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Guide e consigli
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Ungaretti Saba Quasimodo Montale Calvino Levi Pavese Vittorini Moravia Morante e Pasolini, Appunti di Italiano

Con riferimenti ai testi presenti sul libro “i classici nostri contemporanei 6”

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 26/10/2023

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giulia-ravenna-1 🇮🇹

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Scarica Ungaretti Saba Quasimodo Montale Calvino Levi Pavese Vittorini Moravia Morante e Pasolini e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! UMBERTO SABA Contesto storico C’è da tenere presente che tutti gli autori di cui parliamo vivono in quello che è il ventennio fascista (22-45) quindi in un periodo in cui è impossibile fare scrittura senza schierarsi apertamente. Nel 23 c’è la riforma di Giovanni Gentile che imponeva la frequentazione del liceo classico per accedere all’università, viene introdotto il giuramento di fedeltà al regime, altrimenti non si poteva insegnare, e viene fondata “l’accademia d’Italia” Creata da Mussolini, che raggruppò tutti gli intellettuali del periodo che sostenevano ed erano sostenuti dal fascismo. Abbiamo molte personalità che sostengono o hanno contatti col fascismo come D’Annunzio, che prima esaltava il fascismo poi si rinchiude nel vittoriale poiché allontanato da Mussolini che lo temeva, Pirandello che è vicino al fascismo, salvo per i giganti della montagna, e altri autori che vedremo come Vittorini. Troviamo la netta opposizione tra chi possono essere considerati i martiri del fascismo, tra cui Antonio Gramsci (incarcerato e scrive i “quaderni dal carcere”) e Pietro Gobbeti (fugge in Francia con Filippo Turati dove scrive “fascismo autobiografia della reazione”). Quindi vengono redatti il manifesto degli intellettuali fascisti a cui si oppone quello degli antifascisti, a cui faceva capo benedetto croce e al quale aveva aderito anche Montale. Vita e opere Le cose che abbiamo detto per Svevo sono riportabili per Saba. Nasce nel 1893 a Trieste, che faceva ancora parte dell’impero austroungarico, tutto il rapporto con la cultura tedesca, Freud e Nietzsche è lo stesso di Svevo. Come per Svevo, siamo di fronte ad uno pseudonimo, infatti si chiamava Poli di cognome e la scelta di non tenere il nome del padre era più profonda di quella di Svevo. La sua biografia famigliare, alla base della sua poesia, era molto travagliata, infatti la madre era di origine ebrea mentre il padre, Ugo Edoardo Poli, era di origini veneziana e si era convertito all’ebraismo in vista del matrimonio che però non avverrà, quindi abbandona la fidanzata incinta lasciandole tutto il peso di crescere il bambino che doveva ancora nascere. Il poeta, crescendo, rifiuta il cognome del padre e adotta quello di Beppa Sabah, la balia, che per lui fu fondamentale, visto che ci crebbe i primi anni della sua vita e rappresentò in quegli anni il suo unico affetto. Quando la madre, dopo 3 anni, risistema la sua situazione e prende il bambino togliendolo alla balia, per lui fu un trauma e questo è alla base di molte sue poesie dove descrive la nostalgia infinita per l’infanzia affidata alla “madre di gioia” anziché alla “madre mesta”. Ci sono 2 tipi di donne della poesia di Saba: - donne gioiose, che ricordano la balia - donne tristi, che ricordano la madre, e una di loro sarà la moglie a cui dedica una poesia dove la paragona a tutti gli animali e, giustamente, non le piacque Questo trauma venne sviscerato grazie alla psicoanalisi infatti, mentre Svevo aveva conosciuto Freud grazie ad un suo cugino, Saba ha problemi di nevrosi e va dal dottor Weiss, allievo di Freud, e la psicoanalisi lo aiuta a risolvere parte dei conflitti che venivano dall’infanzia. Anche per questa realtà famigliare movimentata non fa studi regolari: si era iscritto alla quarta ginnasio ma poi smette e continua come autodidatta, dimostrando interesse per la letteratura classica italiana come Petrarca e Leopardi, che però la madre evita di fargli studiare perché troppo pessimista cercando di indirizzarlo anzi verso uno scrittore più costruttivo e impegnato come Parini. Saba si sposa con una cugina, Carolina, cantata nel canzoniere come Lina, e lei e Trieste sono 2 punti fondamentali della sua poesia; l’attività di poeta gli rende possibile acquistare una libreria antica, perché aveva tanti libri antichi, e pensava di chiuderla per avere i libri, però poi inizia a vendere quindi la tiene e fa il libraio. Nell’ultimo periodo, dopo il 38 con le leggi razziali, chiaramente la sorte di un poeta con la mamma ebrea era in pericolo quindi deve cercare rifugio presso alcuni suoi colleghi poeti, a Roma da Ungaretti e a Firenze da montale e scrive nel 48 la “storia e cronistoria del canzoniere”, interessante perché è il poeta che spiega se stesso, visto che parte della sua opera principale non venne capita. Vince nel 46 il premio Viareggio e riceve anche una laurea honoris in lettere nel 53. Un romanzo che esce nel 75, dopo la sua morte avvenuta nel 57, è “Ernesto”, un romanzo che non ha ricevuto la stesura finale e di interessante ha che mescola l’italiano al dialetto triestino e affronta una tematica che verrà ripresa da molti intellettuali del tempo, ovvero l’omosessualità. Racconta la vicenda di un ragazzino che ha rapporti col suo datore di lavoro e decide di confessare ai genitori ciò che era successo; è probabile che la storia abbia un risvolto autobiografico, infatti nel Canzoniere si parla di amore per alcune donne, come la moglie o Chiaretta, la madre di gioia, ma anche verso un uomo, bello come Apollo, a cui lui scriveva lettere d’amore. Probabilmente anche questo lo porterà all’analisi. L’opera principale che raccoglie altre sotto-opere è il “Canzoniere” chiamato così perché appartiene ad una linea poetica chiamata “anti-novecentesca” infatti, mentre in Montale e Quasimodo troveremo strumenti che rinnoveranno la poesia, Saba vorrà riguardarsi ai modelli precedenti e in molte parti del canzoniere riprende il sonetto, la forma più tradizionale della poesia, anche se poi utilizza il verso libero. Saba stesso definisce il “Canzoniere” come una sorta di romanzo e in “storia e cronistoria del canzoniere” dice che va letto come un’opera intera a sfondo autobiografico. Sempre Saba dice che è il libro di poesia più facile e più difficile; facile perché usa un linguaggio chiaro, semplice, senza inversioni o figure retoriche, ma allo stesso tempo è difficile perché ogni parte è legata a quelle che la precedono e a quelle che la seguono quindi, per questa dipendenza, va letta nella sua continuità e interezza. È un romanzo, ma un romanzo psicologico, non ricco di avvenimenti esterni (tutto sommato la sua vita fu povera di avvenimenti esterni) ma è ricca di risonanza interiore e dice di voler fare una poesia onesta e vera come strumento di indagine interiore. Il canzoniere parla della scissione dell’io che nasce già segnato dalla condizione dei genitori. C’è una poesia che si chiama “mio padre è stato per me l’assassino” in cui mette in evidenza la differenza tra il padre e la madre che dovette portare tutti i pesi della vita a differenza del padre che fu come un palloncino leggero e che volò via; chiama il padre assassino perché i parenti lo chiamavano così. Interessante è la parte sull’infanzia, infatti viene revocata da molti poeti come il paradiso, mentre da Saba come il momento in cui ci furono più traumi che lo hanno Al seno Approdo di colei che Berto ancora Mi chiama, al primo, all’amo roso seno, Ai verdi paradisi dell’infanzia. III. … Un grido S’alza il bimbo sulle scale. E piange Anche la donna che va via. Si frange Per sempre un cuore in quel momento. Adesso Sono passati quarant’anni. Il bimbo È un uomo adesso, quasi un vecchio, esperto Di molti beni e molti mali. È Umberto Saba quel bimbo. E va, di pace in cerca, A conversare con la sua nutrice; Che anch’ella fu di lasciarlo infelice, Non volontaria lo lasciava. Il mondo Fu a lui sospetto da allora, fu sempre (O tale almeno gli parve) nemico. Appeso al muro è un orologio antico Così che manda un suono quasi morto. Lo regolava nel tempo felice, il dolce balio; è un caro a lui conforto Regolarlo in suo luogo. Anche gli piace A sera accendere il lume, restare Da lei gli piace, finche ella gli dice: “È tardi. Torna da tua moglie, Berto.” Queste 3 poesie sono di fatto 3 entità separata pero alla fine sono collegate infatti la 2 e la 3 iniziano con 3 puntini di sospensione per indicare che è continuazione della precedente. I. Inizia con una situazione presente. Nella 2 strofa inizia col sogno e si ripercorre l’infanzia. Si sente come un legno portato via dalla coerente. Approdo è un verbo tipico della navigazione e la terra promessa è proprio il seno. È un momento di gioia. III. Indica il momento di separazione e scissione. È un andamento narrativo, si racconta una vicenda. I tempi verbali sono al presente anche quando si parla di un tempo passato. Il grido è quello del bambino che viene portato via. Frange è un verbo fondamentale di tutto il canzoniere perché allude all’animo del poeta che si rompe. Si dichiara chiaramente la matrice autobiografica del romanzo e lui per cercare pace nonostante sia adulto va a cercarla dalla sua balia. “Non volontaria lo lasciava” ricorda quando Enea va a parlare con Didone negli inferi. Si descrive poi un gesto che faceva il balio, sistemare l’orologio, e l’azione ricorda Leone Gallia anche se il significato è diverso. Nella figura del dolce balio probabilmente Umberto vedeva la figura paterna che non aveva mai avuto. L’interpretazione psicoanalitica dell’azione di sistemare l’orologio sarebbe sistemarsi al posto del balio per avere la balia tutta per se. Alla fine c’è una riconciliazione tra bambino e adulto che prende consapevolezza del fatto che sarebbe sbagliato stare con la balia e deve andare dalla moglie che appartiene al modello della donna triste, diversa dalla balia. La cosa interessante del momento traumatico del distacco dalla balia è al presente nonostante siano 2 epoche diverse e ci dica che sono passati 40 anni; Freud dice che per la logica dell’inconscio passato e presente sono contemporanei e nei sogni non distingue tra passato e presente e quindi Saba applica la logica dell’inconscio t8 pag 191 “teatro degli artigianelli” Saba dopo aver scritto “il canzoniere” facilita la lettura ai lettori scrivendo “storia e cronistoria del canzoniere” e questa poesia, non di argomento strettamente personale, parla di argomento storico e fa parte di una sezione del canzoniere chiamata “1944” dove parla della ritirata delle truppe tedesche da Firenze e in questi anni lui si trovava li perché ebreo e per rifugiarsi era andato da Montale. Nel testo abbiamo da un lato la gioia per la guerra che sta finendo ma dall’altro anche il dolore delle ferite sia fisiche che interiori che la guerra ha lasciato. Il “teatro degli artigianelli” è una specie di bar dove si andava a bere in cui viene fatta una sorta di rappresentazione teatrale dal popolo, un po’ improvvisata, mescolando la felicità e il dolore delle ferite. Saba parla di se stesso in 3 persona; si fa un importante dichiarazione dicendo che preferiva parlare degli umili, a differenza di D’Annunzio. Si sottolinea l’aspetto consolatorio del vino che può cacciare i dolori e questa sofferenza è un elemento di uguaglianza tra gli uomini. Si parla di ??? Corale per superare un modo collettivo il dolore. La poesia inizia con 2 simboli del partito comunista in cui dice che questi possono essere di nuovo rappresentati nella sala mentre prima no perché il nazismo aveva abolito ogni altro partito. Non c’è la volontà di fare una poesia per esaltare il partito comunista ma più che dopo il 44 si poteva vedere altri simboli politici oltre quelli del nazismo. Vedere questa recita lo ha commosso perché c’è sia la felicità che il dolore delle ferite. Il prologo fa la rappresentazione ironica della cacciata dei tedeschi. In questa poesia ci sono i segni che la guerra ha lasciato sia sulle persone, stampelle, che interiori, solchi dolorosi, sia nella città di Firenze che in parte è ridotta in rovine. Questa distruzione è presente anche in Ungaretti. Storia e cronistoria del canzoniere Autobiografia critica dove scrive in 3 persona ed è un testo in difesa del canzoniere. Spiega le ragioni della sua poesia, che non era piaciuta perché ritenuta troppo autobiografica e tradizionalista; in effetti è un unicum nella sua generazione perché cerca di fare cose nuove guardando a cose vecchie. Ernesto Incompiuto, pubblicato dopo 20 anni della scrittura. Ha valenze autobiografiche e parla di un ragazzo che ha un educazione al sesso che comincia come amore omosessuale con un collega più indiziano di lavoro e poi parla dell’amore eterosessuale con una prostituta e viene considerato come un manifesto all’amore e non viene pubblicato per il periodo in cui viene scritto, dove era considerato reato essere omosessuali. Interessante la lingua, dialetto triestino misto italiano. t3 e t4 Trieste è uno dei nuclei poetici del poeta insieme alla moglie. Sono 2 poesie interessanti perché ci danno 2 punti di vista opposti della città perché nella prima poesia si isola e osserva la città dall’alto, quindi ha modo di vedere il porto di mare che vede dall’alto stando in posizione separata dalla città mentre nella seconda c’è l’idea di fare un bagno di folla, nella descrizione delle persone che ci abitano o vivono, e c’è un senso di solidarietà e fratellanza con queste persone, che sono umili come marinai, prostituta e vecchi che bestemmiano e il poeta sente il bisogno di fondersi con loro; siamo ancora in un ideologia anti-dannunziana. t4 pag 178 “città vecchia” Elenco di persone tutte umili. “Come in me”: volontariamente si paragona a tutte le creature che sono tutte figlie di dio. Volontà del poeta di immergersi nel porto di mare, Trieste come porto di arrivo e partenza di persone diverse tra loro. Gli ambienti sono umili e anche le persone sono appartenenti al popolo e tutto ciò è descritto al verso 20 con la parola “umili”. Appare la fratellanza di tipo religioso. t3 pag 176 “trieste” Punto di vista opposto rispetto a “città vecchia”. Prima attraversa la città e si isola in un punto alto (vuole sentirsi protetto in questo suo angolo) per vedere la città dalla quale si separa. In questa descrizione di Trieste c’è il poeta che esplicita se stesso, si ritrova qualcosa in città che appartiene a lui, che viene paragonata al ragazzaccio con gli occhi azzurri e le mani grandi, e probabilmente è proprio il poeta. La città è risentita come una madre dove si può rifugiare. È possibile fare un paragona con l’idea del muro che permette alla vista di andare più in la, con la siepe di Leopardi che si isolava e contemplava ciò che c’era al di la della siepe. È in prima persona, autobiografico. t1 pag 170 “a mia moglie” accennato Dedicata alla moglie paragonata agli animali e finisce dicendo che è come tutte le femmine, vede la donna come una madre e fu definita una poesia scritta da un bambino perché c’è l’idea elementare della moglie sentita come madre per ogni animale. Questa poesia non piacque alla moglie ma si arrabbiò e il tentativo era quello di allargare l’idea di moglie e madre anche a tutte le creature unite dall’amore divino. Anche il linguaggio è molto semplice. UNGARETTI Mentre Saba appartiene alla linea anti-novecentesca, Ungaretti è un grande innovatore anche se curiosamente questa sua fase innovatrice è limitata alla sua prima fase di produzione, mentre nella 2 c’è ritorno alla classicità. Questo andamento della poesia è contrario a quello che fanno solitamente i poeti (ad esempio manzoni). Le varie tappe della vita di Ungaretti si possono desumere dalla sua poesia che si titola “i La sua prima raccolta passa attraverso varie fasi editoriali perché, come ci racconta lui stesso, nasce da appunti che prendeva su pezzi di carta casuali mentre era in 1 guerra mondiale. Il primo nucleo risale al 1916 e si chiama “porto sepolto” alludendo a quel porto di Alessandria d’Egitto che nessuno aveva mai visto e cosi diventa simbolo della poesia come discesa e il poeta che la riporta su, poi viene arricchito da altre liriche e diventa “allegria di naufragi”; ci dice che questo titolo è un ossimoro, mette 2 termini opposti, e ci spiega cosa vuol dire, il naufragio è metafora della guerra e l’allegria è la consapevolezza di essere vivi nonostante tutto infatti nel testo pur essendo pessimista si rivolge a se stesso con allusioni alla voglia di vita nonostante la vicinanza alla morte. Parla proprio di esultanza di un attimo, la spinta vitale che appare quando si è vicini alla morte. Nel 1931 vengono aggiunti altri testi e diventa “l’allegria”. A livello di tematiche quella portante è la guerra dove si manifesta anche questo amore per la vita e l'emergere di concetti positivi come la fratellanza (lirica “i fratelli” tra 2 soldati che si guardano e prevale il senso di solidarietà). Oltre a ciò c’è spesso il ricordo dell’infanzia e dell’adolescenza e legato all’Egitto emerge il nomade, in particolare c’è una lirica dedicata a Mohamed Sceab, amico di Ungaretti che aveva conosciuto ad Alessandria e poi aveva visto a Parigi dove non riusciva a integrarsi perché sempre legato all’egitto e quindi c’è la tematica dello sradicamento perché non riusciva a trovare la propria identità e alla fine si suicida. Quest’idea di nomadismo è un tratto comune anche al poeta stesso che parla di se come un girovago che si sente strano ovunque quindi è un nomadismo dell’anima, non del corpo. Spesso nel testo c’è il motivo del viaggio, già caro a dante, che diventa metafora del cammino esistenziale. Altra tematica che emerge in questa 1 raccolta, ma anche in altre, è la ricerca di Dio, che non diventa mai piena appropriazione, in un testo dice “chiuso fra le cose mortali (anche il cielo stellato finirà) perché bramo Dio”, forte desiderio di Dio che non trova il suo obbiettivo, e in un’altra si rivolge direttamente a Dio. C’è l’idea di un dio lontano che non si cura dell’uomo “stanco di urlare senza voce”. Ogni raccolta è corredata da una spiegazione dove Ungaretti stesso racconta come sono nate le singole liriche e di come lui sia partito volontario per la guerra e scoprire questo mondo orribile. La brevità è data dal fatto che scriveva tra una pausa e l’altra della battaglia. Riconosce in se stesso un carattere rivoltoso. Queste poesia nascono non per esigenza di pubblicarle ma come sfogo e non gli sembrava nemmeno giusto elevarsi sopra il resto del popolo ma poi un suo amico, Ettore serra, le pubblico lo stesso. t2 pag 224 “in memoria” Dedicata a Mohamed, un suo amico che aveva conosciuto ad Alessandria e poi aveva incontrato a Parigi ma si suicida perché non si integra. Questo Mohamed era colto (amava Baudelaire e Nietzsche) quindi aveva in comune col poeta questo e il senso di sradicamento. Anche qua, come tutte le poesie dell’allegria, abbiamo un luogo e una data infatti si può considerare un diario di guerra. Tutti i verbi nella prima parte sono al passato per dare idea della vita conclusa dell’amico e si usa il presente solo alla fine dove dice “riposa…”. Usa uno stile cronachistico dicendo le tappe della vita di questo personaggio e solo alla fine si lascia a qualche opinione personale. Non era francese quindi non riusciva a prendere la nuova identità pero non riusciva più nemmeno a stare dove la sua famiglia, quindi rappresenta il dramma di chi si stacca dal vecchio ma non si integra nel nuovo. t13 pag 250 “girovago” Legato sempre all’immagine del nomade dove il poeta parla del proprio disagio perché non riesce a stare da nessuna parte e non è solo uno sradicamento geografico ma anche esistenziale perché non si trova a suo agio nemmeno internamente. C’è alla fine una speranza di una rinascita in un paese innocente dove acquistare la purezza originale. Questo concetto di sentirsi a casa è molto moderno, non avere un tetto intorno ma che l’animo sia a proprio agio (islandese di Leopardi). Dante e Foscolo soffrivano di esilio perché estraniati dalla patria mentre Ungaretti si sente in esilio perché e non trova un posto dove ha stabilità quindi è in esilio da tutto il mondo t4 pag 228 “fratelli” Stile nominale (senza verbo, solo alla fine), il messaggio è condensato nel minimo delle parole possibili. Si immagina che due gruppi di nemici si incontrino nel buio della notte. Di questa poesia è interessante la variante perché quello che leggiamo è un prosciugamento e quindi Ungaretti dopo la prima stesura, molto più lunga, la taglia. L’idea di poesia di Ungaretti assomiglia all’idea di scultura di Michelangelo, la statua era già dentro e lo scultore doveva togliere le parti in più dal blocco. Affermazione nonostante tutto della volontà di fratellanza. In una delle varianti poneva una similitudine con la foglia appena nata per esplicitare ciò al poeta ma poi la fa diventare una metafora. t5 pag 230 “veglia” Lirica che parla della voglia di vita che nasce sentendo la morte accanto. Spiega anche il termine allegria nel titolo. Descrive il suo stato quando, vicino a natale, visse la morte vicino. Il poeta percepisce su se stesso lo strazio dell'amico vicino e da qui nasce la voglia di vita, l’amore come antidoto alla morte. Si affida principalmente a participi passati e l’unico verbo al presente è “ho scritto lettere piene d’amore”. Ungaretti scrisse anche cose sulla seconda guerra mondiale, come una poesia sulla resistenza “per i morti della resistenza” che sembra una sorta di epitaffio. t7 pag 236 “sono una creatura” Appartiene al primo nucleo del porto sepolto ed è probabilmente una delle poesie più pessimiste di Ungaretti che scopre la poesia essere straziante e si paragona ad una pietra di San Michele quindi il suo animo è tanto lacerato dalle mostruosità che vede che non riesce nemmeno a provare tristezza, ciò che gli psicologi chiamano pietrificazione. Conclude nella terza strofa con la massima “la morte si sconta vivendo” ovvero il privilegio della morte si deve scontare con la vita. Anche in Ungaretti, come poi per montale, l’acqua è fonte di viva. Come sempre, sbriciolamento del verso, mancanza di punteggiatura e verbo. t9 pag 242 “San Martino del Carso” Si parla di un paese, San Martino, ridotto ad un cumulo di macerie e il poeta fa il paragone tra il paese e il suo animo, entrambi distrutti. Uso di un linguaggio analogico che crea dei legami continui tra la realtà esterna del paese e l’animo interno del poeta. L’aggettivo “queste” da idea che il poeta si trovi li in quel momento. Brandello: rimanda e anticipa la realtà umana di cui si parlerà, solitamente si usa riferita alla carne quindi è una parola molto forte. t11 pag 246 “mattina” Raggiunge il vertice della brevità. L’io vede la poesia come illuminazione e come un lampo che abbaglia. Il titolo ci riporta alla mattina in cui il poeta si risveglia e ha ispirazione, c’è l’io che si fonde con tutto e si illumina. t12 pag 248 “soldati” L’idea probabilmente gli viene da un frammento di Mimnermo, un poeta greco, che diceva “come le foglie sugli alberi, la vita degli uomini”. Tuttavia l'analogia fatta da Mimnermo, ovvero quella secondo cui la vita umana è al pari di quella delle foglie, ed è quindi breve, viene rivisitata in modo completamente diverso da Ungaretti, che considera la vita dei soldati come precaria, al pari della condizione delle foglie durante l'autunno. Si parla di una situazione di anonimato, si sta è impersonale che allude a tutte le persone umane ma in particolare ai soldati come si può ben capire dal titolo. Parla della caducità umana, come le foglie dell’autunno tendono a cadere, la vita degli uomini e in maggior parte quella dei soldati è incerta e sempre appesa ad un filo. sentimento del tempo Tutte le innovazioni vengono meno in questa raccolta. Non si riferisce più all’esperienza della guerra ma nascono dal 1919 in poi fino al 1933 quindi fanno parte di un periodo in cui, come ci racconta, si era stabilito a Roma che è al centro di questa raccolta, soprattutto come luogo del ricordo e della classicità, del rapporto con la mitologia (infatti nei testi ritornano molti personaggi mitologici in particolare crono) ma anche la Roma barocca perché lui nel barocco torva lo splendere che è al punto di crollare ed è lo stesso motivo per cui la stagione di cui parla è l’estate vista proprio come la stagione della pienezza vitale a cui segue la distruzione (come d'annunzio nell’alcione) e che quindi è comune a Roma barocca. Come dice lui stesso in queste liriche mette al centro il tempo dicendo che mentre nell'allegria il tempo era una folgorazione, un cogliere l’attimo, qui vuole parlare del tempo come durata che trasforma le cose [pag 253]. Presentimento di fine e morte. Il tempo è anche mitologico che però non è l’unica figura mitologica ma ci sono anche altre divinità quindi la mitologia, del tutto esclusa nell’allegria, torna nella 2 raccolta. Secondo quanto ci dice lui i suoi modelli poetici di questa raccolta sono Petrarca e leopardi, leopardi viene ripreso soprattutto per tematiche di amore in relazione alla morte e anche per molti riferimenti alla luna e infatti, proprio ispirandosi a lui, c’è un inno, inno alla morte, in cui si rivolge direttamente alla morte. Nell’ultima parte ci sono i cosiddetti inni (termine usato nella letteratura cristiana) dove tratta del problema religioso, si sente voglia e ricerca di dio che però non è un approdo sicuro ma è sempre qualcosa verso cui il poeta tende e si sente la tensione tra la purezza a cui vuole tendere e il peccato. Già in D’Annunzio c’era il preferire la Roma barocca. Vede leopardi come il poeta della crisi che sente la Fine dell’epoca. t1 pag 278 “ed è subito sera” Vicino all’ermetismo. Parla del destino dell’uomo, un destino di solitudine. Come Manzoni usa il verbo “stare” nel 5 maggio per dire che la terra era immobile alla morte di Napoleone, anche qua è presente per evidenziare l’immobilità dell'uomo. Il raggio di sole indica positività però è trafitto da un’idea di dolore quindi è come se si volesse dare l’idea dell'uomo tra gioia e dolore. Subito sera può indicare: - fine momento felice - Morte La lirica non ha alcun riferimento alla realtà storica ma solo al destino dell'uomo visto come destino di solitudine in cui appaiono momenti anche di gioia ma finiscono subito. La sera è un termine negativo mentre in Foscolo la sera gli dava pace perché il suo spirito trovava tranquillità. t3 pag 282 “alle fronde dei salici” Poesia che non rientra più nell’ambito dell’ermetismo ma invece, secondo quanto ci dice lui, nasce da un avvenimento storico, ovvero l’occupazione di Milano dopo l’8 settembre 1943. È una protesta che si leva dalla voce dei poeti che, di fronte alle violenze portate dalla guerra, non possono più fare poesia. Tutta la lirica, compreso il titolo, evoca un salmo della bibbia. Sia il titolo che questo inizio, con domanda retorica, fanno capire al lettore che in sottofondo c’è la vicenda degli ebrei a babilonia. Dura di ghiaccio: dura sia fisicamente che interiormente Urlo nero: descrive l’urlo della madre come la madonna e cristo. D’evidente volontà c’è la similitudine tra gli schiavi ebrei che non possono più cantare e i poeti che non cantano più. Evidente contrapposizione tra la poesia precedente e una che nasce da un preciso momento storico. MONTALE Poeta che difficilmente si colloca in un qualche movimento. Sappiamo che rifiutò l’esperienza delle avanguardia ma non si può dire che si identificò in qualche altra scuola poetica. Non è un intellettuale ma aveva un diploma da ragioniere e all’inizio della carriera aveva un profondo interesse per la musica, era un baritono e voleva fare il cantante e aveva studiato con Ernesto Sivori quindi voleva fare il cantante lirico però il maestro muore quando non aveva finito gli studi quindi si da alla letteratura però la passione rimane sfociando in alcuni articoli di critica letteraria e musicale sul “corriere della sera”. Nasce nel 1896. Fu uno dei pochi che nel clima del panorama italiano apprezza Italo Svevo, che era stato sottovalutato da tutti nella pubblicazione dei primi due libri. Montale aveva conosciuto italo grazie a Roberto Bazlen, detto Boby bazlen, di Trieste, un intellettuale. A lui si deve anche la nascita di una poesia di montale “dora Markus”, infatti mandò una cartolina di delle gambe e Montale ci scrive una poesia facendo sembrare ci sia una storia d’amore, anche se effettivamente era solo una cartolina. La sua raccolta principale, “ossi di seppia”, viene pubblicata da Piero Gobbetti nel 25 e Montale firma in questi anni il manifesto degli intellettuali antifascisti, però ad un certo punto era stato eletto del gabinetto Vieusseux, importante istituzione letteraria nel centro di Firenze, poi con il fascismo rischiava di decadere da questo incarico e quindi in alcune lettere dice di aver richiesto 2 volte la tessere del partito fascista quindi, pur non essendo convinto delle idee del regime, china il capo e cede al regime. Nel 1933 c’è incontro per montale fondamentale con Irma Brandeis, un ebrea americana studiosa di dante su cui scrisse vari testi e proprio per dante venne in Italia e aveva letto versi di montale e se ne era invaghita. Montale era alquanto scontroso e gli viene detto di questa ragazza che voleva conoscerlo e accetta, scocca trai due la scintilla amorosa, però la situazione era complicata da 2 cose: lei era ebrea quindi dopo il 1938 dovette andare in America e promette di andare da lei perché la vedeva come una musa ispiratrice (la 2 raccolta viene dedicata a lei chiamata Clizia, come l’amante di Apollo) ma poi lui conviveva con Drusilla Tanzi da un po’ di tempo e veniva chiamata mosca per la forte miopia. Sembra che anche a Drusilla manifestasse il suo volere di andare in America ma lei lo minacciava di suicidarsi quindi lui non la lascia e in vecchiaia la sposa però l’altra rimane la donna del sogno. La poesia di montale, un po’ come quella di leopardi, è fatta di assenze che diventano presenze. Quando la donna è vicino al poeta non è mai cantata, Irma diventa immagine quando parte e Drusilla lo diventa dopo la morte, in maniera precoce per un tumore. Ossi di seppia È la prima raccolta uscita nel 25 pubblicata da Pietro Gobbetti e poi uscì nel 1928 una seconda edizione con l’aggiunta di alcuni testi. Il titolo originale che ci voleva dare era “rottami” poi all’editore non era è piaciuto quindi diventa “ossi di seppia” che è uno stilema già usato da D’Annunzio. La cosa singolare è che la poesia crepuscolare e l’esperienza del decadentismo in montale vengono citate e poi lasciate da parte quindi ci sono molti riferimenti a Pascoli e D’Annunzio, che non diventano un modello ma qualcosa da cui allontanarsi. “Ossi di seppia” allude a ciò che rimane di un essere che un tempo era vivo. Da un lato indicano un rifiuto materiale di scarto mentre dall'altro alludono a qualcosa che era vivo e ora non più. C’è una duplice allusione legata allo status dell’osso di seppia che può galleggiare nel mare ma è anche un materiale di riciclo. Le tematiche fondamentali della raccolta sono: - il male di vivere, che spesso assume connotazioni del paesaggio ligure. Nelle liriche si manifesta sia con descrizioni dell’aridità sia come condizione di prigionia in cui il tempo torna sempre su se stesso quello che in una lirica, Arsenio, chiama “il delirio dell’immobilità” reso ad esempio attraverso l’immagine della pompa che percorre lo stesso giro e delle onde per cui l’uomo si trova prigioniero di un tempo e uno spazio, in una condizione di totale disarmonia col reale e già Ungaretti aveva detto “il mio supplizio è quando non mi credo in armonia”, tematica che troviamo anche in Pirandello. Anche l’identità, molto pirandelliano, è molto incerta; si ha la ricerca di un’identità. - il mare, un simbolo positivo; in tutto il testo domina la contrapposizione mare e terra e c’è una sezione chiamata “mediterraneo” con 6 testi dedicati al mare, visto come infanzia e paterno, mentre la terra è visto come il male di vivere e della maturità. Lui è uno di quelli che rimane a terra, che sceglie la consapevolezza etica; buttarsi in mare vorrebbe dire abbandonare i pericoli e rimanere bloccato nell'infanzia mentre lui sta a terra e affronta i problemi. È singolare la poesia “falsetto” (modo particolare di impostare la voce) dove si parla di Esterina, una ragazza, descritta su uno scoglio nel mare nell’età cruciale dei 20, in cui bisogna scegliere se rimanere nell’infania o diventare adulti e tra l’altro anche lo scoglio è a metà, infatti bisogna scegliere se andare sulla terra o buttarsi in mare e scegliere la giovinezza. Lei alla fine sceglie di buttarsi in mare mentre lui si contrappone a lei e fa parte di quelli che scelgono la difficolta di un cammino esistenziale. Un’altra rappresentazione della difficoltà è l’agave sullo scoglio, una pianta dalle foglie lunghe che nasce nei pendii, vista come un simbolo di resistenza, come la vita che nasce dove è più difficile stare quindi è un esempio dell’atteggiamento che l’uomo forte ha verso la vita quindi l'agave per sua natura non potrà avere che una vita difficile e sa che il suo destino è quello di scendere. Questa è una posizione che accomuna Montale a leopardi, amato molto da lui, che aveva proposto un pessimismo attivo che consisteva nel guardare in maniera forte il deserto della vita e non attaccarsi a illusioni. Montale ad un certo punto, in questo male di vivere, sembra porre delle ancore di salvezza che si rivelano inefficaci: - La memoria, che però non restituisce cose e persone quindi è una cattiva strada, e leopardi dice la stressa cosa “la bella illusione degli anniversari”. - Nella poesia che si chiama “il male di vivere” propone l’indifferenza chiamata da lui “la divina indifferenza”, divina perchè gli permetterebbe di non soffrire ma anche perché appartiene agli dei quindi l’uomo non ci riesce - Il varco, un apertura, in alcuni testi si parla di una maglia nella rete, un orizzonte che si potrebbe aprire, ma anche questo è solo teorico, quindi nessun antidoto funziona e l’uomo è condannato al male di vivere Stranamente questa raccolta negativa e pessimista si chiude con la lirica “riviere”, una delle prime ad essere composta ma messa ultima per lasciare al lettore lo spiraglio, si esprime la speranza che l’anima divisa del poeta possa trovare un’unità e quindi possa rifiorire come il paesaggio circostante. Volontà di entrare in armonia con la natura e il poeta si augura che l'elegia si possa trasformare in inno (elegia testo di lamento mentre inno espressione di gioia); apertura all’ultimo che va in questa direzione di una ritrovata armonia. Questa è un’idea che parte da D’Annunzio ma va nella direzione opposta, D’Annunzio aveva idea del panismo, soggetto che si potenziava con la natura mentre per montale questa funzione porta solo disarmonia anche se alla fine c’è l’espressione del desiderio. Un’altra cosa importante degli “ossi di seppia” è il linguaggio: mentre con Ungaretti c’era una totale esaltazione della parola in Montale viene meno totalmente la fiducia nella parola che secondo lui non è più comunicante, non può essere ne una formula magica ne matematica ed è vicino a Pirandello e infatti la sua fu definita una “poesia degli oggetti” più che delle parole, quando vuole parlare del male di vivere non fa discorsi astratti ma dice “il male di vivere è …” dando immagini su cos’è il male di vivere. Questa tecnica è molto simile ad Elliot che utilizza questa tecnica chiamata “del correlativo oggettivo”, non si parla di una concetto astratto ma lo si trasforma in oggetti. Si discusse molto se montale lo riprese da Elliot o il contrario, probabilmente America perchè ebrea. Mentre la prima parte è molto chiara, la seconda un po’ meno: anche in questo caso c’è la volontà di trattenere questo volto caro però la cosa va a finire male quindi si rende conto dell’impossibilità di trattenere il volto. La memoria tende a cancellare ma lui vorrebbe andare controcorrente e trattenere il viso. Il trauma della separazione è reso con l’immagine di un accetta sull’albero che tenta di tagliarlo. Montale si rende conto dell’impossibilità di tenere il ricordo e quindi se ne libera volontariamente paragonandolo al guscio della cicala, vuoto, visto che lei se ne libera. La belletta è citazione da dante e da D’Annunzio, in particolare alla fine di alcyone parla di un paesaggio di putrefazione in cui il sole ha seccato tutte le piante quindi c’è un senso di perdita e decomposizione. Queste due poesie sono 2 modi analoghi per dire che la memoria non funziona. t7 pag 321 “forse un mattino andando in un’aria di vetro” Definita “epifania del nulla” e si ricollega a delle premesse filosofiche di cui montale tiene conto, come l’idea che la realtà non è quella che si vede. Il poeta per un attimo ha avuto epifania del nulla, si rende conto che niente di ciò che vede esiste veramente e che la realtà è una falsa apparenza quindi ne è sconvolto e si sente ubriaco da perdere il controllo. Poi rivede le cose consuete però una volta che ha vissuto questa epifania non potrà tronare a credere che il reale esiste veramente però decide di custodire questo segreto continuando a camminare tra gli uomini che non si voltano, ovvero quelli che non si curano e sono superficiali, l’uomo che vive come un animale non si fa domande e si accontenta (T2 pag 310, collegamento). Il poeta si distingue dalla massa perché il suo essere poeta è un privilegio perchè vede più degli altri ma è anche una condanna perché ha l’angoscia di questa percezione, quindi ha un doppio statuto il poeta. Anche sbarbaro, un poeta di questi anni, appartenete alla linea ligure a cui montale si ispira, e parla del suo essere sonnambulo. Già idea espressa da Ungaretti nel porto sepolto, il poeta è colui che porta i segreti all’umanità mentre in montale lui scopre questo segreto ma non lo rivela perché sarebbe chiamato pazzo. t1 pag 306 “i limoni” Dichiarazione di poetica, poema di apertura degli “ossi di seppia”. Può essere messa in parallelo ad “a mai” di Saba e il “porto sepolto” di Ungaretti, in cui il poeta presenta il carattere della propria poesia. Si rivolge in maniera colloquiale al lettore. Dice di voler torcere il collo all’eloquenza tradizionale, vediamo l’alternativa del doppio registro, parole alte da un lato che si oppongono a parole comuni e dice di essere spinto a comporre in questa fase da un esigenza di musicalità, nata dal suo studio di canto come baritono, e prende le distanze dai poeti laureati ovvero coloro che portarono la corona d’alloro amando la dimensione semplice della campagna. C’è l’opposizione tra campagna e città, campagna è l’infanzia e l’apertura, simbiosi con la natura e l’armonia, mentre la città è sofferenza ed essere adulti, stretti in questo spazio dove mancano luce e aria. La descrizione della campagna culmina nell’idea molto dannunziana, che la natura sia sul punto di rivelare all’uomo il loro ultimo segreto e in entrambi i casi questa natura tiene per se il segreto e invece c’è la percezione che, se la natura parlasse, l’uomo potrebbe fondersi in un rapporto armonico ma questa possibilità non si concretizza e l’uomo rimane nel male di vivere. Quindi poi la dimensione della campagna, in cui potrebbe apparire questo varco, si conclude con il fallimento e c’è il ritorno della città dove il cielo e l’azzurro si vedono in lontananza; in questa dimensione grigia della città e dell’età adulta si pone come simbolo di gioia il giallo dei limoni che rappresentano vitalismo e positività contrapposta al male di vivere. Nella sua poesia ci sono oggetti che fanno da apertura alla gioia di vivere e sono immagini di positività come i limoni, ad esempio il girasole “impazzito di luce” (immagine di Clizia, amante di apollo, trasformata in un girasole). Si rivolge al lettore. La campagna come luogo di armonia e pace in cui ci potrebbe essere la rivelazione del messaggio segreto. In campagna il tumulto dei sentimenti si mette a tacere. Il profumo dei limoni è un premio per i poeti che parlano di cose umili. Idea che ci possa essere un epifania di una divinità che si manifesta nella natura. Illusione di vedere il divino nella natura e la rottura è sottolineato dal “ma” ultima strofa. I limoni sono simbolo di vita e gioia di vivere che illuminano la vita grigia della città, che rappresenta la maturità e lo stare a terra contrapposto al mare. t9 pag 328 “riviere” Una delle prime poesie degli “ossi di seppia”, scritta nel 1920, ma messa come ultimo testo perche è una delle poche poesie non del tutto pessimista in cui c’è uno spirito di cambiamento, volontà di miglioramento e speranza che ciò possa avvenire quindi vuole chiudere la sua raccolta negativa con un messaggio che almeno una speranza di positività, se non anche una positività ottenuta. Nella prima parte come spesso nei testi di montale si parte dalla descrizione di un paesaggio, ligure, e ricorda un po’ l’idillio leopardiano bipartito (paesaggio e riflessione). Qua il poeta si rivolge ai luoghi della sua infanzia e adolescenza stranamente quella di cui lui ci parla non è una natura riarsa, sinonimo del male di vivere, ma è primaverile con fiori e farfalle e tracce di vita e questi luoghi della Liguria sono legati all'infanzia, si sente come in trappola da questi ricordi e soprattutto gli torna in mente il suo sogno infantile di fondersi con la natura, in una febbre di autoassoluzione nella natura; torna il panismo dannunziano con la differenza che per D’Annunzio era un potenziarsi nella natura, ampliando il suo io, mentre in montale fanciullo c’è l’idea di perdersi nella natura. Poi brusco passaggio al presente dove vede il paesaggio che gli suscita cose diverse e nel v47 si dice “oggi torno a voi più forte” quindi è un poeta adulto che vede le cose dell’infanzia mettendo su di loro nuovi stati d’animo, approdare ad un porto sereno di saggezza, non essere il fanciullo che si perdeva nella natura ma un adulto che ha consapevolezza di se. Nel verso 55 si vuole porre come una persona che ha trovato la sua unita e questo è interessante perchè è comune a molti poeti del 900 ma anche a Petrarca (canzoniere) dove c’era l’idea dell’unità da ricostruire attraverso la lirica ma anche nei cantos di Ezra pound. Anche il poeta finalmente si augura di trovare un suo io più unitario e dice che vorrebbe cambiare in inno l’elegia (verso 56), un lamento per un amore non corrisposto o altro e il poeta non vorrebbe più scrivere lamenti ma inni che celebrano la vittoria e quindi vuole chiudere la sua raccolta con un protendersi al miglioramento della situazione esistenziale e proprio come queste rive che una volta erano secche e ora fiorite, anche lui grazie al sole vorrebbe rifiorire, ultima parola della raccolta per dare possibilità. In questi ultimi versi il sole non brucia e rende arido ma è primaverile quindi fa rinascere, metafora già presente in Manzoni quando si parla di Ermengarda. È interessante perché vuole aprire una parentesi positiva, segna da un lato la rottura dall’infantile ma dall’altro cercare una nuova completezza. Nei primi versi è presente il ricordo legato all’infanzia di queste rive liguri a cui il poeta è legato perché ci ha passato i primi anni. C’è un influsso pascoliano per quanto riguarda l’interesse botanico nel nominare i nomi dei fiori e piante, il decadentismo viene riassorbito. Sta dicendo che si sente in trappola dei ricordi (quindi una prigionia piacevole) come una farfalla in una ragnatela. Natura personificata 46: si chiude la rievocazione del passato Negli ossi di seppia è presente spesso un tu generico che cambia di volta in volta poi nella 2 raccolta diventerà Irma Brandeis. L’ulisse di Saba non si vuole fermare in porto perché sta cercando nuove avventure mentre montale è alla ricerca di un porto sicuro e salvo. Le occasioni Per avere notizie delle raccolte di montale c’è una famosa intervista “immaginaria” del 1946, chiamata così perché montale in realtà si auto-intervista spiegando alcuni punti della sua poesia e ci fornisce notizie sulle sue raccolte; paragona la sua raccolta ad un frutto che ha in se qualcosa di misterioso e dirà più avanti “bisogna esprimere l’oggetto e tacere l’occasione spinta” ovvero che nelle occasioni ci sono diversi riferimenti a fatti biografici di montale pero il più delle volte ha in mente che cosa ha causato la lirica ma non lo dice al lettore che quindi si interroga, apertamente dice di voler depistare i critici dicendo cose misteriose in modo che diano le interpretazioni più strane, dandogli soddisfazione. Ad esempio ce una famosa lirica “notizie dall’ammiata” che finisce con “i porcospini …” e i critici andarono a dare le interpretazioni piu strane poi è venuto fuori che aveva soggiornato sull’amiata e aveva visto dei porcospini. L’occasione spinta è il dito biografico che non rileva. In un’altra lirica parla di un soggiorno suo e di Irma dove un garzone conduceva uno sciacallo al guinzaglio e in verità era davvero uno sciacallo. Il titolo viene proprio da questo tratto biografico che non rivela. Scritta nel 1939 porta una dedica a IB Irma Brandeis e siamo nell’anno successivo alle leggi razziali a causa delle quali lei è dovuta tornare in America. La figura onnipresente di questa raccolta è proprio al donna che non c’è infatti come in leopardi la donna per essere cantata deve essere assente. Montale si rivolge a questo tu in tutta la raccolta che sappiamo essere Irma ma non le da mai il nome mentre nella raccolta successiva Irma verrà chiamata Clizia, amante di Apollo nella mitologia. “Le occasioni” sono una raccolta più difficile degli “ossi di seppia” eprche il linguaggio si alza, non ci sono termino prosaici e c’è una evidente ripresa di Dante e ci sono diversi saggi sul dantismo di montale. Viene ripreso nella figura della donna angelo che si manifesta come bagliore e rappresenta in qualche modo la salvezza, ci sono vari momenti in cui lei non c’è e quindi lui manifesta la sua nostalgia e l’essere neorealisti di scarso impegno ma in questa intervista immaginaria dice “non sono stato indifferente ne alla guerra ne alle dittature però non posso dire che se queste non ci fossero state la mia poesia sarebbe stata del tutto diversa perché avendo provato sempre una disarmonia verso il reale la mia poesia riguarda sempre la disarmonia”; la cosa che più fortemente lo ha portato a scrivere poesie è la disarmonia con il reale quindi tematica più vicina agli ermetici. La presa di posizione contro le dittature è presente anche se non è totalizzante come nel neorealismo Questa raccolta quindi allude anche alla guerra fredda, scontro tra la URSS che si stava affacciando e gli USA ma anche in Italia tr la democrazia cristiana e i comunisti e lo inquieta parecchio il dilagare della società di massa e c’è l’idea che l’individuo perda la sua identità. C’è una lirica in cui descrive un treno e si dice che le persone sembrano murate nei vagoni come dei robot quindi la società annulla le persone per renderle tutte uguali. Montale non avrebbe mai voluto prendere una tessera che lo mettesse da una parte o dall’altra e in questo scenario di guerra fredda c’è lo scenario di una guerra atomica, si parla di un ombroso Lucifero che scenderà sull’Europa e in questa raccolta abbiamo ancora la figura di Clizia, donna angelo, ma alla fine non riesce a portare la salvezza all’umanità quindi fugge nella dimensione dell’ultracielo e in qualche modo lascia il posto a Volpe che è biograficamente una giornalista scrittrice, Maria Luisa Spaziani e appare anche Mosca, Drusilla Tanzi, sua moglie che rappresenta il buonsenso quotidiano perché nonostante i suoi occhi fossero miopi l'avevano guidato e avevano guidato anche lui. Clizia = angelica, Volpe = eros, Mosca = buonsenso quotidiano Alla fine di questa raccolta abbiamo 2 liriche che fanno parte delle “conclusioni provvisorie”, non si sente di dare un messaggio definitivo di salvezza quindi conclude mettendo l’aggettivo provvisorio e uno di questi 2 si chiama piccolo testamento, con la volontà di sminuire e dire qualcosa in una situazione così complicata. L’altro è “il sogno del prigioniero”, parla non solo di una dittatura ma di tutte ed è un prigioniero sia spiritualmente che fisico. t13 pag 348 “la primavera hitleriana” Questa poesia è un segno evidente dell’impegno di montale contro il nazifascismo ed è ispirata ad un avvenimento storico e rievoca una cosa accaduta nel 1938 (leggi razziali) quindi viene scritto proprio per ricordare un avvenimento nel maggio del 38 ovvero la visita di Hitler a Firenze con mussolini. Hitler viene accolto dalla città festante e quindi questa visita aveva l’obiettivo di stringere il legame più forte trai due dittatori anche in vista della guerra. Montale nella 1 parte descrive un fatto climatico straordinario e mostruoso, uno sciame di farfalle bianche impazzite che si schiantano sui ponti dell’Arno e questo avvenimento viene usato per rendere la mostruosità dell’arrivo di Hitler, mostro infernale e in seguito si descrive l’atmosfera di festa, mostruosa, dei negozianti che chiudono i negozi ed ornano le vetrine per rendere un’accoglienza a lui. Qua sottolinea come la popolazione non si rendesse conto e faceva festa perché non aveva capito con chi aveva a che fare; nessuno è stato del tutto innocente perche anche non conoscere non scusa. Dal v20 parla del suo incontro con Clizia e del suo addio e c’è l’idea che sia stato tutto inutile, Clizia rappresentava la salvezza nel suo immaginario ma allora è stato inutile essere venuta se le cose sono così. Dopo questa considerazione pessimista, vuole allargare il quadro quindi Clizia che non basta a salvare l’umanità si dovrà unire a dio e sarà una sorta di figura salvifica che porterà la salvezza a tutti quindi si rivolge a lei dicendo di rimanere fedele a questo impegno salvifico e di guardare verso l'alto. Dopo iniziale pessimismo si ha l’idea che Clizia possa salvare l’umanità. Fino a 19 prima parte: Ne quella ch’a veder lo sol si gira: testo di un rimatore del 300, Giovanni Quirini, ma forse dante, allude a Clizia NOTA 1 Si comincia con un avvenimento fisico che avviene in concomitanza con l’avvenimento storico mostruoso ovvero Hitler a Firenze e ci sono richiami all’atmosfera infernale dantesca come i suoi duri. Fu accolto in un teatro perchè ci stava tanta gente e quindi era tutto decorato insieme ai negozi Seconda parte: usa anche molti correlativi oggettivi e riferimenti personali non concepibili ad un lettore esterno Storia di Clizia vista come speranza di risanarci rispetto al reale arrivo dei nazisti Orrore di ciò che sta succedendo opposto a immagini di luce e salvezza (alternarsi positivi e negativi) Clizia si dovrebbe annullare come entità serena ed evolversi a divinità per salvare l’umanità t16 pag 359 “il sogno del prigioniero” Questo prigioniero non è specifico del nazismo o stalinismo ma è prigioniero di una condizione esistenziale e poi di qualsiasi forma di dittatura. È un prigioniero che trova uno scampo nell’immaginazione e nel sogno e la donna ritorna come presenza salvifica e costituisce un’alternativa all’orrore. Utilizza un registro grottesco spiccato con allusioni alimentari per le torture. Situazione di prigionia in cui il soggetto percepisce torture anche se non le vede e trova pace nel pensiero della donna che lo riporta a casa Il prigioniero parla in 1 persona e dice di essere bloccato in una prigione, i giorni e le notti sono diverse per poche cose, torna l’idea di fissità Da sempre in tutte le epoche l’uomo ha creato dittature Le dittature spingono ad autodenunciassi anche di cose non fatte per salvarsi Come prima aveva tentato di evadere tramite le ali degli uccelli che vedeva fuori ora con la tarma che volava La bufera ed altro nasce dopo al seconda guerra mondiale, fu pubblicata nel 56. Il titolo originario che voleva dare era “romanzo” e lo sappiamo da una lettera che manda a Giovanni Macchia, critico letterario, nel 49 in cui dice di voler al intitolare così perchè si evidenzia nel testo un filo narrativo, un succedersi di avvenimenti non solo personali ma storici quindi qui più che in tutte le altre emerge la realtà e il dramma della storia, la guerra Hitler e il dramma della società di massa ovvero le persone disumanizzate e lo scontro trai due partiti di massa, comunista e cristiano, che è la prefigurazione della guerra fredda. Per tutta questa cornice di fondo aveva sentito la raccolta come un romanzo inoltre è ancora presente Clizia, figura salvifica delle occasioni chiamata anche Cristofora (portatrice di cristo) quasi una donna angelo, ma appare anche volpe, l’antibeatrice, Maria Luisa spaziani, poetessa amica di Montale che rappresenta il vitalismo. Clizia ad un certo punto si ritira in un’altra dimensione perchè non riesce a salvare la realtà e ricorda le grazie di Foscolo e viene sostituita da volpe. Nel 56 cambia titolo probabilmente perché perde le speranze di salvezza, non ci sono messaggi positivi o meglio l’ipotesi di salvezza per tutti diventa privata, quindi ce un approfondire del pessimismo. C’è l’idea che la poesia, secondo montale stesso, è una forma di vita sostitutiva di chi non vive davvero. Dichiarazione di montale stesso che la sua lirica nasce da una totale disarmonia con la realtà. Importante è questa dichiarazione: L'argomento della mia poesia (e credo di ogni possibile poesia) è la condizione umana in sé considerata; non questo o quello avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l'essenziale col transitorio. Non sono stato indifferente a quanto è accaduto negli ultimi trent'anni; ma non posso dire che se i fatti fossero stati diversi anche la mia poesia avrebbe avuto un volto totalmente diverso? [...] Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia. Non nego che il fascismo dapprima, la guerra più tardi, e la guerra civile più tardi ancora mi abbiano reso infelice; tuttavia esistevano in me ragioni di infelicità che andavano molto al di là e al di fuori di questi fenomeni. Ritengo si tratti di un inadattamento, di un maladjustement psicologico e morale che è proprio a tutte le nature a sfondo introspettivo, cioè a tutte le nature poetiche. perche richiama il suo rapporto con la realtà storica perche da un lato abbiamo l’ermetismo, non storia, e dall’altro neorealismo, solo impegno politico. Lui non si identifica con nessuno ma è a metà più o meno. Transitorio= storia Essenziale= condizione uomo Ha sofferto la guerra ma il punto centrale della sua poesia è un altro Da un lato è indignato contro la guerra ma il punto centrale è l’inadattamento al vivere, proprio di tutte le nature introspettive. Lo stile in questa raccolta non è ne ermetico ne neorealista ma riprende dante con il suo pluristilismo mescolando alto e basso, l’idea allegorica di Beatrice e anti Beatrice, e si fa ad Elliot e Valerie t15 pag 356 “piccolo testamento” L’ultima sezione di questa bufera che comprende questo testo e il sogno del prigioniero si chiama “conclusioni provvisorie” perche non si sente di dare un messaggio universale cosi come qui da un piccolo testamento, un minimo messaggio di salvezza, parla di una fede che è simile ad un barlume che si vede più o meno. Qui afferma la sua non adesione a nessun credo dell’epoca ma rivela la sua indipendenza di giudizio e poi si rivolge alla donna amata dicendo di volerle lasciare un barlume, una piccola eredita, i valori morali che sono provvisori e non si sa se reggeranno. Si popolazioni che venivano rastrellate perché questo non avere le truppe le consegnava al nemico. Il neorealismo nasce proprio dalla volontà di raccontare le violenze della guerra e dei nemici che si trovavano nella zona. Il neorealismo vero e proprio comincia dopo la 2 guerra mondiale però già negli anni 30 ci sono autori che lo anticipano come Ignazio silone che scrive “Fontamara” Che descrive le lotte tra ricchi e poveri oppure Corrado Alvaro che scrive “gente in Aspromonte” E il neorealismo è diviso in filoni: - neorealismo meridionalistico: spesso molti autori venivano mandati al confino e parla dei problemi del sud Italia - Neorealismo della resistenza: tutti gli autori di questo periodo trattano questa tematica anche se non tutti, anzi quasi nessuno, si identificano del tutto col realismo perchè aggiungono di più tipo in Pavese c’è anche il simbolismo - Populismo: esaltazione del popolo; ad esempio “metello” di Pratolini, un muratore che riesce a far rendere conto al popolo dei diritti che aveva Il neorealismo secondo la critica non diede grossi risultati, scade nella cronaca, anche il film risolve tutto in modo molto rapida, c’è un’azione molto rapida, non ha scavi interiori, psicologia. È un po’ in controtendenza rispetto ai romanzi del 900 tipo Svevo e Pirandello invece qui si vede come tendenza il riaffermarsi del romanzo pero è un romanzo che impoverisce rispetto ai risultati che c’erano stati prima. Non ebbe una grossa durata perchè si esaurisce in pochi anni. I modelli che vengono presi non sono quelli del grande romanzo del 900 ma sono scrittori americani in particolare Hemingway e Steinbeck e Pavese che oltre ad essere scrittore era anche legatore dell’enaudi diceva che gli piacesse la beata immediatezza degli scrittori americani, che andavano dritti al punto e loro cercano di imitare gli americani. Dal punto di vista della lingua si vuole raggiungere una lingua anti-letteraria spesso comprendente una lingua gergale, vicina al parlato o contenente dialetti che fosse viva e vicina alla realtà quindi si parla di riproduzione mimetica della realtà. prefazione ai nidi di ragno Approfitta della pubblicazione del romanzo per parlare del movimento del neorealismo ed è interessante perché è una testimonianza sul neorealismo che viene da un autore che vi prende parte anche solo col primo romanzo perché poi sceglie il filone fantastico. Calvino parte inquadrando l’epoca del neorealismo nell’età della fine della 2 guerra mondiale. Il clima del fine guerra era quasi di euforia, parla di “spavalda allegria”; nasce dal fatto che tutta una serie di persone erano sopravvissute e felici di essere vive e quindi c’era voglia di raccontare ciò che avevano vissuto e insiste sulla “rinata libertà di parlare” dopo le dittature si era rinati e c’era voglia di parlare e punta sul fatto che il neorealismo non fu una scuola ma fu un insieme di voci, varie persone che incontrandosi avevano voglia di comunicare e raccontare le esperienze di guerra e dittatura. Questa esperienza nascono spontaneamente dal basso e si pone davanti 3 modelli - malavoglia - “Conversazioni in sicilia” Vittorini - Pavese “paesi tuo” Però poi i vari romanzi hanno una coloritura locale e lessicale in base a dove nascono. C’è una prepotente forza verso la vita. Calvino parla al plurale e tipico del neorealismo è che non esiste più una poetica dell’io ma si parla di un esperienza collettiva, tutti i romanzi hanno il punto di vista della generazione che ha vissuto la guerra. Il neorealismo, a quanto dice lui, non nasce come movimento addetto ai lavori ma si era creata sintonia tra chi voleva scrivere e chi legge grazie alla “rinata liberà di parlare” e infatti narra di azioni quotidiane (gente che si raccoglie intorno al fuoco e racconta, legame tra narrazione orale e tesi del neorealismo). Registrate la realtà raccontata dalle persone qualsiasi. Viene fuori l’importanza al riferimento della tradizione americana, vista da alcuni come da evitare, pero c’era la volontà di trasferire ciò sulla situazione italiana quindi i grandi modelli sono i 3 precedenti. Vittorini scrive sul politecnico e rifacendosi all’idea culturale di Gramsci scrive “non più una cultura che consoli nelle sofferenze ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini” che spiega come la loro cultura non si limiti a puntare il dito ma a combattere le giustizie ed eliminarle. Secondo lui L’intellettuale non deve delegare ad altri l’agire ma deve agire di suo. CALVINO Nasce a Cuba nel 1923 perchè il padre era un agronomo famoso che era stato chiamato per occuparsi dell’agricoltura della zona poi torna in Italia in Liguria dove si iscrive all’accademia agraria sulle orme del padre ma non gli interessava veramente. Erano anni cruciali, il 43, e calvino partecipa attivamente alla resistenza. E nel dopoguerra si iscrive al partito comunista ma esce quando l’URSS invade l’Ungheria. Il suo primo romanzo è “il sentiero dei nidi di ragno” neorealista che si occupa della resistenza vista dagli occhi di un bambino e anche la descrizione dei partigiani non è esaltante anzi sono visti come scarti e quindi ce il messaggio che chiunque può contribuire. È l’unico romanzo in cui calvino si occupa della resistenza poi si allontana da questo filone e approda ad una trilogia di carattere fiabesco, allegorica, il cosiddetto filone fantastico; sono testi che apparentemente ci mettono di fronte casi irrazionali ma hanno un doppio senso simbolico abbastanza impegnativo. Vittorini, che lavorava all’enaudi, aveva consigliato a calvino di provare questo filone, di cui fece 3 romanzi: - il visconte dimezzato, ambientato nel 1600 e parla di un visconte tagliato a metà da un palla di cannone quindi viene diviso ne il gramo e il buono, il finale del romanzo vede le due unità messe insieme grazie ad un intervento quindi può sembrare una favola ma allude ad una tematica molto diffusa anche nel romanzo europeo del 1900 ovvero il doppio (allude un po’ a Pirandello), come “Doctor Jekyll e Mr Hyde” di Stevenson, “Il sosia” di Dostoevskij e “il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde. - Il barone rampante ambientato a meta del 1700; parla di Cosimo che passa la sua vita sugli alberi perché non voleva mangiare un piatto di lumache, il fratello più piccolo (Biagio) anche se schifato le mangia mentre lui sale sull’albero e giura che non ci scenderà mai più, infatti non lo fa. Ha una serie di svolti interessanti perchè la sua scelta è un po’ la metafora della vota dell’intellettuale che per capire la realtà deve estraniarsi e guardare la vita degli uomini dall’esterno, infatti pur stando sull’albero partecipa alla vita politica - Il cavaliere inesistente ambientato ai tempi di Carlo magno, il protagonista è Agilulfo chiamato “cavaliere inesistente” perchè è solo un armatura senza corpo, è singolare perchè non può fare niente di ciò che fanno gli altri cavalieri. Alla fine si suicida perché non ne può più della sua armatura ed è metafora della razionalità che è incapace di collegarsi alla realtà, rapporto tra dentro e fuori, spirito e corpo. Sembrano storie estranianti e fantastiche ma in realtà hanno delle dimensioni filosofiche esistenziali. Interessante è che tutte le vicende sono raccontate da personaggi secondari, il barone rampante ha come punto di vista Biagio, il fratellino, mentre il cavaliere inesistente è raccontato da Teodora, una monaca. Un altro romanzo che non appartiene al filone ma ne fa parte sono le storie di marcovaldo, un contadino che va a vivere in città ed evidenzia una tematica importante ovvero il disagio della civiltà, come lo chiama Freud, cioè il forte impatto dell’integrazione nella società industriale e l’impatto che ha su molti contadini che si trasferiscono in città, vista come una selva spersonalizzante soprattutto dalla fascia contadina che non è abituata ma per lavoro ci deve andare. Si continua con questo filone realistico di critica con “la speculazione edilizia” che già da titolo allude a quanto le città siano cresciute in maniera caotica deturpando tutto ciò che c’era intorno, oppure la “nuvola di smog” che parla dell’impatto sull’ambiente. Calvino sembra apparentemente disimpegnato ma tratta di tematiche che poi saranno sviluppate più avanti e c’è già una tematica ambientalista anche se in maniera ironica. Barone rampante La vicenda è di Cosimo, 12 anni, primo figlio di una famiglia nobile che per non mangiare un piatto di lumache sale su un albero e giura di non scendere più. La vicenda ha dei risvolti simbolici perchè rappresenta l’uomo moderno che rifiuta alcune categorie che la civiltà gli impone, e rappresenta la sfida con il sistema feudale, mentre ora rappresenta l’intellettuale che rifiuta i canoni imposti dalla società. Questo distacco non porta l’intellettuale alla misantropia ma è funzionale a capire meglio la realtà, per capire meglio delle cose è bene estraniarsi. Questo personaggio bizzarro in realtà non odia gli uomini ma è sempre pronto a cercare di migliorare la vita, come dovrebbe fare l'intellettuale secondo calvino, e pur essendo sugli alberi si costruisce una serie di corridoi per spostarsi tra gli alberi e viene a contatto con intellettuali scrittori e filosofi illuministi (bisogna ricordare che siamo nel 1700) e partecipa attivamente alla vita pratica, un giorno scoppia un incendio e lui escogita un sistema antincendio e, un’altra volta, crea un sistema anti-lupo perché la città stava per essere attaccata. Dietro a Cosimo c’è l’idea dell’ intellettuale che riprende quello che dice Vittorini. C’è l’idea di rifiutare la realtà cosi com’è e infatti è anche molto generoso basandosi sui principi dell’ illuminismo, vuole scacciare le false presenze e fondare una società di uomini liberi. È un invito agli intellettuali ad impegnarsi per una società giusta che passa come una favola. Colui che racconta la vicenda è Biagio, il fratellino, molto diverso da Cosimo, l’opposto; tanto Cosimo è innovativo e creativo tanto Biagio rappresenta l’uomo comune che si uniforma e queste due personalità le vediamo fin dall’inizio infatti Biagio mangia le lumache anche se controvoglia mentre Cosimo si rifiuta. Quindi questa vicenda iniziale si rivolgendosi a lui, dando le istruzioni di come deve leggere facendo ironia su come ci si debba rapportare alla lettura. Si comincia dalle pagine del libro che vengono tagliate, perchè appositamente incollate. È un calvino all’avanguardia che vuole mostrare la letteratura come finzione quindi lo scarto tra letteratura e realtà. La letteratura è anche qualcosa che sfugge in continuazione. È un meta romanzo che riflette sul senso del romanzo ed è assolutamente un Unicum. Lezioni americane: conferenze che fa in America e poi mette per iscritto prima di morire dove da consigli ai letterati quali la leggerezza, che non significa superficialità. Riassunto su Calvino Sentiero dei nidi di ragno, scritto nel 46: il suo intendo era “lanciare una sfida ai ???” Secondo lui, a quanto si dice qua, vuole che ci si rapporti verso la resistenza in maniera equilibrata, senza negarne l’importanza ma senza neanche vederne i protagonisti come dei santi. In qualsiasi modo siano stati questi partigiani erano dalla parte giusta e questa era la cosa necessaria. Altri testi in cui si vede chiaramente come lui sia sensibile ai problemi del suo tempo ad esempio “la speculazione edilizia” in cui evidenzia come l’uomo abbia deturpato il paesaggio, qui la Liguria, e come stia distruggendo la natura per denaro. Così sempre su questo filone dell’inquinamento è ”la nuvola di smog” e già dal titolo si capisce come senta il disagio dell’industrializzazione infatti non rispettando la natura deve affrontare malattie, tematica già alla fine della coscienza di Zeno e molto caro a Pasolini. Altro è “la giornata d’uno scrutatore” dove il protagonista, intellettuale comunista, va a fare lo scrutatore alle elezioni al Cottolengo di Torino un ospedale dove c’erano soprattutto persone con handicap mentale e per lui è un orrore vedere questa sfilata di persone e rimane disgustato dal fatto che i gestori, preti, volessero usare queste persone per costringerli a voltare la democrazia cristiana: interessante nome del protagonista Amerigo Ormea (Amerigo allusione ad Amerigo Vespucci perché scopre il mondo dell’esistenza che non conosceva, e Ormea è l’anagramma di Amore che sarà il punto chiave della sua scoperta perchè vedendo queste persone malate si chiede che cosa sia umano e cosa no e la risposta è “l’uomo arriva dove arriva l’amore”; rimane commosso dalle cure dei genitori verso le persone invalide). Sono tematiche molto diverse tra di loro ma anche molto attuali. Le opere fiabesche, che sembrano favole perché sono leggere, in realtà hanno tematiche simboliche come nel visconte dimezzato rappresenta l’uomo diviso a meta che è nemico di se stesso e non conosce una pare di se stesso e vorrebbe aspirare all’unita, si parla di un artigiano pagati o per costruire elementi di tortura e non vuole pensare a come verranno usati e in questa figura si allude anche ad una cosa moderna ovvero agli scopritori della bomba atomica e alle responsabilità dello scienziato che crea una cosa ma non pensa a come verra usata. Il barone rampante sembra una bella favola ma allude all’importanza di non perdere il contatto con la realtà ed è metafora dell’intellettuale impegnato che deve osservare la realtà, anche da lontano, ma esserne partecipe. Altra tematica nelle città invisibili è l’inferno delle citta industriali, tematica già presente in tutto il 900. PRIMO LEVI Si auto definisce uno “scrittore non scrittore” perchè in realtà ha una formazione scientifica infatti si laurea in chimica e aveva frequentato il liceo Azeglio, uno dei licei più prestigiosi di Torino, frequentato anche da pavese. Nasce nel 1919 quindi i suoi studi li fa in piena epoca fascista. Tra le altre cose la sua scelta di laurearsi in chimica nasce dal fatto che le discipline filosofiche e letterarie erano usate come propaganda dal pensiero fascista mentre la scienza ne era immune e lui fu sempre fieramente antifascista e partigiano comunista, oltre che ebreo quindi viene deportato prima in Italia a Fossoli e poi ad Auschwitz e fu uno dei pochissimi che ne uscì vivo raccontando l’esperienza. È interessante che il libro “se questo è un uomo”, del 47, fa parte del filone della memoria però è molto più profondo e alcuni testi del neorealismo si limitano alla cronaca mentre in lui c’è una volontà conoscitiva profonda analizzando ciò che è successo perchè vuole capirne il motivo. Una delle frasi che piu colpiscono a questo proposito che appartiene all’ultima opera “i sommersi e i salvati” dice: È avvenuto quindi può accadere di nuovo, questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire Si sente in dovere di testimoniare ciò che è accaduto andando contro i negazionisti. Quindi “se questo è un uomo” nasce dallo sforzo di non giudicare, lasciare da parte una certa emotività, che viene comunque fuori avendo vissuto ciò, per evidenziare la volontà di capire. Segue “la tregua” (63) che narra di ciò che succede ai prigionieri sopravvissuti quando arrivano i russi e il campo di Auschwitz viene abbattuto, devono affrontare un viaggio di ritorno ai propri paesi, con la libertà ma a volte senza forza di continuarlo aiutandosi a farsi strada tra un Europa devastata senza treni e ammalati infatti anche Levi aveva preso la scarlattina e sarebbe stato destinato a morte certa perchè nel campo chi non lavorava sarebbe stato eliminato e invece arrivano i russi. La sua attività di chimico torna nei testi chiamati “il sistema periodico” dove dedica ogni racconto ad un elemento e per altro la sua professione di chimico fu quella che gli slavo la vita perché come spiega bene sia in “se questo è un uomo” che in “i sommersi e i salvati” nel campo si salvava solo chi era utile alla gestione del campo, infatti lui come chimico era utile e per questo risparmiato. All’interno di “se questo è un uomo” si ritrova un capitolo intitolato “i sommersi e i salvati” (il 9) che è il tolto della sua ultima sua opera, un saggio che aveva proposto ad Einaudi che poi non pubblica quindi lo pubblica un editore minore. Si parla ancora della realtà del campo di concentramento. I sommersi sono i prigionieri che muoiono nel campo, fisicamente più deboli o malati o anche meno svegli e non hanno mansioni particolari quindi meno utili; i salvati sono coloro, come lui stesso, che hanno mansioni ritenute utili come i cuochi, chimici e coloro disposti a collaborare con gli aguzzini, aiutanti prigionieri che godevano di privilegi perché sorvegliavano gli altri prigionieri (si chiede quanto siano stati obbligati a farlo o quanto si siano sentiti male dopo essersi conto di essersi comportati in quel modo). Poesia di montale (il sogno del prigioniero): i salvati sono coloro che hanno afferrato il mestolo mentre i sommersi sono coloro che finiranno nel patè. Da parte di questi salvati, tra cui Levi stesso, c’è un senso di colpa perché loro sono vivi e gli altri morti e dice in se questo è un uomo “per mia fortuna mi sono salvato” e dice che in un’altra dimensione, l’inferno (il nome allude proprio a dante), la sorte ha deciso tra chi doveva vivere e morire. Altre volte cita la presenza di dio, nonostante si dichiari ateo, però si interroga dicendo: che dio è questo? Con che criterio salva qualcuno e fa morire altri? Allora o non ce o non è giusto. Cita l’esempio di un vecchio che si era salvato e pregava dio per questo mentre un suo giovane compagno era morto quindi si adira di fronte a questa preghiera perchè non c’è giustizia. Lo statuto di essere salvi pone molti problemi e uno dei peggiori è la vergogna di essere vinti e chiedersene il motivo. In tutto ciò che scrive c’è la volontà di dimostrare raccontando, documentare ciò che ha visto con fine conoscitivo. Cita tra i salvati l’esempio di Alfred, industriale tedesco ricchissimo deportato che si trova sul fondo quindi in vesti che avrebbe mai visto per se stesso e alla fine decide di diventare uno dei sorveglianti. Logica che fa sorgere molte domande su ciò che giusto e cosa no. Dopo aver scritto “i sommersi e salvati” pochi mesi dopo si suicida buttandosi dalla tromba delle scale nel suo palazzo di Torino, alcuni dicono perchè aveva dovuto interrompere gli anti depressivi, altri per il trauma che aveva vissuto. Nei “sommersi e salvati” dice che tra aguzzini e prigionieri aveva individuato la cosiddetta “zona grigia” in cui ci sono i prigionieri privilegiati che collaborano col potere per salvarsi. Però mentre mette a fuoco questa prospettiva invita a non giudicare perchè l’universo del lager è talmente stravolto che ogni idea umana cade e lui stesso non riesce a giudicare. t12 pag 670 “l’arrivo nei lager” Parte iniziale dove si racconta l’arrivo nel campo e dove lui sottolinea come prima cosa che i prigionieri subivano una vera violenza psicologica che nasceva dall’alienazione fisica già dal fatto che nel viaggio pativano fame e sete e non fossero considerati umani infatti venivano privati del nome ma avevano un numero che li segnava, torna la tematica della perdita del nome di Pirandello con un altro significato. Vengono spogliati e “tosati” come le bestie. Nella prima parte c’era un sorvegliante a cui chiedono spiegazioni di ciò che dovevano fare e questo non gli risponde perché non li considera esseri umani ma carni da macello. Per cui parla di questo annientamento della persona umana e nota che tra i vari prigionieri spesso anziché crearsi solidarietà si crea un’idea mors tua vita mea, fare di tutto per sopravvivere, la solidarietà viene annullata per l’istinto di sopravvivenza. All’arrivo nel campo gli dicono di stare attenti ai vestiti e le scarpe e, dopo un iniziale sconvolgimento, successivamente capiscono che prevale il sentimento di sopravvivenza. Brano significativo: era arrivato un ragazzino francese, soprannominato Picolo, e si trova con lui per prendere le pesanti marmitte di zuppa da portare ai prigionieri; poichè a loro non era possibile parlare, approfitta di questo tempo perché vuole dare a Picolo un saggio sull’importanza della cultura. Parla a lui dell’episodio di Ulisse che va oltre le colonne d’Ercole per sottolineare il valore del uomo in particolare dove degli operai diventando comunista e capendo l’importanza politica dell’impegno. Siamo negli anni della guerra di Spagna, prova generale per la 2 guerra mondiale, e di questa si parla di “conversazioni in Sicilia” di Vittorini. t5 pag 823 “l’«istinto di classe»” Abbiamo un dialogo tra Pablo e Gino Scarpa, persona che appartiene alla borghesia ma che si è avvicinato al comunismo e contiene l’idea, vicina al neorealismo, del populismo ovvero l’esaltazione del popolo, a cui Pablo appartiene, che ha in se l’istinto della lotta classe e quindi è portato alla lotta mentre Gino, intellettuale borghese, ci è arrivato dopo all’impegno visto che non ne era stato dotato naturalmente. Quest’idea del popolo dotato di qualcosa in più degli altri la troviamo anche in alcuni romanzi di Pasolini, tipo uno che salva una donna da un fiume (ragazzi di vita). Popolo come depositario di forze che le altre classi non hanno. La voce narrante è quella di Pablo. La luna e i falò Allude a 2 archetipi; è un romanzo ambientato nelle Langhe, zona a lui particolarmente cara, e la luna e i falò sono simboli: - luna: tempo circolare che scandisce la vita dei contadini delle Langhe che fanno le stesse cose - Falò: rappresentano 2 cose opposte: da un lato quelli della giovinezza e delle feste in campagna ed erano accesi anche per propiziare l’agricoltura o la pioggia per i campi (quindi immagine positiva infanzia) però rappresenta anche la perdita delle illusioni e la morte perchè ci sono vari riferimenti ad esempio al corpo di una ragazza, Santa, che viene bruciata poichè prima compromessa coi fascisti poi partigiana e sospettata di avere ancora legami coi fascisti quindi viene uccisa dai partigiani e poi bruciata perchè era talmente bella che avrebbe attratto, e quindi sarebbe stata violentata anche da morta. Altri falò sono legati al fatto che viene bruciato un casale dove il protagonista aveva lavorato e chi ci abitava in un momento di pazzia brucia tutto. Il titolo è emblematico di 2 realtà opposte. Il protagonista si chiama Anguilla, ragazzo senza genitori cresciuto in un paese delle Langhe che va in America; il romanzo inizia con lui che torna nelle Langhe a cercare le radici e inizia col dire “dove sono nato, io non lo so” e torna per cercare il passato. Questo personaggio è molto diverso dal cugino della poesia “i mari del sud” perchè questo è un personaggio vincente, per 20 anni in giro per il mondo e ora è ricco quindi ha mille pretendenti ed è un immagine della persona sicura di se che ha quasi un alone mitico intorno, descritto come un gigante vestito di bianco, mentre Anguilla cerca anche lui queste sue radici ma non trova più niente perchè tutto era distrutto, sia le persone che i luoghi. Per cui sono proprio due tematiche opposte, emigrato vincente e quello che non riesce a trovare le radici lasciate. Anguilla fu allevato in un casotto sulla collina di Gaminella da genitori che prendevano soldi dal comune per allevarlo; quando diventa grande lavora da sor Matteo, padre di santa. Poi quando torna dal viaggio in America trova un personaggio, Nuto, più anziano, che rappresenta la memoria storica e racconta ciò che è successo in questi anni. Abbiamo poi Cinto, ragazzino molto gracile e debole, che abitava anche lui nel casotto dove era cresciuto Anguilla e gli racconta che suo padre, il Valino, preso da un attimo di pazzia, da fuoco al casotto quindi, oltre a non ritrovare le persone care, tipo Santa, non trova nemmeno il casotto della sua infanzia, quindi il fuoco viene visto come distruttore. Impossibilità del ritrovo delle radici. t7 pag 832 “«dove son nato non lo so»” È l’inizio del romanzo in cui è il protagonista parla in prima persona e si racconta. Ci racconta fin dall’inizio che è tornato nelle Langhe dopo aver vissuto per anni in America alla ricerca delle sue radici e questa tematica è presente anche in altri testi e qui si conclude con l’impossibilità di trovare le radici, segnata dall’immagine del falò. Racconta come non era a conoscenza delle sue origini perchè era un bastardo dell’ospedale adottato da una famiglia che prendeva soldi per allevare i trovatelli dell’ospedale. Idea del ragazzo che pensa di essere adottato per amore e invece viene ferito. Fin dall’inizio si sottolinea l’impossibilità del recupero delle radici: pensava di trovare i noccioli che aveva sempre visto quindi la sua ricerca è fallimentare. Nella 2 parte compare un personaggio importante, Nuto, amico del protagonista che rappresenta quasi una figura paterna ed è colui che è rimasto fedele al paese e quindi è in grado di fare da memoria storica. Nelle prime righe si sottolinea anche la miseria di queste zone, dove prendere un bastardo dell’ospedale è una sorta di lavoro. Fenoglio scrive anche un romanzo, “la malora”, delle condizioni di miseria dei contadini sfruttati fino allo stento supremo quindi anche lui è un autore che si muove nelle sue stesse zone geografiche e sottolinea la povertà. Si nota che il brano è giocato sulla contrapposizione adesso, personaggio adulto tornato sui luoghi dell’infanzia che valuta in modo diverso la realtà, e prima. Nuto è una figura stabile e rassicurante che non si è mai mossa, una figura paterna che fa da memoria storica. t8 pag 836 “«la luna, bisogna crederci per forza»” Emerge la figura della luna, descritta sempre in maniera simbolica, assieme ai falò che sono i simboli del testo. Il protagonista si confronta con Cinto (ragazzino che abita al casotto della Gaminella, dove era stato cresciuto il protagonista) il cui padre gli darà fuoco in un momento di pazzia. Si parla del valore della luna. In questo brano il falò ha una valenza positiva, il ricordo delle feste in campagna per propiziare la pioggia. Ricorda i malavoglia perché: - Romanzo con le stesse tematiche - Verga è uno di quelli che ispira il neorealismo - Discorso tra padron toni e ideale dell’ostrica e toni il giovane che vuole andarsene Irene e Silvia sono le figlie della famiglia presso cui lavorava Anguilla e sono le sorelle maggiori di Santa Scontro tra 2 mentalità: - Anguilla che ha visto il mondo e non crede più alle favole sui falò e la luna - Nuto legato alla vita contadina che crede ai benefici del falò per i campi In questo brano è evidente come si distacchi dal neorealismo perché non c’è denuncia di tipo sociale ma si indaga quella simbolica con determinati oggetti del paesaggio. Altra tematica onnipresente in Pavese è contrasto tra campagna (infanzia) e città; frattura tra passato e presente sottolineata dagli ora e dai prima. t9 pag 840 “«ha bruciato la casa»” (accennato) Ritorna il tema del falò. Si parla del padre di Cinto che in un eccesso di follia e ubriachezza da fuoco al casotto quindi il falò ora è visto come metafora di distruzione e morte e rappresenta l’impossibilità del protagonista di trovare il luogo dell’infanzia per eccellenza dove era cresciuto. t10 pag 844 “«come il letto di un falò»” Brano conclusivo dove il protagonista viene a sapere che cosa era successo alla Mora, la seconda cascina dov’era vissuto. Lui aveva già colto in Nuto un non voler parlare di ciò successo ma qua ne ha la rivelazione di questo evento terribile, in particolare di ciò successo a santa. Era una donna bella e indipendente che fumava, non voleva consigli e si era compromessa con i fascisti, diventando l’amante di un gerarca che le aveva dato da lavorare come segretaria. Poi aveva fatto la spia per i partigiani ma viene fuori che era tornata dai fascisti. Di lei si sottolineano 2 immagini diverse: c’è la descrive a volte in veste maschile con coraggio e grinta e poi c’è l’immagine quasi angelica quando viene presa, catturata e condannata a morte vestita di bianco. Nonostante la bellezza, Baracca, il capo partigiano, la fa uccidere perchè avevano le prove del tradimento e torna il falò perché le bruciarono il corpo. Con questo falò che distrugge il suo copro si chiude il romanzo, che si chiude proprio con la parola “falò”. ELIO VITTORINI È siciliano, nasce a Siracusa nel 1908; studia come autodidatta poi lascia la Sicilia alla ricerca di un contatto con la cultura e si trasferisce a Firenze dov'è vicino alla rivista “solaria”, con cui ebbe a che fare anche Montale. Dopo questo trasferimento a Firenze aderisce al fascismo di sinistra chiamato così perchè, come anche Gadda, si vedeva il fascismo come una forza rivoluzionaria capace di rompere le cose. In seguito alla guerra di Spagna le sue idee cambiano infatti nella guerra di Spagna si vide che fascismo e nazismo erano coalizzati, cosi passa drasticamente dalla parte opposta e diventa un sostenitore della necessità che lo scrittore sia impegnato a cambiare le cose e aderisce al partito comunista e la sua attività porta alla creazione della rivista “il politecnico” che è una rivista di letteratura militante e dice che è necessario sottolineare una cultura dell’impegno in cui l’intellettuale si deve prendere le sue responsabilità; deve impegnarsi personalmente in una letteratura che sia non solo consolatrice ma che voglia cambiare le cose. “Non più una cultura che consoli nelle sofferenze ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini” È un appello a tutti gli intellettuali italiani affinchè si impegnino e applichino le speranze che aveva portato la resistenza Questa sua adesione al partito comunista finisce con una rottura perchè aveva proposto una letteratura d’impegno ma non voleva che fosse appiattita dalla politica quindi rompe con Togliatti e finisce anche l’esperienza del politecnico. Continua la sua missione di intellettuale con l’attività editoriale, lavora per Einaudi e fonda la “collana dei gettoni” che lancia diversi autori diventati poi famosi in cui si volevano del tempo. Pasolini fu fondamentale per Moravia e molto interessante è che ebbe 3 mogli, quindi visse la sua vita al meglio come uomo e scrittore: 1. Elsa Morante (scrittrice il cui romanzo più famoso è “l’isola di Arturo” e “la storia”), avevano a Roma una casa che diviene un circolo dove si incontravano intellettuali e discutevano. Questo matrimonio dura una ventina d’anni poi non divorziano ufficialmente ma va a vivere con la sua seconda “moglie” 2. Dacia Maraini: scrittrice che vinse anche premi importanti. Dopo lei ha un’altra donna che è 3. Carmen Llera: donna di 20 anni di meno rispetto a lui, scrittrice che pubblica qualcosa con l’appoggio del marito ma poi sparisce dal contesto letterario Pur essendo borghese, fu sempre vicino al partito comunista pur non prendendo parte attiva alla resistenza e fonda la rivista “nuovi argomenti” che si occupa soprattutto di cinema e rifiuta la militanza aperta nella resistenza, probabilmente anche per problemi di salute infatti, come racconta in un’autobiografia, aveva avuto una tubercolosi ossea che lo fece rinchiudere in montagna a studiare da autodidatta e lo stimola a riflettere su una serie di ??? Le esperienze che contano sono spesso quelle che non avremmo mai voluto fare, non quelle che decidiamo di fare si riferisce alla malattia, un po’ come per leopardi dove la malattia fu un momento di riflessione. gli indifferenti È il suo primo romanzo (altri di questo filone sono “la noia”, ???) il titolo ci fa capire che non siamo in un romanzo neorealista, si capisce che siamo nella realtà neofascista ma a lui interessa altro, è uno scavo interiore che in qualche modo è supportato dalla conoscenza della filosofia esistenzialista dalla psicoanalisi e dal marxismo. In questi primi romanzi quindi critica la borghesia vista come classe in cui le uniche cose importanti sono guadagno e sesso e che non riesce a stabilire un contatto vero con la vita. Soprattutto nella “noia” c’è un riferimento a Sartre che scrive “la nausea”. Gli autori dell’esistenzialismo (aveva messo in evidenza l’assurdità del vivere) a cui si riferisce sono Sartre e Camus. In questo romanzo la struttura è ancora tradizionale. È una narrazione in 3 persona con molto dialogo e il protagonista, Michele, vive una situazione familiare piuttosto complessa perché la madre Mariagrazia, ricca borghese vedova con 2 figli (lui e carla). Questa madre ha un amante, Leo Merumeci, un uomo molto cinico che ha la volontà di depredare la villa in cui vive la donna perche loro hanno messo un ipoteca e lui avanzerà pretese sulla casa quindi non è legato a lei da un legame vero ma è solo superficiale. Le cose vengono peggiorate dal fatto che Leo è stufo di Mariagrazia e mette gli occhi su Carla, la figlia di lei 18enne. Il titolo è “gli indifferenti” perché, a questo punto, Michele scopre tutto e vorrebbe reagire e insultare Leo però poi viene preso da uno stato di indifferenza, un blocco all’azione; la loro vicenda è l'emblema di ciò che non funziona nel mondo borghese. Anche Carla è indifferente e si lascia prendere da Leo anche se non l’amava. Un giorno Michele vorrebbe sparare a Leo perché non ne può più ma si scorda di caricare la pistola quindi ci troviamo di fronte a quello che per Freud è l’atto mancato. Ricorda Amleto che vuole uccidere lo zio per l’assassinio del padre ma non ci riesce. Michele è un eroe lucido, come Amleto, ha conosciuto tutti i meccanismi nascosti e reagisce con rabbia, ma non riesce a fare niente. Il libro si chiude con un lasciarsi trasportare dall’indifferenza che vede Michele rimanere passivo di fronte a ciò e si evidenziano le falsità della borghesia infatti Leo sposa Carla. Questa vicenda è proprio una critica che lui fa alla mediocrità del mondo borghese in cui anche la tragedia, l’omicidio che avrebbe cambiato i destini dei personaggi, è impossibile. È un dramma in gran parte anche interiore. t1 pag 611 “l’«indifferenza» di un giovane borghese nell’epoca fascista” A. In questo brano siamo nel luogo tipico della società borghese, il salotto. Ci sono le varie discussioni tra tutti e 4 i personaggi principali che parlano dell’ipoteca sulla casa che, se non pagata, potrebbe togliere la casa alla famiglia. B. Entra in scena un’amica della madre e allora questa minimizza la questione dando dello sciocco a Michele. Seguono altri romanzi tra cui: Agostino È la storia di un ragazzo che appartiene alla società borghese e comincia nel passaggio dall’età di bambino a ragazzo a vedere le sue mancanze e quindi si allontana dal suo ambiente sociale e prova simpatia per ragazzini proletari che conosce al mare, quindi c’è la volontà del ragazzino di allontanarsi dall’ambiente di provenienza La disubbidienza Ha come protagonista un ragazzo di nome Luca che vede l’inautenticità della società borghese e prova un disagio talmente profondo che diventa disobbediente (al contrario di Michele che è insofferente). Fa una sorta di sciopero della vita e decide di auto-anientarsi non facendo più niente, nemmeno mangiare. Una delle cose che lo traumatizzano è una scena in cui, dopo essersi inginocchiava a pregare ogni sera da bambino davanti ad un quadro, da adulto scopre in maniera traumatica che dietro quel quadro c’era una cassaforte e quindi scopre che per tutta la vita aveva lodato il denaro. Ritorna una delle idee fondamentali di Moravia ovvero borghesia che ha come divinità il denaro che permette di possedere la realtà come il sesso permette di possedere l’altro quindi la borghesia è la classe sociale che vuole possedere le cose e le persone con cui viene a contatto. Luca sembrerebbe destinato alla morte perché la malattia interiore diventa anche fisica ma lo salva un infermiera più grande di lui che lo istiga al sesso, una scoperta che lo riavvicina alla vita e decide di interrompere quindi lo “sciopero della vita”. Dopoguerra Arriviamo all’immediato dopoguerra con una serie di testi dove si avvicina alle tematiche del neorealismo, quindi abbandona la borghesia per parlare della realtà storica legata alla 2 guerra mondiale e anche all’esaltazione del popolo. La romana (1947) È il primo di questi romanzi; la protagonista Adriana, prima fidanzata poi tradita, finisce a fare la prostituta per mantenersi ma mantiene in se un innocenza nell’animo, concede il suo corpo ma dentro rimane pura e disponibile ai sentimenti quindi tutto sommato figura positiva, come Vittorini “erica e i suoi fratelli” La ciociara (la zona sud lontana da Roma) È una storia ambientata durante la fine della 2 guerra mondiale. Ha come protagonista una donna vedova con una figlia; siccome il marito aveva un negozio, lei deve continuare a vendere ma poi si trova a dover fare la “borsa nera” ovvero prende prodotti alimentari e poi specula sulla fame delle persone per sostentare lei e la figlia. Poi lei e la figlia abbandonano la citta per andare in campagna ed evitare i bombardamenti e vengono in contatto con Michele, maestro di vita che fa capire determinate cose dell’ambito storico in cui vivevano, ad esempio lei era bendisposta verso il fascismo mentre lui le fa capire che non va bene. Lei e la figlia allora stringono legami positivi con gli abitanti del luogo ma Michele viene catturato e ucciso dai tedeschi quindi le 2 tornano a casa; nel viaggio di ritorno vengono sorprese in una chiesa sconsacrata, dove si erano fermate a dormire, da dei soldati marocchini in aiuto degli Americani e violentate e al ritorno c’è un brusco cambiamento della figlia, che era sempre stata innocente solare e riservata, ma dopo questa violenza cambia completamente il suo comportamento e addirittura diventa una prosituta. Evidenzia quindi questo cambiamento dalla purezza alla sensualità nata dalla disperazione quindi ce l'abbandonarsi al puro esistere e lasciarsi andare agli avvenimenti. t3 pag 623 “la sanità del popolo e la corruzione della guerra” Riprende i canoni del populismo che mantiene la purezza nonostante le situazioni rovinose. Siamo nelle ultime pagine in cui le donne tornano a casa, sono per la strada e trovano un giovane che guida un camion, che da loro un passaggio. Nell’ultima fase della sua vita scrive testo i che fecero scandalo come “io e lui” (conversazione tra l’autore e il suo organo genitale), “la vita interiore” (diario in cui si parla del terrorismo e ci sono molte scene di vita sessuale) e “l’uomo che guarda” (parla dell’incubo atomico). Sono tutti testi con un occhio alla realtà evoluta ma che sentono molto la realtà del sesso, sempre presente ma in questi testi di più. La noia Negli anni 60 ritorna un po’ alle origini nel senso che il romanzo la noia non tiene tanto conto della prospettiva storica quanto di quella interiore ed esistenziale. Qua è evidente più che in altri romanzi di Moravia l’influsso di Sartre e la nausea che, assieme allo straniero di Camus, era a capo dell’esistenzialismo, corrente filosofica che puntava sul concetto dell’astrusità del vivere, quindi si vive per la morte. In particolare in Sartre c’è un indicazione che va anche verso la letteratura dell’impegno, cioè inserito e impegnato a cambiare le cose nella sua epoca. La nausea è del 1938, anno tragicamente famoso in Italia per le leggi razziali; la noia invece fu scritto nel 60 ma sicuramente componenti di questo testo vengono riprese da Sartre. È la storia di un pittore, Dino, che non riesce più a dipingere perché secondo lui dipingere è stabilire un rapporto con le cose invece lui percepisce in se l’assurdo e si percepisce come staccato dalle cose quindi ha il blocco dell’azione che si richiama agli “indifferenti” con Michele. Dino non riesce più a fare l’unica cosa per lui importante ovvero dipingere. Qui si sentono anche influssi del marxismo, altra lo portò a scrivere una prima raccolta di versi in dialetto friulano che sentiva come una lingua genuina e vera e scrive infatti “poesie a casarsa” e “l’usignolo della chiesa cattolica”. Il padre invece era militare con cui ebbe un pessimo rapporto perche non accettò la sua omosessualità e lo ripudia come figlio a differenza della madre tanto che nel 49 deve fuggire da Casarsa assieme alla lei e vanno a Roma perché era stato coinvolto in una vicenda, chiamata “fatti di ramoscello”, perché c’era una sagra dove si era appartato con dei ragazzi ma viene beccato e fa scandalo. Va a Roma ma sono in una pessima situazione economica perché la madre a Trieste era maestra e lui con la sua laurea va ad insegnare italiano alle medie ma l’abitazione era dall’altra parte di Roma quindi la situazione iniziale è molto difficoltosa e lei inizia a fare la donna delle pulizie perche a Roma non conoscevano nessuno e dovevano iniziare da capo. Roma per lui è anche la città della scoperta infatti nota soprattutto la miseria venendo a contatto col sottoproletariato, la fascia che rappresenta nei suoi romanzi e la definisce “stupenda e misera città”, stupenda per i monumenti e misera per le persone. Si affascina dal popolo come classe sociale ancora legata ai valori tradizionali e che non è stata travolta dalla modernità, vista da lui in maniera negativa e quindi cerca questa autenticità nel popolo soprattutto nel sottoproletariato, coloro piu sfortunati del proletario chee vivono di esperienza come descrive in “ragazzi di vita” che per sopravvivere rubano il ferro per rivenderlo e si prostituiscono. Di questa classe sociale gli interessa anche molto la lingua quindi Franco Citti, imbianchino a roma, gli fa da maestro di romano e poi sarà un attore importantissimo nei suoi film perchè rappresentava il vero personaggio senza accademie. Pasolini, nato da ambiente borghese, cerca la purezza delle classi popolari che in Europa non si trova più se non nel sottoproletariato e lui e Moravia vanno in india per cercare le civiltà ancora caratterizzate dalla purezza, quelle del terzo mondo. Nasce una sorta di diario di viaggio chiamato “l’odore dell’india” perche sono colpiti da odori di questa terra. Si avvicina a roma al marxismo, prende la tessera del partito comunista fino a quando viene buttato fuori per indennità morale perché la sua fama di omosessuale va diffondendosi perché ebbe sempre il coraggio delle sue azioni. C’è un libro su tutti i processi che gli vennero fatti, circa 30, tutti risolti con l’innocenza. Uno dei suoi film fu accusato per offesa alla religione cattolica e una volta un benzinaio lo accusò di avergli rubato dei soldi. Ebbe quindi una vita tormentata anche perché era un intellettuale scomodo perché gay, diceva ciò che pensava apertamente ad esempio c’è un articolo in cui punta il dito su tutte le stragi (periodo della strategia della tensione) e su chi le fece ma non ne ha le prove quindi è la difficoltà di un uomo che per grande intelligenza e intuito aveva capito i mandanti ma non poteva accusare. I suoi interventi giornalistici vennero raccolti nelle “lettere luterane” dove Lutero è il simbolo del contestatore che andò contro la chiesa cattolica. Aveva capito anche che nella politica italiana c’era la CIA, polizia americana. Accusa tutto il mondo del potere di corruzione puntando il dito sulla disonestà della destra, sinistra e persino della chiesa. come fa a saperlo allora chi sono i mandanti? e lui dice che lo sa perché è un intellettuale, un intellettuale interessato a ciò che a accade, e dice che anche altri intellettuali possono capire cosa sia successo, perché è molto semplice capirlo per un intellettuale. L’ultimo romanzo, che non scriverà, mai si chiama “petrolio” dove parla anche di Mattei, direttore dell’ Enel, fatto esplodere su un aereo, però secondo lui e altri c’era dietro la CIA. Sceglie come suo ultimo romanzo un tema molto scottante ma non riesce a finire perché viene assassinato. Sulla sua morte ci sono molte ipotesi ma nessuna certezza, viene massacrato sulla spiaggia di Ostia dove si era recato una serra insieme a Pino Pelosi, detto la Rana, un prostituto, e si accusa lui che inizialmente si prende la colpa ma sembra essere molto più complicato perché sicuramente erano piu persone e poi venne incriminato ma non era ancora maggiorenne quindi ebbe una pena ridotta, non l’ergastolo. Anni dopo ha dichiarato di non essere stato lui ma che lo avevano costretto minacciandolo di sterminare la sua famiglia ma non ha mai voluto rivelare chi gliel’avesse ordinato. Pare che era li per fare atti sessuali con Pino altri dicono che era stato chiamato perché gli avevano rubato le pellicole di un film “le centoventi giornate di Sodoma” e ne aveva denunciato la scomparsa quindi era un tranello per massacrarlo. Fatto sta che viene bastonato a morte poi gli è passata sopra un auto che gli ha fatto esplodere il cuore e venne trovato il mattino dopo da dei poveracci che abitavano in quelle baracche li sulla spiaggia e venne fatta un’intervista alla donna che lo trovò pensando fosse un mucchio di stracci. Ha avuto una sorta di preveggenza di alcuni passi della sua vita; “ha preveduto la sua stessa morte”. Nel film “il vangelo secondo Matteo” che vince a Venezia, nell’ultima parte della crocifissione, nella scena con Maria e la Maddalena che piangono, sceglie per fare Maria sua madre che 10 anni dopo piangerà la sua morte. In “petrolio” si parla di un personaggio che muore su una spiaggia preso a bastonate che è quello che poi gli successe. Romanzi I romanzi di Pasolini sono scritti nel periodo romano in cui abita a Roma e cerca di conoscere l’ambiente circostante interessandosi soprattutto al sottoproletariato, quella classe sociale ancora più povera del proletariato cerche non ha un lavoro. Deve riuscire ad entrare in contatto con la lingua romana quindi i suoi romanzi sono scritti in un idioma che mescola un linguaggio romanesco che impara da Franco Citti, mescolato a voci dialettali, infatti nel suo primo romanzo “ragazzi di vita” in fondo c’è un'appendice con tutti i vocaboli e le traduzione. Usa il dialetto perché per lui da idea di vitalità, infatti le prime poesie le scrive in friulano, e anche una sorta di opposizione sulle idee che il fascismo sosteneva sulla lingua che doveva essere solo italiano puro, nemmeno i dialetti. Secondo Pasolini l’assenza dei dialetti è perdita di vitalità e la nuova generazione tende ad omologare tutto. Pur avendo difficoltà perché non è nativo di Roma pian piano la impara. I personaggi dei suoi 2 romanzi principali “ragazzi di vita” e “una vita violenta” Rappresentano proprio il sottoproletariato. Per queste tematiche Pasolini si avvicina alle tematiche del neorealismo ma è molto di piu, riprende l’idea del populismo ovvero l’estrema innocenza e vitalità del popolo però aggiunge a questa visione neorealista anche delle suggestioni fortemente decadenti. Mentre per i neorealisti il popolo era portatore di valori positivi a volte anche per lui lo è ma sostanzialmente ama il popolo perchè lo vede come una esplicazione di una primordialità che dopo si è andata perdendo, la stessa idea che lo porta a viaggiare in india e africa. Ci sono molti suoi interventi contro la civiltà contemporanea, consumismo e televisione e si avvicina all’ultimo montale. In particolare se la prende con la TV che è una nuova forma di fascismo perche fa perdere il principio individuale. Per quanto riguarda la lingua c’è un pasticcio linguistico portato al massimo grado da Gadda che mescola dialetto italiano, lingua latina ed espressioni scientifiche. Ragazzi di vita Ragazzi delle bordate romane che vivono anche prostituendosi e rubando ferro per rivenderlo ma hanno una loro sensibilità Una vita violenta I personaggi appartengono allo stesso ambiente sociale del precedente, il protagonista è Tommaso Puzzilli che vive di espedienti facendo piccoli furti e non ha una consapevolezza di classe all’inizio poi si avvicina al partito comunista quindi scopre l’impegno politico. t2 pag 928 “degradazione e innocenza del popolo” In questo episodio vediamo che questo eroe popolare è dotato di una vitalità e impulsività tipica del popolo che lo porta senza volerlo a diventare un eroe perché si parla di tutta una serie di baracche costruite sulle rive del fiume (tema della speculazione edilizia anche in Calvino); ci troviamo in un momento di particolare crisi perché c’è stata un’alluvione e il fiume è straripato e le baracche non ci sono piu quindi le persone sono rimaste dentro e vengono chiamati i pompieri per chiamare una donna ma non sanno dov’è il luogo quindi non riescono a raggiungerla; allora interviene Tommaso che mostra una caratteristica del popolo, secondo Pasolini, ovvero l’istinto perché, visto che conosceva bene la zona, si butta nella corrente sfidando l’impeto dell’acqua rischiando la vita e salva la donna. Fa sorridere il dialogo tra loro 2, lei viene definita zoccola che batteva a Montesacro; quindi è un eroe ma non di coordinate nobili anzi adotta il suo punto di vista per far vedere la sua popolarità. Fa di tutto per portarla in salvo ma c’è un litigio trai due perché lei vuole portare via i suoi suppellettili quindi gli da delle istruzioni in modo popolare e la porta in salvo ma questo fatto lo porta alla morte perché da bimbo soffriva di tubercolosi e stare tanto tempo in acqua farà riaffiorare la malattia. Riga 10: ricorda una poesia di montale dove descrive l’alluvione di Firenze Giornalismo Scrive molti articoli sul corriere della sera che ci dimostrano la sua attiva partecipazione alla vita e ha idee molto vicine a quelle di scrittori di quel periodo, come il consumismo visto come una nuova forma di dittatura assieme a quella della televisione, e anche montale e calvino parlavano della stessa cosa. Legato al consumismo c’è il conformismo visto che tutti sono spinti a comprare le solite così annullando la propria identità. Altre cose sono l’accusa con la classe dirigente, chiamata il palazzo (quelli che erano i vecchi fascisti adesso hanno cambiato vestiti e sono nel corpo democristiano). In questi anni c’è la legge sull’aborto ed esprime l’opinione contraria, perchè pensava fosse omicidio. In queste esternazioni quindi è evidente l’impegno politico che aveva formato, come dice Moravia al suo funerale, una poesia di tipo civile e politico di cui testimonianza è la racconta “le ceneri di Gramsci” dove si reca nel cimitero acattolico dove è
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