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La Crisi della Repubblica Romana: Caio Mario, Silla e la Guerra Sociale, Sintesi del corso di Storia Romana

Storia della Repubblica RomanaStoria antica romanaStoria della guerra socialeStoria di Caio Mario, Silla, Pompeo e Cesare

La crisi politica e militare della repubblica romana alla fine del ii secolo a.c., caratterizzata da tensioni intestine e lotte per il potere. Vengono trattati i principali attori di questa crisi, come caio mario e lucio cornelio silla, e le guerre, come la guerra sociale. Il testo illustra come roma dovesse affrontare la resistenza di popoli italici e come la situazione si deteriorasse fino alla guerra civile.

Cosa imparerai

  • Che tipo di governo si instaurò a Roma in seguito alla crisi della Repubblica Romana?
  • Quali furono le conquiste di Pompeo Magno per Roma?
  • Quali furono le cause della crisi della Repubblica Romana tra il II secolo a.C. e il I secolo a.C.?

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 26/01/2019

carmen-rizzo
carmen-rizzo 🇮🇹

3.8

(4)

7 documenti

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Scarica La Crisi della Repubblica Romana: Caio Mario, Silla e la Guerra Sociale e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! VERSO LA CRISI DELLA REPUBBLICA CAP.6 L’ordinamento della repubblica romana, concepito per un piccolo stato e del tutto inadeguato a reggere un grande impero, tra la fine del II secolo a.C. e l’inizio del I secolo a.C. entrò in crisi: pur trattandosi ormai di una vera e propria compagine imperiale, le maggiori minacce alla solidità della repubblica provenivano dall’interno sottoforma di tensioni intestine sempre più aspre. I conflitti sociali irrisolti e la durissima lotta per il potere avevano creato in Roma un’atmosfera da guerra civile e la situazione non sembrava risolvibile con i tradizionali strumenti offerti dalle antiche istituzioni repubblicane. E’ proprio in questo clima che Roma, per difendersi, dovette abbandonarsi a uomini forti, generali o abili politici che imposero extra legem la loro autorità. La repubblica precipitò rapidamente verso forme di governo autoritario, non molto lontane dalla monarchia, grazie alle quali un solo individuo riusciva a guidare la politica della repubblica, a orientare il consenso e a contenere, spesso con ferocia, il dissenso. Questo processo di trasformazione si sarebbe concluso soltanto alla fine del I secolo, dopo un’estenuante stagione di conflitti interni e di contrapposizioni personali fra leader, con l’avvento di Augusto, con l’esperienza del principato e la nascita dell’impero. UOMINI FORTI E DERIVA MONARCHICA: IL SECOLO DELLE GUERRE CIVILI L’età graccana e il periodo immediatamente successivo avevano esasperato molti dei problemi che affliggevano la repubblica. Dilagavano malcostume e corruzione nelle amministrazioni. Cresceva il malumore degli alleati italici i quali dovevano fornire a Roma sforzo bellico e imposte senza però riuscire ad ottenere l’estensione della cittadinanza. Per risolvere i problemi dell’arruolamento, venne introdotta la coscrizione obbligatoria dei capite censi, cioè dei proletari fino ad allora esclusi dalla leva: il nuovo esercito fu composto di soldati di mestiere, professionisti stipendiati e compartecipi della divisione dei bottini di guerra e non più di cittadini prestati occasionalmente alla milizia. Non c’era più la vocazione personale alla difesa della repubblica a muovere il soldato, ma soltanto fedeltà al proprio generale il quale poi avrebbe garantito sostentamento alle loro famiglie. Altro dato fondamentale che segna il passaggio tra il II e il I secolo a.C. è la radicalizzazione del conflitto all’interno della classe dirigente fra la parte più tradizionalista (optimates: nobiltà senatoria che vuole difendere i privilegi acquisiti e salvaguardare le proprie ricchezze e i valori più autentici della tradizione) e la parte più riformista (populares: rappresentati principalmente dall’ordine equestre e dagli alleati italici, sono genericamente più sensibili ai temi cari agli strati più bassi della società romana e italica). Per entrambi le partes, ottimati e popolari, divennero strumenti “ordinari” quegli strumenti considerati fino ad allora illegali, che avrebbero minato significativamente la libertà della repubblica. CAIO MARIO E LA GUERRA SOCIALE Dopo la vittoria su Giugurta e i trionfi sui Cimbri e sui Teutoni, Caio Mario era l’uomo più potente di Roma. Ma le difficoltà non tardarono ad arrivare anche per lui. Infatti, dpo una serie di ribellioni, gli alleati italici nel 91 a.C. si sollevarono in massa (la cosiddetta Guerra Sociale): tutti i popoli del territorio appenninico insorsero contro Roma. Alcuni aspiravano alla cittadinanza, altri (in modo particolare i Sanniti) volevano recuperare la loro indipendenza. Per sconfiggere gli italici, Roma ricorse ai suoi migliori comandanti. Tuttavia non furono le armi a decidere le sorti della guerra: fra l’autunno del 90 e l’ 89 a.C. Roma emanò due leggi (lex Iulia de civitate e lex Plautia Papiria) che stabilivano il conferimento della cittadinanza a coloro che non erano scesi in guerra (Latini in primo luogo) e poi a coloro che avessero tempestivamente deposto le armi. Il conflitto si chiuse nell’89 a.C. con l’annientamento dei Sanniti. La Guerra Sociale fu un’esperienza determinante nel processo di romanizzazione: le città italiche, pur portatrici di tradizioni indigene, si adeguarono istituzionalmente e culturalmente alle modalità romane per trarne vantaggi politici, sociali ed economici. Le città si trasformarono in modo decisivo dotandosi di strutture e spazi pubblici, sociali e religiosi idonei al funzionamento della vita associata e alla piena fruizione del way of life squisitamente romano. SILLA PADRONE DI ROMA Nel pieno della crisi economica provocata dalla guerra sociale, il potere a Roma passò nelle mani di Lucio Cornelio Silla, un senatore rappresentante delle forze più conservatrici dell’aristocrazia. Silla fu eletto console nell’88 a.C. e non aveva seguito un regolare cursus honorum. Sarà lui a convincere, Bocco, il re dei mori, a consegnargli Giugurta. Silla si era dimostrato un comandante scaltro e coraggiosissimo tanto che seguì Mario anche nelle campagne contro i teutoni e i cimbri. Eletto console nell’88 a.C., Silla avviò una politica di restaurazione dei privilegi dell’aristocrazia senatoria al punto di sottrarre alla plebe alcune conquiste faticosamente ottenute in passato. Contro Silla si schierarono i popolari Sulpicio Rufo e lo stesso Mario. Mentre Romani e Italici erano impegnati nella guerra sociale, Mitridate VI Eupatore re del Ponto si mise a capo di una rivolta antiromana in Asia Minore. Inizialmente fu Silla ad essere incaricato di condurre le operazioni contro Mitridate, ma poi i comizi tributi decisero di trasferire il comando a Mario. Silla non si arrese e assicuratori il comando, partì per l’Asia per la prima volta i soldati della repubblica dovettero scegliere con chi combattere e la maggior parte di loro accettò di schierarsi dalla parte di Silla. Per la prima volta la città di Roma venne occupata da eserciti regolari impegnati ad affrontare la resistenza dei seguaci di Mario. Violazione del pomerium (spazio interno alla cinta sacra di Roma entro cui era vietato portare le armi = grande sacrilegio) spinse, anche simbolicamente, verso la guerra civile. Nell’87 a.C. Silla attacca Atene che si era schierata con Mitridate (erano infatti molte le città ellenistiche e orientali che mal tolleravano la condotta prepotente dei governatori romani) e per ricompensare i soldati lasciò la città in loro balìa: “Non si sa quanta gente uccisero ma il sangue corse a fiumi per le strade e inondò i suburbi” dice Plutarco. Intanto a Roma, in assenza di Silla, i mariani (Lucio Cornelio Cinna, Quinto Sertorio e lo stesso Mario che sarebbe morto di lì a poco nell’ 86 a.C.) si erano riorganizzati, provocando in città un succedersi di episodi delittuosi e di azioni di guerriglia civile Silla pone subito fino alla guerra contro Mitridate e nell’83 a.C. sbarca a Brindisi per dirigersi a Roma con 40.000 veterani Cinna si precipita incontro per fermarlo, ma viene ucciso dai soldati di Silla a Roma scoppia la rivoluzione. Silla viene proclamato dal figlio di Mario ( Mario il Giovane) nemico pubblico e gli invia un esercito per combatterlo. Ma molti si uniscono a Silla. Mario il giovane viene sonoramente battuto ha inizio un periodo di crudelitas: Silla ricorre alle liste di proscrizione. I senatori vengono scannati sui loro seggi, i mariani furono eliminati. La battaglia finale avrà luogo nell’82 a.C. nei pressi della Porta Collina dove gli Italici irriducibili (per lo più Sanniti) saranno sterminati, 8000 prigionieri furono massacrati, teste decapitate di generali furono issate su picchi e portate in processione sotto le mura di Preneste, ultimo bastione della resistenza popolare, che poco dopo si arrese. Mario si uccide e la sua testa viene issata nel Foro Silla diventa padrone di Roma e la capitale gli riserva un immenso trionfo: è acclamato come padrone e salvatore della patria. In suo onore è eretta la prima statua equestre in bronzo dorato che si fosse vista a Roma dove era tollerato soltanto rappresentare a piedi, mai a cavallo. Quella di Silla fu una vera e propria “restaurazione aristocratica”/ totalitarismo del dittatore/ culto della personalità : 1. Integra il senato con altri 300 membri 2. Impedisce l’iterazione nelle cariche prima che fossero trascorsi 10 anni (lex annalis) 3. Pone un limite alle spese delle famiglie più ricche (lex suntuaria) 4. Interviene nel campo edilizio 5. Introdusse nel calendario le “feste della vittoria di Silla) 6. Concesse la cittadinanza a stranieri (soprattutto spagnoli e galli) per colmare i vuoti provocati dalla guerra civile 7. Distribuì terre a oltre 10.000 veterani, specie a Cuma dove egli stesso aveva una fattoria 8. Abolì le distribuzioni gratuite di grano 9. Congedò ‘esercito decretando che da allora in poi nessuna forza armata potesse più bivaccare in Italia. Nel 79 Silla depone la sua carica e si ritira a vita privata, a Cuma. IL DECENNIO POST-SILLANO E L’ASCESA DI POMPEO L’assetto dato da Silla alla repubblica sopravvisse poco. Negli anni fra il 78 e il 70 a.C. Roma precipitò in una condizione permanente di guerra civile che si espase dal centro alla periferia dell’impero: ▲ In Spagna scoppia una ribellione guidata da Quinto Sertorio, seguace di Mario ▲ In Italia un gladiatore di origine trace, Spartaco, si mette a capo di una rivolta di schiavi, poveri, contadini … * ▲ in Etruria, bande di diseredati capeggiati da Marco Emilio Lepido si mossero in armi contro la repubblica. *in realtà l’ordine di reprimere la rivolta di Spartaco era stata affidata a Marco Licinio Crasso il quale però non era ancora console. A Pompeo toccò soltanto mettere a morte i 6000 prigionieri, tutti crocifissi sulla Via Appia. Di nuovo si verificò la pericolosa situazione della presenza a Roma di due personaggi spregiudicati, dotati di grandi poteri e di largo seguito, accampati con i loro eserciti fuori dal pomerium, entrambi ambizioni e per nulla intenzionati a farsi da parte in nome della sicurezza della città Gneo Pompeo & Marco Licinio Crasso Pompeo e Crasso decisero di allearsi e si candidarono entrambi al consolato per l’anno 70 a.C. e anche in questo caso ci fu un’irregolarità, dato che Pompeo non aveva ancora l’età per candidarsi. Entrambi avevano un passato Sillano ma smantellarono parte delle riforme di Silla. Dal momento che i fatti di cronaca lasciavano intendere una certa Tutte queste rivolte furono represse con difficoltà e spietata ferocia, grazie anche all’apporto di un giovane sillano, Gneo Pompeo, figlio di quel Pompeo Strabone che aveva concesso il diritto latino all’Italia settentrionale.
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