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V. Farinella, Alfonso I d'Este. Le immagini e il potere, Milano 2014, segnatamente III. Lo studio dei marmi: l'immagine del nuovo duca, pp. 78-212, Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto del libro di testo di Farinella.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 16/01/2020

a.faccini
a.faccini 🇮🇹

4.5

(23)

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Scarica V. Farinella, Alfonso I d'Este. Le immagini e il potere, Milano 2014, segnatamente III. Lo studio dei marmi: l'immagine del nuovo duca, pp. 78-212 e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Lo studio dei marmi di Alfonso I d’Este Alfonso fu dichiarato duca nel 1505. La situazione ereditata da Ercole I, non era molto facile sia per le finanze che per una carestia che si abbatté sul ducato: scenario apocalittico quasi! La prima commissione figurativa? Fu la coniazione di due monete d’oro e d’argento* del 1505. Sul recto si capirà bene quale linea politica seguirà Alfonso. Chi aveva realizzato la moneta era Giovanni Antonio Leli da Foligno. Hanno un carattere all’antica. Una prima interpretazione vedeva l’uomo sul tronco come l’Ercole che aveva ucciso il leone Nemeo. Però osservando bene, si nota un serpente, che poco c’entra con l’eroe mitologico. Si è pensato a Sansone e la testa del leone per la scritta de forti dulcedo tratta dall’episodio del leone, ucciso da S. e dal quale uscì il miele, il quale propose un indovinello agli amici banchettanti. Cosa doveva rappresentare? Un’allusione alle virtù del duca, alla propensione per il bene pubblico → immagine serpente allusivo alla salus pubblica. La seconda moneta? Era in oro di alto valore solo per pochi → iconografia antipapale Tributo della moneta* Date a Cesare quel che è di Cesare… Suona come dire: io sono io e la Chiesa stia al suo posto. Questo perché i signori estensi erano feudatari del papa in quegli anni… Con il papato c’erano state diatribe precedenti e c’erano tensioni tra A. e Giulio II. A. stava cercando nuovi alleati: Venezia, lì andò subito. Un altorilievo interessante? Di cui non ricostruiamo bene il volto del committente. Abbiamo una Madonna in trono con il Bambino* di Antonio Lombardo 1506-1508. Il basamento è decorato e ricorda un’altra opera dello stesso artista della Fucina di Vulcano*. La vergine ha accanto S. Giorgio e un condottiero in armatura moderna. L’opera è frammentaria infatti vediamo solo la coda del dragone. Doveva stare nel convento di San Domenico a Ferrara. Se si confronta il marmo con l’effigie di A. nella moneta del 1502* delle sue nozze con Lucrezia Borgia di un artista della cerchia di Cristoforo Romano si capisce che è A. anche se sembra un volto invecchiato → soffriva di sifilide. Una congiura scomoda? Quella che si abbatté nel 1505 tra il cardinale Ippolito e Giulio d’Este. Il secondo benché avesse subito il torto, dovette riconciliarsi con Ippolito → il cardinale era un alleato per A. non poteva punirlo. Tuttavia benché sembrasse tutto sistemato, A. scopre un’altra congiura contro di lui tra cui c’era anche Giulio. Neanche a dirlo tutti o quasi furono puniti, nessuno escluso. Lo si vede in un’opera del 1506 in cui sono rappresentate le Esecuzioni capitali* Ariosto celebrerà A. per essere una figura che incarna un ideale di giustizia → nello studio dei marmi lo si vede sempre es. Contesa tra Minerva e Nettuno di Antonio Lombardo del 1507* si pone su questo piano. I due fratelli rinchiusi in prigione dovevano testimoniare con la loro vita l’idea di un principe giusto che invece di dare alito alla vendetta personale, pensa al bene pubblico. Qual era una prima idea per Alfonso? Quella di cesellare di marmi il suo studiolo. Intanto si sa che Antonio Lombardo si era trasferito a Ferrara nel 1506. I pagamenti a Lombardo e a scalpellini li abbiamo dal 1507 per un progetto di marmi nello studio dell’appartamento di via Coperta. Tra tutti i marmi il più arcaicizzante è la Contesa*. È un episodio mitologico dove un saggio sta prendendo la decisione migliore per il futuro della città di Atene. Scena ambientata nell’acropoli di Atene dove erano i doni offerti alle due divinità. Minerva è raffigurata come una portatrice di pace infatti l’albero d’ulivo alle spalle raffigura il dono promesso ad Atene. Nettuno è seguito dal suo dono, il cavallo e, ai suoi piedi, una sorgente d’acqua salata allusiva al dominio di Atene sui mari. Chi è il giudice? Intanto indica Minerva vincitrice*. Osservando il tralcio d’edera che avvolge la corteccia su cui siede la figura, si è capito essere la pianta di Dioniso → era il dio preferito di A. → identificazione con A. Già a Venezia A. aveva visto celebrare i nobili in questo modo con allusioni alle divinità antiche e gli piacque. Chi fu la mente dietro ai marmi di A.? Mario Equicola? Forse no. Sembra essere stato lontano da Ferrara nel 1506. Sembra che in quegli anni fosse più vicino a Ippolito e Isabella d’Este. Un consigliere iconografico per ad A. fu Niccolò da Correggio, già vicino ad Ercole I. La prova della presenza di Niccolò? Legata alla coniazione di alcune monete subito dopo l’elezione di A. C’era stata una disputa tra Alfonso e i reggiani su cosa dovesse essere messo dietro la moneta, A. era incanato e Correggio mediò*. È probabile che N. ci fosse stato dietro anche alle altre monete. Monete simili a quelle che si è visto ora, solo quelle fatte per lo Sperandio, sempre dietro indicazioni di N. L’obiettivo è quello di dare un equilibrio tra vita attiva e contemplativa. A fronte di tutto questo si può ipotizzare che N. nel 1506 avesse collaborato nella realizzazione dei mami dello studiolo del duca. Una data importante? 1507, morte di N. dopo la quale non si sa se A. si avvalse o no di collaboratori. Marmi particolari? Il marmo della fig.35 resta indecifrabile. La figura femminile è seduta al centro, mostra una tabella epigrafica. Nuda nella parte superiore. Avvolti i fianchi da un drappo. Il volto è ellenicamente imperturbabile. Non si sa chi sia Isabella d’Este vediamo un dio agitato con il mantello svolazzante dietro, quasi un attributo al dio. Due figure a confronto che appaiono giovanili, dinamiche, muscolose. Dieci anni dopo L. realizzerà il suo rilievo → che L. abbia visto Mantegna? Una versione simile alle precedenti ce l’abbiamo (56) in Palazzo dei Diamanti nel 1500. Anche un’immagine di Dosso Dossi (57) molto positiva per Vulcano è l’Allegoria della Musica, vicina all’opera di L. Qui si mostra come un personaggio atletico e possente. Presente ancora il mantello che lo cinge. Altre fonti per l’immagine di Vulcano? Lo scamandro di Filostrato mostra l’immagine di un Vulcano guerriero. Es. (58) Altro particolare del rilievo? L’immagine dell’aquila sulla corazza. Viene indicata dal dio proprio con la mano sinistra. In genere è un riferimento all’aquila estense. Qui infatti è l’aquila estense ad essere planata sulla corazza di Enea. Il marmo insomma può essere stato realizzato in un momento successivo al viaggio romano. Un dipinto di Garofalo del 1508-09 di Eros e Anteros, una lunetta del Palazzo della Ghiara. Ci sono particolari architettonici che richiamano Lombardo. Anche qui si cita Vulcano. Ci sono riferimenti a Ferrara nel marmo? È evidente che il clima sia di guerra. Come si è già detto, si parla della lega di Cambrai antiveneziana → disfatta veneta ad Agnadello. L’immagine di Vulcano è intesa come la personificazione di Alfonso stesso, anche lui lavoratore. Nell’Allegoria della Musica di Dossi (57) probabilmente l’immagine di Vulcano allude sia alle attività fabbrili di Alfonso che alle sue passioni musicali. L’Apoteosi di Ercole sull’acqua? Intorno al 1509 la situazione di Ferrara non era al top per via anche della guerra di Cambrai. C’era il pericolo di un contrattacco veneto. Le finanze non erano ottimali. Una prima vittoria sull’acqua contro la potenza veneta → fatto clamoroso. Arrivò dopo la controffensiva veneta che portò la battaglia a Polesella. Poi arriva la vittoria di Ippolito e Alfonso a Polesella del 26 dicembre 1509 → celebrato l’evento anche nell’Orlando Furioso del 1516. Ci sono testimonianze di questa battaglia? Se osserviamo un ritratto di Alfonso realizzato da Battista Dossi (61) nel 1531-32, vediamo alle sue spalle un carico di armi e onorificenze. Poggia la mano sull’artiglieria. Vediamo uno sfondo che ricorda questa battaglia di Polesella. Se si osserva i particolari (62) vedremo questo. In pratica si rappresenta il momento culminante dello scontro notturno. Il dipinto è occasione di celebrazione delle virtù del duca. Tra le testimonianze del tempo va annoverata una stampa politica del 1509. In quell’incisione anonima l’intento è quello di far vedere quanto Venezia fosse in difficoltà (65). Sullo stesso piano semantico un’opera di Amico Aspertini del 1511 in cui invece si mostra Bologna e si è in polemica con Giulio II (64). Altra xilografia (66) mostra sempre questo episodio, legata a un cantare in poemetto in volgare. Avendo appurato la data per queste xilografie intorno al 1510, avendo compreso il progetto dello studiolo di A. dal 1506 si arricchirà di marmi echeggianti gli eventi del tempo, anche per la vittoria di Polesella, avremo degli echi nei marmi… L’Apoteosi di Ercole? (67) Si colloca dopo il soggiorno romano di L. è intriso di elementi classicheggianti, laocoonteschi. Al di là della simpatia del padre per il personaggio mitologico, non ne capiamo il significato. Abbiamo l’immagine di un vecchio Ercole incoronato seduto su un carro, trainato da creature d’acqua. L. aveva visto le opere romane come il Torso del Belvedere, integrato e variato per dare forma all’anatomia di Ercole. Aveva visto solo il Torso? Probabilmente anche Baldassarre Peruzzi che in quegli anni stava lavorando nella Villa di Agostino Chigi a Roma. Il Trionfo di Nettuno è un’opera che ha molti elementi in comune con questo marmo. Lì Nettuno è rappresentato trionfale su un carro marino, trainato da creature riprese nel marmo di L. Il senso del marmo? Un Ercole a fine vita che viene sollevato alla terra e trasportato sul carro divino di Minerva dove lo attendono le divinità dell’Olimpo è probabilmente un’immagine familiare a Ferrara. Già presentata quest’immagine nelle Metamorfosi di Ovidio e nel De officiis di Cicerone. Rappresenta l’eroe che affronta i sacrifici per il bene dell’umanità. Il messaggio in sé è chiaro: l’eroe si fa un mazzo tanto e viene assunto nell’Olimpo. Il senso delle creature acquatiche? Apoteosi di una famiglia in grado di riscattarsi da un momento difficile, sconfiggendo potenti nemici. Questo però non sembra dedicato a Alfonso, ma al padre Ercole, sconfitto anni prima dai veneziani, ora risarcito. Forse il putto a cavalcioni (69) sembra un’allusione al primogenito di Alfonso e Lucrezia. Si vuole evidenziare una linea di continuità. Come dovevano essere collocati i marmi? Si è ricostruita la posizione dei rilievi (71) nello studiolo. L’apoteosi e l’allegoria di Ferrara dovevano essere una dirimpetto l’altra. In entrambi i casi grande rilievo era dato al fiume Po. Nel primo caso come una corrente d’acqua impetuosa, nel secondo caso personificato da due ittiocentauri. Una tela interessante? Nel 1512 Alfonso commissiona a Garofalo un’opera che si chiama Minerva e Nettuno data 1512. È celebrativa per la vittoria di A. sulle acque. Si vuole rievocare la battaglia di Polesella (72). Il rapporto con i marmi di Lombardo c’è. Nettuno riprende la posa del Laocoonte e poggia il piede su un delfino fitomorfo come nei marmi di L. (73). Non c’è una contesa qui, Minerva indica Nettuno → è lui il protagonista. Il tema è stato volutamente cambiato per celebrare il duca. Celebrando Nettuno si celebra la vittoria acquatica del 1509. Nel 1512 A. era tornato da Roma e le cose con Giulio II non si erano messe molto bene. La volontà implicita fu quella di far vedere ancora una volta quanto A. sapesse gestire bene le situazioni di difficoltà. Prima un Bacco per sciogliere ogni contesa, poi un Vulcano per dare a Enea le armi giuste, virtuoso Scipione ed Ercole. I rilievi minori? Abbiamo intanto due fregi collegati tra loro (73) Nel primo è presente un mascherone fogliato e delfini fitomorfi, al centro del cratere troviamo una prima parte del motto (Bis Vincit Qui) la seconda parte (Se vincit) la troviamo su un altro rilievo con un’anfora fiammmeggiante dove campeggia la fenice (l’uccello orientale che risorge dalle proprie ceneri) e una ninfa con un canestro di vimini (74). Vuol dire che il principe deve sapersi dominare in ogni situazione. Il senso della fenice? La fenice è espressione di castità e rinascita. Antonio Lombardo aveva già affrontato questo tema. La fenice può essere connessa a un evento che coinvolge direttamente la famiglia: la nascita di un erede maschio nel 1508 → i due rilievi sono di quell’anno? Sicuramente c’è l’implicita volontà di rimarcare la continuità dinastica nonostante le difficoltà esterne. Altre allusioni? Forse si vuole dare rilievo agli elementi che danno origine alla Natura rigogliosa → illuminato governo degli Este. Un rilievo misterioso? (75) Al centro una satiressa fiancheggiata da creature fantastiche dove si confondono gli elementi della natura. La satiressa è al centro e spunta da una base rocciosa. Con la mano sx tiene uno strumento a corde a dx non si capisce. Probabilmente vide un’opera riguardante il figlio minore del Laocoonte. Le figure che fiancheggiano quella centrale reggono una fiaccola. Le cornucopie con frutti e foglie alludono alla fecondità e all’abbondanza. Modelli di riferimento per Lombardo? C’è una relazione doppia sia con un dipinto di Mantegna (78) Minerva che scaccia i vizi dal giardino della Virtù concluso entro il 1502 e un sarcofago antico quasi certamente visto da Lombardo: Festa notturna in onore di Dioniso (79). Anche per la Fucina di Vulcano si era ipotizzato un influsso del Parnaso di Mantegna. Per il secondo sarcofago visto (79) sicuramente ne ha desunto degli schemi iconografici. Al centro rappresentato il vecchio Priapo che viene sorretto, alle sue spalle un satiro brandisce una torcia fiammeggiante.
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