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Varvaro, critica dei testi classica e romanza.., Appunti di Filologia

Varvaro, critica dei testi classica e romanza..

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 29/09/2021

Enza---92
Enza---92 🇮🇹

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Scarica Varvaro, critica dei testi classica e romanza.. e più Appunti in PDF di Filologia solo su Docsity! VARVARO, Critica dei testi classica e romanza. Problemi comuni ed esperienze diverse. Varvaro ha insegnato per quasi 50 anni filologia romanza a Napoli. Il suo saggio nasce come RECENSIONE al volume del filologo FRAÀNKEL? intitolato Testo critico e critica del testo. Prendendo spunto da alcune osservazioni di Frinkel, Varvaro ci fa notare che il FILOLOGO ROMANZO e il FILOLOGO CLASSICO lavorano in maniera differente, nonostante abbiano a che fare con problemi simili. e Imnanzitutto, mentre il filologo moderno si basa sullo studio diretto dei documenti, * il filologo classico utilizza come base di collazione una stampa e lavora spesso sul lavoro altrui: questo è un elemento di debolezza, perché lavorare sulla base di un apparato precostituito non consente allo studioso di avere piena contezza della tradizione manoscritta di un testo e lo pone in una condizione di sudditanza rispetto al lavoro eseguito dai suoi predecessori. Dunque spesso i filologi classici non eseguono delle collazioni integrali, ma collazionano i cosiddetti LOCI CRITICI, cioè i punti nei quali il testo presenta degli errori. È chiaro che in questo modo il filologo non riesce ad avere una visione integrale della tradizione, ma è altrettanto chiaro che quando si ha a che fare con delle tradizioni molto folte, non si può passare la vita a collazionare codici, bisogna operare delle scelte, impiegare dei criteri empirici, com’è stato nel caso della Commedia: i 27 codici più antichi sono stati collazionati per intero, gli altri per loci. Varvaro poi ci dice che il filologo clas ARCHETIPO, ma visto che l'archetipo è un'ENTITÀ IPOTETICA, per cui non è detto che sia sico tende a dare per scontata l’esistenza di un esistito, il filologo moderno non può ipotizzare l’esistenza di un archetipo, deve dimostrarla, e per provare l’esistenza di un archetipo è necessario che ci sia un errore guida comune a tutti i codici. Porre o meno un archetipo all’origine di una tradizione ha delle CONSEGUENZE: la più evidente è che se la tradizione deriva da un archetipo non è più originaria, quindi una volta ricostruito l’archetipo se è erroneo bisogna correggerlo. Non è inoltre detto che ogni tradizione faccia capo ad un archetipo: basti pensare al caso della Divina Commedia, che non ha un archetipo e che fu pubblicata poco a poco. Noi siamo certi del fatto che Dante non ha pubblicato la Commedia interamente perché nelle ecloghe Dante dice a Giovanni del Virgilio che quando il Paradiso sarà ! Pp. 85-100. ? Si legge Frenkel. divulgato, come lo sono anche gli infera regna (i regni più bassi, il purgatorio e l'inferno) allora gli manderà 10 vasetti di latte (che allegoricamente rappresentano 10 canti del Paradiso): da quest’affermazione si deduce che l’Inferno e il Purgatorio sono stati pubblicati separatamente dal Paradiso, quindi anche volendo non si può fare uno stemma unico per tutte e tre le cantiche perché non si sono diffuse così. Varvaro poi ci dice che la nozione di ARCHETIPO nelle tradizioni romanze e moderne è meno MONOLITICA rispetto alle tradizioni classiche. Difatti, mentre nelle tradizioni cla iche gli alberi si sviluppano in verticale, in quelle moderne si sviluppano molto più frequentemente in_ orizzontale. A questo proposito fa l’esempio di CHARLES, IL DUCA D’ORLÉANS, che durante la sua prigionia in Inghilterra durata 25 anni, scrive una raccolta di poesie francesi, di cui non possediamo l’originale ma i tre codici che discendono dall’originale, A, B e C. Dopo essere stato liberato dalla prigionia, il duca si fa confezionare un nuovo manoscritto che è oggi conservato nella biblioteca nazionale di Parigi e che noi chiamiamo O, in cui sistema tutto ciò che aveva scritto in precedenza, servendosi soprattutto di scribi professionisti. Nel corso del tempo continua a fare le sue modifiche, aggiunge alcuni componimenti, muta l'ordine di altri, esattamente come ha fatto PETRARCA nel passaggio fra il Vaticano 3196 (il codice degli abbozzi) e il Vaticano 3195 (l’originale idiografo). Tornando al manoscritto O, in quest’ultimo sono riconoscibili diversi stadi: uno stadio O, uno stadio 0°, uno stadio 0° e così via, fino ad oÎ, e Varvaro ci fa riflettere sul fatto che se avessimo perso O, avremmo immaginato che 0°, 0°, 0° facessero capo a manoscritti indipendenti. Invece abbiamo un archetipo mobile dal quale sono state tratte, di volta in volta, delle copie. Varvaro distingue poi la tradizione QUESCENTE dalla tradizione ATTIVA: ® la prima è quella in cui i copisti sono tendenzialmente rispettosi del testo tradito, ® la seconda è quella in cui i copisti tendono a intervenire maggiormente. A questo proposito fa l’esempio dei testi della lirica provenzale trobadorica, che sono tutti riconducibili a due grandi famiglie: £3 e y. v I copisti della famiglia € sono stati rispettosi del testo, per cui i manoscritti di questa famiglia possono essere classificati secondo le procedure lachmanniane in base agli errori guida; Yi copisti della famiglia y, invece, sono stati attivi e hanno innovato a tal punto che non è possibile trovare nessun errore congiuntivo significativo tra i vari codici, che per questo non si riescono a classi care secondo le procedure lachmanniane. ? Epsilon.
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