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Uomini e case nel Medioevo tra Occidente e Oriente - P. Galetti, Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto completo del libro Uomini e case della prof.ssa Galetti per la preparazione dell'esame di Storia Medievale.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 22/11/2018

Federico_Ricci_981
Federico_Ricci_981 🇮🇹

4.6

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Scarica Uomini e case nel Medioevo tra Occidente e Oriente - P. Galetti e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! Uomini e case nel Medioevo – Galetti Le tradizioni tribali e guerriere e lo stile di vita nomadico o semi-nomadico dei barbari che fecero irruzione e successivamente si stanziarono all’interno della compagine dell’impero romano indebolirono il modello urbano tardo-romano, accelerandone la crisi. Nuovi modi di organizzazione della vita associata e dei rapporti dei gruppi umani con l’ambiente in cui si trovavano a vivere e operare. Nel 98 d.C. Tacito nella Germania descrive i costumi e la distribuzione geografica delle popolazioni germaniche, offrendoci una descrizione minuziosa e puntuale della società e delle consuetudini germaniche, traendo le informazioni da opere precedenti e da testimonianze di prima mano militare e mercanti che avevano avuto contatti con quelle genti. L’autore sosteneva contro la degenerazione dei costui romani esaltando gli aspetti di purezza dei costumi e di lealtà di rapporti all’interno della primitiva società germanica. Già Giulio Cesare per primo aveva indicato col termine generale di “Germani” le numerose popolazioni sconosciute stanziate a oriente del Reno, dopo aver fissato il limes romano lungo il corso del fiume. Nella tarda antichità il termine Germani perse progressivamente il suo valore onnicomprensivo; comparvero nuove definizioni, relative a singole stirpi che più frequentemente avevano contatti con l’impero romano. Queste popolazioni vivevano in un paese dal clima rigido, si dedicavano alla guerra di razzie, alla caccia, e all’allevamento di bestiame. Si trattava di gruppi seminomadi: praticando un’agricoltura elementare, senza concimazione e riposo annuale dei campi, erano costretti con regolarità ad abbandonare le terre; questi privilegiavano una condizione che si basava sui clan, che a loro volto formavano la tribù, cioè un gruppo di famiglie discendenti da un antenato comune. Il loro tessuto insediativo pertanto era caratterizzato dall’assenza di città (urbes) e dalla presenza di villaggi a maglie larghe, le cui abitazioni erano costruite interamente in legno, al massimo intonacate all’esterno con argilla. Siamo di fronte a un’edilizia semplice ed elementare, che si basava essenzialmente sullo sfruttamento delle risorse ambientali. La loro vita quotidiana si svolgeva all’insegna della divisione di compiti tra uomini validi e donne, vecchi e bambini; i guerrieri si dedicavano alle loro attività, sempre armati, mentre donne, vecchi e bambini si occupavano della casa e dei campi. La foresta improntava di sé la loro vita quotidiana, ma dominava anche nel loro immaginario, nei loro atteggiamenti culturali, nelle loro credenze e nelle pratiche religiose. Tutte le tribù avevano i loro boschi e foreste sacre; una tradizione che perdurò a lungo, questa, testimoniata dalla grande quercia sacra di Irminsul abbattuta da Carlo Magno nel 772 durante la prima campagna militare da lui condotta contro i Sassoni. I nomadi delle steppe: I nomadi delle steppe, di stirpe iranica o mongolica, che vivevano negli immensi spazi tra la Cina e l’Ungheria, dovettero esercitare una incisiva influenza sulle stirpi germaniche più orientali. ■ Goti: popolazioni nomadi che, vivendo su territori non adatti all’agricoltura, basavano la loro sussistenza soprattutto sull’allevamento del bestiame, e alla ricerca di nuovi pascoli, erano contraddistinte da una frequente mobilità. Centrale nella loro vita quotidiana era il cavallo, che serviva per gli spostamenti, a volte di lungo raggio, e per i combattimenti. ■ Unni: si imposero a partire dal trentennio del IV secolo, provenienti dall’Asia centrale, che diedero a un vastissimo impero che toccò il suo massimo splendore sotto il re Attila verso la metà del V secolo. La corte multietnica di Attila venne descritta da un cronista Ammiano Marcellino nel IV secolo: egli descrive il loro stile di vita, che supera ogni limite di barbarie, simile a quello degli animali, non perticavano l’agricoltura, e un modo di abitare lontanissimo dall’urbanesimo romano ma anche da semplici forme di vita associata. Il loro nomadismo di fatto veniva considerato da Ammiano Marcellino non solo come causa della rozzezza dello stile di vita, ma anche come fattore di disordine sociale e politico. ■ Slavi: fecero incursione nella penisola balcanica, creando notevoli problemi all’impero d’Oriente e dando vita nel corso del tempo a isole insediative al suo interno. Praticavano l’agricoltura per procurarsi il sostentamento, oltre che la pastorizia e la caccia e altre attività supplementari come la pesca e la raccolta di frutti supplementari. I loro primi stanziamenti erano costituiti da piccoli agglomerati, generalmente ubicati in località con facile accesso all’acqua; in seguito si formarono anche villaggi più consistenti con pianta circolare, alcuni dei quali si dotarono di una cita fortificata. Si trattava di abitazioni non certo fatte per durare nel tempo: continuamente venivano riparate e da ultimo abbandonate a favore di nuove edificazioni; dove la divisione interna dello spazio prevedeva pochi vani. Per immagazzinare i cereali nelle zone dal sottofondo asciutto, scavavano nel terreno silos sotterranei profondi dai due ai tre metri. La casa contadina: La campagna divenne sempre più il luogo primario di organizzazione della vita economica e sociale, sviluppandosi attraverso il sistema curtense altomedievale, che aveva il suo fulcro nella introduzione delle corvées. La dimora rurale è infatti il fulcro funzionale dell’azienda agraria e costituisce la sintesi delle attività che si svolgevano al suo interno. Le varianti potevano essere dovute a innumerevoli fattori, come, per esempio, la condizione sociale degli abitanti, le differenti attività economico-produttive. Esistono quindi diverse tipologie: ■ Casa “a corte”: si trattava di un nucleo edile complesso, nel quale si configuravano unitariamente strutture insediative diverse, ognuna delle quali aveva una specifica destinazione. Vi era una corte centrale, nella quale era ritagliato lo spazio per l’aia, e attorno alla quale si sviluppavano diversi rustici e servizi (forno, cucina, cantina). Tutti questi elementi erano percepiti dagli uomini del tempo come una realtà unitaria ed erano il più delle volte racchiusi da recinzioni , naturali o artificiali, da fossati. ■ Longhouse (“casa lunga”): che accoglieva sotto lo stesso tetto persone e bestiame, vi potevano essere uno o due ingressi, in questo caso divisi tra uomini e animali, divisori che isolavano gli uni dagli altri oppure un unico ampio ambiente indiviso. La parte più grande era per gli animali, e quella più piccola per gli uomini, con al centro il focolare. 1 stabilmente una popolazione civile, oltre al signore e al suo corpo di armati, rispetto a una fortezza di esclusivo interesse militare. Una struttura che caratterizzò, a partire dal X secolo, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e arrivò anche in Sicilia fu la motta , intendendo con questo termine un accumulo artificiale di terra battuta, circondata da un fossato e da una palizzata, sul quale si ergeva una torre. Lo spazio interno al recinto fortificato era generalmente occupato da case ed edifici rustici prevalentemente di legno con il tetto di paglia. Nei castelli sedi dei signori più ricchi e potenti, oltre che di corti regie, quest’ultima doveva essere un edificio dall’architettura più complessa, spesso con un piano alto. In Italia merge l’immagine di un castello piuttosto povero nella sua struttura e caratterizzato da un tipo di insediamento e di apprestamento difensivo abbastanza precari. Si ricercò, quindi, una maggiore solidità costruttiva delle mura, aumentandone lo spessore e ricorrendo sempre più spesso al mattone alla pietra; si raddoppiarono i fossati, si introdussero sistemi di accesso più controllati alle porte. Gli elementi fortificatori erano scaglionati su tre ordini concentrici: vi era dapprima la cerchia muraria esterna, poi una nuova cinta più interna, infine il complesso costituito dal torrione e dal palazzo signorile. Nella città medievale: La città in età romana dal momento del suo sviluppo si affermò come centro della vita associata e dell’organizzazione di un territorio, considerati elementi propulsivi del processo di civilizzazione; il saldo controllo di Roma su i territori conquistati si basava sull’imposizione delle proprie strutture di organizzazione economica, sociale e politica. Roma considerava le città come indispensabili per l’esistenza e il benessere dell’impero, pertanto lo sviluppo del processo di urbanizzazione favorito. Le città romane presentavano alcuni tratti caratteristici comuni, come la conformazione generale e la dotazione di servizi e di edifici e spazi per la vita pubblica. La crisi economica dell’impero, tra il II e IV secolo d.C., e la crisi politica, fra IV e V secolo, aggravate dagli assalti dei barbari, determinarono la decadenza dei ceti urbani e la crisi delle città, non solo nei loro aspetti funzionali, ma anche nella loro conformazione materiale. Dal IV secolo iniziò un periodo di trasformazione dell’edilizia abitativa urbana, si verificò la dissoluzione di una diffusa edilizia residenziale di livello medio-alto; solo una ristretta cerchia di grandi proprietari e funzionari di alto rango, l’aristocrazia tardo-romana, poteva continuare a permettersi di abitare le domus di maggiore rilevanza costruttiva. Spesso, dal frazionamento e dal degrado di queste vaste domus urbane si svilupparono unità abitative unifamiliari caratterizzate da un più basso livello costruttivo. Le fonti scritte ci mostrano centri urbani che presentavano un aspetto marcatamente ruralizzato, segnati dalla presenza non solo di zone abbandonate, con edifici in rovina, ma anche di campi, orti, giardini. Si ritrovava in ambito urbano la struttura “a corte”, la presenza del verde vicino alla casa si legava pertanto a un uso utilitaristico dello stesso, soprattutto sul piano alimentare. Strutture monumentali che caratterizzavano il paesaggio della città antica potevano servire come cave di materiale da costruzione o essere riutilizzate sotto nuove forme, anche con drastici mutamenti d’impiego, come nel caso di edifici pubblici convertiti a uso abitativo. A cavallo col nuovo millennio, lo sviluppo agricolo e demografico, l’incremento degli scambi locali, favorirono il risveglio della città: nuovi centri si formarono mentre alcuni antichi si ripopolarono. Un elemento caratteristico del paesaggio urbano medievale di molte delle città italiane erano le torri, che furono edificate in gran numero tra XII e XIII secolo e la cui costruzione rispondeva a molteplici esigenze: servivano come residenza, come strumento di offesa e di difesa; erano soprattutto, simboli di prestigio e dell’elevata condizione sociale di una famiglia. I nuovi ceti eminenti cittadini, nel corso del Trecento e del Quattrocento, si rivolsero in prevalenza verso un nuovo modello abitativo, quello del palazzo, che inizialmente si configurò generalmente come struttura nata dall’accorpamento di più abitazioni precedenti, dotato di un’unica facciata sul fronte strada, più o meno imponente e austera. Il passo successivo fu la costruzione di palazzi staccati ed emergenti dal tessuto urbano circostante. Di massa imponente, presentavano poche finestre sulla facciata al pianterreno, oltre a pesanti portali; internamente la struttura era incentrata su di un cortile porticato, quasi tutto il primo piano, dagli alti soffitti, era occupato da spaziose sale di rappresentanza, mentre le vere e proprie stanze a uso abitativo ne occupavano uno spazio ristretto o erano ubicate al secondo piano. Fra queste emergenze particolarmente significative sul piano costruttivo, si situavano case borghesi medio- alte e case popolari per il popolo minuto, dando vita a un tessuto edilizio mosso e articolato. La tiptologia edilizia più diffusa era rappresentata da un edificio affacciato su di una via; la facciata sulla strada era soggetta a regolamentazione da parte degli statuti comunali, in merito all’ampiezza della stessa, al numero delle finestre, mentre lo spazio della casa in profondità e la sua organizzazione interna erano lasciati liberamente alle scelte dei suoi abitanti. Questi edifici erano strutturati su più piani, questo slancio verticale dipendeva dalla fame di spazio che caratterizzò le città in seguito all’incremento demografico. Il modulo-base completo dei singoli edifici prevedeva in certi casi un seminterrato, una bottega al pianterreno o ricoveri per animali, mentre i piani superiori erano adibiti a uso abitativo e si raggiungevano attraverso scale interne o esterne poste sul retro; la fusione in uno stesso edifico di attività lavorative e vita domestica. Al primo piano si situavano le stanze di rappresentanza, al secondo le stanze private e nella soffitta i ripostigli o la cucina, con il focolare (la cucina isolata all’ultimo piano era una misura cautelare per prevenire gli incendi). Lo spazio retrostante l’edificio era occupato generalmente da un cortile aperto, che costituiva uno spazio di socialità al quale si aggiungeva un orto. La casa poteva allargare il suo spazio a spese di quello pubblico, protendendosi al piano superiore verso la strada, attraverso la creazione di sporti, sostenuti da puntelli di legno; da essi si svilupperanno i portici come nel caso di Bologna. L’acqua la si attingeva dalle fontane e dai pozzi pubblici posti nelle piazze, divenendo luoghi di socialità soprattutto tra le donne. 1 Nell’edilizia popolare mancarono per lungo tempo i servizi igienici, pertanto lo scarico si faceva direttamente sulla strada, nonostante i divieti; a partire dal XIV secolo cominciarono a fare la loro comparsa strutture fisse che scaricavano nei chiassi o in bottini sotterranei, che facevano defluire i liquami nella fogna. Il freddo, l’umidità e il caldo penetravano facilmente nelle abitazioni, le finestre erano aperte e protette generalmente da tendaggi o da imposte di legno; nelle case dei ricchi si diffusero i vetri piombati. I materiali da costruzione messi in opera erano il legno, pietra e laterizio, l’edilizia in legno segnava il paesaggio urbano; si impiegava il legno per l’ossatura delle pareti, per gli elementi architettonici accessori (scale, ballatoi, tramezzi), per le pavimentazioni e le armature dei tetti. Le strutture meno solide erano generalmente quelle popolari, mentre le soluzioni più resistenti venivano applicate nell’edilizia medio-alta. L’Occidente e gli altri: La conoscenza del mondo extra-europeo da parte dell’Occidente medievale passava attraverso l’articolato e complesso intrecciarsi e sedimentarsi di una pluralità di elementi reali e fantastici. Quanto si conosceva poteva facilmente sconfinare nel regno dell’immaginario, del fantastico, a causa dell’incapacità di comprendere e omologare immediatamente nel proprio sistema politico, economico, culturale e religioso di riferimento esperienze dissimili dalla propria quotidianità. Ed è per questo che ancora tra Tre e Quattrocento Asia e Africa continuarono ad essere le terre dell’ignoto. I rapporti degli Europei con il continente asiatico furono più stretti, soprattutto a partire dal Duecento, caratterizzati anche da pari interesse da parte delle lontane regioni orientali. Spesso, nel ricordo, la realtà si affievoliva e, nel racconto, alla descrizione del reale potevano così sommarsi osservazioni in cui si dispiegava pienamente l’immaginario fantastico. Nei confronti dell’alterità ci si poteva porre animati da genuina curiosità, stupore, ammirazione, ma anche da incomprensione, diffidenza, paura, sempre però sospinti dal riconoscimento del superiore livello di civiltà del proprio mondo. Quello che colpiva maggiormente l’attenzione dei viaggiatori occidentali che percorrevano i territori dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente, era l’esperienza della vita nomade che caratterizzava gli stili di vita di nuovi popoli con i quali si veniva in contatto. Al posto di un’abitazione saldamente ancorata al terreno, la tenda, nelle sue innumerevoli varianti, continuamente smontata e trasportata rappresentava modi di vita completamente diversi da quelli Occidentali. L’Asia centrale e settentrionale: L’orizzonte geografico dell’Europa occidentale cominciò ad allargarsi sempre più verso le lontane terre dell’Asia soprattutto dal Duecento, a causa delle invasioni mongole e la creazione dell’impero.
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