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Variazione diafasica, Appunti di Lingua Italiana

La variazione diafasica della lingua italiana

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 08/11/2022

magda-generoso
magda-generoso 🇮🇹

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Scarica Variazione diafasica e più Appunti in PDF di Lingua Italiana solo su Docsity! VARIAZIONE DIAFASICA 1. Premessa Esiste una dimensione della variazione che, entro certi limiti, è indipendente dalla condizione sociale del parlante: si tratta, per usare la terminologia di Eugenio Coseriu, della variazione d i a f a s i c a , che comprende le alternative funzionali all'interno del repertorio di un determinato parlante, ossia le diverse modalità d'uso di una lingua che siano influenzate dal contesto (§ 1), dagli interlocutori (§ 2), o dall'argomento della comunicazione (§ 3). Per caratterizzare in senso diafasico una determinata produzione linguistica entrano dunque in gioco - interagendo fra loro - un insieme di fattori, che hanno dato luogo a classificazioni particolarmente elaborate. In definitiva questa tipologia della variazione è c o l l e g a t a a l l ’ u s o (a differenza della variazione diastratica che è invece c o l l e g a t a a l l ’ u t e n t e ). 2. I contesti che giocano un ruolo nella variazione diafasica: la situazione comunicativa e l’evento comunicativo Nel corso del tempo e anche di una stessa giornata il parlante intercetta tutta una serie di interazione verbali che si collocano in contesti molto variabili e diversificati, ognuno dei quali costituisce tecnicamente una situazione o, più estesamente, una situazione comunicativa. Le situazioni comunicative, pur nella loro eterogeneità, si raggruppano attorno a classi ricorrenti e omogenee ognuna delle quali forma un dominio (v.). Ogni situazione comunicativa, inoltre, può entrare a far parte di una “unità complessa” (così Cardona 1977 in Cardona 1990, p. 117), definita da “una conversazione, una cerimonia, uno scambio di saluti ecc.” nella quale figurano tutta una serie di ben precisi elementi costitutivi: tale unità complessa va sotto il nome di evento comunicativo (dall’ingl. speech event). 3. L’impatto del grado di formalità Tanto le situazioni quanto gli eventi non sono linguisticamente neutri, ma esercitano un condizionamento sulle scelte espressive di chi vi partecipa. A seconda del variare di tali contesti, infatti, il parlante innalzerà od abbasserà il tono del proprio enunciato oscillando tra le due polarità del massimamente impersonale e rigido (in occasioni pubbliche e ufficiali quali una cerimonia, un'udienza in tribunale, una conferenza, una lezione) e del massimamente disinvolto (nel corso di interazioni faccia a faccia in famiglia o in ambienti quotidiani e usuali, per strada o al lavoro ecc.). Uno stesso soggetto può dunque selezionare dei moduli linguistici anche molto variabili per esprimere più o meno lo stesso contenuto semantico in occasioni diverse. Così ad esempio in una situazione formalizzata o tecnica potranno apparire parole come vettura piuttosto che "macchina, automobile"; abitazione per "casa", per non parlare dei moduli espressivi del linguaggio letterario che può ricorrere a forme ricercate o arcaismi quali fanciulla per “ragazza”, speme per “speranza”, augello per “uccello” ecc. Ogni parlante opera automatiche distinzioni espressive di questo genere. In una situazione comunicativa formale, per offrire un caffè ad un ospite diremo: "Posso offrirle un caffè?" oppure "Desidera un caffè?"; se invece abbiamo a che fare con un amico potremo permetterci di dire: "Lo vuoi un caffè?" o persino "caffè?". Analogamente, nello scrivere una lettera o una mail ad un estraneo, si esordirà dicendo: "Le scrivo per informarLa che ...", mentre scrivendo a qualcuno con cui si è in confidenza si preferirà: "Volevo dirti che ...". A questo genere di variazione sono esposti tutti i livelli di analisi: dalle strutture sintattiche, più o meno elaborate, al lessico, più o meno ricco e specifico; le stesse unità foniche possono conoscere una pluralità di realizzazioni in rapporto al livello di formalità della situazione. I tratti del sistema linguistico soggetti a oscillazione prendono il nome di variabili (v.). 3.1 Le unità di analisi della variazione diafasica Non c'è piena concordia terminologica fra i sociolinguisti nel denominare l'unità di analisi di questo tipo di variazione. Accanto infatti all'uso di r e g i s t r o (dall'inglese register, voce di derivazione musicale - come del resto altre nel settore: si pensi a tenore, chiave ecc. - introdotta da Reid 1956 e approfondita da Halliday 1978/1983), si affiancano altre soluzioni nomenclatorie come s t i l e c o n t e s t u a l e (preferito da Labov; rende l’ingl. contextual style), d i a t i p o (è la scelta prediletta dal linguista inglese Norman Denison) o anche v a r i e t à s i t u a z i o n a l e . In linea di principio la gamma dei registri costituisce, in ciascuna lingua, un continuum scalare, ossia una transizione impercettibile che va dal più sorvegliato ed ufficiale al più spontaneo e dimesso passando per un numero i l l i m i t a t o di stadi intermedi. Si deve comunque a Martin Joos, The Isolation of Styles (1959) la proposta di classificazione dei registri (che egli chiama s t i l i ) in cinque tipi fondamentali secondo una scala di decrescente formalità. Può allora accadere che uno stesso enunciato possa essere formulato in cinque modi diversi in funzione di tali stili: stile gelido (frozen): I visitatori sono invitati a recarsi immediatamente al piano superiore, servendosi della scala. stile formale (formal) I visitatori sono pregati di salire le scale immediatamente. stile colloquiale (consultative): Vi dispiacerebbe andare di sopra subito, per storici quella che in latino era una semplice distinzione di numero è diventata in francese un indicatore di relazioni sociali); per il parlante inglese, invece, la stessa distinzione è affidata alle ‘forms of address’: ci si può rivolgere ad una persona o con il solo nome, per es. John, o col titolo seguito dal cognome, es. Mr. Brown, sempre in funzione del rapporto intrattenuto dagli interlocutori. La selezione delle diverse forme di allocutivo in ciascuna lingua riflette, dunque, le relazione sociali tra il parlante e il destinatario, in particolare il 'potere' ovvero la 'solidarietà' che si manifesta in tale relazione (queste nozioni e la relativa terminologia sono state introdotte in sociolinguistica da Brown - Gilmar 1960). 4.3 Il baby talk e i suoi contrassegni linguistici Un tipo macroscopico di varietà dipendente dal destinatario è il cosiddetto b a b y t a l k o linguaggio bambinesco, modalità espressiva usata dagli adulti - soprattutto dalle donne - nelle interazioni verbali con i bambini. Proprio per la sua natura di registro il baby talk "si connette con la teoria generale dei fenomeni di variazione che caratterizzano ogni comunità linguistica" (Savoia 1984, p. 15). Passiamo ora in rassegna alcune delle più significative marche, ovvero contrassegni linguistici, del linguaggio bambinesco: - Una prima particolarità del baby talk è l'i n t o n a z i o n e , che è di solito più alta e caratterizzata da cadenze ‘esagerate’ rispetto alla norma, sentite più appropriate nel rivolgersi ai bimbi. - Per quanto riguarda il l i v e l l o f o n i c o , è ampiamente attestata la semplificazione di suoni, in particolare di nessi consonantici avvertiti come ‘difficili’ (es. ingl. wabbit per rabbit 'coniglio', it. ciubito per subito; dalla stessa esigenza sono ispirati fenomeni assimilativi del tipo di it. totta per torta). - Per la m o r f o l o g i a n o m i n a l e si nota la cancellazione dell'articolo: mamma prende in braccio bambino; - Per la m o r f o l o g i a v e r b a l e si notano dispositivi di "attenuazione della referenza temporale dell'enunciazione" (Savoia 1984, p. 188), il più noto dei quali è il cosiddetto ‘imperfetto fantastico’ del tipo it. voleva il dolcino il mio bambino?; aveva fame la mia bambina? La scelta dell'imperfetto in luogo del presente è da collegare ai tratti di ‘cortesia linguistica’ (v.). - In sede di f o r m a z i o n e d e l l e p a r o l e è frequente il ricorso alla suffissazione diminutiva (per l'it. cfr. lattuccio, bagnetto, gattino ecc.; per l'ingl. si pensi al suffisso -ie presente in forme quali dollie per doll "bambola"), che concorre a sottolineare la dimensione affettiva della comunicazione. - Nella s i n t a s s i sono tratti ricorrenti l'omissione della copula in proposizioni che normalmente la richiederebbero (mamma stanca per "la mamma è stanca"), l'uso del verbo alla terza persona col soggetto nominale (guarda chi c'è; è arrivato papà piuttosto che "sono arrivato"; la mamma non vuole vederti piangere piuttosto che "non voglio vederti piangere"). Le frasi in ogni caso sono brevi e in sequenza coordinata (è esclusa l'ipotassi). - Per il l e s s i c o si noterà la frequente sostituzione di unità lessicali piene mediante onomatopee, spesso associate a reduplicazione sillabica (ciuf-ciuf per "treno", bau-bau per "cane", pi-pi ecc.) ovvero l'adozione di forme lessicali dotate di spiccata affettività (piccino ecc.) - a l l o c u z i o n e i n v e r s a Si tratta di una peculiare modalità allocutiva, diffusa soprattutto nelle parlate che gravitano nel bacino del Mediterraneo (in Italia è propria del Meridione) ed anche in Romanìa, “caratterizzata da una sorta di vocativo inverso, costituito per lo più da nomi di parentela e quasi sempre posto alla fine dell’enunciato, che rimanda al parlante stesso” (esempi fatti valere da L. Abbate: [la madre al figlio] “Vieni qui, (l)a mamma”; [il padre al figlio] “vieni qui, a papà”: mediante tale interazione l'adulto crea una coinvolgimento emozionale trasmettendo empatia al bambino cui si rivolge I dati raccolti sul baby talk nelle più diverse comunità linguistiche, nel mettere in luce i tratti fonologici, morfosintattici e comunicativi immediatamente confrontabili, convalidano l'ipotesi che questa varietà costituisca un u n i v e r s a l e l i n g u i s t i c o (o meglio, secondo Savoia 1984, un u n i v e r s a l e c o m u n i c a t i v o ). In ogni società umana, infatti, le persone modificano in misura più o meno rilevante il loro linguaggio normale parlando ai bambini molto piccoli: tale modificazione ha una base innata nel tipo di relazione affettiva che si stabilisce tra l'adulto (‘colui che si prende cura’) e il bambino (‘colui che è dipendente’). Ma qual è il significato soggiacente, profondo dei moduli espressivi del baby talk? Se in passato si sottolineava piuttosto il dato del legame imitativo che connette le esecuzioni ‘bambinesche’ con le prime emissioni vocali dei bambini piccoli, oggi si propende ad affermarne il carattere convenzionale, di e n u n c i a t i r i t u a l i : si tratta cioè di segnali che ribadiscono, in forma stereotipata, un ben preciso, codificato rapporto di ruolo all'interno del gruppo familiare e che nello stesso tempo corrispondono nel modo previsto alle aspettative del gruppo sociale relativamente al rapporto coi bambini. 5. La correlazione con l'argomento della comunicazione. Le lingue speciali Un importante fattore che entra in gioco in sede di variabilità diafasica è l'argomento dello scambio comunicativo: tale correlazione prevede una scala di valori che va dal massimamente generico e prevedibile al massimamente specifico. Quando il tema è talmente particolare da imprimere un taglio spiccatamente tecnico al discorso, si parla di l i n g u e s p e c i a l i ; le lingue speciali sono in definitiva varietà dipendenti da un settore di conoscenze o da una sfera di attività specialistica, utilizzate per soddisfare le esigenze comunicative di un determinato gruppo di parlanti. Eccone un'articolata descrizione, dovuta a Giovanni Nencioni (1945): Per lingua speciale s'intende una lingua parlata da una ristretta collettività di persone, riunite attorno ad una particolare attività; una lingua, cioè rispondente ai bisogni comunicativi ed espressivi di tale comunità, affatto peculiari e diversi da quelli della gran massa dei parlanti, che usufruisce della lingua comune. Ci rendiamo conto di ciò che sia una lingua speciale se pensiamo ad una fabbrica, ad una banca, a un ramo del commercio, a uno studio notarile, a un gabinetto scientifico, a una chiesa, tutti ambienti dove i parlanti (che al di fuori di essi hanno bisogni di comunicazione simili agli altri uomini ed attingono per essi ai bisogni espressivi comuni) si appartano in una attività speciale, dalla quale e per la quale elaborano speciali mezzi linguistici. Nella chiesa la lingua del rito, anche se non sia una lingua morta, consta di un lessico, di un formulario e di uno stile formatisi attraverso una lunga tradizione; nel gabinetto scientifico, nella officina, nella banca e nel commercio l'ossatura della lingua comune si riveste di materia nuova, composta di appellativi, di formule e di sintagmi di carattere essenzialmente tecnico. Le lingue speciali sono state denominate anche s o t t o c o d i c i , in quanto varietà del codice selezionate dall'argomento della comunicazione: i sottocodici, infatti, ai dati di base del c o d i c e aggiungono dei moduli espressivi particolari che si riferiscono a un determinato ambito di attività professionale, culturale o sociale. Per esempio, il sottocodice politico italiano comprende un nucleo lessicale in comune con il codice "lingua italiana", al quale si somma un insieme di parole ed espressioni suscettibili di rappresentare le forme istituzionali, le ideologie, le esperienze e le procedure della vita politica italiana: parlamento, presidente del consiglio, partito politico, semestre bianco, potere esecutivo, decreto, decreto- legge, opposizione ecc. La letteratura di scuola inglese adotta come tecnicismo la perifrasi Languages for special purposes; in tedesco si utilizza il composto Fachsprachen, in francese si parla di langues de spécialité ovvero (Lerat 1995) di langues spécialisées. Al di là delle scelte terminologiche, spesso contraddittorie (per un importante approfondimento si rimanda agli Atti del Convegno Lingue speciali e interferenza, a cura di R. Bombi, Roma, Il Calamo, 1995), è utile stabilire una distinzione tra due sottotipi di linguaggio specialistico: a) lingue speciali in senso stretto, caratterizzate da nomenclature molto rigide e strutturate, che formano un'area lessicale nettamente compartimentata rispetto alla lingua comune (possiamo far rientrare in questa fattispecie la lingua dell'informatica, della medicina, della chimica, della botanica e di altre
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