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verga e movimenti letterari, Appunti di Italiano

italiano 5o anno di liceo, argomenti maturità

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 27/06/2024

paola-chiofalo
paola-chiofalo 🇮🇹

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Scarica verga e movimenti letterari e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Verga Verga nacque a Catania nel 1840 da una famiglia di antica ascendenza nobiliare. Egli aveva vent’anni quando Garibaldi arrivò in Sicilia per la spedizione dei Mille. Dopo questo arrivo, Verga iniziò a dirigere una serie di giornali patriottici e pubblica un romando storico, I carbonari della montagna. La vera storia dell'arte di Verga comincia con il periodo fiorentino: a Firenze viene influenzato dalla letteratura filantropico-sociale e compone Storia di una capinera, un romanzo epistolare che ebbe grande successo, uscito a Milano nel 1871. Comincia a profilarsi in lui anche un atteggiamento moralistico e critico e un interesse per situazioni estreme ed esasperate che rivela l'influenza della scapigliatura. Alla fine del novembre 1872 Verga si reca a Milano che a quel tempo era la capitale letteraria, qui infatti frequenta i salotti ed i caffè dove si ritrovano gli artisti. Dopo aver pubblicato Eva nel 1873 ossia un libro di crisi, scrive e stampa nel 1875 Tigre Reale in cui è forte l'influenza scapigliata ed Eros, primo tentativo di romanzo oggettivo. Alla fine del 1877 l'arrivo a Milano di Luigi Capuana, anche lui siciliano, scrittore e critico letterario, contribuisce alla formazione di un gruppo di narratori e di critici di cui fanno parte con Verga anche Cameroni e Sacchetti, che si propone di creare il romanzo moderno attraverso l'adesione al naturalismo di Emile Zola. Il primo racconto naturalista o verista di Verga è Rosso Malpelo, scritto nel 1878. Sempre in questi mesi elabora oltre a Vita dei campi anche il romanzo I Malavoglia nel 1881. Il decennio che va dal 1880 al 1889 è quello dei capolavori: escono Novelle rusticane, Per le vie di cui ne escono due edizioni: la prima di ambientazione siciliana e la seconda di ambientazione milanese, esce anche il dramma scenico Cavalleria rusticana, le novelle Vagabondaggio e la prima e seconda edizione di Mastro-Don Gesualdo. Per quanto riguarda il piano politico, in questo periodo Verga appare vicino agli ambienti della Destra storica e collabora alla rivista Rassegna Settimanale. Dopo il 1882 Verga si allontana da qualsiasi prospettiva politica assumendo atteggiamenti sempre più conservatori e talora addirittura reazionari di tipo nazionalista e antisocialista. Dal 1893 Verga torna a risiedere a Catania, dove il suo scetticismo scettico sfiora ormai il cinismo anche nei rapporti privati. Cerca di lavorare allora per il teatro con opere come la Lupa o Dal tuo al mio. Proprio quando sta iniziando un momento più favorevole per la sua fortuna di scrittore Verga muore nel 1922. Storia di una capinera Questo romanzo vuole essere una di quelle intime storie che passano tutti i giorni inosservate e lo studio di una vicenda interiore ed esistenziale. Vi si narra di una educanda, Maria, orfana di madre che è vissuta sempre in un collegio di monache. Prima di prendere i voti, ella trascorre qualche mese in campagna nella casa del padre e della matrigna e dunque ha la possibilità per la prima volta di conoscere il mondo e frequentare un giovane, Nino e innamorarsene. Tuttavia la legge economica è più forte dei suoi sentimenti e, non avendo la dote, deve tornare in convento e prendere definitivamente il velo. Nel frattempo, Nino sposa la sorellastra che a differenza di Maria è provvista di una ricca dote; per la passione d'amore Maria s’ammala e sfiora la follia fino a morire. Il romanzo presenta diversi punti di interesse: 1. per la prima volta Verga si sforza di assumere il punto di vista di un personaggio semplice e il suo linguaggio ingenuo ed elementare: la scelta del romanzo epistolare, (le lettere sono scritte Da Maria un'amica e riflettono la sua prospettiva culturale linguistica), va appunto in tal senso. 2. Come soluzione linguistica viene adottato il fiorentino. 3. Nell'opera compare il tema dell'orfano e dell’escluso che poi tornerà in Rosso Malpelo e nei Malavoglia. 4. Il motivo dell'esclusione sociale e della vittima si congiunge a quello economico, a prevalere è sempre la legge del denaro mentre i sentimenti risultano impotenti. 5. È importante notare poi che il romanticismo di Verga è ancora ben vivo: anche qui la donna rappresenta l'ideale romantico dell’amore passione come forza inarrestabile che non conosce la rinuncia e resta fedele ai propri sentimenti sino a morire. L' adesione al verismo Tre fattori favoriscono l'adesione di Verga al verismo: 1. esce il capolavoro del naturalismo francese, L’assommoir, di Zola che subito capuana recensisce entusiasticamente sul Corriere della Sera proponendolo come modello ai narratori che seguono una poetica del vero. 2. Capuana va ad abitare a Milano e qui forma con il critico Cameroni, lo scrittore Sacchetti e con Verga un gruppo che intende dare vita In Italia al romanzo moderno traendo ispirazione proprio dal naturalismo. 3. Viene diffusa l'inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino . La poetica verista sul piano filosofico rileva una impostazione di tipo positivistico materialistico e deterministico. È positivistica perché parte dal presupposto che la verità sia oggettiva e che solo un approccio scientifico fondato sullo studio dei fenomeni reali può permettere di conoscere la realtà. È materialistica perché il comportamento umano viene visto in dipendenza dai bisogni materiali. È deterministica perché nega la libertà del soggetto il quale è sempre determinato dall' ambiente in cui vive, dalle leggi economiche e dal condizionamento ereditario. Sul piano letterario da tale impostazione deriva una poetica antiromantica che esclude infatti sia l'idealismo sia la soggettività dell’io narrante. L'esclusione della soggettività dell'autore implica impersonalità dell’opera: non si devono vedere né sentimenti né l’ideologia dell'autore, il quale deve comportarsi come uno scienziato neutrale deve cioè limitarsi a documentare la realtà oggettiva. Verga inoltre, come facevano gli scienziati del naturalismo francese, sostiene la necessità di procedere dal semplice al complesso; bisognerà partire dunque dalle classi più basse per poi risalire a quelle più elevate. Di qui il progetto di un ciclo di romanzi chiamato I vinti, che rappresenta la vita dei pescatori e dei contadini (nei Malavoglia) poi la borghesia di provincia con Mastro don Gesualdo e la nobiltà contadina con la duchessa di Leyra; infine il mondo parlamentare romano con L'onorevole Scipioni e poi quello più complicato e complesso di ogni altro: degli scrittori e degli artisti con l'uomo di lusso. Per quanto riguarda la teoria dell'impersonalità, Verga sostiene la necessità dell’eclissi dell'autore il quale deve sparire nella propria opera senza lasciarvi le tracce della propria personalità, al narratore non è più concesso di intervenire con i propri commenti e con i propri giudizi, è esclusa anche la presentazione dei protagonisti da parte del narratore; a narrare le vicende devono essere personaggi stessi. Ciò non comporta per Verga la necessità di ricorrere al dialetto nella rappresentazione delle classi povere in quanto e gli si oppone al dialetto sia per ragioni politiche sia per ragioni artistiche. Vita dei campi e Rosso Malpelo La prima opera verista di Verga è la raccolta di 8 novelle con il titolo complessivo di Vita dei campi uscita nel 1880, i cui protagonisti sono contadini, pastori, minatori di una società premoderna dominata dal latifondo. La novità sta nel fatto che la voce narrante non è più quella dell’autore, ma quella degli stessi personaggi popolari. Capolavoro di Vita dei campi è Rosso Malpelo, dove la voce narrante è quella della comunità di contadini e di minatori che si accanisce contro il protagonista perché ha i capelli rossi e dunque sarebbe, di per sé, cattivo. Essa interpreta maliziosamente e negativamente qualunque gesto egli faccia e interpreta sempre come strano pieno e completo. I Malavoglia è formato da 15 capitoli e la vicenda si svolge tra il 1863 e il 1877 o 78; il romanzo è tutto imperniato sulla storia di una famiglia di pescatori siciliani, i Toscano, chiamati in paese Malavoglia e sulle conseguenze che in essa provoca il progresso. Nel romanzo si distinguono tre parti: la parte iniziale (capitolo 1-4) e quella centrale (capitolo 5-10), hanno per protagonista il patriarca dei Malavoglia, Padron ‘Ntoni; In quella finale (capitolo 11-15) il protagonista è il nipote che ne porta il nome. Mentre nella prima parte il tempo della storia è molto breve e il tempo del racconto è lento, nella seconda e nella terza avviene il contrario. Tutti i personaggi del romanzo si organizzano in un sistema oppositivo di natura morale: da una parte personaggi che rappresentano il mondo premoderno dei Malavoglia, ancora legati alle tradizioni e ai valori del passato, dall'altro il mondo di Trezza dove si sono già imposti i disvalori del moderno. L'opposizione finisce poi per penetrare all'interno stesso della famiglia Malavoglia dividendo in due gruppi i nipoti. Nei Malavoglia sono presenti numerosi elementi storici e il tempo storico lineare tende a sparire riassorbito in quello ciclico ed eterno della natura. Analogamente, da un lato c'è uno spazio geografico preciso, quello di Trezza e dei paesi costieri a nord di Catania, dall'altro questa geografia sfuma in contorni indeterminati, tuttavia, spazio e tempo sono comunque coerenti fra loro. La tecnica narrativa verghiana tende a far scomparire la prospettiva dell'autore e ad assumere quella dei personaggi; una fitta rete di voci narranti popolari viene così riportata attraverso il ricorso al discorso diretto e soprattutto il discorso indiretto libero. Le metafore, le similitudini, la lingua stessa sono coerenti con questa impostazione e riflettono lo sforzo di adottare l'ottica di un narratore popolare. Tecniche narrative Verga: — IMPERSONALITÀ E NARRATORE POPOLARE: Il punto di vista dello scrittore non si avverte mai nelle opere di Verga: la ‘voce’ che racconta si colloca all’interno del mondo rappresentato e allo stesso livello dei personaggi. — ARTIFICIO DELLA REGRESSIONE: Per adottare il punto di vista del popolo, l’autore rinuncia alla sua superiorità intellettuale ed assume la prospettiva (cultura, etica, criteri interpretativi) popolare: l’autore si ‘mimetizza’ nei personaggi, si ‘eclissa’. Eclissi dell’autore: L’obiettivo principale di Verga è eliminare ogni senso di artificialità letteraria, dare l’impressione di assistere direttamente ai fatti, senza alcun intermediario. Per questo adotta la tecnica della regressione: la “voce” che racconta si colloca tutta all’interno del mondo rappresentato, allo stesso livello dei personaggi. Il narratore si mimetizza nei personaggi di un certo ambiente adottando il loro punto di vista, esprimendo i loro giudizi, i loro sentimenti, ecc. L’autore si eclissa nell’opera perché non ha diritto di giudicare la materia che rappresenta; se la voce narrante giudica non lo fa secondo la visione colta dell’autore (come il narratore naturalista), ma in base alla visione elementare e rozza del popolo, che spesso anzi, non coglie le reali motivazioni psicologiche di un personaggio o non è in grado di interpretare correttamente un fatto, dunque si ha un effetto di straniamento. — PRINCIPIO DELLO STRANIAMENTO: si collega a quello della regressione, anzi ne è conseguenza: poiché si crea un divario fra il punto di vista esplicito del narratore popolare e il punto di vista implicito dell’autore, un fatto normale appare strano o, viceversa, un fatto strano viene presentato come normale (si veda l’incipit di Rosso Malpelo). — DISCORSO INDIRETTO LIBERO: Le parole e i pensieri dei personaggi vengono riportati in terza persona, indirettamente, senza i verbi dichiarativi. Le parole del personaggio si confondono così con quelle di chi racconta la storia, tanto che sembra che siano i personaggi stessi a raccontarla. Il discorso indiretto libero comporta dunque un brusco passaggio da una focalizzazione esterna a una interna: improvvisamente a vedere e a pensare non è più il narratore, ma il personaggio. — LINGUAGGIO, LESSICO E SINTASSI: Verga non usa mai il dialetto (se cita un termine dialettale lo segnala tramite il corsivo), ma cerca di riprodurre il linguaggio delle persone del popolo attraverso un lessico spoglio e povero, la citazione di proverbi e modi di dire, espressioni gergali, metafore e similitudini basse.
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