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Verga. Opere, poetica e contesto storico, Appunti di Italiano

Contesto storico, vita, poetica e opere di Verga. Appunti presi dal mio libro e in classe

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 17/05/2023

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Scarica Verga. Opere, poetica e contesto storico e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! L’ETA’ POSTUNITARIA pag 156 IL CONTESTO IL NUOVO ASSETTO POLITICO Dopo l’unificazione l’Italia divenne una monarchia costituzionale basata sullo Statuto Albertino (1848). Il nuovo stato era fortemente accentratore tanto che estese a tutto il territorio la legislazione sabauda, che fino a quel punto era in vigore solo in Piemonte,e le autonomie locali erano praticamente inesistenti. Il governo era basato sull’espressione di una piccolissima parte della popolazione, infatti solamente il 2% degli uomini aveva la possibilità di votare e si trattava di grandi proprietari terrieri, un aumento degli aventi diritto al voto si ebbe dopo l’avvento della sinistra al potere nel ‘76 ma senza sostanziali cambiamenti, come il suffragio universale maschile del 1913. LA POLITICA ECONOMICA E LA DESTRA STORICA L’Italia postunitaria era un paese fortemente arretrato, governato tra il ‘61 e il ‘76 dalla Destra storica (espressione della borghesia agraria) la quale era ostile a uno sviluppo industriale poiché riteneva che il paese non avesse i requisiti adatti e temeva che il sorgere dell’industria con il conseguente proletariato di fabbrica avrebbe creato tensioni eversive preferì quindi trasformare l’Italia in un paese agricolo-commerciale. Per favorire l’esportazioni furono applicate tariffe doganali molto basse ma ciò favorì allo stesso tempo anche l'importazione facendo fallire le industrie italiane. La situazione generale rimase fortemente arretrata anche nei metodi di coltura specialmente al Centro-Sud e con rapporti di produzione di origine feudale, l’azienda agricola capitalista è ancora una rarità. Un settore molto attivo era quello relativo alla creazione di infrastrutture di cui lo stato ha estremo bisogno, in questo ambiente nasce anche una fortissima speculazione in cui si lasciano trasportare le banche. LA SINISTRA: INDUSTRIALIZZAZIONE E CRISI AGRARIA storia 2 LE IDEOLOGIE GLI INTELLETTUALI DI FRONTE ALLA MODERNIZZAZIONE L’Italia degli anni ‘70 e ‘80 si avvia verso uno sviluppo capitalistico moderno e verso l’industrializzazione. Possiamo trovare tre tipi di atteggiamento da parte degli scrittori in risposta alla modernizzazione: atteggiamento apologetico come realizzazione del progresso atteggiamento di rifiuto romantico in nome dei valori del passato atteggiamento di curiosità conoscitiva che non esalta né condanna ma indaga in modo distaccato i cambiamenti senza slanci POSITIVISMO Riguarda la risposta al primo atteggiamento, ha le sue basi nel rapido sviluppo del capitalismo industriale e noi profondi mutamenti delle strutture sociali, modi di vita e ideologie. Un presupposto essenziale per l’espansione della produzione sono le scoperte scientifiche. Oltre al lato economico e scientifico vi è anche la diffusione del sapere e dell’istruzione che aumentano il benessere generale ma esige maggiori conoscenze per il suo sviluppo. MITO DEL PROGRESSO Questi fattori determinano un clima di fiducia entusiastica nelle forze dell’uomo e nelle possibilità del sapere scientifico e tecnologico. L’ottimismo si traduce in culto della tecnica e della scienza. L’esaltazione della scienza si basa su delle convinzioni: la conoscenza scientifica è l’unica possibile e il metodo della scienza è l’unico valido, da qui nasce il rifiuto di ogni visione di tipo religioso, metafisico, idealistico. Il positivista crede che ci si debba basare su fatti positivi, osservabili e dimostrabili sperimentalmente. il metodo della scienza va esteso a tutti i campi compresi l’uomo e la società, ma anche gli ambiti spirituali poiché nessuno aspetto del reale deve sfuggire all’indagine scientifica che si esercita in ugual maniera sia sui fenomeni naturali sia sulla psicologia dell’uomo la scienza ci permette di dominare il reale, da qui deriva la fede positivistica nel progresso garantito dalle conquiste scientifiche in ogni campo che consentono di piegare la natura alla nostra volontà e di riorganizzare globalmente la società in modo razionale e giusto assicurando la liberazione dai mali fisici e sociali, sviluppo illimitato e crescita continua della civilizzazione. NOSTALGIA ROMANTICA E RIGORE VERISTICO Giosue Carducci è positivista ma in lui è presente anche una fortissima componente romantica che viene resa esplicita come disgusto e paura per la modernizzazione e per la mediocrità della nuova era per questo rifiuta il presente e si rifugia in un sogno di erotismo e di bellezza proiettato nel passato. Egli ha quindi una base laica, materialistica e positivistica rientrante nel primo atteggiamento ma dimostra anche un forte rifiuto romantico che lo porta ad essere un esponente della seconda. Verga viene visto come uno dei più significativi esponenti del terzo atteggiamento ma sopravvivono componenti di anticapitalismo e antimodernismo romantici che si manifestano nel vagheggiamento del mondo arcaico della campagna come simbolo di genuinità, difesa dei valori che si vanno a distruggere. Dall’altro lato dimostra una visione naturalistica della realtà che lo porta a studiare con rigore i meccanismi della lotta per la vita e a porsi davanti alla modernizzazione con un atteggiamento conoscitivo. 4 INTELLETTUALI IL CONFLITTO TRA INTELLETTUALE E SOCIETA’ Dalla Fine del periodo risorgimentale gli intellettuali perdono il ruolo centrale di guida ideologica e si affaccia il conflitto tra intellettuale e società. Iniziano a comparire elementi di rivolta e di rifiuto dei valori borghesi con un senso di sconfitta e frustrazione. Il fenomeno si affaccia con gli scapigliati che in Italia inaugurano fli stili di vita maledetti sul modello di Baudelaire e di altri scrittori stranieri che introducono queste tematiche nelle loro opere. Vi è un aspro rifiuto della civiltà moderna che si riscontra nel Verga giovane, vicino agli scapigliati milanesi, nel Carducci degli anni 70-80. Il letterato si sente spinto ai margini dai nuovi processi produttivi e man mano dimostra un timore crescente verso la tecnica che nega i valori umanistici tradizionali e che tende a meccanizzare la vita dell’uomo. Ha orrore dello spirito affaristico che ha trasformato l'arte in una merce per il mercato, anche lo scrittore deve lottare per la vita contro la concorrenza. L’avvento del mercato della produzione letteraria divide gli scrittori in due: chi rifiuta il meccanismo seguendo i propri obiettivi artistici senza curarsi dell’insuccesso di pubblico dando alle stampe edizioni limitatissime (Verga) chi accetta il mercato e scrive per il pubblico assicurandosi il successo e il benessere economico. (D’Annunzio) LA POSIZIONE SOCIALE DEGLI INTELLETTUALI Il conflitto tra gli intellettuali e la società segna la fine dell’impegno politico per cui gli scrittori si chiudono nel puro esercizio letterario fine a se stesso. Anche i veristi rifiutano la subordinazione della letteratura a fini sociali e perseguono la pura riproduzione scientifica del vero nella forma letteraria. In Italia salvo rare eccezioni lo scrittore non è in grado di vivere con il guadagno delle sue opere, sono rari anche gli intellettuali di origine aristocratica che vivono di rendita, la maggior parte sono obbligati ad accettare un impegno pubblico mentre solo una minima parte riesce a trovare sostentamento nell’industria editoriale con collaborazioni a giornali e riviste o case editrici. sentono divisi tra Ideale e Vero, bene e male, virtù e vizio, bello e orrendo senza possibilità di conciliazione. La loro opera è l’esplorazione di questa condizione di incertezza. LA SCAPIGLIATURA E IL ROMANTICISMO STRANIERO La situazione di disagio, di rivolta e di protesta accomuna gli scapigliati alle condizioni degli scrittori romantici europei. Ne consegue il fatto che la scapigliatura recupera tutta una serie di temi romantici non ancora conosciuti dalla nostra letteratura tra cui: l’esplorazione estrema dell'irrazionale e del fantastico, dimensione del sogno e dell’allucinazione, il nero, il macabro e l’orrore, satanismo, culto mistico della bellezza, l’esotismo, gli atteggiamenti umoristici e ironici. Questi processi prendono l’avvio con la costituzione dello Stato unitario e abbiamo riscontri nelle pagine degli scapigliati. I modelli a cui fanno riferimento sono in primo luogo i romantici tedeschi come Hoffmann, Jean Paul, Heine ma in primo luogo troviamo Baudelaire che aveva parlato dello spleen, Poe, Emilio Praga. LA LINGUA LA NECESSITÀ DI UNA LINGUA DELL’USO COMUNE Il censimento del 1861 evidenziò che il 78% della popolazione era analfabeta e solo lo 0,8% era in grado di saper parlare e scrivere con sicurezza in italiano. Il problema dell’unificazione linguistica era già stato individuato dagli intellettuali del primo Ottocento e veniva classificato come esigenza urgente in quanto il neo stato unificando politica ed economia richiedeva intensi scambi interregionali ed era fondamentale che tutta la popolazione fosse in grado di comunicare nella stessa lingua. Inizialmente sorsero due problemi: come diffondere la lingua e soprattutto quale modello. L’italiano era una lingua letteraria, ossia morta e non poteva dunque garantire la comprensione reciproca. L’autorevolezza di Manzoni permise di trovare una soluzione adottando la lingua dei fiorentini colti diffusa attraverso maestri e vocabolari. Tale modello venne approvato dalla classe politica dello Stato unitario, di conseguenza nelle scuole elementari si cominciò ad insegnare il fiorentino e si abolì l’uso dei dialetti. Tuttavia la proposta manzoniana si rivelò inattuabile in quanto una lingua viva non può essere imposta dall’alto bensì dovrebbe permeare il tessuto sociale e le situazioni di vita collettiva (scuola, lavoro, studio, svago). Graziadio Isaia Ascoli affermava che una vera lingua nazionale sarebbe potuta nascere solo dalla circolazione delle idee in una società civile viva e ricca di scambi. LA DIFFUSIONE DELL’ITALIANO La diffusione dell’italiano fu un processo lento, graduale e complesso frutto di diversi fattori sociali, tra i quali nel 1901 la diminuzione dell'analfabetismo al 48,7% attraverso l’avanzare dell’istruzione. la leva militare obbligatoria (miscellanea di giovani provenienti da regioni differenti) l’ampliarsi degli scambi sul mercato nazionale che obbligava persone di regioni differenti a comunicare l’estendersi della burocrazia l’emigrazione all’estero che metteva a contatto gli analfabeti con società più evolute le migrazioni interne in seguito all’avvio dell’industrializzazione la diffusione dei giornali e della stampa periodica la comparsa dei mass media come radio, cinema e televisione Tuttavia anche quando la lingua nazionale cominciava ad essere parlata e compresa persisteva una situazione di bilinguismo: l’italiano veniva utilizzato in alcune situazioni mentre il dialetto predominava nella comunicazione quotidiana. Pertanto si crearono varianti di italiano dette regionali che riprendevano tratti peculiari del dialetto locale soprattutto per quanto concerneva la pronuncia. LA LINGUA LETTERARIA Il diffondersi dell’italiano, seppur lento, apporta dei cambiamenti anche nella lingua letteraria che sempre più si avvicina alla lingua parlata. PROSA: si perseguì un modello di prosa agile e rapido, di più immediata comunicazione, influenzato dal linguaggio giornalistico, il lessico è privo di termini arcaici e preziosi ma si rileva la presenza di neologismi (ripresi da tecniche e scienze naturali e sociali e dalle tradizioni francesi e inglesi) POESIA: uso del linguaggio prosastico (farcito di termini umili e quotidiani e talvolta si registra la presenza di provocazioni plebee); Carducci e D’Annunzio puntano al recupero dell’aulicità classica; Pascoli utilizza un lessico apparentemente semplice ma in realtà prezioso e complesso in quanto mescola vocaboli di uso comune e dialettale con onomatopee, aulicismi e termini specialistici delle scienze naturali VERGA pag 312 LA VITA LA FORMAZIONE E LE OPERE GIOVANILI Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di agiati proprietari terrieri con ascendenze nobiliari. Fu inizialmente istruito da maestri privati in particolare Antonio Abate (letterato patriota) da cui assorbì il patriottismo e il gusto letterario romantico come dimostra il primo romanzo Amore e patria. I suoi studi superiori furono irregolari, si iscrisse alla Facoltà di Legge ma non la concluse preferendo dedicarsi al lavoro letterario e al giornalismo politico e con il denaro fornitogli dal padre per finire gli studi pubblico iI carbonari della montagna. Questa sua formazione irregolare segnò la sua fisionomia di scrittore che si discosta dalla tradizione di autori con profonda cultura umanistica che caratterizza la nostra letteratura. Il suo gusto non si forma basandosi principalmente sugli studi classici italiani e latini ma sugli scrittori francesi moderni di vasta popolarità ai limiti con la letteratura di consumo, letture di intrigo o sentimentali, e romanzi storici italiani. Nel 1865 lascia per la prima volta la Sicilia, quindi la provincia, per andare per la prima volta a Firenze, capitale del regno, successivamente nel 1869 decise di tornarci per soggiornarvi a lungo con lo scopo di liberarsi dai limiti della sua cultura provinciale e di venire a contatto con la società letteraria italiana. A MILANO: LA SVOLTA VERSO IL VERISMO Nel 1872 si trasferisce a Milano, che allora era il centro culturale più vivo della penisola e più aperto alle sollecitazioni europee. Qui entra a contatto con gli ambienti della scapigliatura e da qui scriverà tre romanzi: Eva, Eros e Tigre reale ancora legati a un tema romantico. Nel 1878 avviene la svolta totale verso il verismo con la pubblicazione di Rosso Malpelo, seguono Vita nei campi, I Malavoglia che il primo romanzo del ciclo dei vinti, poi Novelle Rusticane e Per le vie, Cavalleria rusticana, Vagabondaggio e Mastro don Gesualdo. Dopo l’89 scrive la Duchessa di Leyra ma non riesce a concluderlo. Soggiorna per lunghi periodi a Milano alternando con ritorni in Sicilia, dal 93 tornò definitivamente a Catania. Nel 1903 pubblica il suo ultimo dramma Dal tuo al mio dopodiché si chiude in un pressoché totale silenzio. Da quel momento dedica la sua vita alla cura delle sue proprietà agricole ed è ossessionato dalle preoccupazioni economiche, le lettere mostrano un inaridimento assoluto anche dalla passione per la contessa Dina Castellazzi di Sordevolo. Le sue posizioni politiche sono sempre più chiuse e conservatrici, con lo scoppio della prima guerra mondiale si rivela un fervente interventista e nel dopoguerra si schiera sulle posizioni dei nazionalisti distaccandosi da ogni interesse politico militante. Muore nel gennaio del 22. 3) LA SVOLTA VERISTA Dopo un silenzio durato tre anni nel 1878 ese un racconto che si discosta fortemente dalla materia e dal linguaggio della sua narrativa anteriore, si tratta di Rosso Malpelo, la storia di un garzone di miniera in un ambiente duro e disumano narrato con un linguaggio nudo e scabro che riproduce la narrazione popolare. E rappresenta la prima opera in una maniera verista ispirata a una rigorosa impersonalità. Il cambio così vistoso è stato spesso interpretato come una conversione ma in realtà Verga si impegnava già a dipingere il vero pur rifiutando ogni etichetta di scuola, l’unica differenza è che prima possedeva strumenti ancora approssimativi e inadatti. L’approdo al Verismo è una svolta capitale e non una brusca inversione di tendenza è quindi una chiarificazione progressiva arrivando a saper dominare al meglio la concezione materialistica della realtà e l’impersonalità. Con la conquista del metodo verista Verga non vuole abbandonare gli ambienti dell’alta società per quelli popolari ma si propone di studiarli partendo dai ceti più bassi che gli permettono di studiare al meglio i meccanismi della società. 4) POETICA E TECNICA NARRATIVA DEL VERGA VERISTA LA POETICA DELL’IMPERSONALITA’ Diviene indispensabile esaminare da vicino il nuovo metodo narrativo dello scrittore e i principi di poetica su cui si fonda. Alla base vi è il concetto di impersonalità che deve essere ben chiarito a scanso di equivoci. Secondo la sua visione la rappresentazione artistica deve possedere l’efficacia dell’essere stato, deve conferire l'impronta di cosa realmente accaduta e per fare questo deve riportare documenti umani, deve essere raccontato in modo da porre lo scrittore faccia a faccia con il fatto nudo e schietto in modo che non vi sia l’espressione di essere letto attraverso la lente dello scrittore. Per tale motivo l’autore deve eclissarsi ossia non deve comparire nel narrato con reazioni soggettive, riflessioni e spiegazioni, ma esso deve mettersi nella pelle dei suoi personaggi, vedere con i loro occhi e rimanere assolutamente invisibile in modo che l’opera sembri fatta da sé Il lettore non avrà l’impressione di sentire un racconto dei fatti ma penserà di assistervi direttamente, deve essere introdotto nel mezzo degli avvenimenti senza alcun antefatto e tracci un profilo dei personaggi in modo tale che essi si facciano conoscere da soli con le loro azioni e parole avendo l’illusione completa della realtà eliminando ogni tipo di artificiosità letteraria. La tecnica dell’impersonalità non è una legge assoluta che nega realmente ogni rapporto tra creatore e opera né un'affermazione di indifferenza psicologica dell’autore ma è solo un suo personale programma di poetica. L’impersonalità rappresenta un procedimento espressivo. LA TECNICA NARRATIVA Dal 1878 in poi applicherà coerentemente i principi della sua poetica e darà origine a una tecnica narrativa originale e innovatrice che si distacca dalla tradizione e dalle esperienze italiane e straniere. Nelle sue opere il narratore si eclissa ovvero si cala nella pelle dei personaggi e vede le cose coi loro occhi. A raccontare i fatti non è il tradizionale narratore onnisciente come nei romanzi di Manzoni, Balzac e Scott, inoltre il punto di vista dello scrittore non si avverte mai, il narratore si mimetizza nei personaggi stessi, adotta il loro modo di pensare, di sentire e di esprimersi.. L’anonimo narratore non fornisce informazioni esaurienti sul carattere e sulla storia dei personaggi né offre una descrizione dettagliata dei luoghi come se il lettore conoscesse già. La voce e il pensiero del narratore si integrano con la visione elementare e rozza della collettività popolare. Di conseguenza anche il linguaggio sarà quello popolare quindi spoglio, povero ricco di modi di dire, paragoni, proverbi e imprecazioni popolari. naturali che lo regolano sono eterne ed immutabili, non sovvertibili né aggirabili: in tal senso abbandona lo spirito romantico che vedeva nella vita di campagna un ritorno alle origini incontaminate, ma non si schiera nemmeno a favore nella vita cittadina e del progresso ritenuto uno dei mali della società, dunque rifiuta il vagheggiamento di un futuro migliore per l'umanità, in uno spirito totalmente pessimistico, che prova pena e rassegnazione per coloro che mantengono caratteri e comportamenti incongrui a quelli richiesti dalla società, basata sulla legge dell'homo homini lupus. VITA DEI CAMPI Lo scrive tra il 79-80. La nuova impostazione viene inaugurata da Rosso Malpelo nel 1878 e continuata in una serie di racconti pubblicati su varie riviste nei due anni successivi e raccolti poi nella Vita dei campi tra i quali: Cavalleria rusticana, la lupa, Jeli il pastore, Fantasticheria, L’amante di Gramigna, Guerra di Santi, Pentolaccia. Anche in questi racconti spiccano figure della vita contadina siciliana e viene applicata la tecnica narrativa dell’impersonalità, ossia l’eclissi dell’autore e la regressione della voce narrante dietro al punto di vista del mondo popolare (eccetto Fantasticheria). In queste novelle, oltre alla scabra rappresentazione veristica e pessimistica del mondo rurale, è possibile trovare traccia di un atteggiamento romantico di vagheggiamento nostalgico dell’ambiente arcaico come una sorta di paradiso che perde autenticità e innocenza oppure come un mondo primitivo con passioni violente in antitesi all’artificiosità della vita moderna e cittadina. Verga vuole rappresentare il mondo popolare con il conflitto tra l’individuo “diverso” e il contesto sociale che lo rifiuta e lo espelle (presente in Rosso Malpelo, Jeli il pastore, La Lupa, Cavalleria rusticana, l’amante di Gramigna). E’ ancora presente la contraddizione delle tendenze romantiche e le nuove tendenze veristiche, pessimistiche e materialistiche, le quali lo inducono allo studio in maniera scientifica delle leggi e del meccanismo sociale e a riconoscere che anche il mondo rurale è dominato dalla lotta per la sopravvivenza, questa contraddizione si risolverà nei Malavoglia. IL CICLO DEI VINTI Primi anni 80. Originariamente intitolato la marea poichè il progresso lascia sulla riva i vinti, i rimasugli, i più deboli, i relitti coloro che non ce la fanno, vengono trascinati dalla fiumana: coloro i quali aspirano a cambiare stato sociale, modificare la propria condizione, chi riesce a superare i propri limiti esistenziali ma è vinto dai sentimenti (es. solitudine mastro don gesualdo, Mazzarò sorta di eroe epico non ha modificato nulla del suo punto di vista, non si è evoluto per lui il tempo è ciclico). Verga concepisce il disegno di un ciclo di romanzi seguendo il modello dei Rougon- Macquart di Zola, con un percorso parallelo a quello delle novelle. Il primo accenno a questo percorso si ritrova in una lettera indirizzata a Salvatore Paola Verdura del 1878 in cui dichiara di pensare a un rapido alternarsi di immagini vivide della lotta per la vita estesa in tutti i campi. Verga, a differenza di Zola, pone al centro la volontà di tracciare un quadro sociale e non l’intento scientifico degli effetti dell'ereditarietà. Il criterio unificante è il principio della lotta per la sopravvivenza ricavato dalle teorie di Darwin sull’evoluzione delle specie animali ma applicato alla società umana, in cui una classe per vivere arriva a schiacciarne un’altra (legge del più forte). Sceglie come soggetto i vinti che si piegano sotto ai più forti. Il ciclo si apre con una prefazione generale che chiarisce le sue intenzioni: il primo romanzo è intitolato i Malavoglia e viene analizzata la fiumana del progresso e la lotta per i bisogni materiali, nei romanzi successivi analizzerà la ricerca del meglio passando dall’avidità di ricchezza nella borghesia di provincia con Mastro-don Gesualdo, alla vanità aristocratica nella duchessa de Leyra, all’ambizione politica dell’onorevole Scipioni e artistica dell’Uomo di lusso. In concomitanza all’ascesa sociale si modificano anche il linguaggio e lo stile in modo da adattarsi al soggetto descritto I MALAVOGLIA L’INTRECCIO Il primo romanzo del ciclo è i Malavoglia (1881), la storia di una laboriosa famiglia di pescatori siciliani, i Toscano, chiamati però i “Malavoglia” (nell’uso popolare i soprannomi spesso identificavano caratteristiche opposte). Questa famiglia vive ad Aci Trezza, dove vivono una vita relativamente felice e tranquilla e posseggono una casa del nespolo ed una barca, la Provvidenza. Nel 1863 però il giovane ‘Ntoni, figlio di Bastianazzo, è costretto a partire per prestare servizio militare, la famiglia quindi si trova in difficoltà poiché è costretta a pagare un altro lavorante (inoltre la figlia maggiore Mena deve anche sposarsi ed é una cattiva annata di pesca). Padron ‘Ntoni quindi cerca di ingegnarsi per superare le difficoltà cercando di intraprendere un piccolo commercio: compra a credito dall’usuraio Zio Crocifisso dei lupini, con lo scopo di rivenderli in un porto vicino. La barca però naufraga con il carico in una tempesta, dove morirà anche Bastianazzo. La famiglia quindi, oltre ad essere colpita negli affetti, si trova dei debiti da pagare. Da qui iniziano una lunga serie di sventure, che porteranno al disgregarsi della famiglia (casa pignorata, Luca secondo genito muore nella battaglia di Lissa, madre Maruzza muore di colera, Provvidenza recuperata affonda ancora), che cadrà in disonore dopo il processo di ‘Ntoni per aver accoltellato una guardia doganale spinto dal fatto che Don Michele corteggia la sorella minore, Lia (‘Ntoni dopo aver conosciuto la vita di città non riesce ad adattarsi alla vita di dure fatiche, frequenta osteria e cattive compagnie, contrabbando). Al processo ottiene una condanna mite ma Lia ormai disonorata fugge dal paese e finisce a fare la prostituta. A causa a del disonore di cui è macchiato l’onore della famiglia Mena non può sposare Alfio. Il vecchio padron Ntoni atterrato dalle sventure va a morire in ospedale. L’ultimo figlio, Alessi, riuscirà a riscattare la casa del Nespolo, continuando il mestiere del nonno. Ntoni, una volta uscito di prigione, si accorge di non poter più restare in famiglia, torna per una notte per poi decidere di allontanarsi per sempre. L’IRRUZIONE DELLA STORIA I Malavoglia rappresentano un mondo rurale arcaico, chiuso nei suoi ritmi ciclici tradizionali dell'alternarsi delle stagioni e della coltivazione dei campi (imperfetto) fondati sulla saggezza antica dei proverbi; non si tratta però di un mondo del tutto immobile, ma rappresenta un processo in cui la storia penetra in quel sistema arcaico, e ne sconvolge gli equilibri. La scena infatti ha inizio all’indomani dell’Unità del 1861, nel 1863, e mette in luce come il piccolo villaggio siciliano sia investito da questo forte cambiamento nella società italiana; in primis è presente nella leva obbligatoria, introdotta dal regno borbonico che sottrae braccia al lavoro e mette in difficoltà la famiglia, a ciò si aggiunge poi l’imposizione delle tasse (dazio sula pece), nelle difficoltà economiche, nella crisi della pesca, il treno, il telegrafo, le navi a vapore. Il sistema sociale del villaggio è articolato in diversi strati di classe, che vengono stravolti dai grandi eventi storici: i Malavoglia, da pescatori come sono sempre stati, sono costretti a diventare dei “negozianti”, subendo un processo di declassazione, costretti a “vivere alla giornata” diventano nullatenenti (è presente anche il processo contrario, quello di don silvestro, che ricorre alle azioni più subdole per arrivare ad una posizione di potere). Questo villaggio può apparire immobile solo poiché viene rappresentato dalla visione soggettiva dei personaggi stessi, che rendono la realtà statica. MODERNITÀ E TRADIZIONE Il personaggio in cui si incarnano le forze disgregatrici della modernità è il giovane ‘Ntoni, che, uscito dall’universo chiuso e conservatore del paese, viene a contatto con la realtà moderna a Napoli, dopo cui non riuscirà più ad adattarsi ai ritmi di vita del paese. La figura opposta è invece padron ‘Ntoni, che incarna lo spirito tradizionalista (attaccamento visione arcaica consente il pignoramento della casa per mantenere la parola data). La famiglia quindi si disgregherà a causa di queste forze innovatrici, subendo un processo di degradazione, che culmina con la coltellata di ‘Ntoni alla guardia doganale. Alessi ristabilisce l’ordine parzialmente ritornando in possesso della casa di famiglia. Il finale infatti sarà emblematico: il personaggio che aveva messo in crisi quel sistema, se ne distacca per sempre, allontanandosi verso il progresso ed il suo percorso sarà continuato poi da Gesualdo (intraprendenza del self made man). IL SUPERAMENTO DELL’IDEALIZZAZIONE ROMANTICA DEL MONDO RURALE I malavoglia sono sempre stati considerati una celebrazione di un mondo primordiale e dei suoi valori (religione della casa e della famiglia, lavoro, onore), ma, considerando quanto riportato sopra, il romanzo rappresenta la disgregazione di quel mondo e l'impossibilità dei suoi valori. Se nella prima fase del verismo di Verga si nota una componente di nostalgia romantica per la realtà arcaica della campagna, i Malavoglia segnano il rovesciamento irreversibile di tali tendenze. [vagheggiamento della civiltà contadina vista come Eden di innocenza e ingenuità,antidoto alla corruzione della città] Il romanzo I Malavoglia non é semplice costatazione della fine di un mondo bensì é la lucida affermazione che quel mondo è un mondo mitico, non è mai esistito; il mondo moderno, il mondo del “progresso”, anche prima di queste forze disgregatrici era dominato dalla legge della lotta per la vita; tale legge infatti, per Verga, regola ogni tipo di società in ogni tempo e ad ogni livello di scala sociale (verismo pessimista). Il mondo popolare presentato non è formato solamente da protagonisti fedeli ai valori puri e disinteressati ma anche dall’ avarizia disumana dell'usuraio, dall’attaccamento alla proprietà di padron Cipolla, dalla doppiezza priva di scrupoli di Piedipapera, dalla malignità pettegola di Zuppidda, dall’avidità della Vespa e dal cinismo di Don Silvestro. Non è presente una forte idealizzazione all’interno del romanzo, Verga rappresenta la vita popolare nelle sue componenti reali; tuttavia l’autore non riesce a rinunciare a certi valori, costruendo quindi una “zona franca”, immune da quelle tensioni, sapendo allo stesso tempo però che quei valori sono ben lontani dalla realtà, irrealizzabili. Quel mondo arcaico, sconvolto dalla modernità, risulta già lacerato al suo interno dai suoi stessi conflitti e tensioni. LA COSTRUZIONE BIPOLARE DEL ROMANZO ma non arriva a praticarli fino in fondo. La generosità e i bisogni affettivi sono sopraffatti dall’attenzione gelosa all’interesse economico, dal calcolo cinico, dal festo privo di scrupoli. La roba è il fine primario della sua esistenza e ciò lo porta ad essere disumano negandosi da solo i valori. Questi comportamenti evidenziano il fatto che in verga non vi è più alcuna tentazione idealistica poiché non può introdurre a forza nel contesto della lotta per la vita dei personaggi interamente positivi. Il comportamento della logica economica, del comportamento egoistico diviene l’unico modello che governa il quadro respingendo i valori disinteressati. Scompaiono totalmente i residui dell’idealismo romantico, Verga approda ad un verismo rigoroso e il pessimismo diviene assoluto tanto da impedirgli di rappresentare qualsiasi alternativa alla realtà dura e disumanizzata. LA CRITICA ALLA “RELIGIONE DELLA ROBA” Il risultato della scelta di Gesualdo in favore della logica della roba è una totale sconfitta umana, lui è deluso nelle sue aspirazioni a relazioni umane autentiche tanto che arriva a morire da solo. Dalla sua lotta epica per la roba e dall'energia che ha impiegato per la sua ascesa ha ricavato solo odio, amarezza e dolore a cui si aggiunge il tumore allo stomaco che lo corrode. Proprio perché conserva in sé affetti autentici, può assumere coscienza del totale fallimento e trarne un desolato bilancio. Per Gesualdo si può delineare una nuova “religione”, la “religione della roba”, in cui la critica attuale ha messo bene in luce come tale “religione” sia esclusivamente di Gesualdo e non di Verga, difatti l’autore la propone in luce fortemente critica l’accanimento del personaggio nell’accumulare ricchezza.Anche qui Verga si pone in maniera problematica rispetto alla materia, da un lato riconosce lo sforzo eroico del personaggio, dall’altro l’autore evidenzia il rovescio negativo di tutto ciò: l’alienazione della roba, l'insensatezza di una fatica che attira solo odio e dolore, e ha come unico sbocco la morte. Gesualdo viene visto come un vincitore materiale, ma un vinto dal punto di vista umano. Gesualdo viene rappresentato come un self-made man, che costruisce da sé il proprio destino, seguendo quindi questa nuova fase della storia e del progresso. Secondo Verga il processo che porta alla modernità è inevitabile e necessario, e l’autore si limita ad analizzare la situazione con occhio lucido e fermo. L’ULTIMO VERGA Dopo il Gesualdo Verga lavora a lungo a più riprese al terzo romanzo del ciclo la Duchessa di Leyra, mai portato a compimento. T1 SANITÀ RUSTICANA E MALATTIA CITTADINA P318 È una lettera a Capuana del 14 marzo 1879, Verga è già a buon punto della stesura dei malavoglia (che recano ancora il titolo provvisorio Padron ‘Ntoni) e comunica l’amico gli intenti che lo guidano nel lavoro visione romantica del mondo della campagna (mondo popolare e rurale, sereno raccoglimento, autenticità) opposizione campagna/città (passioni turbinose e bisogni fittizi della vita cittadino- borghese e freschezza e serenità della campagna). rappresentazione a distanza: Verga non desidera presentare una visione nostalgica bensì un quadro attraverso un filtro intellettuale. ricostruzione della realtà punto di vista straniante T2 IMPERSONALITÀ E REGRESSIONE P320 Tratto dalla Prefazione al racconto L'Amante di Gramigna, sotto forma di lettera indirizzata a Salvatore Farina, romanziere e giornalista direttore della “Rivista Minima” a Milano su cui il racconto fu pubblicato per la prima volta nel 1880 (fu poi raccolto in Vita dei Campi nello stesso anno). Farina era contrario alle tendenze veriste e per questo Verga tenta di persuaderlo. Di seguito edizione definitiva ‘97. Parla dei punti fondamentali della sua poetica: -rifiuto della drammaticità e del romanzesco -impersonalità: eclisse dell’autore, fatti nudi e schietti che affiorano da sè -regressione del punto di vista narrativo: scomparsa del narratore tradizionale portavoce dell’autore -riduzione del racconto all’essenziale no analisi psicologiche -rapporti causa effetto nei processi psicologici: ricostruzione scientifica, consequenzialità logica impianto naturalistico, mentalità positivista , ragione costruisce e domina T3 FANTASTICHERIA P328 La novella fu scritta sicuramente prima del 1878 e pubblicata per la prima volta sul "Fanfulla della domenica” nel 1879, in seguito fu raccolta in Vita dei campi nel 1880. L’autore si rivolge in forma di lettera a una dama dell’alta società che, fermatasi nel villaggio di Aci Trezza, perchè affascinata da quel mondo pittoresco di pescatori, dopo 48 ore fugge annoiata proclamando impossibile viverci per tutta una vita. Poi ilnarratore tramite flashback e viaggi nel tempo descrive gli abitanti di Aci Trezza, pescatori, e i loro valori. idealizzazione del mondo rurale critica dell’alta società ideale dell’ostrica: gli abitanti di Aci Trezza non vogliono staccarsi dallo scoglio per nessuna ragione, come le ostriche. Quando tuttavia decidono di farlo, vengono inghiottiti dal mare che li porta via. presentazione blanda personaggi malavoglia (laboriosi, si danno da fare); manca il coro del paese (narratore popolare = logica dell’utile, egoismo, lotta per la vita, insensibilità cinismo) finale: celebrazione pace serena, sentimenti semplici incertezza tra vagheggiamento romantico e rappresentazione arida verista assenza della regressione, voce narrante = Verga stesso + atteggiamenti polemici e moralisti + pietà umanitaria T4 ROSSO MALPELO Pubblicato per la prima volta sul “Fanfulla” nel 1878; raccolto in Vita dei campi 1880 inaugura la fase verista Malpelo é odiato da tutti per via dei suoi capelli rossi che erano sinonimo di cattivera e malvagitá, tranne che dal padre, Mastro Misciu, chiamato la Bestia con il quale ha un bel rapporto. Anche lui lavora nella cava ed un giorno il padrine lo incarica di fare un lavoro pericoloso, abbattere un vecchio pilastro, che gli altri operai rifiutano di fare, ma lui ha bisogno di soldi. Il pilastro cade addosso all’uomo, Malpelo scava per cercare di salvare il padre ma quando arrivano i soccorsi ormai è troppo tardi. Nella cava arriva Ranocchio un ragazzino che si è lussato la gamba ed è quindi zoppo. Malpelo lo prende subito di mira, picchiandolo: Ranocchio deve capire che la vita é dura. In realtà però Malpelo vuole molto bene a Ranocchio e spesso gli porta il cibo e lo aiuta nei lavori più difficili. Quando viene recuperato il cadavere di Mastro Misciu Malpelo decide di tenere tutti gli strumenti del padre con cura, Malpelo non vuole vendere gli strumenti perchè, secondo il narratore, sono nuovi ma in realtà perchè erano del padre. Purtroppo Ranocchio muore di Tisi. Malpelo è sempre più solo e finisce per sparire nella cava dopo che gli era stato assegnato il compito di esplorare la galleria sconosciuta. Questo finale riporta lo sguardo sul narratore inattendibile che è Verga, crede alla leggenda dei bambini che spariscono nelle gallerie e rimangono per sempre lì, il narratore produce un effetto straniante. Ciò che è visto strano al nord è normale al sud, il narratore estraniante rende normale qualcosa di orribile, il finale è una via di mezzo tra lo straniamento e la realtá. regressione+impersonalità: narratore popolare a livello dei personaggi, logica storpiata, pregiudizio superstizioso, mentalità primitiva, narratore inattendibile, deforma gli eventi punto di vista rovesciato dei minatori (scava per trovare il padre si ferma non perché il diavolo sussurra ma cerca di udire la sua voce; culto arnesi gli manca il padre; cerca di istruire Ranocchio con la forza, come era stato abituato per non farlo soffrire e non per tiraneggiarlo) La funzione dello stravolgimento della figura di Malpelo = pur essendo cresciuto in un ambiente disumano ha conservato valori autentici e disinteressati come la pietà affettiva, il senso della giustizia, l’amicizia, la solidarietà altruistica. Il punto di vista basso del narratore che deforma la sua immagine è l’espressione dello straniamento (far apparire strano e incomprensibile ciò che in realtà dovrebbe essere normale). Il narratore è portavoce di un mondo disumano governato dall’interesse, dalla lotta per la vita e dalla forza.
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