molto probabili sono sottovalutati rispetto alla certezza che si verifichino). ● La funzione del valore ha tre caratteristiche fondamentali - gli esiti del prospetto sono valutati in relazione ad un punto di riferimento e sono categorizzati come guadagni o perdite - la curva ha una maggior pendenza nel quadrante delle perdite rispetto a quello dei guadagni (avversione alle perdite) - la funzione è concava per i guadagni e convessa per le perdite. In entrambi i quadranti si osserva una diminuzione della sensibilità ai cambiamenti (utilità/disutilità decrescenti). ● Effetti della Prospect Theory Sulla base della Prospect Theory e delle due funzioni ci sono tre bias. Effetto framing → spiega come gli individui modifichino le proprie scelte in funzione del modo in cui è descritto il problema. Effetto dotazione → spiega la tendenza degli individui ad attribuire un maggior valore a un bene una volta che ne sono entrati in possesso. Effetto default (propensione allo status quo) → spiega la tendenza degli individui a confermare le scelte già fatte piuttosto che ad attivare un nuovo processo decisionale. Appunti di Ludovica Sanfilippo Il VALORE Nel ragionare sul valore di un prodotto per il cliente si devono considerare due componenti: - get (positive), ovvero ciò che il consumatore ottiene consumando il prodotto e - give (negative), ovvero i costi che il consumatore deve sostenere per avere le componenti give. Dunque, il valore è dato sia dai benefici (funzionali, psicosociali, esperienziali) sia dai costi di acquisizione dei benefici. In letteratura ci sono due modi per mettere in relazione queste due componenti: - l’approccio sottrattivo → vede il valore come differenza tra benefici e costi - l’approccio a rapporto → vede il valore come rapporto tra i benefici e i costi. Considerato l’importanza dei costi nella determinazione del valore, il marketing dovrebbe aumentare i benefici (es. attraverso l’innovazione, l’analisi del consumatore,…) e ridurre i costi diversi dal prezzo, così da poter lavorare con un premium price ritenuto equo. ● Connotati distintivi e implicazioni manageriali del valore per il cliente Multidimensionalità → il valore per il cliente considera diverse variabili, cognitive ed emotive, le tecniche più indicate sono le tecniche multivariate. Soggettività → il valore per il cliente è una variabile soggettiva, quindi è necessaria la segmentazione. Relatività → il valore di un prodotto valore è una variabile relativa perché si paragona sempre al valore di un altro, quindi le aziende devono fare benchmarking. Dinamicità → il valore per il cliente cambia quindi deve essere misurato sistematicamente. Appunti di Ludovica Sanfilippo La CENTRALITÁ del VALORE Il valore è una variabile fondamentale perché può portare l’azienda fuori dal mercato. Questa centralità dipende da tre fattori - complessità competitiva → perché la concorrenza è sempre più dura da fronteggiare - complessità relazionale → derivante dal fatto che l’impresa interagisce con una moltitudine di stakeholder es. clienti, azionisti - complessità tecnologica → legata allo sviluppo delle tecnologie Questi tre motori di complessità sono legati tra loro perché una tecnologia può aiutare un concorrente ad entrare in un mercato, questo ingresso aumenta il valore offerto e la complessità relazionale che può essere gestita solo migliorando le tecnologie. COMPLESSITÀ COMPETITIVA In un mercato coesistono meccanismi competitivi diversi e ciascuno di questi aumenta la complessità e ha un impatto diretto sull’importanza del valore. - Concorrenza settoriale → l’aumento della concorrenza settoriale aumenta l’importanza del valore perché se aumenta, aumenta anche la competizione sul prezzo e quindi le imprese devono concentrarsi sulla differenziazione che però deve essere percepita, rilevante e difendibile. Es. acqua Boario vs acqua Essenziale - Concorrenza trasversale → dipende dai nuovi entranti nel business che possono seguire una strategia di attacco frontale lavorando sul prezzo oppure un attacco laterale ovvero entrare sfruttando i gap di valore e i vuoti di offerta. Per contrastare la concorrenza trasversale è bene fare un’analisi del valore e riempire i gap. - Concorrente intersettoriale → proviene da prodotti o servizi sostitutivi, quindi è una concorrenza sul valore. Es. gioiello e viaggio appartengono sono due prodotti diversi ma possono soddisfare lo stesso bisogno. - Concorrenza a catena → si manifesta quando le imprese condividono i concorrenti. Es. 3M e L’Oreal condividono Beiersdorf perché produce nastri adesivi con il brand Tesa. Quindi 3M può diventare aggressiva nei confronti di Beiersdorf che diventa aggressiva nei confronti di L’Oreal o viceversa. Dunque, bisogna capire se esistono delle barriere preventive legate alla fedeltà dei clienti che dipende a sua volta dal valore per il cliente. Granarolo e Barilla condividono Parmalat che ha una linea di biscotti. Appunti di Ludovica Sanfilippo MATRICE VENDITE/QUOTA DI MERCATO → è utile per mappare i primi tre tipi di concorrenza sopracitati QDM bassa QDM alta Considerazioni Vendite alte Il mercato è in espansione, ma la capacità competitiva va male. Ci può essere un problema di concorrenza settoriale (da cui ci si difende tramite una politica di differenziazione) o trasversale (da cui ci si difende tramite analisi del valore per coprire i gap di valore in cui potrebbero inserirsi concorrenti) OK, le cose vanno bene Vendite dell’impresa/Vendite del mercato totale Vendite basse KO, le cose vanno male Il mercato scende, la capacità competitiva cresce. Quando il bisogno scompare, il mercato scompare; ma se il bisogno rimane e viene soddisfatto in un altro modo c’è un problema di concorrenza intersettoriale. Domanda da porsi: perché va male il mercato? E che risposte dare alla domanda? Ci preoccupiamo meno se il cattivo andamento dipende da una congiuntura quindi chiedersi → quanto durerà congiuntura negativa? Sarebbe drammatico invece se scomparisse il bisogno. Oppure se il bisogno c’è ma viene soddisfatto in altro modo → concorrenza trasversale: CONCORRENZA SUL RAPPORTO BENEFICI/COSTI QUINDI SUL VALORE Appunti di Ludovica Sanfilippo PREZZO DI INDIFFERENZA Il prezzo di indifferenza tra due alternative di prodotto è il prezzo che le rende indifferenti, ovvero in grado di offrire lo stesso valore al consumatore. Adottando l'EVC per misurare il customer value di due alternative, il prezzo di indifferenza è quello che "annulla" l'EVC (essendo quest'ultimo una misura del valore differenziale). Es. 1 se volesse catturare i clienti, ALFA dovrebbe fissare un prezzo al di sotto del prezzo di indifferenza, in modo che l’EVC diventi positivo. Approccio di composizione: i MODELLI MULTIATTRIBUTO I modelli multiattributo consentono di misurare il valore per il cliente attraverso la rilevazione dei giudizi di performance assegnati dal cliente a ogni attributo che incide sulla formazione delle preferenze. 1. Individuare gli attributi rilevanti da considerare nella formula → attraverso un’analisi qualitativa 2. Determinare l’importanza degli attributi e le percezioni → attraverso le scale di valutazione (es. Likert, unipolare, di ancoraggio semantico, rating a somma costante) MODELLO DI FISHBEIN Il modello multiattributo più utilizzato è quello di Fishbein e prevede la sommatoria dell’importanza di ogni attributo per il livello di performance percepito dello stesso, dunque è una procedura compensativa. ● Consente di capire l’importanza di determinati attributi per il consumatore e come valuta la marca con riferimento a quegli attributi (quindi di identificare spazi di miglioramento) 1. (Giudizio x importanza relativa)/100 = giudizio ponderato 2. Sommare tutto verticalmente 3. Scegliere l’opzione con il valore più alto, che più si avvicina al profilo ideale ● Il modello di Fishbein si può utilizzare anche per verificare il posizionamento di prezzo. 1. Calcolare l’indice di valore relativo = nostro valore/valore del concorrente. Il confronto è 1, quindi - se è < 1 l’impresa è un svantaggio competitivo - se è > 1 l’impresa ha vantaggio competitivo - se sono =, allora i prodotti sono indifferenti 2. Calcolare prezzo di indifferenza = nostro indice di valore relativo x prezzo del concorrente ● Il modello di Fishbein si può utilizzare anche per individuare i punti di forza e di debolezza dell’offerta e vantaggi e svantaggi competitivi dell’offerta e quindi di migliorare il valore percepito. Per l’individuazione ci si può servire di due matrici. Appunti di Ludovica Sanfilippo 1. Matrice importanza/performance È un’analisi dei punti di forza e dei punti di debolezza e non considera i concorrenti, quindi è da integrare. A destra si mettono gli attributi superiori alla media e a sinistra quelli inferiori, sopra quelli sostanziali e sotto quelli marginali (meno importanti per il consumatore). Se i punti di debolezza sono marginali non si deve fare nulla, mentre se sono sostanziali bisogna migliorare le percezioni. Per i punti di forza sostanziali si devono consolidare importanza e percezioni, mentre per quelli marginali è importante aumentare l’importanza degli attributi. 2. Matrice importanza/performance relativa Consente di misurare la performance relativa di una marca rispetto al suo concorrente. Per farlo si deve calcolare il rapporto tra il giudizio sull’attributo del prodotto dell’impresa sul giudizio dell’attributo del prodotto del concorrente (al posto della media aritmetica). Il valore di confronto è 1, quindi se il risultato è: > 1 si è in vantaggio competitivo < 1 si è in svantaggio competitivo 1 > 1 < 1 Appunti di Ludovica Sanfilippo ● È anche possibile misurare quanto i vari attributi contribuiscono alla differenziazione delle marche considerate. Per farlo ci si serve degli indici di: - differenziazione - determinanza INDICE DI DIFFERENZIAZIONE L’indice di differenziazione indica quanto un certo attributo è in grado di differenziare le percezioni delle marche. Si ottiene calcolando la deviazione standard dei giudizi di ciascun attributo. Indice di differenziazione ponderato = deviazione standard x importanza relativa di ogni attributo (poi si sommano). INDICE DI DETERMINANZA L’indice di determinanza indica gli attributi che combinano meglio la loro importanza e la loro capacità di differenziazione. Si ottiene → indice di differenziazione ponderato di un attributo/totale degli indici ponderati o Appunti di Ludovica Sanfilippo - I metodi probabilistici stimano la probabilità che un prodotto venga scelto e questa probabilità è data dall’utilità del prodotto/sommatoria delle utilità. Comprendono il modello BTL e il modello logit. Il CASO TYRING Il mercato di riferimento è quello delle marche principali. 1. Costruire i profili di offerta (per calcolare le utilità dei tre profili per i tre segmenti) Attributi Tyring Wetless Marche principali Marche secondarie Private label Notorietà marca Elevata Elevata Media Bassa Durata battistrada 40.000 km 55.000 km 50.000 km 45.000 km Spazio di frenata 25 m 28,5 m 28,5 m 28,5 m Facilità di reperimento Media (perché è in fase di introduzione sul mercato) Alta Alta Alta Prezzo ? 90$ 82,80$ 73,80$ 2. Costruire le importanze relative sui segmenti (fondamentali per valutazioni strategiche) Scarti di utilità = utilità massima – utilità minima rispetto a tutti gli attributi indagati in ciascun segmento Price oriented Notorietà di marca → 0,6 – (– 0,5) = – 0,10 Durata battistrada → 5,2 – 2,8 = 2,4 Spazio di frenata → 0,8 – (– 0,8) = 1,6 Facilità di reperimento → 0,4 – (– 0,4) = 0,8 Prezzo → – 5,180 – (– 8,140) = 2,96 Fare la somma di tutti gli scarti = 7,66 Importanza relativa = scarto di utilità del singolo attributo/sommatoria degli scarti di utilità Notorietà di marca → – 0,10 / 7,66 = – 0,01 Durata battistrada → 2,4 / 7,66 = 0,31 Spazio di frenata → 1,6 / 7,66 = 0,21 Facilità di reperimento → 0,8 / 7,66 = 0,10 Prezzo → 2,96 / 7,66 = 0,39 Appunti di Ludovica Sanfilippo 3. Calcolare le utilità parziali per ogni profilo e in ogni segmento → è parziale perché manca un dato (in questo caso il prezzo che per uno dei profili, i price oriented, è un’incognita) Price oriented Tyring Wetless Marche principali Marche secondarie Private label Notorietà marca 0,6 0,6 -0,1 -0,5 Durata battistrada 3,2 (40.000 x 0,08 vector) 4,4 (55.000 x 0,08 vector) 4 (50.000 x 0,08 vector) 3,6 (45.000 x 0,08) Spazio di frenata 0,8 -0,8 -0,8 -0,8 Facilità di reperimento -0,4 0,4 0,4 0,4 Prezzo Non si considera perché è utilità parziale / / / Utilità parziale 4,2 4,6 3,5 2,7 Per le variabili continue si deve usare il vector 4. Calcolare i differenziali di utilità (marca di riferimento – gli altri segmenti che operano sul mercato) Tyring – somma di marca principale = 4,2 – (– 0,4) = 4,6 Tyring – marca secondaria = 4,2 – 3,5 = 0,7 Tyring – private label = 4,2 – 2,7 = 1,5 – 0,4 è negativo. Ci si aspetta che il prezzo di indifferenza sia più basso del prezzo delle marche principali (perché il minor prezzo compensa il delta di utilità ossia il minor valore percepito) 5. Tradurre il delta di utilità in un valore monetario di un’unità di utilità = (prezzo massimo – prezzo minimo)/scarto di utilità del prezzo (110 – 70) / – 5.18 – (– 8.14) = 40/2.96 = $13,51 6. Calcolare il valore monetario del differenziale di utilità Moltiplicazione del valore monetario unitario dell’utilità per il differenziale di utilità (o scarto di utilità). Si calcola sul main competitor. Indica il delta prezzo che Wetless deve avere rispetto alle marche principali (main competitor) Differenziale di utilità, prezzo escluso DU – 0,4 x 13,51$ (valore monetario unitario dell’unità) = - 5,40$ valore monetario del differenziale di utilità 7. Calcolo del prezzo di indifferenza 90 prezzo del main competitor – 5,40 = 84,60$ Wetless deve fissare il prezzo di 5,40 inferiore a quello del suo concorrente. Appunti di Ludovica Sanfilippo CUSTOMER CENTRICITY La customer satisfaction è un concetto sottrattivo, ovvero è un concetto che nasce dal confronto fra il valore desiderato, il valore atteso e il valore percepito. Se: - il valore atteso e percepito coincidono → il cliente riceve quanto si aspettava e dunque è soddisfatto (customer satisfaction) - il valore atteso è maggiore di quello percepito → il cliente non è soddisfatto, dunque si parla di dissatisfaction - il valore atteso è minore del valore percepito → si parla di customer delighting Il confronto non deve essere solo tra attese (che riguardano il brand) e il valore percepito (che riguarda l’esperienza diretta), ma bisogna considerare anche chiedersi se le aspettative sono o meno vicine al prodotto/servizio ideale. Dunque, il cliente potrebbe avere ricevuto quanto si aspettava o di più, ma nella realtà è comunque lontano dal brand, perché il valore che desidera ottenere da quel processo di acquisto e/o di consumo è molto distante da ciò che si aspetta da quel brand. Gap di valore atteso → confronta il valore atteso con il valore ricevuto o percepito e si riflette direttamente sulla soddisfazione Dunque, le aziende dovrebbero misurare il prodotto ideale e il prodotto atteso nei loro confronti (nel momento della valutazione delle alternative). Gap di valore atteso + gap di valore desiderato = gap di valore totale ● La customer satisfaction come antecedente della fiducia La capacità di soddisfare i clienti significa che l’impresa - ha un sistema di offerta di qualità - è in grado di tradurla in valore percepito. Con riferimento alle aspettative, è importante la volontà di mantenere le promesse, che aumenta la certezza delle aspettative e di ritrovare in futuro le stesse performance. Con riferimento a una componente valoriale, un’impresa che soddisfa i clienti non mette al primo posto i propri interessi ma ragiona in una logica comune cercando di dare ai clienti un valore superiore, in modo non opportunistico. Motivazioni non opportunistiche, certezza delle aspettative e capacità dell’impresa contribuiscono ad accrescere la fiducia relazionale. Questo vale anche per i dipendenti e per gli azionisti, infatti sempre più spesso si parla anche di “employee satisfaction” e “shareholder satisfaction”, che sono legati e si influenzano a vicenda.
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