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Verga, Capuana, Flaubert: Naturalismo e Verismo , Appunti di Italiano

Descrizione delle correnti letterarie, I malavoglia, Mastro Don Gesualdo, Ciclo dei Vinti, Novelle rusticane, vita nei campi

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 03/01/2017

samuela_pagliara
samuela_pagliara 🇮🇹

4.4

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Scarica Verga, Capuana, Flaubert: Naturalismo e Verismo e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! IL NATURALISMO FRANCESE La tendenza naturalista si afferma in Francia nel 1870 e successivamente influenzerà anche gli scrittori italiani. Il retroterra culturale del naturalismo è il positivismo, quel movimento di pensiero che si diffonde a partire da metà Ottocento espressione ideologica della nuova organizzazione sociale borghese e dello sviluppo scientifico-tecnologico. Hippolyte Taine fu il pensatore principale di questo movimento letterario il quale vedeva la realtà sotto un influsso deterministico e lo spirito è il prodotto della fisiologia umana determinato soprattutto dal luogo dove si vive, dalla razza, dal momento storico. La letteratura doveva analizzare in modo scientifico la realtà come causa- effetto. Honoré de Balzac nella sua Commedia Umana fornisce un quadro della società francese del'epoce della Restaurazione sottolineando con precisione anatomistica e chimica la natura umana e le sue patologie. Accanto ai modelli letterari naturalisti iniziarono a formarsi sottotendenze realistiche di Gustave Flaubert che affermava come "l'artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione: invisibile e onnipotente". GUSTAVE FLAUBERT Nasce in Normandia nel 1821 da una famiglia borghese (padre chirurgo), durante gli anni del liceo lesse molto e fu caratterizzato da una sensibilità romantica che cercò di sopprimere. Venne visto essenzialmente come un maestro di realismo e come esempio di rappresentazione precisa e fedele della realtà. In lui però i critici non hanno mia visto un puro intento documentario ma un insieme di architetture simboliche ambigue ed enigmatiche. Per questi motivi le sue opere restarono molto attuali anche in pieno '900. MADAME BOVARY Il romanzo è la storia di una ragazza di provincia, Emma, che sposa un vedovo chirurgo Charles Bovary, un uomo mediocre, ottuso e comune. Emma invece ha una sensibilità romantica acutissima, alimentata dai romanzi letti in adolescenza. La grigia monotonia della vita coniugale contrasta in modo intollerabile con i suoi sogni di vita lussuosa e aristocratica ma soprattutto romantica e passionale. Il marito decide di trasferirsi altrove ma l'insofferenza di Emma rimane la stessa e soffre di depressione. Nella nuova città conosce Lèon un giovane praticante notaio deluso anche lui dall'esistenza di provincia, inizieranno una relazione del tutto platonica. Lèon dovrà partire per motivi di studi e lei ripiomba nel suo malessere diventando una facile preda per Rodophe (un dongiovanni ricco proprietario terriero). La relazione dura poco sebbene Emma ci proietti tutti i suoi sentimenti lui la delude. Ritrova Lèon e per incontrarlo si reca ogni volta fino a Rouen ma anche questa volta le cose non vanno come sperato. Emma inizia a condurre una vita sregolata dispendiosa e si indebita con l'usuraio Lhereux. Prossima alla rovina chiede aiuto invano agli ex amanti ma la situazione precipita con il sequestro giudiziario. Emma ingoia il vleno e muore dopo atroci sofferenze e Charles, suo marito ancora profondamente innamorato, trascorre il resto della vita in solitudine. LA COSTRUZIONE NARRATIVA Il narratore del romanzo è onniscente che regge però in modo invisibile i fili della vicenda. L'autore diventa dunque invisibile rinunciando ai suoi interventi. Il punto di vista è quello soggettivo e parziale dei personaggi. Lo strumento utilizzato da Flaubert è il discorso indiretto libero. Il personaggio di Emma è usato come una crudele analisi critica di una società meschina che mortifica ogni potenzialità umana. Emma è partecipe della stupidità dell'ambiente che la circonda. EMILE ZOLA Nasce a Parigi nel 1840 da un ingegnere italiano e di una francese, strnse amicizia con il pittore Paul Cèzanne. A Parigi dopo la morte del padre fu costretto a lavorare come spedizioniere presso un editore come capo della pubblicità e in seguito si dedicò al giornalismo che continuerà a praticare anche dopo aver pubblicato i romanzi. LA POETICA DI EMILE ZOLA Riprese le idee di trasformare il romanzo in uno strumento scientifico e di rappresentare la realtà in tutte le sue forme (fin'ora rifiutate dal gusto letterario). In dettaglio le sue concezioni le troviamo nel volume il Romanzo sperimentale (1880). Zola sostiene che il metodo scientifico della Scienza debba essere applicato anche alla "sfera spirituale". Secondo Emile Zola ci sono due cose certe: 1)L'ambiente sociale dove uno cresce e nasce 2) il fattore genetico. Si migliora nel momento in cui riusciamo a prendere in mano la situazione ma dobbiamo cambiare le cose che fanno andare male la società. L'IMPEGNO SOCIALE DELLA LETTERATURA La concusione a cui approda Zola è che l'uomo deve farsi padrone dei fenomeni per dominali e così il romanzo sperimentale deve impadronirsi dei meccanismi psicologici per poi poterli dirigere. Il romanzo sperimentale è un romanzo di denuncia verso i vari ambienti sociali in particolare delle classi più basse (=persone distrutte da una vita volta solo alla sopravvivenza). IL CICLO DEI ROUGON-MACQUART E' la storia naturale e sociale di una famiglia sotto il secondo impero, si tratta di un ciclo di venti romanzi pubblicati tra il 1871 e il 1893 nei quali (rifancendosi alla commedia umana di Balzàc) lo scrittore propone un quadro della società fracese di quel tempo. L'intento scientifico è al centro dei romanzi come alcune patologie legate all'eredità genetica come nel caso del Germinal dove il protagonista patisce le conseguenze dell'alcolismo dei genitori. L'atteggiamento di Zola in questi romanzi è decisamente progressista ed è violentemente polemico nei confronti della corruzione. Ai fini di un miglioramento descrive situazioni come l'alcolismo, la degradazione morale, gli impulsi puramente animaleschi, la promiscuità e il lavoro duro con un descrittivismo quasi esasperato. LO SCRITTORE COME OPERAIO SOCIALE DEL PROGRESSO il lettore faccia a faccia con la vicenda che non passa attraverso la lente dello scrittore. L'autore non deve descrivere i personaggi dall'alto ma deve "calarsi" nella pelle dei personaggi e esprimersi con le loro parole. L'autore, così facendo, fa sentire il lettore come se il fatto raccontato fosse successo davanti ai suoi occhi e eclissandosi diventa uno di loro. Un esempio lampante lo troviamo all'inizio del romanzo Rosso Malpelo che viene presentato da Verga come da un cittadino comune del suo paese. Il linguaggio, pertanto, è spoglio e povero ricco di modi di dire e paragoni, proverbi e imprecazioni popolari dai quali emerge un dialetto mascherato. La scrittura è dunque una lente che ingrandisce ma non può correggere. Emergono i contesti sociali mossi dal fattore economico, l'inesistente generosità tra gli uomini e una visione laica e non religiosa della vita. IMPERSONALITA' E REGRESSIONE Questo brano si trova nella prefazione dell'Amante di Gramigna e è sottoforma di lettera indirizzata a Salvatore Farina, romanziere e giornalista milanese direttore della "Rivista minima". Farina era contrario alle tendenze veriste e per questo Verga si rivolge a lui argomentando i suoi convincimenti letterari. Rappresenta uno dei pochi esempi di testo teorico sulla sua riflessione che testimonia il rigore di Verga che preferiva dimostrare scrivendo piuttosto che enunciando principi della sua teoria letteraria. Con IMPERSONALITA' intendiamo che l'autore deve sparire dai fatti narrati e non deve filtrarli attraverso la sua lente ma presentarlo "nudo e schietto". L'opera deve dunque sembrare "fatta da sè". Con REGRESSIONE intendiamo l' "eclisse" dell'autore e di come quindi vengano utilizzate parole semplici e pittoresche. L'autore diventa un'anonima voce narrante. Il racconto viene ridotto all'essenziale e viene rifiutata la drammaticità. Si cerca di ricostruire pittosto le dinamiche causa-effetto che muovo la psiche dei personaggi. L'IMPERSONALITA' COME ESPRESSIONE DEL PESSIMISMO Giovanni Verga ritiene che la letteratura non può contribuire a modificare la realtà, al contrario di Zola, ma può avere solo la funzione di studiare fedelmente i fatti senza passioni. La tecnica utilizzata è quindi la massima espressione della sua visione pessimistica. IL CONSERVATORISMO E L'ASSENZA DI PIETISMO SENTIMENTALE VERSO IL POPOLO Il pessimismo verghiano è quindi trettamente collegato al conservatorismo in quanto nega ogni possibilità di trasformazione della società e indentifica come assetto quello naturale. Non prova pietà per le persone ma le osserva mentre cercano di sopravvivere tra oppressione, brutalità, sofferenza, degradazione. Il duro pessimismo non permette altro che una visione arida che abbandona ogni visione patetica di umanità ma che al contrario accentua l'assenza di morale. VITA DEI CAMPI Vita dei Campi è una raccolta di Giovanni Verga che contiene otto novelle: Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Cavalleria rusticana, La lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi, Pentolaccia. È stata pubblicata da un editore milanese, Treves, nel 1880. È una raccolta fondamentale perché rappresenta un momento di passaggio alla fase verista di Verga: si può considerare un anello di congiunzione tra le prime opere verghiane, come Nedda o Storia di una capinera, e il famoso Ciclo dei Vinti. Verga racconta le storie di protagonisti umili come contadini, pastori, minatori, uomini della campagna siciliana in cui domina il latifondo, in sintonia con il titolo della raccolta: Vita dei Campi. La novità principale è rappresentata dal modo di raccontare questi personaggi e le loro vicende: la voce narrante non è più quella dell'autore, ma dei protagonisti stessi. Sono gli stessi personaggi con le loro azioni, o il popolino, i lavoratori, i minatori ecc… a narrare le vicende dei protagonisti con un linguaggio particolare e del tutto innovativo: modi di dire e proverbi, frasi dialettali, parole convenzionali tipiche del dialetto siciliano. Verga, in questa raccolta, ricrea il mondo popolare siciliano: è un osservatore esterno di questo mondo, senza giudizi o condizionamenti. Usa perciò, molto abilmente, una nuova tecnica narrativa: il discorso indiretto, ovvero senza intervenire o immedesimarsi nelle storie dei protagonisti da raccontare. Le novelle raccontano un microcosmo fatto di ambientazioni arcaiche molto lontane dal mondo borghese delle città, soprattutto del nord Italia. I temi trattati si riferiscono proprio al mondo rurale: la natura dell’habitat siciliano in Jeli il pastore, il lavoro e lo sfruttamento, con conseguente sopraffazione del più debole come in Rosso Malpelo, i drammi dell’amore e della gelosia, come in Cavalleria rusticana, La lupa o Guerra di santi. Sembra un mondo lontano, rimasto fuori dai meccanismi della storia e del progresso contemporaneo. I protagonisti sono veri e autentici: alcuni sono mossi da sentimenti reali a cui non riescono a sfuggire, come in Cavalleria Rusticana o La lupa, altri testimoniano l’arretratezza dell’ambiente siciliano, basti pensare allo sfruttamento dei minori impiegati in mansioni lavorative durissime, come nel caso di Rosso Malpelo. A loro modo ci appaiono chiaramente come eroi tragici, che non riuscendo a superare le avversità della vita, si palesano già da subito come sconfitti, vinti. Sono quindi due le caratteristiche principali di questa raccolta: le ambientazioni tipiche di un modo rurale e la psicologia dei protagonisti inseriti in questo contesto arcaico e alienante. FANTASTICHERIA L'autore in questa novella si rivolge in forma letteraria ad una dama dell'alta società che si è fermata nel villaggio di Aci Trezza perchè affascinata dal mondo pittoresco di pescatori ma dopo 48 ore fugge annoiata proclamando che non capisce come si possa vivere così per tutta la vita. Nel brano riportato si spiega di fatto il ciclo dei vinti e ci dice quali dovrebbero essere i personaggi dei Malavoglia. Questo testo però è ben lontano dalla stesura dei Malavoglia e infatti possiamo notare come il mondo contadino sia idealizzato e non pessimistico come lo vedrà in seguito. Sottolinea come la vita scorra "immobile" di generazione in generazione. Non è presente l'artificio della regressione e ci sono atteggiamenti polemici e moralistici contro il bel mondo e atteggiamenti di pietà verso gli umili. ROSSO MALPELO Rappresenta il primo vero testo verista dove è presente la regressione sin dai primi versi. Lo capiamo dal pregiudizio che sembra avere il lettore nei suoi confronti ma è un giudizio che appartiene alla mentalità primitiva degli abitanti. Il narraore è al livello dei personaggi. La novella è stata pubblicata per la prima volta nel 1878: il racconto inquadra la situazione dei lavoratori in Sicilia , in particolare mettendo a fuoco la condizione dello sfruttamento minorile. Il protagonista della novella è Rosso Malpelo, un ragazzo di cui quasi tutti ignorano il vero nome. È chiamato così per i suoi capelli rossi, che sono ritenuti, nella cultura popolare dell’epoca, indice di cattiveria. Il ragazzo cresce nell’indifferenza di tutti; l’unico a rassicurarlo è il padre, con cui lavora presso una cava. Malpelo "era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico". È la vita che lo ha ridotto così: la mamma lo trascura, la sorella si vergogna di lui. Il padre poi, l'unico buono con lui,, muore nella cava di rena, sepolto da un pilastro. In seguito alla morte del padre, Malpelo prova un dolore assurdo, che lo segnerà per sempre e segnerà soprattutto il suo destino: coltiverà un terribile spirito di vendetta. Lavora instancabilmente, ma fa di tutto per meritarsi l'appellativo col quale viene chiamato: picchia il suo povero vecchio asino, è cattivo con tutti. Sul lavoro conosce un altro ragazzo, derelitto come lui e, per farlo diventare forte e per farlo abituare alle disumane ed estreme condizioni di vita dello sterratore, lo picchia in continuazione. In fondo al cuore gli vuole pure bene, ma ha un modo brutale di dimostrarlo. È l’unico modo che conosce, perché è abituato all’assenza di affetto. La madre e la sorella lo hanno sempre maltrattato e picchiato. Questo rapporto di amore-odio si interrompe: un giorno Malpelo colpisce Ranocchio che si accascia a terra senza più rialzarsi. Il ragazzo è gravemente malato di tisi e ha uno sbocco di sangue. Non è più in grado di lavorare. Malpelo, a modo suo, è disperato, lo va a trovare, gli porta del vino e della minestra, ma il ragazzo, alla fine, muore.E così Malpelo rimane nuovamente solo, ultimo tra gli ultimi, finché un giorno, presi “gli arnesi di suo padre, il piccone, la zappa, la lanterna, il sacco col pane, e il fiasco di vino”, accetta di avventurarsi nelle inesplorate gallerie della cava e scompare, “ne più si seppe nulla di lui”. Il racconto è soprattutto una vicenda esistenziale: Malpelo diventa il simbolo della condizione umana di sfruttato in una società basata sull'interesse personale. Il ragazzo non sa fare altro che reagire con bestiale ferocia; è indifferente e crudele, soprattutto verso i deboli e degli indifesi. Rosso Malpelo non fa parte della schiera di creature verghiane senza spina dorsale, anzi è vitale ed energico. Ciò nonostante rimane ugualmente segnato, perché è incapace di trovare dentro di sé la forza per ribellarsi. LA LUPA La novella di Verga racconta di una donna che veniva chiamata “Lupa” perché non era sazia mai delle relazioni con gli uomini. Descrive molto bene la donna fisicamente occhi neri come il carbone, labbra rosse e carnose, seno vigoroso, alta, pallida e magra. Sua figlia Maricchia era triste per il comportamento della madre e sapeva che nessuno mai l'avrebbe presa in sposa anche se era bella e aveva buona dote. Tutte le donne del paese quando passava si facevano il segno della croce perché avevano paura che potesse portare via da loro i mariti solo con uno sguardo. Un giorno la Lupa si innamorò di Nanni, un ragazzo che era tornato da poco dal servizio militare e che lavorava nei campi. La lupa una sera gli confessò il suo amore ma lui la respinse dicendole che voleva in sposa sua figlia Maricchia. La Lupa se ne La questione della forma, come I Malavoglia dimostrano in maniera esemplare, è allora inscindibile dal tema trattato, e dell’atteggiamento “impersonale” assunto dal narratore, che rifiuta l’onniscienza delle narrazioni più tradizionali. Il “ciclo dei vinti” ha allora qui la sua formulazione teorica e letteraria: la “lotta per l’esistenza”, ad ogni livello socio-economico, sarà il vero obiettivo della creazione romanzesca. Eppure, a chi contempla e racconta tale “spettacolo” non è concesso il giudizio ma solo l’arduo compito di descrivere uomini e cose nella maniera più “vera” ed autentica possibile: Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà come è stata, o come avrebbe dovuto essere. I MALAVOGLIA TRAMA Presso il paese di Aci Trezza, nel catanese, vive la laboriosa famiglia Toscano, soprannominata Malavoglia per antifrasi, secondo la tradizione della 'ngiuria (una particolare forma di appellativo). Il patriarca è Padron 'Ntoni, vedovo, che vive presso la casa del nespolo insieme al figlio Bastiano, detto Bastianazzo, il quale è sposato con Maruzza (la Longa). Bastiano ha cinque figli: 'Ntoni, Luca, Filomena (detta Mena o Sant'Agata), Alessio (detto Alessi) e Rosalia (detta Lia). Il principale mezzo di sostentamento è la "Provvidenza", una piccola imbarcazione utilizzata per la pesca. Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. È la prima volta che un membro della famiglia dei Malavoglia parte per la leva nell'esercito del Regno d'Italia, e sarà questo evento (che rappresenta l'irruzione del mondo moderno in quello rurale della Sicilia contemporanea) a segnare l'inizio della rovina della famiglia stessa. 'Ntoni, lavorando, aiutava economicamente la famiglia, come era costume all'epoca, ma a causa della sua partenza per la leva questi guadagni vengono a mancare.Per sopperire a questa perdita Padron 'Ntoni tenta quindi un affare comprando una grossa partita di lupini (peraltro avariati), da un suo compaesano, chiamato Zio Crocifisso per via delle sue continue lamentele e del suo perenne pessimismo. Il carico viene affidato al figlio Bastianazzo perché vada a venderlo a Riposto, ma durante il viaggio la barca subisce naufragio e Bastianazzo muore. A seguito di questa sventura, la famiglia si ritrova con una triplice disgrazia: è morto il padre, principale fonte di sostentamento della famiglia, mentre il debito dei lupini è ancora da pagare e la Provvidenza va riparata. Finito il servizio militare, 'Ntoni torna di malavoglia alla dura vita di pescatore alla giornata, e non dà alcun sostegno alla già precaria situazione economica del nucleo familiare. Le sfortune per la famiglia non terminano. Luca, uno dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa (1866); ciò determina anche la rottura del fidanzamento di Mena con Brasi Cipolla. Il debito contratto da Zio Crocifisso costa alla famiglia anche la perdita dell'amata Casa del nespolo, e la reputazione e l'onore della famiglia peggiorano fino a raggiungere livelli umilianti. Un nuovo naufragio della "Provvidenza" porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte; Maruzza, la nuora, muore invece di colera. Il primogenito 'Ntoni decide di andare via dal paese per far ricchezze, ma, una volta tornato ancora più impoverito, perde ogni desiderio di lavorare, dandosi all'ozio e all'alcolismo. La partenza di 'Ntoni costringe nel frattempo la famiglia a vendere la Provvidenza per accumulare denaro al fine di riacquistare la Casa del nespolo, mai dimenticata. La padrona dell'osteria Santuzza, già desiderata dallo sbirro Don Michele, si invaghisce invece di 'Ntoni (che intanto entra nel giro del contrabbando), mantenendolo gratuitamente all'interno del suo locale. La condotta di 'Ntoni e le lamentele del padre la convincono a distogliere le sue aspirazioni dal ragazzo, e a richiamare Don Michele all'osteria. Ciò diventa origine di una rissa tra i due pretendenti, che sfocia nella coltellata di 'Ntoni al petto di Don Michele, nel corso di una retata anti-contrabbando. 'Ntoni finisce dunque in prigione e Padron 'Ntoni, accorso al processo e sentite le voci circa la relazione tra Don Michele e sua nipote Lia, sviene esanime. 'Ntoni riesce a evitare una forte condanna per motivi "d'onore": l'avvocato lascia intendere che la rissa fosse scoppiata perché 'Ntoni voleva difendere la reputazione della sorella Lia, della quale Don Michele si era invaghito ma che Lia aveva respinto. Ormai vecchio, il salmodiare di Padron 'Ntoni si fa sconnesso e i suoi proverbi (che accompagnano tutta la narrazione) iniziano a venire pronunciati senza cognizione di causa; per motivi anche di sopravvivenza (non è più in grado di lavorare), si decide di ricoverarlo in ospedale. Lia, la sorella minore, vittima delle malelingue e del disonore, lascia il paese e finisce prostituta a Catania. Mena, a causa della vergognosa situazione della sorella, sceglie di rinunciare a sposarsi con compare Alfio, di cui è innamorata, e rimane in casa ad accudire i figli di Nunziata e di Alessi, il minore dei fratelli, che nel frattempo si era sposato con la Nunziata e che, continuando a fare il pescatore, ricostruisce alla fine il nucleo familiare e ricompra la "casa del nespolo". Acquistata la casa, ciò che resta della famiglia farà visita all'ospedale al vecchio Padron 'Ntoni, per informarlo della compravendita e annunciargli un suo imminente ritorno a casa. È questa l'ultima gioia per il vecchio, che muore proprio nel giorno del suo agognato ritorno: neanche il desiderio di morire nella casa dov'era nato viene dunque esaudito. Quando 'Ntoni, uscito di prigione, ritorna al paese e alla casa del nespolo, si rende conto di non poter restare a causa del suo passato, per quanto Alessi lo inviti a farlo: con il suo comportamento egli si è auto-escluso dal nucleo familiare, rinnegando sistematicamente i suoi valori; è costretto ad abbandonare la sua casa proprio quando ha preso consapevolezza che era l'unico luogo in cui era possibile vivere degnamente. DIVISIONE DEI CONCETTI Si può dividere l'intera opera fondamentalmente in tre parti: La prima parte (capitoli I-IV) inizia con la presentazione dei membri della famiglia Toscano, in ordine di età, alla quale seguono la partenza di 'Ntoni per il servizio militare e, soprattutto, lo sfortunato affare dei lupini e la morte di Bastianazzo. È questo elemento scatenante a rompere l' "equilibrio" preesistente e dare inizio alla vicenda. I funerali di Bastianazzo sono l'occasione, per Verga, di presentare i personaggi del romanzo e l'ambiente popolare contestualmente ai fatti narrati, secondo la tecnica della regressione teorizzata dell'autore. Nella seconda parte (capitoli V-IX) assistiamo al continuo declino della famiglia, dovuto principalmente alle conseguenze dello sfortunato affare dei lupini e al tentativo dei Malavoglia di saldarlo senza rinunciare alla casa e all'onore della famiglia; questo non impedisce la perdita della Casa del nespolo e il trasferimento nella casa del beccaio. La terza ed ultima parte inizia dopo un capitolo di transizione (il X), in cui 'Ntoni si trasferisce temporaneamente in città a far fortuna, dopo la morte della Longa (contraria alla sua partenza). Quindi inizia la terza parte (capitoli XI-XV), che narra la vendita della barca da parte di Padron 'Ntoni, che lavora a giornata da Padron Cipolla, e il ritorno di 'Ntoni che, ancora più povero che alla partenza, si dà al contrabbando. 'Ntoni accoltella don Michele; l'avvocato di 'Ntoni però getta discredito sulla famiglia rivelando una presunta relazione tra Don Michele e la Lia, che fugge verso la città. Il nonno cade in uno stato di depressione e 'Ntoni finisce in prigione. La conclusione vede la ricomposizione del nucleo familiare ad opera di Alessi e la partenza di 'Ntoni, che ormai non può più fare parte del mondo che ha rinnegato. Alla "riconsacrazione" della Casa del Nespolo segue però la consapevolezza che ormai nulla potrà essere come prima: la partenza di 'Ntoni segna infatti un distacco definitivo, provocato dall'irrompere dei "tempi nuovi" (la modernità) nel mondo contadino siciliano. I CARATTERI DEI MALAVOGLIA NARRATORE: non interviene nè con giudizi nè con presentazioni dei personaggi. Si mimetizza col mondo rappresentato collocandosi al livello dei personaggi (regressione) SISTEMA DEI PERSONAGGI: impianto corale, il romanzo è popolato di personaggi senza che spicchi un protagonista. il "coro" si divide in due gruppi, portatori di valori opposti: i Malavoglia (valori positivi) e la comunità paesana (interesse egoistico) FOCALIZZAZIONE: si parla di costuzione bipolare caratterizzato da due punti di vista: quello dei Malavoglia che fa emergere la disumanità della logica dell'interesse e quello dei compaesani che vogliono estraniare i valori di questa famiglia. STRUTTURA DELL'INTRECCIO: Il romanzo si apre e si chiude con la partenza di 'Ntoni dal villaggio ma la struttura ciclica rimane esteriore perchè non implica la ricomposizione dell'equilibrio iniziale. il "nido" è ricostruito solo in parte. TEMPO: La vicenda si svolge tra il 1863 e il 1878 in un momento storico scandito dalla battaglia di Lissa, il colera, la costruzione della ferrovia in Sicilia. A questo tempo storico si contrappone lo scorrere delle stagioni sempre uguale a se stesso scandito dal lavoro nei campi, le feste religiose, pesca. SPAZIO: Lo spazio privilegiato è quello del paese noto e rassicurante a cui si contrappone il minaccioso spazio esterno. LINGUAGGIO: Il linguaggio dell'autore e dei personaggi è popolareggiante punteggiato da modi di dire, paragoni, proverbi dietro cui si cela l'esperienza. La sintassi è "finta semplice". NOVELLE RUSTICANE Tra il primo e il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti pubblica Il marito di Elena (1882) analisi delle irrequietudini di una moglie piccolo borghese che conduce con i suoi sogni il marito alla rovina e nel 1883 escono le novelle rusticane che ripropongono i personaggi della campagna in una visione
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