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Vestire le cappelle gentilizie a Roma e Firenze nel XVII secolo, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Appunti del corso Vestire le cappelle gentilizie a Roma e Firenze nel XVII secolo + integrazione con bibliografia assegnata. A.A. 2022/23

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 20/06/2024

benedetta178
benedetta178 🇮🇹

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Scarica Vestire le cappelle gentilizie a Roma e Firenze nel XVII secolo e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Qualche definizione: Cappella  Luogo, o stanza nelle Chiese dove si pone l’altare. Lat. Sacellum, aedicula, sacrarium Prende il nome dalla cappa di San Martino, il mantello del santo  lo sappiamo grazie al trattato liturgico di Guglielmo Durante del XIII secolo. Il diritto canonico prevedeva la forma del JUS PATRONATUS, cioè una forma giuridica che prevedeva una serie di DIRITTI e OBBLIGHI per coloro che acquistavano una cappella. -Il PATRONO di una cappella (chierici o laici, famiglie, corporazioni o confraternite) aveva il diritto di nominare il cappellano, ma anche la responsabilità di dotare la cappella di tutti gli strumenti necessari al suo funzionamento a partire dall’ALTARE, eventuali decorazioni pittoriche e scultoree, monumenti funebri e reliquiari. Ed è proprio questa responsabilità che ha fatto si che i mecenati abbiano edificato e decorato quelle magnifiche cappelle che oggi vediamo nelle più importanti chiese d’Italia. -La pratica di istituire e decorare cappelle nelle chiese cominciò a diffondersi nel corso del Duecento con l’insorgere delle chiese degli ORDINI MENDICANTI. -poteva essere collocata nella zona presbiteriale, nelle navate o anche essere ipogea (sotterranea); -poteva assumere la forma di un semplice altare addossato alla parete o essere un edificio grande quanto un’intera chiesa (pensate alle cappelle Paolina e Sistina in Santa Maria Maggiore). -Ciò che accomuna tutte le cappelle è la presenza di un altare il che implica il fatto che, pur essendo spazi privati, erano aperti al pubblico e alla pubblica devozione e si poteva andare a pregare o assistere ad una messa in una cappella pur non essendo membri della famiglia che aveva il giuspatronato sulla cappella stessa. -A seguito del Concilio di Trento (1545-1563), si segnala il volume di Carlo Borromeo del 1577  INSTRUCTIONUM FABRICAE ET SUPELLECTILIS ECCLESIASTICAE, l’unico trattato post-tridentino dedicato all’architettura. -Naturalmente il cardinale Borromeo nel suo testo si riferiva alla situazione della diocesi di Milano, di cui era vescovo, ma il suo testo ebbe così ampia diffusione e successo che le sue prescrizioni furono poi adottate in tutta Italia. Borromeo indicava come luoghi deputati per erigere e allestire le cappelle le braccia dei transetti o le pareti delle navate, ma con un’espansione verso l’esterno al fine di rispettare il corpo, la pianta originaria della chiesa. -Borromeo prescrive inoltre una certa simmetria nella disposizione delle cappelle e anche una sufficiente distanza tra l’una e l’altra in modo che un prete che officia in una cappella non disturbi la preghiera o la funzione in quella circonvicina. Inoltre questa distanza avrebbe consentito anche l’inserimento di finestre per l’adeguata illuminazione dei vani. -Chiaramente non sempre e non tutte le prescrizioni di Borromeo poterono essere applicate soprattutto quando ci si trovava di fronte ad una cappella preesistente che doveva essere ammodernata e non ad una cappella costruita ex novo in cui si poteva applicare tutte le prescrizioni borromaiche. - Cappella Frangipani, San Marcello al Corso - La chiesa di San Marcello al Corso ospita una serie di cappelle aristocratiche cinquecentesche. Tra queste, forse una delle più Il progetto del loro allestimento - posto su una parete divisa da lesene in tre sezioni verticali - sarebbe, secondo Panvinio, di Michelangelo, anche se l'attribuzione è stata messa in dubbio.²¹ Nel 1558, solo due anni dopo aver scritto il De gente Fregepania, Panvinio pubblicò la prima trascrizione annotata dei Fasti, intesa come ulteriore omaggio al suo protettore Curzio, in cui, attraverso la pubblicazione degli elenchi, intendeva dimostrare la sua discendenza dalla Gens Anicia.²² 1554  Curzio firma la concessione della cappella da parte dei frati della chiesa di San Marcello. Alla morte di Curzio nel 1554, però, fu il fratello Mario ad assumere il ruolo di realizzare la volontà del fratello rispetto alla nuova cappella  Mario si distinse nel campo della conservazione di sculture antiche. La storia della Cappella Frangipani Quella storia inizia con il padre di Curzio e Mario, Antonino, che viene descritto da Panvinio come un uomo di “modesta erudizione” ma molto pio e misericordioso. Al momento della sua morte, nell'ottobre del 1545, i suoi figli, lo fecero seppellire provvisoriamente in una cappella che da due secoli era di proprietà di quel ramo della famiglia Frangipani, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. ²⁶ Nel 1554, sebbene la cappella della Minerva fosse ancora in uso, Curzio e Mario decisero di costruire una nuova cappella per onorare i loro discendenti in un luogo diverso, strettamente legato alla famiglia Farnese. Quel luogo diverso era la chiesa di San Marcello, la quale, a partire dal Cinquecento, ospitò diverse cappelle appartenenti a personaggi e gruppi legati direttamente e intimamente alla cerchia di Paolo III e di suo nipote, il cardinale Alessandro. Tra questi la cappella della Confraternita del Santissimo Crocifisso, storicamente legata ai Farnese. Inoltre, i pittori coinvolti nella decorazione di queste quattro cappelle (dalla metà del Cinquecento circa) — Giovanni Paolo del Colle, Perin del Vaga, Daniele da Volterra, Francesco Salviati, Taddeo e Federico Zuccari — furono tutti sostenuti principalmente da Il mecenatismo farnesiano, insieme al fatto che San Marcello era circondato dalle residenze di questi familiari  la chiesa diventa roccaforte dei Farnese. Dall'inizio del pontificato di Paolo III (1534), infatti, i Frangipani furono tra coloro che sentirono l'attrazione del nuovo polo urbano farnesiano. 1556  inizia decorazione e l'arredo della Cappella Frangipani (indicato dal Vasari); Mario porta avanti i lavori, in quanto Curzio è deceduto. La decisione di abbandonare la cappella della Minerva come spazio funerario per i suoi discendenti va intesa, quindi, come una chiara affermazione politica, tesa a segnalare una rottura con altri rami della famiglia ed esprimere il primato culturale della linea Antonino (quella più vicina ai Farnese e che aveva ricoperto posizioni importanti nel governo capitolino), raggiunto attraverso la profonda cultura antiquaria incarnata dai suoi figli. E vedremo come la decorazione della cappella volesse, da un lato, rappresentare la profonda consapevolezza della famiglia per le sue antiche origini romane e la conoscenza dell'antico e, dall'altro, rendere omaggio a Paolo III, il papa che era stato così importante per i figli di Antonino. Per quanto riguarda la cronologia della decorazione della cappella  informazioni fornite dal Vasari (1568) nella sua Vita di Taddeo Zuccari e sulle postille (annotazioni) aggiunte da Federico Zuccari + documentazione relativa alla cappella. Prendendo sempre in considerazione l’opera di Panvinio: Perciò tu, o Mario, cominciasti ora a costruire quella cappella in memoria del tuo amatissimo fratello con tanta generosità e ad adornarla di vari marmi (ornare variis marmoribus), pitture e ornamenti, in modo che quando sarà finita bisogna credere che non si poter vedere un'opera più bella di tutta Roma. Il passaggio è la prova che alla fine del 1556 la cappella, era già in via di edificazione e decorazione. Il passo “ornare variis marmoribus” (“orna[rlo] con vari marmi”) suggerisce inoltre che la splendida decorazione marmorea al di sotto degli affreschi sulle pareti laterali fosse già stata progettata in quel periodo. La decisione di affidare la decorazione pittorica della cappella a Taddeo Zuccari, all'epoca uno dei pittori più amati dai Farnese fu con ogni probabilità presa da Curzio, fermo restando che fu Mario a dirigere personalmente i lavori. Tuttavia, il coinvolgimento di Taddeo in molti prestigiosi incarichi dell'epoca fecero sì che i lavori alla cappella subissero numerose interruzioni e ritardi. I lavori riprendono costantemente dal 1560, nello stesso periodo in cui il fratello Federico ricevette una delle sue prime commissioni autonome. Il collegamento veneziano rimane quindi il più plausibile fino alla scoperta di nuove e più solide prove che possano aiutarci a chiarire la questione. Non meno affascinante e plausibile è l'ipotesi di secondo cui i busti ritratto di Antonino, Curzio e Mario non furono inizialmente eseguiti per le loro tombe nella cappella, ma furono installati in San Marcello solo in un secondo momento, come suggerito dalle differenze tra i loro piedistalli. ⁴⁶ Se le cose stanno effettivamente così, allora potremmo ulteriormente ipotizzare che i tre busti fossero inizialmente collocati nella nuova residenza dei Frangipani in Piazza San Marco e poi trasferiti nella cappella quando venne il momento di arredarla. Nell'inventario del palazzo di San Marco, redatto un secolo dopo nel 1654 si fa menzione di una ricca collezione di busti antichi. ⁴⁷ È quindi molto probabile che già verso la metà del Cinquecento, accanto ai ritratti canonici dei Cesari e degli Scipioni, fossero stati collocati nel palazzo i busti più antichi di Antonino e dei suoi due figli. Questi avrebbero potuto poi essere trasferiti nella cappella di San Marcello, per nobilitare la tomba di Curzio e dei suoi discendenti. Inoltre, il modo particolare in cui i busti sono stati installati nella cappella è stato uno sforzo deliberato e significativo per disporre le pareti come un trittico all'antica - una mostra a tre pannelli - ispirato all'ambientazione dei Fasti Capitolini, che aveva svolto un ruolo così importante nella carriera di Curzio come figura culturale erudita. Non solo la tripartizione delle pareti della cappella - scandita da lesene con capitelli tuscanici - riecheggia l'inquadratura delle epigrafi dei Fasti in Campidoglio, ma le lettere all'antica delle epigrafi e il loro formato verticale ricordano da vicino quelle utilizzate per gli elenchi di notabili romani nelle antiche tavolette di marmo. Non c'è dubbio, quindi, che l'installazione dei busti nella cappella volesse essere un esplicito e voluto riferimento da parte dei Frangipani a questa antica reliquia, legando intimamente la famiglia al glorioso passato dell'antica Roma. Il singolare stile antiquario della cappella potrebbe essere stato uno dei motivi che spinsero i successivi epigoni della famiglia, il giovane Mario e Pompeo Frangipani, a commissionare allo scultore bolognese Alessandro Algardi il completamento della cappella, scolpendo i busti postumi di Muzio e del suo figli Lelio e Roberto. Ciò avvenne verso la metà degli anni Trenta del Seicento, e i busti dovevano certamente essere terminati entro il 1638. Il desiderio di emulare la forma e la maestria dei busti precedenti e di rispettare il senso di antica nobiltà della cappella fu presumibilmente ciò che guidò l'intervento di Algardi, come si evince dal comune troncamento ad arco e dalla forma dei piedistalli dei suoi tre busti postumi (raffiguranti anche un padre ei suoi due figli), che replicano quasi letteralmente il modello di quelli del busto di Antonino. - Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi –  Impresa molto lunga, circa 40 anni 1565  Matieu Cointrel, italianizzato in Matteo Contarelli, prelato francese, compra una cappella nella chiesa dei Francesi (dopo la sua morte, 1585, subentrerà nel patronato della cappella Virgilio Crescenzi, suo esecutore testamentario, che si occuperà di portare avanti la decorazione). Inizialmente Matteo Contarelli affidò a Girolamo Muziano la decorazione pittorica comprendente un ciclo con storie dell’evangelista Matteo, sviluppato in scene ad affresco sulle pareti e sulla volta, il quadro d’altare ad olio e vari ornamenti in stucco. L’impegno non sarà rispettato dal pittore, per via di impegni, e pochi anni prima della morte (1585) del Contarelli sarà annullato il contratto. Girolamo Muziano era un pittore di Brescia, uno dei favoriti del pontificato di Gregorio XIII (1502 – 1585)  si ricordano i lavori alla Galleria delle Carte Geografiche in Vaticano,1580 – 83. Insieme ad altri, realizza gli stucchi e dipinti della volta + carte geografiche. 1587  Ci si rivolge, dunque, allo scultore fiammingo Jacob Cobaert (1535 – 1615)  statua in marmo con soggetto San Matteo e l’Angelo  lo scultore era già alla dipendenza esclusiva del Contarelli: ospitato presso il prelato, aveva già ricevuto, quando il Contarelli era ancora in vita (1581), l’incarico di realizzare diverse statue in marmo da collocare all’interno (si ricordano le statue dei 4 evangelisti) e sulla facciata di San Luigi dei Francesi. Queste sculture non verranno mai portate a termine. L’unico intervento ascrivibile al tempo del Contarelli sulla facciata è lo stemma di Francia al centro del timpano, sorretto dai due ignudi (progettati da Michelangelo per la Porta Pia ma poi inutilizzati). Con la morte di Contarelli, Virgilio Crescenzi insiste solamente per portare a termine la scultura del San Matteo, perché indispensabile per ornare la cappella. Il gruppo scultoreo, (fonte di luce definita, rappresentata)  va a illuminare la parte inferiore del dipinto. Nella Vocazione di San Matteo viene rappresentato il momento esatto in cui Matteo, esattore di tasse, viene chiamato all’apostolato. Caravaggio riprende il fascio di luce del d’Arpino, ma con una differenza  quasi puramente simbolica, accompagna la venuta del Cristo e di Pietro. La luce rappresentata sembra non avere un luogo di provenienza (DA RICORDARE), in realtà questo particolare si spiega con il fatto che la scena è quasi sicuramente ambientata all’aperto. Il fascio di luce rimanda, comunque, al finestrone che illumina l’intera Cappella Contarelli. Rispetto all’affresco del D’Arpino, questa volta è tutta la parte superiore ad essere illuminata. Inoltre l’ombra diviene più scura, il buio si fa più netto ed esalta così molto di più il contrasto con la luce. Martirio di San Matteo  tela soggetta a vari ripensamenti, conosciuti grazie alle radiografie. Doveva essere ambientato in una chiesa, secondo le richieste della committenza. Nella versione definitiva, l’artista opta per un’ambientazione ridotta al minimo: si intravedono chiaramente solo l’altare e la vasca battesimale. Il resto è tutto avvolto nella penombra con la luce che si concentra esclusivamente sulla scena del martirio I particolari dell’architettura della prima versione potrebbero rivelare una forte affinità con l’Incisione Prevedari del Bramante (pilastri dorici, abside con calotta a conchiglia) San Matteo e l’Angelo  1602. il Bellori ci riporta un rifiuto della prima versione. Il marchese Vincenzo Giustiniani acquisì questa prima tela. Sempre il Bellori ci elenca le motivazioni per le quali la tela fu rifiutata. L’aspetto era poco consono a quello di un santo, il particolare dei piedi esposti al pubblico era giudicato indecente. La seconda versione è decisamente più canonica, con l’angelo che piomba dal cielo e non intendo a insegnare le sacre scritture al santo. Anche qui ambientazione ridotta al minimo e totale penombra, fatta eccezione per una luce che investe i due personaggi principali. E’ probabile anche, però, che le cose siano andate diversamente (contraddicendo, dunque, la testimonianza del Bellori). Questo perché l’iconografia della prima versione sembra corrispondere con le indicazioni lasciate dal Contarelli per quanto riguardava la rappresentazione di un San Matteo e l’angelo. Di conseguenza la prima versione (1599) sarebbe stata concepita come provvisoria (anche per le misure molto più piccole dell’originale), al fine di rendere possibile l’operazione di consacrazione dell’altare, nel frattempo che si aspettava il gruppo di Cobaert. Nel momento in cui il gruppo di Cobaert verrà esposto e poi respinto, al Caravaggio viene affidata la commissione di una versione definitiva (l’attuale) – ipotesi riportata da Spezzaferro. Questo smentirebbe il Bellori  non si hanno infatti documenti coevi del rifiuto dell’opera. La prima versione sembrerebbe una trasformazione dell’immagine di Amore e Giove dipinte da Raffaello nella Loggia di Psiche alla Farnesina. Cappella Cerasi Settembre 1600  contratto per le due tavole della Cappella Cerasi. Inizialmente rifiutate (come avvenne con altre commissioni a Roma, la tela nella Cappella Contarelli, la Morte della Vergine, la Pala dei Palafrenieri). Nel 1600 Tiberio Cerasi (1544 – 1601), tesoriere del papa Clemente VIII, acquisisce la Cappella in S. Maria del Popolo e stipula il contratto con il Caravaggio per la realizzazione delle due tavole (tavola di cipresso, come specificato nel contratto). La cappella sarà portata a termine dopo la morte del Cerasi (nel momento in cui muore viene portato a termine solo l’impianto architettonico), come da volontà testamentaria  per mano dell’istituzione dell’Ospedale della Consolazione, subentrata nel patronato della cappella  Nel testamento del Cerasi, compare anche il nome di Carlo Maderno come architetto della cappella. Il Cerasi intende modificare l’impianto della cappella (precedentemente di patronato Foscari e di impianto semicircolare)  vano coperto da volta a crociera + altro vano coperto da volta a botte (dove sono le pitture). Sulla parete di fondo vi è l’altare inquadrato da colonne corinzie e sormontato da timpano spezzato. Per quanto riguarda la decorazione plastica  caratterizzata da stucchi dorati (probabile progetto di Maderno) tutti personaggi di cultura raffinata che potevano portare avanti anche interpretazioni più libere o personali. Anche il Cerasi faceva praticamente parte di questa corte, di qui si spiega anche la scelta di determinati artisti per la sua cappella. Per quanto riguarda l’Assunzione di Carracci Quasi sicuramente è stato un omaggio al Cerasi, concesso da parte del protettore di Annibale Carracci (all’epoca Odoardo Farnese). Di conseguenza, si spiega anche l’assenza di contratti. Essendo un omaggio, doveva per forza essere stata consegnata entro la morte del Cerasi, quindi tra il 1600 e il 1601. Costruzione michelangiolesca delle immagini + stile di Raffaello tipico di tutta la prima fase romana (sotto la protezione Farnese) Lezione IV Parla della Morte della Vergine di Caravaggio, 1603 ca  Dopo la seconda versione della Conversione di San Paolo. Imposta in termini nuovi il tema: mostra la Vergine appena morta, unitamente alla disperazione degli apostoli  momento immediatamente successivo come nella Conversione + accento sulla dimensione umana (disperazione e compianto) Il drappo rosso, in particolare, corrisponde all’equivalente del fascio di luce che colpisce Saulo. Protagonista: forte contrasto chiaroscurale. Era stata commissionata dai carmelitani della Chiesa di Santa Maria della Scala in Trastevere, poi rifiutata (in questo caso il rifiuto è riportato dalle fonti).  La donna che incarna la Madonna è una donna morta di parto (Mancini riporta essere una cortigiana amata dall’artista): è probabilmente il motivo di rifiuto dell’opera. Il rifiuto dell’opera è segnalato da diverse fonti: 1) La Considerazioni di Giulio Mancini, 1619 – 21; 2) La Vita de’ Pittori, scultori e architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII fino a quello di Urbano VII (dal 1572 al 1642) di Baglione 3) La vita de’ pittori scultori e architetti moderni di Bellori, 1672  Da segnalare che nel contratto si decide che il prezzo verrà concordato alla fine da parte di Vincenzo Giustiniani: verrà valutato molto, 280 scudi. L’opera, nonostante rifiutata, riscosse un successo inaspettato: il quadro verrà acquistato dal duca di Mantova su consiglio di Rubens. Rimarrà a Mantova fino al 1628, quando poi passerà nella collezione di Carlo I d’Inghilterra. Con la morte di Carlo I passerà a un banchiere parigino.  Il successo riscosso permise anche l’attuazione delle tre successive commissioni romane: Madonna dei Pellegrini, Deposizione per la Chiesa Nuova, Madonna dei Palafrenieri San Filippo Neri e Guido Reni in Santa Maria in Vallicella In seguito alla beatificazione di Filippo Neri, vive una stagione di profondo rinnovamento. Diventa una delle chiese più sontuose della Roma Barocca (ricorda la Madonna di Rubens pala dell’altare maggiore, 1606 – 1608) L’icona di Rubens  di tipo ovale. La prima versione viene rifiutata. La cappella di Filippo neri si trova accanto all’altare maggiore. Nel momento in cui iniziano i lavori per la cappella, Filippo ancora non era beato: lo diventerà nel 1615, era morto nel 1595.  Il 6 luglio 1600 iniziano i lavori, le cui spese di costruzione vengono affrontate da Nero del Neri, un pronipote di Filippo. L’architettura viene affidata a Onorio Longhi: architetto di provenienza lombarda. Longhi muore nel 1619, prende parte al processo di Caravaggio: nel 1606 in seguito all’espulsione di Caravaggio da Roma, viene espulso anche lui. Potrà tornare a Roma solo nel 1611. Realizza anche la Chiesa di Sant’Ambrogio e Carlo al Corso, Roma. Longhi deve operare in uno spazio piccolo  opta per due vani tondeggianti: 1) Vestibolo a pianta ottagonale irregolare 2) ambiente della cappella a pianta circolare Ambiente coperto da cupola. + richiede la concessione di uno spazio extra ai maestri delle strade (organismi addetti alla gestione dello spazio pubblico, vengono richiesti 3 palmi di strade). Gli intarsi marmorei vengono realizzati da Giovanni Guerra: si richiamano degli scalpellini specializzati che operano sui disegni di Guerra. Gli intarsi sono caratterizzati da disegni floreali, geometrici + utilizzo di pietre preziose: la preziosità della cappella è uno degli aspetti che viene maggiormente ricordato  esempio: FRANCESCO ZAZZARA al processo di canonizzazione di d’infiltrazione d’acqua. Anche in San Pietro molte opere sono sostituite con il micromosaico. Tecnica del micromosaico  eseguita con dei tasselli in pasta vitrea molto piccoli, incastonati tra loro.  L’originale della tela di San Filippo Neri sta nelle stanze private di Filippo: primo piano proprio sopra la cappella. LA CORNICE: creata nel ‘700, inquadra il micromosaico. In argento e argento dorato, realizzata da Antonio Arrighi, uno dei più importanti argentieri del Settecento romano  si riallaccia al preziosismo della tradizione iniziata da Nero del Neri e ottenuto grazie ai disegni di Giovanni Guerra. Cappella Caetani, Basilica di Santa Pudenziana, Roma  Basilica paleocristiana nelle vicinanze di Santa Maria Maggiore. Nell’ABSIDE sono conservati importanti mosaici (390 d.C., i più antichi però sono quelli di Santa Costanza).  Nel 1585 Enrico Caetani diventa cardinale. Gli viene assegnata la titolarità di Santa Pudenziana e dà avvio a un restauro dell’antica basilica paleocristiana iniziato tra il 1589 e il 1590. Decide di erigere una cappella di famiglia al suo interno, molto ricca, soprattutto per la decorazione marmorea che si struttura nei due monumenti funebri ai lati, inframmezzati dalle nicchie con le sculture, mentre sull’altare maggiore è previsto un rilievo  NOVITA’, questa volta non si tratta di una pala d’altare; RICORDA l’Incontro di Attila con Leone Magno di Algardi, è successiva (Basilica di San Pietro, 1645 – 1653) ma inaugurerà la moda degli altari arredati con i rilievi scultorei. La ricchezza e la raffinatezza delle decorazioni musive della cappella viene riconosciuta subito dai contemporanei e anche imitata. Ne è testimonianza il passo di Agostino del Riccio nel suo manoscritto intitolato Istoria delle Pietre, datato 1597, quando il sacello di casa Caetani era ancora un cantiere in pieno fermento  cita una serie di luoghi preziosi dal punto di vista delle decorazioni marmoree, tra questi menziona anche la Basilica di Santa Pudenziana con la Cappella: per le tarsie policrome in marmo commesso (attuate attraverso l’accostamento di tessere in marmo di varie dimensioni, tagliate e accostate nel modo voluto  caratteristica tipica delle prime chiese cristiane).  la decorazione della Cappella Caetani diventa subito un modello di ispirazione per altre: esempio, Cappella della Trinità, Santa Maria della Vittoria (1629).  Il cardinale Caetani, con il restauro della cappella, intende far rivivere lo stile paleocristiano: gli stucchi della volta sono sottili, raffinati + inserisce nella volta dei mosaici: è questo il richiamo all’arte paleocristiana, intende ricreare un luogo perfettamente integrato all’edificio paleocristiano nel quale è collocato. -Gli interventi nella basilica mirarono a realizzare nella struttura un progetto tipico delle chiese della Riforma Cattolica, sebbene i mosaici dell’abside furono restaurati malamente e purtroppo furono del tutto sacrificati gli affreschi medievali. Ma come ha sottolineato Enrico Parlato il rispetto per le vestigia dei primi tempi cristiani sembra comunque trovare riscontro nel riuso dei materiali medievali dell’antico titolo e nel tentativo di conservarne i mosaici del V secolo. - Un ossequio che si accompagna al filologico recupero delle antiche tecniche del mosaico e dell’opus sectile (commesso marmoreo) utilizzate per la decorazione della cappella di famiglia. PRECEDENTI: basilica di Giunio Basso, prime cappelle cristiane + CONTEMPORANEI: cappelle Gregoriana e Clementina in San Pietro. - Chi lavorò all’interno della Cappella Caetani? –  Francesco Capriani da Volterra  architetto. Era l’architetto della famiglia Caetani, molto attivo nella Roma di fine ‘500. Guarda disegno Sezione longitudinale della Cappella Caetani, 1591. I lavori alla cappella erano iniziati tra il 1589 e il 1590.  Giovanni Battista della Porta  supervisione e decorazione delle pareti con tarsie marmoree: sono disegni complessi che uniscono i temi della Passione alla celebrazione della famiglia Caetani, attraverso l’inserimento dello stemma di famiglia. (decorazioni marmoree: urna sormontata da una spugna da dove cadono gocce di sangue. E’ un disegno della Passione):  Stefano Fulcheri + Ambrogio Bonvicino  artisti provenienti dal Nord Italia. Realizzazione degli stucchi della volta (medaglioni, figure, motivi all’antica come le conchiglie)  Pietro Paolo Rossetti  realizza i mosaici della volta a fondo oro su disegno di Cristoforo Roncalli. L’immagine appartiene alla tradizione delle icone attribuite a san Luca, ma in realtà secondo gli studi più recenti sarebbe opera di un autore anonimo datata tra il ix secolo e il xii. Si tratta di una Madonna del tipo odigitria (indica la via). Dal 1256 era posta nella navata centrale della basilica, perciò è legata a Santa Maria Maggiore. Paolo V decide, poi, di costruire un reliquiario apposito. In posizione opposta (navata dx) rispetto alla Sistina (navata sx) fatta costruire circa un ventennio prima da Sisto V  costruzione affidata a Domenico Fontana e Carlo Maderno. Conserva i monumenti funerari di Sisto V e Pio V. Marmi policromi + colonne di reimpiego Architetto della Sistina  Flaminio Ponzio (1560 – 1613), di origine lombarda. Ripropone pressoché lo stesso impianto della Sistina (non a caso, sotto la supervisione di Ponzio vi lavorano molte maestranze già impiegate nella Sistina), andando praticamente a costruire il transetto della Chiesa. Pianta a croce greca con nucleo centrale quadrato + 2 ambienti minori in corrispondenza dell’ingresso. Nei muri laterali sono poste le due sepolture (Paolo V e Clemente VIII), mentre sul lato di fondo l’altare con l’icona mariana. Copertura con cupola a sesto acuto. Per quanto riguarda l’esecuzione dell’altare 1613  Pompeo Targone, architetto e orafo veneziano, su disegno di Girolamo Rainaldi (1570-1655) Gli angeli in bronzo dorato sono opera dello scultore vicentino Camillo Mariani (1567- 1611) (PRINCIPALI DA RICORDARE) L’altare è particolarmente prezioso, anche per via dei molti marmi utilizzati: fondo di lapislazzuli su cui si staglia l’icona votiva, varie tipologie di diaspro (soprattutto dalla Sicilia), granito (nelle colonne), alabastro + bronzo dorato (modanature, capitelli).  largo utilizzo di marmi di reimpiego (un diaspro antico nella cornice in cui è compreso il fondo di lapislazzuli + nei due monumenti funebri) Utilizzo di marmi e pietre preziose nella Paolina Il lapislazzuli/zaffiro  di colore azzurro vivo, proveniente dalla Persia (area Afghanistan). Molto preziosa soprattutto per il valore simbolico ( legato alla volta celeste), per questo se ne va un largo uso nella seconda metà del ‘500, in seguito alla Controriforma. Compare anche nel Trattato scritto dal domenicano Agostino del Riccio sul finire del ‘500 sulle pietre preziose  Historia delle Pietre. Si sceglie questa pietra per la realizzazione dei tabernacoli più preziosi  indicazione riportata da C. Borromeo nel suo trattato (esempio: altari dedicati all’Eucaristia come l’Ultima Cena dell’altare della Cappella Cornaro, sullo sfondo; Altare del Santissimo Sacramento in S. Pietro iniziato da Bernini, completato sotto Clemente X Altieri. Vi ha un ruolo chiave nella realizzazione Francesca Bresciani, figlia di Francesco Bresciani, realizzatore dell’Ultima Cena nella Cappella Cornaro). PER LA PRIMA VOLTA, I marmi policromi vengono utilizzati, NON per creare decorazioni, ma per ricoprire grandi superfici, andando proprio a creare l’architettura. Il lapislazzuli utilizzato per il fondo che circonda l’icona in Santa Maria Maggiore rappresenta il cielo, atmosfera di sospensione  vengono sfruttate al meglio le venature tipiche della pietra per la creazione di nuvole. + viene utilizzato anche nel fondo del rilievo del Maderno con il miracolo della neve Per quanto riguarda l’apparato pittorico: Direzione di Giuseppe Cesari. Partecipano anche pittori come Passignano, Guido Reni (in particolare le lunette sopra i due monumenti funebri), Baglione. Tema di fondo: celebrazione della Vergine Maria e della Chiesa. Per quanto riguarda l’apparato scultoreo A partire dal 1607 - Pietro Bernini  si ricorda in particolare il rilievo con l’Incoronazione di papa Clemente VIII - Stefano Maderno (1576-1636) che modella il rilievo bronzeo dell’altare con il miracolo della neve - Camillo Mariani e Ambrogio Buonvicino (1552-1622)  in particolare scolpiscono, tra le altre, le statue che fiancheggiano l’altare. - Il lorenese Nicolas Cordier (1567-1612) esegue le statue ai lati dei monumenti funebri + contribuisce anche Francesco Mochi (1580- 1654), primo aiuto di Mariani. Incoronazione di Clemente VIII, Cappella Paolina – 1612 – 14, Pietro Bernini. Era una commissione iniziata da Clemente VIII e portata avanti da Paolo V. Vengono scelti i due momenti in cui la Verginità di Maria è conclamata. Nella Nascita la Vergine viene rappresentata già pulita: si eliminano i passaggi del lavacro ( perché simboleggiano impurità, viene descritta avvolta in un abito bianco). L’Annunciazione è il momento in cui la purezza viene confermata. SCULTURA  Verso il 1616, la decorazione pittorica è completata. Ci si dedica, dunque, alle sculture: vi lavorano diversi scultori già incontrati nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore.  Parete SX: è la parete che dà accesso alla cappellina di San Sebastiano. - Santa Maria Maddalena  1609 – 1612, eseguita da Cristoforo Stati (1556 -1619). In marmo. Le nicchie della cappella Barberini sono molto poco profonde, per questo non vengono rappresentate in posizioni del tutto statiche (per esempio sedute). Lo stile di passaggio tra tardo manierismo e barocco di Cristoforo Stati ricorda l’Orfeo (1600 – 1601), eseguito per Palazzo Corsi a Firenze. Non si può classificare come scultura barocca, c’è un classicismo di fondo molto accentuato, che si incontra anche nella Santa Maria Maddalena. Tuttavia, in quest’ultima è presente un’attenzione al decorativismo per quanto riguarda la resa delle ciocche dei capelli. La croce viene aggiunta successivamente, negli anni 70. Lo Stati realizza anche il Ritratto di Francesco Barberini (scultura), ora presente nella cappellina di San Sebastiano (dunque non visibile) + i 2 putti collocati in alto sul timpano spezzato. - San Giovanni Battista  1613 – 15. Eseguito da Pietro Bernini. In marmo. - Lavori del primo Bernini - Ares Ludovisi  copia romana del II secolo d.C da un originale greco. Rinvenuto nel 1622, entra a far parte della collezione del cardinale Ludovico Ludovisi. Deve parte della sua fama al restauro di Gian Lorenzo Bernini  piede, mano destra e naso, l’elsa della spada che mostra una maschera di gusto manierista e la testa dell’amorino in basso. Gian Lorenzo NON adotta un restauro di tipo filologico  le parti sulle quali interviene si distinguono dal tessuto originale, attraverso l’adozione di un marmo più grezzo in modo che si intendano le parti restaurate da lui da quelle originali. Al contrario, l’Ares Ludovisi è riportato nella raccolta di Maffei attraverso un restauro integrativo più filologico, volto a ripristinare la forma originaria della scultura antica. Busto di Cristo  1615 – 16, Pietro Bernini (forse anche Gian Lorenzo): il figlio ha sempre collaborato con lui, ormai Pietro Bernini è molto affermato a Roma e, dunque, lascia spazio al figlio. Le prime opere autonome di Gian Lorenzo sono da collocare al 1619. Ercole sopra un drago  1616 – 17, Pietro e forse Gian Lorenzo: ripresa del tema mitologico + gusto per la scultura di età ellenistica. Realizzata per il futuro papa Urbano VIII, per essere collocata nel nuovo Palazzo Barberini alle Quattro Fontane.  Si torna a parlare della cappella Barberini, in particolare del San Giovanni Battista; inizialmente affidata a Nicolas Cordier (il Franciosino). Quest’ultimo a Roma era diventato molto famoso come restauratore  restaura inventivamente, ricreando figure nuove da marmi antichi. DA RICORDARE il Moro Borghese  oggi al Louvre, è uno dei suoi restauri inventivi; partendo da un pezzo di alabastro fiorito antico costruisce il vestito e poi il resto del corpo. Opera anche nella Cappella Aldobrandini in Santa Maria sopra Minerva (qui era presente anche una pala di Barocci, Istituzione dell’Eucaristia). Cordier inizia il San Giovanni Battista; nel momento in cui muore subentra Pietro che, dunque, va a lavorare su un marmo già sbozzato. Per questo motivo, Pietro non riceve alcun acconto, proprio perché il marmo era già stato sbozzato (l’acconto serviva per le operazioni preliminari). Nonostante ciò, Pietro accetta l’incarico anche per aprire la strada al figlio Gian Lorenzo. Il San Giovanni Battista è una figura parzialmente dinamica (esigenza derivata dalla collocazione) I due angeli posti sopra al timpano  alla realizzazione degli angeli partecipa anche Gian Lorenzo (partecipazione prevista nel contratto). La mano di Pietro si nota nella capigliatura, ma i corpi sono in accordo allo stile di Gian Lorenzo (differenze con il San Giovanni). I putti di fronte sulla parete opposta, invece, sono Giudizio di Giovanni Battista Passeri su Mochi  scrive sui pittori, scultori e architetti a Roma, morti dal 1641 al 1673. Era antiberniniano. RICORDA di Mochi la statua della Veronica a San Pietro  1635 – 39. Battesimo di Cristo  fine anni 40 – inizi anni 50. Eseguito per la Cappella Falconieri (famiglia fiorentina) di San Giovanni dei Fiorentini ma non troverà mai la collocazione per la quale fu progettato perché l’opera non risulta gradita ai Falconieri per cambio di gusto dell’epoca. Vengono prima trasferiti nel Palazzo Falconieri a Via Giulia e poi nel 1805 a Ponte Milvio. Nel 1955 vennero trasferiti a Palazzo Braschi. Nel 2016 tornano a San Giovanni dei Fiorentini, ma non nella collocazione originaria. - I Barberini e la Chiesa di Santa Bibiana –  prima opera pubblica di G.L. Bernini La chiesa paleocristiana fu totalmente rinnovata da G.L. Bernini nel 1626 in seguito al rinvenimento dei resti della martire, per volere di Papa Urbano VIII  prima opera di architettura dell’artista. Caratteristiche della facciata  timpano spezzato e balaustre, vani rincassati e portico le conferiscono una dinamica chiaroscurale. Scalinata e il grande stemma dei Barberini nel timpano sono stati, poi, eliminati. In occasione di questo rifacimento venne anche demolito il monastero fatto costruire da papa Onorio III accanto alla chiesa. L’atrio, aperto lateralmente con due arcate, ha una copertura a botte e presenta tre ingressi, due laterali molto semplici ed uno centrale, sormontato da un timpano spezzato con stemma e da un’iscrizione che ricorda il restauro voluto da papa Urbano VIII. + statua di Santa Bibiana da collocare sull’altare  all’interno di un’edicola che riprende l’ordine ionico della facciata. - La Chiesa di Santa Cecilia e Stefano Maderno – In occasione del Giubileo, viene attuato un restauro per volere del cardinale Sfondrati (aveva ricevuto la titolarità della Chiesa di Santa Cecilia. Durante questi lavori viene ritrovata un’urna, dove si ritrova il corpo intatto della santa (Ottobre 1599)  Sfondrati commissiona dunque una scultura della santa a Stefano Maderno, scultore del Canton Ticino che interpreta al meglio lo stile della Controriforma. Il cardinale intende dar vita a una scultura che rappresenti la santa nella posizione esatta in cui fu ritrovata  NOVITA’ e ROTTURA rispetto alla rappresentazione figurativa dei santi dell’epoca esempio: Annibale Carracci, Santa Margherita, 1599: è la prima opera pubblica di Annibale, forte naturalismo. La scultura è interamente in marmo. Il modello della statua fu elaborato in brevissimo tempo, riportato dalle cronache dell’epoca (il ritrovamento dei corpi dei martiri era seguito e documentato con molta attenzione) ed esposto in Chiesa in occasione della messa del novembre 1599 detta da Clemente VII. La scultura esercita una notevole influenza sugli artisti coevi: - Morte della Vergine per Santa Maria della Scala, Caravaggio - Seppellimento di Santa Lucia, Caravaggio, eseguita a Siracusa  riferimento più esplicito rispetto alla morte della Vergine nel braccio disteso in maniera abbandonata della santa. - L’ascesa di Bernini e le cappelle berniniane – Apollo e Dafne  1622 – 25. Commissione da parte dei Borghese. Menzionata da Giovan Pietro Bellori nella sua Nota delli Musei (1664): prima guida alle collezioni private di Roma. Affianca la scultura di Bernini alla grandezza di altre sculture antiche, nonostante il Bellori fosse anti berniniano. La stessa percezione di eccezionalità traspare anche nei contemporanei, esempio: biografia ufficiale dell’artista, pubblicata da Filippo Baldinucci nel 1682, si legge un enfatico apprezzamento della scultura. -L’opinione di questa grandezza della scultura è condivisa dai commentatori dei secoli successivi, esempio: Winckelmann. -Anche Bernini stesso considerava quest’opera come il suo capolavoro e durante il periodo trascorso in Francia, nel 1665, rammenta più volte nelle sue conversazioni il gruppo borghesiano dell’Apollo e Dafne. -Tuttavia quest’opera così apprezzata universalmente e amata da subito dai contemporanei di Bernini fu oggetto di una sorta di censura alla quale pose rimedio proprio Maffeo Barberini. -Sia Baldinucci che Domenico Bernini (figlio) nelle loro biografie del maestro sottolineano che questa scultura poteva suscitare la + concetto dei CONTRAPPOSTI  i contrasti derivanti non sono finalizzati all’ottenimento di varietà ma di unità: unità che deriva dall’interazione di ogni singolo oggetto con quelli vicini; di conseguenza ogni oggetto assume una valenza diversa se rapportato con quello vicino. - Cappella Raimondi, San Pietro in Montorio – Tra il 1640 e il 1647 nella chiesa di San Pietro in Montorio fu costruita una cappella destinata ad accogliere le tombe di due ricchi sacerdoti: Francesco Raimondi e suo zio Girolamo. La cappella non è il primo contributo di Bernini a questa tipologia di opera ma ci offre un’espressione completa delle sue idee prima della realizzazione della Cornaro. E ci fa capire come anche i contemporanei avessero percepito la particolarità di questo contesto. Giovanni Battista Passeri, infatti, scrive che Bernini introdusse qui una novità assai curiosa d’Architettura, cioè un principio di progettazione, specifico e consapevole, mirante a congiungere tutti gli elementi della cappella – pareti, tombe, altare, volta e pavimento – in un unico sistema  UNIFICAZIONE STRUTTURALE, è un principio sostanzialmente nuovo.  Bernini affida la realizzazione pratica ad altri artisti. L’unità strutturale si compie principalmente grazie a tre elementi: 1) Utilizzo del marmo bianco con macchie grigie  utilizzato anche per il pavimento 2) Stilobate e trabeazione che corrono lungo tutto il perimetro della cappella (lo stilobate è collocato nella parte bassa, proprio sopra le tombe; al di sopra vi poggiano le colonne). 3) Rapporti proporzionali all’interno della cappella Altare  Rilievo scultoreo con l’Estasi di San Francesco, eseguito da Francesco Baratta (1640 – 50 ca.). Fonti di luce  conferisce naturalezza, unitarietà. Accanto all’altare maggiore sono posizionati due finestroni +altra fonte di luce  tra le colonne e la pala d’altare sono inserite 2 finestrine nascoste che vanno a illuminare l’Estasi, come a simboleggiare la luce divina. Ad accrescere l’atmosfera di misticismo c’è anche il fatto che l’Estasi viene realizzata in cielo, non in una dimensione terrena. DA RICORDARE  All’incirca negli stessi anni (1650 ca.) Bernini sta lavorando nella Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo. - Il pavimento  disegno geometrico a raggiera con motivi floreali realizzato con tarsie marmoree su disegno di Bernini. Vengono utilizzati due tipi di marmo diverso + al centro figura di morte rappresentata dallo scheletro (giallo antico e porfico su fondo nero) che regge lo stemma chigiano. - Interviene anche nelle tombe disegnate da Raffaello + sul repertorio scultoreo nelle nicchie Le due tombe della Cappella Raimondi 1) Tomba di Girolamo Raimondi; 2) Tomba di Francesco Raimondi. Riprende una tipologia diffusa nel tardo Medioevo, che ormai in Italia era andata in disuso  modalità a doppia effige, il defunto viene raffigurato 2 volte (tradizione che, invece, persiste nel Nord Europa), una volta disteso nella bara, un’altra da vivo. In Italia cade in disuso verso la metà del ‘300, per passare a un’unica effige  dapprima del morto giacente e, poi, nel Cinquecento, l’effige a mezzo busto rappresentato in una specifica attività. La doppia effige, invece, è una tradizione che persiste soprattutto in Francia esempio: Monumento funebre di Luigi XII e Anna di Bretagna, Saint Denis, XVI secolo. Realizzato da 2 scultori fiorentini ≠ Monumento funebre a Gaston de Foix, XVI secolo  condottiero francese ma sepolto in Italia a Milano, unica effige. Opera di Agostino Busti Casi isolati di doppia effige in Italia dopo il tardo Medioevo Esempio: Monumento funebre di papa Innocenzo VIII, 1498, San Pietro in Vaticano. Eseguito da Antonio Pollaiolo. Il monumento viene smontato e rimontato nel 1621, con una disposizione diversa.  Nelle tombe della Cappella Raimondi, Bernini privilegia il ritratto ma soprattutto la figurazione del defunto vivo; AL CONTRARIO, la figurazione del defunto disteso è poco visibile, collocata all’interno del sarcofago che viene aperto da un angelo. 1) Francesco Raimondi è rappresentato appoggiato su un cuscino (piena integrazione nello spazio), con lo sguardo rivolto verso l’esterno della cappella.  Monumento funebre di Elena Savelli, 1570, eseguito da Giacomo del Duca in San Giovanni in Laterano.  Monumento del cardinale Giulio Antonio Santorio, 1630, eseguito da Giuliano Finelli, San Giovanni in Laterano. Il Santorio è rappresentato in modalità orante, mentre prega rivolto verso l’altare. Il busto orante diventa una tipologia sempre più emergere ancora più evidentemente la Madonna. Porta Sagrestia di San Marco, J. Sansovino. La curvatura della porta segue l’andamento della parete. E’, tuttavia, pressoché improbabile che Bernini l’abbia vista (non era mai stato a Venezia). Edicola con la lancia di Longino, tribuna di San Pietro in Vaticano  1630 ca, è una delle edicole poste nella parte alta della tribuna. Il rilievo scultoreo, dal fondo concavo, è inserito all’interno di un’edicola con colonne tortili (salomoniche, perché ritenute provenienti dal Tempio di Salomone a Gerusalemme). A differenza della Cappella Raimondi, qui le figure sono in stucco. Nella parte bassa della tribuna c’è la scultura del San Longino, sempre di Bernini. 3) Uso della luce  direzionata, ma aveva già dei precedenti. - Chiesa di Sant’Andrea in Via Flaminia: Vignola aveva posizionato una finestra sopra l’altare. - Chiesa di Santa Bibiana  Finestra ai lati dell’altare, va a illuminare direttamente la santa - Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini  posta sulla Via Giulia. Pietro da Cortona era stato chiamato per progettare l’altare maggiore. Attualmente ne conserviamo un disegno (1634)  nel disegno si vede come la luce giochi un ruolo importante nella progettazione: 1) Finestra lunettata sopra l’altare  va a illuminare l’altare 2) oculo posto sopra il timpano  va a illuminare la pala d’altare marmorea (ripresa anche nell’Estasi). 3) Ulteriori fonti di luce nelle aperture dietro le colonne - In pittura, sul volgere del secolo, da ricordare le tele di Caravaggio  la luce naturale gioca un ruolo molto importante, sfruttata in maniera tale da illuminare le tele, esempio: Cappella Contarelli; Cerasi. Caratteristiche stilistiche dell’Estasi  viene descritto il momento in cui San Francesco riceve le stimmate. Avviene in cielo (singolarità): la levitazione è comunque un particolare riportato nelle vite di San Francesco.  I due angeli e San Francesco sono fortemente aggettanti (differenza rispetto al Tondo Pitti e al Sansovino)  È importante che ci sia molta luce perché deve avere un ruolo attivo nel dipinto. Rappresentazione nello stilobate La rosa fra le spine  martirio; nel caso di San Francesco perdono da tutti i peccati Uccelli  anima che si eleva, alludono ai miracoli di San Francesco Cuore fiammeggiante  devozione a Dio Sono scelte iconografiche che si connettono al personaggio di San Francesco Rappresentazione nel fregio Girali di acanto. Notizie aggiuntive nel saggio Lavin  Realizzata durante gli anni in cui lavora a San Pietro; esito più completo prima della Cappella Cornaro.  Nelle vite del Passeri si sottolinea la singolarità della cappella: unificazione strutturale data da tutti gli elementi che la compongono (pareti, tombe, altare, volta, pavimento). Elementi che favoriscono unitarietà, tra gli altri: Pavimento e volta presentano lo stesso schema compositivo; i sarcofagi poggiano su basi modellate alla stessa maniera di quelle delle colonne.  Unicità del materiale: marmo bianco chiazzato di grigio. La monocromia pressoché totale è interrotta solo al centro della volta della camera sepolcrale + volta sopra l’altare.  Spazio molto luminoso (oltre a quelle già menzionate in origine anche le lunette della camera sepolcrale erano destinate ad essere finestre)  Lo spazio organizzativo richiama fortemente quello della Cappella Chigi ideato da Raffaello: camera sepolcrale in un ambiente+ altare in un altro. L’unità spaziale di Bernini, però, è diversa da Raffaello  architettura concepita come corpo estraneo a sé, molto sviluppata, doveva far da cornice a dipinti e sepolcri.  Un precedente presente nella stessa chiesa a cui Bernini può aver guardato è la Cappella Del Monte (metà del XVI secolo), progettata dal Vasari e sculture dell’Ammannati: analogie per l’idea di un’edicola che circonda la pala d’altare, impiego uniforme di marmo bianco, struttura architettonica ridotta al minimo e molto spazio alle applicazioni 1) armonizzare lo spazio della cappella al resto dell’edificio  era un dovere stabilito dall’ordine al quale dovevano attenersi tutti i titolari delle cappelle. 2) Includere il momento della transverberazione di Teresa; 3) Includere i membri della famiglia Cornaro nella rappresentazione (commemorazione). Bernini trasforma le nicchie laterali in ambienti architettonici, all’interno dei quali trovano posto quattro membri della famiglia Cornaro (4 da un lato e 4 dall’altro). PRECEDENTI: - Affreschi di Pellegrino Tibaldi a Bologna (Cappella Poggi, Chiesa di San Giacomo Maggiore), prima metà XVI secolo. Si prende in considerazione per lo sfondato prospettico, ma potrebbe essere un precedente che Bernini non conosceva. - Progetto per la Cappella Spada in Sant’Andrea della Valle, 1630 – 34  se ne conserva un disegno, non fu mai realizzata.  l’articolazione architettonica delle due nicchie sembra essere ripresa dallo stesso Bernini un ventennio dopo nella Scala Regia in Vaticano: volta a botte cassettonata sostenuta da file di colonne.  La cappella di Santa Teresa si può intendere come una trasposizione del tabernacolo eucaristico. Ricalca lo stesso schema organizzativo: parete di fondo + ambienti in prospettiva ai lati che ne estendono lo spazio. Diffuso soprattutto nel ‘400 e ‘500. Esempio: Tabernacolo eucaristico di San Gregorio al Celio, Roma). Per quanto riguarda le nicchie  La decisione di disporre in fila diversi membri della famiglia Cornaro potrebbe derivare: - dalle lastre tombali di età romana. Esempio: Lastra tombale della Gens Furia, Museo Gregoriano profano. - Più recentemente dalle pitture di Agostino Tassi presso la Sala Regia (o Sala dei Corazzieri), 1616 – 17  mostra degli ambasciatori in orazione al papa, dal momento che si trattava del luogo atto ad accogliere delegazioni estere in visita al papa. - Un’incisione di Collaert e Galle facenti parte della biografia illustrata della santa che mostra fedeli che prendono parte attiva all’Estasi di Santa Teresa. C’è, però, una differenza sostanziale con i membri della famiglia Cornaro  mentre nell’incisione sono tutti assorti nella levitazione della Santa, i Cornaro sono concentrati in altro, rappresentati mentre dialogano tra loro e con una gestualità definita. Nell’incisione in questione, è descritto il momento della levitazione, la santa si solleva da terra durante la celebrazione della messa (differenza con San Filippo e Sant’Ignazio, le levitazioni avvengono durante momenti privati di preghiera e non in un contesto pubblico). La levitazione avviene nel momento in cui riceve il sacramento dell’Eucaristia  sottolinea il rapporto tra il corpo di cristo e quello della santa. - Cappella Frangipani, San Marcello al Corso  i busti dei membri della famiglia sono disposti in fila, ma ognuno entro un proprio spazio. La gestualità definita  i primi due di ogni gruppo sono rappresentati mentre dialogano con gesti definiti che vanno a indicare elementi della cappella (esempio. Gruppo a sx: personaggio indica verso l’alto. Gruppo a dx: mano alzata orizzontalmente sta a indicare levitazione della santa, l’altra indica verso il basso il pavimento con gli scheletri). PRECEDENTI  Disputa del Sacramento, Raffaello Per quanto riguarda l’architettura della cappella: Principio di unità e armonizzazione con il resto della chiesa raggiunto attraverso: - Mantenimento dei grandi pilastri all’ingresso sui quali corre la trabeazione continua. - Seconda struttura architettonica  nicchia – tabernacolo dove è contenuta la scultura, doppie colonne + trabeazione e frontone triangolare convesso. - La nicchia dove collocare la pala d’altare era poco profonda  per questo si adotta una pianta ovale + coronamento triangolare convesso, in modo che sembrasse più profonda. La convessità ingloba perfettamente la pala d’altare: UNITA’ di Bernini PRECEDENTI  Portale Oratorio dei Filippini, fine anni 30, Borromini, per la convessità e il coronamento. stucco). Non molto leggibili per via dell’insieme di nuvole e angeli che li coprono, culminante con la colomba centrale dello spirito santo. L’affresco è molto invasivo, tanto da estendersi quasi fin sopra la vetrata. Sull’arco di ingresso figure in stucco bianco  in particolare, gli angeli che reggono libri, ruolo di scrittrice di Teresa Per quanto riguarda il pavimento:  Vengono rappresentati due scheletri all’interno di cornici tonde. è il primo pavimento a intarsi marmorei, figurato e policromo, dall’antichità. Nell’antichità era molto frequente il pavimento a intarsi marmorei con una composizione che riflette quella della volta. In età moderna, l’esempio più fedele di questa tendenza è rappresentato dalla Biblioteca Laurenziana di Michelangelo (schemi decorativi analoghi).  Nella Cappella Raimondi, Bernini aveva già fatto utilizzo dello stesso schema figurativo per volta e pavimento. Nella Cornaro, volta e pavimento sono differenti da un punto di vista figurativo, ma analoghi concettualmente. Volta  paradiso Pavimento  inferno Si auspica l’intercessione della santa per la salvezza dei devoti (che rimane il TEMA DI FONDO di tutto il disegno della Cappella ) defunti, rappresentati come scheletri nel pavimento: volta e pavimento diventano, dunque, luogo d’incontro del confine tra paradiso e inferno.  la scelta di rappresentare 2 scheletri si riallaccia allo scopo principale della cappella (doveva essere una camera sepolcrale + naturale conseguenza della morte). Per quanto riguarda il paliotto:  Ultima cena: esplicitazione del tema dell’Eucaristia, inteso come sacramento pubblico. Bronzo dorato su fondo di lapislazzuli. PRECEDENTI: Ultima Cena, Curzio Vanni (oggi una copia). Si parla ancora dell’altare del santissimo sacramento nel Laterano. La basilica del Laterano rimane una citazione costante (la più importante della cristianità, prima di S.Pietro). Nonostante il progetto nella sua interezza fosse stato concepito dal Bernini, quest’ultimo da un punto di vista pratico ha scolpito solo un ritratto del Cornaro e il gruppo con la Santa Teresa. Utilizzo dei marmi e pietre impiegati Marmo di Carrara + giallo antico IN MAGGIORANZA. Altri: marmo nero per dettagli, verde antico - Cappella della Beata Ludovica Albertoni, Chiesa di San Francesco a Ripa –  Commissionata dalla famiglia Altieri, è uno spazio molto piccolo (in carica vi era Clemente X Altieri, 1670 -77). In questa cappella Bernini lavora gratuitamente, perché in cambio richiede al papa una grazia per il fratello Luigi, accusato di pederastìa.  la santa (francescana) era vissuta verso la fine del ‘400 ed era una lontana ava della famiglia. Al tempo della costruzione della cappella, la santa era stata solo beatificata (non canonizzata, il processo inizierà nel 1671). Pala d’altare Vergine con il bambino e Sant’Anna. Commissionata nel 1670 al Gaulli, pittore di origine genovese. Impiega molto nel portare a termine questa commissione perché è anche impegnato nella volta della Chiesa del Gesù. Organizzazione spaziale e compositiva Bernini crea 3 livelli diversi, nei quali sistemare il corpo della santa  questo xché lo spazio è molto piccolo, torna il concetto di Bernini dell’abilità dell’architetto nello sfruttare condizioni non favorevoli. Lo spazio intermedio tra la santa e la pala d’altare è funzionale per aprire le due finestre  creano luce sul corpo della santa. Estasi della Beata Ludovica Albertoni  1671 – 75; è l’ultima scultura del Bernini. Rappresentazione esatta del momento in cui la santa viene invasa della luce divina  a ridare l’effetto contribuisce la luce proveniente dalle due finestre ai lati. 1634  in preparazione della visita di Urbano VIII del 24 giugno, nella tribuna di San Giovanni dei Fiorentini venne eretto un grande altare maggiore in legno dipinto, su disegno di Pietro da Cortona (oggi a Windsor), con al centro un Battesimo di Cristo in stucco. Orazio Falconieri si impegnerà a finanziare il prodotto finale in marmo, a partire dal 1640. Iniziava così la lunga, travagliata e complessa vicenda di quella che sarebbe divenuta la cappella funeraria dei Falconieri, uno dei cantieri più costosi e prestigiosi della Roma barocca. Il Battesimo di Cristo sarebbe stato poi realizzato in marmo da Francesco Mochi a partire dalla metà degli anni Quaranta, ma dopo essere stato portato in chiesa, venne rimosso per lasciare spazio a un nuovo gruppo commissionato ad Antonio Raggi; La commissione viene affidata al Mochi non prima del 1644 e iniziato nel 1646  Mochi opta per una scultura a tutto tondo di dimensioni imponenti – NOVITA’, andava di moda il rilievo marmoreo - (così come era stata concepita nel progetto di Pietro da Cortona, nonostante fonti dell’epoca lo definiscano come rilievo, probabilmente per gli angeli sullo sfondo). E’ probabile che all’inizio si preferì Giuliano Finelli per la realizzazione del gruppo, uno dei migliori dopo Bernini (ma poi lascerà Roma). Quasi in contemporanea Incontro di San Leone Magno con Attila, Algardi  1646 – 53 Transverberazione di Santa Teresa, Bernini Nel 1644 finisce il pontificato di Urbano VIII e inizia quello di Innocenzo X che è noto accantonare, almeno all’inizio, Bernini e i suoi collaboratori più stretti. La scelta di Mochi, dunque, è anche strategica per avvicinarsi alla politica del nuovo Papa. A partire dal 1655 viene elaborato un nuovo progetto per un altare più grande, per mano del Borromini  più slanciato rispetto al precedente + viene eliminata l’edicola posta sopra al timpano (non è, comunque, la soluzione definitiva). Il cantiere della Cappella Falconieri fu però travagliato come forse nessun altro della Roma barocca: infatti non solo, come già detto, il progetto di Borromini venne modificato dopo la sua morte, ma anche il gruppo di Mochi venne sostituito da quello commissionato a Raggi nel 1665. Il figlio di Orazio opta per una scultura di linguaggio chiaramente barocco, scegliendo per questo motivo il collaboratore più stretto di Bernini (Antonio Raggi) Quest’ultimo era di nuovo l’artista favorito del pontefice regnante, Alessandro VII. Con la morte di Borromini, subentrano Cortona e il suo allievo Ciro Ferri  Cortona semplifica il modello di Borromini Caratteristiche del gruppo di Raggi  dinamismo accentuato, panneggio molto articolato, corpi possenti e meno umani da quelli realizzati dal Mochi. I due monumenti funebri Domenico Guidi (1625-1701), Monumento a Orazio Falconieri e Ottavia Sacchetti  iniziato nel 1665, i ritratti del defunto e della moglie Ottavia Sacchetti sono sostenuti da una figura allegorica rappresentante la Carità. Guidi era uno scultore di origine carrarese, con formazione napoletana e attivo soprattutto a Roma. A Roma è uno stretto collaboratore di Algardi, dal quale eredita linguaggio classico e monumentale. Ercole Ferrata (1610-1686), Monumento a Lelio Falconieri  iniziato nel 1665, al posto della figura della Carità c’è quella della Fede: figura solenne e sentimentale. Di origine comasca, si trasferisce a Roma nel 1647, dove lavora al fianco di Bernini ma entra anche nella scuola di Algardi. - Cappella Spada, San Girolamo della Carità – Famiglia romagnola, trasferitasi poi a Roma. Virgilio Spada  chierico e architetto dilettante, vicino agli oratoriani. Si segnala il progetto degli anni 30 elaborato per la Cappella di famiglia in Sant’Andrea della Valle. La cappella non sarà mai realizzata qui, in quanto viene ceduta ai Ginnetti e Virgilio sarà sepolto in Santa Maria in Vallicella. Idea del defunto in preghiera all’interno di una quinta architettonica prospettica  affreschi della Cappella Poggi, San Giacomo Maggiore, Bologna Alla committenza di Virgilio Spada si collega anche il gruppo con la Decollazione di San Paolo dell’Algardi a Bologna  l’edicola entro il quale è contenuto il gruppo è di Bernini. La chiesa di San Paolo Maggiore era stata fondata dalla famiglia Spada, che provvide a costruirne la facciata e l’altare maggiore La balaustra nella Cappella Spada Delimita o amplia lo spazio della cappella. A Roma primi esemplari (intendendo le classiche balaustre con le colonnine in marmo) a partire dagli anni 80 del ‘400  esempio: Cappella Carafa.  Diventerà poi la tipologia più diffusa di recinzione. della Riforma cattolica. Dedicato alle buone opere, il gruppo ha preso come simbolo l'ostia eucaristica. In nessun luogo l'ostia è più enfaticamente esposta che sopra l'altare maggiore, dove si trova il punto focale dell'Ultima Comunione di San Girolamo del Domenichino. In qualità di sacerdote oratoriano, inoltre, Virgilio Spada sarebbe stato acutamente consapevole del fatto che San Girolamo della Carità era stata la casa per più di trent'anni di Filippo Neri, fondatore della sua Congregazione e appassionato devoto dell'Eucaristia. Impiegato presso l'Arciconfraternita per celebrare la messa presso i suoi altari, Neri visse negli ambienti sovrastanti la chiesa dal 1551 al 1583. Fu lì che riunì intorno a sé un gruppo di ecclesiastici affini che alla fine si unirono nella Congregazione dell'Oratorio. Tra loro c'era Orazio Spada, zio di Virgilio e fondatore originario della Cappella Spada. Inoltre, l’angelo a dx è chiaramente modellato sul gruppo scultoreo di San Filippo Neri di Alessandro Algardi, che sovrasta l'altare nella sagrestia della Chiesa nuova, la chiesa madre degli Oratoriani, poco distante. Singolarità  interamente rivestita in marmi policromi ( soluzione più tipicamente napoletana – nel cantiere erano presenti maestranze napoletane - a Roma l’apparato architettonico rimane sempre visibile, nonostante il diffuso utilizzo di marmi). Totale assenza di membrature architettoniche (anche per questo il progetto non può essere attribuita a Borromini  era stata attribuita per lungo tempo all’artista per via di due disegni autografi circa l’altare e il pavimento). Tondi in marmo  rappresentano membri della famiglia Spada, sono elementi che sono stati sottoposti a molte modifiche, nell’intenzione di celebrare un numero consistente di membri deceduti della famiglia Spada. I due sepolcri ai lati  le sculture in marmo rappresentano due prelati della famiglia. A questo proposito si cita: - uno schizzo di mano di Virgilio per il sepolcro intitolato a Orazio (inizialmente): collocato su un alto basamento e coronato da un timpano spezzato con al centro un medaglione ovale. . - Cappella Cybo, Santa Maria del Popolo –  Anni 80 del ‘600. Famiglia Cybo – Malaspina.  Committente Alderano Cybo (1613 – 1700), segretario di stato durante il pontificato di Innocenzo XI Odescalchi (eletto nel 1676): clima di assoluto rigore se confrontato con la magnificenza del progetto portato avanti da Alderano.  Va a intervenire su una cappella già costruita sotto il pontificato di Sisto IV da Lorenzo Cybo. Affrescata da Pinturicchio (come la vicina cappella Basso della Rovere, decorata da Pinturicchio). All’interno della cappella originaria si era conservato una parte dell’affresco dell’altare centrale, figurante una Madonna con Bambino, che Alderano intendeva riutilizzare. Il sepolcro di Lorenzo Cybo (realizzato tra il 1506 – 07), invece, viene trasferito nella Chiesa di San Cosimato a Roma  privato del gisant, viene adibito a altare.  All’inizio per la realizzazione della Cappella ci si rivolge a Bernini, tuttavia quest’ultimo muore nel 1680.  Disegno attribuito a Bernini figurante un cardinale intento a leggere all’interno di un’edicola.  Interviene Carlo Fontana (1638 – 1714): elabora un’architettura a pianta centrale, a croce greca, preceduta da un vestibolo. Nello spazio del vestibolo prendono posto due dipinti laterali. Lungo gli angoli della croce greca vengono disposte colonne binate, per un totale di 16 (diaspro siciliano) . Vanno a creare un effetto di dinamicità e anche a celare l’impianto a croce greca.  Largo utilizzo di marmi policromi: verde antico soprattutto nella cupola, alabastro nella parete di fondo, diaspro, nero venato delle lesene, bianco di carrara nei capitelli e nel basamento delle colonne.  Il grande impiego di marmo si può vedere anche nella Cappella Ginetti in Sant’Andrea della Valle, progettata sempre da Carlo Fontana.  Il ricorso così esteso ai marmi policromi è anche volto a emulare e superare altre cappelle presenti nella stessa Chiesa: esempio: Cappella Chigi, Raffaello e altri. Le due cappelle si somigliano anche per l’impianto (centralizzato preceduto da un vestibolo + angoli smussati ai lati per via delle colonne). dell’Immacolata Concezione alla Vergine. Secondo il gusto delle grandi cupole romane barocche (esempio: Lanfranco). Garzi aveva lavorato su commissione di Alderano anche nella chiesa di San Francesco a Massa (i Cybo – Malaspina erano sovrani di Massa e Carrara). Le due pitture sul vestibolo  Daniel Seiter (1649 – 1705), pittore di origine viennese. Anche questi sono due oli su muro. Martirio di San Lorenzo (dedicazione dell’originaria Cappella Cybo) Martirio di Santa Caterina  per devozione La formazione veneziana di Seiter è evidente nelle citazioni di pittori come Tiziano e Veronese, ma nel Martirio di San Lorenzo compaiono echi del Sant'Erasmo di Poussin. Infine, con la loro drammaticità, le due tele successive di Seiter fungono da efficace contrappunto alla purezza cristallina della Disputa di Maratti. Nell'autunno del 1686 la cappella era basilicalmente completa Non potendo l'anziano duca visitare di persona la cappella, il cardinale commissionò un'accurata rappresentazione dell'interno della cappella, ora al Museo di Roma (FIG. 13), e per garantire la massima fedeltà si avvalse degli stessi artisti che avevano eseguirono le opere originali, Maratti e Garzi, con la probabile assistenza del pittore di prospettive Pier Francesco Garoli. L'intero progetto fu così realizzato in un arco di tempo relativamente breve, dieci anni al massimo Questo è stato certamente uno dei motivi della straordinaria coerenza architettonica e artistica che caratterizza l'interno della cappella. Negli anni immediatamente successivi alla sua consacrazione non ci furono interventi di rilievo, se si esclude la già citata sostituzione dei due dipinti laterali. Agli inizi dell'Ottocento, quando Piazza del Popolo fu completamente ristrutturata da Giuseppe Valadier. In quell'occasione la lunetta di destra della cappella fu chiusa, lasciando l'interno con pochissima luce naturale Dopo aver disposto la rimozione della Madonna del Pinturicchio (FIG. 14) durante la demolizione della cappella originaria e averla tenuta con sé per alcuni anni, il cardinale Alderano decise nel 1687 di inviarla alla sua famiglia a Massa, dove suo fratello il duca Alberico II aveva ordinato la costruzione nella chiesa di San Francesco di una cappella funeraria per i membri della sua famiglia. Nell'ottobre del 1693 l'affresco del Pinturicchio fu collocato sul sontuoso altare in marmi policromi della cappella, progettato da Domenico Martinelli. A testimoniare la prestigiosa provenienza romana della pala, essa fu integrata con putti di marmo bianco su nuvole di alabastro la cappella romana fungeva anche chiaramente da modello artistico e religioso per quella di Massa. I colori della cappella della Massa, da un lato, riecheggiano quelli della cappella di Santa Maria del Popolo. Ritroviamo colonne di diaspro siciliano e uso di alabastro e marmo verde antico. Gran parte della pietra, infatti, è stata inviata in dono da Roma dal cardinale Alderano, ed è possibile che una parte sia stata avanzata dalla decorazione della Cappella Cybo. - I Corsini tra Firenze e Roma – Clemente XII era stato un papa della famiglia Corsini (a partire dal 1730). Nel XIII secolo si trasferiscono da San Casciano in Val di Pesa a Firenze  sono una famiglia di mercanti. Neri Corsini, nipote del papa, in seguito all’elezione al soglio pontificio di Clemente XII, diventa cardinale e acquista a Roma la residenza in via della Lungara (oggi sede dell’Accademia dei Lincei). Nel 1629 viene canonizzato anche Sant’Andrea Corsini (carmelitano vissuto nel ‘300, era stato anche vescovo di Fiesole) A Firenze, già dal 1613 i Corsini pensano a costruirsi una cappella nella Chiesa del Carmine (perché il santo di famiglia era un carmelitano). Filippo Corsini (1647 – 1706)  è il personaggio chiave da prendere in considerazione. Lorenzo Corsini, futuro papa Clemente XII (è il figlio di Filippo). Palazzo Corsini, via del Parione  a Firenze, diventa la residenza più importante della famiglia, acquistato nel 1649. La facciata principale è quella in via del Parione  i capitelli che inquadrano il portale presentano un cavallo inserito all’interno (Filippo in greco vuol dire amante dei cavalli). Lo scalone monumentale dovrebbe essere stato ripreso da esempi bolognesi, visitati da Filippo Corsini  esempio: Palazzo Ranuzzi. La monumentale scala di Palazzo Corsini da accesso a un importante salone, che era stato progettato per contenere le statue della collezione antica. La volta del salone è affrescata sul finire del ‘600 da Anton Domenico Gabbiani. TEMA  Glorificazione di casa Corsini: si vede il palazzo portato in gloria. caratterizzata da motivi classici come paraste corinzie, trabeazione continua, timpani spezzati. + utilizzo di marmi policromi  Si distinguono per l’accuratezza della lavorazione i capitelli corinzi delle lesene, derivati dal Pantheon nell’esuberanza delle foglie d’acanto sormontate al centro da un grande fiore. La cupola  Luca Giordano (1634 – 1705), a partire dal 1682. Soggetto: Sant’Andrea Corsini assunto in cielo. Struttura a cerchi concentrici di nuvole e figure. Per garantire maggiore luminosità alla cupola, furono aperte 8 finestre piccole. PRECEDENTI  Cupola Sant’Andrea della Valle, Roma. Cupola Cappella San Gennaro, Duomo di Napoli. Entrambe di Lanfranco I rilievi scultorei  Giovanni Battista Foggini, artista fiorentino. Sull’altare Gloria di Sant’Andrea Corsini), con ancora freschi nella mente gli insegnamenti di Ercole Ferrata all’Accademia romana. Accademia granducale di Cosimo III a Roma L’accademia nasce per volontà di Cosimo III grazie soprattutto alla sua cultura cosmopolita, frutto di viaggi in Olanda e in Inghilterra, fatti ancor prima di diventare Granduca nel 1670. Era come una scuola di formazione, dove gli artisti fiorentini venivano inviati per perfezionarsi  la scultura assume un ruolo molto importante. - Poco dopo la sua ascesa al granducato, Cosimo III iniziò quella politica culturale di attenzione verso la scultura monumentale con l’invio a Roma già nel 1671 di Carlo Marcellini. Il giovane scultore, particolarmente versato nella modellazione e nella plastica di piccolo formato, fu affidato agli insegnamenti di *Ercole Ferrata per la scultura. Marcellini venne sistemato nella casa di Ferrata a via delle Carceri nuove, nella sua casa studio stracolma di modelli e sculture utilizzate come strumento di studio per i suoi giovani di bottega; *Ciro Ferri per la pittura, il disegno e l’arte decorativa. Lo stile di Ferri era perfetto per perseguire gli intenti celebrativi attraverso soluzioni decorative dinamiche e fluide, concentrandosi principalmente sugli ornati in bronzo, metalli preziosi e intagli tanto ricercati alla corte fiorentina. Gli sviluppi dello stile di Luca Giordano a Firenze: il caso di Santa Maria Maddalena dei Pazzi. Visioni aeree e fastose. Sviluppate all’inizio del secolo successivo da Pier Dandini (1646 – 1712) nella cupola della cappella maggiore di Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1701) nell’omonima chiesa in Borgo Pinti.  A Firenze Luca Giordano era stato anche artefice della decorazione del soffitto della Galleria degli Specchi in Palazzo Medici Riccardi. Carmelitana canonizzata sul finire degli anni 60 (Clemente IX). Commissione portata avanti da Cosimo III (in carica dal 1670). La nuova cappella si trova nello spazio dell’altare maggiore Architettura  progetto di Ciro Ferri. Il lavoro procede molto lentamente (1678 – 1684), Ferri intanto era impegnato nella decorazione della Chiesa di Sant’Agnese in Agone a Roma: per questo, seguito a Firenze da Pier Francesco Silvani Spazio divisibile in tre fasce: 1) Basamento molto alto con marmi 2) Partitura architettonica con pilastri e colonne, queste ultime in corrispondenza dei dipinti, in marmo 3) Trabeazione continua in marmo Vengono impiegati marmi molto pregiati. L’impianto è somigliante a quello della Cappella di San Francesco Saverio a Roma, nella Chiesa del Gesu  progetto di Pietro da Cortona (per il basamento molto alto, impiego di marmi venati ecc.) Decorazione scultorea  Carlo Marcellini. Entro il 1684. Tra i vari lavori, si segnalano nel basamento i medaglioni in bronzo dorato con storie della santa retti dai putti in marmo, su idea di Ciro Ferri. Insegnamenti del Ferrata + effetti scenici del Bernini. Le 4 sculture accanto ai dipinti (virtù della santa) sono successive, NON realizzate dal Marcellini. Il paliotto  progetto di Ferri. In bronzo dorato, caratterizzato da un intreccio di girali, rose, gigli, nastri e cartigli che evidenziano e al contempo proteggono il corpo della santa conservato sotto l’altare. Le pitture  Luca Giordano e Ciro Ferri
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