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Urbanistica di Roma nel corso dei secoli, Dispense di Archeologia

L'urbanistica di Roma nel corso dei secoli, evidenziando come la città abbia subito modificazioni continue in aspetto orizzontale e verticale. Si parla della geologia-orografia dell'area, dei primi insediamenti e della scelta del Campidoglio come dimora degli dei. Si evidenzia come la città non sia stata frutto di una pianificazione, ma di un processo secolare/millenario e non pianificato. utile per comprendere l'evoluzione urbanistica di Roma e le sue peculiarità.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 01/05/2023

Niccolò13
Niccolò13 🇮🇹

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Scarica Urbanistica di Roma nel corso dei secoli e più Dispense in PDF di Archeologia solo su Docsity! Parte C - La città di Roma Urbanistica Roma è uno dei casi di studio più interessanti in quanto sia una città che, come altre, ha continuamente vissuto modificazioni nel corso di almeno 3000 anni, dando frutto a un processo di stratificazione continuo, sia in aspetto orizzontale (in espansione) che verticali (gli strati del terreno). Roma non è una città di pianura, che in maniera un po’ anomala, diventa una metropoli forse in maniera anche fortuita, non essendo frutto di una pianificazione, ma di un processo secolare/millenario e non pianificato. La sua urbanistica è quindi legata alla presenza di colli, valli, paludi, la presenza del Tevere, ma la generale mancanza di fonti d’acqua. Roma già in antichità non ha una ricca falda e il Tevere tendenzialmente giunto a quel punto geografico porta un’acqua di cattiva qualità, rendendo Roma una città di particolare fondazione rispetto alle altre città dell’antichità che si sviluppavano prima di tutto dove vi era una grande quantità d’acqua. È evidente che questa zona non fu scelta a tavolino, ma la città si trovò in un punto strategico, che permise a Roma di diventare la più grande metropoli del mondo antico. Si trovò infatti in un luogo di congiunzione socioeconomica, che permise alla città, nonostante il territorio sfavorevole, di svilupparsi così tanto. Forse furono proprio queste situazioni sfavorevoli a “spingere” la popolazione originaria a svilupparsi ancora più velocemente, nonostante in vari casi nella storia ci fu l’intenzione di spostare l’intera città verso l’altra sponda del Tevere, o in zone vicine, che presentavano caratteristiche paesaggistiche migliori. Già con Augusto, il primo imperatore, Roma è la più grande megalopoli del suo tempo in Occidente, nonostante ci furono altre megalopoli nel mondo. Geologia-orografia Si tratta di un’area dell’Italia formata nei periodi olocenici, frutto di movimenti geologici e oceanici, ma anche vulcanici, che hanno generato il territorio così come lo era nel periodo, rendendolo ricco ad esempio di tufo (roccia geologica), metalli e bacini idrici. Il bacino stesso del Tevere è un’asse che divenne fondamentale anche dal punto di vista commerciale, ma essendo un bacino che spesso esondava possiamo contare moltissime esondazioni nella zona di Roma. Il problema venne risolto in un certo senso solo con la costruzione ottocentesca (1870) dei grandi muraglioni che fanno da argine al Tevere. La zona è già frequentata in epoca preistorica sporadicamente, mentre i primi insediamenti nel 4000 circa a.c. si concentrano sui colli Palatino e Campidoglio. Il colle più basso è il primo ad essere frequentato, ovvero il Campidoglio, che non è nemmeno pianeggiante, questo avviene perché il colle domina sul fiume e soprattutto sull’isola Tiberina, che costituisce un guado naturale, permettendo quindi di controllare e gestire il passaggio del Tevere. Le più recenti analisi e studi individuano nella zona del Foro Boario il più antico punto di scalo, che è appunto ai piedi del Campidoglio. I primi insediamenti sono sviluppati nella valle, che in epoca primitiva era attraversata da diversi fiumi minori e bacini d’acqua, i più antichi sono appunto la zona del Campidoglio e la valle del Velabro, dove nacque appunto il Foro Boario. Abbiamo solo fonti archeologiche in questo caso, con frammenti ceramici del circa 2200-300 a.C., mentre le frequentazioni stabili sono del periodo del Bronzo medio sul colle del Campidoglio e le sue appendici. I dati però sono giunti a noi a causa dello scivolamento da questo colle, dato che fino ad oggi ha subito un continuo processo di costruzione e stratificazione, rendendo gli strati inaccessibili. Negli scavi recenti però sono state trovare ceramiche di origine Micenea, certificando quindi rapporti con le popolazioni del mediterraneo, Roma comunque non è un piccolo villaggio chiuso in sé All’inizio però questo colle era una zona abitata, con un insediamento sparso e capannicolo, ad un certo punto però smesse di essere un luogo di insediamento e divenne lo spazio dedicato agli dèi. Gli edifici principali a seguito della nuova funzione del colle furono il tempio di Giove Optimo Massimo, quello di Giunone Moneta e un “tabularium” con funzione di magazzini che andava a livellare la sella tra i due colli (tarda repubblica). Già in età monarchica (VI secolo a.c.) il colle venne scelto come dimora degli dei. L’aspetto dell’inaccessibilità in questo periodo si manteneva, rendendolo molto ben difendibile, e tutti i lati erano di fatto inaccessibili se non la zona di fronte alla sella sul lato del foro, che tramite una strada serpeggiante era l’unico accesso (Clivo Capitolino), questo era quindi un luogo strategico di controllo degli accessi. Inoltre tutti i grandi momenti di trionfo e tutte le processioni che si svolgevano nel calendario romano culminavano al Campidoglio e si sviluppavano alla fine lungo il clivo capitolino. Questo venne pavimentato per la prima volta in epoca etrusca e poi subì diversi rifacimenti. Tutto questo colle non verrà mai abitato durante tutti i secoli del mondo romano dato il tabù presente, rimanendo per quasi un millennio la sede dei culti, che non erano mai casuali ma che erano legati alle fasi ancestrali della religione romana. Si tratta di quelle divinità che ebbero meno rapporti con le divinità greche, traducevano i culti delle divinità del mediterraneo, però era il luogo “dei culti della memoria dei padri”. Vediamo quindi un’attività che a volte per noi è quasi oscura, come il culto di Veiove, con altre divinità puramente romane come il culto di Saturno. Vi era poi la re senza di piccoli sacelli e templi di cui abbiamo notizie ma che non si sono per niente conservati, e le cui divinità erano tendenzialmente locali, mentre sarebbe impensabile avere qui templi di Iside o Dioniso. Era quindi un luogo legato alla memoria più profonda e antica del culto delle divinità per i romani. Tempio di Giove Capitolino: Era il tempio, come il culto, dominante nell’acropoli romana. Ed è in assoluto il grande tempio tuscanico noto in tutto il mondo etrusco-italico, diventando quindi una sorta di dichiarazione di intenti per la città di Roma, che di si voleva porre come il luogo centrale di questo mondo, come nuova capitale. Dal punto di vista planimetrico la nostra conoscenza è molto parziale, e abbiamo più possibilità di sviluppo che non sono certificabili. Quello che resta è molto poco: si trova sotto Palazzo Caffarelli e sono visibili le fondazioni composte da blocchi di tufo. I resti del podio sono parziali e poco visibili, essendo solo piccole parti di pavimentazione. Sappiamo anche che questo tempio venne distrutto diverse volte, tra cui i più famosi tre incendi (83 a.c., 69 d.c. con sicure cause dolose, 80 d.c.). Ed è interessante notare come questo tempio venisse comunque ricostruito mantenendo le caratteristiche del tempio tuscanico anche quando stili e tecniche costruttive cambiavano. Solo nel 69 a.c. il tempio venne ricostruito in marmo (importando colonne del tempio di Zeus Olimpio di Atene), mostrando che quindi si iniziarono ad introdurre elementi lapidei al posto di quelli lignei, e inoltre solo in questo momento Roma con la sua potenza poteva permettersi di utilizzare le colonne di un tempio di tale importanza per il mondo ellenico. Le statue all’interno non si conservarono e possiamo immaginarle solo si alla base di confronti con gruppi statuari noti in altri luoghi. Arx, Tempio di Giunone Moneta: Era la sede della più antica zecca romana (269 a.c.). Oggi nel giardino di Santa Maria in Aracoeli si conserva solo un tratto mura io alle spalle della chiesa. Prima dell’introduzione della moneta l’economia si fondava sui metalli preziosi (oro, argento, rame e ferro), attraverso la misurazione del peso di questi con bilance specifiche. La teoria che forse spiega il successo della moneta a Roma è che era più facile da trasportare in termini di peso ed era molto utile per pagare grandi quantità di persone in modo agevole (eserciti), inoltre la moneta era un veicolo di messaggi e propaganda. Il tabularium: Anche questo mostra un aspetto dell’amministrazione romana. Tutto ciò che si svolgeva nella città e nel regno e impero veniva trasmesso su tavole di pietra o bronzo e la conservazione archivistica ad un certo punto si fece difficile. Fino ad un certo punto queste venivano conservate all’interno del tempio di Saturno, mostrando ancora una volta la commistione tra raramente sfondava le mura, ma dall’altro lato le porte erano la connessione della città con l’esterno. Le mura possono anche essere un elemento che limita la crescita di una città, con il contrasto tra abbattimento e non delle mura che nella storia romana ebbe svolgimenti diversi. Per esempio sotto Augusto queste vennero abbattute, e le porte divennero archi di trionfo, facendo sì però che la città fosse sprovvista di protezioni, facendo sì che alla fine del periodo di supremazia della città queste vennero ricostruite in fretta e furia. Approvvigionamento idrico: acquedotti —> L’approvvigionamento idrico era ovviamente fondamentale in ogni città, e una come quella di Roma necessitava di un apporto esterno ingente, anche per l’apparato scenografico e pratico immenso, composto da fontane, naumachie ma anche dalle terme. Le mura Quante cerchie ebbe Roma? Sicuramente furono due ma le prime, quelle monarchiche/romulee, non sono certificate. Queste proteggevano solo la zona del Palatino e la zona ribassata che lo connetteva con la Velia. Le altre due sono assolutamente certe: il circuito interno, quello delle mura Serviane (Sergio Tullio VI secolo a.c.) ebbero due fasi costruttive, la prima con il fondatore e la seconda nel IV secolo a.c., dopo l’invasione dei Galli nel 390 a.c., circa nel 360. Questo circuito rimane in uso per tutta l’età repubblicana per essere poi abbattuto con Augusto quando la città divenne molto più grande e raggiunse un’area decisamente più ampia. Roma poi rimase senza mura per circa 300 anni, quando poi con l’imperatore Aureliano si costruirono le ultime mura di Roma, che sono visibili tutt’oggi, che presero il suo nome quindi Aureliane. Le prime erano più basse e strette e composte da grandi blocchi di tufo, mentre quelle successive erano più massicce ed erano in cementizio rivestite di laterizi. Le mura Serviane (VI e IV secolo a.c.) Quelle più antiche sono le meno note, perché furono poi rifatte completamente, la nostra conoscenza della fisionomia è quindi abbastanza limitata. Siamo però sicuri che il sistema non prevedeva soltanto un semplice muro (vale per tutte le mura dell’età del ferro) ma si componevano di diversi elementi, ovvero muro, terrapieno e vallo. Il muro (aggere) di fatto era l’elemento che conteneva un grandissimo terrapieno posto nel lato interno alle mura, mentre dall’altro lato vi era un vallo molto profondo (in questo caso 13 metri), il cui scavo permetteva di ottenere il terrapieno dell’altro lato. Alla fine del terrapieno vi era un muro più piccolo (sub-aggere) che serviva a contenere la spinta statica della terra. Ne abbiamo prove archeologiche nella zona del pianoro sul colle Esquilino. Nonostante queste caratteristiche Roma viene sconfitta e questo porta la repubblica romana ad avviare un rifacimento completo che racchiuderà un abitato di 426 ettari (ovvi e te non de sa e te abitati in tutti i punti) rendendo Roma la città più grande del mondo antico. La topografia della zona obbligava un andamento molto irregolare e articolato delle mura. Come facciamo a distinguere le mura della fase serviana da quella repubblicana? Nella prima si una il tufo Cappellaccio del Palatino, che aveva delle caratteristiche abbastanza povere dal punto di vista strutturale, era infatti molto friabile e poco resistente. Nella fase tarda, grazie alla conquista di Veio, i romani poterono sfruttare le cave di Grottascura. Le mura di questa ultima fase sono visibili nel piazzale della stazione Termini, mentre il muro più piccolo finale (sub-argere) è visibile nella zona commerciale della stazione, evidenziando quindi quanto dovesse essere esteso il terrapieno. Queste vennero poi abbattute in età Augustea. Le porte delle mura serviane: queste erano considerate sacre, immodificabili, quindi grazie al solito procedimento della religione romana queste vennero riconsacrate come “porte simboliche”, quindi archi di trionfo. La Porta Esquilina ad esempio venne riconvertita in arco sotto l’imperatore Gallieno, prendendone la dedicatio. In totale erano 16 e si ponevano spesso nella convergenza di più strade importanti, inoltre ogni colle aveva il suo accesso. Queste erano punti estremamente delicati nel momento della difesa della città. Le Mura Aureliane (271-275 d.c.) Con la crisi del III secolo si cominciano ad avvicinare diversi popoli che minacciavano l’impero e la città di Roma stessa, per questo l’imperatore Aureliano progettò e costruì un grande circuito che aveva un'estensione quasi doppia a quella precedente (1200 ettari). Roma a questo punto era una megalopoli confrontabile solo con quelle dell’800 come Città del Messico o Parigi. Questo grande spazio comprendeva zone densamente popolate ma anche zone che avevano la funzione di approvvigionamento temporaneo in caso di assedio. Per la prima volta vennero inclusi interi quartieri che prima si consideravano extraurbani, come: Trastevere, gli emporia lungo il Tevere, e poi “strani” elementi che venivano intercettati dalle mura, come un circo, un anfiteatro, il quartier generale della guardia pretoriana. Queste erano di per sé strutture molto solide che potevano ave funzione di fortino, ma allo stesso tempo era anche per non lasciare strutture del genere esposte che sarebbero potute diventare strutture di appoggio per gli invasori. Ciò però richiese un ulteriore ampliamento del circuito murario. Inoltre, nella zona di Trastevere si include il fiume nelle mura per proteggere l’isola tiberina. Video lezioni I ponti Sono un accesso fondamentale per la posizione geografica di Roma, dato che tutte le città che si sviluppano a ridosso di fiumi hanno necessità di attraversarli, e che come nel caso del Tevere sono ampi e soggetti a esondazioni e piene. I ponti erano quindi un evento cruciale e richiedevano capacità tecnologiche molto alte. Un vantaggio era inoltre la presenza dell’isola Tiberina che era una sorta di guado naturale e che permetteva anche il controllo dell’attraversamento. I ponti poi sono luoghi di passaggio e che quindi hanno anche una valenza spirituale e religiosa, e sono sempre oggetto di riti e consacrazioni. I pontefici infatti erano i magistrati supremi incaricati nel controllo, costruzione e consacrazione dei ponti. In tutta la storia di Roma si conoscono 9-10 ponti, e non tutti si sono conservati. I primi erano in legno con tecniche comunque molto avanzate, però erano meno duraturi. In seguito l’innovazione delle tecniche della Malta idraulica permisero la costruzione di ponti molto più duraturi che in parte sono sopravvissuti ancora oggi. Un aspetto importante è quello legato ai nomi: molti prendono il nome dalle famiglie nobili che si incaricano di costruire e mantenere i ponti. Le tecniche costruttive: Nelle fasi più antiche i ponti erano in legno, ma queste tecniche vennero utilizzati anche in seguito soprattutto durante le campagne militari, e questo lo sappiamo dalle fonti e dall’iconografia. Questi erano provvisori ma erano anche rimovibili, quindi in caso di attacco o per varie strategie militari si potevano rimuovere. Si costruivano con dei barconi appositi (battipali), che permettevano di conficcare i pali al centro del fiume, ed erano inclinati per assecondare la corrente, sopra a questi si costruivano impalcature sulle quali poi si poteva transitare. Ci sono anche modalità miste di legno e pietra, ma le imprese più impressionanti sono quelle dei ponti interamente in pietra. Sappiamo dalle fonti che per fiumi di minori dimensioni i romani erano in grado di deviare i flussi, come nel caso dei torrenti appenninici, che servivano per costruire i ponti a secco. Quando non era possibile si costruivano delle casseformi, con ambienti a tenuta stagna dentro alla corrente del fiume, si posavano le fondamenta in cementizio e malta idraulica, poi si costruivano i piedritti su cui si costruivano gli archi, fino a procedere al completamento del ponte. Il ponte sublicio (pons sublicus) Il più antico, che però non si è conservato, e infatti non siamo sicuri della sua posizione, forse era a sud dell’isola tiberina. Era in legno, e forse mobile (VII secolo a.c.), ed è noto per vari episodi bellici della storia di Roma alla fine del VI secolo e vi furono diversi rifacimenti in pietra per poi essere distrutto a causa di un’esondazione nel 69 d.c. Era un punto di collegamento fondamentale tra il Foro Boario e la via Aurelia, che conduceva verso l’Etruria. Era uno dei ponti “più sacri” aveva infatti un ruolo centrale e ogni anno si gettavano in acqua delle statue di prigionieri, forse come reminiscenza di antichissimi sacrifici umani. Il ponte Emilio Detto anche ponte rotto, e ha subito delle vicende particolari, infatti si conserva solo un’arcata e secondo le fonti fu il primo ad essere costituito in muratura, sempre a sud dell’isola tiberina. Fu poi distrutto da un’alluvione del 1598. Fu fondato alla metà del III secolo a.c. in concomitanza con la via Aurelia e fu rifatto nel 179 a.c. prendendo il nome dal suo finanziatore ovvero Marco Emilio Lepido (censore), la gens Emilia avrebbe poi garantito il mantenimento di questa opera pubblica e fu oggetto di vari rifacimenti, l’ultimo nel 1500 dal Papa Boncompagni. Sopravvisse vari secoli, finché una metà crollò, e che fino al 1800 era connesso alla riva con delle travi metalliche. Ponte Fabricio Questo collega l’isola tiberina con la sponda sinistra (nord) ed è quasi interamente ancora quello di epoca romana, tranne i parapetti che furono rifatti in epoca medievale. Si chiama così perché costruito da Lucio Fabricio nel 62 a.c. e venne poi restaurato in piena epoca augustea nel 21 a.c. È composto da archi a tutto sesto ribassato con un unico pilone centrale sovrastati da una finestra, inoltre ha il pilone a sperone a monte e arrotondato a valle, e forse furono proprio questo elementi che permisero al ponte di sopravvivere fino ad oggi. Le finestre riducevano l’impatto dell’acqua sul pilone in caso di esondazione, inoltre la parte rivolta a monte appuntita serve a spezzare in due la forza della corrente. Secondo questa legge fisica il ponte Emilio attirava a se la forza della corrente che si raddoppiava dopo essere stata divisa dall’isola tiberina, e per questo subiva il maggior impatto della corrente, e forse per questo non sopravvisse. Del Fabricio si sono conservate anche in situ le iscrizioni, che ricordano il fautore. Spesso i parapetti erano decorati con statue ed erme che non si sono mai conservate tranne che in questo caso, dove un’erma quadrifronte si è conservata. È un punto cruciale anche per la battaglia tra Costantino e Massenzio, che appunto qui si risolse con l’ultimo scontro. È anche incredibile che si sia conservato intatto fino ad oggi, dato che per primo viene colpito dal flusso del Tevere. Questo infatti è molto spesso quasi allagato, ed è in parte non intatto, dove ha perduto i rivestimenti, ma ha mantenuto la sua fisionomia originale. Le strade Sono un elemento caratteristico e nevralgico per il successo e il dominio del mondo romano. In totale le strade arrivarono a raggiungere i 100 mila km, e le prime 19 strade divennero 372. Nascono con funzioni militari, per lo spostamento degli eserciti, ma subito dopo la conquista hanno anche funzioni fondamentali di ordine economico e di comunicazione, tramite il sistema postale sviluppato dai romani. Questo era articolato con dei veri e propri uffici e stazioni di porta (stationes), che erano il luogo dove i postini potevano fermarsi per la notte e cambiare i cavalli. Non sono una novità assoluta, ma conosciamo diverse strade già a partire dal secondo millennio a.C., erano però bravi e i percorsi erano legati agli spostamenti alimentari e non avevano la capillarità di quelle romane. Infatti, alcune strade romane, come la via Emilia, ricalca uno di questi percorsi precedenti, che però non erano costruiti come le strade romane. Più dui tutte le innovazioni queste hanno avuto un grande impatto sui territori europei, con tracciati che sono rimasti in uso per secoli, sono quindi l’eredita romana più duratura e di più impatto. Il mantenimento delle strade era tra i più complessi, e se ne occupavano i comitati locali. Le comunità locali spesso erano responsabili delle strade, però sotto la supervisione di Roma (curatum viarum). Una delle cause del crollo dell’impero fu la crisi del sistema stradale, quando questo entrò in crisi e i tempi di comunicazione si fecero più lunghi l’impero sui comincia a disintegrare. È anche per questo che si farà il tentativo della tetrarchia. Conosciamo le strade grazie a varie fonti, tra tutte la “tabula Peutingeriana”, che era una delle mappe che riproducevano tutta la rete viaria romana. Grazie a queste fonti siam in grado di ricostruire quasi completamente il network. Affiancato a queste fonti l’archeologia svolge un ruolo importantissimo. Nomenclatura: Ci sono quattro sistemi principali, che si sviluppano contemporaneamente. La via Salaria, che connette la foce del Tevere co l’entroterra ha origine protostorica, quindi precedente all’epoca romana. Ci sono poi strade che rendono i nomi da alcuni eventi, come la via Trionfalis. La maggior parte delle strade prende i nomi dai magistrati che le costruirono (sono le strade più lunghe/importanti), oppure dalla direzione, ovvero dal luogo verso cui erano dirette (queste erano più brevi, sono le strade del lazio). Le strade sono strumenti fondamentali per l’espansione di Roma, sin dalle origini del dominio nel Lazio, e sono il mezzo più importante di espansione e controllo. Già nel V secolo a.C. Roma si connette alle città sotto il suo dominio, e ogni città è connessa o vicina a una strada che la porta a Roma. La strada ha anche un significato ideologico: queste hanno un grande impatto nello sviluppo del territorio, e questa vicinanza cambia per sempre la fisionomia di un territorio, come la sua economia e la sua cultura. La tecnica stradale: Il termine strada deriva da “stratae”, dato che queste erano sviluppate e costruite con vari livelli che venivano utilizzati per preparare le vie, che si facevano di grana decrescente man mano che si raggiuge il livello più alto. Gli strati inferiori sono composti da ciottoli di grandi dimensioni, fino ad arrivare a ciottoli di piccole dimensioni, si ricopriva il tutto poi con delle lastre di pietra, solo per le strade più importanti. C'era però una grande capacità ingegneristica e tecnologica, arrivando a livelli di efficienza che non si vedranno fino all’epoca moderna. Queste sorgevano se in pianura in zone più elevate, mentre nei casi montuosi si posizionavano a “mezza costa”, dimostrando quindi grande flessibilità. Tendenzialmente erano percorsi rettilinei, però si adattavano anche agli ostacoli, con l’abbattimento di intere colline o fianchi di montagne, ma in altri casi erano disponibili ad ammettere deviazioni. Un altro aspetto importante era la rapidità costruttiva, spesso queste erano costruire dagli stessi soldati che avanzavano verso un territorio. Le strade poi sono a schiena d’asino, per far defluire le acque verso i lati, dove erano presenti dei canali di scolo, fondamentali per evitare l’allagamento. La via Salaria Sicuramente tra le più antiche, e prende il nome dal commercio del sale. Questo si raccoglieva alla foce del Tevere e si vendeva poi soprattutto nel foro boario. La via poi proseguiva in tutto il centro Italia, fino ad arrivare alla valle del Tronto sulla costa adriatica. Si data al 290 a.C. ed è legata alla conquista del territorio della Sabina. È una strada che è stata migliorata più volte e nella sua versione tardo repubblicana/imperiale era lastricata. Oltre ad essere lastricata era tra le meno rettilinee perché si adattava al territorio, e aveva ponti in muratura e ampliamenti nelle gole. Nella fine del II secolo d.c. ci fu un rifacimento da parte di Nerva (Salaria Nova), con anche il tentativo di ricostruire il percorso in zone meno scoscese. Il sale aveva una funzione fondamentale e possiamo ritenerlo come “l’oro bianco”. Il fabbisogno dipendeva dalle diverse necessità territoriali. L'allevamento intensivo aveva una grandissima domanda di sale, in tutta la zona mediterranea, e insieme a questo tutto lo sviluppo intorno ad agricoltura e allevamento richiedeva questa sostanza. L'unico modo per conservare gli elementi, infatti, era essiccarli oppure salarli, e questo era fondamentale, ad esempio, per i lunghi viaggi. Inoltre, anche le pelli necessitavano essere conciate per essere utilizzate nell’abbigliamento e necessitavano di molto sale. Le zone più ricche di sale erano la fascia alpina e la penisola iberica, ma era più economico produrlo in casa, tramite la tecnica del briquetage (estrazione artificiale tramite riscaldamento) o con l’evaporazione grazie al calore solare del sale marino. La via Aurelia Prende il nome da Aurelio Cotta (241 c.c.) che avviò e diresse i lavori per questa strada. Ogni strada è legata ad aspetti economici, ma anche con l’espansione militare: queste sono sempre un’arma per entrare nei territori nemici e conquistarli. In questo caso si tratta della conquista dell’Etruria (Grosseto-Roma). Che prima di Roma erano la popolazione più influente insieme ai Campani. Questa conquista è un momento cruciale, dato che Roma annette la popolazione più influente della penisola. L'Etruria era anche ricchissima di metalli, in particolare la La via Flaminia Costruita nel 220 a.C. da Gaio Flaminio Nepote, passava da ponte Milvio per raggiungere poi Rimini, nell’Ager Gallicus, ovvero la zona che dal IV-III secolo era sotto il controllo dei Galli Senoni. Era una zona da cui partivano molte incursioni che minacciavano Roma, e grazie a questa via riuscirono a conquistare la regione. Era in buona parte rettilineo e rialzato. La via Appia Era forse la più importante e già in epoca antica veniva chiamata “regina viarum”, e prende il nome da Claudio Appio Cieco che la costruì nel 312 a.C. Conobbe diversi ampliamenti, con il primo tratto rettilineo da Roma a Capua, che si data all’epoca repubblicana e fu fondamentale per la conquista dell'Italia meridionale. In epoca tardo-repubblicana venne ampliato il tratto che connetteva Capua con Brindisi, perché era uno dei porti militari fondamentali per la conquista dell’oriente. Vi fu poi una variante di Traiano (via Appia Traiana), che decise di accorciare i tempi di percorrenza tra Benevento e Brindisi, questo serviva a pianificare una finale spedizione contro i Parti che non avvenne mai data la morte prematura dell’imperatore. Subito fuori da Roma e per diverse miglia questa via ospitava una zona sepolcrale e non venne quasi più abitata, permettendo un’eccezionale conservazione dei monumenti. La via appia è oggi un parco archeologico diffuso. È una strada basolata (pavimentata), che mantiene la strada all’asciutto e si sviluppa in una zona perlopiù agricola. La via Ostiense Di soli 24 km, connette Roma con il suo porto, ovvero Ostia. Esce da Porta Ostiensis, attuale porta San Paolo, ed era attorniata da necropoli, e tra i vari monumenti sorge la Piramide di Cestio. Gli acquedotti Sono la fonte principale di approvvigionamento idrico della città, dato che Roma non ha fonti risorgive e ha una scarsa falda. Inoltre, il Tevere quando giunge a Roma è ormai ricco di detriti e non è un fiume pulito. Questo è interessante perché Roma a differenza di molte altre città importanti non sorge vicino a fonti d’acqua ricche, questo è forse perché era una zona molto strategica. In età imperiale la città ospitava circa un milione di abitanti, e questo fece si che i pozzi in loco non bastassero più al abbisogno idrico, inoltre la questione del decoro era molto importante: Roma ha bisogno di grandi quantità d’acqua sia per la vita quotidiana ma anche per tutti i giochi d’acqua e i ludi, che in una capitale erano imprescindibili. Roma ha un altro svantaggio dato che le fonti di approvvigionamento sono lontane (50-100 km di distanza), la soluzione che escogitano, prendendo spunto da altre civiltà, è quella di costruire acquedotti artificiali. Tra il IV secolo a.C. e il III d.c. Roma si dota di 11 acquedotti, che sono di vario tipo e lunghezza. Nel massimo sviluppo la portata era di un milione di metri cubi d’acqua quotidiani. Le zone di approvvigionamento erano due: il lago di Bracciano, che non era il principale, e quello più importante era il bacino dell’Aniene. L'Aniene è un affluente del Tevere, ma sfocia troppo a nord rispetto alla città, per questo si progettò di prendere l’acqua a circa 90 km di distanza lungo il percorso del fiume, questo aveva poi la caratteristica di essere un fiume perenne, e questo permise di avere un continuo rifornimento acquifero. Vi era poi il problema del dislivello. Nella città c'è un grande traffico di acquedotti a est. in prossimità da Tivoli, ed è ancora attivo oggi. Il secondo era più lungo e lo si deve all’imperatore Claudio (52 d.c.), e anche questo era prevalentemente sotterraneo. La grande curva che tutti questi acquedotti facevano prima di arrivare a Roma era dovuta alla forma del territorio: si preferì costruire grandi percorsi sotterranei per avvicinarsi con le alture al punto più vicino a Roma, era così possibile evitare di costruire molti chilometri di archi per sfruttare la pendenza naturale del territorio. Aqua Marcia Fu costruito da Quinto Marcio Re nel 144 a.C. e contrariamente al suo nome aveva tra le qualità migliori d’acqua. Questo acquedotto era anche il primo con le arcate di dimensioni monumentali. Anche questo è tutt’ora attivo. Aqua Virgo È quello che serve le prime terme di Roma (agrippa). Era abbastanza corto e aveva le sorgenti a est. Ancora oggi è in funzione e tra le altre cose alimenta la fontana di trevi. Un tratto si può vedere oggi nel piano sotterraneo della Rinascente di Roma. Aqua Claudia Questo insieme a quello precedente fu costruito dall’imperatore Claudio. Arriva a porta Maggiore e sopra a questa sui possono ancora vedere i tre spechi degli acquedotti Appio, Vetus e Claudio. Aqua Traiana Nel corso dell’impero se ne costruirono meno, ma Traiano nel 109 d.c. lo fece, prendendo però l’acqua dal lago di Bolsena, entrando poi da Gianicolo, e serviva principalmente per rifornire le terme di Traiano sull’Esquilino. Aqua Alexandrina Fu l’ultimo acquedotto di cui la città si dotò, e prese il nome da Settimio Severo nel 226 d.c., e serviva per alimentare le grandi terme di Caracalla. Prendeva l’acqua vicino a Gabi e se ne conservano ancora le arcate. Gli acquedotti si conservano per qualche secolo, ma poi vengono distrutti dalle popolazioni barbariche e vandale, per interrompere l’approvvigionamento di acqua nella città. Dopo questi episodi buona parte degli acquedotti cadrà in disuso e la sola Roma dei papi proverà a restaurarne alcuni. Solo nell’800 Roma si doterà di un nuovo impianto idrico efficiente. 24 novembre Le piazze e gli spazi pubblici Sono i luoghi della politica, dell’economia, della giustizia, della religione, dello svago e della società. Qui trova spazio anche la costruzione del cosiddetto Teatro di Pompeo. Ma come era possibile che Pompeo Magno avesse ottenuto il permesso del senato per costruire un teatro fisso? Questo avvenimento è la prova della progressiva perdita di potere del senato, e allora Pompeo progetta un grande complesso che prevede un teatro, una porticus ed altri edifici, che viene dedicato a luogo di culto, ma il tempietto di Venus Vixtris è in realtà un piccolo sacello che interrompe la cavea del teatro. Addirittura Pompeo progetta una serie di edifici funzionali come una sede del senato alternativa alla curia dei fori romani. È tra l’altro in quella curia che Cesare verrà assassinato alle idi di marzo. Tutto l’edificio si chiama Porticus Pompeiana, che ospitava giochi d’acqua e statue “straniere” a celebrare le vittorie militari, che unite con la curia, erano una grandissima opera auto celebrativa di un singolo personaggio, rendendo tangibile questo grande cambiamento nella struttura politica della città di Roma. Quando Pompeo viene sconfitto e Cesare per pochi anni prende il potere, questo sviluppa addirittura un progetto per una “nuova Roma”, che sarebbe stata edificata da capo deviando il Tevere, senza ottenere uno sviluppo reale. Cesare però si occuperà della costruzione di una serie di edifici per la città, che verranno poi ultimati da suo figlio Agrippa. Tra questi ci sono i Saepta Iulia, che in origine erano stati progettati come dei gli spazi enormi per le votazioni democratiche, assunsero praticamente subito la funzione di spazi per giochi e spettacoli, a mostrare ancora una volta il decadimento della struttura democratica della città. La costruzione del Mausoleo di Augusto, l’Ara Pacis e l’Orologium, rese poi un’altra area del Campo Marzio il luogo dedicato alla celebrazione dell’imperatore. Inoltre sorsero proprio qui le prime terme di Roma ovvero quelle di Agrippa. Anche il Pantheon sorse nel campo Marzio, celebrando quindi tutte le divinità, romane e non, in un luogo solo. Anche il teatro di Marcello sorse qui, nella parte meridionale, che aveva la funzione di spazio dedicato a templi e luoghi dello spettacolo. Mentre la parte settentrionale avrà poi funzione di celebrazione degli imperatori e di luogo delle loro pire funebri. Il fatto che il campo Marzio venga progettato in epoca abbastanza tarda fece sì che questa fu l’unica zona di Roma che ebbe un aspetto organizzato, monumentale e decoroso. Il campo Marzio assume davvero alla fine di questi processi l’aspetto di una delle grandi città ellenistiche, diventando quindi da un’antica palude la “vetrina” di Roma nel mondo. -->Il Foro Romano A differenza dei fori imperiali, che sono delle grandi piazze monumentali costruite da Cesare in poi, questo è il primo luogo riconducibile a una piazza nella storia di Roma. In origine questa è una zona di fondovalle paludosa, a causa delle esondazioni del Tevere e dei percorsi di diversi torrenti che la attraversavano. Sappiamo anche che in origine (X-IX secolo) era adibita a necropoli. Questa è anche una zona che da tempo immemore è già attraversata da percorsi che portavano a Roma dalle zone limitrofe. La via che attraversa il foro e poi diventerà Via Sacra probabilmente esisteva da sempre. Le prime azioni svolte dopo la decisione di espandere la città in queste zone erano quelle di bonifica, che avvennero soprattutto grazie allo sviluppo di pozzi e con lo scavo della grande Cloaca Maxima: era un canale di regolamentazione di afflusso e deflusso delle acque di Roma, che permetteva di far defluire le acque del terreno e quelle nere verso il Tevere. In questa zona sono presenti anche alcuni dei luoghi del mito: forse qui venne assunto Romolo al cielo e c’è un monumento che ricorsa questa zona mitica, ovvero il Lacus Curtius, che risale all’epoca di Cesare. Una volta bonificata questa grande valle si iniziarono le opere vere e proprie per destinarla a piazza. La prima azione fu la pavimentazione del foro, e poi si iniziarono a costruire gli edifici per le funzione politiche e pubbliche e in particolare i più importanti furono: Comitium: è composto da un tribunale, cioè una zona perfettamente circolare che ha come modello l’ecclesiasterium greco. Questo venne dotato con una serie di elementi: una zona dedicata agli ambasciatori stranieri (graecostasis) e soprattutto greci, e i rostra decoravano le pareti esterne di questo luogo, che gli davano una funzione anche militaristica e non solo democratica. Curia: ne abbiamo due versioni, ovvero quella Hostilia, che poi verrà restaurata da Cesare e diventerà Iulia. Questa poggiava su un lato del comitium, sembrando avere un messaggio politico intrinseco e non solo casuale. È interessante notare come gli edifici nel foro romano non siano mai perfettamente in asse, questo sia perché gli edifici furono costruiti in periodo diverso, sia perché la sacralità di alcuni luoghi ne impediva la demolizione e il rifacimento. Tempio dei Castori Sul lato opposto rispetto alla Basilica Sempronia del tempio di Saturno, sorgeva il tempio dei Castori. (Cerca mito). Per ricordare l’evento mitico con gli inizi della repubblica venne dedicato un tempio a questa coppia semi-divina, che in realtà era l’espressione della classe degli equites, che erano la classe media tra borghesia e popolo. A questo era dedicato anche un giorno di festa (15 luglio), e anche di questo tempio si conservano soltanto pochi lacerti. I templi italici tendevano sempre a svettare sugli edifici circostanti, dato l’alto podio che li rialzava sempre di 5/6 metri rispetto agli altri edifici. Le basiliche Le basiliche nel foro romano sono estremamente complesse perché a differenza dei templi, che non possono cambiare nome e dedicazione, le basiliche sono costantemente rifatte e abbellite, e di conseguenza prendono il nome di chi finanzia i nuovi rifacimenti. Ci sono una serie di basiliche che conosciamo dalle fonti ma che non si sono conservate, ovvero Porcia e Opimia. Queste due basiliche minori sorgevano tra tabularium e curia, ed erano di misura inferiore rispetto alle successive. Il lato esposto verso la piazza era sempre occupato da taberne e negozi (anche per le successive). Le basiliche sono un’innovazione del II-III secolo a.C., che arrivava da ispirazione delle poleis greche. Queste venivano impostate su edifici precedenti, che solitamente erano negozi. Basilica Fulvia —> Aemilia Fu edificata su taberne (macellai e banchieri), e nella sua prima fase si data al 179 a.C. Solo poi a seguito di rifacimenti rimarrà il nome di Basilica Aemilia. In epoca imperiale Augusto si occupò di rifare questo edificio e venne dedicata ai suoi figli adottivi morti prematuramente (Gaio e Lucio), ma poi il nome cadde in disuso e si ritorno al nome precedente. Dagli scavi di questa struttura sorsero dei fregi molto interessanti che dovevano dedicare questa basilica, di epoca tardo repubblicana che raccontava le vicende delle origini di Roma. Per noi è una preziosa testimonianza di una fase del rilievo storico-narrativo. Basilica Sempronia —> Giulia Si deve a Tiberio Sempronio Gracco (170 a.C.), che venne costruita sopra l’antica abitazione di Scipione l’Africano. Questa basilica nel 55 a.C. Viene completamente distrutta e venne rifatta da Cesare, prendendo il nome di basilica Giulia. Le taberne che si affacciavano al foro vennero inglobate nella struttura della basilica. Nel foro si andava per svolgere varie mansioni, ma si passava molto tempo in fila, in attesa, e questo è certificato anche dai numerosi graffiti incisi su queste pareti e pavimenti ti, come giochi per passare il tempo. Fino a Cesare questo era l’aspetto del foro, ma in seguito si modificherà. Cesare prima di tutti si dedica al foro, rifacendo la basilica Sempronia, e poi abbattendo l’antico comitium con la curia, costruendo una nuova struttura che prende il nome di curia Giulia. Sposta poi i rostra al centro della piazza. Augusto, successore di Cesare, si dedica a lungo all’abbellimento e rifacimento del foro romano, ad esempio rifà il tempio di Saturno, e in suo onore c’è ogni dedicati una serie di archi, che però non si sa dove fossero collocati. Lui poi completerà anche la curia Iulia, che insieme al tempio dedicato a Cesare è tra le opere più importanti. La curia Iulia Fu inaugurata nel 29 d.c. e subì diversi restauri. Divenne poi chiesa sorto papa Onorio, per poi essere rifatta in epoca barocca e per tornare in epoca fascista ad immagine di come poteva essere in periodo romano. La fisionomia della curia è comunque ben nota grazie a diverse fonti che ci permettono di ricostruirla con un buon grado di approssimazione: aveva tra ingressi, di cui uno principale è due uscire posteriori. Aveva una grande ricchezza decorativa e il senato si riuniva lungo le due gradinate laterali che oggi sono visibili grazie ai restauri. Il tempio del Divo Giulio —> è la seconda grande opera di Augusto e per lungo tempo sarà l’unico dedicato a un personaggio storico e non del mito. Per la prima volta nel mondo romano un personaggio vivente viene divinizzato, con un superamento di certe barriere della società e della religione romana, che fino a quel tempo non avevano permesso una tale elevazione di una persona, che poi in seguito varrà per tutti gli imperatori e le loro famiglie. Il tempio verrà edificato nel luogo della pira funebre, che superando le convenzioni verrà fatta all’interno del pomerium, permettendo poi a Ottaviano Augusto di giustificare la sua discendenza imperiale. Il tempio etrusco-italico è esastilo, sine postico e picnostilo, e i rostra delle navi sconfitte ad Azio andranno a decorare le scalinate che probabilmente per la mancanza di spazio sono di accesso laterale e non frontale. Questa caratteristica permetterà al podio di diventare una tribuna elettorale. Venne costruito anche un simbolo per Cesare ovvero il Sidus Iulium, una stella che sarebbe dovuta apparire in cielo alla morte di Cesare. Questa categoria fenomenologica era molto diffusa in molte culture antiche (catasterismo). Miliarium Aureum (20 a.C.) Si colloca tra tempio di Saturno e rostra. Era una colonna di marmo rivestita in bronzo che era il punto di partenza di tutte le strade romane (miglio 0). Le strade romane infatti venivano segnate da cippi che recavano la distanza dal miglio 0. Basilica di Massenzio (inizi IV secolo d.c.) Fu l’ultimo grande intervento imperiale, e fu costruito sopra a dei magazzini precedenti. Subì poi dei rifacimenti da parte di Costantino. 29 novembre Il foro di Cesare Quando Roma diventa capitale dell’impero deve dotarsi di poli che siano degni di questo titolo che fino a quel momento non esistevano. Il primo che riesce a realizzare queste opere è Cesare. Iniziato nel 54 a.C. e la prima difficoltà da affrontare è trovare uno spazio adeguato all’interno del pomerium, l’unica possibilità è sgomberare interi quartieri. La possibilità di una spesa così ingente è dovuta al bottino privato di Cesare che ha raccolto durante le campagne (Gallie). Cesare vuole un nuovo foro che in qualche modo sia connesso all’antico foro romano; quindi, sceglie una zona ai piedi del Campidoglio e l’asse è completamente diverso rispetto a quello del foro romano. Cesare non vedrà mai completata l’opera, che solo nel 46 a.C. (due anni prima della sua morte) verrà parzialmente completato e inaugurato (26 settembre 46). Per la prima volta siamo di fronte a una piazza chiusa e ad un progetto sviluppato ex novo sulla base delle grandi capitali ellenistiche, frutto di una visione univoca, complessiva e organica. L’accesso ai fori imperiali per la prima volta può essere controllato e gestito dalle forze dell’ordine. L’ingresso era sulla via dell’argileto, con due ingressi, mentre c’era un terzo ingresso attraverso il senato (Curia Iulia). Il progetto della nuova curia di Cesare è significativo del suo progetto politico, con l’intenzione di annettere sotto il suo potere anche la più alta rappresentanza romana. Augusto riuscirà poi a portare a termine il progetto politico di accentramento del potere sotto di lui. Il foro viene progettato con tre portici sui lati, con la piazza lunga e stretta, dovuta probabilmente alle condizioni limitanti dello spazio limitante, che però diventerà poi il modello per gli altri fori imperiali e per le colonie. Il tempio occupa uno dei lati corti della piazza in posizione dominante. Ci sono poi degli elementi accessori come delle latrine è una basilica aggiunta posteriormente. Al c’è tri della piazza vi era la statua equestre dell’imperatore. Il tempio al centro dedicato al Divo Giulio, prese lo spunto dal progetto di questo tempio. Questo era di discendenza tuscanica, con un fronte che diventa un palco da cui gli oratori possono arringare le folle. Il tempio ha una cella e introduce un nuovo elemento ovvero l’abside: si tratta del primo tempio in cui compare una nicchia/abside che ospita la statua della divinità, che verrà poi preso anche nel tempio di Marte Ultore nel foro di … Il tempio era dedicato a Venus Genitrix, che era la capostipite della gens Iulia secondo una mitologia inventata a tavolino da loro stessi. Era quindi la prima volta che si dedicava un tempio ad una sola famiglia/persona e non a una divinità apprezzata almeno da una parte del popolo. Il tentativo, infatti, era quello di nobilitare la gens Iulia, e con questo Cesare si veste di una discendenza divina. Aver scelto Venere nella sua accezione di genitrice era una chiara intenzione di dedicare il tempio alla singola gens. iconografica e ideologica è molto evidente e a questo punto meno scandalosa, si tratta infatti della dichiarazione dell’inizio di una grande famiglia imperiale. Il tempio invece di tipo tuscanico e di enormi dimensioni dedicato a Marte Ultore, quindi con l’accezione guerriera, aveva a modello il tempio di Venere genitrice ma a differenza di questo aveva la scalinata frontale. Restano oggi soltanto delle colonne sul lato orientale, ma doveva essere molto ricco, decorato e policromatico. La scelta del dio però era molto interessante: quando il giovane Ottaviano lo scelse voleva vendicare Cesare, si era però anche in un periodo di grandi tensioni e guerre civili. Nei quarant’anni di costruzione la situazione cambiò e la pace era ormai giunta, Marte Ultore a questo punto era inopportuno quindi la difficoltà era cambiare la dedica (non si poteva cambiare dio), e quindi si fece un’operazione propagandistica cambiando l’obiettivo della vendetta, facendolo diventare il Marte Ultore che ve dica i torti subiti dal popolo romano dai barbari, quindi di tutti i popoli esterni all’impero. Era quindi all’opera un gioco di immagini che permetteva di portare stravolgimenti di significato con un legame religioso e propagandistico. Alle spalle del tempio ciò che si è conservato è un muro (30m) che forse era più alto del tempio, che aveva alle spalle la suburra. Una porta permetteva il passaggio da questo quartiere che era già malfamato per arrivare al foro. Il muro aveva sia la funzione di tagliafuoco, sia di creare una quinta visiva che permettesse di nascondere il degrado alle spalle del foro. L’accesso era inoltre regolamentato anche nei costumi e nell’estetica: Augusto promulga delle leggi che obbligano all’accesso vestiti di toga, sappiamo però anche dalle fonti scritte che queste volontà non venivano rispettate a lungo, e che la vita nel foro era molto più variopinta. La statua di Marte è perduta ma da altre opere ne possiamo immaginare la forma. È un Marte di mezza età che vuole mostrare imponenza ma anche tranquillità tramite la minaccia della guerra. Forse a fianco del dio c’erano altre statue ma non siamo sicuri dei personaggi, uno poteva essere Giulio Cesare stesso. C’era poi la sala che ospitava la statua colossale di Augusto: in precedenza nessuno aveva “osato” farsi rappresentare con un colosso. Questa non è conservata (12m), ma restano le impronte dei piedi della statua che ci permettono di capirne le misure. Il colonnato: vennero scelti due elementi caratterizzanti, ovvero una testa barbuta (clibei/immagini clibeate—> teste in uno scudo) che possiamo identificare con il dio Ammone (latinizzazione di Amon Ra) e ai lati delle copie delle cariatidi dell’aretteo di Atene. La scelta dei più grandi simboli delle grandi civiltà del tempo antico erano indicazione dei modelli della nuova civiltà romana, che si pone come re erede di Atene e dell’Egitto. La nuova Roma, quindi, prende il posto sia dal punto di vista culturale (Grecia) e temporale (Egitto) di queste due grandi civiltà. Inoltre, si ricorda la vittoria e la conquista di Roma su queste due civiltà. Il tempio/foro della pace Nelle intenzioni di Vespasiano (71-75 d.c.), dopo la guerra civile appena conclusa in cui venne ucciso Nerone, la dedicazione alla divinità Pace ha volere di assicurare la pace all’interno dell’impero. Tutto questo complesso monumentale ha anche l’obiettivo di creare un luogo pubblico dove tutto il popolo romano potesse godere delle bellezze artistiche e naturalistiche, proprio nel luogo dove prima Nerone aveva costruito la Domus Aurea, che aveva l’obiettivo esattamente opposto. Vespasiano, quindi, dona e restituisce al popolo lo spazio che precedentemente era stato tolto da Nerone. Si tratta quindi un grande santuario/museo, ed è l’unico a pianta quadrangolare. In realtà i Flavi possono permettersi la costruzione grazie al bottino di guerra delle vittorie contro il popolo giudaico e della conseguente distruzione di Gerusalemme e del tempio. Questo non è un luogo dedicato alle attività amministrative e giuridiche, ma si tratta di un luogo della cultura e dell’insegnamento, essendo un luogo sacro con finalità anche espositive di opere. Verrà distrutto però da diversi incendi. Al centro ospitava piante, fontane e statue, e non aveva neanche lo spazio per avere una vera e propria piazza. L’ingresso era dalla via dell’argileto, che venne poi chiusa dal foro transitorio. La decorazione era molto sfarzosa e sul fondo, non al centro, vi era il tempio dedicato alla dea Pax. I tesori sottratti in giudea e a Gerusalemme erano esposti all’interno del colonnato come trofei di guerra, e anche tutte le statue che decoravano la domus aurea di varie origini era “restituite” al popolo. Sappiamo anche che all’interno di alcuni degli spazi coperti avevano sede scuole, università, e la più famosa era la scuola di Galeno. Tutto sul modello del Gymnasium greco. Il Galata Morente e quello Suicida erano tra le opere qui esposte. Oggi restano i pavimenti e poco altro, ma un frammento della Forma Urbis permette di ricostruirne la struttura. Questa tra l’altro era conservata in una delle stanze di questo luogo, dato che alcuni ambienti erano dedicati ad altre attività, in l’articolare questa era quella dell’archivio e del catasto. 1 dicembre Il foro di Nerva – foro transitorio Domiziano inizia e progetta l’opera (80 d.c.), che poi prende il nome dal suo successore, ovvero Nerva. Viene chiamato “transitorio” perché è la monumentalizzazione dell’antica strada dell’argiletum, ovvero il percorso che collega la suburra con la valle del foro romano. Mentre sono attivi i fori precedenti questa zona è sgombra ed è una via percorsa, l’idea di Domiziano è quindi di chiuderla e trasformarla in un foro. Assume una forma lunga e allungata per la motivazione già detta, ma anche perché le costruzioni ai lati non permettono l’espansione. Ha tutte le caratteristiche di un foro, con il forte richiamo al foro di Cesare, facendo sì che il tempio della l’ace sia strutturalmente che funzionalmente rimanga un unicum. Mantiene la funzione di punto di raccordo, connettendo i due lati della città, ma anche i fori già costruiti e funzionanti, inoltre crea un complesso unitario, connettendo le quattro piazze, facendole diventare un intero quartiere monofunzionale. Domiziano è uno degli imperatori filo-ellenistici, che cerca di inserire nella cultura romana delle attività greche. A seguito di uno degli incendi che devastano Roma (80 d.c.) inizia la costruzione di quello che sarà il quarto dei fori imperiali. La zona dove sorgeva il foro era attraversata dalla via dell’argileto, che a sua volta nel sottosuolo era attraversato dalla cloaca maxima. Tutto intorno a questa via sorgevano vari edifici che sono stati certificati a livello stratigrafico (Macellum e residenze private). Questo foro ha delle caratteristiche uniche proprio a causa dello spazio stretto. L’architetto (Rabirio) utilizzo delle soluzioni prospettiche, effetti ottici, per ovviare alla mancanza di spazio soprattutto sui lati corti: - prima di tutto vi erano dei finti portici, e non delle vere e proprie gallerie, con le colonne molto vicine ai muri laterali. Non si rinunciava però alle decorazioni, che riprendevano i modelli del foro di Augusto. - Il secondo escamotage era creare il lato meridionale curvo, per dare maggiore profondità, ma gli interventi più complicati furono quelli dall’altro lato, quello che dava sulla suburra. L’ingresso da quel lato era solo uno, perché dall’altro lato del tempio insisteva una delle esedre del foro di Augusto, che per essere nascosta venne chiuso quel lato. Il punto più complicato era quello dell’unico passaggio, dove venne inventata una sorta di porta curva che dall’esterno dava un’impressione di estrema armonia, che però mascherava gli assi diversi della via e dell’ingresso al foro (porticus absidata). Soprattutto nell’edilizia monumentale vi era una forte volontà di costruire spazi simmetrici e organizzati. manomissione, ovvero la procedura di liberazione degli schiavi, e il fatto che era presente li era forse dovuto al fatto che in antico doveva già essere presente un “atrium libertatis” dedicato proprio a questa attività. Gli interni della basilica sono immaginabili (vedi foto). Dal punto di vista delle scelte iconografiche bisogna soffermarsi sulla piazza e gli annessi portici, di cui abbiamo molti resti dagli scavi, che ci permettono di capire la mentalità del periodo in tema di costruzione. L’aspetto interessante è appunto la decorazione degli elementi sopra ai colonnati, che si rifaceva al foro di Augusto, con statue a tutto tondo e immagini clipeate, le cui raffigurazioni erano di rappresentanza degli eserciti, il foro di Traiano era di impronta militarista, come immagine dell’impero nella sua accezione più violenta. Al posto di cariatidi e di una divinità egizia troviamo infatti i popoli barbarici sconfitti in catene e le teste degli esponenti principali delle legioni. Sopra queste erano esposte le insegne delle legioni. Quando il foro di Traiano viene abbandonato le statue dei barbari sconfitti vengono reimpiegate nell’arco di Costantino. Il complesso del foro di Traiano comprendeva anche i Mercati Traianei, a cui si accedeva da una delle esedre della basilica. Il mercato non era un foro ma era una struttura su più piani che ospitava una serie di ambienti di servizio ma anche uffici dell’amministrazione che si occupava di gestire le 5 piazze. Era una struttura in opus cementizio ricoperto di laterizi, che su più piani erano anche attraversati da strade e percorsi. Mercati tralanei
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