Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Understanding Consumer II, Appunti di Marketing

Appunti per esame frequentanti

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 12/01/2021

elena-scalinci
elena-scalinci 🇮🇹

3

(1)

1 documento

1 / 39

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Understanding Consumer II e più Appunti in PDF di Marketing solo su Docsity! UNDERSTANDING CONSUMERS II CCT (Consumer Culture Theory): approccio epistemiologico e teorico Il consumo simbolico è fortemente influenzato dalla cultura ed è portatore di valori Cultura: sistema di immagini, testi, idee, oggetti che le persone utilizzano per attribuire un senso al proprio ambiente e per orientare le proprie esperienze di vita, comportamenti e decisioni. The very fabric of experience, meaning and action è non in senso causale, ma come orientamento ed improvvisazione La cultura è essenza dell’esperienza di consumo, ciò che dà significato e ciò che guida le azioni. I significati costruiti sono attribuiti dai consumatori a situazioni, oggetti, ruoli sociali, relazioni. Nella letteratura di mktg si tratta di sub – culture: tante culture diverse cui si vuole aderire, non che siano inferiori per importanza. Qualsiasi oggetto di consumo è portatore depositario di cultura e concetti. Non è sufficiente studiare il processo decisionale. La comprensione della dimensione culturale del consumo consente di sviluppare conoscenze utili per la pratica manageriale da molteplici punti di vista. (Es: relazione con le marche e modalità di attribuzione di significato, rapporto con prodotti e marche internazionali, locali, globali, modalità di utilizzo dei prodotti, consumo degli spazi commerciali… è brand management, comunicazione, politiche di internazionalizzazione, sviluppo di nuovi prodotti, retailing, definizione dei criteri di segmentazione...) Ogni anno il 76% dei lanci di nuovi prodotti di largo consumo immessi sui principali mkt europei fallisce, non raggiungendo le 10.000 unità di pezzi venduti. Dei 12.000 nuovi prodotti lanciati nel periodo 2011 – 2014 e presi in esame da Nielsen, solo 7 sono stati dichiarati vincitori della classifica European Breakthrough Innovation devono possedere le caratteristiche: - Essere differenziato costituendo una nuova proposta e non un semplice restyling - Essere performante generando un flusso di cassa minimo in un anno pari a 10mln euro - Avere tenuta e resistenza, mantenendo almeno il livello delle vendite nel II anno pari all’85% di quelle del Uno dei fattori critici di successo è la conoscenza del comportamento del consumatore per generare insight Insight: the capacity to gain an accurate and deep intuitive understanding of a person or thing (Vocabulary); a penetrating observation about consumer behaviour that can be applied to unlock growth (Diageo) è a fundamental truth about human emotions/behaviour which can be leveraged to build a brand An insight is knowing what other people don’t know In sostanza, un insight è avere una conoscenza del consumatore tale da avere vantaggio competitivo. È una conoscenza approfondita che gli altri non hanno. Consente di capire anche ciò che il consumatore non sa ancora Non è sufficiente osservare il comportamento dei consumatori, poiché è necessario interpretare l’osservazione per generare insight. Spesso il consumatore vede la necessità solo quando emergono i problemi. (Es: Calgon con lavatrice, è stato chiesto all’azienda di rendere visibile il problema del calcare) Serve conoscere anche le motivazioni di ciò che si osserva, del comportamento dei consumatori I consumatori non sono consapevoli né in attesa dei nuovi prodotti della mia azienda, poiché hanno le loro vite, interessi e problemi e soprattutto i consumatori sono diversi tra loro. Inoltre, la concorrenza è alta. Spesso accade che i consumatori siano disinformati e incompetenti, quindi l’investimento fatto dall’impresa va vuoto in quanto non percepito. Ciò accade perché le aziende sono obbligate a comunicare tramite le etichette con un linguaggio tecnico, che non viene compreso dalla maggior parte della media dei consumatori. Ciò non è valido per tutte le categorie di prodotti: per alcune, soprattutto per quelle per cui i consumatori sono coinvolti, sono informatissimi, anzi spesso ne sanno anche più dei manager e sono molto utili per le aziende per dare dei suggerimenti. Il consumatore, in tal caso, è attento e competente, quindi proattivo. Indipendentemente dal fatto che le persone siano esperte o meno, comunque comandano loro e determinano loro il successo di un prodotto. Per l’azienda è importante la modalità di consumo, quindi le stringhe di consumo. È necessario capire come le persone si muovono all’interno del mkt e che significato attribuiscono ai loro consumi. Non esiste un sistema omogeneo di significati, idee, valori o modi di vivere MA esiste una moltitudine di significati, raggruppamenti di culture e valori che si sovrappongono, si mischiano, si contaminano o deliberatamente, cercano di mantenersi isolati. (consumo – marketplace – cultura) Consumo: attività chiave nella costruzione della nostra identità individuale. Inizialmente, si consideravano come attività che creano valore solo il valore e la produzione, in realtà ciò che crea valore è anche il consumo, e ognuno lo fa diversamente, poiché ognuno utilizza sé stesso in modo specifico. La nostra esistenza non è incentrata solo intorno al lavoro ed alla produzione. Ogni giorno contribuiamo alla costruzione e al mantenimento della nostra realizzazione personale attraverso il consumo e lo shopping. Non tutte le persone usano le stesse modalità di espressione del sé. Consumo e self-image è il know how del consumo (Es: zaino per libri, scarpe per l’università, occhiali, tipo di serata, iphone cambiano in base al tipo di ragazzo: i top of fashion, i radical chic, i nerd, gli espressionisti). I consumatori hanno acquisito valori sin da piccoli, in primis tramite i giocattoli, ed è il motivo per cui sono simili e parlano lo stesso linguaggio. Gli stessi oggetti hanno fatto sì che individui di una stessa cultura abbiano acquisito gli stessi significati di consumo e ideologie tramite i regali. La società adesso sta cambiando: c’è tendenza a consentire a maschi e femmine di giocare con gli stessi giochi è la società sta raccontando significati diversi (Es: si può regalare una cucina a un maschio così che giochi a Masterchef) Le ideologie di consumo sono cambiate anche per i bambini. Nelle nuove generazioni si smette di giocare alle Barbie alle elementari Anche le trasmissioni televisive contribuiscono a rendere simili le generazioni, condividendo con lo stesso linguaggio lo stesso set di valori. La moda ha giocato il ruolo di uniformare gli adolescenti, per renderli comuni tra loro senza differenziarsi più di tanto (Es: A&F, Hollister) Gli oggetti per la scuola e qui le pubblicità televisive hanno giocato il loro ruolo (Es: Smemo, Comix, rivista Cioè) IL CONSUMO È necessario conoscere chi si ha di fronte, che cosa fa. Il ciclo di creazione di valore non si limita alla pdz e non termina col consumo, poiché le fasi di acquisizione, consumo e disposing sono influenzate da prodotti, servizi, esperienze e idee. Non si riesce capire il comportamento dei consumatori e le relazioni tra le aziende, se non si considerano come i consumatori acquistano, consumano ed eliminano i prodotti, ovvero tutto il ciclo di creazione del valore non si esaurisce solo nella produzione. Negli ultimi anni, le ultime tre fasi sono diventate le più importanti, e anche le aziende hanno dovuto cambiare il modo di produrre a seguito dei cambiamenti avvenuti negli altri tre momenti (Es: collaborazione Diesel e Coca Cola, Eataly con la scelta di utilizzare il vetro, Nespresso con la raccolta capsule, Intimissimi con la restituzione dei reggiseni) Esistono tanti modi: - Acquisizione: ricevere, trovare, ereditare, produrre comprare. Per altre generazioni, fare sharing era inconcepibile, per cui inizialmente servizi come “Bla bla car” venivano utilizzati da giovani studenti che magari erano stati in Erasmus, infatti in altri Paesi europei questo concetto di condivisione si era già sviluppato. Man mano la cultura è cambiata, grazie alle pratiche quotidiane, spinte principalmente dai giovani. Si può avere un servizio che sulla carta è il migliore in assoluto, ma non adatto al segmento cui è diretto. Talvolta è necessario sbloccare la barriera culturale e i giovani hanno tendenzialmente una mentalità più aperta perché più curiosi. Tra le modalità di acquisizione, adesso non c’è più soltanto l’acquisto, oltre alla condivisione e allo scambio, c’è l’autoproduzione, che gratifica ancor di più i consumatori. - Consumo: collezionare, coltivare, mostrare, conservare, pulire, indossare, preparare, condividere, valutare, divorare, servire. È importante fare ricerca quali/quantitativa sull’utilizzo che il consumatore fa del prodotto a casa. Spesso il consumatore non sa quale sia il prodotto in grado di soddisfare realmente la sua esigenza oppure PRODUZIONE ACQUISIZIONECONSUMO ELIMINAZIONE/ DISPOSING Il sé esteso comprende il corpo, proprietà personali, idee, persone, luoghi, proprietà collettive ecc (Russell Benk, 1988) Benk, è partito da questi studi, e appartenendo alla società contemporanea ha spiegato che il nostro sé non è costituito da corpo e mente. Per definirsi, le persone parlano del sé ristretto e del sé esteso, come insieme di più concetti: corpo, proprietà personali, quindi gli oggetti cui siamo più legati, idee e valori, proprietà collettive, come città natale o luoghi del cuore, soggetti cui siamo legati, come famiglia, amici. Il sé esteso rappresenta il livello di soggettività più alto, che in mktg si traduce nei comportamenti di consumo. Se una marca appartiene al nostro sé esteso, non l’abbandoneremo mai è fedeltà alla marca Es: slide 20, sx. La mamma sicuramente ama le borse e ha scelto come vestito di halloween per la figlia una borsa Chanel. È la proiezione della mamma sulla figlia della propria identità, così da renderla subito riconoscibile ed associabile a lei. Per la mamma la bambina è un extended – self, così come le borse, quindi ha messo insieme le due cose. I bambini e gli accessori di valore sono l’extended – self di molte donne. Questa immagine ha suscitato moltissime reazioni diverse, positive e negative: i consumatori hanno pensieri e opinioni diverse, quindi vanno ascoltati tutti. Slide 20, dx. Gucci lancia questa pubblicità, in cui più vestiti avrebbe venduto, più soldi avrebbe donato in beneficenza all’Unicef per la costruzione di scuole in Africa. Non tutte le mamme hanno avuto una reazione positiva. È esteticamente una bella pubblicità: la donna sembra sicura di sé stessa, ma tiene in braccio i figli vestiti in Gucci, quindi senz’altro rappresentano il suo extended – self. È una mamma che riesce a prendersi cura dei bambini, ma ama anche curare se stessa, quindi sembra riesca a combaciare le due cose. Ciò che ha determinato emozioni negative: molte mamme erano contente della donazione, ma la modella bellissima in posa che tiene i bambini come delle borsette, non li guarda nemmeno. Le mamme hanno giudicato la mamma in pubblicità, proiettando sé stesse, quindi l’extended – self si è verificato nel giudizio che hanno dato. Benk: tutte le componenti del sé esteso si possono anche spiegare tramite il fare, l’avere e l’essere. Il sé esteso cambia nel corso della vita: in certi momenti si concentra sull’essere qualcuno, in altri ciò che possediamo è più importante perché simo più orientati al fare, in altri ancora è iù importante possedere, collezionare. È quindi importante capire a seconda delle fasi di vita del consumatore, per cosa è importante per lui l’acquisto o il consumo di un certo prodotto. Se è fedele e sta accumulando oppure se è fedele ma quel prodotto gli è funzionale per costruirsi la propria identità Ci sono altri 3 livelli di sé esteso: - having: possediamo noi stessi, il lavoro, il frutto del lavoro; le nostre proprietà servono per capire chi siamo - doing: le proprietà sono funzionali al fare, condizioni necessarie per il lavoro - being: l’essere si gioca tra avere e fare; noi possediamo e siamo posseduti dagli oggetti La riduzione del sé esteso: la perdita di una di queste componenti ci fa soffrire, poiché è come se ci venisse portato via un pezzo di noi. - lessening traumatico: luoghi (caserme, ospedali, case di cura) che conducono ad una standardizzazione dell’identità è elimination of uniqueness - furto/smarrimento: senso di perdita, violazione, invasione - self – restoration: la perdita di parte del self – extended a volte è vissuto come una spinta alla creatività e alla rinascita. La creatività è un tentativo di estendere nuovamente il proprio sé (Es: le aziende, dopo il trend del digitale, stanno puntando alle mamme che hanno voglia di avere foto stampate, o almeno una parte, così da toccare e tener vivi i ricordi nel presente e soprattutto nel futuro) Funzioni dell’extended – self nel ciclo di vita ð sé e ambiente o incapacità del neonato di percepire la distanza dall’ambiente o l’ambiente è ciò su cui non ha controllo o la mamma è la prima perdita del sé esteso è si inizia a separare sé e ambiente: la mamma è il suo primo sé esteso, da cui man mano inizia a distaccarsi e inizia a percepire l’ambiente ð sé e altri o la percezione degli altri si costruisce con il possesso attraverso i giochi o il meum/tuum è rivalità o il possesso prevale sullo sharing/giving è prevale l’having: ciò che è mio è mio, ciò che è tuo è mio, il sé esteso è dato dal possesso di oggetti Qui prevale la personalità con cui siamo nati: i bambini tendono a condividere di meno con gli altri, anche perché si affezionano più facilmente. Le pubblicità per i bambini puntano al martellamento di oggetti, giocattoli, indicatori del possesso ð adolescenza ed età adulta o la crisi di identità degli adolescenti si riflette nell’accumulazione/selezione dei possedimenti sulla base delle proprie passioni è prevale il collezionismo in cui ci si identifica: le pareti tappezzate di adesivi e foto parlano al posto dell’adolescente o per i giovani, prevale il doing sull’having: il proprio essere dipende principalmente da ciò che si fa, piuttosto che da ciò che si ha è tutte le energie sono proiettate sul fare qualcosa, sul costruire il nostro essere. Il possesso non è più sufficiente. In età adulta, l’having sarà espressione di ciò che abbiamo fatto. Ciò che hai dipende da ciò che fai Le pubblicità dei giovani puntano sull’essere, fare, sul ruolo di adulti ð vecchiaia o aumenta la definizione di chi siamo con il possesso, poiché gli oggetti raccontano i propri legami con il passato e rappresentano ciò che si lascia al futuro è l’having racconta chi siamo stati nel corso della nostra vita e cosa abbiamo fatto. Racconta ciò che possediamo e che possiamo lasciare alle generazioni future o la morte si pone in relazione al possesso o eredi ed eredità è ciclo dell’extended – self: having – doing – having Es: pubblicità Patek Philippe: il figlio è seduto sulla scrivania del padre e vestito come lui. La cornetta del telefono del padre è collegata direttamente al figlio: focus su business, connesso al figlio come futuro erede. Entrambi i bambini sono l’estensione diretta dei genitori, la loro proiezione futura. Il legame con i figli, fa pensare che l’investimento non sia per te stesso ma per la famiglia. In entrambi i casi, la pubblicità sta sia visivamente sia semioticamente rappresentando il concetto di extended – self con i figli è potenzialmente ispira un genitore. Richiama la parola possesso e generazione, quindi la pubblicità utilizza un linguaggio della teoria dell’extended – self. È una pubblicità accattivante perché lavora anche sul senso di colpa. Ha senso e va a colpire il target che è già predisposto all’acquisto. ð Non esiste un unico modo di vivere e dare un senso ai consumi, ai prodotti, agli oggetti, ai brand: altissima soggettività di parere e opinioni. Pubblicità tecnicamente fatta bene dal pdv dello storytelling. Sono emersi fattori positivi: nonostante lo sfondo della guerra, predominano valori universali condivisi anche dai nemici, come l’amore, la condivisione, il Natale, lo scambio di doni. Non è proprio eticamente corretto celebrare un momento che alla fine è doloroso, soprattutto in modo così coinvolgente in pubblicità. La pubblicità era un po’ lunga e si aspetta la fine per associarla al prodotto cui si riferisse, poiché non si capiva In UK, ha suscitato grandi dibattiti poiché il brand ha toccato valori importanti positivi ma associati alla guerra, quindi le opinioni sono state contrastanti a seconda del Paese di provenienza. Quando un brand tocca dei valori, non può dare per scontato che le opinioni siano uniformi tra i Paesi. Per alcuni, il fatto è realmente accaduto per cui diventa importante raccontarlo. Per altri, è sbagliato usare lo storytelling per celebrare la guerra, poiché è uno strumento coinvolgente ed empatico per celebrare la guerra: le persone potrebbero pensare che tutto sommato c’è qualcosa di buono anche nella guerra. Per altri, era meglio usare l’evento per fare una donazione piuttosto che farci marketing, dato che si tratta di valori universali e il fatto è realmente accaduto, non stava a loro raccontarlo, non dovevano brandizzarlo è quando ci si occupa di valori e cultura, bisogna tener a mente che i consumatori reagiranno in base al loro modo di vedere le cose, ai propri valori. Non c’è modo di vivere allo stesso modo complessi di significati valoriali appartenenti a target differenti. ⟺ cultura ⟺ consumption behavior ⟺ identità ⟺ Cultura: set di modelli comportamentali condivisi dai membri di una società o di un gruppo umano di larga scala. Comprende • Valori: credenze, opinioni stabili sugli esiti desiderabili, che trascendono situazioni specifiche e danno forma al comportamento umano. Molte pubblicità materializzano i valori (Es: rispetto delle diversità, degli altri, della natura, ricerca della felicità, merito, rivalità, rispetto delle regole) (Es: pubblicità Ringo) • Norme: regole informali, spesso non verbalizzate, che guidano il comportamento. Sono esplicite o implicite, quando sono regole non scritte sottese all’appartenenza ad un determinato gruppo. Rappresentano la comunicazione con cui si definiscono la cultura e le modalità di consumo di una certa categoria (Es: abbigliamento dello sciatore o snowboardista) • Linguaggio: artefatto culturale con funzione comunicativa vs costitutiva. I nuovi idiomi hanno modificato il nostro modo di comunicare ma anche le nostre priorità, quindi nuove modalità di comportamento e abitudini di consumo. Le aziende ora devono pensare a prodotti che le persone possano anche mettere sui social (Es: instagrammabile, recensione) Se penso a “bifidus”, mi viene in mente lo yogurt e i problemi della pancia gonfia e come personaggio la Marcuzzi come testimonial. Gli uomini invece erano imbarazzati e non acquistavano più yogurt. • Oggetti: artefatti materiali che definiscono la material culture. Possono essere sia depositari sia costruttori di cultura. Un oggetto è depositario di cultura quando è un’icona, un simbolo, quando rappresenta la storia; un oggetto è costruttore di cultura, poiché consente di attribuire un significato, e poi diventa depositario, perché gli oggetti sono dinamici e possono assumere un duplice significato (Es: il logo del Made in Italy è simbolo di una cultura, quindi è un depositario; la moka Bialetti è depositaria di cultura; la macchinetta Nespresso è un costruttore di cultura) (Es: Unicorn Frappuccino di Starbucks, prodotto divenuto popolare sui social media per quanto non piacesse di fatto a nessuno è emblema di come un oggetto può diventare veicolo di una cultura in cui importa la forma e non la sostanza, e che nessuno vuole. Era instagrammabile, quindi tutti lo volevano ma nessuno lo mangiava). • Miti: storie che contengono elementi simbolici che esprimono emozioni e valori culturali condivisi. Interconnettono, danno ordine, guidano, ispirano. Dietro un brand emergono la storia della famiglia, del business, l’espansione, i successi. (Es: Ferrari, Apple, Michael Jordan) • Simboli: oggetti che rappresentano e materializzano credenze e valori. Non hanno lo stesso significato per tutti. Possono avere valenza collettiva, tipica (Es: Apple) o individuale, atipica (Es: Fantacalcio) All’interno di ogni mito c’è sempre almeno un simbolo. • Rituali: comportamenti che avvengono in sequenze fisse e sono ripetuti periodicamente. Nella nostra cultura è importante conoscere i rituali del consumatore, poiché se sono ripetuti nella quotidianità è implicito che siano importanti. Si comunica tramite linguaggi comuni, sono presenti elementi simbolo, oggetti, miti, su cui si trasla la vita di tutti i giorni. I significati dei consumi servono per collegare gli individui alle loro identità - Utilitaristici: l’utilità percepita di un prodotto in termini di capacità di assolvere una funzione o un compito fisico. Il significato basic che un consumatore attribuisce all’oggetto che acquista è l’utilitarietà. L’utilità è la funzione base per cui si acquista un oggetto, valutandolo sulla base di performance, affidabilità, qualità, durabilità, caratteristiche tecniche dei prodotti, prezzo. I consumatori hanno opinioni soggettive e variabili in merito a queste caratteristiche, per cui è importante capire le percezioni del consumatore su un dato prodotto. Per quanto il significato principale sia a livello funzionale, i consumatori facendolo proprio lo rielaborano. (Es: Geox, Trivago, pubblicità camion) - Sacri: sono assegnati ai prodotti o esseri viventi vissuti come molto importanti (luoghi, tempi, beni tangibili/intangibili, esperienze). Significati culturali e simbolici collegati a prodotti direttamente dall’impresa e poi dai consumatori. Le aziende alimentari oggi hanno la tendenza a puntare sulla sacralità del prodotto (Es: nel dopo guerra c’era il problema della nutrizione e della fame, quindi Nutella fece una pubblicità finalizzata a tranquillizzare le mamma che un cucchiaino di Nutella dava 1.000 calorie soddisfacente per il bambino) Aziende come Barilla, Nestlè e Ferrero oggi fanno vedere i bambini, cui sono indirizzate le loro pubblicità, sempre in movimento, quindi quelle stesse 1.000 calorie sono consumate. Oggi non si parla più di calorie, ma si toccano i valori della famiglia, delle festività. (Es: pubblicità della Levi’s, che per sottolineare la loro attenzione all’ambiente, diceva che i jeans potevano essere lavati a basse temperature, quindi puntavano su significati d’importanza collettiva. - Auto – efficacia: il consumatore sceglie quei prodotti che sviluppano il problem – solving o consentono di avere l’idea di esserlo, che ci facciano sentire indipendenti e auto – efficaci. Spesso, scegliamo sempre lo stesso prodotto perché sappiamo che è in grado di risolvere il nostro problema velocemente. Dal pdv psicologico, le persone quando applicano criteri più pratici, alla fine scelgono criteri che fanno stare loro bene dal pdv del loro progetto identitario. Non tutte le volte si applicano processi razionali: a volte sul mkt sono offerti prodotti più performanti, ma non sempre, non tutte le volte, il consumatore va a rivalutare tutte le proprie scelte e fasi decisionali. Normalmente, il consumatore applica il criterio della continuità: preferisce marche che danno continuità alla propria identità, oppure sceglie quelle marche perché è abitudinario. Può applicare il criterio della distintività, scegliendo quei prodotti che lo aiutano a distinguersi e a vivere a pieno la propria unicità in termini identitari, quindi il rapporto qualità – prezzo passa in secondo piano. L’auto – efficacia è altro criterio scelto quando il consumatore vuole sentirsi un problem solver: quello che ha scelto gli ricorda che sta risolvendo il suo problema nel modo più efficace possibile. Ciò implica continuità e distintività, e allo stesso tempo tiene alta la sua autostima. Se il consumatore è auto – efficace è avrà un’autostima più elevata (Es: pubblicità Philadelphia usa molto l’aspetto funzionale per parlare della distintività del prodotto, offrendo un nuovo modo di cucinare e interagire con gli altri. Aspetto sociale di stare con gli amici attraverso il prodotto ed edonistico per avere il piacere di mangiare un piatto buono.) Il limite tra sacro ed edonistico è molto soggettivo, dipende da come concepisce e vive questi valori e aspetti della vita il consumatore stesso. Questi significati non sono mai categorie distinte in modo rigido, ma si intrecciano tra loro. Spesso le pubblicità sono molto ricche di significati, motivo per cui sono così potenti, ma i consumatori, in base al loro segmento, leggono solo parte di questi messaggi oppure li leggono in modo differente. (Es: pubblicità del formaggio e topo preso, emerge il criterio dell’auto – efficacia e l’aspetto strong, per cui criterio della distintività rispetto agli altri prodotti. Lo storytelling si focalizza sul fatto che se il consumatore mangia un formaggio così forte allora sa il fatto suo.) (Es: pubblicità Pepsi, in cui il bambino sale sulle lattine della Coca Cola per comprarsi la Pepsi. Si sottolinea il criterio della continuità, poiché nonostante avesse a disposizione ben due lattine di Coca, si sforza per comprare quello che vuole. L’aspetto della distintività, perché vuole distinguersi, sa cosa vuole e discriminare, qui la Coca è trattata come di mera utilità. Si sforza e riesce, quindi dimostra a sé stesso di essere auto – efficace, di conseguenza è più felice di bere quel prodotto, cui vi assocerà un’alta autostima.) (Es: pubblicità P&G alle Olimpiadi, per celebrare il ruolo di mamma che c’è dietro ad ogni atleta. La prima volta non doveva andare in onda su tutti i canali, anzi celebrava le mamme di tutti i dipendenti di P&G. funziona perché tocca leve importantissime: la continuità, che da senso di costanza, l’autostima delle mamme, in cui si rivedevano tutte le mamme di figli sportivi.) Quasi sempre nelle pubblicità c’è qualche significato dei consumi e qualche criterio della Breakwell di distintività e continuità, che coesistono e spesso è difficile separarli. Quasi sempre, questi portano all’auto – efficacia e all’autostima. Ci sono anche pubblicità che mostrano solo l’aspetto funzionale e utilitario del prodotto, ma non sono di solito così forti. PAROLE CHIAVE DEL NUOVO MKTG Il mktg è cambiato, poiché i consumatori a loro volta sono cambiati - Prosumption: il consumatore diventa anche produttore. Nel ciclo di produzione e consumo, non è detto che l’acquisizione avvenga solo per acquisto, perché il consumatore diventa proattivo e trova soddisfazione nell’auto - produzione - Connettività: il consumatore partecipa molto di più alla vita aziendale, si informa, dà feedback, influenza gli altri, ricerca autenticità, perché vuole vivere esperienze autentiche, si sposta fisicamente e virtualmente - Autenticità e localismo: ricerca del nuovo ma vero, il consumatore vuole vivere le esperienze di quel luogo attraverso un linguaggio comune - Esperienza e consumo emozionale: ricerca dell’edonistico, di esperienze nuove e sempre più coinvolgenti dal pdv fisico, emotivo e spirituale - Store experience: non solo fisica, ma anche virtuale. Sviluppo dell’e – commerce fa sì che il consumatore diventi più informato e competente - Multicanalità: sfruttamento di tutti i canali durante il processo di acquisto (Es: i nomi IKEA dei prodotti hanno nomi di persone, fiumi, laghi, località note svedesi, ma per il resto del mondo risultano impronunciabili o incomprensibili nella logica, poiché sono stati scelti inizialmente per facilitare il figlio di IKEA che era dislessico e quindi non riusciva a memorizzare i codici. Ancora oggi, per promuovere alcuni prodotti, IKEA fa sì che nelle ricerche su Google esca il prodotto quando le persone digitano i loro problemi.) Il potere simbolico e comunicativo dei beni e delle marche è legato alla costruzione di identità attraverso il consumo sociale. Forte interesse per le dimensioni estetiche, edonistiche e ludiche del consumo: oggi viene data sempre più enfasi su forma e stile piuttosto che sul contenuto. Le persone spesso si fanno influenzare dal packaging anche su beni banali (Es: ampolla del profumo di Guerlain). L’importante è accorgersi il trend, studiare da dove è partito e prevedere come si evolverà. I prodotti vengono creati al fine di veicolare immagini ed emozioni specifiche, a volte quasi raccontano la loro funzione d’uso a livello estetico (Es: prodotti di Alessi o Kasanova) Prodotti che suscitano sentimenti e ricordi è retro – mktg che fa rivivere i significati simbolici legati a prodotti del passato (Es: Vespa, Moncler, Fiat500) Anche nell’ambito dei servizi, l’aspetto sentimentale sta assumendo importanza, in cui i consumatori erano abituati a scegliere un servizio come un viaggio aereo, dove i criteri di scelta erano semplicemente prezzo del biglietto, durata del viaggio. (Es: WestJet ha chiesto a tutti i passeggeri del volo cosa volessero per Natale tramite real – time giving. Questa iniziativa ha fatto leva sul senso di fedeltà dei clienti, alimentando il criterio di continuità, poiché in quel momento quel tipo di comunicazione ha avuto un impatto positivo e si è guadagnata, oltre che un ritorno importante, anche un alto livello di soddisfazione). I consumatori hanno bisogno di sentirsi considerata dalla marca che scelgono e devono sentirsi protagonisti delle loro decisioni. Dal pdv del coinvolgimento, il consumatore oggi vuole sentirsi coinvolto sin da quando è piccolo, proprio per il criterio della distintività, in quanto contribuisce a farlo sentire protagonista. (Es: personalizzazione sneakers Nike, così come del biglietto di teatro in Spagna) “RITUALI E RITI DI PASSAGGIO” Ci sono attività della vita di tutti i giorni che sono rituali e altri invece sono solo dei riti. Per le aziende è importante capire i significati che i consumatori attribuiscono a quella ripetizione di episodi allo stesso identico modo. (Es: Nespresso è andato a stravolgere il rituale tipico italiano della moka) MODELLO DI McCRACKEN McCracken spiega che i rituali sono fondamentali nella nostra cultura, perché partecipano nella diffusione di significati culturali. All’interno di una determinata società (culturally constituted world), ci sono dei depositari (location of meaning/loci), dove si depositano e materializzano i significati culturali e ci sono dei meccanismi di trasferimento. Lo studioso identifica 3 tipologie di depositari di significati - Mondo: la società culturalmente costituito, principi culturali e le risultanti categorie culturali. Tutto ciò che è stato costruito dall’uomo, a parte la natura, rappresenta cultura. - Beni di consumo: i prodotti sono artefatti, espressione della cultura materiale, e incorporano sempre significati culturali, consciamente o meno. Ci sono significati dati dalle aziende e significati attribuiti direttamente dai consumatori. - Consumatore individuale: i consumatori trasferiscono significati culturali ai beni che consumano. Noi stessi, con il nostro me – self, siamo veicolatori di significati culturali. Le frecce del modello spiegano il modo in cui questi significati culturali passano da un locus ad un altro. Per leggere i significati culturali che il mondo materializza in prodotti, ci sono meccanismi specifici di trasferimento ð Dal mondo costruito culturalmente ai prodotti: il primo livello di trasferimento di appropriazione di significati presenti nella società avviene tramite la pubblicità di aziende, che crea connessioni tra categorie culturali e prodotti: questo si può basare sia su fattori di vincolo, attraverso ricerche di mkt, sia attraverso la creatività. Può avvenire anche tramite il fashion, design, food system, che però può confermare o modificare l’equivalenza simbolica, per cui dipende dal ruolo dei product designer e degli opinion leader. (Es: cartoni animati, architettura, film cinematografici) Noi capiamo che un prodotto veicola determinati significati dalla comunicazione, dalla pubblicità o dal packaging di quel prodotto. Nel tempo, i modelli di mascolinità e femminilità si sono modificati per tante variabili sociologiche, non sono in termini di comportamenti ed eventi storici, ma anche grazie al lavoro fatto da aziende. Non c’è ovviamente una reazione univoca da parte della società, ma ciò sicuramente movimenta i significati. ð Dai prodotti al consumatore: il secondo livello di trasferimento dai prodotti al consumatore avviene attraverso il consumo. Consumando quei prodotti, ci appropriamo di quei significati solo attraverso la ripetizione del consumo. Con un consumo occasionale, ciò non accadrebbe. L’appropriazione di tali significati avviene attraverso l’attivazione di rituali, per i quali è necessario un coinvolgimento significativo. o Scambio: il trasferimento culturale avviene per effetto del dono, della sua presentazione che può dipendere dal contesto spazio – temporale. La cultura del regalo ingloba regole implicite, non scritte, che raccontano il comportamento di consumo. Tali regole sono importanti e trasferiscono significati propri di quella cultura sociale e il rispetto di tali regole ne consente la loro perpetuazione. In base al segmento di consumatori e alla cultura di appartenenza, il regalo fa assumere comportamenti diversi. Ci sono società di mktg che studiano il mondo della regalistica e la sua evoluzione nel tempo. (Es: in passato non si regalava a uomo un gioiello che non fosse un orologio, i gemelli o un anello con qualche stemma. Oggi si regala bigiotteria anche agli uomini.) (Es: il significato universale che porta con sé il pacchetto regalo, in primis il pacchetto di Tiffany.) o Possesso: meccanismi di territorialità e appropriazione delle marche e dei significati delle marche, legati alla sfera della personalizzazione nel loro “ambiente”. Per le aziende di mktg è importante verificare se i consumatori modificano i prodotti acquistati o se li assorbono così come sono, se hanno capito i valori che si celano. Per studiare il comportamento dei consumatori soprattutto nel mondo del fast moving consumer goods, è importante capire cosa fanno i consumatori a casa loro con i prodotti, nel loro ambiente. Come le persone si prendono cura dei loro oggetti e come questi, eventualmente, diventano parte dell’extended – self. o Cura: tutti i riti finalizzati a contrastare la natura deperibile dei prodotti nel tempo. Modalità in cui il consumatore si prende cura di sé stesso, dei suoi possessi e degli altri, di tutto ciò che per lui è importante. Le persone possono avere modalità diverse (Es: anni fa pochissime persone andavano alle terme; adesso è un trend frequente poiché rappresenta una nuova modalità di prendersi cura di sé stessi e del proprio benessere.) o Disinvestimento: per modificare le modalità d’uso di un prodotto o per separarsene, il consumatore esprime i propri valori. Se il consumatore ricicla, regala, stia attento alla raccolta differenziata, come sia sensibile ai cambiamenti ambientali e all’attenzione che sta assumendo. Anch’esso è un rituale, poiché è una sequenza di azioni che ripete sempre, che rientra nel suo comportamento di consumo. I nostri comportamenti di consumo, la nostra quotidianità sono costellati di eventi, azioni che si perpetuano nel tempo quasi invariabilmente come rituali, che non rappresentano semplici episodi ripetuti per abitudine. Rituale ≠ abitudine, e così diversamente agisce anche il mktg. Rituale: attività espressiva e simbolica, costruita su una molteplicità di comportamenti che si manifestano in sequenze di episodi fissi, ripetuti nel tempo allo stesso modo. Si tratta di comportamenti personali, sociali, domestici, pubblici che costellano dimensioni diverse della vita umana (religiosa, politica, individuale, sociale). È una successione di atti più generici, fatti sempre allo stesso modo, pur secondo una certa procedura, ma non è detto che siano un qualcosa di formale. Un rituale è definito, scritto in modo drammaturgico e attuato con formalità, serietà e intensità intrinseche. Nel rituale c’è sempre la partitura di azioni generali con caratteristiche e qualità specifiche. (Es: “La sveglia di Fantozzi”) Elementi costitutivi di un rituale: (Es: caffè in moka) • Artefatti, prodotti, marche: tutti gli oggetti necessari al consumatore per lo svolgimento del rituale (Es: tipo di chicco, tipo di acqua) • Scrittura/partitura: sequenza fissa di azioni che devono esser fatte affinché il rituale venga svolto bene (Es: quantità di caffè, livello fiamma, mescolare con il cucchiaino al contrario, non lavare moka con sapone) • Rituali svolti durante l’evento: ci sono età e divisione dei compiti da rispettare (età cui iniziare a bere, momento in cui si prepara per la prima volta, chi sa farlo meglio) • Pubblico/audience (bambini, ospiti, stranieri) Tutti gli elementi devono essere conosciuti bene. Stessa cosa va studiata anche per le abitudini, così si può individuare dove i consumatori sbagliano e quindi correggerli aiutandoli ad utilizzare meglio il prodotto. Conoscere anche rituali di culture diverse (Es: Annaprashan, rituale individuale indiano) (Es: matrimonio. Artefatti: abito bianco, fedi nuziali, wedding cake; scrittura/partitura: convivenza, matrimonio, figli, promesse; Ruoli: pubblico presente, pubblico social, parenti) Non è semplice modificare i rituali dei consumatori, a volte è pericoloso: per il consumatore è qualcosa di talmente importante da toccare il sacro. Quindi potrebbe essere profano andare a toccare i rituali sia individuali sia collettivi. (Es: Moet&Chandon e Dom Perignon, per coinvolgere il segmento giovane, hanno toccato rituali che appartenevano ad altri consumatori. Moet ha lavorato ha lavorato su un nuovo contesto di consumo: artefatti completamente nuovi, soprattutto su packaging, immergendolo nel contesto festoso tipico dei giovani. Al consumatore tradizionale avrebbe potuto dar fastidio inserire il prodotto nel contesto da discoteca, invece Dompe ha cercato di renderlo allegro e divertente modificando l’etichetta. Entrambi le marche si sono rivolte a consumatori che avevano già un rituale, quindi erano predisposti.) Come studiare il rituale ai fini del mktg: creare una mappatura completa - Individuarne gli elementi - Mappare le fasi: individuare le fasi più importanti, ricostruirne la partitura, i nodi critici e quelli meno rilevanti, ovvero quelli più importanti da presidiare - Collocare le persone e le loro responsabilità nelle diverse fasi - Capire ruolo dei prodotti coinvolti e loro significati “IL PROCESSO DI RICERCA QUALITATIVA” Diverse tipologie di metodi di ricerca • Ricerca esplorativa: esplorare un fenomeno nuovo e chiarire il research problem per stabilire le priorità della ricerca e creare delle ipotesi. Serve per avere un’idea di massima su ciò che sta emergendo, capire quali priorità per studiarlo meglio e creare infine delle ipotesi da verificare con la ricerca quantitativa • Ricerca descrittiva: descrivere un fenomeno nei suoi diversi livelli, studiare il consumatore e i suoi comportamenti e misurare determinati aspetti di mktg (è rispondere alle 4W + H) • Ricerca causale: comprendere la causalità e la relazione tra fattori mktg e il research problem. Serve a capire oggettivamente perché il consumatore si comporta in un certo modo e assume determinate decisioni, ricercando le relazioni statistiche tra i dati raccolti. (è dimostrare il WHY) NB: tali metodi possono utilizzarsi in modo complementare a seconda della research question La ricerca esplorativa può essere usata anche dopo la causale. La ricerca quantitativa sola non è sufficiente: poiché non tutti gli aspetti del comportamento del consumatore sono misurabili. Quando dobbiamo studiare qualcosa di nuovo, dobbiamo abbandonare i nostri preconcetti, andare sul campo, studiare le persone e poi fare una ricerca quantitativa per verificare e misurare l’ampiezza del fenomeno. La ricerca qualitativa si applica a fronte di - un fenomeno nuovo: pratiche, abitudini, rituali, discorsi, significati, emozioni, sentimenti - come si comportano i consumatori nelle rispettive pratiche di consumo in profondità; - raccolta dati nei loro contesti naturalistici (Es: a casa, nei negozi, nei supermkt); - esplorazione delle emozioni dei consumatori, che spesso non sono in grado di riconoscerle e comunicarle - indagare la sfera irrazionale e inconscia dei comportamenti - assumere i pdv del consumatore, dare loro voce, vedere come si comportano e come usano i prodotti - eliminare il rischio di manipolazione dei dati degli esperimenti - ridurre i gap di conoscenza generati dai social desirability bias: tendenza a raccontare cose che la società si aspetta da noi, ovvero l’aderenza a modelli di riferimento sociali cui si aspira. Il rischio è di avere la profilazione di un consumatore che non si rivela com’è realmente FOCUS: generare insights, intuizioni, nuove idee inesplorate Soltanto combinando la ricerca qualitativa con quella quantitativa si ha una conoscenza approfondita del nuovo fenomeno. I ricercatori rappresentano strumenti di ricerca. In tutte le ricerche, il ricercatore ha un ruolo fondamentale quando ci si pongono degli obv. La cultura, il vissuto influenzano ciò che si vede è il sistema di valori iniziale condiziona l’interpretazione e attribuzione di significati. Più conoscenze hai, più sarai in grado di interpretare la realtà che ti circonda La percezione umana è altamente selettiva per cui persone diverse vedranno cose diverse, che dipendono dalla conoscenza precedente, gusti, background, idee PROCESSO DI RICERCA: 7 fasi (non te le chiederà mai, al massimo ti chiederà di applicarle a un caso) 1. Descrizione del fenomeno a. FOCUS: circoscrivere l’obv del fenomeno da indagare e i confini entro cui si posiziona il progetto b. Raggiungere il consenso su natura e aspetti prioritari del problema c. Verificare ed eliminare fraintendimenti e assunzioni implicite “Che cosa veramente abbiamo bisogno di conoscere/capire?” Bisogna essere consapevoli delle conoscenze pregresse di cui si è in possesso, che impediranno di esser completamente neutri e imparziali. 2. Research question a. Formulazione obv: identificare le priorità conoscitive attraverso la domanda di ricerca data b. Info chiave: identificare le info necessarie per rispondere alla domanda di ricerca Per ogni domanda di ricerca servono diversi dati specifici. Più dati si avranno a disposizione, meglio si conoscerà il consumatore e più si sarà in grado di dare implicazioni precise e affidabili e giuste per quel tipo di consumatore. I numeri da soli non consentono di conoscere i consumatori. In assenza di dati essenziali, non si riuscirà a rispondere alla domanda di ricerca e quindi di raggiungere l’obv. “If you do not know what you’re looking for, you won’t find it” 3. Research design a. Selezione dei metodi di ricerca i. Coerenza è ogni metodo di ricerca ha potenzialità e limiti, quindi si devono selezionare i più coerenti rispetto alle esigenze informative identificate ii. Fattibilità è l’ottimalità del metodo va confrontata con la sua fattibilità (accesso a risorse, tempi richiesti, risorse necessarie/disponibili) b. Campionamento: criteri i. Campionamento di convenienza: la ricerca qualitativa non si serve di criteri di rappresentatività statistica della popolazione ma di coerenza tra campione e obv della ricerca. Essendo qualitativa e quindi fatta all’inizio si sceglie un numero ristretto di intervistati in modo purposive, ovvero opportunistico, cioè quelle persone che realmente servono a rispondere alle domande di ricerca. Quando invece non è ancora chiaro il target dell’intervista si prende un campione più ampio, che di solito serve per la ricerca quantitativa. ii. Criteri: si ricerca max omogeneità oppure varietà e contrasto; casi negativi (persone che non consumano il prodotto o da non considerare); teoria esistente ed esperienza passata; intensità di relazione col fenomeno (creando gruppi di consumatori che conoscono già la marca, con consumatori che non ne sono consapevoli); snowballing, metodo a catena che si basa sul passaparola; opportunismo, ricerca sul campo, magari in un negozio, perché so intervistano persone piuttosto che altre; casualità, ricerca sul campo e capita di intervistare una persona che si è resa disponibile e non era previsto. I criteri spesso sono utilizzati insieme iii. Numero persone coinvolte: nelle ricerche qualitative si coinvolgono (+/-10) persone èpiù il campione dev’essere vario ai fini della ricerca, più persone devono essere coinvolte 1. Interviste: almeno 15 persone per gruppi omogenei, 20-40 per gruppi eterogenei 2. Focus group: minimo 2/3 gruppi da 8/10 persone 3. Eyetracking: 39 persone 4. Test usabilità: 5-8 persone iv. Informant ideale: persona ideale che collabora con la ricerca. Deve presentare caratteristiche strutturali adeguate e coerenti con le esigenze informative o gli obv di ricerca Deve avere disponibilità e capacità a raccontare. 4. Tool design • Identificazione degli strumenti necessari: strumenti di videoregistrazione • Liberatoria: predisporre i moduli per l’autorizzazione al trattamento dei dati • Strumenti di raccolta dati: stendere i protocolli/griglie per le interviste • Stimoli per tecniche proiettive 5. Data collection: interruzione nella raccolta dati quando a. Finiscono le risorse disponibili b. I nuovi dati non forniscono più rilevanza e significatività statistica (evitare ridondanza) c. Si ha una rappresentazione chiara e ricca dei diversi casi possibili d. I limiti sono insuperabili 6. Data interpretation a. Trascrizione: verbatim delle interviste, focus group… b. Reiterazione: lettura ripetuta in cerca di elementi ricorrenti c. Codificazione: attribuzione di codici a tali elementi ricorrenti d. Tematizzazione: raggruppamento in temi di più codici e. Collegamento dei temi alle research question f. Triangolazione 7. Reporting • Sfruttare la ricchezza dei dati • Usare metodi di rappresentazione multipli Intervista qualitativa: micro – relazione sociale, la cui efficacia è determinata dalla capacità dell’intervistatore di generare processi di identificazione. È una micro – relazione sociale, poiché dipende dalla capacità di relazionarsi con l’intervistato, interagirci, e dal modo in cui si pongono le domande e si percepiscono le risposte è da ciò dipende l’efficacia della negoziazione, quale obv finale dell’interazione La vera intervista qualitativa è quella in cui si configura chi si ha di fronte. Durante il processo, il rispondente e l’intervistatore negoziano la comprensione condivisa dei significati delle domande e delle risposte. Le info prodotte da un’intervista qualitativa di mktg sono costituite da un insieme di elementi verbali e non verbali: comportamenti, pratiche, abitudini di consumo, motivazioni, atteggiamenti, preferenze di marche, opinioni, credenze Ciò che un consumatore pensa è subordinato a ciò che fa e come si comporta: l’importante è sapere i comportamenti concreti, le marche di acquisto, dei consumatori delle altre marche. Intervista in profondità: non tutte le qualitative si definiscono così, poiché l’intervista in profondità implica conversare con i consumatori, cogliere i loro vissuti, i sensi delle loro azioni, i ruoli dei consumi nella costruzione del sé. Le domande poste dall’intervistatore sono finalizzate a spingere l’intervistato verso l’osservazione critica del sé e del proprio agire e a esplicitare gli esiti della riflessione. Con le interviste in profondità si vengono a conoscere le persone, le storie, la quotidianità, aspirazioni, desideri, bisogni, tutto. Conta più l’osservazione di ciò che le persone fanno e poter notare le incoerenze tra ciò che dichiara e come effettivamente si appare. È importante approfondire i dettagli non solo del fenomeno indagato, ma anche degli altri consumi per capire il loro spoken system è così da poter costruire i diversi profili/personas NB: - Sapersi porre nel modo adeguato con parole e linguaggio non verbale: distanza minima di un braccio - Essere bravi ascoltatori - Ridurre i rischi di social desirability bias: evitare domande che diano la possibilità di dare la miglior immagine di sé - Evitare domande che possano avere risposte secche Shopping list: ampia famiglia di tecniche utilizzate per definire le percezioni dei consumatori sulla brand personality o per capire le loro preferenze verso i prodotti/marche/categorie. Si può chiedere alle persone di descrivere le caratteristiche delle persone potrebbero comprare determinate categorie di prodotti, facendo loro quindi definire dei profili di consumatori nella loro mente. Far commentare un carrello della spesa, dove vi è incluso il prodotto d’interesse, o far costruire l’identikit del cliente ideale/tipico di 1/+ prodotti Usare 1/+ scontrini e chiedere chi ha fatto la spesa Chiedere alle persone di fare la spesa online per determinate situazioni Usare le immagini per aiutare gli intervistati a descrivere sé stessi, look, abitudini Test associativi: famiglia di tecniche che consistono nell’associare a un dato oggetto indagato altre parole. Si può tranquillamente improvvisare, basta avere foglio e penna. L’ipotesi di fondo parte dalle scienze neuro – psicologiche secondo cui i concetti sarebbero conservati nel cervello all’interno di cluster associativi. Test di trasformazione: sottocategoria di test associativi. Non richiedono l’associazione, ma la trasformazione dell’oggetto indagato in altro. (“Se fosse…”) è utile nei focus group, poiché insieme si riesce ad arrivare all’identikit. (Es: “Se fosse un colore...” serve per il packaging. Griglia sensoriale: si chiede di identificare l’oggetto indagato con i 5 sensi e si coglie come il prodotto è percepito a livello sensoriale. Test di completamento e bubble drawing: richiedono di completare con frasi/testi/immagini, per far immedesimare le persone in particolari situazioni di consumo o per emergere le percezioni sulle marche. Psycho – drawing: si chiede di rappresentare con un disegno anche astratto quello che evoca l’oggetto indagato. Al termine si chiede a ogni intervistato di interpretare il disegno (Es: disegno del logo aziendale di RTL) Test espressivi/proiettivi: includono il role – play (simulazione di ruoli) e la terza persona (test di tipo proiettivo). Utili per indagare come un oggetto/persona è percepito dagli altri e per forzare l’immedesimazione. (Es: Actimel diceva ai consumatori che si sarebbero sentiti dei leoni dopo il consumo). Mapping: creare le mappe di posizionamento percepito delle marche o per far ricostruire il flusso delle attività quotidiane delle persone. Trovare modi divertenti per fare domande con schemi con una bella grafica. Ogni rispondente deve collocare all’interno di una mappa di posizionamento diversi oggetti per esplorare le sue mappe percettive e i criteri di categorizzazione. Mood board: tecnica usata in tante modalità - Si suggerisce alle persone di scegliere e usare le immagini per comunicare sentimenti relativamente a un fenomeno, per esprimere preferenze/gusti rispetto a un trend - Si organizzano immagini per presentare il concept di un brand/store/progetto e si stimolano le reazioni dei consumatori Notness: viene utilizzata principalmente nell’ambito dei servizi. Si fanno domande puntuali che hanno l’obv di indagare i non desiderata, ovvero le cose che non si vogliono rispetto all’oggetto indagato, così si arriva agli elementi necessari e prioritari di un servizio. Quando indaghiamo le emozioni, i consumatori fanno fatica ad esprimerle e a comunicarle: in realtà ciò che proviamo è vario. Si utilizza la scala delle emozioni per aiutare le persone a farle emergere. Più insight e sfumature abbiamo, più abbiamo opportunità di creare dati rilevanti. Focus group: insieme di individui selezionato e aggregato dai ricercatori al fine di discutere e commentare, sulla base della propria esperienza, l’argomento oggetto di ricerca di mktg. È un insieme di individui tra loro sconosciuti riuniti in un particolare contesto neutro relativamente all’oggetto della ricerca (non aziendale per evitare influenze), con lo specifico intento di discutere un argomento o rispondere a idee/materiali di interesse per il cliente della ricerca. FOCUS: ottenere il maggior numero di info su un particolare argomento e osservare come le persone interagiscono tra loro, ed eventualmente cambiano idea a fine intervista. Le risposte dei soggetti partecipanti emergono dall’interazione con tutti i presenti, non solo dalle domande poste dal moderatore è è fondamentale il coinvolgimento e come loro si influenzano a vicenda Numero di partecipanti: 8 – 12, in Italia 6 – 10. Solo 4 – 6 se l’argomento è molto complesso è profondità orizzontale poiché le persone vanno riunite in modo omogeneo a livello sociale e relazionale Solitamente i partecipanti sono simili sulla base di predefiniti criteri di selezione è campioni purposive Tempo di svolgimento 1,5/2h: solitamente in pausa pranzo o dopo lavoro Preparare un setting ambientale adatto. È necessario registrare l’audio e possibilmente il video per raccogliere quelle info non verbali e registrare esattamente le interazioni di gruppo. Il linguaggio non verbale include prossemica, ritmi, toni di voce, pause, movimenti del corpo, traducibili in “linguaggio del corpo” “energia di gruppo”. Evitare l’utilizzo di professional respondent (Es: ricerca per Henkel sulla cura dei capelli, non si possono intervistare parrucchieri o hairstylist). È meglio ricorrere a interviste individuali in profondità o al metodo Delphi. Arginare leader esibitivi. Se capitano leader spontanei, osservare come vengono creati e quali argomentazioni fondano leadership e sua espressione. PLANNING a- Research question: come nelle interviste in profondità, devono essere definite con grande chiarezza e dettaglio, perché da esse dipendono la scelta delle domande/test da usare b- Protocollo e gestone della sessione: insieme delle domande, stimolazioni e test da somministrare, tenuto conto dei tempi, modalità di risposta, setting, modalità di registrazione. La libertà delle risposte dev’essere compensata da un design di ricerca attento e strutturato che tenga conto della necessità di coinvolgere tutti i partecipanti e di trattare nel modo adeguato tutti gli argomenti programmati. È necessario calcolare bene i tempi così da arrivare a fine focus group avendo già toccato tutti gli argomenti. RECRUITING Il campione è selezionato non in base a un principio di rappresentatività, ma di fertilità rispetto all’oggetto di indagine è criteri di selezione sulla base di omogeneità per demografia, life – stage, classe sociale ecc Questionario di recruitment: breve questionario con una batteria di domande in cui si rivela l’oggetto di indagine, da sottoporre agli intervistati. Serve a verificare che i potenziali rispondenti abbiano quelle caratteristiche specificate nei criteri di selezione. MODERAZIONE Lo svolgimento effettivo è la fase field in cui la discussone è realmente condotta. Il moderatore deve possedere capacità di osservazione e neutralità, focalizzazione, relazione, comunicazione, interpretazione e sintesi, valorizzazione del contributo di ciascuno, garante etico. POST – SESSIONE - Controllo delle registrazioni audio video: solo se si sono usati tali supporti e far firmare la liberatoria (se non è stato fatto all’inizio) - Integrazione delle note: numerare le pagine delle note, completare parti mancanti ecc - Osservazioni sulla sessione: annotare giorno e ora, tipologie e nomi dei partecipanti, eventi inattesi durante la moderazione, altri commenti sulla gestione ANALISI E INTERPRETAZIONE Analisi: codificazione delle info raccolte da svolgersi come per le interviste anche attraverso l’uso di software ad hoc. L’interpretazione avviene a due livelli: - Dati complessivi raccolti - Ricostruzione delle interazioni: lettura del testo individuale all’interno del testo degli altri INTERPRETAZIONE E REPORT Conclusioni: sulla base dell’interpretazione dei dati, si elaboreranno delle conclusioni basate sia sui dati della ricerca sia su passata esperienza e conoscenza È importante evidenziare gli insights su cui lavorare, usare verbatim per sostenere affermazioni. Report: documento formale in cui si riassumono metodo, risultati, conclusioni ed eventuali raccomandazioni. Se si usano più metodi di raccolta dati, il report dev’essere organizzato per temi e non in base alla fonte dei dati. DOMANDE E TEST 1. Warm up (come ice – breaking nelle interviste individuali): domande poste nella fase di riscaldamento, servono per rompere il ghiaccio, spiegare obv e regole dell’incontro e far presentare i partecipanti. Non c’è risposta sbagliata. È importante far capire che nessuno può criticare le opinioni degli altri a. Ground rule: in primo luogo, devono essere dichiarate e concordate le regole di condotta della discussione e di registrazione/utilizzo delle info b. Agenda: successivamente vanno sinteticamente descritte le fasi della group discussion, indicando una stima del tempo richiesto. L’obv di ricerca va presentato in modo generico c. Riscaldamento: si può inizare a creare un clima di confidenza e abituare alle regole di svolgimento, proponendo una domanda molto generica che inizia a introdurre al tema indagato 2. Domande dirette aperte: sono le domande più tipicamente usate nella group discussion. Sono il canovaccio attorno a cui vengono raccolte esperienze e atteggiamenti dei partecipanti (Es: “Adesso parliamo di”) a. Numero: se la group discussion dà luogo a un’ampia discussione, sono sufficienti 5-6 domande b. Leading question: da evitare come sempre nella ricerca qualitativa 3. Task: esercizi, schede da compilare, insieme o individualmente, normalmente proposti prima di discutere un tema in plenaria. Consigli per redigere il protocollo: a. Anticipare i test somministrati individualmente prima di discutere gli argomenti in gruppo: così, i partecipanti daranno info, senza esser ancora condizionati dalle relazioni scattate nel gruppo. Dopo il confronto, le loro opinioni potrebbero cambiare o non emergere e così si ottengono dati b. Sempre a livello individuale, usare tecniche proiettive per esplorare emozioni e livello inconscio prima che vi sia la condivisione di gruppo, poi passare al gruppo per indagare agli aspetti più concreti e funzionali. Dalla fase individuale a quella plenaria, possono emergere evoluzioni del pensiero di un soggetto poiché influenzato successivamente dall’opinione degli altri 4. Test proiettivi (stessi per le interviste qualitative): sia singolarmente sia in gruppo, è utile far fare dei compiti alle persone in modo da agevolare il dialogo e ridurre lo sforzo cognitivo di astrazione/memoria. Far costruire identikit di consumatori tipo, far fare mappe di posizionamento, partecipare a blind test ecc sono un valido supporto e consentono di raccogliere dati autentici. Non fermarsi al dato grezzo e visual, cercare sempre di farlo commentare alle persone “INTERPRETAZIONE DEI DATI” PROCESSO DI ANALISI DI DATI ð Lettura verticale o Sintesi dei dati o Categorizzazione & coding ð Lettura orizzontale o Comparazione ð Sviluppo di una teoria: processo di integrazione LETTURA VERTICALE: controllare, analizzare e triangolare i dati relativi allo stesso informant. Trascrivere le interviste con i propri commenti, riportando sempre luogo e data, obv di ricerca, nome intervistatore, riassunto intervista, principali dati e info aggiuntive sulla persona che sono state raccolte anche al di fuori dell’intervista; lasciare margine 10cm per scrivere i codici. Per le trascrizioni, in commercio ci sono app e software che aiutano nella trascrizione di file audio. La profilazione iniziale è fondamentale per le implicazioni manageriali: riguarda la costruzione dell’identità socio – demografica dell’intervistato sia delle interviste individuali sia dei focus group. Sintetizzare tutti i dati che riguardano la persona, importanti per comprendere il suo comportamento di consumo a 360 gradi. Triangolare a livello verticale: tutti i dati che riguardano una singola persona devono essere triangolati, ovvero confrontati tra di loro, al fine di verificare conferme/discrepanze, arricchire la conoscenza della persona o semplicemente per mettersi meglio dal loro pdv. LA CODIFICAZIONE Sviluppare analisi verticale significa analizzare tutti i dati relativi ad un dato consumatore attraverso un processo di categorizzazione attraverso l’uso di codici che riduce dati complessi e ricchi in concetti semplici e sintetici. Se sono stati usati più metodi di raccolta dati, è possibile triangolare tra queste diverse fonti di dati. La categorizzazione è solo uno step intermedio e i codici sono strumenti di lavoro per sintetizzare ciò che il testo delle interviste racconta. (non è ancora l’interpretazione finale) 1. Teorie biologiche i. Teorie biologiche sull’aspetto dei cromosomi e ormoni Numerosi studi e teorie fondate sulla biologia hanno cercato di spiegare le differenze tra maschi e femmine. In origine le differenze venivano attribuite ai cromosomi sessuali e ormoni diversi, soprattutto al testosterone. In realtà, quando si ripetevano gli studi, non davano sempre gli stessi risultati, quindi non c’era validità scientifica sul fatto che gli ormoni avessero l’impatto sull’identità di genere e sul comportamento di uomini e donne, bambini e bambine. Studi recenti hanno dimostrato che le differenze di natura ormonale hanno un impatto sull’umore e sulla personalità, ma i risultati specifici sono controversi. (Es: in termini di comportamento esplicito, gli uomini sono più aggressivi delle donne in età, situazioni, contesti etnici diversi; di fronte a persone nuove o nella difesa della propria privacy, le donne possono essere più aggressive anche se non esplicitamente). Non esiste accordo su chi sia più indipendente, in quanto gli studi hanno portato a risultati contrastanti o non hanno evidenziato sufficiente significatività statistica. Nei test basati sul self – assessment, le donne appaiono più sensibili, ansiose, umorali e paurose degli uomini, ma qui emergono i social desirability bias, quindi non sono considerati sufficientemente validi. (Es: i ragazzi non piangono, devono essere forti e di successo, le donne sono pazze quando hanno il ciclo). ii. Teorie biologiche sulla lateralizzazione del cervello In base alla struttura del cervello, le teorie spiegano le differenze in base ai diversi tempi in cui bambine e bambini sviluppano abilità legate ai due emisferi del cervello. La lateralizzazione inizia prima nelle bambine e per questo esse sono avvantaggiate nello sviluppo delle capacità verbali; i bambini sviluppano prima capacità spaziali. è ≠ sviluppo di capacità cognitive Gli emisferi delle donne appaiono più simmetrici e sembra che gli uomini sviluppino maggior specializzazione nello sviluppo delle capacità. In realtà, la superiorità delle donne nelle capacità verbali è elevata nei primi anni di scuola, ma successivamente le differenze si attenuano. Anche se alcuni studi dimostrano che nella crescita i maschi appaiono migliori in materie scientifiche, tale differenza è stata spiegata in termini di interessi verso tali argomenti dovuti all’identità di genere. Il fatto che le donne abbiano la tendenza ad osservare, scrutarsi e rappresentare una visione d’insieme, diversamente dai ragazzi che sono meno attenti ai dettagli, invece è semplicemente derivante da un paradigma sociale, non è uno stereotipo (Es: pubblicità della birra, che racconta come uomini e donne si comportano prima dell’uscita. L’uomo pensa alla birra ed esce; la donna pensa a come vestirsi e agli abbinamenti tra jeans, magliette e scarpe, e sulla base dell’outfit, deciderà cosa prendersi da bere. Successivamente all’appuntamento, l’uomo è interessato ad andarci a letto, mentre la donna si fa film in base a tutti gli scenari possibili.) (Es: progetto “Blue and Pink” evidenzia come l’associazione rosa – bambine e blu – bambini sia stato costruito dalla società). ð Anche se esistono motivazioni di natura biologica, le evidenti differenze che si notano hanno un’origine soprattutto sociale. 2. Teorie sociali i. Spiegazioni socio – culturali sull’apprendimento Negli anni ’60 e ’70, si sostiene che impariamo fin da bambini a relazionarci con i nostri simili e ad aderire agli standard attribuiti al nostro genere, osservando gli altri, e così assumiamo un comportamento. Si utilizzano gli standard del nostro genere in quando si apprende il ruolo di genere attraverso l’osservazione degli altri. In quegli anni, c’era ancora il modello in cui l’uomo era ancora il vincitore e la donna doveva stare in casa. Ciò spiega perché gli uomini sono più orientati al raggiungimento dei risultati e le donne sono orientate all’associazione con gli altri. Gli uomini si dimostrano più indipendenti dal giudizio altrui, mentre i giudizi delle donne appaiono più variabili, vulnerabili e soggetti alla persuasione, in quanto disposte a utilizzare maggiormente le info elaborate da altri, costrette a stare in casa, non conoscevano il mondo, non erano istruite. ð Questi stereotipi di genere sono ormai radicati e quindi difficili da modificare, in quanto perpetuati da tanto tempo tradizionalmente. (Es: pubblicità US #likeagirl) ii. Teoria del ruolo sociale Gli studi alla base di questo filone dicono che le persone sviluppano un certo tipo di identità di genere, perché la divisione del lavoro ha spiegato diversi tipi di comportamenti, definendo storicamente le aspettative in termini di ruoli di genere e ha causato anche differenze nelle elaborazioni delle info e nella personalità. Quindi, il fatto che gli uomini andassero a lavorare e le donne rimanessero tipicamente a casa ha fatto sì che bambini e bambine imparassero a comportarsi in modi diversi e, successivamente, questi modelli si sono evoluti quando le donne sono andate a lavorare. Questi studi hanno dato la principale spiegazione alle diversità di comportamento di uomini e donne soprattutto nella divisione del lavoro. è si parla di teoria del ruolo sociale, perché all’interno delle teorie del genere c’è una teoria che attribuisce al ruolo sociale storicamente dato all’uomo piuttosto che alla donna. (Es: “You really mean a woman can open it?”) Anche all’interno dei filoni, c’erano studi che dimostrano che ogni individuo a seconda delle situazioni fa emergere tratti maschili/femminili indipendentemente dal sesso biologico di appartenenza. Inversione di rotta nei modelli: oggi tra gli adulti (25 – 64 anni), le donne dedicano al lavoro familiare domestico e di cura 5h13’ in media, mentre gli uomini 1h50’. Negli ultimi anni, però, si è visto un aumento del contributo al lavoro domestico da parte degli uomini. iii. Modello sulla socializzazione Stabilisce che uomini e donne imparano i propri ruoli attraverso la comunicazione e l’esposizione a tutti gli agenti di socializzazione (pari, genitori, parenti e media). Il modello di socializzazione non tiene conto soltanto del fatto che apprendiamo dagli altri, ma che siamo influenzati da tutto ciò che ci circonda. Ciò stimola sia la nascita di specifici interessi verso determinati argomenti/prodotti e le modalità di ricerca ed elaborazione delle info. (Es: pubblicità pannolino Huggies in cui la mamma ha due figli, maschio e femmina. La femmina viene rappresentata seduta in attività strettamente femminili, che gioca con accessori di bellezza, mentre il maschio che tira calci alla palla, quindi dinamico. In UK è vietata.) Comunicazione ispirata a stereotipi di genere è ora vietata da Advertising Standards Authority UK: - No a spot che suggeriscono che una specifica attività sia inappropriata per le bambine o viceversa - No a spot in cui la famiglia sporca e la donna è l’unica responsabile della pulizia - No a spot in cui l’uomo è incapace di completare semplici compiti domestici o di cura 3. Teorie cognitiviste i. Teoria dell’interpretazione selettiva Gli uomini sono selective processors, ovvero interessati al concetto generale del messaggio, le donne sono comprehensive processors, ovvero interessate più ai dettagli e alla comunicazione esperienziale. Teoria descrittiva che può migliorare nel futuro grazie alle neuroscienze, che cercano di capire quando noi elaboriamo informazioni a partire da stimoli visivi. ii. Item – specific VS relational processing theories Gli uomini beneficiano di rinforzi non verbali (come la musica) nei messaggi pubblicitari ed elaborano meglio con un messaggio chiave e semplice. Le donne privilegiano messaggi verbali e ricchi di info sulla categoria. Caso Coca Cola Zero: il concetto di light/diet evocava agli uomini un bisogno specifico delle donne. Di fatto, era un bisogno anche per gli uomini, quindi la vera barriera era più nel nome. Il problema non era il prodotto, bensì nella barriera culturale, per cui è stato modificato il packaging e il nome in “Coca Cola Zero”, che non rimandava più alla dieta. I modelli evolvono e sono influenzati da numerosi fattori culturali. Gli agenti principali sono dati da media, pratiche, dal perpetuarsi degli stereotipi che si materializzano nell’apparenza fisica, negli atteggiamenti. Nel secolo scorso, i modelli femminili sono stati stravolti grazie all’emancipazione delle donne. Negli ultimi anni, quelli che stanno cambiando di più sono i modelli maschili. Quando si vogliono studiare i modelli di mascolinità e femminilità si devono capire i comportamenti, i prodotti utilizzati, attitudini ritenute consone per quei modelli, preferenze di marche, modo di vedere i prodotti, stile di vita, modelli di riferimento sociali. I modelli di femminilità sono spesso rappresentati dai media: il modello irraggiungibile, intesa come bellezza perfetta che è innaturale in una donna; la bomba sexy, attira target soprattutto maschile, motivo per cui viene utilizzata anche se criticata dai Paesi anglosassoni; la donna della porta accanto, che è un modello emergente (Es: Dove, Intimissimi); la donna dinamica, che rappresenta il modello della donna multitasking, emancipata; la donna della coppia alla pari, c’è sempre l’aspetto subliminale della seduzione, quindi è border line; la donna mascolina, non è un modello che diventerà prevalente. Modelli tradizionali di mascolinità: il breadwinner, il papà tradizionale che torna a casa e trova il pasto pronto, è il marito presente, l’uomo sicuro su cui puoi contare; il ribelle, mito americano, è l’uomo temerario che va all’avventura, a cui non interessa la famiglia, rientra nello stereotipo del “bello e dannato”; il man of action hero, l’uomo che è capace di diventare un’icona, di successo perché sono in grado di costruirsi dei miti e catalizzare valori all’interno della società. Esistono differenze tra i Paesi nei modelli di mascolinità, soprattutto tra mediterraneo e latino, americano, scandinavo. Nuovi modelli di mascolinità: il metrosexual, inizio della consumer masculinity, l’uomo che ha ossessione di esibire la propria fisicità (Es: Beckham). È il ritorno al culto greco del corpo maschile. Le contro – reazioni, in cui si propongono dei contro modelli: il retrosexual, modello di uomo curato ma retrò, più classico, l’hummersexual. C’è inoltre l’uomo campione, che ammette le proprie debolezze e porta con sé nuovi modelli di padri di famiglia, derivanti dalla parità di suddivisione dei lavori sia in casa sia in ufficio. “ETNOGRAFIA” “Ethnography is largely an act of sensemaking, the translation from one context to another of action in relationship to meaning and meaning in relationship to action”. È il metodo dell’antropologia culturale, definibile come la “scienza della cultura”, che con la sociologia e la psicologia sociale è stata tradizionalmente considerata uno dei pilastri delle scienze sociali. Studia i modi di pensiero, i comportamenti sociali nelle loro diverse modalità di espressione, peculiari di ogni gruppo e sottogruppo, culture e subculture. Si distingue da altre branche dell’antropologia per il focus di ricerca. Si avvale di numerosi contributi disciplinari: archeologia, storiografia, linguistica, semiotica ecc. Possibili applicazioni al mktg: consumo domestico e rituali, shopping, relazione con i prodotti, brand loyalty e brand attachment, diffusione delle innovazioni, pubblicità, processi di decisione familiari, place attachment, brand communities (virtuali e non), cool hunting. Forme di etnografia: - partecipazione attiva è osservazione (spettatore) - insider è outsider - soli è squadra, team di ricerca - singola osservazione è osservazioni multiple - focalizzazione è ricerca visione olistica - etnografia degli altri è auto – etnografia COME OSSERVARE • Prendere attentamente nota di azioni/eventi quotidiani, interazioni tra persone, conversazioni, comportamenti ripetuti/singolari, uso di oggetti/strumenti nel tempo e nello spazio • È fondamentale usare strumenti meccanici di osservazione o prendere appunti meticolosi e dettagliati di ciò che si osserva • A volte è utile preparare schede di osservazione con annotazioni di ciò che va osservato: se si lavora in gruppo è utile per il cfr, ma riduce la capacità di vedere cose diverse) • Se partecipata, questo consente di provare in prima persona le esperienze e consente di valutare spontaneità, sentimenti, coinvolgimento delle persone, non solo le parole pronunciate, e di cogliere sensazioni, sentimenti, pensieri difficilmente comunicabili a parole • Usare il più possibile i propri sensi per ricordarsi di registrare ogni cosa che accade nell’ambiente osservato • Ricostruire attraverso schemi, flussi e modelli visivi ciò che si osserva. A volte è utile non solo per memorizzare ciò che si è osservato, ma anche per capire la logica sottostante le pratiche di consumo • Gli oggetti sono un po’ come gli indizi • Attenzione al rispetto delle regole imposte dalla privacy negli spazi pubblici • All’osservazione pura si possono affiancare altre modalità di raccolta dei dati: tracking, shadowing; interviste a coppia; cool hunting; interviste in profondità. Netnografia: tecnica di ricerca online per derivare dei consumer insights. Accresciuta importanza dei consumatori su Internet: - L’elemento che più di tutti influenza l’equity di un brand è la consumer advocacy (la difesa dei consumatori, che si riferisce alle azioni intraprese da individui/gruppi per promuovere e proteggere gli interessi del pubblico acquirente): le info e influenze reciproche tra consumatori - Nuova opportunità e nuovo modo per studiare gusti, desideri e le esigenze che emergono nelle interazioni delle comunità online solo fornire una visione d’insieme degli spazi specifici e ristretti del mondo online, in cui si applicano regole diverse da quelle delle interazioni offline. Videotour: si segue l’intervistato durante la scelta, ad esempio di un capo di abbigliamento. L’obv era capire i trend del momento, migliorare l’offerta dei capi e rivedere il layout del punto vendita e i vari display. Re – enactment: l’intervistato ha dimostrato come gustarsi un hamburger vegetale. L’obv era capire come proporre il nuovo hamburger, quali ingredienti utilizzare e come comunicare le sue caratteristiche. “MARKETING KIDS” La prima regola è quella di avere sempre un comportamento etico. Seconda regola: i bambini vengono prima anche dei risultati, vanno tutelati. (Es: pubblicità in cui si dà una rappresentazione offensiva dei bambini, che in realtà sono per loro natura curiosi) (Es: pubblicità Volkswagen, se un bambino la guardasse, penserebbe di poter attraversare la strada senza guardare) È necessario ricordarsi che, anche se la pubblicità è rivolta agli adulti, i bambini la guardano e sono soggetti all’emulazione. “Kids today are customers, buyers, spenders, shoppers, consumers”. I bambini costituiscono 3 mkt in uno: - Mkt primario - Mkt di influenzatori - Mkt futuro I bambini hanno un loro budget di spesa e spesso sono in grado di utilizzare le piattaforme di e – commerce. I bambini influenzano qualsiasi acquisto in famiglia, sia piccolo sia importante, e sono orientati a provare nuovi prodotti prima dei loro genitori, poiché guardano le pubblicità e in genere sono più curiosi di provare. Inoltre, i bambini di tutte le generazioni hanno un mkt che verrà riproposto nel futuro, dato che le marche e le mode sono cicliche, puntando sull’effetto nostalgico quando diventeranno adulti oppure puntando sul sogno da realizzare. Quando ci sono meno bambini ai supermkt, le aziende vendono meno è nag factor and pester power Consumer socialization: processo di socializzazione dei bambini, ovvero le fasi attraverso cui i bambini sviluppano la conoscenza e l’atteggiamento necessari per comportarsi come consumatori. NB: essere consumatori non significa solo comprare, ma prima di tutto raccogliere info sul funzionamento del mkt per comprendere le logiche e dinamiche, riconoscere le marche, le pubblicità, capire il valore dei soldi e gli sconti. La consumer socialization si sviluppa in 3 categorie: • Capacità (di elaborazione, decisione, valutazione) • Preferenze di consumo • Attitudini di consumo PROCESSO COGNITIVO DI PIAGET 1. Fase senso – motoria (0 – 2 anni): divisa in sei sotto – stadi, attraverso cui il bambino sviluppa conoscenze primariamente motorie, di interazione con l’ambiente. Dai 18 mesi, inizia a immaginare effetti delle azioni 2. Fase pre – concettuale (2 – 4 anni): sviluppo del linguaggio e apprendimento concettuale attraverso il gioco e l’imitazione 3. Fase del pensiero intuitivo (4 – 7 anni): aumento della partecipazione e dell’autonomia, interazione con figure autoriali molteplici 4. Fase delle operazioni concrete (8 – 11 anni): passaggio dalla capacità logica a quella induttiva. Non sono più powerless victim of ideological manipulation, ma sono processori attivi e cinici del linguaggio della comunicazione. 5. Fase delle operazioni formali (11 – 14 anni): sviluppo delle capacità di ragionamento astratto, di natura ipotetica – deduttiva La ricerca più recente critica l’ipotesi che lo sviluppo cognitivo dei bambini proceda per stadi di età per diverse ragioni. Altri studiosi preferiscono teorie che vedono altri fattori alla base dell’evoluzione cognitiva: le crisi intra – psicologiche di Freud; l’apprendimento basato sull’osservazione degli altri di Bandura; il miglioramento delle capacità di percezione dell’ambiente circostante e della capacità di discriminazione tra gli stimoli. Altri ritengono che non tutti i bambini abbiano un processo di sviluppo cognitivo che rispetta le fasi di Piaget, poiché sono condizionati dall’ambiente e dal contesto culturale in cui vivono. Nelle teorie di mktg predominano 2 prospettive: • Cognitivista: i bambini sono target per il mktg e quindi di essi bisogna comprendere come elaborano le info nei diversi stadi. Si dà per scontato che i bambini siano il target della pubblicità e si vuole andare a vedere come i bambini reagiscono, come se fossero quasi passivi. • Culturale (CCT): i bambini vivono in un mondo consumistico e sviluppano le loro ideologie di consumo, consumando pubblicità e usando i beni nel processo di costruzione della propria identità. Di essi bisogna studiare non solo come elaborano le info, ma come le incorporano nel quotidiano per diventare agenti del consumo e non solo target. Verificare se nel lungo termine una certa pubblicità ha ancora impatto o li ha in qualche modo condizionati. I bambini quando parlano utilizzano lo stesso linguaggio e codici della pubblicità. I bambini sono esposti tantissimo alle pubblicità e usano il linguaggio più delle marche che dei prodotti. È importante rispettare tutti i regolamenti esistenti. Non registrarli, non mostrare loro prodotti, poiché i bambini sono facilmente influenzabili. Per le ricerche, solitamente si fa firmare la liberatoria ai genitori che devono dare un consenso partecipato ed essere a conoscenza del nome della marca, ma non vanno inseriti i nomi dei bambini. Dev’essere garantita la privacy; devono essere chiari gli obv di ricerca ai genitori; i bambini non devono essere influenzati dal fatto che si percepisca il potere superiore dell’intervistatore; la partecipazione alla ricerca non deve modificare il loro sistema di valori e credenze. Strumenti di ricerca: - Metodi creativi (storytelling, disegni, ecc): metodi migliori da unire a narrazioni/spiegazioni di ciò che hanno creato. Sono i più adatti per i bambini, poiché per loro è un modo utile per fare ciò che è loro chiesto - Interviste: solo brevi interviste per farsi spiegare meglio i contenuti delle tecniche creative. Non si effettuano mai interviste in profondità. Attenzione a non toccare argomenti delicati in cui i bambini possono raccontare argomenti privati della famiglia - Group discussion: utili come sopra e per stimolare i più timidi, ma attenzione a dinamiche di gruppo se non si è esperti. Evitare che i bambini discutano e poi piangano per effetto dei social desirability bias - Recitazione e role playing: aiutano a far emergere percezioni e punti di vista dei bambini, senza far emergere necessariamente info private - Osservazione ed etnografia: utile per osservare uso di oggetti, giochi, dinamiche, spazi NB: non mostrare mai marche ai bambini senza il consenso dei genitori, e in ogni caso non farlo quando si raccolgono dati online, a scuola e in qualsiasi altro luogo in cui sono sotto la stretta supervisione dei loro genitori. Non usare videocamere né macchine fotografiche. Registrare solo la voce e annotare solo iniziale del nome, sesso, età ed eventuali altri dati utili per obv specifici della ricerca se strettamente necessario. La marca è un concetto consolidato nella mente dei bambini. I bambini padroneggiano molto bene la pubblicità, in termini di contenuti e intento, e attribuiscono valore simbolico alle marche. I bambini sanno che il consumatore adulto è molto coinvolto dalle pubblicità che rivelano congruenza tra il sé e il prodotto. Democrazia e negoziazione sociale sono i pillar delle logiche di marca. I bambini sono consapevoli del ruolo simbolico delle marche e del loro impatto nella creazione di subculture e nell’identificazione di stato sociale MA hanno il desiderio di sovvertire queste visioni comuni e pratiche. La pubblicità dev’essere celebrativa ed empatica: le marche offrono divertimento, potere, energia alle persone che le usano e migliorano la loro performance verso uno stato di assoluta/relativa eccellenza. Materializzando le loro aspirazioni collettive, i bambini progettano un mondo commerciale che ha il potere di dislocare i significati e renderli tangibili. Utopie e valori elevati si intrecciano con benefici funzionali. I bambini si comportano come gli spettatori adulti che empatizzano con quelle pubblicità che li collocano all’interno e li celebrano. I bambini hanno dimostrato di saper giocare e sovvertire il linguaggio e il repertorio di tecniche di mktg. I contenuti e i testi sono originali nel contenuto e nella forma, ma allo stesso tempo incorporano i bisogni e le aspirazioni attuali dei consumatori. “CONSUMO E DESIDERIO” Il desiderio è leva su cui le aziende puntano tantissimo, spesso perché hanno verificato che nella pratica funzionano. Il desiderio può esser definito culturalmente e storicamente in modo diverso e il suo significato varia da Paese a Paese. Ciò che è oggetto di desiderio cambia da persona a persona, e per la stessa anche nel corso del tempo. Desideri ≠ bisogni Il mktg non può generare un bisogno, bensì può stimolare un desiderio da soddisfare. I bisogni sono legati alla massimizzazione dell’utilità e a scelte di razionalizzazione. Hanno valenza funzionale. I desideri sono legati ad una moltitudine di significati: piacere, sogni, fantasie, miti, gioco, sacralità, acquisto impulsivo. Hanno una valenza più simbolica e sensoriale. Bisogni e desideri sono due concetti categoricamente differenti: sono originati da spinte diverse (biologica vs psicologica/sociale/culturale) I bisogni sorgono indipendentemente dal contesto sociale. I desideri coesistono con l’immaginazione, anzi questa rappresenta una condizione necessaria, e dipendono dal contesto sociale e dalla cultura in cui siamo inseriti. Il bisogno si manifesta come una tensione fisica che genera uno stato di disagio e inquietudine che, dopo che l’oggetto in grado di soddisfarlo è stato individuato e consumato, cessa, per non manifestarsi più fino alla prossima tensione fisica. Il desiderio ha radici meno materiali: l’individuo non desidera ciò che risulta oggettivamente necessario, ma ciò che lo seduce a livello mentale. Il desiderio non dispone di un oggetto a questi connaturato, capace di per sé stesso di soddisfarlo e, diversamente dal bisogno, può esser soddisfatto in modi diversi. Se si prova desiderio verso un oggetto specifico, è solo e soltanto quell’oggetto a placare il desiderio. Tra le alternative, l’individuo sceglie un oggetto preciso sul quale riversare tutto il proprio desiderio e tale oggetto diventa nella sua mente insostituibile. A fronte di una molteplicità di oggetti che potenzialmente potrebbero rappresentare l’oggetto dei desideri di un individuo, egli ne elegge uno solo e solo quello sarà desiderato. ð I bisogni sono legati alla soddisfazione, che ha sempre un limite massimo (Es: fame, sete) ð I desideri sono legati al piacere, per il quale in teoria non c’è limite, anche se il livello di soddisfazione è stato raggiunto Quando c’è un desiderio particolarmente forte, c’è un lato oscuro. Di solito, è la persona che si fa sedurre dall’oggetto di desiderio. Spesso la morale incide e va a frenare il desiderio. La speranza di ottenere un giorno l’oggetto di desiderio può generare frustrazione. CICLO DEL DESIDERIO Nascita del desiderio (auto – seduzione): ricerca informazioni e la stessa immaginazione del piacere che si avrà, una volta ottenuto l’oggetto, è essa stessa il piacere. L’atto stesso dell’attesa gli danno piacere è Acquisizione dell’oggetto del desiderio (brama, anelito): il desiderio, quindi il piacere, è sempre crescente e tocca il suo picco, quando finalmente si entra in possesso dell’oggetto ≠ l’attesa che riguarda la soddisfazione di un bisogno è sofferenza (Es: muori di sete) è nascita di un nuovo desiderio: il piacere, una volta toccato l’apice, va a scendere e si annulla finché non torna a salire sollecitato dall’attesa di soddisfare un nuovo desiderio Un modello teorico è stato elaborato per capire come funziona il ciclo del desiderio: storicamente, geograficamente e culturalmente collocato, il desiderio è influenzato da forze istituzionali, immaginazione, speranza. Ha confini dati dalla morale delle persone e dal tipo di seduzione e da forze istituzionali che alimentano il ciclo, come i media, le strategie di mktg, gli influencer. Tutto ciò ha impatto direttamente sulla nostra immaginazione, che è +/- toccata da queste forze. cattolica rifiutavano e condannavano il modello della società del consumo, quindi non c’era nessuna istituzione che potesse fare da intermediario. La pubblicità fu utilizzata per cercar di costruire l’immagine di una consumatrice – tipo con cui le donne italiane potessero facilmente identificarsi. La donna così non perdeva il suo ruolo, anzi ne acquisiva uno nuovo e migliore, diventando una casalinga consapevole. Nella famiglia la donna era sempre stata una status – seeker I beni di consumo dovevano esser legittimati come segno di prestigio sociale. L’obv era quello di creare l’immagine di una casalinga consapevole. Il consumo divenne un’attività di empowerment, in cui le donne potevano trovare riconoscimento personale per le proprie capacità: la donna guadagna un grado di libertà in più, dato il contesto più retrogrado rispetto a quello americano. Così, le donne potevano compiere scelte indipendenti, rompendo legami con la tradizione patriarcale del passato. (Es: Barilla inizia ad adottare un linguaggio pubblicitario diverso a partire da “Vita con Bettina” fino ad arrivare a Mina, sola nella sua cucina) VESPA NASCE UN’ICONA Storia della Vespa che Piaggio riesce a creare nel periodo post II Guerra Mondiale. La società italiana è caratterizzata da un profondo cambiamento dal pdv quantitativo: a partire dagli anni ’50, l’Italia vivrà il miracolo economico. Il cambiamento è anche di tipo qualitativo a livello di consumi. La storia di piaggio si inserisce in questo contesto Enrico Piaggio vive quest’epoca di trasformazione e si rende conto che la sua può essere un’idea di successo. A partire dagli anni ’60, la Piaggio inizia ad essere associata a un certo set di significati e valori, sui quali ancora oggi con riferimento al prodotto Vespa, la Piaggio cerca di far leva per la comunicazione del prodotto. Sul sito online della Piaggio, c’è la sezione “Vespizzatevi”, in cui la campagna promozionale fa leva sulla storia del prodotto con linguaggio e grafica risalenti al 1947 Con un’operazione di heritage hanno lavorato sull’idea di community, hanno creato i “Vespa lovers” che condividono lo stesso stile di vita e set di valori, attualizzando i concetti del passato in chiave e riproponendoli in chiave moderna La community si da uno statuto: una comunità globale di persone che vanno controcorrente. La prospettiva globale, internazionale si ritrova sin da subito nella storia di Vespa: Piaggio concepisce il suo progetto avendo in mente mkt europei e americani. Il fatto che storicamente si stia lavorando in un grande mkt europeo è importante per un imprenditore dell’epoca. Coloro che guidano una Vespa hanno una personalità ben definita: sono persone sicure di sé, che non hanno paura di andare controcorrente La storia dell’advertising di Vespa non inizia così, ma questi valori verranno comunicati solo a partire dagli anni ’60: future, passion, all over the world, woman, freedom, young Oggi, si cerca di far capire che ogni Vespa è adatta per ogni tipo di occasione Si passa dalla distruzione del Paese alla voglia di ricostruire una società devastata dalla Guerra e dal ventennio fascista Negli anni ’50, pellicole che raccontano il boom economico italiano È una fase di transizione in cui tutti gli italiani sognano di arrivare ad un punto di prosperità e ricchezza. Il modello di aspirazione sociale era quello americano. Gli italiani non vedono l’ora di partecipare a questo cambiamento: la ripresa economica inizia nel corso degli anni ’50 con un 5% di crescita annua del PIL. L’Italia passa da essere un Paese principalmente agricolo a un Paese in cui il contesto è industriale e si comincia ad esportare all’estero: incentivo per gli imprenditori L’osservazione delle condizioni economiche va di pari passo ai sogni degli italiani, di avere un singolo prodotto di questo cambiamento: gli oggetti hanno forte valenza dello status sociale e dichiarano l’appartenenza a un certo tipo di comunità. Tutti sognavano di avere qualcosa di tangibile che fosse segno e preludio di avercela fatta In questi anni, l’Italia era un Paese da una parte legato alla tradizione, dall’altra aperto al cambiamento ed alla modernità. Nel contesto italiano è mancata l’istruzione al consumo: le istituzioni pubbliche ritenevano che consumare fosse peccaminose e potesse portare gli italiani alla deviazione. Le famiglie italiane, influenzate dalla pubblicità, iniziarono ad acquistare prodotti di consumo e a scoprire il tempo libero All’interno di questo contesto, l’Italia era caratterizzata da profonde differenze in termini di crescita economica tra il nord e il sud, per cui molte famiglie migrarono verso il triangolo industriale (Milano, Genova, Torino). Così come per gli elettrodomestici, la macchina rappresentava un citizenship good product: era simbolo di persone che ce l’avevano fatta Tutti gli italiani erano accomunati dal sogno di possedere una macchina, che all’epoca era costosissima Il contesto italiano era diverso da quello americano, dove la macchina era stata già introdotta agli inizi del Novecento da Ford. Inoltre, il mkt italiano era un mkt più ristretto quindi il modello di massa americano di “macchina per tutti” non era riproducibile, né applicabile, anche perché c’era praticamente totale assenza di infrastrutture Piaggio si rende conto che il modello fordista non era replicabile, ma che comunque andava iniziato il processo di motorizzazione del Paese: la Vespa non è proposta come un citizenship good, ma un mezzo di locomozione alternativo e a basso costo, quindi facilmente più acquistabile da tutti. L’idea del mezzo di locomozione è ciò su cui si lavora nelle prime campagne pubblicitarie: quegli elementi simbolici su cui la Piaggio fa leva tutt’ora invece arriveranno solo dopo il 1965. La Piaggio nasce ufficialmente nel 1947 ed è il risultato di un’idea dell’imprenditore Enrico Piaggio che voleva contribuire alla ricostruzione della società italiana Enrico Piaggio si era ispirato al Cusham Airborne, lo scooter utilizzato dai paracadustisti nella II Guerra Mondiale. Lo utilizzò come base di partenza per il suo primo prototipo “Paperino”, ma non lo convinse. Si rivolse a un ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, il quale aveva in mente il concetto di leggerezza, inoltre non amava le moto, poiché le riteneva poco maneggevoli e con ruote difficili da cambiare in caso di incidente Nell’aprile del 1946, il nuovo modello era pronto e fu battezzato Vespa da Enrico osservando la forma della moto Sin da subito, l’idea imprenditoriale si rivolgeva anche ai mkt esteri. Nelle prime campagne pubblicitarie, c’è forte influenza dei valori tradizionali e del mondo agricolo (Es: donna che porta la schiscetta a lavoro dal marito; donna che va al lavoro; donna che va nei campi con un mazzo di papaveri e spighe) Il cambiamento arriva a partire dalla metà degli anni ‘60 La Vespa era un mezzo per tutti: non era stata fatta una campagna pubblicitaria per colpire un preciso target della popolazione. Dagli anni ’50, la Vespa inizia ad essere utilizzata da un gruppo di persone, i giovani, che vogliono distinguersi dalla precedente generazione. È un mezzo con cui creare una comunità in cui si condividono valori, quindi si organizzano raduni per fare gite fuori porta. Il prodotto viene utilizzato come collante per costruire una comunità La comparsa di una Vespa nel film “Vacanze romane” valse alla Piaggio vendite pari a 100.000 scooter. La Vespa inizia ad esser utilizzata dai giovani, che la concepiscono come un prodotto moderno, con il quale possono costruire un’identità in quanto gruppo: in un contesto italiano, per quanto in evoluzione, ma pur sempre tradizionale, il salario che il giovane guadagnava era devoluto sì alla famiglia, ma una parte per l’acquisto della Vespa è minaccia al tradizionale sistema italiano patriarcale Tra il 1950 e 1970, i giovani iniziano ad essere percepiti non più una semplice fasce d’età, quindi distinti dall’anagrafica, ma come un gruppo caratterizzato da sogni, esigenze, bisogni specifici diversi dalla generazione precedente è sviluppo di prodotti targetizzati al un nuovo segmento di mkt dei giovani: cinema, musica, moda Le ragioni del cambiamento economico dipendono dallo sviluppo economico nella maggior parte dei paesi occidentali; reazione al valore del risparmio, tipico della generazione precedente: accesso al sistema educativo e maggior mobilità. Il cambiamento economico sorregge il cambiamento di tipo socio – culturale. Tale cambiamento è molto forte soprattutto nel contesto britannico, ma non scalfisce il progetto iniziale di comunicazione: il fatto che venissero usate in quel modo non era elemento interessante che avrebbe dovuto mettere in dubbio la strategia. Non era stimolo sufficiente per portare Piaggio a cambiare La Piaggio è costretta a cambiare la propria strategia di comunicazione di mkt a causa di un cambiamento legislativo: a metà degli anni ’60, la legislazione stabilisce che tutti i veicoli con motori di cilindrata superiore a 50cc bisognava avere necessariamente la patente, per la quale era necessario aver compiuto 17 anni, mentre per guidare un veicolo di cilindrata inferiore a 50 cc bisognava avere 14 anni. La Vespa aveva una cilindrata da 150 cc Se hai compiuto 17 anni e vuoi acquisire la patente, punterai alla macchina, quindi viene a mancare una grossa fetta del target. Continuando a proporre una Vespa con cilindrata 150, chi la comprerebbe? ð La strategia produttiva di Piaggio cambia: produzione di uno scooter con cilindrata 50 cc, a partire dai 14 anni Le nuove pubblicità erano ancora legate alle campagne pubblicitarie precedenti, quindi con pochissimo sforzo cognitivo: ciò si spiega perché le campagne vengono ancora definite dall’ufficio mktg interno a Piaggio. Qualche sforzo in più si ha introducendo come testimonial Gianni Morandi, molto amato dai giovani dell’epoca Il vero cambiamento arriva nel 1966 quando si aprono a una contaminazione esterna, affidando la nuova campagna pubblicitaria all’agenzia Leader Ci sono sempre più giovani che entrano nel mondo del lavoro, sviluppando un’identità e coscienza sociale e politica molto forte. L’agenzia decedi di cambiare linguaggio, sviluppando una campagna pubblicitaria in grado di veicolare nuovi contenuti simbolici associati alla Vespa, abbandonando le caratteristiche funzionali del prodotto ormai note a tutti. L’idea che viene ai creativi di Leader è che guidare la Vespa sia sinonimo di nuove esperienze ed un nuovo stile di vita: ricorrono a ricerche di mkt di tipo qualitativo, interviste in profondità con l’obv di capire quali sono i simboli che i giovani associano alla Vespa. La Piaggio doveva cambiare registro di comunicazione. Idea di uno stile di vita diverso da quello degli adulti e della società di massa. Le ricerche qualitative avevano il potenziale per creare nuovi segmenti di mkt e per costruire una nuova identità generazionale: potevano aprire nuove opportunità lavorando su un target ristretto è emerge che i giovani associavano alla Vespa valori simbolici come: indipendenza, libertà, emancipazione dalla famiglia, nuove avventure, desiderio di affermazione L‘obv è quello di comunicare un prodotto di modernità e autenticità, con cui fare un’esperienza sincera e genuina è nuovo posizionamento: non è più solo un mezzo di locomozione che si compra perché meno costoso rispetto alla macchina, ma un veicolo sovversivo e controcorrente, che in quel contesto era qualcosa di positivo perché consentiva ai giovani di creare una nuova identità I desideri dei giovani venivano interpretati come sintomatici di una nuova identità generazionale: immaginazione e creatività, spontaneità, autenticità. Legare il prodotto alla controcultura degli anni ‘60 1. Scoprire un valore o un set di valori che i giovani associano alla Vespa 2. Esplicitazione e legittimazione dei contenuti simbolici individuati tramite pubblicità e comunicazione 3. Contributo alla creazione di una nuova identità generazionale L’agenzia Leader decise di utilizzare la mela, perché riteneva fosse un simbolo coerente con i valori emersi durante le interviste in profondità. La mela trasmetteva gli stessi valori che i giovani associavano alla Vespa è l’utilizzo della mela come simbolo serviva per rendere espliciti i contenuti simbolici e associarli alla Vespa Ogni mela era diversa simbolo della diversità di stili di vita: “Chi Vespa mangia le mele” Ora Vespa è un mezzo di locomozione che rappresenta al meglio gli ideali della controcultura della fine degli anni ’60 e ’70, per rendere ancora più esplicito il messaggio scoperto dalle interviste in profondità È un set di valori su cui loro ancora lavorano: la Piaggio fa ancora leva sull’identità creata e il fatto che l’idea sia sinonimo di libertà e di uscire dalla massa, dalle imposizioni sociali è rimasta ancora oggi e ha influenzato la canzone di “50 special” CONSUMO TV Si tratta ancora del contesto italiano nel post II Guerra Mondiale, in cui la tv ha avuto un ruolo fondamentale: è stato strumento con cui si è costruita l’identità collettiva. L’Italia non era ancora unita e l’unità si fece con la società dei consumi, che rappresentò un collante importantissimo per rendere l’Italia identificarsi come un gruppo. Gli intellettuali di Sinistra furono molto avversi, ritenendo che la società dei consumi potesse apportare un danno morale La televisione fu l’unico strumento con cui gli italiani vennero educati al consumo La televisione è sempre stata associata all’idea di “lavaggio del cervello” sin dai primissimi anni della sua introduzione. L’emblema massimo di ciò che la tv produce sugli italiani è Fantozzi con rutto libero frittata e partita La tv viene paragonata all’oppio dei popoli Criticare la tv è sport popolare: la tv è associata all’idea di atomizzazione e massificazione, quindi sarebbe stata al servizio della società dei consumi che l’Italia stava vivendo negli anni del boom economico. Di fatto, è una visione parziale e di ciò che in realtà sarebbe stato negli anni ‘80 La tv nel contesto italiano ha abito un ruolo anche di educazione, ma non solo al consumo, anche di insegnamento alla lettura e scrittura: è consumismo ma anche libertà individuale è livellamento della cultura ma anche educazione Nel corso degli anni ’50 e ’60 gli italiani hanno potuto prendere coscienza di sé con cinema e tv La tv contribuì a creare l’identità nazionale degli italiani, poiché diffondeva gli stessi contenuti su tutto il territorio, colpendo tutte le fasce e categorie di cittadini è creazione di un universo condiviso di significati e simboli Negli anni ’50 e ’60, la tv ha rappresentato un collante molto forte: un rituale sociale e collettivo, in quanto è al centro dei discorsi degli italiani in ogni luogo e in qualunque momento I prodotti di consumo in Carosello sono identici per tutti, sono comunicati allo stesso modo in tutta Italia. La simbologia connessa al prodotto diventa parte della cultura È strumento con cui gli italiani si abituano ai prodotti di consumo, veicolando simboli che diventano ben presto condivisi e universalmente riconosciuti I significati e la simbologia connessi ai prodotti di consumo consentono al consumatore di costruire e comunicare la propria identità personale e di trasmettere l’idea di essere parte del cambiamento sociale e culturale in atto Nel 1954, iniziano le prime trasmissioni nel Nord Italia, poiché c’era un cluster di imprese specializzate in ciò che di tecnico servisse per la trasmissione del segnale televisivo Solo nel 1957, tutta la penisola venne raggiunta dal segnale televisivo Anche qui il modello di riferimento era il modello statunitense dove la tv era intrattenimento e strumento di mktg, ma aveva anche a che fare con la vita politica e religiosa dei cittadini
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved