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Ungaretti, Montale, Pasolini, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Riassunto con concetti di base

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 10/01/2023

ileniabruno31
ileniabruno31 🇮🇹

4.6

(9)

37 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Ungaretti, Montale, Pasolini e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! GIUSEPPE UNGARETTI (Alessandria d'Egitto, 8 febbraio 1888) CONTESTO CULTURALE La Prima guerra mondiale risultò essere diversa dalle aspettative: o avrebbe dovuto essere una guerra lampo ma si trasformò in una guerra di trincea (i due eserciti avversari si trovano a 200 m di distanza e vivevano nelle trincee) o si combatteva coi gas nervini (bloccavano i muscoli e la respirazione) quindi usavano maschere antigas o l’esercito italiano soffrì il freddo o vennero chiamati ragazzi di 18-19 anni che liberarono il Veneto (Cavalieri di Vittorio Veneto) LA SUA POETICA Nel primo decennio del 900 la poesia di D’Annunzio, che era stata quella di riferimento, diventa stucchevole e si sente il bisogno di rinnovamento. L’opera omnia di Ungaretti, cioè la raccolta di tutte le sue opere, è intitolata “Vita di un uomo” con riferimento alla sua vita e a quella dell’uomo del 900. Questa è divisibile in tre parti: 1) Prime due raccolte poetiche in cui predomina il dramma della guerra → “Allegria” (“Porto sepolto” e “Allegria di naufragi”) Queste vennero scritte in forma diaristica durante il periodo in cui fu in guerra. Ungaretti fu un futurista, quindi a favore della guerra, e decise di arruolarsi; ma dopo averla vissuta sulla sua pelle esamina la sua coscienza e si ricrede: la guerra è un inferno. Si fa cantore lirico, cioè si fa testimone della guerra in modo collettivo, per tutta l’umanità. 2) Fase della poesia ermetica → “Sentimento del tempo” Anticipò i temi dell’Ermetismo ma ne fece parte solo per un periodo (dal 1920 alla fine della guerra) 3) “Il dolore” e “Terra promessa” A partire dal 1937 dovette subire il lutto per la morte del fratello, poi per la morte del figlio e infine lo scoppio della Seconda guerra mondiale. In questo periodo di dolore si chiuse in sé stesso per elaborare i lutti e dopo la Seconda guerra pubblicò “Il dolore”, riferito al suo e a quello dell’umanità. Ungaretti fu influenzato da: o Arabi → essendo nato ad Alessandria d’Egitto era predisposto ad accettare la diversità o Francia → dove va a studiare dopo il diploma. Qui entra in contatto col Simbolismo Per Ungaretti, i punti di riferimento furono: o Petrarca, il poeta della memoria. Da lui prende i temi del ricordo (ricorda Laura dopo la morte) e dell’assenza (anche se ricordata, Laura non c’è). La memoria annulla la distanza cronologica e mantiene vivo il defunto, ma per Ungaretti è qualcosa di negativo perché lo riporta ad un passato doloroso. o Leopardi. Da lui prende il senso della fine della civiltà: l’uomo si rende conto che la natura è cattiva e non può più essere felice. o Tendenza verso Dio. Il tempo ci permette l’espiazione (purificazione dell’anima) e lo sconto dei peccati dell’uomo. Inoltre, dopo i suoi lutti, comprende che il dolore è personale e non si può condividere, per questo la fede lo aiuterà moltissimo. Dopo la Seconda guerra mondiale capisce che lui è parte di un dolore molto più vasto e unendo il dolore personale a quello collettivo si crea la solidarietà. In questo periodo, quindi, inizia a consolarsi. Diversifica la poesia italiana in modo innovativo: o poesia libera (no schemi, no rime, no punteggiatura ma presenza frequente di enjambement) o narrazione frammentaria: versi brevi, non c’è una narrazione completa o utilizzo della paratassi e di verbi participi (per accomunare la società e non fare un discorso soggettivo) o importanza della parola sottolineata dall’utilizzo dell’analogia (es. “Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade”, cioè “non ho voglia di fare nulla”): Simbolismo di Pascoli → legame comprensibile / Analogia di Ungaretti → legame più complicato Nella poesia italiana del 900 veniva molto usato il correlativo oggettivo di Eliot: ci sono degli oggetti quotidiani che diventano soggetto di poesia, metafora della vita; è un simbolismo molto più difficile. Si dedicò anche a delle ricreazioni poetiche del passato e divenne famoso a livello mondiale; infatti, veniva anche chiamato in TV per leggere poesie. Il rammarico attuale è quello di non avergli dato il Nobel per la letteratura. IL SENTIMENTO DEL TEMPO È la sua seconda raccolta di poesie, scritta dal 1919 ma pubblicata dopo il 1940. Il tema centrale è il tempo, quindi si nota l’influenza di Bergson. Per quanto riguarda la forma, ripropone la metrica classica per continuare il canto italiano e il passato. Questa nuova forma poetica si distacca da quelle precedenti sia a livello di contenuti che di forma; quindi, mentre prima era frammentario, adesso recupera l’uso della sintassi. Il tempo è inteso come: o Storico o Direzione dell’uomo singolo o Direzione dell’umanità Nella raccolta non troviamo tracce della storia, ma si interroga sul tempo che porta cambiamenti a livello personale e collettivo; questa è la fase della poesia ermetica; gli ermetici erano detti “poeti dell’assenza” perché non si esponevano e interessavano al contesto storico. Il tempo è limitato e in relazione all’eternità di Dio; quindi, è inutile che l’uomo si sforza per cercare di comprenderlo, deve avere fiducia in Dio. Le poesie di questa raccolta sono ambientate a Roma. Fino al 1921 Ungaretti non c’era mai stato, ma quando la vide per la prima volta se ne innamorò e affermò che, grazie all’archeologia, Roma è un vero viaggio nel tempo. La città viene analizzata in modo duplice: 1) Sintetizza la storia dell’umanità e rappresenta il tempo che passa lasciando, però, dei reperti 2) Roma barocca → quando la chiesa fu ferita dalla riforma luterana, rispose con la bellezza, lo sfarzo, il lusso per dimostrare la sua grandezza; da qui nacque il Barocco. Il Barocco affascinò molto Ungaretti, per lui rappresentava la metamorfosi, il cambiamento, era la sintesi degli opposti. Nell’arco del tempo umano, l’estate è come il Barocco: esplosione della vita bruciata dal calore. LO STILE o Metrica classica o Sintassi complessa o Lessico più aulico e raffinato o Ripresa della punteggiatura o Dimensione epica: non riguarda solo lui ma tutta l’umanità o Dicotomia tra eros e thanatos NATALE In questa poesia Ungaretti racconta di quando è tornato a casa in licenza per Natale ma è stanco e non vuole fingere di dimenticare le atrocità della guerra; non vuole neanche tuffarsi tra la gente e nella città in festa. Per la prima volta utilizza i verbi in prima persona. Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade Ho tanta stanchezza sulle spalle Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata Qui non si sente altro che il caldo buono Sto con le quattro capriole di fumo del focolare DI LUGLIO Ungaretti descrive luglio come emblema della stagione estiva, dove vita (divertimento, spensieratezza, buon umore) e morte (la natura secca a causa dell’eccessivo caldo) convivono. Per il poeta l'estate è una furia distruttrice e descrive i suoi aspetti più drammatici. Quando su ci si butta lei, si fa d'un triste colore di rosa il bel fogliame. Strugge forre, beve fiumi, macina scogli, splende, è furia che s'ostina, è l'implacabile, sparge spazio, acceca mete, è l'estate e nei secoli con i suoi occhi calcinanti va della terra spogliando lo scheletro. Stile concitato: il primo verso introduce un ritmo aggressivo e spezzato. Il componimento è frammentario. Dopo l'introduzione del soggetto il ritmo si placa e si allenta perché, dopo aver descritto l'azione dell'estate, riflette sugli effetti prodotti. Parola chiave → è l’estate Caldo buono: calore familiare, qualcosa di positivo Natale: sinonimo di intimità Parola chiave: fumo Il fogliame diventa di un triste colore rosa quando l'estate ci si butta sopra. Consuma lentamente le gole strette e ripide, prosciuga i fiumi, corrode gli scogli, splende, è una furia, ostinata e implacabile, si estende ovunque e impedisce la visuale, è l'estate, che col suo calore tutto consuma mostrando la nuda terra arsa dal sole. L’ERMETISMO Il termine ermetismo è stato usato per la prima volta in senso dispregiativo dal critico Francesco Flora, che in uno scritto del 1936 intitolato “La poesia ermetica” ha definito la nuova poesia del ‘900 come misteriosa e di difficile interpretazione. Il termine rimanda a diverse etimologie: o Ermete (o Mercurio): Dio delle scienze occulte e misteriose o Ermete Trismegisto: autore della letteratura della tarda età ellenistica che si dedicò a degli scritti di argomento filosofico-religioso o Barattolo ermetico: chiusura La poesia ermetica diventa la voce di un individuo solitario e chiuso in se stesso. Gli eventi del suo tempo, come le guerre o il fascismo, non vengono né esaltati né criticati; per questo sono detti “poeti dell’assenza”. CARATTERISTICHE o Oscurità del linguaggio: difficile da comprendere o Poesia soggettiva: incentrata sul soggetto e sui suoi sentimenti o Non rispetta la metrica classica ma era molto frammentata, non gli interessava fare un vero e proprio discorso, usavano poche parole ma molto complesse e pregne di significato (poetica della parola) Gli intellettuali ermetici vennero accusati di non aver preso una posizione sul contesto storico; loro affermarono che preferivano distaccarsi per aspettare momenti migliori. Firenze era la capitale della cultura per gli ermetici, che si riunivano al “Caffè delle giubbe rosse”. Le loro poesie venivano pubblicate nella rivista “Solaria”. In quel periodo il Fascismo pubblicò un’antologia di opere che si potevano leggere oscurando alcuni scrittori stranieri perché considerati comunisti; gli antifascisti tradussero queste opere per pubblicarle anche in Italia. EUGENIO MONTALE Nacque nel 1896 a Genova, una città che lo influenzò moltissimo; i poeti genovesi, infatti, erano folgorati dal mare. Montale, però, prese l’aspetto negativo (detriti, ossi di seppia). Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, si trasferisce a Firenze dove sente l’ispirazione dei grandi italiani come Dante e Leopardi; qui incontra le donne della sua vita a cui attribuiva un senhal (da Petrarca): o Irma Brandeis (Clizia): un’americana con la passione per Dante che venne in Italia per approfondire gli studi danteschi. Però, essendo ebrea, dopo le leggi fascistissime dovette tornare in America e i due non si videro più. Le diede il soprannome “Clizia”: nella mitologia Clizia era follemente innamorata di Apollo, ma lui presto si stancò di lei; lei, distrutta, lo osservava giorno e notte e Apollo, impietosito, la trasformò in un girasole per poterlo sempre seguire con lo sguardo. Irma e Montale ebbero un rapporto speciale e lui non la dimenticherà mai. o Maria Luisa Spanziani (Volpe): una donna furba, intuitiva e schietta o Drusilla Tanzi (Mosca): era la moglie del critico d’arte Marangoni e fu la donna più importante della vita di Montale; i due furono amanti e poi si sposarono. Drusilla era affetta da una grave miopia, per questo la soprannominò “Mosca”. Lei supererò la donna angelo e divenne donna da desiderare nel periodo della raccolta “Le occasioni”. A lei dedicò “Xenia”. Le donne sono delle figure salvifiche nella vita di montale, sono l’unico conforto nel suo pessimismo. Si tratta di visiting angel, una sorta di donna angelo che è simbolo del ricongiungimento con Dio e salva l’uomo peccatore. Dopo Firenze si trasferisce a Milano, dove inizia a lavorare per il Corriere della sera. Nel 1975 gli venne assegnato il premio Nobel per la letteratura. LA POETICA La sua poesia fu influenzata dalla lirica italiana, si tratta di una poesia “appartata”, cioè personale e difficile. Non usa la parola (come gli ermetici) ma gli oggetti tramite il correlativo oggettivo. Infatti, L’Ermetismo va dalla parola al sentimento, Montale va dall’oggetto al sentimento. Fu influenzato dalla teologia negativa: mentre altri poeti, come D’Annunzio, partono da delle certezze, Montale parte dal credo socratico, cioè sa di non sapere; nella sua poesia non si trovano risposte perché non ha i mezzi per darle, non si crede una guida. Non ama i poeti laureati, cioè riconosciuti come maestri; infatti, si distaccò da D’Annunzio di cui apprezzò soltanto la musicalità della parola. Esistenzialismo: nella poesia di Montale c’è una visione pessimistica della vita dove tutto appare senza senso, oscuro e misterioso. Vivere, per lui, è come andare lungo un muro che ha in cima dei cocci di bottiglia e che impedisce di vedere cosa c’è al di là, quindi lo scopo e il significato della vita. Non c’è alcuna fede religiosa o politica in grado di consolare e liberare l’uomo dall’angoscia esistenziale. Nemmeno la poesia può offrire aiuto all’uomo. Esiste il male di vivere e non c’è alcuna speranza se non la donna. INFLUENZE FILOSOFICHE o Bergson o Boutroux affermò che le leggi scientifiche non esistono, esiste la contingenza cioè l’accidentalità. La vita è come una catena, ma può capitare che ci sia un anello debole che si rompe (quindi un imprevisto) che formi un anello mancante. Ci sono anelli che si saldano facilmente e altri che non si salderanno mai; questo ci fa entrare in crisi perché le cose non vanno come avevamo previsto. o Schopenhauer secondo cui la realtà è ingannevole e non la si può conoscere (visione pessimistica) Concetti fondamentali della poesia di Montale: teologia negativa – correlativo oggettivo – viviting angel NON CHIEDERGLI LA PAROLA In questa poesia Montale dichiara di non essere in grado di offrire all'uomo, al lettore, un messaggio di certezza, di sicurezza, di verità. Per questo i poeti possono solamente parlare al negativo, dare la testimonianza della sofferenza e del disagio esistenziale che attraversa l'uomo contemporaneo. Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Nella seconda quartina parla di uomini come D’Annunzio, che danno solo una parvenza (ombra) di verità; è un’ombra definita, ma pur sempre un’ombra; quindi, non si può conoscere la verità. Struttura circolare: inizia e finisce con “non” / Metrica classica Concetti presenti: teologia negativa e correlativo oggettivo (ombra). Non chiederci la parola che definisca con precise idee, da ogni parte, il nostro modo di essere privo di un'identità, e lo possa dichiarare in modo che risplenda con lettere luminose come un fiore giallo di zafferano, perduto in mezzo ad un prato impolverato. Beato l'uomo che se ne va sicuro di sé in armonia con se stesso e con gli altri e non si cura della sua ombra che il caldo stampa su un muro scalcinato. Non chiederci la formula che possa illuminarti, aprirti sul significato del mondo, ma dici solo qualche sillaba imprecisa, secca come il ramo di un albero. Oggi noi possiamo dirti solamente questo: quello che non siamo, quello che non vogliamo.
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