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Ungaretti-Montale-Quasimodo, Appunti di Italiano

Vita, poetica e opere degli autori Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 01/08/2018

ryuk931
ryuk931 🇮🇹

4.3

(3)

48 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Ungaretti-Montale-Quasimodo e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Giuseppe Ungaretti Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi, trasferiti in Africa per lavorare alla costruzione del canale di Suez. A due il poeta subisce la morte del padre. Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi dove studia per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di filosofia ma non si laurea. Viene a contatto con artisti come Picasso, Modigliani, Papini, Marinetti. Rientra in Italia nel 1914, si abilita all’insegnamento della lingua francese e lavora a Milano. Allo scoppio della guerra si arruola come volontario ed è mandato a combattere sul fronte del Carso. Questa esperienza di trincea spinge Ungaretti a una profonda riflessione sulla condizione umana. Nasce quindi in mezzo ai morti la sua prima raccolta, Il Porto Sepolto nel 1916. Dal 1918 al 1921 vive a Parigi, lavora presso l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il “Popolo d’Italia”. Durante il suo soggiorno francese si sposa e pubblica “Allegria di Naufragi (1919)”. Il nome della raccolta indica la gioia del sopravvissuto alla tempesta, di colui che, avendo visto la morte vicina, sa apprezzare la vita. La sua poetica gioca sull’impiego di analogie e sulla rottura delle regole della metrica tradizionale. La punteggiatura è annullata, la disposizione della parola nello spazio bianco del foglio assume un ruolo importante. Ogni parola racchiude in sé un concetto che con semplicità rende tutta l’amarezza e il dolore. Nel 1923 si trasferisce a Roma e viene impiegato al Ministero degli Esteri. Nel 1925 firma il “Manifesto degli intellettuali fascisti”. Nel 1931 esce l’edizione definitiva de l’Allegria. La raccolta Sentimento del tempo, datata 1933, segna l’inizio dell’avvicinamento alla fede religiosa, che rappresenta per lo scrittore l’ultimo appiglio dell’uomo smarrito di fronte alle angosce esistenziali e al dolore della morte. Nel 1936 è chiamato in Brasile a insegnare letteratura italiana all’Università di San Paolo. Durante questo periodo è colpito dalla morte del figlio di nove anni. A questo tragico evento sono dedicati molti dei versi raccolti nella prima parte de Il Dolore. Nel 1942, a causa del confitto mondiale, ritorna in Italia e gli sono conferiti il titolo di Accademico d’Italia e la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma. Alla fine della guerra, dopo una seria di difficoltà legate alla sua collaborazione con il regime fascista, è confermato docente universitario e Mondadori inizia a pubblicare le sue poesia. Muore a Milano nel 1970. La poesia ermetica fu chiamata così dal critico letterario Flora nel 1936 il quale utilizzando l’aggettivo ermetico volle definire un tipo di poesia caratterizzata da un linguaggio difficile. I loro testi sono composti da poche parole, che hanno un’intensa carica simbolica. Gli Ermetici si ispiravano ai poeti francesi del decadentismo, per esempio per il valore che davano alla poesia che diventa uno strumento di conoscenza. La poesia ermetica si distingue per l’uso evocativo della parola, dell’analogia, di figure come la sinestesia. I temi ricorrenti si possono riassumere in: 1. Ricerca del significato della vita 2. Portare alla luce frammenti di vita e di natura 3. Visione non ottimista della vita attraversata dal “male di vivere” Sono considerati ermetici Montale, Quasimodo, Saba, mentre Ungaretti è indicato come il caposcuola. Il titolo, nelle poesie ermetiche, è molto importante. In esse è racchiuso tutto il significato della poesia e a volte ne è racchiusa la morale. Alcune delle raccolte di Ungaretti sono: 1. Il Porto Sepolto (1916) 2. Allegria di Naufragi (1919) 3. L’Allegria (1931) 4. Sentimento del tempo (1933) 5. Il Dolore (1947) 6. Vita di un uomo (Tutte le poesie, 1969) Ungaretti esordì nel 1916 con la raccolta Il Porto Sepolto, composta da trentuno liriche. La pubblicazione di questa raccolta avvenne grazie ad Ettore Serra che era un tenente dell’esercito italiano. Ungaretti inizia a scrivere fin dal suo primo giorno in trincea. Lo stesso titolo del Porto Sepolto ha un significato evocativo per un fante combattente che la guerra pone di fronte alla morte. Il “Porto Sepolto” può allo stesso tempo essere sia il ricordo perduto dell’infanzia, che la guerra ha sepolto, quanto il miraggio dei vani ideali del poeta, il quale partì in guerra per essere deluso. La raccolta fu inserita in “Allegria di Naufragi” nel 1931. Il Porto Sepolto divenne parte di una più ampia raccolta, intitolata Allegria di Naufragi e stampata nel 1919. Quel nuovo titolo intendeva sottolineare che sia nell’esperienza della guerra, sua nella condizione umana la vita e la morte si toccano e si intrecciano. Ungaretti arriva all’ultima versione della raccolta con L’Allegria nel 1931. Tutte le poesie dell’Allegria sono datate e recano la segnalazione del luogo di composizione, così che, nell’insieme, costituiscono una sorta di diario autobiografico in una particolarissima stagione di vita. Dal punto di vista formale, L’Allegria reca in sé la rivoluzione più importante conosciuta dalla poesia italiana contemporanea. Il poeta rinuncia quasi del tutto alla punteggiatura e alle rime, per mettere in evidenza i singoli vocaboli. Il ritmo è totalmente spezzato dalle pause e soprattutto gli spazi bianchi che equivalgono appunto ai silenzi. Come i simbolisti e i futuristi il poeta dà valore all’analogia, al puro accostamento di oggetti diversi. Tutto ciò serviva a trasferire nelle forme il disordine e lo scontento della guerra. In questa raccolta troviamo tutte le sue innovazioni poetiche, sia sul piano strutturale e lessicale, sia su quello sintattico e metrico: 1. Abolisce la punteggiatura 2. Alle parole della tradizione classica sostituisce quelle comuni della lingua parlata 3. Sconvolge la sintassi tradizionale e rompe i gruppi di parole legate logicamente tra loro 4. In questo modo le parole staccate da ogni contesto logico acquistano una vita propria accentrando su di sé l’attenzione del lettore 5. Rifiuta le forme metriche tradizionali sostituendole con versi liberi Ungaretti attinge i temi dalla sua vita di combattente della prima guerra mondiale: 1. Le sofferenze patite in guerra 2. Il dolore 3. Il desiderio di pace e di serenità 4. La fratellanza umana Subito dopo l’Allegria, Sentimento del tempo è la raccolta poetica ungarettiana di maggior spessore. L’opera, del 1933, presenta un’evoluzione nella poetica di Ungaretti. Gli spunti autobiografici, numerosi nell’Allegria di Naufragi, diminuiscono lasciando posto a una riflessione più esistenziale. L’analisi di quest’opera è particolarmente interessante poiché testimonia un momento di forte rielaborazione e cambiamento da parte dell’autore nei confronti della propria poetica e nella scelta dei temi espressi attraverso quest’ultima. Già la lettura del titolo ci indica quanto la coscienza dello scorrere del tempo e della perdita delle cose passate occupi e animi la riflessione ungarettiana di questo periodo. Il poeta giunge alla composizione di versi che esprimono da un lato una profonda malinconia nei confronti del tempo passato e delle persone perdute, e dall’altro l’emergere di un nuovo sentimento di fede religiosa, confermato dalla conversione del poeta al cattolicesimo. Dal punto di vista metrico il percorso evolutivo che il poeta compie si traduce in una svolta tradizionalista, Ungaretti sceglie di recuperare le lezioni dei poeti del passato e, alla luce di una rilettura dei classici, vira verso una sintassi più elaborata, ripristina gli endecasillabi e i settenari e reintroduce la punteggiatura. Ancora un cambiamento drastico nella vista di Ungaretti, dal 1936 al 1945 gli avvenimenti politici, sociali e privati trasformano l’animo del poeta. Si cala nuovamente nella tragica realtà della vita di tutti i giorni, angosciato dalla perdita del fratello e successivamente del figlio. In Italia Ungaretti assiste impotente allo sfascio e alla distruzione dello Stato Fascista nel cui grembo per molti anni si è sentito al sicuro, ed è costretto appaiono autoritratti del poeta che si dichiara che avrebbe voluto essere freddo testimone, ma che invece fu intento a guardare in sé, negli altri, il bollore della vita fugace. Dunque la poesia degli “Ossi” è anche autobiografica, di una autobiografia interiore che tende continuamente però ad universalizzare l’esperienza personale del poeta che accomuna a sé anche gli altri uomini. Tutta la poesia montaliana, più che a descrivere il presente, è volta a ricordare il passato, da quello dell’infanzia a quello dell’età adulta, sino al giorno da poco trascorso. Il concetto che il poeta vuole rendere è che il passato che amiamo è irrevocabile, che il trascorrere degli anni ormai lo deformano, che la realtà presente è troppo lontana da quello passato perché posso rivivere in noi, che perciò quel passato non può svolgere nessun ruolo consolatorio rispetto al presente. Resta un sentimento di sconforto e di solitudine. Da un punto di vista formale le liriche degli “Ossi” non si lasciano inquadrare nelle forme metriche tradizionali, il poeta usa indifferentemente versi endecasillabi, settenari e altri ancora, ma senza schema precostituito, senza ricorso a rime. La seconda raccolta di Montale include i versi scritti fra il 1928 e il 1939. In “Le Occasioni” la poesia è fatta di simbolo e di analogia, il mondo poetico di Montale appare desolato, oscuro, privo di speranza, infatti, tutto ciò che circonda il poeta è guardato con pietà e con misurata compassione. Simbolica la data di pubblicazione, 1939, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel momento in cui si avvicina all’Ermetismo, Montale ne prende anche le distanze. Dice infatti di non voler attuare, nei suoi versi, un gioco formale o musicale, intende invece mantenere uno stretto legame con l’oggetto, con la realtà. Usa oggetti fortemente simbolici, emblematici. Tale oggetti sono equivalenti di stati d’animo e fungono come simboli o emblemi, sono cioè correlativi di un’emozione che il poeta, per pudore, tace, lasciando che trapeli solo per brevi istanti. Protagonista delle Occasioni non è più l’ambiente esterno, ma la vita interiore del poeta. Ambito privilegiato di questa vita soggettiva sono i ricordi. Il poeta cerca nella memoria il senso delle cose e delle sue esperienze personali, in tal modo, grazie ai ricordi, cose e situazioni anche umili possono trasfigurarsi, fino a diventare simboli di una realtà oltre le cose. Accanto alla difficile memoria del passato, l’altra grande tematica del secondo Montale è quella della donna. L’assidua presenza nelle Occasioni di figure femminili costituisce una chiara novità rispetto a “Ossi di Seppia”. Dagli stilnovisti Montale riprende l’idea che la donna può svolgere un’opera essenziale, anche se forse neppure lei è la salvatrice dell’io e del mondo. “La bufera ed altro” è la raccolta che unisce le poesie scritte tra il 1940 e il 1954. La bufera è qui metafora della guerra, la seconda guerra mondiale, passata esperienza alla quale si riferiscono espressioni disseminate in diverse liriche. La guerra volle porla come una delle tante esperienze tragiche della vita. Da un punto di vita stilistico assistiamo ad ulteriori cambiamenti. La sintassi si complica dovendo accogliere i nessi sempre più ardui e difficoltosi in cui viene a disporsi la parola. Delle successive raccolte segnaliamo “Satura”, libro che raccoglie poesie scritte fra il 1962 e il1970. Il titolo latino allude sia al tono satirico, sia al contenuto vario, secondo l’etimologia più accreditata di questa parola. Importante sezione è quella degli “Xenia”, componimenti tutti dedicati al ricordo della moglie ormai deceduta. Ricorda così episodi della vita vissuta in comune con lei, che consentono al poeta di ricostruire un’intimità che la morte ha troncato, quella morte che ci si aspettava che venisse e che aveva indotto la coppia, pensando alla morte che prima o poi avrebbe anche colto il poeta, a stabilire un’intesa. NON CHIEDERCI LA PAROLA È senza dubbio una delle poesie più celebri e citate di Montale. Si tratta del testo, scritto nel 1923, che apre la sezione “Ossi di seppia” della raccolta omonima, e contiene alcune idee essenziali per capire la concezione della poesia e del ruolo del poeta secondo Montale. L’autore instaura un dialogo con il lettore stesso parlando a nome dei poeti, come si deduce dall’uso del plurale, invitandolo a non chiedergli alcuna definizione precisa ed assoluta, né su sé stesso né sull’uomo in genere, e nemmeno sul significato del mondo e della vita. Contiene tre quartine di versi di varia lunghezza, con numerosi endecasillabi e doppi settenari, variamente rimati. SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO Questa poesia è una delle più felici e famose espressioni della dolorosa concezione esistenziale montaliana, tratta un tema che tanto deve a Leopardi, “il male di vivere”. La lirica fa parte della raccolta “Ossi di seppia”, è strutturalmente divisa in due parti che rappresentano due momenti della riflessione del poeta. La prima parte è incentrata sul malessere esistenziale ravvisabile nelle situazioni quotidiane in cui si riscontra un crudele incepparsi delle cose. Nella seconda quartina, in opposizione al “male di vivere”, Montale afferma che l’unico “bene” per l’uomo consiste nell’atteggiamento di “indifferenza” per tutto ciò che è segnato dal male e dal dolore. È composta da due quartine di endecasillabi, tranne l’ultimo verso che è settenario doppio. Il componimento ha un andamento discorsivo e il lessico p scarno ed essenziale. MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO “Meriggiare pallido e assorto” è uno dei primi componimenti di Montale, scritto nel 1916, appartenente alla prima raccolta, “Ossi di seppia”, pubblicata nel 1925. Vi compaiono i motivi predominanti della raccolta, quello del paesaggio arido e assolato della Liguria e il tema esistenziale della disarmonia rispetto alla natura. Le preme tre strofe sono descrittive mentre la quarta diventa riflessiva ed il poeta concentra l’attenzione sul proprio stato d’animo e la situazione ed i vari aspetti del paesaggio descritti nella prima parte acquisiscono un valore metaforico. È composto da quattro strofe di versi liberi, tre quartine e una strofa di cinque versi comprendenti endecasillabi, decasillabi e novenari. Già appaiono i modi stilistici aspri e scabri propri del Montale. La sintassi è ridotta ai minimi termini e caratterizzata solo dall’utilizzo dell’infinito. Salvatore Quasimodo Nato a Modica nel 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa, Salvatore Quasimodo, conseguito il diploma di geometra nel 1919, lascia la Sicilia alla volta di Roma, dove vive con Bice Donetti. Sposata nel 1926 la Donetti, nel 1929 si sposta a Firenze dove conosce Montale. L’anno seguente esce “Acque e terre” il suo primo volume di liriche. Vennero poi “Oboe sommerso”, “Erato e Apollion”, “Ed è subito sera”, “Giorno dopo giorno”, “La terra impareggiabile”, “Dare e avere”. Nel 1931, lasciata Firenze, il poeta è a Imperia, dove conosce Amelia Spezialetti. Dalla loro relazione, nel 1935, nasce Orietta Quasimodo. Nel 1936 Quasimodo incontra la danzatrice Maria Cumani e la successiva nascita del figlio Alessandro. Quasimodo era incapace di fedeltà coniugale. L’ultima donna è stata la poetessa Curzia Ferrari. Nel 1968, colpito da un ictus ad Amalfi, Quasimodo viene trasportato a Napoli dove muore. La poetica di Salvatore Quasimodo si può suddividere in tre fasi principali. La prima fase ha come temi salienti la malinconia, l’amore per la terra siciliana e i ricordi legati alla sua infanzia. La seconda parte della sua produzione letteraria ha come base l’ermetismo. La poesia è più “pura”, in quanto l’autore si impegna nello studio di lingue classiche. La terza parte invece scaturisce dall’esperienza orribile della guerra. Il suo modo di scrivere deve quindi trasformarsi nell’espressione dell’animo umano e la poesia mette in luce l’odio e il rifiuto verso la guerra, ma anche il desiderio di restituire all’uomo la fiducia nella vita e nel futuro, anche attraverso le illusioni. Nel 1959 ottenne il premio Nobel per la letteratura. Nelle prime raccolte pubblicate “Acque e terre (1930)” e “Ed è subito sera (1942)” Quasimodo sviluppò i temi della solitudine, raccontando la condizione dell’uomo che è perennemente legato a tutto ciò che riguarda la sua infanzia e il suo passato. Il paesaggio della Sicilia è spesso al centro della sia ispirazione, in tutte e tre le fasi della sua composizione letteraria. Le esperienze della guerra lo indussero ad allontanarsi dagli aspetti più rigidi dell’Ermetismo, ad abbandonare le meditazioni solitarie e ad avvicinarsi a tutti gli uomini. Tutto ciò si nota soprattutto in “Giorno dopo giorno (1949)” e nella raccolta successiva “La vita non è un sogno (1949)”. In quest’ultima, descrive il sud come un luogo dove il sangue continua a macchiare la terra. Nella raccolta “Il falso e vero verde (1956)” trova spazio una sezione dedicata alla Sicilia. Tuttavia, c’è anche una profonda riflessione sui campi di concentramento e sugli orrori della guerra. L’opera “La terra impareggiabile (1958)” è una rappresentazione di Milano, nella quale la solitudine colpisce tutti gli uomini e il poeta sente il desiderio di parlare e confrontarsi con altri uomini. L’ultima raccolta poetica, intitolata “Dare e avere (1966)” può essere considerata come un resoconto della sua produzione letteraria, ma anche della propria vita. In tutta la sua produzione letteraria è evidente la volontà dell’autore di agire concretamente per trasformare la realtà, al fine di realizzare un modo migliore. Salvatore Quasimodo è un autore ermetico, la sua intenzione cioè non è quella di comunicare in modo tale che il lettore comprenda facilmente, egli predilige l’analogia e l’uso del simbolo per creare un linguaggio difficile. Molto importante è il ruolo morale e civile che Quasimodo attribuisce alla poesia, in particolare alla denuncia dell’oppressione nazi-fascista e all’esaltazione della Resistenza. Quando parla della guerra, abbandona il suo tradizionale linguaggio ermetico, nell’intento di rendersi comprensibile e comunicare il suo messaggio al maggior numero di lettori possibili Accanto alla rievocazione del mondo mediterraneo la poesia di Quasimodo rispecchia le inquietudini, i drammi, le contraddizioni dell’uomo moderno. Da versi brevi e intensi, passa a una poesia più comunicativa e discorsiva, più adatta all’impegno civile di “rifare l’uomo” assunto in guerra.
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