Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Verismo: Capuana e Verga, Appunti di Italiano

Verismo: caratteristiche, Capuana: l'impersonalità, Verga: vita, tecnica narrativa, ideologia, pessimismo, Vita dei campi (Fantasticheria, Rosso Malpelo), Il ciclo dei vinti (Malavoglia, Mastro-don Gesualdo), Novelle rusticane (La roba)

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 01/07/2024

anna-mirandola
anna-mirandola 🇮🇹

24 documenti

1 / 11

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Verismo: Capuana e Verga e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Il Verismo La Diffusione Del Modello Naturalista L'immagine di Zola che si diffuse in Italia fu quella del romanziere scienziato, nonché dello scrittore "sociale". Furono infatti in primo luogo gli ambienti culturali milanesi di sinistra a diffondere e ad esaltare la sua opera sin dai primi anni Settanta (Milano era la città più vicina per sviluppo economico e sociale agli ambienti stranieri). La sinistra milanese però rimase prigioniera delle sue aspirazioni confuse e velleitarie e dimostrò di non avere la forza culturale e l'altezza intellettuale necessarie per costruire una teoria artistica organica e coerente. La poetica di Capuana e di Verga Luigi Capuana, come critico letterario del "Corriere della Sera", ebbe una funzione fondamentale nel diffondere in Italia la conoscenza di Zola. In questi articoli si coglie unmodo di intendere la letteratura diverso da quello del Naturalismo francese. Capuana respinge la subordinazione della letteratura a scopi estrinseci, quali la dimostrazione "sperimentale" di tesi scientifiche e l'impegno politico e sociale. In questo concorda perfettamente con l'amico Verga. Nella prospettiva di Capuana, quindi, il Naturalismo perde la sua volontà di far scienza e il suo impegno politico diretto e si traduce solo in unmodo particolare di fare letteratura. La "scientificità" deve consistere nella tecnica con cui lo scrittore rappresenta la realtà, che è simile al metodo dell'osservazione scientifica. La scientificità simanifesta solo nella forma artistica (antipodi di Manzoni→ non sono d’accordo con la scelta del narratore onnisciente e gli interventi ai lettori). Questa maniera si riassume nel principio dell'impersonalità dell'opera d'arte, intesa come "eclisse" dell'autore, cioè scomparsa dal testo del tradizionale narratore che interviene, commenta e giudica: per questo l'impersonalità, come fatto formale, è ilmotivo centrale della poetica di Capuana e di Verga, in luogo dello "sperimentalismo" scientifico del Naturalismo francese. L’assenza Di Una Scuola Verista Il termine “verismo” è un’etichetta generica, che copre manifestazioni tra loro molto diverse. Il panorama del periodo del “verismo” offre una serie di esperienze che hanno tra di loro ben poco di simile. Gli scrittori più conosciuti del verismo sono: Matilde Serao, Paolo Valera, Mario Pratesi e il giovane d’Annunzio. Accanto a questa produzione si hanno gli esperimenti rigorosi di Verga che imposta una rivoluzionaria tecnica narrativa, come espressione di una visione della realtà pessimistica e materialistica. Luigi Capuana Scienza e forma letteraria: l’impersonalità Capuana segna nettamente le distanze rispetto al «romanzo sperimentale» di Zola. Questi era convinto di fare veramente, coi suoi romanzi, opera di scienziato, studiando l'ereditarietà e il determinismo ambientale. Capuana ritiene che, perseguendo un simile obiettivo, l'arte si snaturerebbe, trasformandosi in qualcosa di estraneo. Per lui la letteratura non deve diventare scienza ma restare letteratura e perseguire i propri fini artistici. La letteratura potrà avvicinarsi allo spirito della scienza, che domina nei tempi moderni. Questa maniera si riassume nel principio dell'impersonalità, intesa come scomparsa dell'autore dall'opera, cioè soppressione di quell'intervento soggettivo, mediante commenti e giudizi. - “Nei romanzi di Balzac, questo sparire dell’autore avviene ad intervalli”→ con Verga sempre - “Ma non c’è voluto meno talento per rendere vive quelle povere creature di pescatori, quegli uomini elementari attaccati, come le ostriche, ai neri scogli di lava della riva di Trezza”→ riferimento ai personaggi dei Malavoglia Giovanni Verga La vita ● Catania, 1840 ● famiglia di agiati proprietari terrieri, con ascendenze nobiliari ● primi studi: maestri privati (Antonino Abate)→ patriottismo e gusto letterario romantico (dati fondamentali della sua formazione) ● Facoltà di Legge a Catania→ non terminò i corsi, preferendo dedicarsi al lavoro letterario e al giornalismo politico ● gusto per gli scrittori francesi moderni di vasta popolarità, ai limiti con la letteratura di consumo ● 1865: Firenze ● 1872: Milano→ centro culturale più vivo della penisola e più aperto alle sollecitazioni europee ○ Scapigliatura ○ 1878: svolta verso il Verismo, con la pubblicazione del racconto Rosso Malpelo ■ 1880: novelle di Vita dei campi ■ 1883: Novelle rusticane ■ 1881: primo romanzo del ciclo dei Vinti, I Malavoglia, poiMastro-don Gesualdo, La Duchessa de Leyra, ma non riesce a portarlo a termine. Il quarto e quinto libro che Verga aveva designato di scrivere ma che non porterà a termine sono l’Onorevole scipione e l'Uomo di lusso ● 1893: Catania ● 1903: si chiude in un silenzio totale. Vita dedicata alla cura delle sue proprietà agricole ed è ossessionata dalle preoccupazioni economiche ● scoppio della Prima guerra mondiale: interventista ● dopoguerra: nazionalista, con sostanziale distacco da ogni interesse politico militante ● 1920: senatore ● 1922: muore I romanzi preveristi: - Storia di una capinera: romanzo di un amore impossibile e di una monacazione forzata→ successo duraturo - Eva - Eros - Tigre reale Si iscrivono in un clima tardo-romantico, rappresentando ambienti aristocratici (o bohème aristocratica), scritti con un linguaggio enfatico ed emotivo. I temi predominanti nei primi romanzi sono: ● temi patriottici: Amore e Patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune ● temi mondani: Storia di una capinera e Una peccatrice La svolta verista Dopo un silenzio di tre anni, 1876, nel 1878 esce un racconto che si discosta fortemente dalla materia e dal linguaggio della sua narrativa anteriore: Rosso Malpelo, la storia di un garzone di miniera che vive in un ambiente duro e disumano, narrata con un linguaggio nudo e scabro, che riproduce il modo di raccontare di una narrazione popolare. La prima opera è della nuova maniera verista, ispirata ad una rigorosa impersonalità. Già nel 1874 Verga aveva pubblicato un bozzetto di ambiente siciliano e rusticano, Nedda, che descriveva la vita di miseria di una bracciante; ma il racconto non può essere considerato un preannuncio della svolta. Con la conquista delmetodo verista Verga non vuole affatto abbandonare gli ambienti dell'alta società per quelli popolari. Anzi, come afferma nella prefazione ai Malavoglia, si propone di tornare a studiarli proprio con quegli strumenti più incisivi di cui si è impadronito. Le «basse sfere» non sono che il punto di partenza del suo studio dei meccanismi della società, poiché in esse tali meccanismi sono meno complicati e possono essere individuati più facilmente. Poi lo scrittore intende applicare via via il suometodo anche agli strati superiori, sino al mondo dell'aristocrazia, della politica, dell'alta intellettualità. La poetica dell'impersonalità Nel 1879, pubblicando la novella L'amante di Gramigna, Verga aveva avuto modo di esporre i suoi intendimenti nella lettera dedicatoria a Farina. Secondo la sua visione, la rappresentazione artistica deve conferire al racconto l'impronta di cosa realmente avvenuta; per far questo deve riportare «documenti umani»; ma non basta che ciò che viene raccontato sia reale e documentato: deve anche essere raccontato in modo da porre il lettore «faccia a faccia col fatto nudo e schietto». Per questo lo scrittore deve "eclissarsi" e «mettersi nella pelle» dei suoi personaggi, «vedere le cose coi loro occhi ed esprimerle con le loro parole». In tal modo la suamano «rimarrà assolutamente invisibile» nell'opera, tanto che l'opera dovrà sembrare «essersi fatta da sé», «esser sorta spontanea come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore». Il lettore avrà l'impressione di assistere a fatti che si svolgono sotto i suoi occhi. A tal fine il lettore deve essere introdotto nel mezzo degli avvenimenti e i personaggi devono farsi conoscere attraverso le loro azioni/parole. Come si vede, la teoria dell'impersonalità è solo un suo personale programma di poetica, la definizione di un procedimento tecnico, di un modo di dar forma all'opera, di conseguire determinati effetti artistici, cioè di far sì che non si avverta nel narrato la presenza dell'autore. È solo un procedimento espressivo. ● paragone con le formiche: la dama scaccia le formiche→muoiono o ritornano al lavoro = cittadini di Aci Trezza: dopo le disgrazie (brutto tempo) ritornano al lavoro (riga 22) ● la dama non capisce questo mondo perché non lo guarda attraverso il microscopio ciò che avviene (righe 26-30) ● povera donna = Longa (riga 35) ● nespolo→ casa del nespolo (riga 37) ● quel vecchietto = padron ‘Ntoni (riga 54)→ voleva morire nella sua casa, vicino alla sua famiglia, ma dovette morire in ospedale, solo (critica al progresso) ● bianco = ospedale, nero = casa ● quella ragazza = Mena (riga 72) ● avea trasportato uno dei suoi fratelli fin nelle carceri di Pantelleria = ‘Ntoni che dovette partire per la leva obbligatoria→ critica all’unità d’Italia (righe 80-81) ● Lissa = battaglia navale persa dove morì anche Luca (riga 82) ● l’altro = Bastianazzo (riga 88) ● ideale dell’ostrica: le ostriche stanno attaccate agli scogli per sconfiggere il mare, così come i contadini devono rimanere in quella classe sociale senza cercare di modificare il loro ceto perché porta ad un fallimento. L’unica rassegnazione sono i valori come la famiglia, la religione e il lavoro (righe 112-116, 127-129) IN BREVE I PERSONAGGI ● il vecchio padron ‘Ntoni (definito come il vecchietto al timone della barca), ● la Longa, ● ‘Ntoni, ● Luca (cenno alla battaglia navale di Lissa), ● Mena (descritta come la ragazza che faceva capolino dietro ai vasi di basilico in attesa del suo innamorato Alfio Mosca) ● Lia (che finirà nella grande città e andrà in rovina). Rosso Malpelo Il racconto di Giovanni Verga dal titolo Rosso Malpelo viene pubblicato per la prima volta nel 1878 e riunito in “Vita dei Campi” nel 1880. I protagonisti sono persone di bassa estrazione sociale, costretti ogni giorno a lottare per conquistare il proprio posto nel mondo. La grande novità lanciata da Verga con questi racconti è che i personaggi parlano in prima persona, egli utilizza infatti il discorso indiretto libero, lasciando inespresso il suo giudizio di narratore. Inizia con questi racconti infatti la grande rivoluzione del Verismo italiano che continuerà per tutta la fine dell’Ottocento. Un tema preponderante della raccolta è l’esclusione dalla società, la diversità dei protagonisti. Emblematico è infatti il caso di Rosso Malpelo, la prima novella della raccolta. È un ragazzo la cui caratteristica è quella di avere i capelli rossi e per questo diventa la vittima della società che ha da sempre creduto alla triste superstizione che vede in queste persone portatori di sfortuna. Egli è quindi perseguito socialmente. Malpelo e la gente Malpelo si chiama in questo modo perché nato con i capelli rossi: secondo le leggende popolari sono segno di cattiveria, quindi tutti diffidano di lui e persino sua madre dimentica il suo nome di battesimo. Non si fida del figlio, e quando torna a casa lo accoglie picchiandolo assieme alla sorella maggiore. Si vergogna anche di farlo vedere in giro. Il ragazzo è forte e sano, ma è testardo e aggressivo, e ama vendicarsi di soppiatto, prendendosi la colpa di tutto anche quando non c'entra nulla, mantenendo sempre il suo stato di fiero orgoglio e disperata rassegnazione. Lavora con il padre, Mastro Misciu Bestia, in una cava dove si estrae la rena a Monserrato. Lui e il figlio sono molto legati: Misciu è l'unico ad avergli mai dato affetto, e Malpelo, appena gli altri operai deridono il pover'uomo, lo difende. La morte di Mastro Misciu Bestia Un giorno il padre deve terminare un lavoro preso a cottimo, per eliminare un pilastro dalla cava, malgrado sia molto pericoloso. La sera tardi, mentre Malpelo gli sta dando una mano, mettendo al sicuro il piccone, il fiasco del vino e quant'altro, il pilastro cade all'improvviso addosso al genitore. Nessuno fa caso al figlio, che inutilmente scava nella rena lacerandosi le unghie nello sforzo di salvarlo. Da allora: Non volle più allontanarsi da quella galleria, e sterrava con accanimento, quasi ogni corbello di rena lo levasse di sul petto a suo padre [...] Dopo la morte del padre pareva gli fosse entrato il diavolo in corpo... Sapendo che era Malpelo, ei s'acconciava ad esserlo il peggio che fosse possibile. Ranocchio Dopo qualche tempo, nella cava della rena viene a lavorare un ragazzino, piccolo e cagionevole, che prima faceva il manovale, ma aveva avuto un incidente per cui si era lussato il femore. Per il modo in cui cammina, lo soprannominano Ranocchio, e immediatamente diventa oggetto di sfogo di Malpelo, che lo tormenta in cento modi: lo picchia, lo insulta, e se Ranocchio non si difende, lui continua perché con la sua crudeltà vuole che impari a reagire. In realtà però Malpelo prova pietà per lui, nonostante cerchi di nasconderla, e spesso gli dà la sua razione di cibo pur di non farlo morire di fame, oppure lo aiuta coi lavori pesanti. Il cadavere di Misciu Una volta, riempiendo i corbelli, si ritrova una scarpa di Mastro Misciu Bestia, e alla notizia Malpelo si fa talmente prendere dall'ansia di scoprire anche il corpo del padre, che devono tirarlo su all'aria aperta, quasi come se stesse per morire di crepacuore. Dopodiché, va a lavorare in un altro punto della cava per non vedere altro. Infatti il cadavere viene rinvenuto, e la madre di Malpelo riesce a rimpicciolire i pantaloni e la camicia per adattarli a lui. Verga scrive: Malpelo se li lisciava sulle gambe, quei calzoni di fustagno quasi nuove, e gli pareva che fossero dolci e lisci come le mani del babbo, che solevano accarezzargli i capelli, quantunque fossero ruvide e callose. Le scarpe, poi, le teneva appese a un chiodo sul saccone, quasi fossero le pantofole del papa, e la domenica se le pigliava in mano, le lustrava e se le provava; poi le metteva per terra, ...e stava a guardarle... per delle ore intere, rimuginando chissà quali idee in quel cervellaccio. L'aldilà Quando un asino grigio muore di stenti e il carrettiere lo getta nella sciara, Malpelo, avidamente curioso, trascina Ranocchio con lui a vedere i cani mangiarselo. Allora immagina che la civetta che stride sulla sciara desolata si disperi per i morti che sono sottoterra, e che non può vedere. Secondo lui, la morte è la liberazione di tutto, e per i deboli sarebbe meglio non essere mai nati. Ranocchio invece gli spiega del Paradiso, il posto dove i vivi che sono stati brave persone vanno a riposare in eterno. L'altro però non gli crede e gli dice: "Tua madre ti dice così perché, invece dei calzoni, tu dovresti portar la gonnella!" Non molto tempo più tardi Ranocchio, il quale già deperiva da un po', si ammala di tubercolosi. Non va più a lavorare nella cava, e a nulla serve la minestra calda o i calzoni di fustagno prestatogli dal Rosso, a nulla serve metterlo accanto al fuoco o pregare per lui. Il giorno della sua morte, quando Malpelo va a casa sua e vede la mamma disperarsi, non capisce il suo dolore per la perdita del figlio; crede che in famiglia le persone valgano solo per ciò che guadagnano. Quindi immagina che la donna si lamenti perché ha sempre avuto un figlio così malridotto, mentre la sua, di madre, non ha mai pianto per lui perché non ha mai avuto timore di perderlo. Gli ultimi giorni e la fine di Malpelo La vedova di Mastro Misciu Bestia e la sorella di Malpelo si sposano entrambe e vanno a stare a Cibali, chiudendo la porta di casa e abbandonando completamente il ragazzo. La sua fine avviene in quella stessa cava, come per il padre, ma in modo diverso: Malpelo viene mandato ad esplorare un passaggio sotterraneo, e sparisce misteriosamente per non tornare mai più. La novella si chiude raccontando come i ragazzi della cava abbassano la voce quando parlano di lui nel sotterraneo, per paura di vederselo spuntare davanti nell'oscurità, "coi capelli rossi e gli occhiacci grigi". ● impersonalità: eclissi dell’autore ● personaggi: ○ Mastro Misciu: padre, muore nella solfatara ○ Asino: muore e, tramite la sua figura, si scoprono i valori di un tempo ○ Ranocchio: giovane malato protetto da Malpelo, nonostante i compaesani vedano il contrario ○ madre: ignora il figlio ed è diversa da quella di Ranocchio, la quale si preoccupa per il figlio ○ Malpelo: muore durante l’esplorazione di un sotteraneo ● linguaggio adeguato al soggetto e all’argomento, riprendendo anche strutture tipiche del dialetto siciliano ● amore: padre ● capelli rossi = brutta persona→ il narratore, essendo integrato nel popolo, ha la stessa visione, ma Verga autore non la pensa così ● Malpelo sogna di lavorare come manovale, carrettiere o contadino, ma fa lo stesso mestiere del padre perché non ci può essere riscatto sociale ● carcame: usato per indicare il cadavere del padre e dell’asino Il lavoro dei fanciulli nelle miniere siciliane autore: Leopoldo Franchetti, Sidney Sonnino opera: Inchiesta in Sicilia A suffragare le ipotesi che Verga conoscesse l’Inchiesta concorrono i vari elementi del quadro tracciato in questi passi che ritornano in Rosso Malpelo: gli orfani trattati peggio degli altri perché privi di difesa, i ragazzi che vivono di «pane solo» e ricevono un po' di minestra soltanto quando tornano a casa, il fatto che molti bambini si ammalano o crescono storpi (si pensi a Ranocchio, che però è storpio perché caduto da un'impalcatura durante un precedente lavoro da muratore), il padre che ha riguardo per il figlio (che ricorda la tenerezza di mastro Misciu per Malpelo) Il Ciclo Dei Vinti Il titolo originale doveva essere Il ciclo della miseria. Ciclo perchè nasce seguendo l’impianto di Zola (Rougon-Macquart), doveva quindi essere una sorta di saga familiare in cui i romanzi sono collegati l’uno con l’altro, ad eccezione de L’uomo di lusso. Criterio unificante è il principio della lotta per la sopravvivenza, che lo scrittore ricava dalle teorie di Darwin: tutta la società, ad ogni livello, è dominata da conflitti di interesse, ed il più forte trionfa, schiacciando i più deboli. Verga però non intende soffermarsi sui vincitori di questa guerra universale e sceglie come oggetto della sua narrazione i «vinti». Al ciclo viene premessa una prefazione che chiarisce gli intenti dello scrittore: nel primo romanzo, I Malavoglia, si tratta della semplice «lotta per i bisogni materiali»; in quelle «basse sfere» ilmeccanismo sociale è meno complicato e «potrà quindi osservarsi con maggior precisione». Nei romanzi successivi sarà analizzata questa «ricerca del meglio» nel suo progressivo elevarsi attraverso le classi sociali, dall'avidità di ricchezza nella borghesia di provincia (Mastro-don Gesualdo) alla vanità aristocratica (La Duchessa de Leyra), all'ambizione politica (L'onorevole Scipioni) e artistica (L'uomo di lusso). Anche lo stile e il linguaggio devonomodificarsi gradatamente in questa scala ascendente e ad ogni tappa devono avere un carattere proprio, adatto al soggetto. Ne I Malavoglia, che rappresentano le «basse sfere», il narratore si adegua alle categorie mentali e al linguaggio dell'ambiente popolare, mentre nel Gesualdo si innalza, in corrispondenza di ambienti sociali più elevati. Come sono interconnessi i romanzi: Mastro-don Gesualdo (4) sposa la nobile bianca Trau, dalla loro unione nasce Isabella (da un episodio di infedeltà). Isabella ha una relazione con il cugino nobile ma povero (protagonista de L’uomo di lusso (5). (2) impedisce le nozze e nonostante lei sia già incinta la fa sposare con il duca di Leyra, da qui nasce il romanzo la duchessa di Leyra (3) che vede come protagonista Isabella. Il figlio della colpa è protagonista del quarto romanzo l’onorevole Scipioni (4). I “vinti” e la “fiumana del progresso” Prefazione de I Malavoglia e che funge da prefazione all’intero ciclo dei Vinti. Il primo paragrafo è dedicato specificamente al primo romanzo del ciclo, I Malavoglia, ed indica il tema cioè la rottura dell'equilibrio di un mondo tradizionale e immobile, quello di una famiglia di un piccolo villaggio di pescatori per l'irrompere di forze nuove, l'insoddisfazione dello stato attuale. Nel paragrafo successivo lo sguardo si allarga al complesso dei romanzi del ciclo. Anche qui al centro dell'attenzione si pone la «fiumana (fiume ingestibile) del progresso» (r. 5), cioè il grande processo di trasformazione della realtà contemporanea, in particolare dell'Italia, che si sta avviando, dopo l'Unità, ad un'organizzazione economica e sociale moderna. Evidente è l’impostazione materialistica, che esclude i moventi "ideali" dall'agire dell'uomo, o li considera subordinati a quelli materiali. Tipicamente naturalistico è vedere i processi sociali e psicologici come un «meccanismo», semplice e facile da studiare nei ceti bassi e sempre più difficile nei ceti più alti della società. Il terzo paragrafo contiene invece le fondamentali prese di posizione ideologiche dello scrittore di fronte all'oggetto del suo ciclo, la «fiumana del progresso». Verga non partecipa a quella mitologia del progresso che era dominante nell'opinione comune della sua epoca. In chiusura della Prefazione si colloca un'altra affermazione di capitale importanza: «Chi osserva questo spettacolo [della «lotta per l'esistenza»] non ha il diritto di giudicarlo» (r. 53) ed inoltre ogni scena va rappresentata con i “colori adatti”→ ogni romanzo del ciclo deve usare una forma che risponda al livello sociale rappresentato. I Malavoglia L’intreccio Il primo romanzo del ciclo è I Malavoglia (1881), la storia di una famiglia di pescatori siciliani, i laboriosi e onesti Toscano, chiamati "Malavoglia" poiché nell'uso popolare i soprannomi sono spesso il contrario delle qualità di chi li porta. Essi vivono nel paesino di Aci Trezza, posseggono una "casa del nespolo" e una barca, la sbrigato ad arenare la barca, la Provvidenza (rappresenta il lavoro), per salutare il figlio, ma non aveva fatto in tempo. Il giorno seguente andarono tutti alla stazione a vedere il treno che passava portando via i giovani per la leva militare. La Longa salutò il figlio, ma rimase delusa perché per ultimo salutò la Sara di comare Zudda, e da quel giorno lei non le rivolse più la parola. I Malavoglia e la dimensione economica Luca Malavoglia parte per il servizio militare. Nel frattempo la Provvidenza è finalmente riparata da compare Zuppiddu e può di nuovo prendere il largo: i Malavoglia sperano quindi di far buona pesca e non dover vendere la casa. Pare anche che Mena possa sposarsi con il ricco Brasi Cipolla. ‘Ntoni, scontratosi violentemente con Piedipapera per il debito da estinguere, chiede di sposare Barbara Zuppidda, ma padron ‘Ntoni gli nega il permesso, sia a causa dei problemi economici sia perché prima deve sposarsi Mena. In paese invece si assiste a una ribellione contro la dirigenza (e in particolare contro Don Silvestro) per l’aumento il prezzo del sale della pece. La conclusione del romanzo: l’addio al mondo pre-moderno Padron ‘Ntoni è ormai vecchio e malato, ma Mena e Alessi non vogliono portarlo in ospedale e farlo morire lontano da casa sua. Comprendendo la situazione padron ‘Ntoni chiede ad Alfio Mosca, che è ritornato in paese, di portarlo in ospedale in un momento in cui i due nipoti sono assenti. Alessi si sposa con la Nunziata, che amava sin da ragazzino e riscatta la casa del nespolo, pur a prezzo di durissimi sacrifici. Padron ‘Ntoni muore prima che possano portarlo a casa. Alfio Mosca chiede la mano di Mena ma la ragazza rifiuta perché ormai ha già ventisei anni e la storia di Lia ha fatto sprofondare la famiglia nel disonore. Così Mena si ritira a curare i figli di Alessi e Nunziata. Una notte si presenta a casa ‘Ntoni, da poco uscito dal carcere, Alessi gli propone di restare ma ‘Ntoni sceglie amaramente di andarsene prima del sorgere del sole. Novelle Rusticane La Roba La tecnica narrativa che apre la novella è quella della narrazione indiretta per presentare la ricchezza del personaggio principale: un viandante che attraversa la pianura di Catania, lungo la strada che costeggia il Lago Lentini, contempla stupito la vastità delle proprietà di Mazzarò. Poi lo stesso Mazzarò ci viene descritto seguendo un profilo sia fisico (basso e con una grossa pancia) che psicologico, e quest’ultimo viene ben delineato grazie al racconto di come l’uomo abbia accumulato tanta "roba". Mazzarò è un uomo che ha sacrificato tutto nella sua vita, con fatica, perseveranza e ostinazione per accumulare più beni materiali possibili, ma è incapace di godere dei benefici che possono scaturire da tanta ricchezza. Non ha famiglia, vive in condizioni di povertà per non sprecare le sue ricchezze, lavora come un mulo nei campi. Non ha vizi, non ha amici. Ha allontanato tutti nella sua vita, per paura che potessero sottrargli la sua roba. La sua ribalta da povero bracciante sfruttato e sottopagato a proprietario di tutti i beni che sottrae quello che una volta era il suo padrone è un’ascesa sociale sterile. La sua scalata riesce grazie al sacrificio e alla furbizia, ma una volta guadagnata una posizione migliore, l’uomo sembra mandare in fumo ogni possibilità di crescita personale. Sleale nei confronti di chi lavora per lui e ossessionato dall’accumulo della ricchezza, Mazzarò vive nel terrore della morte: che fine faranno i sacrifici e i traguardi di una vita intera quando morirà? Durante la sua vecchiaia Mazzarò si rende conto di quanto vuota e povera sia, in senso metaforico, la sua vita, e dunque il suo attaccamento ai beni materiali diventa, se possibile, ancora più tossico. Non avendo eredi né conoscenti, va in fumo anche la possibilità di trasferire i suoi beni a qualcuno. Il pensiero di non poter portare con sé i suoi beni nella vita ultraterrena lo fa addirittura impazzire e il testo si conclude con una scena pietosa e indimenticabile: lui che vaga nei campi, accecato dalla follia, distruggendo raccolti e colpendo animali e gridando "Roba mia, vientene con me!” Il Mastro-don Gesualdo È il secondo romanzo del ciclo dei Vinti. Si svolge nei primi decenni dell’800, Italia preunitaria, ed è ambientato nella cittadina di Vizzini, Catania. ● Gesualdo Motta: semplice muratore→ accumula una fortuna coronata con il matrimonio con Bianca Trao, nobile in rovina ○ matrimonio = stringere legami con tutti quelli che contano dell’aristocrazia ○ in realtà→ escluso dalla società nobiliare ■ disprezzo: “don” (appellativo destinato ai signori) e “mastro” (provenienza umile→ muratore) ■ anche la moglie non lo ama (orrore, respinto) ● nasce una bambina, Isabella, frutto della relazione tra Bianca e un cugino, prima del matrimonio ○ Isabella respinge il padre per le sue umili origini ● Gesualdo disprezzato dal padre per la sua fortuna ● Isabella si innamora di un cugino povero e fuggono insieme ○ Gesualdo la dà in moglie al duca di Leyra, nobile squattrinato ● Gesualdo si ammala di cancro al piloro ● viene accolto a Palermo dalla figlia e dal genero, ma lasciato in disparte ○ la figlia non lo ama ● ultimi giorni in solitudine e muore sotto lo sguardo di un servo infastidito L’impianto narrativo ● fedele al principio dell’impersonalità→ narratore interno al mondo rappresentato ● no ambito popolare, ma borghese e aristocratico ○ livello del narratore più alto e coincide con quello dell’autore ● narratore ha uno sguardo lucido e critico ● Gesualdo è una figura di protagonista→ narrazione focalizzata su di lui ○ punto di osservazione = sua visione ○ discorso indiretto libero per rappresentare i suoi pensieri L’interiorizzarsi del conflitto valori-economicita ● Gesualdo ha bisogno di relazioni umane autentiche→ culto della famiglia, rispetto per il padre, amore per la moglie e la figlia, ma tutto questo è sempre soverchiato dall’attenzione all’interesse economico (“roba” = fine primario della sua esistenza)→ rifiuta Diodata per sposarsi con un’aristocratica ○ la logica dell'economicità è l’unicomodello di comportamento ● il pessimismo ora è assoluto: no alternativa ideale alla dura realtà La critica alla "religione della roba” ● è una totale sconfitta umana che gli ha ricavato solo odio, amarezza e dolore (cancro allo stomaco) ● Gesualdo ≠Mazzarò ○ Mazzarò non era in grado di rendersi conto della sua inevitabile sconfitta di fronte alla morte, tanto da voler portare con sé la roba nell’aldilà ○ Gesualdo è consapevole del suo fallimento negli affetti e trarre alla fine un desolato bilancio ● Gesualdo ha una volontà ferrea, un’energia infaticabile, ma Verga sottolinea l’alienazione della “roba”, le sofferenze provocate di una fatica che attira solo odio e dolore e ha come unico sbocco la morte ○ è un vincitore materialmente, ma un vinto sul piano umano ○ può essere considerato un self-made man che si costruisce il proprio destino, ma il processo che lo porta alla modernità è necessario La morte di mastro-don Gesualdo Colpito dalla malattia, Gesualdo è accolto a Palermo dal genero e dalla figlia: qui trascorre gli ultimi giorni della sua vita come un intruso, relegato in disparte, servitù lo disprezza e osserva dalla sua finestra come i frutti del suo sacrificio venivano sperperati inutilmente. Nella prima parte predomina il suo punto di vista. Sta molto male e osserva gli altri divertirsi e ripensa a quanto fosse difficile la vita da muratore. Risalta il contrasto tra i due modi di vivere incompatibili. Gesualdo giudica in base ai valori borghesi di laboriosità, mettendo in luce i lati negativi, la sterilità dell’aristocrazia, che sperpera soldi. Vuole parlare con la figlia perché vuole che custodisca i suoi averi e di darne un po’ a coloro che hanno fatto dei lavori per lui. D’improvviso peggiorò rapidamente e tentando di chiamare il servo per dirlo alla figlia, quest’ultimo lo ignora lasciandolo morire solo. Il servo è incurante di ciò che gli è appena successo, tanto che non chiama la figlia quando è morto, anzi va a vestirsi e fumare. Per il servo è come una liberazione tanto che esclama “grazie a dio”. Non c’è alcun rispetto nemmeno da parte di coloro che vanno a visitarlo→ scherzano, ridono, disprezzo verso le sue origini. La novella finisce con “è roba di famiglia”, come nella novella di Mazzarò, sottolineando nuovamente l’importanza che questa aveva avuto nella vita di Gesualdo e viene chiamata la serva di Isabella.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved